Ida è una delle tante giovani donne laureate che hanno deciso di lasciare l'Italia per cercare qualcosa di più di un lavoretto sotto-pagato col quale permetterti a malapena l'affitto; ora è a Londra ed è in questa città, di cui è innamorata, che vuol restare. È vero, la fortuna non sembra essere dalla sua parte, e ciò da cui è fuggita (la solitudine, la disoccupazione, i sacrifici mai ripagati adeguatamente...) l'hanno seguita come segugi fedeli.
Lo scoraggiamento è ad ogni passo, resistere in una metropoli multietnica e affollata in cui ci si può sentire più soli che mai, non è affatto semplice. Ce la farà Ida a tenersi stretta la sua amata Londra o tornerà nel suo paese natio, in Veneto, delusa e con un inevitabile senso di fallimento?
MIND THE GAP - Distanze Londinesi
di Luisa Multinu
Aporema Ed. 224 pp 13.90 euro
"Mind the Gap. Magari è proprio quello, il senso di tutto. Fare sempre attenzione al vuoto presente tra l’aspettativa e la realtà. Evitare di lanciarsi con troppa fretta o speranza oltre il limite. Mind the gap, si ripete, between your life and your dreams."
A trent'anni, con una laurea in tasca e tanti sogni nel cassetto, non è semplice adattarsi ad un lavoretto faticoso in un bar londinese, sopportare gli insulti rabbiosi di superiori frustati che ti umiliano ad ogni piè sospinto e rendersi conto, alla fine del mese, che la paga ricevuta è da fame e con essa riesci solo a pagarti la stanza in una casa condivisa con altri ragazzi rumorosi e disordinati.
Questo pensa Ida, che per risparmiare si accontenta di ingurgitare durante il giorno caffè e sigarette, e latte e biscotti a cena.
Nel seguire la protagonista e nell'immergerci nelle sue giornate scandite dal lavoro e dai pochi momenti di riposo chiusa dentro la propria stanzetta, viene spontaneo chiedersi: ma conviene restare in un Paese straniero a fare la fame, a farsi sfruttare da datori di lavoro spocchiosi e tirchi, giusto per poter dire "Vivo a Londra"? Povertà per povertà, non è meglio casa tua, dove almeno hai una famiglia e degli amici?
Ma il problema, per Ida, è proprio quello: in Veneto lei non ha lasciato nessuno d'importante, fatta eccezione per la nonna, l'unica persona che le vuole bene e con cui è in contatto.
Suo padre è morto tempo fa, dopo aver passato gli ultimi anni della propria vita annegando nell'alcool, lontano dalla figlia, che s'è sentita da lui tradita proprio perché amava molto il genitore; la madre di Ida si è rifatta una vita e ogni contatto con l'unica figlia è andato sempre più diradandosi, fino ad arrivare ad una dolorosa e frustrante indifferenza.
Perché tornare in Italia, dove sbocchi professionali non ce ne sono?
Ida è venuta a Londra con poca roba e tanta, tanta speranza di potersi costruire un futuro luminoso.
Da subito, però, ha dovuto scontrarsi con una realtà tutt'altro che facile e con una Londra che non è stata il massimo dell'ospitalità.
Insomma, diciamocelo: le cose non vanno proprio bene, ma Ida non vuol demordere; travolta da una sconfinata passione per Londra e per tutto quanto la capitale britannica rappresenta e contiene, la ragazza stringe i denti e cerca di resistere e restare.
Londra è anche un po' sua, la sente sua, le è entrata dentro; le sue strade, le sue piazze, i suoi locali, i palazzi..., tutto le scorre dentro come il sangue nelle vene. Londra pulsa di vita e lei vuol farne parte, e sa che questo vuol dire prendere ogni giorno a morsi, assecondando la fame di vivere che, di certo, non l'ha lasciata, anzi.
Ma ogni tentativo di auto-incoraggiarsi e di convincersi che rimanere nella capitale sia sempre meglio che tornare in Italia, deve fare i conti con la realtà dei fatti e Ida non è una sciocca o un'illusa: si rende conto che il lavoro al bar è diventato ingestibile, mortificante. Non sarà il caso di compiere un atto di coraggio e andarsene, cercando un'altra occupazione?
E così si infila nuovamente nel circuito sconfortante della ricerca di un lavoro che le consenta di vivere con dignità.
Alzarsi ogni mattina, infilare il cappottino consunto (che neanche la scalda più benissimo, ma è meglio di niente, visto che non può permettersene uno nuovo, per ora) e andarsene in giro per la Londra che ha imparato a conoscere ed amare, a lasciare curricula e candidature, con il cuore gonfio di speranza: questo è ciò che fa ogni giorno, dopo essersi licenziata.
Che cavolo, ci sarà posto anche per lei nell'immensa Londra?
Il lettore fa compagnia alla protagonista ed ella gli fa inconsapevolmente da cicerone, portandolo in giro per la metropoli londinese e facendo sì che la guardi con i suoi occhi pieni di meraviglia, sempre pronti a lasciarsi incantare da luoghi, tramonti, dal cielo troppo spesso grigio e pallido, dal mare di gente di qualsiasi etnia, dai locali sempre pieni, dai giovani in giro la sera a divertirsi.
Mi ha affascinata immaginarmi passeggiare accanto a Ida, e anche a me Londra è parsa incantevole, seducente... ma inevitabilmente ho sentito forte anche la sua consapevolezza di essere sola, smarrita e impaurita all'idea di fallire e di non riuscire ad integrarsi, a realizzarsi, a metter l'uno sull'altro piccoli ma importanti mattoncini di futuro.
Eppure, nonostante le riflessioni di Ida siano per la maggior parte intrisi di tristezza, delusione, timore, solitudine, amarezza e rabbia, ogni volta che qualche brutta sorpresa la butta giù, lei riesce incredibilmente a sollevare lo sguardo e dire a se stessa: Non mollare. Resisti.
"Nonostante la stanchezza e le deprimenti incertezze che sta affrontando, non ha alcuna intenzione di mollare. Dentro di sé, sente ancora forte il bisogno di credere che sia per lei possibile una rivalsa: la conquista della propria felicità. È il desiderio di non arrendersi, nient’altro, che associa alla smania di conoscere e vivere più da vicino la città in cui ha sempre sognato di poter risiedere. Non chiede nulla di speciale, in fondo; le basterebbe soltanto un’occasione. Una chance."
Ida non si ferma e, se un lavoro va male, ne cerca un altro.
Certo, le lacrime scendono - lacrime di rabbia, amarezza, frustrazione, impotenza... -, il morale va sotto i piedi e può succedere anche a una testarda come lei di chiudersi in camera a piangersi addosso..., ma fortunatamente c'è sempre qualche ragione per cui rialzarsi.
C'è qualcuno che le è affezionata e che cerca di scuoterla: Marta, coinquilina spagnola dal carattere effervescente, allegro, ottimista; a costo di risultare anche brusca ed insensibile, Marta prova a dare i giusti scossoni a Ida, quando la vede giù di corda, affinché questa la smetta di lamentarsi ed isolarsi.
Se non ci fosse lei, Ida sarebbe davvero sola a Londra!
Certo, c'è anche un ragazzo delle sue parti, con cui a volte si sente e, più raramente, si vede: Giacomo, sfuggente, riservato, distante. Isa ne è attratta e a volte sembra che lei non gli sia indifferente, altre, lui pare scocciato e scostante.
Come sei davvero, Giacomo? Ci si può fidare di te? Si può contare sulla tua presenza a Londra, dovessi averne bisogno?, si chiede perplessa Ida, rimproverandosi per il suo perdere la testa per i ragazzi sbagliati, che la fanno soltanto soffrire.
Davanti alle cocenti delusioni che le piovono addosso, forse Ida dovrebbe chiedersi se scappare da Londra - che sa essere tanto ricca di fascino quanto crudele e spietata, avara di allettanti possibilità - non sia forse la cosa più saggia a fare.
"Anche lei può trovare il suo posto nel mondo, trovarlo lì, nella città di cui è innamorata, tra le strade che sanno ipnotizzarla e sconvolgerla, prenderla a pugni, ma anche abbracciarla come una madre."
Resisterà, nonostante lavori umilianti, colleghi poco solidali, superiori meschini, rari sprazzi di umanità e di amicizia? Rinuncerà a cercare la propria strada in questa città che ama disperatamente e da cui vorrebbe essere amata nello stesso modo?
"Mind the gap" è un romanzo che, tra citazioni prese dalla letteratura inglese e altre dal mondo musicale punk e britpop, affronta un tema attualissimo, che è quello dei giovani che, carichi di speranza, lasciano il proprio Paese per emigrare e cercare di farsi una vita altrove, là dove son convinti che ci siano maggiori opportunità - di crescita, di studio e di lavoro - per poter dare una svolta alla propria vita e ai propri sogni.
Ma, lungi dal raccontarci le esperienze esaltanti di una protagonista piena di talento, bella e affascinante, che riesce a ritagliarsi in breve tempo il proprio posto in un mondo di avvoltoi, l'Autrice ha scelto di restare coi piedi ben piantati a terra e di levare inutili strati di cipria dal volto della sua Ida, di svestirla dei panni di eroina sempre positiva che, con la sola forza di carattere e le proprie capacità, riesce a vincere ogni ostacolo, e di presentarcela per quella che è: una trentenne che ha difficoltà a trovare una stanza da affittare, figuriamoci un lavoro dai lauti guadagni o uno consono agli studi fatti.
Ida non è una di quelle protagoniste da romanzo alle quali, dopo un inizio duro, poi va tutto bene e il successo arriva all'improvviso; non c'è nulla di dorato o sbrilluccicante, tra queste pagine, non ci sono sconti e baci da parte della dea fortuna; Ida non è sempre allegra, ottimista ed è lontana dall'avere la Sindrome di Pollyanna; anzi, ci sono momenti in cui angoscia e tristezza prendono il sopravvento e i frangenti di gioia sono rari.
Ma proprio per questo è così... vera. Sì, vera, perché lei è ciò che sarebbe qualunque persona al posto suo nelle sue condizioni, e il modo di affrontare i problemi è assolutamente realistico, perché non è facile vivere in queste metropoli, consapevoli di dover fare un mucchio di sacrifici quotidianamente, pagando a caro prezzo il desiderio di integrarsi in un Paese che non è il proprio e che accoglie sì, ma allo stesso tempo ti guarda con indifferenza, anzi, forse non ti guarda proprio perché sei uno dei tanti e quindi un fantasma, uno dei tanti che va ad infoltire la schiera degli invisibili.
Ecco, se dovessi dare un aggettivo a questo romanzo di Luisa Multinu direi che è realistico: racconta la realtà nuda e cruda, senza fronzoli e ottimismi da serie tv; Ida è una giovane donna come tante, la cui prima sfida da affrontare è quella di aprire gli occhi ad ogni alba e iniziare una nuova giornata sapendo che nessuno le regalerà nulla.
Il cielo londinese è troppo spesso nuvoloso e Ida lo sa, e anche nella sua mente si addensano spesso nubi di scoramento; ma sa pure che è sotto quel cielo che vuole stare perché è lì che si sente viva davvero.
Consigliato a chi ha voglia di leggere un libro che ruota attorno ad una protagonista e ad un contesto di vita concreti, veri, con le difficoltà, le speranze, gli scoraggiamenti e la voglia di farcela che, seppur in misura e in modi differenti, fanno parte del vivere quotidiano di ciascuno di noi.
Oggi facciamo un piccolo giro a Londra, per le strade attraversate da Matilda Gray, protagonista di "Il segreto di Riverview College".
Partiamo da una strada percorsa dalla donna per andare in stazione.
King's Road (che deve il nome a re Carlo II), lunga quasi due miglia, parte da Sloane Square e attraversa il quartiere di Chelsea, uno dei più ricchi di Londra.
https://londonita.com/
Matilda lavora al Riverview College (luogo di fantasia), situato nei pressi di Old Deer Park e i Kew Gardens.
Old Deer Park è un'area di spazio aperto all'interno del distretto londinese di Richmond. A dispetto del nome, non vi troverete cervi!
https://www.richmond.gov.uk/
I Kew Gardens sono un esteso complesso di serre e giardini ubicati tra Richmond upon Thames e Kew, a circa 10 km a sud-ovest di Londra; questigiardini botanici - patrimonio mondiale dell’Unesco - ospitano sei meravigliose serre e una straordinaria collezione di piante provenienti da tutto il mondo, tra cui oltre 14 mila alberi.
https://www.visitlondon.com/
https://www.getyourguide.it/
Il negozio del collezionista Mr. Arkwright (luogo di fantasia) è ubicato nell'area di Spitalfields sita nell'East End di Londra; in questa zona c'era uno dei cimiteri romani posti all'esterno del London Wall.
La presenza del cimitero romano è confermata dall'antiquario John Stow sin dal 1576 e fu oggetto di interesse per gli archeologi quando, negli anni novanta, fu ricostruito lo Spitalfields Market.
Il ritrovamento più importante fu realizzato nel 1999 ed era un sarcofago contenente i resti di una donna romana patrizia, vestita con abiti in seta e ornata con gioielli.
(wikipedia)
mercato
Famoso in quest'area è, quindi, l'Old Spitalfields Market, un affascinante mercato coperto dall'architettura vittoriana (risalente al 1876) e considerato uno dei maggiori della città per estensione; si vende di tutto sulle bancarelle, dai vestiti al cibo ad oggetti vari.
A Laurence Pountney Hill si trova la casa di famiglia degli Ancroft, disabitata; e in effetti, in questa zona ci sono le più belle case di mercanti sopravvissute al Grande Incendio del 1666 (fatto menzionato anche nel romanzo).
Laurence Pountney Hill prende il nome dalla chiesa di St Laurence Pountney, una delle 34 chiese bruciate in quell'occasione e mai ricostruita. Il suo cimitero continuò ad essere utilizzato come luogo di sepoltura.
Il nome Pountney deriva da Sir John Pulteney, ricco mercante che, nel XIV secolo, dotò la chiesa di un collegio di sacerdoti e costruì nelle vicinanze un grande palazzo. In epoca Tudor questa grande casa era conosciuta come il Manor of the Rose e ospitava la Merchant Taylors' School dove fu educato il poeta Spenser.
casa elegante situata in questa zona https://commons.wikimedia.org/
Vista di Suffolk House e Norfolk House, 5-7 Laurence Pountney Hill.
Le tombe che si possono vedere in primo piano si riferiscono
all'ex sagrato della chiesa di St Laurence Pountney,
bruciato nel Grande Incendio del 1666.
Entrambi gli edifici furono demoliti nel 1994 (foto del 1968)
La chiesa di St Mary Abchurch, al largo di Cannon Street nella City; di origine medievale, essa fu distrutta dal grande incendio del 1666 e sostituita dall'attuale edificio, ricostruito tra il 1681-87 e restaurato nel 1708.
Risaliva al Medioevo anche St Swithin, una chiesa anglicana sul lato nord di Cannon Street, distrutta sempre dal Grande Incendio di Londra e ricostruita, per poi però essere gravemente danneggiata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale; i resti furono demoliti nel 1962.
St Stephen Walbrook è un luogo di culto anglicano situato al centro della City e una delle prime chiese ricostruite (nel 1680) da Christopher Wren dopo il Grande Incendio e considerata anche dal nostro scultore italiano, Canova, un vero capolavoro.
St Stephen Walbrook fu costruito sul sito di un tempio romano del II secolo e successivamente di una chiesa del VII secolo.
St. Stephen
Temple Church (chiesa anglicana) si trova tra Fleet Street e il Tamigi. È una delle chiese più belle e importanti dal punto di vista storico di Londra e sul pavimento della zona centrale si trovano 10 lastre lapide e di altrettanti cavalieri Templari sepolti nella chiesa.
Ha quarantacinque anni, Gordon Bloom, da dieci è tra le sbarre di una prigione nel Massachussets e sa che non ne uscirà: su di lui pesa una condanna di ben tre ergastoli e tra queste pagine, che - ci tiene a precisare il narratore - non costituiscono un testamento morale bensì il desiderio di raccontare la propria incredibile storia a un pubblico immaginario, apprendiamo chi egli sia e quali azioni ed avvenimenti abbiano fatto di lui un criminale detenuto in un carcere di massima sicurezza.
"La mia penna (...) vi racconterà di un uomo che ha messo le proprie aspirazioni davanti a ogni altra cosa, infrangendo il muro della legge e distruggendo molte vite, incurante dei princìpi morali che regolano la razza umana. Vi racconterà di come quest’uomo pensasse di controllare gli eventi, e di come questi eventi si siano fatti più grandi di lui e abbiano finito per travolgerlo. Allora, siete pronti? Andiamo."
Se è vero che l’ambiente familiare è il primo (e principale) luogo in cui si sviluppano le fondamenta di una persona - la sua personalità, il carattere, le capacità, le attitudini e i valori -, allora un individuo che nasce in una "buona famiglia", amorevole e dai sani principi, dovrebbe (potenzialmente) crescere in maniera altrettanto sana ed equilibrata.
Beh, non è il caso di Gordon Bloom.
Figlio di due genitori modello, lavoratori, umili, che hanno sempre guadagnato ogni centesimo onestamente, Gordon è cresciuto in una famiglia normale, come tante, diventando però... un pericolosissimo criminale.
Com'è potuta accadere una tale deviazione? Cosa ha portato un ragazzo, nato e cresciuto in una famiglia americana sana, a diventare un pluriomicida?
Gordon ce lo racconta con sfrontatezza, lucidità e un pizzico di ironia, chiarendo come non solo egli non sia affatto pentito di tutte le scelleratezze commesse, ma come sia stato, in un certo senso, costretto a commetterle per cercare di farla franca.
"Non ho fatto il male perché mi piaceva, ma perché mi serviva. Non sono un immorale, sono un amorale".
Gordon sviluppa sin da giovane atteggiamenti egoistici, indifferenti e privi di affetto; sembra non aver bisogno di dare e ricevere amore, tratta tutti con distacco e sufficienza; non ha una grande stima dei suoi genitori e la sorella gli è praticamente indifferente.
Anche quando accetta di compiere un gesto altruistico verso quest'ultima, non lo fa per amore, bensì per opportunismo, per poter ottenere ciò che vuole.
E ciò che vuole è lasciare la famiglia e andare a Boston, a divertirsi, conducendo una vita fatta di agi, comodità, donne... e soprattutto soldi: "quello che mi interessavano erano i soldi, non le persone".
Gordon ha le idee chiarissime: vuole essere ricco, potersela godere come, dove, quando e quanto vuole, senza dover rendere conto a nessuno, senza avere legami personali intimi di alcun genere; per lui le persone acquisiscono interesse e valore in base al denaro e alla possibilità che, tramite esse, egli stesso possa averne sempre più.
A Boston, lasciata l'università (che, a dire il vero, non ha mai frequentato, in quanto vi era iscritto solo per spillare soldi all'ignaro padre), comincia a cercare di guadagnarsi di che vivere facendo il mercante d'arte, vale a dire l'agente artistico di pittori emergenti, alcuni più promettenti di altri.
La sua vita procede allegra e abbastanza soddisfacente, fino al fatidico giorno in cui un cliente importante, Philippe Rogg (imprenditore immobiliare impegnato in grossi affari poco puliti), gli ordina di fargli avere cinque dipinti di un pittore messicano (anch'egli cliente di Gordon), Gondalòn, che ha mostrato di possedere delle ottime qualità artistiche ed è più che pronto per fare carriera.
Il compenso per Gordon è molto alto e lui non vede l'ora di dire a Gondalòn di questo meraviglioso affare; peccato che, per ragioni personali, il pittore non abbia alcuna intenzione di venire in affari con quel delinquente di Rogg, che in passato gli ha rovinato la vita. Di vendergli i propri quadri - che sia uno soltanto o addirittura cinque! - non se ne parla proprio!
Bloom non crede alle proprie orecchie: convinto che non ci sarebbero stati ostacoli di alcun genere, egli ha promesso a Rogg, con la sicumera che gli è propria, di fargli avere quei dipinti... e così dev'essere.
Chi glielo dice a Phil che la promessa di Gordon era campata in aria e non si realizzerà mai perché il pittore lo ritiene un delinquente?
Rogg non è un uomo comprensivo, con cui si può trattare e sperare di ricevere accondiscendenza e simpatia: è ricco sfondato, è potente, temuto, ha al seguito scagnozzi rozzi e animaleschi che non aspettano altro che un suo ordine per riempire di botte o far fuori, se è il caso, il primo che si azzarda a fare arrabbiare il loro padrone.
Gordon va un po' nel panico: proprio ora che la fortuna sembrava sorridergli con un affare allettante, il suo artista di punta che fa? Lo vuole abbandonare e metterlo nei guai!
Il giovane non ci sta: nessuno può mettere i piedi in testa a Gordon Bloom né tantomeno creargli problemi: Carlos Gondalòn ne farà le spese, ma prima il nostro mercante cercherà di risolvere il guaio in cui si è cacciato con una bugia. Una vera e propria truffa..., con la speranza che Rogg non lo scopra mai, altrimenti per Bloom si metterebbe molto male.
Quando il pittore scopre di essere stato preso in giro, va su tutte le furie ma Bloom lo mette a tacere. Per sempre.
A partire da questo omicidio, commesso per non essere lui vittima dell'ira di Phil, Gordon si infila in un meccanismo perverso in cui il male, inevitabilmente, attirerà altro male.
Bloom è un tipo che cerca di cadere sempre in piedi; il suo obiettivo è uscire sempre vincitore da qualsiasi difficoltà e conflitto, ed è disposto a passare sopra il corpo di chiunque pur di riuscire a svignarsela e a sfuggire alle mani di chi lo cerca, polizia in primis.
Eh già, perchè ovviamente i crimini non si fermano, in quanto per coprire un misfatto si renderà necessario compierne un altro e poi un altro ancora.
Insomma, Gordon si dà alla macchia come i briganti di un tempo, e sul suo cammino incontra diversi poveri disgraziati che verranno sacrificati sull'altare della spregiudicatezza di un uomo che pensa solo a salvare la propria pellaccia, e se per raggiungere questo scopo devono andarci di mezzo degli innocenti... beh pazienza, così è la vita: premia i più scaltri, quelli che sanno cavarsi dai guai grazie alla propria intelligenza e determinazione, senza farsi impietosire, senza lasciarsi prendere in trappola da sciocchi sentimentalismi.
Quando Gordon capisce di avere alle calcagna troppa gente - FBI, criminalità organizzata, cacciatori di taglie, giornalisti televisivi... - e, più di tutti, il perspicace detective Primey (polizia di Boston), dalle raffinate capacità investigative, inscena una fuga rocambolesca per tutti gli Stati Uniti.
Pur di non farsi acciuffare, accetta di passare per un fanatico suprematista bianco (una sorta di degenerazione del Ku Klux Klan) e di soggiornare per un po' in un campo di addestramento popolato da militari e civili folli, convinti della superiorità della "razza ariana" e intenzionati a far fuori chiunque sia ritenuto "diverso" e inferiore.
Che Gordon Bloom non riesca a sfuggire alla giustizia non è ovviamente uno spoiler, visto che il racconto della propria vita avventurosa parte proprio dalla consapevolezza che per lui non c'è speranza di libertà; ma la domanda che il lettore si pone, andando verso l'epilogo, è: si pentirà mai del male fatto? Avrà mai un sentimento, anche minimo, di pietà e rimorso per le vite da lui spezzate?
L'interrogativo è lecito, eppure il lettore comprende da subito che Gordon Bloom è fiero di essere quello che è, non è soggetto ad alcuna morale e non ha altri padroni che se stesso.
Nel corso del racconto, il narratore palesa ai suoi immaginari lettori le proprie idee su tante tematiche sempre vive ed attuali: il concetto di dio, l'inutilità di chi dice di credere in lui (se si accetta il presupposto che non esista una divinità al di sopra dell'uomo), le contraddizioni presenti nell'ipotetico rapporto dio-creatura, l'ipocrisia di chi crede di poter giudicare le azioni altrui prendendo a prestito i propri limitati parametri etici e morali, quando poi, se uno fosse tanto onesto da liberarsi da preconcetti e presunzioni, si renderebbe conto che il concetto stesso di giustizia è relativo, e che non ce n'è un solo tipo ma che esso dipende da contesti, ideologie, credenze e costumi propri di un gruppo di persone e in un dato momento storico.
"Io sono Gordon Bloom" è un romanzo ricco di situazioni drammatiche che però vengono raccontate con toni leggeri, essendo il protagonista (e voce narrante) dotato di un grande acume, di una invidiabile scaltrezza, di un umorismo cinico e di una tale sicurezza di sé che sono i suoi punti di forza, ci impediscono di considerarlo un essere spregevole e rendono perfino attraenti le tante peripezie cui va incontro.
È stata una lettura particolare, dal ritmo molto fluido e vivace e in grado di catturare la mia attenzione, proprio grazie a questa narrazione in prima persona coinvolgente, che sa come "pretendere" l'attenzione del lettore perché è a lui che si rivolge in modo diretto, confidenziale, con un tono provocatorio, facendogli domande e quasi sfidandolo a giudicarlo e condannarlo.
Tra le pagine di questo romanzo ambientato nel secolo scorso, il lettore viene trasportato in una Londra affascinante e misteriosa, alla scoperta di un passato che ha ancora tanto da raccontare, e di un segreto lungo quasi duecentocinquant'anni che aspetta di essere svelato.
IL SEGRETO DI RIVERVIEW COLLEGE
di Susanne Goga
Giunti Ed. trad. L. Ferrantini 432 pp
Nel prestigioso Riverview College le studentesse vengono istruite affinché sviluppino le conoscenze e le capacità richieste a giovani donne di buona famiglia, che devono saper stare in società e sfoggiare una cultura invidiabile ma pur sempre consona al loro destino di mogli e madri; tutto ciò che potrebbe anche solo lontanamente essere disdicevole e indecoroso per le ragazze, e mettere loro grilli in testa, solleticando smanie di ribellione e anticonformismo, va frenato, anzi soppresso.
Ragion per cui, la direttrice dell'istituto femminile londinese, Mrs Haddon, è bene attenta a far sì che le insegnanti siano selezionatissime e rigorose nell'attenersi alle regole del College, per il bene delle alunne e per il buon nome della scuola.
Matilda Gray lo ha capito molto bene e cerca in tutti i modi di tenersi questo lavoro - che ama e che le permette di essere indipendente - non venendo meno agli ordini della direttrice, ma al contempo - essendo lei uno spirito libero e un tipo anticonvenzionale - cerca, attraverso le sue lezioni di letteratura, di educare le sue studentesse a ragionare con la propria testa, a sfruttare intelligenza e talenti, a cercare di capire cosa vogliono fare nella vita, per essere donne indipendenti e consapevoli.
Matilda è una giovane donna che vive e lavora nella Londra del 1900; è orfana di entrambi i genitori e le è rimasto un fratello, Harry, il quale però è attualmente in Africa, coinvolto come soldato nella guerra anglo-boera.
Costretta a vedersela da sola per vivere, Matilda Gray ha promesso a se stessa di diventare una donna forte e indipendente, e per adesso può dire di esserci riuscita!
Il suo lavoro l'assorbe molto, ma fortunatamente ha l'opportunità di rilassarsi ogni sera bevendo una tazza di tè assieme alla padrona di casa (presso cui è in affitto), Mrs Westlake, una signora in là con gli anni, simpatica, chiacchierona, apprensiva, che ama intrattenerla lungamente attorno ai personaggi dei propri romanzi (è una scrittrice), chiedendo pareri sulla trama a una divertita Matilda.
Quando a settembre rientra dalle vacanze estive, Matilda apprende una notizia inaspettata, che la sorprende non poco: Laura Ancroft, una delle sue allieve più esuberanti e dotate, è partita per un viaggio con il suo tutore e molto probabilmente non rientrerà a scuola.
Matilda è stupita perché mai avrebbe pensato che una studentessa brillante come Laura potesse abbandonare gli studi, considerato che prometteva molto bene.
La donna si sente turbata e non può non chiedersi se lei stessa possa essere una delle cause dell'allontanamento di Laura da scuola; non è forse vero che tre mesi prima la ragazza, con tutta la passione e il coraggio dei suoi diciassette anni, aveva recitato con fervore i versi di una poesia e confessato a Matilda di essersi innamorata di lei?
Forse Laura non vuol tornare a scuola perché pensa di non reggere l'imbarazzo di incontrare la professoressa Gray?
Ma ben presto Matilda capisce di non essere lei la ragione per cui Laura non tornerà: la ragazza non ha mantenuto i contatti neppure con la compagna di stanza e la stessa preside vuole a tutti i costi mettere a tacere la vicenda.
Come mai?
Tutto tace, finché una mattina di ottobre Matilda riceve una cartolina da parte di Laura (che è ancora in giro per l'Europa con Mr. Charles Easterbrook, il giovane avvocato che si occupa legalmente di lei, dopo la tragica morte dei suoi genitori) e scopre sotto i francobolli un messaggio cifrato, che la conduce proprio nella stanza di Laura: lì si nasconde un vecchio diario segreto! Chi è l'autrice di quel diario, che risale addirittura al 1665? Con esso, c'è anche uno scrigno con dentro degli oggetti particolari... Cosa ha che fare tutto questo con la scomparsa di Laura? E perché la ragazza ha fatto in modo che la sua insegnante ne venisse in possesso?
La donna sente salire l'eccitazione davanti a questi oggetti antichi: a chi appartengono? Quale storia si nasconde dietro di essi?
Per capirci qualcosa di più, le viene consigliato di rivolgersi ad un collezionista, Mr Arkwright, un uomo burbero ma molto colto, che le racconta cose bellissime ed interessanti su una Londra "sotterranea", che riposa sotto le case e il fiume e che ancora fa sentire la sua voce, se la si vuol ascoltare.
Ma l'aiuto di questo collezionista - dal carattere davvero difficile - purtroppo non sarà duraturo e ad affiancare la giovane professoressa curiosa c'è un insegnante di Storia, Mr. Stephen Fleming.
Stephen è un uomo di cultura, è giovane, sveglio e molto, molto interessato al racconto di Miss Gray su Laura e sulle ragioni che l'hanno spinta a cercare lo scrigno e il libricino nascosti a scuola.
I due si fanno coinvolgere a tutto tondo in quella che diventa, a tutti gli effetti, una vera e propria caccia al tesoro; facendo attenzione ai dettagli racchiusi nello scrigno e negli oggetti in esso conservati, e soprattutto grazie al diario di una ragazza vissuta a Londra, Matilda e Fleming risalgono all'epoca cui appartiene questo "tesoro" (il 1665) e mettono insieme i pezzi di un mosaico sì pieno di fascino... ma anche triste, drammatico e doloroso.
La loro sete di verità - che, comprendono col passare dei giorni, li potrebbe portare ad aiutare la giovane Laura, in balia del suo ambiguo tutore - li conduce dritti dritti verso una cantina nascosta sotto una dimora antica e abbandonata, che i più superstizioni credono sia infestata dai fantasmi; ebbene, con coraggio, curiosità e determinazione, i due "investigatori" riescono gradualmente a capire che qualcosa di terribile dev'essere accaduto all'autrice del diario, una ragazzina di nome Kate, e alla sua famiglia.
Non solo, ma Matilda è convinta che la sua alunna abbia cercato di lanciarle un messaggio attraverso il ritrovamento dello scrigno: cosa vuole che capisca la sua insegnante? Davvero ha lasciato volentieri la scuola per fare esperienze di viaggio di gran lunga più importanti ed utili dell'istruzione che stava ricevendo a Riverview?
Inevitabilmente, la ricerca del passato (storie di mercanti, di famiglie tradite e di vite crudelmente spezzate quando Londra era infestata dalla peste) è legata al presente di Laura, ai suoi genitori e al futuro che il suo scaltro avvocato sta tessendo per lei...
E se Laura stesse cercando di chiederle aiuto?
Fleming e Matilda si infilano negli angoli più nascosti della città, con audacia e intelligenza; lavorare l'uno accanto all'altra, come se fossero degli "archeologi" che cercano di portare alla luce verità nascoste sotto cumuli di polvere e anni trascorsi, permette ai due di conoscersi, apprezzarsi, stimarsi.
Matilda è, però, troppo orgogliosa per lasciar trasparire il turbamento che la coglie quando lui la guarda con simpatia e coinvolgimento; e Stephen, dal canto suo, è frenato, trattenuto, pur provando anch'egli un forte interesse per la donna.
Forse la sua è solo timidezza? Paura di ricevere un rifiuto? O c'è una ragione "oggettiva" per cui sta tentennando nel dichiararsi a Miss Gray?
Susanne Goga ha intessuto una trama che personalmente ho trovato avvincente e strutturata in modo vivace ed interessante, ricca di piccole scoperte che il lettore fa con la protagonista e il suo amico, e che svelano segreti, storie e avvenimenti del passato pieni di misteri, di dubbi e domande per le quali bisogna trovare le risposte.
C'è un filo che lega il passato al presente e solo scoprendolo Matilda potrà dare un senso e un fine all'elettrizzante viaggio che le ha fatto conoscere una città nascosta, una "casa sotto la casa", e indirizzarla verso il messaggio che sta cercando di inviarle Laura.
L'Autrice ha scelto uno sfondo ed un periodo storico intriganti, ha creato una storia costellata di enigmi, ha preparato per i suoi protagonisti un'avventura entusiasmante; è un mystery dalle sfumature romance che mi ha catturata, dove l'elemento romantico è appena accennato, come una pennellata delicata che, da un certo momento in poi, attraversa il romanzo ma sempre con discrezione e senza essere mai smielata e stucchevole.
Ritorna - come già in I MISTERI DI CHALK HILL - qualche riferimento a Jane Eyre, ma questo mi è piaciuto molto di più e sono arrivata alla fine soddisfatta e conquistata da ciò che ho letto e da come la Goga ha saputo custodire in uno scrigno una serie di fatti misteriosi e antichi lasciandoci scoprire, assieme a Matilda, le chiavi per scioglierli.
Se vi piacciono le storie ricche di suspense, con diversi ed interessanti collegamenti alla storia (la guerra anglo-boera, la condizione della donna, la peste...) e una protagonista indipendente, intelligente e risoluta, vi consiglio Il segreto di Riverview College.
A fine settembre mi aspetta un altro libro di Piergiorgio Pulixi, che debutta nel Giallo Mondadori con un noir sulle maschere a cui ricorriamo per preservare le emozioni che ci fanno sentire vivi – anche quando potrebbero esserci fatali.
PER MIA COLPA
di Piergiorgio Pulixi
Ed Mondadori 280 pp 17 euro USCITA 28 SETTEMBRE 2021
A volte l'unico modo per voltare pagina è andare via.
È quello che si rassegna a fare la vicecommissaria Giulia Riva, decisa a chiudere una storia clandestina con un superiore che le procura soltanto dolore.
Ha appena chiesto il trasferimento, che al commissariato di Cagliari si presenta Elisa, nove anni e una richiesta che raggela: ritrovare la mamma scomparsa.
Giulia non può tirarsi indietro, anche se Virginia Piras era una moglie e una madre serena, e dunque per sparire così probabilmente è stata uccisa. Ma da chi? E perché?
Tutti sembrano essersi dimenticati di lei, compreso l'ispettore Flavio Caruso, il partner e mentore di Giulia, a cui l'indagine è affidata.
Caruso però non è più il poliziotto di un tempo, e Giulia capisce che potrebbe aver commesso errori fatali.
Così si fa assegnare il caso, nella speranza di risolverlo ed evitare una possibile onta al suo partner.
Non immagina che la ricerca la spingerà a interrogarsi anche sui propri errori passati: perché il cuore ha due lati, uno con cui si ama e uno con cui si odia.
L'autore. Piergiorgio Pulixi fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto, di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de fogu (Edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco, inserito nel trittico noir Donne a perdere (Edizioni E/O 2010). È autore della saga poliziesca di Biagio Mazzeo iniziata col noir Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir italiano e 50/50 Thriller e finalista al Premio Camaiore 2013, proseguita con La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014), vincitore del Premio Glauco Felici 2015, e Per sempre (Edizioni E/O 2015). Nel 2014 per Rizzoli ha pubblicato anche il romanzo Padre Nostro e il thriller psicologico L’appuntamento.
Cari amici e lettori, oggi in libreria fa il suo ingresso un giallo appassionante, coinvolgente e spiazzante, scritto dall'autore di La donna del lago: una nuova indagine aspetta il commissario Festa.
Angelo Donati suona la chitarra ed è membro di una band che è stata famosa per circa un decennio, ma ora è sul viale del tramonto: l'uomo viene trovato morto nel suo appartamento; pare essere stato strangolato.
Il commissario Festa, incaricato delle indagini, è convinto che la vittima conoscesse il suo assassino, in quanto la serratura dell’appartamento non è stata forzata.
Le indagini si muovono su due filoni, strettamente connessi: quello legato al mondo della droga e quello relativo all’ambiente musicale.
La dipendenza dalla cocaina aveva infatti reso il musicista inaffidabile e inviso agli altri membri della band e anche alla sua stessa fidanzata.
Mentre scava nei rapporti di Donati, Festa scopre che la vicenda è molto più sfaccettata e intricata di quanto pensasse, e che la musica e la droga potrebbero non essere le uniche due chiavi per risolverla…
L'autore.
Valerio Marra è nato nel 1985. Lavora e vive a Roma ed è laureato in Scienze per l’investigazione e la sicurezza presso l’Università degli studi di Perugia. È autore del thriller Le scottanti verità e dei romanzi L’eco del peccato e Anima bianca, dedicati alle indagini del commissario Festa. La Newton Compton ha pubblicato La donna del lago e Una notte buia di settembre.
Hanno scritto dei suoi libri:
«Se nella vita non bisogna fidarsi delle apparenze,
questo romanzo giallo conferma in toto questa tesi.»
«Chiuso il libro, qualcosa continua a scavarti dentro, come un tarlo,
lasciandoti un retrogusto dolce e amaro.»
«Questo è un thriller che morde e lascia il segno.»
«Magistrale. Scritto con il cuore, con un registro stilistico impeccabile,
UOMINI DI POCA FEDE di N. Butler: i dubbi di un uomo davanti alla possibilità che la fede possa davvero generare dei miracoli (5/5)
SORELLE di D. Johnson: due sorelle legatissime, una madre depressa e un terribile passato che non si può dimenticare; il tutto all'interno di una casa inquietante. (3,5/5)
UN COLPO AL CUORE di P. Pulixi: tre poliziotti devono fermare dei criminali convinti che ci si possa far giustizia da soli e attraverso il consenso popolare decretato dai social network. (5/5)
LE FORMICHE ROSSE di T. Lorenzo: racconti sportivi in cui l'umanità viene raccontata in tutte le sue sfumature, nelle sue luci ed ombre. (4/5)
Tra queste letture, sul podio vanno sicuramente il thriller/noir di Pulixi, per aver tenuto alto il mio livello di suspense, capitolo dopo capitolo e fino alla fine; e il romanzo di Butler per avermi immersa in un contesto rurale pacifico per poi sottopormi interrogativi etici e di fede molto profondi.
Come trascorre le sue probabili ultime 24 ore da libero cittadino un uomo che sta lì lì per ricevere la condanna o l'assoluzione per i crimini sessuali di cui è accusato? L'Autrice di questo breve romanzo prova ad immaginarlo e a raccontarcelo attraverso il suo protagonista, che almeno per un giorno ci appare un uomo un po' meno cinico, più impaurito e anche un po' patetico.
HARVEY
di Emma Cline
Ed. Einaudi trad. G. Granato 104 pp
"Non vedeva l'ora che fosse il futuro. Era da tanto che non aspettava qualcosa con ansia, che non desiderava ardentemente l'arrivo dell'indomani."
Sono le quattro del mattino quando Harvey (Weinstein) si sveglia e si appresta a vivere quella che sarà una giornata particolare, diversa da tutte le altre.
Lo separano, infatti, soltanto ventiquattro ore dal verdetto che potrebbe dichiararlo colpevole o innocente dei crimini di cui è accusato.
In attesa che la sua vita cambi (o anche no) drasticamente e che tutto il mondo sappia chi è davvero Harvey, l'uomo inizia la propria giornata in una casa in Connecticut che non è neanche sua, circondato dalle costanti cure del solerte Gabe e comunicando via telefono con i propri avvocati.
Harvey si rende conto di essere sostanzialmente solo: solo con se stesso, i propri dubbi, le paure e le mille incertezze su ciò che sarà di lui dall'indomani in poi.
"Harvey era da solo al buio. (...) chi era rimasto a dispiacersi per lui? Era spaventato. Non ricordava una paura così, una specie di paralisi che prendeva il sopravvento, immobilizzandolo..."
Inevitabilmente ripensa al proprio comportamento in merito a ciò che gli viene imputato, e per quanto gli riguarda non c'è donna, che lui abbia gustato come un gusto di gelato, che non fosse consenziente o che non avesse ceduto, dopo qualche resistenza, ma sempre volontariamente.
Quale corte in America lo condannerebbe mai??
Ma l'attesa è snervante anche per un potente come lui; è nervoso (in primis con i legali, dai quali desidererebbe rassicurazioni convincenti che invece non arrivano), insofferente verso chiunque gli graviti intorno (compreso il medico belloccio ed asessuato e che si occupa di un suo molesto problema di salute); quando riceve la visita di una delle figlie e della nipotina, è scostante e indifferente, quasi desiderando che lo lascino in pace, salvo poi guardarle malinconico da una finestra quando esse se ne vanno davvero.
L'unica novità della giornata a ringalluzzirlo è il vicino di casa: appena lo nota si accorge subito che è nientemeno che lui..., il grande scrittore Don DeLillo, autore di Rumore bianco. Nulla succede per caso, Harvey se ne convince: in tutto quel mare di amarezza, magari un motivo per sperare in qualcosa di buono c'è ancora! Ed infatti, la convinzione che il vicino di casa sia lo scrittore lo anima e gli fa pensare ad un prossimo progetto cinematografico da poter realizzare: portare sul grande schermo proprio Rumore bianco. Che grande idea, eh?
Tanto ci sarà tempo, mica andrà davvero in prigione.
La fiducia che nulla di brutto si profili all'orizzonte per uno come lui, la sicumera e l'arroganza che gli appartengono, col passare delle ore si vanno un po' affievolendo, per far spazio a timori, domande, fragilità e così, l'ultima immagine che abbiamo di Harvey è quella di un uomo insicuro, patetico, che sta per affrontare una notte insonne in vista di un domani che minaccia tempesta.
La Cline ci ha lasciato entrare in una giornata (e non una a caso!) vissuta da un uomo - di cui non c'è bisogno di precisare il cognome - accusato di molestie e stupri a danno di molte donne; uno la cui faccia è stata sbattuta su tutti i giornali ed in seguito a questo scandalo in tanti gli hanno voltato le spalle.
Leggo queste pagine e non riesco a non pensare ad Harvey come a un predatore sessuale, né credo l'autrice si fosse prefissa di mostrarcelo quale vittima (ci mancherebbe) o meno feroce di quel che è; però ciò che emerge dal ritratto romanzato del protagonista è quello di un individuo solo, finito, acciaccato fisicamente oltre che moralmente, che continua ad avere fin troppa autostima e che nega le proprie colpe, come se avesse perso il contatto con la realtà e non volesse accettare chi è davvero, cos'ha fatto e cosa rischia.
Non c'è giudizio morale sul personaggio e sulle sue azioni; piuttosto, attraverso la narrazione di atti, parole e soprattutto pensieri di un uomo che cerca di perdersi nella banalità di una giornata qualunque come per esorcizzare lo tsunami che sta per abbatterglisi addosso, c'è forse l'intenzione di presentare "il mostro" nella sua solitudine, nello stato di paura che lo attanaglia e che cerca di tenere a bada con la noia di azioni inutili, nella sua imperfetta e meschina umanità.
"Perché la vita non poteva essere così, questo assistere impassibile, il sollievo di essere un vegetale? (...) Poteva addirittura cominciare a pensare a quello che gli era successo. (...) Adesso era in grado di analizzare il problema, a testa alta (...) Poteva girarci attorno, avvicinarsi (...) Cos'era Harvey se non una sagoma di cartone, davvero, un'idea di se stesso?"
Mi ha lasciata un po' perplessa; è quel tipo di lettura che non riesco a catalogare in modo semplicistico con aggettivi del tipo "bello" e "brutto"; credo che per farmi un'idea precisa di Emma Cline e decidere se mi piace o meno, dovrò leggere altro.
Quella di Ramondo Orsini Del Balzo, vissuto nel Regno di Napoli a cavallo tra il 1300 e il 1400, è stata una vita avventurosa, contrassegnata tanto da battaglie feroci e sanguinose quanto da amore, amicizia, tradimenti, giuramenti, pericoli ed imprevisti, che hanno visto il protagonista diventare, da giovanotto alla ricerca di un posto nel mondo a uomo d'armi coraggioso, da semplice scudiero a ricco feudatario, gonfaloniere, connestabile e principe.
RAMONDO LO SCUDIERO
di Antonio Chirico
Youcanprint 484 pp Giugno 2021
"Neanche Ramondo invero era mai cambiato davvero. Nel corso della sua vorticosa esistenza, il tempo lo aveva trasformato esteriormente. Aveva variato abiti, acconciatura, abitudini, luoghi, amici e persone frequentate, per rimanere, alla fine dei conti, sempre se stesso, il bambino che, a Nola, restava a bocca aperta estasiato nell’ascoltare i racconti di cavalieri, dei suoi avi e dell’orsa da cui tutto era partito."
C'è stato un tempo in cui nascere dopo il primogenito era proprio una gran sfortuna!
Lo sa bene il giovanissimo Ramondello, secondogenito del conte Orsini, costretto ad accettare, pena l'ira e le punizione da parte del genitore, ciò che questi ha deciso per lui e suo fratello.
Al primo figlio Roberto vanno titoli e proprietà di famiglia, mentre per il minore il padre ha previsto la carriera ecclesiastica.
E questo nonostante sia evidente che i due fratelli abbiano caratteri ed attitudini diversissimi, e Ramondo possegga le qualità per essere un futuro conte molto più del fratello maggiore, più pavido, tranquillo e decisamente poco portato per la vita militare.
A sostenere a gran voce la decisione del burbero e autoritario conte - di favorire unicamente Roberto e di mandare in monastero il povero Ramondo - ci pensa la moglie, che è madre naturale solo del primogenito; Ramondo, infatti, è frutto di una relazione adulterina avuta dal conte Orsini, per cui la donna nutre astio verso questo figlio non suo ma che ha comunque dovuto accettare dentro casa.
Fortunatamente, però, Ramondello ha dalla sua l'omonimo zio paterno, Ramondo del Balzo; il prozio non ha figli e vede nel pronipote l'unico futuro erede, ed infatti lo nomina successore di tutti i propri beni, a condizione che il ragazzino aggiunga il proprio cognome al suo, una volta entrato in possesso dell'eredità.
Ramondello è un ragazzino vispo, intelligente, abile nel maneggiare la spada, ubbidiente... ma per quanto consapevole di dover rispettare e temere l'autorità paterna, è altresì convinto di non poter andare contro se stesso e la propria natura: lui non ha alcuna intenzione di diventare un religioso, non è a quello che aspira, quanto piuttosto ad essere un combattente valoroso e, un domani, un uomo potente, stimato... e con famiglia!
Il destino vuole che egli incontri e si innamori, ricambiato, di una dolce e bella fanciulla, ma il padre, ostinato e determinato nel voler imporre i propri ordini, scombinerà il futuro del figlio minore, lo priverà di ciò che gli spetta di diritto (e previsto dal testamento del prozio Ramondo, che nel frattempo muore) e Ramondello sarà costretto a fuggire di nascosto dalla casa in cui è nato.
Impavido e intraprendente, si unisce al seguito di Guy de Chavigny, cavaliere e guida di una compagnia di ventura (costituita da nobili e soldati mercenari), che si appresta ad andare in Prussia a combattere per l’Ordine teutonico nelle crociate contro i lituani.
Da questo momento inizia per il ragazzo una grande avventura, fatta di scontri corpo a corpo sul campo di battaglia, dove il nemico è valoroso e restio a lasciarsi "evangelizzare" da questi soldati cattolici.
Ramondo cresce molto nel fisico e nello spirito, e il cavaliere de Chavigny lo prende volentieri sotto la sua ala, diventando per lui un mentore perspicace, saggio e leale.
Al ritorno dalle crociate, Ramondo è un giovanotto ormai rispettato, ricco ed è pronto a riprendersi l'amata Isabella e a rivendicare l'eredità presso il padre; ma soltanto uno di questi progetti, purtroppo, riuscirà a realizzarsi perché il nostro eroe dovrà scontrarsi con un'amara verità.
Ma se c'è una qualità che non lo abbandonerà mai è la forza d'animo, la capacità di rialzarsi sempre, anche dopo delle sconfitte non facili, che siano in battaglia o nella vita e Ramondo, sostenuto anche dagli amici, comprenderà che la vita deve per forza andare avanti e che sarebbe sbagliato lasciare che i ricordi e il passato, con il loro fardello di dolore, rancori, amarezze, avessero la meglio su di lui e sulla sua felicità.
Nel tornare a Napoli, Ramondo si trova coinvolto, in modo sempre più diretto, nelle rivalità politiche e religiose all'interno dello "scisma d'Occidente", e che vedono contrapposti il papa di Roma, Urbano VI, sostenuto da Carlo III, e il papa di Avignone, Clemente VII, sostenuto da Luigi d'Angiò.
Ramondo, negli anni e attraversando varie vicissitudini pericolose e incredibili, mostra sempre un gran discernimento per capire, di volta in volta, con chi schierarsi, chi considerare alleato e da chi invece guardarsi le spalle.
Il futuro ha in serbo per lui un nuovo amore, che lo accompagnerà sino alla fine dei suoi giorni: Maria d'Enghien, una ragazza nobile, tanto bella quanto intelligente, dalla forte personalità, che saprà restare sempre accanto al marito incoraggiandolo, consigliandolo e dandogli tutto il sostegno possibile.
Ramondo accrescerà con saggezza e scaltrezza il proprio potere e i propri domini, conquistando città e contee in Puglia, divenendo di fatto il feudatario più ricco dell'Italia dei suoi tempi.
Questo di Antonio Chirico è un romanzo storico nella sua accezione più pura e, se piace il genere, è una lettura che non si può non amare; per quanto mi riguarda, amo i romanzi storici e leggere le avventure e le peripezie di questo personaggio realmente esistito mi ha intrattenuto piacevolmente; il periodo storico di riferimento ha sempre esercitato su di me un grande fascino, in particolare per ciò che riguarda il nostro Paese, che - come sappiamo - a cavallo tra il XIV e il XV secolo era diviso in tanti piccoli Stati, costituiti da feudi e da signorie comunali costantemente in guerra tra di loro.
Non conoscevo questo personaggio, quindi la lettura ha colmato una lacuna storica e ha stuzzicato il mio interesse in merito; è un protagonista che impariamo a conoscere a tutto tondo e cattura la nostra simpatia, perché sin dall'adolescenza non possiamo non "fare il tifo per lui", non sentirci solidali con le ingiustizie subite e augurarci che sappia far valere i propri diritti contro chi intende raggirarlo o calpestarlo.
Ma Ramondo non si fa ingannare facilmente (anche se a volte i nemici si rivelano essere quelli a noi più vicini), essendo scaltro, arguto, sempre attento a tutto ciò che gli accade intorno e pronto a prendere decisioni importanti, mettendo avanti il bene di chi serve ed ama.
Ci sono non poche pagine dedicate agli scontri tra i soldati, ma questo a mio avviso non rallenta il ritmo, che resta costante per tutta la narrazione con note più vivaci nei momenti clou; i dialoghi abbondanti contribuiscono a dare dinamicità alla storia, colore ai personaggi e ci immergono nel contesto in modo vivido.
Se cercate un romanzo ricco di avventura, combattimenti estenuanti, legami famigliari, d'amore e di amicizia, alleanze e tradimenti, con personaggi ben caratterizzati e il tutto su uno sfondo storico ben preciso e ben narrato (il linguaggio è sì consono al periodo di riferimento, ma, lungi dal risultare pesante o ampolloso, mantiene per tutto il corso del racconto una freschezza, una vivacità e un'ironia che riflettono il temperamento del protagonista e conferiscono una maggiore agilità e leggerezza alla narrazione), l'esordio letterario dell'avv. Chirico è il libro che fa per voi.
Uno degli ultimi libri letti è stato UOMINI DI POCA FEDE di Nickolas Butler; tra queste pagine sono presenti numerosissimi riferimenti musicali e anche diversi di tipo letterario.
Parto da tre libri menzionati da Butler. Fatemi sapere se li conoscete!
Il controllo della natura di John McPhee (Ed. Adelphi, trad. G. Castellari, 311 pp., 1995), apparso per la prima volta nel 1989.
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In questo libro McPhee ha voluto esplorare e studiare i luoghi in cui l’uomo si è impegnato in una battaglia totale con la natura per conquistare ciò che non è dato, per «accerchiare la base dell’Olimpo, reclamando e aspettando la resa degli dèi». Nella piana deltizia del Mississippi, con il volgere dei cicli naturali, è giunto per il fiume il momento di mutare corso e confluire in uno dei suoi vicini. Ma New Orleans, la Louisiana e l’intera economia degli Stati Uniti non possono permetterselo, e così viene varato un gigantesco sistema di dighe e chiuse e canali con il compito – né più né meno – di mantenere il vecchio grande fiume al suo posto.
In Islanda, un’isola si spacca all’improvviso vomitando enormi masse di lava che minacciano di cancellare quello che è il primo porto peschereccio islandese, e l’unico sulla costa del Sud. Per salvarlo, c’è una sola cosa da fare, e viene fatta: bagnare la lava, raffreddarla, quindi solidificarla e deviarne il corso.
Nei dintorni di Los Angeles, migliaia di residenze sono state edificate a ridosso di montagne che le piogge dilavano e trascinano a valle. Con uno sforzo formidabile, vengono allestiti centocinquanta bacini, ciascuno grande come uno stadio, per intercettare la perenne minaccia delle colate. In tutti questi casi, gli uomini mettono a repentaglio la propria vita e affrontano spese colossali per continuare a vivere là dove la conformazione geologica e il clima sembrerebbero vietarlo. Ma l’esito non è mai scontato.
Così può accadere che l’ingegno umano e la tecnica, generosamente congiunti, possano sommare nuovi disastri ai disastri della natura. Con questo libro McPhee ha saputo darci ancora una volta un felice esempio di quel genere di letteratura di cui egli è certamente il massimo rappresentante: una letteratura fondata sull’investigazione minuziosa, ossessiva, di fatti reali – e per lo più di fatti che ben pochi conoscono nel dettaglio (trama presa dal sito di Adelphi).
Pionieri di Willa Cather (Ed. Mattioli, trad. N. Manuppelli, 182 pp).
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Immigrati svedesi, i Bergson vivono e muoiono nelle sconfinate praterie del Nebraska. È Alexandra la figura centrale di questo racconto, giovane donna determinata che eredita dal padre un terreno e dedica la vita intera a farlo fruttare, mentre attorno a lei si snoda il lento progredire di un paese intero.
Attraverso gli occhi e il coraggio di una donna, intrecciando storie di resistenza e di amore, tentazione e solitudine, isolamento e infine riscatto, Willa Cather riporta in vita in queste pagine, con nostalgia, un mondo che ha visto scomparire (Ibs).
John Ames è un uomo di 76 anni ed è il pastore congregazionalista di Gilead, cittadina di poche anime nel cuore dell’Iowa; una malattia cardiaca lo sta spegnendo.
Ecco dunque la decisione, nella primavera del 1956, di lasciare testimonianza di sé al figlio di sette anni, che non vedrà crescere. Parte da lontano, dalla storia degli altri due reverendi John Ames, nonno e padre, che prima di lui hanno assolto quella funzione. Un abolizionista radicale, il primo, guerrigliero accanto a John Brown e volontario nell’esercito unionista, che, folgorato da una visione in giovane età, comunica con Dio da pari a pari e sceglie di esserne il braccio armato in nome di un’inflessibile giustizia. Pacifista convinto, il secondo, che del proprio mandato privilegia l’osservanza, e vive una vita di reazione implosiva all’esplosiva azione paterna. Il terzo John Ames, lo scrivente, racconta delle loro eredità, dei saperi e delle esperienze che gli hanno permesso di coniugarle, della sua esistenza di studio e servizio in un luogo, Gilead, che dispensa con parsimonia il suo biblico balsamo, della lunga separazione dalla vita vissuta fino alla tarda folgorazione dell’innamoramento e alla rinascita in una piena e matura felicità. L’arrivo in città di Jack Boughton, figlio del suo amico fraterno, giovane inquieto e un po’ sinistro dal passato oscuro e dalle dubbie intenzioni, gli offre l’occasione di chiudere i conti anche con la gelosia e il sospetto, sciogliendoli in perdono e tolleranza. Resta una sola prova da superare: la serena accoglienza della propria mortalità, il distacco da una vita terrena più che amata, da una famiglia che non può più proteggere. In un discorso lucido e luminoso da padre a figlio, da padre a Padre, dove l’intelligenza e la speranza parlano la stessa lingua.
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Ed ecco a voi le canzoni che compaiono nel romanzo (è possibile che abbia saltato qualcuna!)!