Il “canto breve” di Pietro Fronterrè ci racconta la storia di un uomo e della sua rinascita dopo un forte dolore che lo aveva reso triste e solo; ci racconta di come la riscoperta dell’amore gli abbia ridonato la gioia di vivere. E anche quando è breve, l’amore vale sempre la pena di essere vissuto pienamente perché è l’unica cosa che dia davvero senso all’esistenza di ogni uomo.
CANTO BREVE
di Pietro Fronterrè
Intrecci Ed. 106 pp 11 euro 2016 |
“Quel pomeriggio, alla villa, vedendoti, ho subito percepito una forza che mi spingeva verso di te. Hai presente la calamita?
- Ho presente.
- Ecco, mi sentivo così. Non mi era mai successo. Un tormento, sei stato un tormento fino a poco fa. Ora, non voglio più soffrire, e non voglio altro tempo, se non ce n’è stato bisogno per farmi innamorare, non ce n’è nemmeno per iniziare una relazione.
Mi sconvolgono le sue parole, non avrei mai creduto che un sentimento potesse nascere in quel modo, con quella forza e con quella rapidità.
- Hai vinto - ammetto.
- Abbiamo vinto – precisa lei, e di slancio, mi abbraccia…”
Pietro Arezzo è un uomo maturo ed è un affermato e stimato critico dell’arte di fama internazionale; vive da tantissimi anni a Stoccolma ma adesso ha deciso di ritornare nella sua città natale, Pozzallo, un piccolo paese di mare, in Sicilia, dove il caldo è intenso e tutto trasmette gioia e vitalità.
Che poi è ciò di cui Pietro ha bisogno, perché la scomparsa dell’amata moglie Caterina ha generato in lui un vuoto e un’assenza di voglia di vivere che lo sta portando ad essere solo e malinconico.
E il ritorno a Pozzallo, nei primi giorni, segue questa scia di malinconia, così Pietro si perde nei ricordi visitando luoghi d’infanzia, il cimitero dove sono seppelliti i cari nonni, e tra quelle stradine che sanno di antico, di genuino, di tradizione meridionale, l’uomo riscopre che certi sapori, odori, suoni del passato non hanno mai abbandonato la sua mente, anzi li ritrova tutti più nitidi che mai, e questa consapevolezza contribuisce, insieme al sole caldo e forte, a scaldargli un po’ il cuore.
Dopo aver deciso di donare qualcosa di sé (e tra le più importanti c’è di sicuro l’arte) al Comune del paese, ricevendone – senza averlo nè chiesto nè desiderato – elogi e apprezzamenti in pompa magna, mentre è in giro per Pozzallo, il nostro critico d’arte incontra per caso una donna, tanto bella quanto vivace e piacevolmente sfrontata, Donatella.
La donna è un'insegnante di quarant'anni e ama recitare in compagnia dell’amico Nino, facendo ridere gli spettatori; quando i suoi occhi vivacissimi incrociano quelli seri e diffidenti di Pietro, sente che qualcosa lo attira con forza verso di lui.
Entrambi comprendono immediatamente di essere all’opposto caratterialmente: tanto lui è riservato, serioso, compassato e sulle sue, quanto l’altra è piena di vita, solare, con la battuta spiritosa sempre pronta.
Ma si sa, spesso e volentieri, gli opposti si attraggono, anche se solo Donatella sembra decisa a buttarsi a capofitto nella conoscenza del professore; quest’ultimo, invece, non è molto propenso a cominciare alcun tipo di relazione, anzi inizialmente è quasi infastidito dall’atteggiamento un po’ troppo invadente ed esuberante di lei, e cerca di opporre a sua volta un atteggiamento distaccato e un tantino burbero.
Ma Donatella non la frena nessuno quando si mette in testa qualcosa, e per lei Pietro è stato un vero e proprio colpo di fulmine, nonostante la differenza d’età, così travolge letteralmente l’uomo in una conoscenza che sfocerà in un rapporto d’amore bellissimo, fatto di passione e dolcezza.
La vita di Pietro, proprio quando lui non credeva fosse possibile, si riaccende di vita e d’amore; a farlo innamorare di Donatella è la sua gioia di vivere, che sprizza da tutti i pori, il suo essere così diversa dalla prima moglie: Caterina era mansueta, razionale, ordinata, il simbolo di un amore forte, solido e pacato; e lei, l’uragano Donatella, una 40enne desiderosa di dare e ricevere amore, prorompente, spigliata, allegra, bella e affascinante nel suo essere genuina, con le sue smorfie buffe, il suo dialetto siciliano stretto e divertente.
Pietro ne è completamente rapito e si immerge, dopo le iniziali reticenze, a capofitto in questa storia d’amore adulta e consapevole, vinto dall’espansività di questa donna sopraggiunta all’improvviso a dare nuovo vigore e pienezza ad un’esistenza che si stava ingrigendo affettivamente e in cui il lavoro stava per diventare l’unico perno attorno cui girare.
Considerazioni.
“Canto breve” è un romanzo breve ma pieno di sentimento, e agli occhi del lettore si presenta come un quadro colorato, in cui ci sembra di percepire, insieme al protagonista, l’aria frizzante e briosa di questo paese del Sud pieno di vita, in cui la gente – quella che si fa i fatti tuoi con tanta facilità – è la stessa che poi ti accoglie con una calorosa stretta di mano, facendoti sentire a casa come non ti immaginavi potesse accadere.
È un libro che, pur nella sua brevità - grazie all'immediatezza e freschezza del linguaggio, alle battute spigliate tra i due protagonisti - è un inno all’amore nelle sue diverse sfumature: l’amore per il proprio paese, per le proprie origini; per il proprio lavoro; per le persone care che hanno riempito la nostra vita; l’amore per la vita e, con esso, il desiderio di lasciarsi ancora stupire dal presente vivendolo giorno per giorno, godendo delle piccole e grandi cose che ci vengono donate, perché non sappiamo ciò che il domani può riservarci.
E spesso il futuro si accompagna a nubi grigie e onde in tempesta, proprio quando sembrava che su di noi ci fosse soltanto cielo azzurro e terso, e davanti a noi l’azzurro brillante di un mare calmo e sereno.
Il romanzo di Fronterrè è intriso di gioia come di dolore, di quella dolce malinconia per l’infanzia felice come di quella più struggente per ciò che è stato e che, bruscamente, ci vene tolto, perché è la vita umana ad essere così: tanto bella e degna d’essere vissuta, quanto difficile e dura da affrontare.
Finale commovente e amaro, che però non toglie potenza al vero protagonista: la forza dirompente d quell’uragano che si chiama amore.
Che poi è ciò di cui Pietro ha bisogno, perché la scomparsa dell’amata moglie Caterina ha generato in lui un vuoto e un’assenza di voglia di vivere che lo sta portando ad essere solo e malinconico.
E il ritorno a Pozzallo, nei primi giorni, segue questa scia di malinconia, così Pietro si perde nei ricordi visitando luoghi d’infanzia, il cimitero dove sono seppelliti i cari nonni, e tra quelle stradine che sanno di antico, di genuino, di tradizione meridionale, l’uomo riscopre che certi sapori, odori, suoni del passato non hanno mai abbandonato la sua mente, anzi li ritrova tutti più nitidi che mai, e questa consapevolezza contribuisce, insieme al sole caldo e forte, a scaldargli un po’ il cuore.
Dopo aver deciso di donare qualcosa di sé (e tra le più importanti c’è di sicuro l’arte) al Comune del paese, ricevendone – senza averlo nè chiesto nè desiderato – elogi e apprezzamenti in pompa magna, mentre è in giro per Pozzallo, il nostro critico d’arte incontra per caso una donna, tanto bella quanto vivace e piacevolmente sfrontata, Donatella.
La donna è un'insegnante di quarant'anni e ama recitare in compagnia dell’amico Nino, facendo ridere gli spettatori; quando i suoi occhi vivacissimi incrociano quelli seri e diffidenti di Pietro, sente che qualcosa lo attira con forza verso di lui.
Entrambi comprendono immediatamente di essere all’opposto caratterialmente: tanto lui è riservato, serioso, compassato e sulle sue, quanto l’altra è piena di vita, solare, con la battuta spiritosa sempre pronta.
Ma si sa, spesso e volentieri, gli opposti si attraggono, anche se solo Donatella sembra decisa a buttarsi a capofitto nella conoscenza del professore; quest’ultimo, invece, non è molto propenso a cominciare alcun tipo di relazione, anzi inizialmente è quasi infastidito dall’atteggiamento un po’ troppo invadente ed esuberante di lei, e cerca di opporre a sua volta un atteggiamento distaccato e un tantino burbero.
Ma Donatella non la frena nessuno quando si mette in testa qualcosa, e per lei Pietro è stato un vero e proprio colpo di fulmine, nonostante la differenza d’età, così travolge letteralmente l’uomo in una conoscenza che sfocerà in un rapporto d’amore bellissimo, fatto di passione e dolcezza.
La vita di Pietro, proprio quando lui non credeva fosse possibile, si riaccende di vita e d’amore; a farlo innamorare di Donatella è la sua gioia di vivere, che sprizza da tutti i pori, il suo essere così diversa dalla prima moglie: Caterina era mansueta, razionale, ordinata, il simbolo di un amore forte, solido e pacato; e lei, l’uragano Donatella, una 40enne desiderosa di dare e ricevere amore, prorompente, spigliata, allegra, bella e affascinante nel suo essere genuina, con le sue smorfie buffe, il suo dialetto siciliano stretto e divertente.
Pietro ne è completamente rapito e si immerge, dopo le iniziali reticenze, a capofitto in questa storia d’amore adulta e consapevole, vinto dall’espansività di questa donna sopraggiunta all’improvviso a dare nuovo vigore e pienezza ad un’esistenza che si stava ingrigendo affettivamente e in cui il lavoro stava per diventare l’unico perno attorno cui girare.
Considerazioni.
“Canto breve” è un romanzo breve ma pieno di sentimento, e agli occhi del lettore si presenta come un quadro colorato, in cui ci sembra di percepire, insieme al protagonista, l’aria frizzante e briosa di questo paese del Sud pieno di vita, in cui la gente – quella che si fa i fatti tuoi con tanta facilità – è la stessa che poi ti accoglie con una calorosa stretta di mano, facendoti sentire a casa come non ti immaginavi potesse accadere.
È un libro che, pur nella sua brevità - grazie all'immediatezza e freschezza del linguaggio, alle battute spigliate tra i due protagonisti - è un inno all’amore nelle sue diverse sfumature: l’amore per il proprio paese, per le proprie origini; per il proprio lavoro; per le persone care che hanno riempito la nostra vita; l’amore per la vita e, con esso, il desiderio di lasciarsi ancora stupire dal presente vivendolo giorno per giorno, godendo delle piccole e grandi cose che ci vengono donate, perché non sappiamo ciò che il domani può riservarci.
E spesso il futuro si accompagna a nubi grigie e onde in tempesta, proprio quando sembrava che su di noi ci fosse soltanto cielo azzurro e terso, e davanti a noi l’azzurro brillante di un mare calmo e sereno.
Il romanzo di Fronterrè è intriso di gioia come di dolore, di quella dolce malinconia per l’infanzia felice come di quella più struggente per ciò che è stato e che, bruscamente, ci vene tolto, perché è la vita umana ad essere così: tanto bella e degna d’essere vissuta, quanto difficile e dura da affrontare.
Finale commovente e amaro, che però non toglie potenza al vero protagonista: la forza dirompente d quell’uragano che si chiama amore.