domenica 26 maggio 2019

Recensione: IL TESCHIO E L'USIGNOLO di Michael Irwin



In una Londra settecentesca grigia e movimentata, il giovane protagonista è alla frenetica ricerca di avventure estreme in cui raggiungere il massimo del piacere conducendo una vita egoistica, irresponsabile e ai limiti della moralità. E tutto per compiacere qualcun altro.


IL TESCHIO E L'USIGNOLO
di Michael Irwin



Ed. Neri Pozza
trad. C. Brovelli
433 pp
Siamo in Inghilterra, nel 1760. Il giovane Richard Fenwick, di bell'aspetto e dal temperamento solare, è appena arrivato alla fine del suo «Grand Tour» in giro per l’Europa e, seppur a malincuore, deve far ritorno a Londra.
Orfano di entrambi i genitori da quando era solo un ragazzino, Dick ha goduto da allora della protezione del padrino, Mr James Gilbert (vecchio amico dei suoi genitori), che ha provveduto alla sua istruzione e ai suoi viaggi.
Giunto nella tenuta di Worcester, a Fork Hill, si accorge che Mr Gilbert è invecchiato parecchio durante la sua assenza, conduce una vita tranquilla, senza privazioni ma anche senza divertimenti; anzi, parlando con lui, si rende conto che l'anziano signore non fa che pensare sempre al passato con un misto di nostalgia e rancore.

Un giorno, l'uomo convoca il suo giovane protetto per un colloquio molto intimo, durante il quale stupisce Dick proponendogli un patto davvero singolare...: lui continuerà a mantenerlo e a permettergli la vita agiata cui il giovanotto è abituato, ma questi in cambio deve fare una cosa per lui, vale a dire andare a trovarlo e scrivergli regolarmente per raccontargli tutte le esperienze di cui sarà protagonista nella sua vita londinese, e più esse saranno eccitanti ed estreme, più Gilbert si sentirà motivato a garantirgli il mantenimento e, chissà, anche qualcos'altro. Dick, infatti, si augura di essere nominato unico erede, prima o poi.

La richiesta bizzarra del padrino lascia Fenwick basito: perchè il vecchio padrino gli chiede una cosa del genere? Possibile che egli sia disposto a pagarlo affinchè faccia la bella vita a Londra?

Al fine di evitare fraintendimenti, Gilbert spiega al ragazzo cosa s'aspetta da lui e perchè: non avendo egli mai avuto il coraggio di lasciarsi andare alle passioni e ai desideri che gli infiammavano il cuore e il corpo da giovane, ma avendo scelto di condurre una vita all'insegna dell'equilibrio e dell'irreprensibilità morale, rigida e priva di grosse emozioni e di impegni sentimentali, Gilbert si è accorto che è giunto ad un'età avanzata senza aver mai goduto davvero dei piaceri di cui i suoi simili godono...
Gilbert non ha mai messo a rischio la propria moralità, ha ricercato solo il potere e il danaro, ma... l'amore? le gioie dell'intimità fisica con le donne? il bello di avere una famiglia? Il vuoto assoluto...!

E così ha preso una decisione: c'è solo un modo per placare l'inquietudine e i tormenti che lo divorano, ed è quello di ricominciare a vivere..., ma per procura: vuol assaporare sensazioni e una vita diversa attraverso i resoconti di Dick, che è nel fiore della giovinezza.
In questo modo, pur restando tra le mura della sua camera, potrà tornare a provare l’amore, la passione e la paura di quando era giovane, e si sentirà di nuovo vivo.

E' un piano che ha un che di folle e, diciamolo, di "diabolico", perchè è un po' come se il padrino chiedesse a Richard di "vendergli l'anima".
Seppur sbigottito e perplesso, il giovane accetta senza fare troppe domande.
Del resto, chi non ha mai sognato di vivere in una grande città, senza preoccuparsi del denaro e del tempo a propria disposizione, lasciandosi andare soltanto ai piaceri più sfrenati?

Richard comincia con cautela a gettarsi nella mischia, a frequentare persone interessanti, che immagina possano favorire esperienze eccitanti, incontri stuzzicanti in cui lui possa tirar fuori le proprie capacità seduttive; ed infatti, conosce varie persone, alcune pericolose, viene raggirato nelle vie più malfamate della città, incontra donne misteriose e seducenti, e con costanza racconta nelle lettere le sue avventure a Gilbert, cercando di essere fedele ma al contempo di fornire resoconti accattivanti, che non deludano le aspettative del padrino.

Certo, il dubbio che nulla di ciò che fa sia sincero ma anzi condizionato dalle richieste di Gilbert, lo assale ed è legittimo: è davvero un uomo libero di godere i piaceri della vita o, in realtà, è un burattino nella mani di Gilbert il burattinaio? 

L'uomo parla di questo piano come di un "esperimento grandioso", lo infarcisce di speculazioni pseudofilosofiche, di ragionamenti sul rapporto tra la mente, il corpo, lo spirito dell'uomo, ma di filosofico c'è davvero poco: Gilbert sembra ossessionato dal voler leggere i minimi dettagli delle avventure amorose del suo protetto e, anche dopo che questi comincerà a condividere le proprie piccanti conquiste, l'altro chiederà sempre di più, arrivando a rimproverargli che sta sprecando il suo tempo e che deve "spingersi oltre" e farlo in fretta, se vuol trarre vantaggio da questo patto.

“Ricorda, sono le passioni che mi interessano, siano esse dichiarate, represse, conflittuali o composte.Sono loro i demoni che determinano la nostra condotta.”

Preso dalla brama di accontentarlo, con la speranza di ricevere un contraccambio economico, Fenwick si pone alla continua ricerca di relazioni carnali con donne giovani e non: qualunque esponente del gentil sesso gli faccia l'occhiolino e gli sorrida con malizia, è una possibile preda delle sue passioni animalesche.

Ma a un certo punto gli succede di trovarsi davanti una donna diversa dalle altre, in quanto è una sua vecchia conoscenza e con lei è stato a un passo dall'instaurare una relazione stabile, qualche anno prima; a bloccarlo e ad allontanarli è stata la sua paura di legarsi e la tentazione di girare per il mondo coi soldi del padrino e vivendo da libertino disimpegnato e allegro.
Questa ragazza è Sarah Kinsley e Fenwick non se la sente di trattarla alla stregua delle altre donne...; lei è speciale, è una brava ragazza, dolce, ingenua, con cui ha condiviso un sentimento... E se provasse comunque a sedurla ma omettendo la conquista a Gilbert?
Se non mette il padrino a parte di questo tentativo di seduzione, forse esso resterà pulito, onesto, non contaminato dalla libidine del vecchio "maniaco a distanza"!
Certo, c'è un piccolo problema: Sarah è sposata e potrebbe non essere così semplice indurla in tentazione e a macchiarsi di adulterio...

Dick vive senza freni, frequenta salotti alla moda, passa le notti in compagnia di vecchi compagni di scuola a bere e partecipando a feste in maschera, fino a farsi travolgere da una serie di tradimenti e avvenimenti imprevedibili che gli si stringono attorno come un cappio, mettendo in pericolo la sua stessa vita, portandolo a fare scelte sempre meno etiche, che fanno di lui un giovane uomo la cui moralità viene messa alla prova.

Scendere i gradini più squallidi, provare il freddo della solitudine, i morsi del dubbio e dei sensi di colpa, porteranno Richard a liberarsi del patto mefistofelico col suo esigente e libidinoso benefattore, o la voglia di vivere senza limiti avrà la meglio su di lui e sul buon senso?

La storia narrata in questo romanzo mi ha ricordato Il ritratto di Dorian Gray, perchè anche qui il protagonista vende qualcosa di sè (la propria anima, la propria dignità di essere umano che pensa, ragiona, riflette, valuta, dice no a ciò che è amorale) a qualcun altro al quale non riesce/non vuole dire di no.

Tra queste pagine veniamo condotti per le strade di una Londra resa vivace dai balli in maschera, dalle cene eleganti e dai postriboli notturni, ma allo stesso tempo ci appare sordida e lugubre a motivo delle manipolazioni, degli intrighi e delle vili seduzioni cui assistiamo; è una città che ospita  diverse anime contrapposte: la parte povera e miserabile vs contro quella aristocratica; i quartieri malfamati vs le zone più eleganti; personaggi poveri e ubriaconi vs ricche signore impegnate a sorseggiare tè tra un pettegolezzo e l'altro.

Richard Fenwick è il protagonista ideale per questa storia enigmatica, un po' "nera", ambigua: pur essendo per sua natura cortese, educato, accomodante, è anche molto indulgente verso se stesso e gli altri, indolente, con poca voglia di lavorare e assumersi responsabilità (un maestro del dolce far niente, convinto di poter godere di un'eterna giovinezza), e questo modo di essere "doppio" lo rende in fondo la marionetta ideale di un burattinaio vile e lussurioso, perchè da una parte sa come entrare nelle grazie delle persone (donne in primis) con i suoi sorrisi cordiali e una squisita gentilezza, e dall'altra non si tira indietro dal prenderle in giro, se gli va.

Fenwick non è un cattivo ragazzo, ma è comunque moralmente debole; certo, non è stupido e non è privo di un minimo di coscienza, tant'è che arriva a domandarsi se dare in pegno a Gilbert la propria indipendenza morale in cambio di danaro non faccia di lui uno schiavo.
Sì, a beneficiare concretamente dei piaceri della carne grazie alle donne sedotte, è lui, mica il padrino, ma questo piacere ricercato e goduto è frutto dell'esercizio della sua libertà o ne è l'esatto contrario, visto che esso è subordinato alla richiesta del padrino-padrone, col quale deve condividere ogni esperienza, ogni sospiro, gemito...?

Fenwick sente di essere complice della libidine del padrino e di comportarsi come un cagnolino alla mercè dei capricci del padrone, per accontentare il quale finisce per agire non di rado in maniera scellerata e irrispettosa, provandone sentimenti contrastanti: gratificazione, gioia  per il divertimento vissuto, eccitazione, ma pure senso di colpa, confusione.

Riuscirà Richard a tirarsi indietro quando sentirà che la discesa verso il baratro è vicina e potrebbe condurlo alla rovina? Deciderà di crescere e diventare davvero padrone della propria vita o continuerà ad essere un libertino su commissione, restio a prendersi le responsabilità tipiche dell'età adulta?



Irwin ha raccontato una storia che sonda l'antica dicotomia tra Bene e Male, ciò che è giusto e ciò che non lo è, e lo fa con uno stile impeccabile e una trama ben congegnata che, a mio avviso, ci mette un po' a ingranare, nel senso che ho trovato il ritmo lento per un terzo del libro (inizialmente non accade molto e i racconti minuziosi, oggetto dello scambio epistolare tra padrino e figlioccio, sono poco interessanti, anche perchè il ragazzo ancora non entra nel vivo dell'esperimento), per poi però farsi più coinvolgente in quanto Dick si butta a capofitto nel vortice di sensualità e passioni.
Intriganti anche i personaggi secondari, ciascuno con il proprio ruolo accanto al protagonista, le cui azioni provocano reazioni, pensieri e considerazioni nel lettore, che ne segue le vicende incuriosito fino alla fine.


sabato 25 maggio 2019

Recensione: LISSY di Luca D'Andrea



Una storia di dolore, solitudine, follia, violenza e, non ultimo, di tentativo di riscatto, ambientata in uno scenario montano, isolato, gelido, spaventoso e pieno di insidie, in cui gli incubi peggiori dell'infanzia trovano il luogo perfetto per prendere forma.


LISSY
di Luca D'Andrea



Einaudi
432 pp
"«Il mondo è un brulicare di segni, di miracoli e di misteri». Soprattutto di misteri."


Marlene è una giovane donna in fuga da una vita che le sta stretta.
Marlene vive come una principessa, in una bella casa, circondata
da lusso, comodità, gioielli; suo marito le ha pure regalato un atelier, affinchè non si annoi troppo.
Eppure Marlene è infelice, spaventata, disgustata dalla propria esistenza dorata: le sembra di essere un topolino rinchiuso in un piccolo spazio e che cerca freneticamente un buco per scappare; lei sa che da quella gabbia dorata è difficile uscirne ma deve provarci, e non solo per se stessa.
E così in una notte d'inverno del 1974, Marlene decide di tradire suo marito, che tutto è fuorchè il principe azzurro.
Herr Wegener è un ex nazista nonché il criminale più temuto in Alto Adige che, dopo aver conosciuto la violenza durante un'infanzia povera, in pieno conflitto mondiale, ha saputo imporsi nella propria regione attraverso varie macchinazioni criminali, costruendo un vero e proprio "impero" di traffici e attività malavitose.

Marlene sposa Herr Wegener e da ragazzina povera, proveniente da una famiglia di umili condizioni, cresciuta tra animali da nutrire e pulire e le incombenze del maso, diventa l'invidiata consorte di un pezzo grosso.
Ma Marlene è satura di questa vita agiata e, al contempo, sporca di sangue, così si arma di coraggio e fa qualcosa che mai avrebbe immaginato di fare: dal caveau di suo marito ruba un sacchetto prezioso, contenente nientemeno che zaffiri. Li prende, sale in macchina e fugge, senza voltarsi indietro,  determinata a cambiare vita ma anche terrorizzata al pensiero della rabbia e del desiderio di vendetta che si sarebbero impossessati di suo marito nello scoprire il tradimento.

La sua fuga viene fermata da un incidente: durante il viaggio esce fuori strada con la macchina, ma viene salvata da un uomo, un vecchio misterioso che vive in un maso in mezzo alle montagne. 

Ovviamente, quando Wegener scopre che sua moglie è fuggita coi zaffiri, è furioso e comincia a cercarla, facendo fuori coloro che sapevano qualcosa ma gliel'avevano nascosto; avendo poi il fiato sul collo da parte del Consorzio (un misterioso e potentissimo gruppo di criminali che dominano in Alto-Adige e al quale anche un Wegener deve rendere conto), è costretto a sguinzagliarle dietro un assassino professionista, chiamato l'Uomo di Fiducia.

Intanto, la ragazza si risveglia al sicuro nel maso dell'uomo che le ha salvato la vita, Simon Keller, un uomo anziano dagli occhi di ghiaccio, la pelle consumata dal freddo e dal vento gelido che soffia in alta montagna; un vecchio di poche parole, solitario, burbero, che però, come Marlene ha modo di capire giorno dopo giorno, sa essere gentile e premuroso con lei.
In casa di quell'uomo sconosciuto, che vive nel disordine e nel tanfo prodotto dai suoi "ragazzi" - i maiali -, le cui giornate trascorrono tra il riporre gli impasti disgustosi nel truogolo e l'andare a caccia, Marlene si sente per la prima volta al sicuro e riesce a immaginare il proprio futuro.
Un futuro ancora incerto ma possibile, in cui finalmente anche per lei e per il suo Klaus (non vi dico chi è, ve lo lascio scoprire, se leggerete il libro) possa esserci il lieto fine delle fiabe "...e vissero felici e contenti".

Ma Marlene non è una sciocca o una sprovveduta; benché molto giovane, ha già le sue ferite sulla spalle minute e, come le ha insegnato la sua fiaba preferita - Hansel e Gretel, dei Fratelli Grimm - per arrivare al lieto fine spesso bisogna passare per sofferenze, lacrime, pericoli, e aguzzare l'ingegno, tirare fuori tanto coraggio per poter sopravvivere e "mettere nel forno" la strega cattiva.

Solo che alle sue calcagna non c'è la strega cattiva ma un orco..., anzi forse anche più di uno.

Marlene è davvero al sicuro al maso di Keller? Quale pericolo la attende in montagna? 

Lei sa che sicuramente il marito la sta cercando per ucciderla e ha in mente di fuggire ancora per mettersi in salvo; il buon Simon le ha promesso di aiutarla però prima bisogna aspettare che la neve e il gelo diminuiscano; nel frattempo, nessuno la troverà per farle del male.

La convivenza con l'uomo è caratterizzata dalla pace, dall'abitudinarietà di una vita fatta di cose semplici; a Marlene sembra di essere tornata bambina e per lei non è un peso prendersi cura di Keller e dei suoi maiali, tra cui spicca una scrofa di 400 chili, rinchiusa in uno spazio a parte, sempre molto affamata, un'enorme belva nera con zanne affilate che le danno un aspetto decisamente inquietante. E Keller è così affezionato alle sue bestie (del resto, sono la sua unica compagnia) da dar loro dei nomi, ma è con la scrofa Lissy che si lascia andare ad atteggiamenti e parole di dolcezza: la coccola, la vezzeggia e si rivolge a lei come fosse una persona: dolce Lissy, piccola Lissy...

Simon Keller le racconta man mano qualcosa di sè, di questa sua esistenza isolata dal mondo, seguendo da sempre le tradizioni dei padri, di generazione in generazione, le leggi inflessibili e antichissime della sua famiglia; le racconta della sua bella mamma e della sorellina Lissy, entrambe morte troppo presto, e del padre, Voter Luis, un uomo dotato di grande fede e saggezza, un punto di riferimento per Simon, il quale è però divorato da un passato spaventoso che l'ha portato ad essere un uomo ben diverso dal mite Bau'r (contadino) che sta conoscendo l'ignara Marlene.

Chi è davvero Simon Keller? Un nonnino asociale, disordinato e un po' bizzarro che parla coi maiali? Cosa nasconde nello scantinato buio e puzzolente che stuzzica la curiosità di Marlene?

Presto la donna si troverà a dover capire chi sia per lei la minaccia maggiore: se il marito e il killer a suo seguito - che la stanno cercando ossessivamente -, o addirittura lo stesso Simon Keller. 
Oppure Lissy, la scrofa nera e perennemente, pericolosamente affamata, che quando ti guarda con i suoi occhietti pieni di odio animalesco pare sussurrarti diabolicamente: Sei tu il mio cibo.

"Lissy" è un po' noir e un po' thriller ma, a prescindere dalle categorie (etichettare viene spontaneo, a volte è necessario... ma è anche un po' antipatico, non credete?), a colpire sono diversi elementi fondamentali.
Anzitutto, l'ambientazione: come già nel romanzo d'esordio, "La sostanza del male", l'Autore sceglie come scenario la propria regione e, nello specifico, ci porta dritti in montagna e dentro l'abitazione caratteristica di questa zona, il maso, rivestendolo di tonalità cupe, sinistre, di un'atmosfera atavica, resa tale dalla presenza ingombrante delle tradizioni e delle abitudini degli avi; inoltre la dimora di Keller è lontana dal centro abitato, essere lì significa trovarsi soli, circondati dalla neve, lontani dai contatti umani e quindi senza la possibilità di chiedere aiuto, e questo basta a far venire su qualche brivido. Per non parlare del fatto che tra quelle mura dev'essere avvenuto qualcosa di tremendo e drammatico, che se solo Marlene sapesse..., il suo rapporto con Simon cambierebbe.

I personaggi: anche se potremmo considerare Marlene la protagonista, conosciamo bene tanto lei quanto gli altri personaggi perchè l'Autore ce ne dà un ritratto psicologico attento e molto interessante attraverso il racconto del loro passato, e ciò che essi hanno vissuto è importante per leggere e comprendere il presente. Simon Keller, Herr Wegener e l'enigmatico Uomo di Fiducia hanno dei punti in comune, e cioè hanno vissuto esperienze violente, forti, tragiche, che li hanno segnati e formati, che li hanno resi gli uomini volitivi e duri che sono; certo, se questo rapporto causa-effetto tra passato e presente è lineare nei due criminali, è più complesso in Keller, che non solo ha assistito ad episodi cruenti che l'hanno perseguitato dall'infanzia, ma ha anche sviluppato una personalità "doppia": egli è un uomo di fede, legge costantemente la Bibbia, sembra all'apparenza un vecchio un po' bizzarro ma innocuo..., ma in realtà tutto quel carico di brutte esperienze hanno fatto nascere in lui pensieri e desideri tetri, biechi, che hanno una fonte ben precisa: la Voce, una presenza invisibile che gli ronza nella mente e gli sussurra cose orribili, incitandolo a commettere azioni nefande... 
E quella maledetta Voce gli ricorda che la scrofa Lissy (da notare il nome, come quello della sorellina morta di Simon) ha sempre tanta fame, fame di sangue e carne... La stessa Lissy è un personaggio non secondario.

Anche Marlene non ha dei bei ricordi e i piccoli grandi incubi dell'infanzia non l'hanno mai abbandonata; a far da legante col passato è il libro di fiabe che le leggeva la mamma, quelle fiabe in cui l'aspetto truculento non manca mai, pur essendo racconti per bambini. E spesso la realtà sa essere assurda e malefica come, se non peggio, di una fiaba...

Lo stile e la storia: la storia è originale, per certi aspetti surreale, io l'ho letta tutta d'un fiato perchè mi ha preso dal primo momento. D'Andrea ha davvero talento, ha una scrittura che sa coinvolgere, creare suspense, focalizzarsi sui dettagli, sui singoli personaggi, sulla loro psiche, svelandone pian piano i lati torbidi, oscuri; sa come rendere il contesto suggestivo, impenetrabile, pieno di segreti terribili, pauroso, fatale; lo spettro della follia incombe e quando essa si mescola con un'attitudine alla violenza, un'abitudine alla morte e al male, le conseguenze possono essere nefaste.

Come già il precedente, anche questo secondo romanzo di Luca D'Andrea non mi ha deluso.

venerdì 24 maggio 2019

Novità in arrivo - traduzione integrale del romance "Bewitching" di Jill Barnett



Lettrici, per quante di voi hanno letto e amato “Joy la strega” (precedentemente pubblicato da Mondadori), è in arrivo una nuova ed integrale traduzione di "Bewitching" di Jill Barnett: si tratta dunque di una traduzione integrale del testo originale comprensiva delle tante scene tagliate o accorciate, e la apprezzerete a maggior ragione se vi fosse sfuggita la precedente pubblicazione.

L’uscita dovrebbe essere indicativamente a partire da metà giugno; intanto vi lascio la trama.

Inghilterra, 1813. Che cosa può mai fare un duca quando la promessa sposa che aveva accuratamente selezionato lo abbandona piuttosto che sposarsi senza amore?
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Per salvare il suo orgoglio non gli rimane che sposare la prima donna che gli cade tra le braccia.

Joyous Fiona MacQuarrie ha stregato il Duca di Belmore appena è apparsa dal nulla e lo ha steso… letteralmente. 
Quando l’orgoglio di Alec lo porta a sposarla, Joy sconvolge la vita di questo serissimo e altezzoso duca inglese. 
È una strega scozzese che non sempre riesce a controllare i suoi poteri magici. 
Ben presto la vita di Alec piomba nello scompiglio. 
Questa bellissima giovane incanta chiunque gli stia intorno, accende la sua passione quando la bacia, ma rischia di causare uno scandalo mai visto con i suoi poteri magici. 

 Stregati dalla passione, questi due cuori solitari sono i classici opposti che si attraggono in una storia irresistibilmente divertente e tenera.


Ma non è tutto: è online Grace l’Indomita, la seconda novella della mini serie Inganni d’Amore iniziata con “Un cavaliere tutto suo”, sempre della stessa autrice.

L’ebook di “Grace l’Indomita” è disponibile su Amazon, Ibooks, Kobo e sui principali store online.


Traduttore: Isabella Nanni
Editore: Babelcube
Genere: Romance
Prezzo ebook: € 3.70
Aprile 2019
Pagine: circa 100
Ci troviamo in pieno Medioevo nelle Highland scozzesi, dove il clan McNish ha subito le incursioni dei loro acerrimi rivali, i McNab, che li stanno lasciando morire di fame. 
Come nipote del capo clan, Grace McNish decide che è suo dovere catturare uno di questi spregevoli McNab per chiedere un riscatto. 
Ma lei e la sua banda male assortita fanno l’errore di catturare l'uomo sbagliato, Colin Campbell, Conte di Argyll e Signore delle Isole, che è in viaggio in quelle terre per decidere il destino dei due clan in guerra. Inizialmente legato come un salame, Colin decide di stare al gioco e di restare prigioniero fingendosi un McNab per studiare più da vicino il clan McNish, e la sua indomita e bellissima condottiera…

Un delizioso concentrato di romanticismo, humor e passione ancora inedito in Italia dall’autrice

L'autrice.
Definita “la maestra dei romanzi dell’amore e della risata”, Jill Barnett è un’autrice di fama internazionale con oltre 8 milioni di copie cartacee vendute ed è stata spesso al vertice delle classifiche dei best seller del New York Times, USA Today, The Washington Post, e Publishers Weekly. Con l’avvento dell’era digitale Jill Barnett è stata numero 1 con i suoi 18 libri nella classifica dei titoli a pagamento più venduti su Amazon e ha venduto oltre un milione di copie digitali. In Italia alcuni suoi libri sono stati pubblicati da Mondadori. 



Estratto

“No, McNab! Non mi avrai senza combattere!” Lo prese a ginocchiate nella schiena, e cercò di disarcionarlo. Lui strinse le cosce, tenendola ancora più saldamente, e le bloccò i polsi. Grace scosse la testa da un lato all’altro, spruzzando acqua ad ogni movimento. Combatté da vera forsennata, fino a quando non cominciò a respirare ansimando e sollevando il petto a fatica. 
Riusciva a leggerle il panico in volto e a sentirle il polso battere all’impazzata mentre la teneva immobilizzata a terra. Il suo sguardo disperato si rivolse alla scarpata. Stava cercando aiuto.
In lontananza si riusciva a sentire il flebile gemito di una cornamusa. La sua banda di manigoldi non aveva idea che loro due non erano sul carro.
Osservò le varie emozioni che le si manifestavano in volto. “Avanti.” Gli disse tenendo alto il mento. “Fallo.” La sua voce gracchiante era carica di emozione; poi chiuse gli occhi, sospirò e il corpo le si afflosciò tutto d’un tratto. 
Se ne restò inginocchiato lì, a guardarla, completamente disorientato.
Lei trattenne il respiro a lungo, tenendo gli occhi chiusi. Girò la testa dall’altra parte, poi espirò con fare drammatico. “Sono pronta.” Fece un altro respiro profondo e restò sdraiata immobile. Dopo un altro minuto di silenzio, aprì uno dei suoi occhi verdi, e lo sbirciò sospettosa. “Che cosa aspetti, McNab? Fallo.” 
“Che cosa?”
“Quello che fate sempre voi spregevoli McNab. Fa’ i tuoi porci comodi con me!”
Richiuse gli occhi e cadde con la testa all’indietro nella più drammatica posa di sottomissione che avesse mai visto. 
Si sforzò di non sorridere. “Ah, sì.” Annuì. “Dimenticavo.” Lasciò protrarre il silenzio. 
“Ma come diavolo devo fare?” Aggrottò la fronte come se proprio non si ricordasse che cosa fare.
“Devi prima spogliarmi, idiota!”
Riecco quella boccuccia. Annuì, poi piegò la testa di lato pensieroso. “Ci sono alternative. Potrei sempre strapparti via il fegato.” 
Lo sguardo che gli rivolse aveva perso gran parte della sua ferocia. 
Fece una pausa, prima di guardarsi intorno. “Ma non ci sono lupi a cui darlo in pasto.”
Grace tirò un sospiro di sollievo.
“Forse hai ragione. Dovrei limitarmi a spogliarti e fare i miei comodi con te, dato che sembra che non mi venga in mente nient’altro. Eppure mi pareva che ci fosse qualcos’altro che noi spregevoli McNab facessimo ai McNish.” Si interruppe e borbottò, “Ma adesso mi sfugge.”
Le si spalancarono gli occhi, anche se era evidente che cercava di non far vedere che aveva paura. Decise che l’aveva presa in giro abbastanza e le lasciò andare un polso, poi raccolse velocemente il pugnale prima che lo facesse lei. 

mercoledì 22 maggio 2019

Recensioni film || BLACKKKLANSMAN (Spike Lee) - IL TESTIMONE INVISIBILE (Stefano Mordini)



Cari lettori amanti del cinema, con questo post di oggi desidero segnalarvi un paio di film che ho avuto modo di vedere negli ultimi tempi.

Il primo è una pellicola di Spike Lee che, con una vena umoristica, affronta un tema sociale serio e purtroppo sempre attuale: la discriminazione razziale nei confronti dei neri da parte di una frangia di fanatici intenzionati a riesumare il Klu Klux Klan.


Il secondo è un thriller made in Italy: una donna viene ritrovata morta e del suo assassinio ne deve rispondere l’amante, che però si dichiara innocente; arrivare alla verità, gli ricorda l’abile avvocato, richiede però un percorso di sofferenza e un’attenzione meticolosa per i dettagli…


BLACKKKLANSMAN

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Regia: Spike Lee.
Cast: John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Laura Harrier, Ryan Eggold.

Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar.

Diciamo subito che il film è ispirato a fatti ed eventi realmente accaduti (con qualche deviazione, of course) incentrati sulla figura di Ron Stallworth, un poliziotto afro-americano che negli anni Settanta riuscì ad entrare e a far parte del Ku Klux Klan.

Sono anni in cui infuria la lotta per i diritti civili da parte dei neri ma l’astuto ed efficiente Ron Stallworth riesce a diventare il primo detective afroamericano del dipartimento di polizia di Colorado Springs; certo, non tutti gli sono amici e anzi l’uomo viene visto e accolto con scetticismo ed ostilità da molti membri di tutte le sezioni del dipartimento.

Ma Ron ingoia qualche rospo e va dritto per la sua strada, convinto di poter farsi un nome e di fare la differenza nella sua comunità. Per dimostrare di non essere diverso dai suoi colleghi, chiede di poter infiltrarsi nel Ku Klux Klan per scoprirne le intenzioni criminali.

Fingendosi un estremista razzista, Stallworth contatta il gruppo e presto penetra all'interno della sua cerchia più ristretta, ottenendo anche la famosa tessera; ovviamente, essendo consapevole che nessun membro del KKK darebbe mai la tessera ad un nero, manda in missione segreta un collega, che finge di essere lui - Flip Zimmerman, di origine ebraica (e non è che gli ebrei siano più amati dei neri da codesti fanatici!).

Intanto però frequenta anche un gruppo di afro-americani coinvolti in modo attivo nella lotta alla discriminazione (Black Power) e tra loro conosce una bella ragazza, di cui si invaghisce.

Per sembrare un attivista del KKK convinto, Ron finge di essere chi non è, intrattenendo una “relazione telefonica” con il Gran Maestro del Klan, David Duke: a lui Ron non dice, ovviamente, di essere di colore e infatti l’altro è convinto di parlare con un perfetto esponente della pura razza ariana che si sta impegnando per il progresso dell'America Bianca.
Man mano che l'indagine sotto copertura procede, diventando sempre più complessa, il collega di Stallworth, Flip Zimmerman partecipa insieme a Ron agli incontri privati con membri del gruppo razzista, venendo così a conoscenza dei dettagli di un complotto mortale.
Stallworth e Zimmerman fanno squadra e uniscono gli sforzi per riuscire a distruggere l'organizzazione il cui vero obiettivo è modificare la propria retorica violenta per ottenere il consenso della massa.

È un film che si lascia guardare con piacere perché ha un ritmo vivace e un gradito black humor che guida le azioni del protagonista, per cui anche se si tratta di una tematica serissima non c’è alcuna pesantezza o vena melodrammatica, proprio grazie al simpatico inganno operato da Ron e il collega, che si “scambiano l’identità” per poter sembrare dei convinti membri del KKK.
Fanno sorridere le telefonate del Gran Maestro con Ron, perché il primo è straconvinto di poter riconoscere un bianco da un nero solo sentendolo parlare, ed invece non riuscirà mai a capire che dall’altra parte del filo c’è un uomo di colore che lo sta prendendo per i fondelli.

Ci sono, come dicevo, delle differenze con la storia vera, come ad es. il tocco sentimentale, ma in linea di massima le peripezie di Stallworth sono quelle descritte da Spike Lee.

I matti del KKK sono degli esaltati veri e propri, che si riempiono la bocca di parole come Dio, ariano, razza bianca, difesa della razza, e sia maschi che femmine risultano ridicoli e patetici nei loro atteggiamenti esagerati e isterici nei confronti dei “non ariani”. Però, lungi dal voler sminuire il fanatismo e il razzismo di una certa fascia di americani, a fine film ci vengono mostrate alcune immagini vere, di repertorio, di gruppi di individui fissati con la storia della superiorità razziale, quindi il tema sarà pure affrontato in modo simpatico ed ironico, ma è un fatto serio e c’è da tenere gli occhi aperti…!

A me i film che trattano questi argomenti piacciono, e di questo ho apprezzato non solo la storia in sé (che mi ha incuriosita, per cui poi ho cercato qualche informazione su questo coraggioso poliziotto) ma anche il tono leggero scelto per parlarne.



Il secondo film, come dicevo, è un thriller, diretto da Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio,  Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato.

IL TESTIMONE INVISIBILE



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Adriano Doria è un giovane imprenditore di successo che si incontra con l'amante, l’affascinante fotografa Laura, in un albergo  piuttosto isolato.
Qualcuno però - ci viene mostrato nelle prime sequenze - ferisce Adriano e poi colpisce mortalmente Laura, che muore all'istante.
Doria resta privo di coscienza, quando riprende i sensi s'accorge che Laura è morta: non ha neppure il tempo di realizzare lucidamente cosa sia successo, che la polizia fa irruzione nella camera e lo arresta.

Tutti i sospetti non possono che cadere su di lui, visto che erano insieme, la stanza era chiusa dall'interno e nessun testimone ha visto entrare o uscire qualcun altro..., quindi l'unico possibile assassino... è lui.

Ma Adriano non ci sta e afferma con decisione la propria innocenza, raccontando la propria versione dei fatti, che è appunto quella che viene presentata dai primi minuti allo spettatore: c'era qualcuno nascosto nella stanza, qualcuno che ha teso ai due amanti una trappola per poi ammazzare lei facendo in modo che la colpa ricadesse su di lui.

E chi potrebbe essere questo qualcuno?
Doria non lo sa: sa soltanto che qualcuno deve essersi intrufolato e aver  commesso il delitto, perchè lui non è stato.

L'uomo si ritrova a fare il punto della propria situazione al cospetto della penalista Virginia Ferrara, consigliatagli dal suo avvocato per la bravura e per non aver perso mai una causa.
La donna, dall'aspetto severo, deciso, professionale, e dallo sguardo penetrante, mette sotto torchio il proprio cliente, dicendogli che non possono permettersi di perdere tempo perchè entro poche ore il giudice potrebbe ordinare l'arresto del Doria: i due hanno, quindi, tre ore per preparare  la strategia difensiva e  cercare la prova della sua innocenza.

Messo con le spalle al muro, Adriano viene costretto a raccontare tutta la verità dalle domande serrate della Ferrara, una donna molto intelligente e astuta, che mette in guardia l'uomo dal tentare di prenderla in giro, perchè lei non è un tipo facile da raggirare.
Così, seguiamo Adriano nel suo racconto di come sono andati i fatti, secondo lui; del resto, essendo morta, Laura certo non può raccontare la propria versione!

I due sono stati amanti ma a un certo punto, per via dei sensi di colpa verso l'amata famiglia, Adriano decide di troncare la tresca adulterina; trascorrono insieme le ultime ore della loro relazione in un hotel sperduto in alta montagna e, mentre sono in macchina per poi lasciarsi definitivamente e tornare ognuno alla propria vita, accade un incidente: a causa di un cervo sbucato all'improvviso, Adriano perde il controllo dell'auto e sbanda...; i due ne escono illesi ma hanno urtato un'altra macchina, su cui c'erano un uomo...: scoprono subito che lo sfortunato autista è rimasto gravemente ferito, anzi... pare proprio morto.

E adesso che si fa? 
I due amanti sanno che, se dovessero denunciare l'incidente, verrebbe fuori che erano assieme e la loro relazione non resterebbe più un segreto, rischiando di rovinare le rispettive famiglie.
Per quanto siano scioccati, Laura e Adriano fanno delle scelte egoistiche che inevitabilmente li conducono su un terreno scivoloso e pericoloso, dando il via a tutta una serie di circostanze  torbide, ambigue, le sui conseguenze e implicazioni potrebbero svilupparsi in maniera insospettabile, coinvolgendo altre persone e mettendo a rischio i loro segreti e la montagna di bugie che man mano hanno costruito per nascondere le proprie malefatte...

Lo spettatore si ritrova quindi a seguire il presente e il passato: il primo è segnato dall'interrogatorio della penalista, che pretende da Doria tutta la verità, cosa che lui - comprendiamo man mano - è restio a raccontare in modo onesto: perché? Cosa sta nascondendo? C'è davvero qualcuno che potrebbe avere interesse a danneggiarlo mandandolo in galera per un omicidio che non ha commesso?
E c'è il passato: attraverso ripetuti flashback, conosciamo ciò che è accaduto prima dell'assassinio di Laura, e quindi la loro relazione, l'incidente causato dal cervo e le conseguenze nefaste delle scelte operate in quell'occasione.
Perchè ricordiamoci sempre che nell'altra auto c'era una persona e qualcuno la starà pur cercando...!

Nel corso delle domande della penalista, veniamo messi a confronto anche con altre versioni dei fatti, opposte a quelle raccontate da Doria: e se non fosse l'innocente imprenditore che vuole apparire? Se dietro quella faccia imperturbabile, quell'atteggiamento apparentemente calmo, si nascondesse un uomo disposto a tutto pur di non colare a picco e ritrovarsi al centro di uno scandalo? 
Ma soprattutto, resta il dilemma iniziale: chi ha ucciso Laura e perchè?

Intanto, la Ferrara fa sapere al suo arrogante cliente che è saltato fuori un testimone chiave, che potrebbe far crollare la sua versione dei fatti...

Ho guardato questo thriller dal primo all'ultimo minuto con molto interesse e coinvolgimento; i flashback non li ho trovati confusionari, anzi rendono la narrazione e la ricostruzione (che si incrocia con ciò che emerge attraverso il colloquio di Doria con la penalista) vivace e appassionante; mi è piaciuto molto il personaggio enigmatico della Paiato, cui l'attrice dà intensità e carattere, e davanti al cui sguardo determinato e alla voce dura, pure uno sicuro di sè come Adriano Doria rischia di vacillare; importanti sono i dettagli - come ripete quasi ossessivamente la Ferrara a Doria, che glissa, "dice e non dice", si innervosisce - e infatti anche lo spettatore deve stare attento a quelle che sembrano minuzie: uno sguardo, un cenno col capo, un oggetto poco importante...

Non si può nascondere per sempre la verità, perchè essa è come un corpo gettato in acqua: a un certo punto, viene a galla, e per quanto ci si sforzi per soffocarla, insabbiarla, per quanta motivazione si abbia nel farlo, ci sarà sempre qualcun altro altrettanto motivato a dissotterrarla... Qualcuno mosso dal dolore, dalla disperazione, consapevole di non aver più nulla da perdere, avendo già perso tanto..., troppo.

Il colpo di scena finale stupisce in positivo e per quanto mi riguarda lo reputo un thriller ben riuscito, sia per il cast che per come è stata sviluppata la storia; so che è il remake di una pellicola spagnola (Contratiempo), ma non l'ho vista e non posso fare paragoni o altre considerazioni in merito; leggendo la trama, mi pare di aver capito che sia praticamente uguale.
Comunque, a prescindere dal fatto che non sia originale, per me "Il testimone invisibile" è un film fatto bene e piacevole da guardare, in grado di mantenere costante la suspense e teneresveglia l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine.

Consiglio ambedue le visioni ^_^

martedì 21 maggio 2019

Anteprime Rizzoli Noir: UNA FAVOLOSA ESTATE DI MORTE di Piera Carlomagno (dal 28 maggio) - L'ISOLA DELLE ANIME di Piergiorgio Pulixi (dall'11 giugno)



Due anteprime appartenenti alla collana RizzoliNoir che hanno attirato la mia attenzione 😍


Piera Carlomagno svela, con eleganza e discrezione, il male profondo di una terra insieme ai tormenti e alle malinconie delle donne che la abitano.


UNA FAVOLOSA ESTATE DI MORTE di Piera Carlomagno (ed. Rizzoli, in libreria dal 28 MAGGIO).


Divisa tra scienza e magia, una detective dall’intuito soprannaturale mette a nudo l’anima più segreta di una Basilicata remota ed esoterica.

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Accadono fatti terribili nella terra di mezzo tra Matera e Potenza, frontiera selvaggia che si ripiega su se stessa come le ripide gole che la solcano.
E così una notte di giugno, nei calanchi vicino Pisticci, un uomo e una donna vengono assassinati brutalmente.
Lui è Sante Bruno, architetto con entrature che contano. Lei, Floriana Montemurro, una ragazza bellissima, figlia di un potente notabile.
Il duplice omicidio scuote la monotonia di una provincia in cui il pettegolezzo vola di bocca in bocca e le lingue sono affilate come rasoi. Indagare sul caso tocca a Loris Ferrara, magistrato in crisi che vuol rifarsi una vita, e all’anatomopatologa Viola Guarino.
Abilissima nel leggere la scena del crimine, convinta sostenitrice dei metodi scientifici d’indagine, la Guarino ha un sesto senso prodigioso. “Strega” la chiamavano da bambina. “Strega” pensano oggi di lei i suoi concittadini. E del resto, è la nipote di Menghina, celebre lamentatrice funebre della Lucania, una che ha trasformato la morte in professione e di stranezze se ne intende.
 Turbata dai sentimenti che prova per l’ombroso Ferrara, Viola si getta a capofitto nell’inchiesta.
Mentre incombono i preparativi per Matera 2019 Capitale della Cultura e il futuro si porta appresso milionarie speculazioni sugli antichi Sassi, dovrà confrontarsi con i misteri di un Sud in cui tutto sta cambiando anche se nulla cambia mai davvero.


Interrogando il silenzio inscalfibile che avvolge la sua Sardegna, Piergiorgio Pulixi spinge il noir oltre se stesso, svela le debolezze della ragione inquirente in un mondo irredimibile, in cui perfino la ricerca della verità si trasforma in una colpa.


L'ISOLA DELLE ANIME di Piergiorgio Pulixi (Ed. Rizzoli, 448 pp, 19 euro cart., 9.90 euro ebook - in libreria dall'11 GIUGNO).

Un serial killer è tornato a colpire.
Una formidabile coppia di sbirre deve fermarlo in una Sardegna avvolta dal mistero di antichi rituali.



Li chiamano cold case. Sono le
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inchieste senza soluzione, il veleno che corrompe il cuore e offusca la mente dei migliori detective.

Quando vengono confinate alla sezione Delitti insoluti della questura di Cagliari, le ispettrici Mara Rais ed Eva Croce ancora non lo sanno quanto può essere crudele un'ossessione.
In compenso hanno imparato quant'è dura la vita.
Mara non dimentica l'ingiustizia subita, che le è costata il trasferimento punitivo.
Eva, invece, vuole solo dimenticare la tragedia che l'ha spinta a lasciare Milano e a imbarcarsi per la Sardegna con un biglietto di sola andata.
Separate dal muro della reciproca diffidenza, le sbirre formano una miscela esplosiva, in cui l'irruenza e il ruvido istinto di Rais cozzano con l'acume e il dolente riserbo di Croce.
Relegate in archivio, le due finiscono in bilico sul filo del tempo, sospese tra un presente claustrofobico e i crimini di un passato lontano.
Così iniziano a indagare sui misteriosi omicidi di giovani donne, commessi parecchi anni prima in alcuni antichi siti nuragici dell'isola.
Ma la pista fredda diventa all'improvviso rovente. Il killer è tornato a colpire.
Eva e Mara dovranno misurarsi con i rituali di una remota, selvaggia religione e ingaggiare un duello mortale con i propri demoni.


PIERGIORGIO PULIXI (1982) è autore del ciclo poliziesco di Biagio Mazzeo iniziato con Una  brutta storia (2012) e della serie thriller I Canti del male. Per Rizzoli ha pubblicato Lo stupore della
notte (2018), disponibile anche in Bur.



La casa di produzione Palomar ha acquistato i diritti televisivi del romanzo 
"L’isola delle anime". «Pulixi gioca in serie A.» - Marcello Fois, “TuttoLibri”

lunedì 20 maggio 2019

Libri in lettura (maggio 2019)




Buon pomeriggio lettori!
Oggi voglio presentarvi due libri che ho attualmente in lettura 😊



IL TESCHIO E L'USIGNOLO di Michael Irving (Ed. Neri Pozza, 431 pp)


Chi non ha mai sognato di vivere in una grande città, senza preoccuparsi del denaro e del tempo a propria disposizione, lasciandosi andare soltanto ai piaceri più sfrenati? 

Quando in una ventosa giornata del 1760, il ventitreenne Richard Fenwick torna dal suo Grand Tour e mette piede a Fork Hill, nella tenuta inglese di James Gilbert - l'anziano ed enigmatico gentiluomo che gli ha fatto da padrino, provvedendo ai suoi viaggi e ai suoi studi - ha una sola domanda che lo tiene in apprensione: come potrà tornare a godere degli agi e delle comodità cittadine?
La soluzione si presenta da sola, non appena Mr Gilbert gli propone di prendere parte a un "esperimento grandioso": Richard si trasferirà a Londra a sue spese per provare ogni piacere e curiosità che la sua indole gli suggerirà.
La sola cosa che dovrà fare in cambio sarà raccontargli tutto via lettera; nei minimi dettagli. In questo modo, pur senza abbandonare le mura della sua stanza, l'anziano tutore proverà l'illusione di essere al suo fianco e si sentirà di nuovo traboccante di vita.
Cos'altro di meglio può chiedere Richard?
Trasferitosi a Londra, il giovane frequenta salotti alla moda, passa le notti in compagnia di vecchi compagni di scuola e sorseggia il tè con Sarah Kinsey, amore di gioventù convolata a nozze con un commerciante di diamanti.
Ma una lettera di Mr Gilbert gli rimprovera che sta sprecando il suo tempo: deve "spingersi oltre" e deve farlo in fretta...


LISSY di Luca D'Andrea (Einaudi, 432 pp).

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 Una giovane donna in fuga e il mistero che porta con sé. Un solitario che vive sulla montagna dei suoi padri, seguendo leggi inflessibili e antichissime. Un uomo divorato dal passato e uno tanto spaventoso da non avere né nome né futuro. Poi Lissy. Un'invenzione gigantesca.



Inverno 1974. Marlene ha sposato Herr Wegener, l’uomo piú temuto del Sud Tirolo, per sottrarsi a una vita di miseria. Ora, però, qualcosa è cambiato. Sa che il marito non le perdonerà mai il tradimento, ma decide lo stesso di scappare da lui, dopo averlo derubato di un tesoro il cui valore va ben oltre quello del denaro.
Uscita di strada con la macchina, la giovane viene salvata e curata da Simon Keller, un Bau’r, un contadino di montagna che abita in un maso sperduto.
Intanto Herr Wegener ha scatenato la caccia, spinto dalla rabbia e dalla difficoltà in cui il gesto della moglie lo ha posto nei confronti del Consorzio, una potente organizzazione criminale.
Sulle tracce di Marlene è stato messo l’Uomo di Fiducia, un personaggio gelido e letale che non si fermerà finché non avrà portato a termine il proprio compito.
Presto la donna dovrà capire quale sia per lei la minaccia maggiore. Se il marito, il killer, lo stesso Simon Keller.
Oppure Lissy.

domenica 19 maggio 2019

Recensione: LE STREGHE DI ATRIPALDA di Teodoro Lorenzo



Quattordici racconti che mettono in luce le passioni e i sentimenti, le speranze e le delusioni, le sconfitte e le vittorie di persone "normali", che grazie allo sport - comune denominatore di queste storie - hanno raggiunto importanti consapevolezze nella propria esistenza: perché lo sport, quando è praticato con lealtà, dedizione, spirito di sacrificio, senso dell'unità, può diventare poesia ed essere un maestro di vita.



LE STREGHE DI ATRIPALDA
di Teodoro Lorenzo



Bradipolibri
220 pp
Un titolo sicuramente originale e accattivante, quello scelto per questa raccolta, che inevitabilmente fa nascere nel lettore la domanda su chi siano queste "streghe" e come possano collegarsi al mondo dello sport, che fa da sfondo a tutte le storie narrate dall'Autore in queste pagine.

Ogni racconto ha il suo sport: hockey su ghiaccio, lotta greco-romana, tiro a segno, carabina, ciclismo, lancio del disco, tiro con l'arco, canoa, golf, pallavolo, vela, judo, atletica (400 metri), pugilato, automobilismo; e per ogni sport c'è il suo campione, con la sua personale storia di vita.

I protagonisti che di volta in volta conosciamo in questo viaggio narrativo sono tutti collocati in città differenti e sono (talvolta estremamente) diversi l'un dall'altro, con motivazioni e una concezione dello sport che arriva ad essere agli antipodi (ad es., le protagoniste del racconto che dà il titolo al libro vs il protagonista di "Ghiaccio e fuoco"), ma comunque accomunati dalla passione e/o dalla pratica di un'attività sportiva, nella quale confluiscono ineluttabilmente tutte le passioni e i tormenti di ciascuno di essi.

Alcuni personaggi ci colpiscono perchè onesti, puliti, riflessivi; altri per la loro temerarietà, per la forza interiore, per la capacità di portare gli altri a ricercare il meglio e non la mediocrità; altri per la loro malvagità, dietro la quale però si nasconde un bisogno inconsapevole di redenzione.

E così, ad es., conosciamo un giovanotto appassionato di automobilismo, un vero e proprio fuoriclasse al quale tutti riconoscono non solo la bravura ma soprattutto una caratteristica incredibile: l'assenza di paura. 
E' possibile non provare mai alcuna paura, non sentire i brividi di terrore quando ci si trova in una situazione ad alto tasso di adrenalina? E soprattutto..., per quanto a volte ci baleni nella mente il pensiero "Vorrei smettere di aver paura...", sarebbe davvero consigliabile non averne? Non è piuttosto vero che provare paura, e sentirne e riconoscerne i segnali, ci aiuta ad affrontare/evitare con saggezza situazioni pericolose? 

C'è chi ha paura di non essere mai abbastanza, e per questo ha imparato ad affrontare le proprie insicurezze attraverso appigli sbagliati e sciocchi, che a nulla giovano nè a se stesso nè nei rapporti con gli altri; c'è la ragazza che detesta il proprio corpo sgraziato e soffre per i giudizi altrui, ha paura di mostrarsi per quella che è, ma una presenza amica l'aiuterà a comprendere che l'aspetto fisico non deve condizionare il suo mondo interiore.

Incontriamo personaggi arroganti, che presi da una sorta di delirio di onnipotenza credono di poter avere tutto ciò che vogliono senza curarsi se calpestano la dignità altrui; altri onesti e profondi, pronti a scavarsi dentro e a interrogarsi sul proprio modo di essere, su cosa vogliono diventare, sulla necessità di vivere senza maschere e ipocrisie; c'è anche chi, praticando uno sport, capisce che in fondo non è quello che vuol fare e che finora ha solo assecondato i desideri di qualcun altro, e ancora chi usa uno sport per raggiungere uno scopo ignobile e malvagio.

Leggiamo storie dolorose, di giovani donne depredate della propria innocenza, della speranza del futuro, cui resta tra le mani solo un dolore infinito, ma anche storie di donne pronte a migliorarsi, a portare avanti valori importanti, come la lealtà, la solidarietà, il gioco di squadra.

Insomma, storie di vita che hanno tutte qualcosa da insegnarci su temi quali la vita e la morte, la malattia, l'amicizia, l'onestà, l'amore, il rispetto per il prossimo, e i vari sport non fanno che portare chi li pratica a riflettere su questi aspetti esistenziali e a prendere decisioni nobili, volte al miglioramento di se stessi; i protagonisti sono uomini e donne comuni, tratteggiati in tutta la loro imperfetta umanità, e l'Autore scava con profonda sensibilità dentro la loro anima, lasciandone emergere il buio e la luce, il male e il bene, attraverso una scrittura attenta, intensa, ricca di significato e carica di riflessione, caratterizzata da un linguaggio sempre consono alla storia raccontata, che sa essere elegante e, non di rado, quasi poetico, pur restando realistico, in grado di toccare il lettore, di fargli apprezzare il percorso personale di consapevolezza di sè cui arriva sempre ciascun protagonista.

Mi è piaciuto molto il fatto che l'Autore abbia scelto di dare ai personaggi che compaiono nei racconti (non solo a quello principale) un nome e un cognome, collocandoli in una città ben precisa (Rieti, Teramo, Verona...), rendendo "personale" la loro conoscenza, permettendoci di entrare in modo diretto nel loro mondo, nelle loro vite e vicissitudini.

Devo dire che questo libro è stata una bella scoperta, i racconti sono tutti belli, scritti molto bene, appassionano perchè lasciano emergere l'aspetto umano dello sport, il cui senso va ben oltre le vittorie, i punteggi conseguiti, la fama, ma converge tutto nell'eccitazione e nella gioia che deriva dal praticarlo, dal gareggiare, dalla sana competizione che esso stimola, dal gioco in quanto tale, che ci riporta indietro, ai giorni spensierati dell'infanzia.

Non posso infine non condividere con voi il piacevole stupore che ho provato nel leggere un racconto in particolare, "La mela d'argento", una storia di violenza e dolore (credo sia quella più amara tra tutte) ambientata nella mia città, San Severo, e per di più nei giorni della festa patronale - la "Festa del Soccorso" - che ha luogo proprio in questo fine settimana (quando si dice... "le coincidenze"!).

Ringrazio l'Autore per avermi dato l'opportunità di leggere questa raccolta, che mi sento davvero di consigliarvi.

le "...radici del male affondano dentro l’essere umano fin dalla sua nascita. Ma nello stesso tempo credo che la sua non sia una condanna definitiva; dalla cattiveria ci si può redimere. La volontà dell’uomo può avere la meglio, può vincere sul male. La nostra vita deve diventare una lotta quotidiana per strappare dall’anima quelle radici malvagie. È il nostro istinto egoistico che ci porta naturalmente verso la cattiveria e occorre uno sforzo morale costante per non farsi trascinare nel fango. Dobbiamo essere sempre vigili, basta una debolezza della volontà, un mancamento passeggero della mente per farsi risucchiare nel gorgo nero del male. Non cedere Ivo, non darla vinta alla cattiveria, reagisci e comincia a fare scelte virtuose. Tu adesso non le opponi abbastanza forza, risveglia la tua forza morale.”

sabato 18 maggio 2019

DAVID COPPERFIELD di Charles Dickens - brevi considerazioni e citazioni



Uno dei miei classici preferiti, che non posso non consigliare a chi ama questo genere letterario, è sicuramente DAVID COPPERFIELD (titolo originale: The Personal History, Adventure, Experiences, and Observation of David Copperfield) di Charles Dickens (1812-1870), pubblicato nel 1850.

Avendolo letto diversi anni fa, non mi sento in grado di farne una recensione approfondita e
Ed. Mondadori
1152 pp
dettagliata, anche perchè è un bel librone (attorno alle 1000 pp, se non erro) ed ha una trama molto articolata e ricca di avvenimenti, quindi mi limiterò ad accennarne la trama e a condividere alcune considerazioni e citazioni che trascrissi quando l'ebbi in lettura.

Il protagonista è ovviamente David Copperfield, che conosciamo sin da piccolino: nasce un venerdì di marzo, a mezzanotte, nell’ora dei fantasmi, da una madre troppo giovane e innocente e con vicino due donne, la domestica Peggotty e la burbera zia Betsey Trotwood, la futura salvatrice dell’orfano. 

David, benchè orfano di padre, vive un'infanzia felice con la madre, fino a quando ella si risposa con il signor Murdstone, un uomo crudele che la porta alla tomba. 
Solo e senza l'adorata madre, è costretto dal patrigno a lavorare presso un negozio di Londra e David sperimenta la dura scuola del maestro Creakle.
Disperato fugge a piedi a Dover, dove la zia Betsey, accetta di occuparsi di lui, così lo manda a Canterbury, per educarlo, in casa del suo avvocato, e lì conosce Agnes, una dolce fanciulla, con cui allaccia un affettuoso legame (in realtà la fanciulla s'innamora di Copperfield, ma lui pare non accorgersene). 

Divenuto cronista parlamentare e conquistata anche fama letteraria, David sposa Dora, ma il destino non ha smesso di mescolare le sue carte e di riservare sorprese, anche amare, al giovanotto... 

Sin da quando è soltanto un bimbo, si capisce come il protagonista sia buono e nutra una sua cieca e pura fiducia nella benevolenza della Provvidenza, fede che viene messa di continuo alla prova dalla malvagità di svariate persone che incrocia lungo il proprio cammino, dall'amico Steerforth al detestato Uria Heep, individui che fin da giovani decidono di vivere in modo ingiusto, o ancora dal cameriere Littimer allo spendaccione Micawber. 

Interessanti i personaggi femminili di David Copperfield: nel suo egoismo infantile, David non si accorge che la madre è una donna come tutte le altre e che può avere delle esigenze coniugali e sentimentali come è normale che una donna abbia; anni dopo, trasferisce la figura materna nella moglie-bambina Dora, resa poco più che un "giocattolo", innocente e privo di sensualità.
Stesso discorso vale per Agnes, considerata alla stregua di una sorella.

L’eros esplode nelle figure di Emily e nella prostituta Martha, che David salva mentre sta per buttarsi nel Tamigi, in Rosa Dartle, sedotta in gioventù da Steerforth.

David Copperfield è intriso di valori cristiani - l’equilibrio morale, la compassione... - ma allo stesso tempo ne percepiamo il brivido del cambiamento, l’ansia e la paura del futuro che l’orfano David ha imparato a temere fin da piccolo; accanto ad essi, continuano a visitarlo i fantasmi e le ombre di coloro che sono morti. 

Ne ho un ottimo ricordo, se non fosse così grosso, lo riprenderei per rileggerlo ^_^

«Oh, la mia moglie-bambina, tra le tante figure che si muovono nella mia memoria ce n’è una ferma che mi dice, con il suo innocente amore e con la sua bellezza infantile, fermati a pensare a me… girati per guardare il piccolo fiore, mentre cado volteggiando per terra. Lo faccio. Tutto il resto si offusca e sbiadisce. […] Ma sono cosciente adesso che la mia mogliettina mi lascerà? Mi hanno detto che è così; dentro di me lo sapevo già; ma non sono ancora sicuro di aver preso sul serio quella verità. Non riesco a dominarla. Mi sono ritirato per conto mio, molte volte oggi, a piangere. Ho ricordato colui che pianse per un addio fra i vivi e i morti […] Tengo la sua mano nella mia, il suo cuore è nel mio, vedo il suo amore per me, vivo in tutta la sua forza. Non posso scacciare l’ombra pallida e tenue della convinzione che verrà risparmiata. […] Poso il viso accanto al suo sul cuscino, e lei mi guarda negli occhi, e parla molto piano. Gradualmente, mentre procede, sento, e mi tocca il cuore, che parla di sé al passato.

« - Ho paura, mio caro, di essere stata troppo giovane. Non solo per gli anni, ma per l’esperienza e per i pensieri, e tutto il resto. Ero solo una sciocca creatura! […] Ho iniziato a pensare che forse non ero adatta a fare la moglie. 
Cerco di fermare le mie lacrime, e di replicare: - Oh, Dora, amore, non più di quanto ero adatto io a fare il marito! […] 
Non lo so come passa il tempo; poi vengo richiamato dal vecchio compagno della mia moglie-bambina. Più inquieto di prima, striscia fuori dalla pagoda, mi guarda, va verso la porta, e piange, perché vuole andare di sopra. […] Si stende ai miei piedi, si stira come per dormire, e con un lamentoso ululato, è morto.

« - Oh, Agnes! Guarda, guarda qui! – […] Quel viso, così pieno di dolore e di pietà, lo scorrere delle lacrime, quel terribile appello muto a me, quella mano solenne alzata verso il cielo! – Agnes? – È finita. Il buio mi viene davanti agli occhi; e per del tempo, tutte le cose sono cancellate dai miei ricordi».

 «E adesso finisce la mia storia scritta. Mi guardo indietro, ancora una volta – l’ultima – prima di chiudere questi fogli. Mi vedo con Agnes […], vedo i nostri figli e i nostri amici intorno a noi; e sento il frastuono di molte voci, che non mi sono indifferenti, mentre proseguo il viaggio. Tra la folla che passa quali sono i volti che riesco a distinguere meglio? Guardali; si rivolgono tutti verso di me mentre pongo questa domanda ai miei pensieri! […] E adesso, mentre finisco il mio compito, vincendo il desiderio di indugiare ancora, questi volti svaniscono. Ma un solo volto, che brilla su di me come una luce celestiale che mi permette di vedere tutto il resto, è sopra quelli e oltre tutti quelli. E resta. Giro la testa e la vedo, nella sua meravigliosa serenità, accanto a me. […] Oh Agnes, anima mia, che il tuo viso possa essermi accanto quando finirà la mia vita; possa io, quando la realtà scivolerà via come le ombre che ora saluto, trovarti ancora accanto a me, a indicare l’alto!»


venerdì 17 maggio 2019

Dietro le pagine di “Country Dark” di Chris Offutt



L’ultimo libro di cui vi ho parlato sul blog è “Country Dark” di Chris Offutt.

Chi o cosa ha ispirato la storia e la scelta dell’ambientazione?

Risultati immagini per dietro le pagine
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Country Dark è incentrato sul personaggio principale, Tucker, un giovane veterano della Guerra in Corea, e sulla sua famiglia, tormentata dalla sfortuna, la cui situazione, a un certo punto, non fa che peggiorare.

Chris Offutt ha dichiarato che inizialmente voleva scrivere una saga famigliare che coinvolgesse su tre generazioni che vivevano sulle colline. Aveva già un finale in mente per la seconda e terza generazione, ma bisognava iniziare dal capostipite, e man mano restava sempre più affascinato da Tucker e non è più riuscito a superare il 1971! Più scriveva su di lui, più si interessava a questo giovane uomo, duro, di poche parole, che non beve nonostante contrabbandi alcolici, non si auto-esamina e non è un imbranato; è molto intelligente e pieno di risorse, agisce senza riflettere troppo eppure non lo si può giudicare uno spericolato; puoi esser sicuro che qualsiasi cosa gli tirerai addosso, lui lo affronterà a testa alta.

fonte
Country Dark è ambientato lì dove Offutt è cresciuto, una comunità rurale, fatta di strade sterrate, ruscelli e sentieri che attraversano i boschi, animaletti (dai simpaticissimi scoiattoli ai pericolosi serpenti, lasciati allo stato brado); un posto insolito in cui crescere, ma se n’è reso conto dopo essersene andato. 
Ci sono voluti anni per capire che la sua infanzia era avvenuta durante un periodo di cambiamenti drammatici - la costruzione dell'Interstatale, la Guerra alla Povertà, l'arrivo della TV via cavo. 
Quando cominciò a scrivere, il suo intento era narrare degli adulti che assistettero a questo enorme cambiamento culturale sulle colline.

La terra del Kentucky orientale e il modo di pensare della sua gente fa parte di lui; Offutt dice di sentire su di sé la “sporcizia” dal Kentucky, che ha portato con sè per oltre trent'anni in una piccola borsa di pelle. La bandiera del Kentucky è nel suo studio, il posto della casa in cui scrive, come a ricordargli di mantenere vivo il suo legame con lo stato e la terra.

Ad influenzare enormemente i suoi lavori hanno contribuito sicuramente la propria capacità di osservazione (ce l'ha anche Tucker!), l'ascolto, il parlare con gli estranei, i viaggi, la solitudine nei boschi e la lettura (in particolare, leggere testi incentrati proprio sulle colline l'ha aiutato moltissimo).


Fonti consultate per il post:
https://medium.com
http://newlimestonereview.as.uky.edu
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