venerdì 28 febbraio 2025

RECENSIONE || CELLA 34 di Antonio Giugliano [ Review Party ]




Sastiano Russo è un uomo la cui vita è ormai un copione già scritto.
Condannato all’ergastolo con l'accusa terribile di aver assassinato moglie e figli - pur essendosi da subito dichiarato innocente -, l'uomo ora sta scontando la propria pena in un carcere del Nord Italia, in un reparto per soli ergastolani.
Sastiano ci racconta, con un sarcasmo pungente e con feroce realismo, quanto sia dura e difficile la quotidianità all'interno di un istituto di pena, circondato da uomini che, come o peggio di lui, hanno commesso gravi reati e provano a sopravvivere in un luogo che troppo spesso assume i connotati di un inferno in terra.
È davvero possibile per queste anime disgraziate una rieducazione, un riscatto, una redenzione dalle proprie colpe e la speranza di un percorso interiore che li porti ad essere uomini migliori?



CELLA 34 
di Antonio Giugliano


Nua Ed.
204 pp
16.50 euro
Dal 4 febbraio 2025


Come trascorre le proprie giornate in carcere una persona condannata a scontare il resto della propria esistenza dietro le sbarre?

Provate a chiedere a Sastiano Russo, ergastolano cinquantenne, pluriomicida (così dice la sentenza a suo carico, ma egli continua a dichiararsi innocente), che dopo aver passato tre anni e mezzo in un carcere per detenuti comuni, è stato trasferito in un altro istituto pensato proprio per "gentaglia" come lui, per i reietti della società condannati al massimo della pena.

Tra queste tristi e squallide mura, però, le persone restano esseri umani, persone, e come tali hanno bisogno anch'esse di contatti con i propri simili, di poter scherzare, darsi una pacca sulla spalla, sfottersi, anche litigare e insultarsi, condividere pensieri, storie personali; certo, fidarsi non è facile e neppure consigliabile, visto che - come recita un noto adagio - "il più pulito ha la rogna" e trovare là dentro qualcuno che ispiri davvero fiducia (dal direttore alle guardie al peggiore fra i detenuti) è praticamente un'impresa impossibile, ma nonostante  tutto (o forse proprio per questo?) nascono alleanze strategiche, gruppi e amicizie più o meno sincere. 

Anche il nostro Sastiano fa amicizia con diversi detenuti: c'è Giangiacomo, un ex brigatista mai pentito che sostiene di aver partecipato al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro. Poi Mattia, Gennaro, il montenegrino Rajan, Gigi (pluriomicida psicopatico con cui si instaura un rapporto conflittuale) e infine Giacinto, un vecchio che fa sculture di pane.

"Qua stanno tutti aggrappati all'apparenza di una normalità impossibile e perciò nevrotizzata. Una recita, un teatro barattato per realtà".

Attraverso il punto di vista del protagonista, conosciamo com'è la situazione in carcere, i rapporti con le guardie carcerarie e tra gli stessi detenuti, i litigi che "vivacizzano" le giornate e quelli più gravi che sfociano in episodi sanguinosi, la corruzione e i soprusi da parte degli "sbirri", alcuni dei quali sono capaci di commettere vere e proprie violenze nei confronti dei carcerati che essi ritengono meritevoli di punizioni esemplari, e che infatti vengono condotti nel cosiddetto "sotterraneo", da cui forse non si esce morti ma sicuramente pestati a sangue.

Coerentemente con l'ambiente in cui è collocata la storia, narrata in prima persona da Sastiano, e con i personaggi che lo abitano, il linguaggio è diretto, immediato, senza filtri, comprensivo di termini dialettali, volgari e parolacce, il che rende il tutto autentico, veritiero e trasmette la brutalità del contesto, unitamente al turbinio di pensieri e di sentimenti impetuosi tanto del protagonista quanto dei suoi "amici": disperazione, rabbia, propositi di vendetta, ritorsioni, infelicità, frustrazione, senso di impotenza, impulsi fisici da soddisfare in modo animalesco e istintuale, paura di essere il bersaglio di guardie o detenuti pericolosi...

Insomma, è una realtà feroce, "sporca" perché non mancano gerarchie e soprusi, episodi di violenza fisica, e in un posto così - in cui l'uomo che è dietro le sbarre è visto come un numero, all'ultimo scalino della società, anzi peggio, fuori dalla società civile in quanto indegno, delinquente impenitente - è ovvio che a prevalere sia la parte marcia che c'è nell'animo umano.

Altro che rieducazione del condannato!

"Chi è che ha scritto quella storia che il carcere deve rieducare? Un comico? Di certo non qualcuno che sia stato in una galera italiana con otto persone dentro una cella in cui, se già stessimo soltanto in due e non fossimo le bestie che siamo, ci sbraneremmo sulla branda, soffocati dalle convulsioni per la mancanza d'aria e l'isteria."

Ma il lettore non può non chiedersi, leggendo, se quindi Sastiano Russo sia davvero colpevole (e quindi meritevole della condanna ricevuta) o sia piuttosto un innocente che sta scontando una pena ingiustamente.
Ha ucciso sul serio, con le proprie mani, sua moglie Cetty e i loro tre figli?

Lui dice di no ma non sembra motivato più di tanto a provarlo, come se la rassegnazione l'avesse ormai privato di ogni speranza di veder trionfare la verità.

Intanto, sua moglie continua a fargli visita nei meandri della sua mente per ricordargli la promessa di raggiungerla il prima possibile...

C'è speranza per Sastiano di uscire da quell'inferno?
C'è in lui il desiderio di riscattarsi agli occhi della società che l'ha già etichettato e condannato come un mostro assassino, che ha tolto la vita al sangue del suo sangue?


Vi lascio queste domande invitandovi ad entrare nella quotidianità di un carcerato italiano: verrete risucchiati dal suo modo di raccontare caustico, senza fronzoli, cinico ma anche sveglio e sagace, dai suoi legami con i vari detenuti, sino a un finale che apre uno spiraglio verso un futuro meno cupo e disperato,  illuminato da una fiammella di speranza.

Ho apprezzato, del 
romanzo di Antonio Giugliano, l'abbondanza di dialoghi, la vivace  caratterizzazione dei personaggi e l'ambientazione del carcere perché ritrae uno spaccato crudo e realistico della vita al suo interno e dà modo di considerare alcune tematiche complesse ad esso legate: le dinamiche di potere tra i detenuti, la formazione inevitabile di gang, la monotonia di giornate sempre uguali, la mancanza di contatto con il mondo esterno, gli abusi da parte del personale carcerario e, in special modo, la domanda che forse è quella che, più di tutte, pretende una risposta onesta: vi è realmente la possibilità che gli istituti di pena siano non solo detentivi ma anche rieducativi?


La presente recensione è l'ultima tappa del Review Party dedicato a questa pubblicazione Nua Edizioni.
Di seguito, i precedenti appuntamenti sugli altri blog.


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24 febbraio – Paper Purrr 

25 febbraio – Les Fleurs Du Mal

26 febbraio – Lilith Hendrix

27 febbraio - Le letture di Adso

28 febbraio – Chicchi di pensieri


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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