Tre figli riuniti attorno alla madre morente, ma non è su di lei che convergono i loro frenetici pensieri, bensì su loro stessi, sulle mancanze, le illusioni, le frustrazioni.
Tre esistenze sospese, ferme, tre fratelli che, non riuscendo a stringersi e a ritrovarsi davanti allo spettro della morte che si sta avvicinando, sembrano sempre più lontani l'un dall'altro, ognuno rintanato nel proprio angolo buio, a collezionare insoddisfazioni, rancori, fallimenti, speranze disattese, barricati dietro muri di incomunicabilità e infelicità.
Ciascuno in attesa di una luce vera, naturale e più grande, che possa finalmente aprire i loro occhi e rischiarare le loro vite.
LA LUCE NATURALE
di Marco Archetti
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Ed. Mondadori 168 pp 18.50 euro 2023
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Non c'è mai un momento giusto per ricevere una brutta notizia, questo è ovvio.
Ma se la vita sta già "girando male" e i problemi e le preoccupazioni abbondano, sapere che tua madre sta morendo non può che far precipitare drasticamente l'umore.
Flavio Calore - attore quarantacinquenne - è su un Frecciarossa, direzione Torino, quando riceve la telefonata della sorella, Tiziana, che gli comunica che la loro mamma, Elvira, sta male, ma non è in ospedale, bensì sul letto di una camera d'albergo di Eraclea (dov'erano in vacanza), di proprietà di un certo Giani Albiero. È assistita, ci mancherebbe: viene a visitarla un medico e c'è pure un'infermiera, ma le sue condizioni sono gravi.
La notizia, giunta tra capo e collo, fa sbroccare Flavio.
A farlo urlare di nervosismo non è tanto la notizia che Elvira sia lì lì per lasciare questo mondo, quanto il dover cambiare i propri piani per incontrare il fratello Gabriele e la poco amata Tiziana, con cui proprio non ha voglia di interagire.
Flavio ha un grumo di rabbia e frustrazione che lo opprime, lo rende scontento, vendicativo; è un attore noto, sì, ha qualche lavoro interessante da vantare nel curriculum, ma ad essere onesti la sua carriera è in stallo, e con essa tutta la sua esistenza.
Eppure lui nel cassetto ha un'idea niente male, che attende solo di trovare qualcuno che creda nel suo progetto che lo produca e gli permetta di realizzarlo: sarebbe l'occasione giusta (irripetibile!!) per dare una scossa alla sua carriera, fatta di illusioni, chiamate attese che non arrivano, opportunità mancate.
Insomma, Flavio Calore ha altro per la testa ma... gli tocca, non può infischiarsene: deve andare ad Eraclea.
Come tocca anche anche a Gabriele Calore, il numero uno nel collezionare fallimenti e sconfitte, tanto in campo sentimentale che lavorativo.
Lasciato da quella che è ormai la sua ex (Ileana) - che oltre a dargli un bel paio di corna, lo ha anche spolpato economicamente -, Gabriele ha un figlio malato ricoverato in istituto, un nuovo amore da coltivare e preservare, e un mare di debiti, nel quale rischia di annegare.
Certo, lui non è il tipo da scoraggiarsi, eh: "Se affronta la vita senza consapevolezza tragica è soltanto perché vede più in là, cioè sé stesso dal punto di vista del trionfo futuro."
Gabriele vede rosa anche quando c'è solo nero, vede una piccola luce e per lui è un raggio di sole; non si dà per vinto nemmeno in caso di sconfitta e, nonostante la vita non gli sorrida da tempo, "passa attraverso ogni disastro come se non lo riguardasse".
E poi, ci sarà pure un modo per uscire da questo continuo viavai di fiaschi, no?
Il suo (unico) amico, Ubaldo, gli propone un lavoretto, una cosuccia non proprio legale però semplice, fattibile, che potrebbe levargli un sacco di problemi.
Per il buon Gabriele, candido e solare come un eterno bambino ed esageratamente spensierato, quella potrebbe davvero essere la sua "grande occasione"; deve solo essere un po' "egoista", spregiudicato: una volta sola..., che male potrà venirne? "Vivere per sé stessi e basta. Senza sbriciolarsi, senza sgretolare il destino nei sensi di colpa".
E poi c'è lei, la loro sorella, Tiziana.
Tiziana Calore è l'emblema del vittimismo, del melodramma, dell'insoddisfazione.
È accanto a sua madre ma non è lei a tenerle la mano; certo, ha pietà di quella donna anziana stesa sul letto di una squallida camera dì un hotel e che non è neanche libera di stare male ed essere assistita in santa pace; mamma e figlia sono quasi prigioniere tra quelle mura dalle quali non deve trapelare la presenza di una moribonda; Giani s'è tanto raccomandato: per favore, è tempo di vacanze, i clienti devono rilassarsi, divertirsi, e sapere che c'è una donna che sta per esalare l'ultimo respiro proprio vicino a loro, non è una gran bella pubblicità per lui e il suo albergo.
Discrezione, Tiziana, ti prego; che non si sappia che mamma Elvira sta per passare all'altra riva, non è il caso.
Ed Elvira obbedisce. Del resto, che altro può fare?
Obbedisce e intanto si concede voli di fantasia, dove lei è una Tiziana diversa, più coraggiosa e intraprendente, più attraente, che sa sedurre gli uomini e che non ha una vita grama, infelice, piatta, priva di emozioni forti.
Tiziana è da quando è nata che vive in bilico, eternamente spaesata, personaggio secondario della sua stessa esistenza, trascorsa accanto ad un uomo (Dario) che non riesce ad amare con passione, anzi, il più delle volte la sua sola presenza la irrita, tanto da indurla a trattarlo male, a dare per scontato quel compagno di vita silenzioso, accomodante, che c'è, c'è sempre, a dispetto dei capricci, dei frequenti malumori, dei continui andirivieni di questa moglie nervosa, volubile, fragile.
Se Gabriele è il fratello bonaccione, il paciere di famiglia, colui che non grida mai, non insulta ma cerca sempre di trovare una conciliazione (un carattere, il suo, che mal viene tollerato dagli altri due, che lo disprezzano, lo vedono come un debole, uno senza spina dorsale, oltre che un fallito), i Calore più focosi, che s'incendiano per nulla, sono proprio Flavio e Tiziana.
Non si sono mai sopportati, sin da bambini: dispettoso e cinico lui, piagnucolosa e pesante lei; non fanno che scontrarsi, urlarsi frasi che - sperano - feriranno l'altro, darsi addosso senza pietà, elencandosi reciprocamente mancanze e difetti e miserie personali.
Flavio vede Tiziana come "un groppo su una sedia con sfondo piastrellato, già arresa, del tutto svuotata e squadernata dal dolore, gli zigomi lucidi e una palude di sconforto negli occhi."
E Tiziana trova che Flavio sia superficiale, egoista, un attore dentro e fuori dal palcoscenico, un insensibile che le ha sempre creato problemi, che s'è sempre divertito a umiliarla e a farla sentire una povera stupida.
Mentre Elvira giace immobile nel limbo della sua stanza d'hotel, i tre fratelli si ritrovano a sopportarsi malvolentieri e a discutere di soldi (tasto dolente in quasi tutti i nuclei famigliari).
La madre aveva da parte un bel gruzzolo: che fine ha fatto?
Tutti e tre hanno bisogno di metterci le mani su perché ciascuno sa di camminare "su un filo teso, in equilibrio sopra una voragine"; quell'eredità potrebbe essere un tentativo per tappare qualche buco e sfuggire alla propria miserabile esistenza.
Quella triste e anonima stanza d'albergo diventa il loro teatro, e i loro litigi, le discussioni, i pianti e le grida servono solo a montare il più triste e desolante degli spettacoli.
Attorno a quella madre che non si decide a rendere lo spirito, che è grave ma comunque resta in vita, i fratelli ci appaiono come tre commedianti infelici: "Tutti e tre portano scritta in faccia la stessa storia, che dice: la vita non ha pietà."
E questa consapevolezza li induce a sbranarsi, ad abbattere ogni ipocrisia, a deporre ogni inutile maschera e a vomitarsi addosso malignità e odio.
Attorno al corpo immobile della genitrice sono sparsi i cocci rotti di un rapporto fraterno che si sta lanciando verso l'autodistruzione.
"Nessuno dei Calore si regge in piedi. Ognuno è squarciato. Se la sono presa l’uno con l’altra con l’odio peggiore, l’odio degli ingannati che hanno a loro volta ingannato. Prigionieri dell’essere carnefici, spietati come coloro che sentono nelle vene lo stesso sangue e le stesse cause, ognuno ha conosciuto la sola verità possibile: vince chi fa dell’altro, definitivamente, un colpevole."
Si dice che quando si tocca il fondo non si può che risalire e che dopo il buio della notte arriva per forza la luce di un nuovo giorno.
Come ne usciranno i fratelli Calore da questo "abominevole fratricidio"?
"La luce naturale" scava nei rapporti tra famigliari, lasciando emergere con nitidezza ed efficacia i caratteri, i temperamenti, le personalità di ognuno dei tre personaggi principali.
Ci sembra di vederli e con gran chiarezza: Flavio con la sua fame di riscatto, la rabbia che lo divora, la voglia di veder realizzato il proprio sogno, la durezza nel giudicare il fratello e la sorella per la loro "mollezza" caratteriale e la loro esistenza scialba; Tiziana, fragile, lunatica, insicura, bisognosa di amore e, forse, timorosa di non esserne degna; Gabriele, ottimista a tal punto da sembrare fuori dal mondo come se vivesse in un'altra dimensione e non si rendesse conto di quanto la realtà (la sua realtà) sia problematica.
Altri personaggi secondari satellitano attorno a loro e tra essi, senza dubbio, spicca Elvira: Elvira che non si decide ad andare e che, benché muta e immobile, è poi, in realtà, la causa di tutto, colei dal quale ha origine il "melodramma" firmato Calore e ciò che da esso verrà fuori.
È un romanzo che ho apprezzato tanto per i personaggi, delineati molto bene, con onestà e forza, così vivi e profondamente imperfetti, con le loro debolezze, i loro pensieri più cattivi e le parole più velenose; Archetti ce li ritrae senza fare sconti a nessuno di essi ma, allo stesso tempo, senza giudizi, semplicemente per ciò che sono (ed essi sono i primi a pagare il prezzo del loro modo di essere e di agire); mi è piaciuta molto la scrittura dell'autore, così densa, pungente e con la magistrale capacità, propria di un bravo narratore, di mettere a nudo e di scavare nel profondo dei suoi personaggi, dei loro legami, e di restituirci tutta la complessità di quel microcosmo che è la famiglia, da cui non si fugge mai, ma - chissà - forse si può rientrare.