martedì 14 marzo 2023

♠️ RECENSIONE ♠️ OGNI MATTINA A JENIN di Susan Abulhawa

 

"Anche se i personaggi di questo libro sono fittizi, la Palestina non lo è, né lo sono gli eventi storici e i dati riportati in questa storia".

Sono parole di Susan Abulhawa nelle note a fine libro e, anche se le ho lette una volta giunta al termine, è una consapevolezza che ha mi ha accompagnato da subito e durante tutta la lettura: i personaggi saranno pure inventati, e così gli specifici avvenimenti che ne caratterizzano le esistenze, ma ciò che è - purtroppo! - fin troppo reale è ciò che i palestinesi vivono ogni giorno da 75 anni.



OGNI MATTINA A JENIN
di Susan Abulhawa


Ed. Feltrinelli
trad. S. Rota Sperti
400 pp
17 euro
"Il campo profughi di Jenin era lo stesso di un tempo, un brandello di terra di due chilometri quadrati e mezzo, escluso dal tempo e imprigionato in un eterno 1948."

Conosciamo la protagonista, Amal Abulheja, quando è ormai una donna adulta e si trova a Jenin, nei terribili giorni in cui - nell'aprile del 2002 - le forze di difesa israeliane hanno invaso il campo profughi palestinese a Jenin, uccidendo centinaia di persone e compiendo uno spietato massacro.

Pur essendo nata a Jenin, Amal non vi ha trascorso tutta la sua vita; da ragazzina se n'era andata per cogliere l'opportunità di un futuro migliore, e in seguito dovette volare (di nuovo) negli USA per cercarvi rifugio.

Cosa ci fa, allora, nel 2002, nel campo profughi della sua infanzia?

È la sua stessa voce, ripercorrendo un periodo di tempo che va dal 1941 fino ai primi anni del Duemila, a narrarci la storia della famiglia Abulheja: del nonno, il patriarca Yehya, di sua moglie Bassima e dei loro due figli, tutti residenti ad 'Ain Hod, un villaggio della Palestina. 
Ci sembra di vederli, impegnati nella raccolta delle olive e nel condurre la loro vita semplice, come quella della maggior parte dei contadini palestinesi prima che la Nakba ("catastrofe") si abbattesse su di loro nel 1948 e fossero costretti a lasciare i loro villaggi e le loro case, per trovare rifugio in città e terre straniere. 

"Nel dolore di una storia sepolta viva, in Palestina l'anno 1948 andò in esilio dal calendario, smise di tenere il conto di giorni, mesi e anni per diventare solo foschia infinita di un preciso momento storico."

Amal ci racconta di Dalia, la sua mamma beduina, forte, testarda, che ha sposato Hassan (il figlio di Yehya), dandogli tre figli: Yussef, Isma'il e Amal.

Quando Amal nasce (nel 1955), la sua famiglia ha già subito sofferenze, privazioni, espropri, lutti; in particolare, ad aver segnato irrimediabilmente l'animo della povera Dalia è stata la perdita del secondogenito, Isma'il, sottratto alle sue braccia durante la fuga da 'Ain Hod, assediata dalle truppe israeliane nel '48.

Cosa è accaduto al piccolo Isma'il (ancora in fasce) in quel maledetto giorno? Qualcuno l'ha rapito o forse il piccolo è "semplicemente" e disgraziatamente morto nella confusione della gente che correva per le strade disperata?

Durante i primi anni di vita, Amal si è svegliata tra le braccia di suo padre Hassan, respirando l'aroma di miele e tabacco e lasciandosi cullare dall'incanto dell'alba e della poesia.
Ogni mattina quel dolce risveglio costituiva un tesoro speciale per la bambina, cresciuta all'ombra dello sguardo rassicurante e amorevole del suo papà, un uomo semplice e amante della poesia; negli anni, il ricordo di quelle mattine le avrebbe donato il conforto necessario per continuare a vivere nonostante la morte nel cuore.

Amal, nonostante le scarse risorse e la vita non facile in un campo per rifugiati, è una bimba serena, che viene su con un carattere deciso e determinato, sempre pronta a giocare e correre mano nella mano con l'amichetta del cuore (Huda) e a fare da messaggera d'amore per suo fratello Yussef e la ragazza di cui è innamorato, la dolce Fatima.

Ha solo 12 anni quando, nel 1967, vive il trauma della guerra ("dei sei giorni"), che le strapperà via suo padre, ma non Yussef, il quale però di lì a poco deciderà di unirsi alla resistenza palestinese.

In un paesaggio costellato di torrette di controllo israeliane, Amal e la sua gente continuano a vivere un incubo terribile e senza fine. 

"Pervasi dal sapore terroso della morte, quei giorni si conficcarono nei miei ricordi come particelle di polvere insanguinata, come l'odore dolciastro della vita in decomposizione e della terra bruciata. Ci spostavamo, ma senza andare da nessuna parte. (...) Eravamo profughi, tutti quanti. Quelli che erano scappati, erano diventati profughi ancora una volta (...) E quelli di noi che erano rimasti diventarono prigionieri a Jenin."


Sensibile e dalla mente brillante, Amal, come dicevo, non resterà sempre a Jenin, ma prima se ne allontanerà per andare a Gerusalemme, per studiare e concedersi “la possibilità di far fiorire la vita che giace addormentata..." e in seguito, la vita la porterà in America (a Filadelfia) e poi in Libano, dove vivrà momenti di pace famigliare assieme ai cari che le sono rimasti, e la sua vita verrà arricchita dalla presenza di un uomo, che sarà il suo grande amore, da cui nascerà Sara, la loro unica figlia. 
Ma quel miraggio di un'esistenza felice crollerà nel momento in cui, ancora una volta, soffieranno venti di guerra e Israele attaccherà il Libano nell' "Operazione Pace in Galilea".

"...com'era facile usare il termine 'incidente' in Libano – che era anche un'atrocità. Andava al di là di ciò che gli israeliani in altre circostanze avrebbero chiamato atrocità terroristica. Era un crimine di guerra."


➤Le pagine che descrivono l'atroce massacro di Sabra e Chatila (settembre 1982) sono strazianti e leggerle è davvero un colpo al cuore.


La vita di Amal viene nuovamente stravolta, colpita e affondata; anche se ella (con la creatura che porta in grembo) riesce a salvarsi ritornando negli USA, le separazioni, il dolore, la morte... viaggiano con lei, la seguono, e il suo soggiorno americano sarà solo un sopravvivere per amore di Sara ma avendo ormai perduto per sempre ogni gioia e motivo per vivere.

"Mi chiusi in me stessa. (...)
La mia vita sapeva di cenere e vivevo nel perpetuo silenzio di una canzone senza voce. Nella mia amarezza e paura, mi sentivo sola come nella solitudine più nera."

L'Amal madre ripete, suo malgrado, il modello materno: Dalia era stata una madre sì presente e attenta, ma molto riservata e, soprattutto, emotivamente poco generosa; a renderla fredda e chiusa erano state le tante disgrazie vissute e, in particolare, il dolore per la perdita del piccolo Isma'il; quando ci fu la guerra del '67 la sua salute mentale non fece che peggiorare sempre più.
Amal sapeva che sua madre l'amava ma vedeva come non sapesse dimostrarglielo con gesti o parole affettuose; il suo motto era: "Qualsiasi cosa senti, tienila dentro".

Similmente, anche Amal si ritrova ad affrontare i doveri della maternità trattenendo l'amore ardente che prova per quell'unica figlia, barricandosi dietro alle fredde mura della paura e preferendo trascorrere più tempo possibile al lavoro per non permettere all'angoscia di sopraffarla.

Ma il richiamo della Palestina si fa strada prepotentemente nella sua vita in terra americana e una telefonata giunge improvvisa a sconvolgerla, riportandola bruscamente nel passato e, nello stesso tempo, donandole qualcuno che le era stato tolto e che credeva essere ormai perso per sempre: suo fratello Isma'il.

Yussef, Isma'il e Amal: "tre fratelli, emersi dalla culla di una tragedia senza fine. Ciascuno separato dall'altro, ma continuamente inseguiti dai sussurri strappati dalla consapevolezza degli altri."


Yussef, il combattente, colui che non poteva accettare passivamente che altri (gli occupanti) scrivessero per i palestinesi delle vite che non erano altro che prolungate sentenze di morte, degli atroci calvari senza fine. "Io non vivrò questo copione. Se morirò da martire, che sia."

Amal, che ha lasciato il cuore e i suoi affetti più cari in quella terra straziata, dalla quale non s'è mai allontanata davvero, perché "La Palestina ci possiede e noi apparteniamo a lei."

E poi c'è lui, il figlio perduto, Isma'il, cresciuto "dall'altra parte del muro" ma nel cui viso Amal ritrova i tratti delle persone amate.

Imprevedibile come solo essa sa esserlo, la vita ora divide, ora riunisce; come ti lacera strappandoti via con crudele ferocia chi ami, creandoti un vuoto dentro che, per non soccombere, riempi di indifferenza e freddezza, così ti ricorda che lì, in mezzo al petto, c'è ancora un cuore capace di amare.

Susan Abulhawa ha scritto un romanzo che dà voce a chi è stato silenziato a favore di una narrativa "ufficiale" che inevitabilmente distorce la verità, la rende opaca, la nasconde, finendo per ribaltare i ruoli di "aggressore" e "aggredito", di occupante e occupato, di vittima e carnefice.

La scrittrice racconta con sensibilità e intensità la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria".

Cercando di raccontare la verità della propria gente e di farlo il più onestamente possibile, l'autrice non si lascia andare a riduttive e fin troppo ovvie demonizzazioni,  non esprime giudizi, ma racconta semplicemente le vicende di una famiglia che, intrecciandosi con la storia della Palestina, diventa simbolo di tutte le famiglie palestinesi: la gioia e la vita degli uni contro la morte e la tragedia dell'esilio degli altri, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in un eterno stato di sospensione, di attesa che qualcosa cambi, che si possano infilare di nuovo le chiavi in quelle che sono state le proprie umili abitazioni e che possano tornare a vivere in quella terra come avevano sempre fatto.


Leggendo, ci si affeziona ai personaggi: alla tenace Dalia, a questa madre che il dolore ha portato alla perdita della ragione; al coraggioso Yussef, dal cuore grande, tanto da contenere l"amore per i suoi cari e quello per il proprio paese, per il quale è disposto a combattere, a resistere; alla sua Fatima, dolce, allegra, generosa, che è stata come una sorella per Amal.

Soprattutto ci si sente vicini a lei, ad Amal, che vediamo crescere e passare dall'essere una bimba felice a diventare una ragazza chiamata a fare delle scelte per cercare di andare avanti.

La vediamo nelle sue fragilità e contraddizioni, mentre da universitaria e ragazza libera cerca di lasciarsi alle spalle la povera e disgraziata vita di una palestinese circondata da soldati, in una quotidiana condizione di occupazione militare.

Ma anche se per qualche anno vive libera da soldati, trasformandosi in un'araba  occidentalizzata e senza radici, la Palestina riemerge dal profondo del suo cuore senza preavviso, costringendola a ricordare chi è e da dove viene.

Leggendo, si empatizza con queste persone che, "prima che la storia marciasse per le colline e annientasse presente e futuro, prima che il vento afferrasse la terra per un angolo e le scrollasse via nome e identità", conducevano un'esistenza semplice ma serena.
Fino a quel giorno in cui, denudate della propria umanità, furono buttate come spazzatura in campi profughi, lasciati senza diritti, senza casa né nazione, " mentre il mondo si voltava dall'altra parte a guardare e ad applaudire l’esultanza degli usurpatori che proclamavano il nuovo stato che chiamavano Israele."

Tra queste pagine si parla di lotta, di resistenza all'occupante, di amore per le proprie radici, di ingiustizie e morti davanti alle quali o ti rassegni o combatti.

"La durezza trovò un terreno fertile nei cuori dei palestinesi e i germi della resistenza si radicarono nella loro pelle. La sopportazione diventò una caratteristica distintiva della comunità dei profughi. Ma il prezzo che pagarono fu l’annientamento della loro dolce vulnerabilità. Impararono a esaltare il martirio. Solo il martirio offriva la libertà. Solo nella morte potevano essere invulnerabili a Israele. Il martirio diventò il rifiuto supremo dell'occupazione israeliana.".


Ogni mattina a Jenin è un romanzo intriso di profonda umanità: è una storia che ci parla di memoria, di identità (personale e nazionale), di amicizia e amore, di famiglia, di guerre e massacri, di coraggio e speranza. 

E io non posso che consigliarvene caldamente la lettura, che regala molte emozioni, commuove e fa arrabbiare, e soprattutto porta a riflettere su ciò che da decenni accade in questa piccola porzione di terra. 


ALCUNE CITAZIONI 

"Il nocciolo della loro esistenza era il legame con Dio, con la terra e la famiglia, ed era questo che volevano difendere e custodire."

“Possono portarti via la terra e tutto quello che c'è sopra, ma non potranno mai portarti via quello che sai o le cose che hai studiato”.

"Veniamo dalla terra, le diamo il nostro amore e il nostro lavoro, e lei in cambio ci nutre. Quando moriamo, torniamo alla terra. In un certo senso, le apparteniamo. La Palestina ci possiede e noi apparteniamo a lei."

"Ogni centimetro di questa città racchiude i segreti di antiche civiltà, le cui morti e tradizioni sono impresse nelle sue viscere e nelle macerie che la nebbia. (...) Gerusalemme trasmette umiltà. In me suscita un innato senso di familiarità – l'indubbia, inconfutabile sicurezza palestinese di appartenere a questa terra. Mi possiede, indipendentemente da chi la conquista, perché il suo suolo è il custode delle mie radici, delle ossa dei miei antenati."


"Sono figlia di questa terra, e Gerusalemme mi rassicura di questo titolo inalienabile molto più degli atti di proprietà ingialliti, dei registri catastali ottomani, delle chiavi di ferro delle nostre case rubate, di tutte le risoluzioni o i decreti che potranno emanare l’Onu o le superpotenze."


"Pensa alla paura. Quella che per noi è semplice paura per altri è terrore, perché ormai siamo anestetizzati dai fucili che abbiamo continuamente puntati contro. E il terrore che abbiamo conosciuto è qualcosa che pochi occidentali proveranno mai. L'occupazione israeliana ci ha esposto fin da piccoli a emozioni estreme, e adesso non possiamo che sentire in maniera estrema. “Le radici del nostro dolore affondano a tal punto nella perdita che la morte ha finito per vivere con noi, come se fosse un componente della famiglia che saremmo ben contenti di evitare, ma che comunque fa parte della famiglia. La nostra rabbia è un furore che gli occidentali non possono capire. La nostra tristezza può far piangere le pietre. E il nostro modo di amare non è diverso, Amal. “È un amore che puoi conoscere solo se hai provato la fame atroce che di notte ti rode il corpo. Un amore che puoi conoscere solo dopo che la vita ti ha salvato da una pioggia di bombe o dai proiettili che volevano attraversarti il corpo. È un amore che si tuffa nudo verso l’infinito. Verso il luogo dove vive Dio.”


domenica 12 marzo 2023

BREVI MA INTENSI [ libri con meno di 200 pagine ]

 

I titoli che vorrei condividere oggi con voi sono accomunati dal numero limitato di pagine; ma, si sa, il fatto che un libro sia "piccolo"non vuol dire che non abbia tanto da dare.

E allora eccomi qui con una mia personalissima shortlist, di poche pretese e senza dubbio non esaustiva; e anzi, se avete titoli da suggerire, mi farà piacere accogliere i vostri consigli circa quelle letture brevi ma intense che vi sono rimaste impresse.

Precisazione: per libro breve intendo un volume che non superi le 200 pagine.



SOGNI INAFFERRABILI


.
Se dovessimo pensare alla figura del sognatore per eccellenza, in letteratura, credo che tanti  penserebbero immediatamente a lui, al romantico protagonista de LE NOTTI BIANCHE di Fedor Dostoevskij (Ed. Einaudi, 158 pp., 2014): una vita chiusa in un mondo di fantasticherie in cui irrompe per un breve attimo la giovane Nasten’ka, che finalmente offrirà per la prima volta al sognatore scampoli di vita vera.
Ma il risveglio arriverà presto, riportandolo alle sue illusioni.

SETA di Alessandro Baricco (Ed. Feltrinelli, 108 pp, 2013): un libro breve, dove contano più i silenzi, gli sguardi intensi, languidi o sfuggenti, i momenti fatti di immobilità o di gesti lenti, accompagnati da una musicalità flemmatica ma insieme suggestiva; in un centinaio di pagine il lettore viene trasportato in una piccola storia effimera ed improbabile, in cui ciò che conta e colpisce non è tanto la storia in sé, quanto l'atmosfera creata dalla penna poetica, ammaliante e musicale di Alessandro Baricco.


DONNE..., DUDUDU'...


,
"Mare d'inverno" di Grazia Verasani
 
(Giunti Ed., 176 pp, 2014): un romanzo tutto al femminile che ruota attorno a una solida amicizia: tre donne di oggi, in un'età di bilanci, fatti con coraggio e battute caustiche, dialoghi divertenti e avvelenati, emozioni messe a nudo, verità che non si possono nascondere.

LE DEE DEL MIELE di Emma Fenu (Officina Milena Edizioni, 136 pp., 2019): un piccolo ma ipnotico romanzo che racconta la storia di alcune donne le cui esistenze sono strettamente intrecciate tra loro; a fare da cornice a questi pezzi di vita tutta al femminile, che si snoda attraverso tutto il Novecento, è una affascinante Sardegna intrisa di mito e memoria.


TESTIMONIANZE DI VITA VERA


SHARON E MIA SUOCERA. Diario di guerra da Ramallah, 
.
Palestina
di Suad Amiry
(Ed. Feltrinelli, 135 pp):
con l'ironia e l'intelligenza che la contraddistinguono, l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002. La scrittrice ci "presta" i suoi occhi perché possiamo puntare gli sguardi sui tanti ostacoli quotidiani, le umiliazioni, le sofferenze di chi vive sotto un'occupazione militare, come accade ai palestinesi da 75 anni.

DIECI GIORNI IN MANICOMIO di Nellie Bly (Ed. Clandestine, 127 pp.): quando a Elizabeth Jane Cochran (più nota con lo pseudonimo Nellie Bly) fu chiesto dal direttore del World, il giornale per cui ella lavorava, se accettasse di farsi internare per dieci giorni in un ospedale psichiatrico nell'isola Blackwell, per poter descrivere resoconti dettagliati sul trattamento delle donne recluse e sulla gestione della struttura, ella non si tirò indietro, pur con le iniziali e naturali perplessità.
Grazie alla sua tenacia e intraprendenza abbiamo un racconto preciso, per quanto relativamente breve, delle misere condizioni in cui versavano le donne ritenute malate mentali nei manicomi americani di fine Ottocento.


ATMOSFERE INQUIETANTI


,
CORALINE di Neil Gaiman
(Ed.Mondadori, ed.ill, 189 pp.)
: fiaba per ragazzi dalle tinte dark con tutti gli elementi tipici del genere fantasy horror, dalla giovanissima protagonista, curiosa e inconsapevolmente impavida, all'antagonista brutta, dalla presenza di oggetti magici e talismani alla casa apparentemente tranquilla ma poi...


ZUCCHERO FILATO VOLANTE di Fernando Camilleri (Eretica Ed., 140 pp.). Un tranquillo paesino, circondato dal verde di un bosco ameno, viene scosso da una serie di eventi inquietanti, surreali, spaventosi, che vedono come protagonista un ragazzino e il suo incontro con un nano, pronto ad eseguire un macabro piano; e tutto sotto l'influsso della luna che, beffarda, guarda dall'alto compiersi il destino di uomini ignari dei suoi influssi. Breve romanzo particolare e originale nella trama, con elementi fantastici/fantascientifici e sfumature horror, che creano momenti misteriosi, di tensione e suspense durante la lettura.


TU CHIAMALE SE VUOI... EMOZIONI


I PONTI DI MADISON COUNTY di R. James Waller (Ed.Sperling&Kupfer, 192 pp.)un incontro casuale; poche parole scambiate; un pomeriggio
,

come tanti, afoso, assolato; due paia di occhi che si incrociano per perdersi l'uno nell'altro e riscoprire insieme la vera ragione per cui sono sulla terra: amarsi. Una storia d'amore intensa, profonda, che supera i limiti della distanza, del tempo, che resta viva nel cuore e nella mente, alimentata da ricordi e lacrime, da pensieri ed emozioni rivissute anno per anno solo nella propria memoria.

A PROPOSITO DI LEI di Banana Yoshimoto (Ed. Feltrinelli, 160 pp.): intenso e suggestivo, questo romanzo è caratterizzato da molta introspezione, flashback, con un filo di suspense e mistero che ci accompagna pagina dopo pagina, assieme alle protagoniste, le gemelle Yumiko e Soichi, nel loro "viaggio" verso la loro libertà interiore, un viaggio difficile affrontato con coraggio; un coraggio che l'uno prende dall'altra con naturalezza, dolcezza, complicità, affetto sincero, attraverso mille domande, ipotesi, volte a cercare insieme risposte utili ad allontanare, una volta per sempre, gli spettri scomodi e dolorosi lasciati in eredità da una famiglia che più complicata non poteva essere.

DIARIO DI UN DOLORE di C.S. Lewis ( Adelphi ed., 85 pp.). L'esperienza del lutto è qualcosa di oltremodo doloroso; non è facile parlare del dolore, non solo perché trovare le parole giuste per esprimerlo è complicato, ma anche perché è qualcosa di molto intimo, che preferiamo tenere per noi, fosse anche soltanto per evitare di apparire deboli o di suscitare compassione. L'autore di questo breve diario autobiografico prova a mettere nero su bianco i propri tristi pensieri, con onestà e precisione.

L'APPUNTAMENTO di Piergiorgio Pulixi (Ed. E/O, 144 pp.): sorprendente noir psicologico, dove la suspense tiene compagnia al lettore dall'inizio alla fine, vengono a galla il marcio e la brutalità latente nell'essere umano, le sue perversioni, la voglia ossessiva di controllo e manipolazione, e ancora il pericolo che questo mondo virtuale, in cui siamo immersi ogni giorno, costituisce per ciascuno di noi e per la nostra privacy, visto che, acquattati nelle fitte e impalpabili maglie della rete, si nascondono lupi alla ricerca di agnelli da divorare.


VITA IN FAMIGLIA


.
LE SORELLE LACROIX di Georges Simenon
 (Adelphi, 171 pp.)
: una famiglia in apparenza come tante, in cui sembra regnare l'armonia, la tranquillità; ma, a ben guardare, tra le mura della grande casa dei Lacroix non si odono voci allegre e non si vedono uscire dalla porta persone con un sorriso felice: c'è molto silenzio, poche parole dette a voce bassa, accompagnate da sguardi carichi di diffidenza, di odio e vendetta, di rabbia covata e vecchia di anni. Un'aria vischiosa, cupa ed irrespirabile si percepisce in quella silenziosa dimora; il lettore ne avverte tutta la pesantezza e sente come i personaggi che vi abitano ne siano contaminati, nel corpo e nell'anima

IL POSTO di Annie Ernaux (L'Orma ed., 120 pp). La scrittrice francese Annie Ernaux tratteggia, in questo libro breve e autobiografico, la figura del padre, di quest'uomo prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna, e lo fa con scrupolosità e senza cedere a inutili compatimenti e patetiche nostalgie.


VITE COME LE NOSTRE


UN GIORNO DI FESTA di Graham Swift (Ed. Neri Pozza, 139 pp.): una 
.

vecchia e famosa scrittrice si guarda indietro, tornando con la memoria ad un giorno specifico - il 30 maggio 1924, giorno della Festa della Mamma - per raccontare "una storia d'amore" sensuale, breve, proibita, che le resterà impressa negli anni in ogni particolare, come un dolce segreto da custodire gelosamente.


VELOCE LA VITA di Sylvie Schenk (Keller Ed. 176 pp.): tra leggerezza e malinconia, la storia di una donna, della sua forza, delle sue scelte e dell'amore, dei libri letti, dei desideri, di ciò che unisce e divide popoli e lingue differenti, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro - a volte anche quelle di cui non siamo responsabili -, della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma.


UN CLASSICO È PER SEMPRE


.
LADY SUSAN di Jane Austen
 
(Newton Compton Ed., 128 pp)
: novella scritta in forma epistolare basata su una protagonista dalla personalità assolutamente forte, determinata e carismatica,  Lady Susan appunto, che grazie alla penna elegante e arguta di Jane Austen, fa breccia nel cuore dei lettori, che finiscono ammirarla divertiti per la sua sfacciataggine e la spontanea sfrontatezza che guida le sue azioni.


IL VIAGGIATORE INCANTATO di Nikolàj Leskòv (Adelphi, 182 pp): racconto del 1872 in cui predomina la figura di un monaco sui generis, Ivan, cantastorie che narra ad ogni capitolo  un particolare episodio della sua vita, che risulta divertente e assurdo insieme, a metà tra fatti realistici e altri decisamente favolistici.

mercoledì 8 marzo 2023

🪵 RECENSIONE 🤎 LA STRADA PER VIRGIN RIVER di Robyn Carr (#1)

 

Lui non ha mai avuto relazioni d'amore serie, né è intenzionato a cercarsele; lei sta cercando di riprendersi da un grave lutto che l'ha destabilizzata e le ha chiuso il cuore, convincendola che molto probabilmente non ci sarà più posto per un altro grande amore nella sua vita (non subito, almeno).
Ma anche a Virgin River, in una piccola e tranquilla cittadina incastonata in un paesaggio paradisiaco, la vita sa essere imprevedibile e donare numerose sorprese.



LA STRADA PER VIRGIN RIVER
di Robyn Carr


HarperCollins Italia
trad. C. Rey
378 pp

"Cercasi ostetrica / infermiera professionista a Virgin River, popolazione seicento abitanti. Il tuo lavoro ideale sullo sfondo delle imponenti foreste di sequoie e dei fiumi cristallini del Nord California. Cottage incluso senza spese di affitto".

Melinda Monroe è un'infermiera specializzata e ostetrica, vive a Los Angeles ma sente l'urgente bisogno di cambiar vita, radicalmente, così risponde all'annuncio di cui sopra e accetta l'incarico.

Ad assumerla è una benefattrice del posto, Hope McCrea, che le ha assicurato che ad accoglierla ci sarà uno chalet delizioso e ben arredato.

Ma quando giunge nel paesino di montagna di Virgin River, il benvenuto non è dei più incoraggianti.
Il vecchio dottore, Doc Mullins, al quale deve affiancarsi, non la vuole: è burbero e poco gentile, e non fa nulla per nasconderle che lui non la vuole un'infermiera tra i piedi, perché - nonostante l'età - è in grado di vedersela da solo con i suoi pazienti, come ha sempre fatto.

Alle resistenze di Doc si aggiungono le condizioni dello chalet: sporco, incasinato, maleodorante, con la veranda a pezzi, materassi ammuffiti..., insomma una tragedia!

L'unica nota positiva è costituita dal bar (l'unico) e dal suo proprietario, il bello e affascinante Jack Sheridan.

Jack è ammaliato dalla bella bionda che dovrebbe fare da infermiera a Virgin River; i due da subito entrano in sintonia, chiacchierano, ridono..., il feeling è evidente e anche quel pizzico di attrazione che a Jack mette qualche brivido e a Mel...
A Mel spaventa, confonde.

Lei è vedova da solo un anno e ha deciso di lasciare Los Angeles per elaborare il lutto, per sfuggire al dolore e trovare nuovi stimoli per continuare con il suo amato lavoro in un luogo diversissimo dalla grande città e, si presume, più tranquillo.

Quello che non può immaginare è che pure la bellissima Virgin River conserva il suo carico di imprevisti, belli e brutti, e di sorprese, che metteranno Melinda davanti alla scelta: restare in quel posticino dimenticato dal mondo o tornare tra grattacieli, boutique e ritmi frenetici?

Lei vorrebbe andarsene e anche subito, ma qualcosa comincia a trattenerla: una neonata viene trovata abbandonata sulla soglia dell'ambulatorio di Doc e Mel non può certo infischiarsene, così decide di restare almeno fino a quando la piccola (alla quale lei stessa dà il nome, Chloe) non avrà trovato una giusta e sicura sistemazione.
Poi si aggiungono altre donne incinte che le chiedono di seguirle, e poi Jack - che non vuole lasciarla partire - le sistema lo chalet, che diventa stupendo e confortevole.
E ancora, pian piano pure Doc comincia ad ammorbidirsi e ad ammettere che la presenza di Mel è un dono per i cittadini...: tante sono le cose che succedono e che contribuiscono a convincere la bella Melinda a restare, a dare una possibilità a Virgin River e, soprattutto, a sé stessa.

"Sono venuta qui perché credevo di aver perso tutto..., e ho finito per trovare molto di più... tutto quello che ho sempre desiderato. Sì, resterò (...), questo è il mio posto. Qui è casa mia".

Il primo romanzo della serie su Virgin River è il classico romance contemporaneo che procede con molta scorrevolezza, con abbondanza di dialoghi, tanti personaggi che intervengono a creare dinamiche, imprevisti, così da rendere quel paesino di montagna tutto fuorché noioso.

Virgin River è, infatti, una località stupenda dal punto di vista naturalistico, e vivace da quello umano: sì, gli abitanti possono sembrare dei sempliciotti abituati a una piccola realtà, con una mentalità "di paese", ma questo non vuol dire che non ci siano problemi anche lì, a cominciare dai coltivatori di erba (situati nei dintorni), che non sono proprio persone rassicuranti e, anzi, possono risultare pericolosi.

Per il resto, si respira aria di comunità: le persone si conoscono, si fanno visita, prendono sempre tè nelle case di tutti, spettegolano l'uno sull'altro ma poi, se c'è da dare una mano, non si tirano indietro; Mel mai avrebbe immaginato di potersi ritirare in un luogo del genere, di non indossare stivali da centinaia di dollari, di trovare adorabile trascorrere le serate a sorseggiare una birra al "Jack's bar", e di trovare attraente lo stesso Jack.

Il pensiero del defunto marito, l'amore vissuto con lui, è ancora così forte in lei che Mel non sa se sia davvero pronta per aprirsi ad una nuova relazione, per voltare pagina...
E poi lo stesso Jack - un ex-marine che non parla sempre volentieri del suo passato da militare - non sembra intenzionato a intrecciare legami seri, abituato com'è a posarsi di fiore in fiore.
Ma alla magia di Virgin River non si può resistere facilmente e i cuoricini sono assicurati :-D

Consigliato a chi ama il genere, a chi cerca una storia d'amore dolce, semplice, inserita in uno scenario country, gradevole e che trasmette serenità.

Sto proseguendo con la serie, che si lascia guardare con piacere e, anzi, devo confessare che i cambiamenti apportati alla trama e ad alcuni personaggi li preferisco, rispetto a ciò che succede nel libro, che quindi risulta un po' più "piatto" rispetto alla serie tv.

lunedì 6 marzo 2023

► RECENSIONE ◄ PICCOLE COSE DA NULLA di Claire Keegan



La vita è scandita da tanti eventi e relazioni importanti, che la rendono unica, ma anche da piccole azioni quotidiane, che danno ad ogni giorno il suo valore; valore di cui spesso non ci accorgiamo, presi come siamo dalle svariate incombenze in famiglia, a scuola, al lavoro...
Il protagonista, però, è un tipo che fa caso alle "piccole cose da nulla" ed è serenamente soddisfatto e grato di quel che è e di quel che possiede, e sa che se vuol essere felice deve continuare a vivere tranquillamente come sta facendo, evitando colpi di testa e strambe curiosità per fatti che non lo riguardano.
Ma l'incontro con qualcuno meno fortunato di lui lo induce a riflettere e a chiedersi: come posso continuare ad occuparmi delle mie piccole cose di ogni giorno, ignorando il dolore e i problemi altrui, se è in mio potere dare aiuto?



PICCOLE COSE DA NULLA
di Claire Keegan


Ed. Einaudi
trad. M. Pareschi
104 pp
"...giunse alla conclusione che niente accadeva mai due volte: ognuno ha a disposizione giorni e possibilità che non torneranno più. E non era forse meraviglioso starsene fermi in un punto e lasciare che il presente per una volta ci ricordasse il passato, per quanto doloroso, invece di scrutare continuamente il meccanismo dei giorni e i guai a venire, che forse non sarebbero nemmeno arrivati?".

Il quarantenne Bill Furlong è un onesto commerciante di carbone e legname che nel periodo invernale lavora tantissimo e guadagna altrettanto; il gran freddo non piace quasi a nessuno, ma se gelo e basse temperature vogliono dire "più richieste" di carbone e legna, e beh, il nostro uomo non può che sfregarsi le mani dalla contentezza.

È quasi Natale e Bill non fa che girare per fattorie e villaggi con il camion carico di legna, torba e carbone, rifornendo case e istituti, conventi compresi. 

La neve scende su New Ross, una tranquilla cittadina irlandese, mentre le famiglie aspettano il Natale occupando il tempo con le azioni tipiche di questo periodo: si va a messa, nelle case si sente il buon profumo dei dolci natalizi..., insomma, la solita vita.
Bill è un brav'uomo, sposato con Eileen; la coppia ha ben cinque figlie, tutte educate, diligenti a scuola; la più grande aiuta il padre in azienda e qualcun'altra va nella scuola adiacente il convento per  studiare canto.

Non si può lamentare, Furlong, assolutamente no, tanto più se si guarda indietro: lui è il figlio di una ragazza madre, non ha mai saputo l'identità del padre biologico ed è cresciuto in casa Wilson, dove la caritatevole padrona di casa ha lasciato vivere e lavorare sua madre e ha dedicato non poche attenzioni proprio a lui, Bill, che quindi è stato tirato su in un ambiente sereno, stimolante, sostenuto dalle amabili attenzioni della signora.

È stata una vera fortuna che la padrona si sia fatta carico di lui e della sua povera mamma, perché altrimenti chissà che ne sarebbe stato di loro!
Forse proprio il fatto di essere cresciuto provando una sincera gratitudine verso la propria benefattrice, fa sì che anche adesso che è adulto, con una famiglia e un lavoro rispettabili, Furlong non smetta di essere riconoscente, di dare valore e importanza a quelle che lui chiama "le piccole cose da nulla" e alle quali si ferma a pensare mentre osserva ciò che accade intorno a lui.

Ciò che gli accade intorno.
Ma forse certe volte è meglio non guardare, non sapere, non fare domande.
Farsi i fatti propri, insomma.

Ma Bill Furlong, che tanto deve a un'estranea che avrebbe potuto infischiarsene di lui e di sua madre e non l'ha fatto, non è il tipo che si gira dall'altra parte.
E se finora l'ha fatto, qualcosa potrebbe convincerlo a non farlo più.

Un giorno porta il carbone al convento St Margaret, di cui si dicono tante cose. 
Tipo che le suore accolgono ragazze "deviate", ribelli, incinte, signorine che hanno avuto una condotta immorale e discutibile e che la famiglia manda lì perché siano "corrette", rieducate, "raddrizzate".
Tipo che queste ragazze, tra le mura di istituti religiosi come quello (e ce ne sono diversi, in Irlanda), vengono trattate molto male, con troppa durezza, sfruttate, costrette a lavorare nelle lavanderie tante, troppe ore al giorno.

Tante cose si sussurrano, si dicono sottovoce e vanno di bocca in bocca, da un orecchio all'altro, ma chissà quanto e cosa sia vero, poi!

Bill ne avrà un piccolo assaggio... e non gli piacerà.
Sarà un assaggio amaro, che gli smuoverà qualcosa dentro, che non lo lascerà tranquillo né tanto meno indifferente.
Certo, pensare ai fatti propri e chiudere la bocca sarebbe meglio e, agli occhi dei più, saggio; ma per Bill è il momento di seguire il cuore, di dare un senso a quel Natale, affinché non resti una festività fatta solo di regali e scambi di auguri, bensì sia accompagnata da gesti veri e concreti di generosità e solidarietà.

"...si ritrovò a domandarsi che senso aveva essere vivi se non ci si aiutava l’uno con l’altro. Era possibile tirare avanti per anni, decenni, una vita intera senza avere per una volta il coraggio di andare contro le cose com’erano e continuare a dirsi cristiani, a guardarsi allo specchio?"


Sin dalla dedica scritta in apertura al romanzo, veniamo messi davanti al fatto storico cui si fa riferimento in queste pagine: le Case della madre e del bambino e le Magdalene Laundries sparse sul territorio irlandese (anche in Inghilterra) a partire da XIX sec. e anche nel XX; l’ultimo istituto è stato chiuso solo nel 1996!

Le “Casa Magdalene” ospitavano ragazze orfane o considerate "peccatrici" per la loro condotta contro la morale; in queste comunità, le ragazze – alcune anche molto giovani – venivano trattenute spesso contro la propria volontà (su esplicita richiesta dei famigliari) ed erano costrette a lavorare secondo ritmi estenuanti e svolgendo mansioni faticose.
Con la scusa di doverle educare e di "aiutarle" ad espiare i propri peccati, queste giovani venivano in realtà sfruttate, in particolare nelle lavanderie... in cui lavoravano praticamente gratis, visto che non venivano di certo pagate e vitto e alloggio non erano granché.

Ma torniamo al romanzo.

Preciso subito che stiamo parlando di un libro di circa cento pagine, per cui se vi accostate ad esso con l'intenzione di poter approfondire l'argomento in questione, vi dico che non è la lettura che fa per voi.
L'obiettivo dell'autrice non è descrivere i fatti drammatici attinenti le Magdalene Laudries, quanto quello di raccontarci una storia che, a primo impatto, ha i contorni di una fiaba.

Il protagonista è davvero una brava persona, che ben si presterebbe a un racconto edificante, per di più inserito in una cornice natalizia, tutta fiocchi di neve, dolcetti e calore nelle case riscaldate dalla legna che lui stesso vende; e poi una moglie saggia, cinque figlie obbedienti, un passato modesto ma in fondo decoroso e non così triste, vissuto sotto l'ala protettrice di una signora buona che gli ha voluto bene.

Ma Bill ci porta fuori da questa cornice e ci dice: non dappertutto si respira un'atmosfera di misericordia cristiana e di benevolenza..., e questa constatazione è ancor più amara se parliamo di istituti religiosi.

È un romanzo piccolo, come piccole sono le azioni quotidiane e rassicuranti che avvolgono l'esistenza di Bill, fino al giorno in cui egli decide di mettere il naso fuori da quel contesto confortevole, a cui è abituato e in cui sta bene; è come se fino a quel momento avesse vissuto in una bolla fuori dal tempo che ora è scoppiata, rivelandogli qualcosa di brutto, che lo turba e gli impone di non starsene con le mani in mano.

Un libro pieno di buoni sentimenti, una sorta di mini coccola letteraria, da gustare mentre si è al caldo, con una tazza fumante in mano, e magari mentre fuori piove (come sta accadendo adesso, che sto scrivendo).
Mi è piaciuto lo stile della scrittrice, che ha un modo di narrare delicatissimo, quasi poetico, come se fossimo davvero in una favola contemporanea; il velo aperto sulle meschinità perpetrate nelle Case Magdalene è interessante e invita il lettore a informarsi e saperne di più.
Se ci fossero state altre pagine, lo avrei gradito di più, perché così com'è mi ha lasciato una sensazione di sospensione, di incompiutezza.

Consigliato a chi cerca un libro non impegnativo (ma non per questo banale o superficiale), che si legge davvero in poco tempo e che ha il tocco di una lieve carezza: quella carezza data da chi non è indifferente alle sorti del prossimo e non smette di interrogarsi e di rendere significativi i piccoli, grandi gesti che danno valore ad ogni singola esistenza.

Chi desiderasse avere un'infarinatura circa le lavanderie Magdalene, può dare un'occhiata qui:




sabato 4 marzo 2023

FEBBRAIO 2023, TRA LETTURE E SERIE TV

  

,

Ed eccomi con il riepilogo del mese di Febbraio.

Partiamo dalle letture: cartacei, audiolibri e libri in formato digitale.


CARTA E INCHIOSTRO


LIBRI IN FORMATO DIGITALE:

AUDIOLIBRO

UNA DONNA IN FUGA di L. Castillo: poliziesco.Una poliziotta sta fuggendo da qualcuno che la vuole morta. Ad aiutarla, un Amish e una poliziotta (ex-Amish). 4/5.

Tra le letture "febbraiole" che menziono ci sono IL TAVOLO BLU, per lo stile delicato con cui l'autrice ha scelto di raccontare tre donne forti e vulnerabili allo stesso tempo; I NOSTRI CUORI 

,

PERDUTI perchè è un distopico in realtà non molto lontano dai nostri tempi, sempre più di frequente caratterizzati da comportamenti razzisti e descriminatori.


Per quanto concerne specificatamente la Reading Challenge, gli obiettivi del mese di febbraio prevedevano  la scelta fra tre autori e il romanzo della Mazzantini.

Io ho scelto quest'ultimo: MANOLA : due gemelle antitetiche si lanciano in una lunga e surreale confessione; bizzarro nei contenuti, originale dal punto di vista linguistico (3/5).


CITAZIONE DEL MESE

"L’anima è in pace solo nei luoghi che conosce."
(Una minima infelicità, C. Verde)

"Le radici del nostro dolore affondano a tal punto nella perdita che la morte ha finito per vivere con noi, come se fosse un componente della famiglia che saremmo ben contenti di evitare,ma che comunque fa parte della nostra famiglia". (OGNI MATTINA A JENIN, Susan Abulhawa)


SERIE TV

Come già detto due post fa, sono finita in un paesino quasi-bucolico negli USA: Virgin River.

Ci sono arrivata in compagnia di Mel (Melinda) Monroe, determinata a lasciare la sua agiata
vita a Los Angeles e ricominciare da zero.
Perché questo drastico cambiamento - scoraggiato da amici e famigliari, in particolare dalla sorella maggiore Joey, che la vorrebbe con sé in Colorado? 
Mel un anno fa è rimasta vedova; non solo, ma lei e l'amatissimo marito Mark avevano da poco anche perso una bambina (nata morta a causa di complicazioni durante il parto), per cui a una tragedia - vissuta in coppia - si è poi aggiunta la morte improvvisa di Mark.

Per la povera Mel tutto questo è troppo, per cui non le resta che lasciarsi, per quanto possibile, il passato alle spalle e provare a cambiare decisamente aria.

In tutti i sensi, in questo caso.

Virgin River è sinonimo di aria purissima, meravigliosi laghi, boschi di sequoie, cielo azzurrissimo, prati che in primavera sono distese di un verde brillante...
Certo, Mel ci arriva in una stagione fredda, con tanto di brutto tempo, fango..., insomma, l'accoglienza non è delle migliori.
Al suo arrivo, però, è convinta di trovare ciò che l'è stato promesso: un meraviglioso e caldo chalet, dotato di tutti i comfort.
A offrirle l'allettante sistemazione è stata Hope McCrea, la sindaca di Virgin River, nonché colei che l'ha assunta per telefono.
Mel è un'infermiera specializzata e ostetrica e da quelle parti c'è un gran bisogno di una professionista come lei, anche perché il dottor Mullins è in là con gli anni e necessita di una valida collaboratrice.
Il contratto è di un anno, poi Mel potrà essere libera di andarsene.
Ma quando giunge nella località di montagna, si rende conto che... nulla di quanto aveva immaginato c'è!
Lo chalet è in condizioni disastrose e invivibili; Hope è scontrosa e poco propensa ad ammettere di aver mentito a Mel; l'auto si ingolfa a causa di un tempo terribile; Doc Mullins (il medico con cui deve lavorare) non la vuole un'infermiera tra le scatole e spera di indurla a fuggire a gambe levate con la propria ostentata maleducazione.

Insomma, una tragedia, altro che cambiar vita!! L'unico aspetto positivo è il bar di Jack Sheridan.
E Jack, ovviamente.
Jack è il proprietario dell'unico bar della cittadina ed è un bell'uomo attorno ai 40, possente, fisicamente ben piazzato e tanto, tanto gentile.
Quando vede la bella infermiera bionda che viene da Los Angeles, i suoi occhi si spalancano: e quando gli ricapita una pollastrella così in quel posto dimenticato dal mondo??
Comincia così il suo "piano" per fare in modo che la bellissima Mel resti tra loro.

Mel vuole andarsene, ne è convinta.
Ma intervengono alcuni eventi a convincerla a prolungare il suo soggiorno in quel paesino in cui tutti si conoscono (e si impicciano): una bimba di pochi giorni viene lasciata davanti all'ambulatorio e a trovarla sono proprio Mel e Jack.

Da quel momento, Mel resterà legata a Virgin River contro ogni aspettativa, integrandosi nella comunità, che la accetterà entusiasta.

Accanto alla storia d'amore tra lei e Jack, viaggiano altre vicende, che coinvolgono altri personaggi di Virgin River: adolescenti che vogliono vivere liberamente il loro amore nonostante la bigotta opposizione di certi adulti; criminali che coltivano erba e danno non poco fastidio alla brava gente; l'ex di Jack che ovviamente detesta Mel; il rapporto burrascoso tra Hope e Doc..., insomma, sarà pure un paesotto ma è vivace, eh!!

Sono giunta alla quarta puntata della terza stagione e il mio interesse non è calato; come dicevo, è quel tipo di serie in grado di farmi rilassare, di trasportarmi in un posticino delizioso, un po' country, dove accadono quegli inconvenienti "normali", comuni, che creano dinamicità, fanno sorridere, commuovono..., insomma io la sto apprezzando, pur non essendo amante di storie "troppo rosa" o smielate.

La consiglio a chi ama il genere.

Cast: Alexandra Breckenridge, Martin Henderson, Tim Matheson, Annette O'Toole, Lauren Hammersley.

giovedì 2 marzo 2023

🌀 RECENSIONE 🌀 IL TAVOLO BLU di Manuela Costantini



Il tavolo blu è una storia di donne che provano a vivere e a sopravvivere ai vuoti che tanti pezzi mancanti hanno lasciato nella loro vita.
Donne che affrontano, ciascuna a modo suo, il lutto, la solitudine, le assenze, le conseguenze delle proprie scelte sbagliate.
Donne in attesa di chiudere cerchi per poter ricominciare là dove s'erano interrotte e perse.



IL TAVOLO BLU 
di Manuela Costantini




Morellini Editore
264 pp
18 euro
USCITA
1° MARZO 2023
"Blu: il colore del silenzio, della calma e della tranquillità. Il colore dell’eterno movimento, di chi è  legato a ciò che ha di più caro ma riesce comunque a far fronte ai continui alti e bassi che la vita presenta."

Ad Amalbena, una piccola città sul mare Adriatico, vive Mirna, una giovane donna che lavora nell'azienda del padre, Ottavio.
In realtà, Ottavio non è davvero il suo papà; quando sua madre Diana ha avuto Mirna, il padre biologico della piccola era morto e la neomamma era andata a vivere nella tranquilla Amalbena, dove aveva conosciuto e sposato il buon Ottavio.

Ma un tragico, imprevedibile e scioccante evento travolge la vita di questa famiglia: la morte di Diana.
Nessuno può dirlo con matematica certezza, ma sembra che la donna si sia uccisa, gettandosi dal tetto di casa.

Perché l'ha fatto? Sarebbe stato possibile individuare dei "segnali" che facessero presagire l'eventualità di un tale drammatico gesto?
Come hanno potuto Ottavio e Mirna non accorgersi del malessere che evidentemente covava dentro Diana e che l'ha indotta a togliersi la vita, invece di chiedere aiuto?

Le tante domande tormentano Mirna, che vorrebbe poter avere le risposte che cerca e che forse, una volta trovate, potrebbero lenire il suo dolore, dare un senso a quel vuoto, a quell'assenza ingombrante che dentro casa si fa sentire e che non accenna a lasciare né lei né suo padre, un marito innamorato, sempre pieno di attenzioni per quella moglie dal carattere forte, energico, deciso.

Nessuno, tra coloro che conoscevano la donna, si spiega il perché di quell'ultimo, fatale gesto.
E il non sapere, il non riuscire a spiegare, a trovare motivi razionali, può essere logorante per chi resta.

"Chiedi e ti sarà dato": a chi può chiedere, Mirna, per capire sua madre?
Chi può aiutarla nella sua ricerca di risposte in grado di placare il tormento che le si agita dentro?

Mentre cerca di raccogliere i pezzi lasciati dalla mamma e di affrontare il lutto insieme al suo patrigno, conosce una donna, coetanea di Diana: Rachele.

Rachele ha da poco preso in gestione un ristorante molto conosciuto in città e lo ha chiamato "Scegli un colore", e questo in virtù del fatto che la sala è composta da tavoli di diverso colore, appunto.
Viola, indaco, blu, arancione, giallo...: i clienti possono sedersi dove desiderano e Rachele si diverte, in un certo senso, a "indovinare il loro colore", ad immaginare di individuare e riconoscere qualcosa del loro modo di essere, della loro personalità. 

Rachele ha vissuto per diverso tempo altrove e si è trasferita ad Amalbena per ricominciare, un'altra volta. La sua vita, fino a quel momento, è stata un continuo fuggire da situazioni che le creavano dolore e disagio, ma adesso sembra stia trovando un po' di stabilità, grazie al lavoro (che le occupa molta parte del tempo) e alle chiacchierate con l'amica Caterina, una signora diretta, di una schiettezza disarmante e un po' burbera.

Di recente ha conosciuto un uomo, chiamato Scorza, un tipo solitario, enigmatico, anche lui coi suoi tormenti personali, che ama raccontare storie.

Ma l'incontro più importante, che cambierà la sua vita - e non solo - è quello con Mirna.
La ragazza entra nel ristorante e va a sedersi al tavolo blu; chiacchierando, le due scoprono di avere in comune una persona per entrambe importantissima: Diana.

Diana e Rachele sono cresciute insieme in un orfanotrofio, intrecciando un legame strettissimo, vivendo in simbiosi, come sorelle, per diciannove anni.
Poi, qualcosa è successo e le due si sono divise per sempre, senza cercarsi e, addirittura, senza neppure incontrarsi mai ad Amalbena, pur non vivendo lontane.

Eppure, l'affetto che le univa non le ha mai abbandonate, nonostante la lontananza e il quasi trentennale silenzio, e ambedue hanno continuato a indossare la collanina con la pietra colorata, testimone di un'amicizia che nel cuore non è mai morta.

Mirna e Rachele si avvicinano, spinte dal ricordo sempre vivo di Diana, cominciano a parlare, a passare del tempo insieme a colpi di scalpello e bulino, dando forma ciascuna a qualcosa che chiede con urgenza di uscire, di prendere vita sotto le loro mani.

Ma quello che verrà fuori da questa amicizia è qualcosa a cui nessuna di loro è preparata ma che è necessario far emergere per poter rispondere a domande importanti, per chiudere cerchi, per ricominciare.
Per salvarsi.

Sia Rachele che Mirna sono come impantanate in un malessere, in un'inquietudine difficile da definire ma che le rende insoddisfatte, come se ci fosse qualcosa di sospeso nella loro vita.

E se Rachele non vuole guardarsi indietro perché ricordare ciò che è stato la fa soffrire, Mirna sente il bisogno di cercare risposte, di capire cosa è successo quando la mamma restò incinta di lei, di incontrare le persone che l'hanno conosciuta e che forse potrebbero aiutarla.

Se Rachele ha smesso di scappare e vorrebbe poter trovare, nella sua nuova vita ad Amalbena, una serenità che finora è fuggita da lei, Mirna deve allontanarsi per riprendere a respirare, per riappropriarsi di sé stessa, di ciò che è e di ciò che vuole.
Ha bisogno di prendere decisioni dolorose ma drastiche e necessarie, in seguito alle quali sicuramente perderà una persona  a cui tiene ma guadagnerà il rispetto per sé stessa e il diritto di provare ad essere felice.

Ma la felicità non può non passare per la ricerca di quei tasselli mancanti che compongono il suo passato, quello di sua madre, e che vede coinvolta anche Rachele.
La verità verrà fuori e sarà un uragano per entrambe, che le lascerà ammutolite, amareggiate, arrabbiate, di nuovo perse e confuse.


Il tavolo blu è un romanzo delicato e potente insieme, che ruota attorno a tre donne forti, ognuna con il proprio fardello, fatto di timori, inquietudini e speranze che non si ha il coraggio di pronunciare per non restare deluse.
Sono donne fragili e forti, che sanno cosa sia l’abbandono, la mancanza di punti di riferimento; sono simili a "rami protesi come artigli che non hanno più nulla a cui aggrapparsi. (...) sbeccati, lacerati, e tenuti stretti indissolubilmente a radici ormai sradicate".

Rachele e Mirna sanno di dover "togliere per capire", di dover eliminare le cose negative ed inutili per provare a dar vita a qualcosa di nuovo. 
Ricominciare. Ricreare.
Ciascuna lo deve a sé stessa, prima di tutto, e anche se la vita ha insegnato loro che ci si salva sempre da soli, anche se la paura di essere abbandonate a volte ha il sopravvento sul bisogno di avere legami saldi e stabili, è altrettanto vero che "in questo viaggio solitario non è bello trovare qualcuno che ci faccia un po’ di compagnia? E per stare bene insieme è necessario sapere qualcosa di chi ci accompagna. E se non chiedi non lo saprai mai.»"

Mi è piaciuta molto la sensibilità dell'autrice nell'esplorare il vissuto delle protagoniste, nel mostrarcene la personalità attraverso le loro azioni e reazioni, le imperfezioni, le fughe, i silenzi ostinati, le risposte sincere, gli atteggiamenti scostanti, gli errori..., e nel lasciarci guardare al di là delle loro insicurezze e paure, dove ci sono anche coraggio, determinazione, voglia di vivere, desiderio di essere felici, di poter scegliere e decidere.

Un libro che vi consiglio perché è scritto davvero bene e l'autrice affronta tematiche diverse - elaborazione del lutto, l'importanza di legami che uniscono le persone al di là della consanguineità, l'amicizia, l'amore - con una scrittura scorrevole e avvolgente.


ALCUNE CITAZIONI

"Ci sono persone fatte apposta per te, loro ti capiscono e tu le capisci e non servono nemmeno le parole. Succede qualche volta, ma devi essere molto fortunato. "

"...secondo un’antica credenza, le anime delle persone che abbiamo perduto, restano prigioniere altrove. In un animale, in un albero o in un oggetto. Perdute fino al giorno in cui ci troveremo a passare accanto all’animale, all’albero o all’oggetto che le tiene prigioniere."



Con la recensione de Il tavolo blu di Manuela Costantini partecipo al Review Party ad esso dedicato e cominciato lunedì 27 febbraio; di seguito, le tappe:


locandina

27 febbraio – Lilith Hendrix  
28 febbraio – Paper Purrr
1 marzo – Le letture di Adso
2 marzo – Chicchi di pensieri
3 marzo – La libreria di Anna
6 marzo – Hope and Paper
7 marzo - Buona Lettura
8 marzo - Les Fleurs Du Mal



L'autrice.
Manuela Costantini è nata a Giulianova sul mare d’Abruzzo. Ha pubblicato racconti su antologie, quotidiani e siti letterari. Per i Gialli Mondadori ha pubblicato diversi racconti e il romanzo Le immagini rubate, con il quale ha vinto il Premio Tedeschi nel 2014; il romanzo breve Quasi sempre a ottobre, biografia romanzata della serial killer Milena Quaglini, e il romanzo Le scelte imperfette. Per Lisciani Libri ha pubblicato Teseo e il Minotauro, L’Odissea per ragazzi, VacciNo–Chi ha paura delle punture?


mercoledì 1 marzo 2023

LETTURE DI MARZO E READING CHALLENGE (aggiornamento di inizio mese)


Diciamo ciao ciao al mese più corto dell'anno e diamo il benvenuto a Marzo, il mese della primavera!!!




In questo post condivido con voi:

📚 libri in lettura;
🔜📚 letture previste a marzo, compresa la Reading Challenge '23;
💶📚ultimi acquisti librosi;
🍿 serie tv che sto guardando.


🌄OGNI MATTINA A JENIN (S. Abulhawa): la storia della Palestina raccontata attraverso le vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi.
In primo piano ci sono la tragedia dell’esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta.

🛣️⛰️LA STRADA PER VIRGIN RIVER (R.Carr): una donna col cuore a pezzi cerca pace e stabilità in una paciosa località immersa tra le montagne. Cosa farà se inaspettatamente busserà l'amore alla sua porta?


🍖🩸CARNE E SANGUE di M. Cunningham: l’epopea di una famiglia americana, attraverso quattro generazioni e cento anni di storia, con personaggi sfaccettati, straordinari e indimenticabili, fa riflettere sui molti modi in cui si può amare ed essere famiglia.

🟦 IL TAVOLO BLU di M. Costantini: donne alla ricerca di sé stesse, di una salvezza dalla disperazione e di una possibilità per ricominciare. 




.
Leggerò, per il club di lettura, il libro del mese:

💞 PICCOLE COSE DA NULLA di C. Keegan: è quasi Natale e Bill Furlong gira per fattorie e villaggi con il camion carico di legna, torba e carbone. Fino al giorno in cui, nel cortile silenzioso di un convento, Bill fa un incontro che smuove la sua anima e i suoi ricordi. 


Il seguente noir è invece un graditissimo prestito di una cara amica, anch'ella fervida lettrice:

📚🐱🐾LA LIBRERIA DEI GATTI NERI di P.Pulixi: un gruppo di lettori, appassionati di gialli, cercherà di risolvere il caso del "killer delle clessidre".


Tra le letture marzoline rientra il romanzo da scegliere per la Reading Challenge.


.
📕🇮🇹 CONTEMPORANEO ITALIANO: come vedete c'è Ammaniti questo mese ed io in casa ho, da tempo immemore, TI PRENDO E TI PORTO VIA. Sarà arrivato il momento di leggerlo, finalmente?

📕 🌏CONTEMPORANEO STRANIERO: anche di Schmitt ho un libro (in digitale): LA VENDETTA DEL PERDONO, e si tratta di quattro racconti. Sarà arrivato il suo turno?

🏛️CLASSICO: stessa situa per Virginia, di cui posseggo ORLANDO.

🏩 Non sono attratta moltissimo dall'unico titolo presente, che corrisponde sempre a un "libro del cuore" dell'organizzatrice: la raccolta di racconti "100 storie d'amore" di Enrica Tesio, e poiché è l'unico libro che comunque non ho, mi sa che non rientrerà nella scelta.





-


Ad essere precisi, non si tratta di libri comperati in libreria, bensì al mercato dell'usato (3 libri 5 euro).

👩‍❤️‍👨 TATIANA E ALEXANDER di P. Simons: il prosieguo di IL CAVALIERE D'INVERNO (recensione), romance letto un po' di tempo fa e che ho amato. 


👭 VOGLIAMO VIVERE QUI TUTT'E DUE di Amal Rifa'i, Odelia Ainbinder, Sylke Tempel: una ragazza palestinese e un'israeliana raccontano cosa significa vivere in una terra contesa e insanguinata dalla guerra e offrono un segnale di speranza per una pace possibile.


📒👩 DIARIO DI UNA GIOVINETTA: è uno di quei testi che desidero leggere dai tempi delle medie, quando studiavo una delle mie materie preferite, Antologia!!


,
Sul fronte SERIE TV, sto guardando VIRGIN RIVER; io sono all'inizio della terza stagione e finora ne sono disponibili quattro. Se non vado errata, è in uscita la quinta. Mi sta piacendo, la trovo deliziosa, i momenti trascorsi a guardarla hanno un che di... "comfortable", nel senso che mi rilassano, mi fanno sognare un po'. Sarà l'ambientazione (questo villaggio tra le montagne, circondato da una natura bella, da favola, capace di riconciliarti col mondo e con te stesso), sarà la storia d'amore tra i due protagonisti (Mel e Jack), il fatto che Virgin River sia il classico paesino in cui tutti si conoscono - il che da una parte rimanda a un'idea rassicurante di comunità sociale, dall'altra questo significa anche zero privacy e una caterva di pettegolezzi al bar, dal parrucchiere e al negozio sotto casa, in grado di creare anche equivoci e dinamiche a sorpresa -, insomma sarà quel che sarà ma ingurgito a gran velocità una puntata dopo l'altra..



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...