IL SIGNOR DIAVOLO
di Pupi Avati
Guanda Editore 2018 LINK |
Siamo nell'Italia del dopoguerra, è il 1952 e in un paesino in provincia di Venezia, Lio Piccolo, si sta per svolgere il processo per un caso di omicidio, feroce quanto insolito, che vede protagonisti due ragazzi, nei panni uno della vittima l'altro del carnefice: un adolescente, tale Carlo Mongiorgi, è accusato di aver ammazzato un coetaneo, Emilio Vestri Musy , per vendicarsi, ritenendolo responsabile della morte del proprio miglior amico, Paolino Osti.
Furio Momenté, giovane ispettore presso il Ministero di Grazia e Giustizia, viene inviato da Roma a Venezia per seguire il processo e calmare le acque, in quanto questo tragico caso di cronaca può trasformarsi in una vera e propria catastrofe politica, che rischia di mettere in cattiva luce la Democrazia Cristiana, che domina incontrastata nel cattolicissimo Veneto.
Come mai? Cosa ha a che fare il delitto con la Chiesa Cattolica?
Pare che l'assassino sia stato influenzato dai racconti di una conversa e di un sagrestano circa Emilio e di come questi sia in realtà posseduto dal Diavolo.
Furio è piacevolmente stupito che i suoi superiori abbiano finalmente pensato a lui per un incarico importante!
L'uomo, infatti, è da sempre snobbato a lavoro, impiegato per mansioni umili e oggetto di scarsa stima da colleghi e superiori; meravigliato anche lui che, tutto d'un tratto, venga preso in considerazione, non gli resta che accettare e partire, con la raccomandazione di essere ultra discreto perchè la questione è molto delicata e la sua presenza a Venezia dev'essere prudente seppur efficace, volta ad evitare che i religiosi arrivino in tribunale e si crei fermento e malcontento verso il Patriarca di Venezia e, in generale, verso la Chiesa.
Furio ha tutto il tempo di leggersi le carte dell'istruttoria durante il viaggio e farsi un'idea di come il giudice istruttore abbia condotto gli interrogatori, cercando di capire i punti deboli delle sue domande e del suo modo di condurre i colloqui con imputato e testimoni.
Nel corso quindi della narrazione veniamo aggiornati circa gli interrogatori e su come si siano svolti i fatti, apprendendoli direttamente e principalmente dalla bocca dell'accusato: su sollecitazione del giudice, Carlo racconta dell'amicizia strettissima con Paolino, di come essi trascorressero molto tempo insieme e fossero come fratelli; finchè un giorno non incontrano un ragazzo strano, fisicamente brutto, deforme e dallo sguardo cattivo, Emilio Vestri Musy, alla cui bicicletta proprio Paolino, per divertimento, rompe un fanale con la sua inseparabile fionda; dopo quella ragazzata, durante la cerimonia della Prima Comunione, Paolino fa cadere e calpesta l'ostia consacrata, così il sacramento viene interrotto per sacrilegio, Paolino si ammala e dopo pochissimo tempo.... muore.
Benchè i medici dichiarino che sia morto a causa di una malattia, Carlo è convinto che sia colpa di Emilio, il quale avrebbe spinto Paolino per fargli cadere l'ostia, portandolo ad ammalarsi e a morire; Emilio, secondo il racconto di Carlo al giudice, gli avrebbe detto come fare per "far ritornare" Paolino, e questo su suggerimento del sagrestano, che sapeva per certo di come Emilio fosse in grado di fare una cosa del genere, che però per la Chiesa è peccato mortale...
Da questo momento gli eventi prendono una piega decisamente drammatica e inquietante e vedono Carlo protagonista di un omicidio, al quale è arrivato dopo aver sentito e visto cose che hanno del paranormale, ed Emilio la vittima della irrazionale paura (o di un puro desiderio di vendetta?) del suo giovanissimo assassino.
Furio, leggendo gli atti, comprende che si tratta davvero di una brutta faccenda in cui la religione, con le sue credenze e i suoi riti, si intreccia con la superstizione, dando vita a fatti che si cerca di spiegare con l'umana ragione, ma non per questo fanno meno paura, perchè vanno a scavare nell'animo umano, nei suoi più profondi recessi, lì dove si nascondono le paure più folli, gli incubi più feroci, i semi di quel male che ogni uomo, purtroppo, è capace di far germogliare dentro di sè e di compiere quando la sua mente si fa travolgere da vortici ed emozioni incontrollabili.
Non si può sfuggire al passato e, anche se ci si sforza di cercare la verità, non è detto che si riesca a trovarla e a far chiarezza sul presente: Furio lo sa bene, più di chiunque altro.
Le brutture con cui questo caso misterioso lo porta a confrontarsi non sono poi così lontane da quelle che imbrattano il suo stesso passato: egli si è reso colpevole di azioni e scelte abominevoli, riprovevoli, di un peccato, in particolare, imperdonabile che lo ha condotto alla suprema infelicità, facendogli perdere irreversibilmente l'unico grande amore della sua vita, Laura, colei che per poco tempo ha illuminato la sua grigia e monotona esistenza riempiendola di bellezza, di quella "bellezza assoluta", in cui "c’è l’ingiustizia del mondo, uno spiraglio, un pertugio, attraverso il quale spiare cosa il mondo avrebbe potuto essere e non è".
Una missione dunque, la sua, in cui Furio deve fare i conti con i propri demoni, con il male che è dentro di sè, affondando mani e piedi in un terreno scivoloso, putrido, in una palude in cui è difficile e pericoloso indagare perchè a voler scoperchiare certi vasi si rischia che altro Male venga fuori, oltre a tutto quello che già c'è stato, e c'è chi ha tutti gli interessi a far sì che certi segreti restino tali.
Pupi Avati è abilissimo nel creare una storia intensamente nera, gotica, collocandola in una provincia del Nordest Italia in cui convivono religione e superstizione, dove tutto sembra possibile e dove trova ampio posto... lui, il diavolo, simbolo perfetto del Male.
E' una storia che sa di antico, di leggende vecchie, arcane, bizzarre e paurose, come quelle storielle "di fantasmi" che gli anziani raccontavano alle giovani generazioni, di sera, illuminati dal fuoco di un camino, e che suscitavano eccitazione e incredulità, miste a terrore, perchè quando si parla di sovrannaturale, del Diavolo, si sa..., c'è chi non ci crede e le classifica come delle sciocchezze, cui solo gli ignoranti e i bigotti possono dar credito, e c'è chi giura addirittura di averlo visto, il demonio, e anzi, in paese c'è qualcuno che con lui, "ci traffica", ci parla, ne esegue gli ordini, ne è l'emissario.
Ed è il caso di Emilio, di questo ragazzo che - raccontano un vecchio sagrestano e una suora - il male più assoluto ce l'ha scritto in faccia, sulla pelle pelosa come quella di un cinghiale, nei denti aguzzi e grossi da maiale, negli occhi piccoli e cattivi, nel sorriso che è un ghigno malefico....; questo figlio del demonio di cui si dice..., si sussurra, che abbia ammazzato la sorellina e l'abbia fatto con una crudeltà indicibile.
E' vero..., non è vero...? Il confine tra realtà e fantasia, tra normale e paranormale, tra bugie e verità, tra sacro e profano, tra razionalità e follia, tra mostri e innocenti, tra pentimento e colpevolezza... è quanto mai labile, difficile da distinguere, e anche il confine stesso tra Male e Bene, tra Vita e Morte, lo è.
Carlo è un lucido, seppur giovane, assassino o è un ragazzetto ingenuo, ipersensibile, che s'è fatto suggestionare dai racconti di religiosi bigotti e da un contesto di paese che s'allontana dalla semplice fede per farsi influenzare da pettegolezzi, dicerie di paese, storie di esorcismi e legami con Lucifero, a cui si dà pure l'appellativo di "signor diavolo" perchè, dice il sagrestano, le persone cattive vanno trattate bene?
Tra faldoni e documenti, carte e registri parrocchiali impolverati, tra domande e risposte che si susseguono come le battute di un copione, tra testimonianze precise e realistiche ed altre che hanno del surreale eppure son narrate con naturalezza e una sinistra sincerità, tra gesti sacrileghi e voci sussurrate da presunti spiriti di morti, Pupi Avanti ci conduce pagina dopo pagina in un "piccolo mondo" neanche poi così antico dal quale, proprio come il protagonista, Furio, ci sentiamo attratti e al contempo lo respingiamo, perchè, a prescindere dal discorso fede, che ci si creda o meno fino in fondo, quando si parla di fenomeni che riguardano "l'altrove", a più di qualcuno qualche piccolo brivido può attraversare la schiena.
E se la sinistra e oscura vicenda di Carlo ed Emilio esercita un fascino indecifrabile, il personaggio di Furio mi ha suscitato invece una certa pietà perchè sin da subito appare come un uomo che da questa storia misteriosa e intricata verrà fagocitato, e nessun macabro avvertimento a fuggire da essa prima che lo travolga verrà recepito:
"«Avrebbe dovuto rifiutare questo incarico...»
aggiunge con una dolcezza così inattesa da suscitare spavento.
«Perché?» gli domando disorientato.
«Non è solo l’omicidio di un ragazzo da parte di un altro ragazzo, e lei lo sa bene...»
«E cosa c’è d’altro?»
«C’è un luogo e un tempo che è solo di quel luogo...»
«Di quale luogo?»
«Un luogo dove è atteso...»
«Non riesco a capire...».
Vivo una sorta di sudditanza ipnotica e tuttavia sono in grado di avvertire in lui una stonatura, come recitasse un copione a effetto."
E anche il lettore si lascia suggestionare e ipnotizzare dalla narrazione del regista che, partendo dal piccolo contesto di un paesino e dalle sue ataviche credenze difficili da sradicare, anche in questo romanzo costruisce sapientemente intrecci coinvolgenti, e la sua scrittura evocativa è capace di scandagliare gli angoli più occulti dell'essere umano, di dare vita a personaggi genuinamente imperfetti, che chiedono comprensione e pietà anche quando sbagliano e ci appaiono nella loro forma più "mostruosa".
Dopo "Il ragazzo in soffitta", Pupi Avati mi conquista ancora con questo romanzo ricco di suggestione, attraversato da un che di nostalgico e, andando verso il finale, di amaro, di ineluttabile.
Consigliato, e son curiosa che esca presto il film tratto dal libro (e che sarà diretto ovviamente dallo stesso Pupi Avati)!