Con La signora Dalloway (pubblicato nel 1925) Virginia Woolf, con grande intensità e sapienza narrativa, attraverso il flusso di emozioni e pensieri dei suoi personaggi - di cui ci vengono svelati le fragilità, le luci e le ombre, le sofferenze e i turbamenti - racconta la precarietà della vita e l'affascinante complessità dell'animo umano.
LA SIGNORA DALLOWAYdi Virginia Woolf
Einaudi trad. A.Nadotti 196 pp |
Mentre passeggia per le strade di Londra, si gode la piacevole mattinata e pensa alla festa, dentro di lei ha luogo un monologo interiore, un affastellarsi di pensieri e ricordi che la portano indietro di vent'anni, agli anni in cui era una ragazza non ancora sposata, con attorno un uomo innamorato come Peter e la bella e vivace Sally come amica (o forse per lei ha provato sentimenti più forti di una semplice amicizia?).
Quante cose possono accadere in un giorno! E quanto e quale valore esse possono più o meno avere a seconda di chi li vive - com'è la sua vita? cosa fa, di che umore è?... -, li osserva, li racconta!
In un giorno qualunque succedono fatti in grado di cambiare la vita ed altri (apparentemente) insignificanti.
La giornata di Clarissa è resa speciale ed eccitante dal fatto che terrà una festa ed infatti è tutta impegnata nell'organizzarla, a cominciare dall'acquisto dei fiori.
Ci sarà anche il suo vecchio amico (e amore di gioventù) Peter Walsh, da sempre innamorato di lei, che non trova pace a motivo di questo sentimento che a nulla lo condurrà, visto che lei è sposata con il buon Richard Dalloway.
E Richard - uomo gentile, discreto, impegnato in politica -, anche lui quel giorno ha qualcosa che lo agita: come tornare di corsa a casa per dire a Clarissa che l'ama! Riuscirà ad esprimere i suoi sentimenti?
Ma ci sono anche persone per le quali un giorno in più da vivere è un giorno in più di sofferenza, di depressione, di malessere.
È ciò che accade a Septimus Smith, un veterano di guerra che ha riportato dei disturbi di natura psicologica (oggi parleremmo con certezza di DPTS); è sposato con la dolce Lucrezia ma il loro matrimonio non sembra infondere gioia a nessuno dei due. Tutt'altro, sta per naufragare e questo non è che un altro dei "crolli" cui sta per andare incontro il povero e provato Septimus, la cui esperienza bellica non lo abbandona, anzi, lo ha seguito come un segugio e continua ad ossessionarlo.
Septmus e Clarissa non si conoscono e non si incontrano, ma a fine libro vedremo che tra essi si crea una connessione (l'amore e il terrore per la vita), che turba Clarissa.
Clarissa ha superato i cinquanta, appartiene all'alta società londinese e la vediamo come, vista dall'esterno, si stia dando da fare per un avvenimento di per sé superficiale, frivolo, ma questo atteggiamento riflette ben altro: "c'era nelle profondità del suo cuore una paura terribile".
"Si sentiva molto giovane, e nello stesso tempo indicibilmente vecchio. Affondava come una lama nelle cose, e tuttavia non restava fuori, a osservare. Aveva la perpetua sensazione, anche mentre guardava i taxi, di essere altrove, altrove, in mare aperto e sola; la sensazione che fosse molto, molto pericoloso vivere anche un giorno soltanto."
In un flusso incessante di parole, pensieri, ricordi, associazioni, emergono desideri, angosce e paure - della solitudine, della morte, della vita -; la paura di non essere vista né riconosciuta, considerata.
"Aveva la bizzarra sensazione di essere invisibile, non vista, non conosciuta; ormai non c'erano più né matrimonio né figli, ma solo questa stupefacente e piuttosto solenne processione insieme a tutti gli altri, su per Bond Street, questo essere la signora Dalloway, neppure più Clarissa, solo la moglie di Richard Dalloway."
Clarissa è una donna sensibile, con il senso dell'umorismo, che ama la vita e la gente e in cui non c'è acredine né "l'ombra di quel disgustoso moralismo così frequente nelle donne perbene." e chi - come Peter - la conosce bene, sa che ha un umore "fluttuante", capace di passare dalla felicità ai cattivi pensieri in un attimo.
Virginia Woolf ha scritto un romanzo che, fondamentalmente, non ha una vera e propria trama; accadono pochi fatti e la maggior parte delle azioni si svolgono principalmente nella coscienza dei personaggi; tutto è concentrato in una sola giornata di giugno a Londra e i piccoli avvenimenti quotidiani sono funzionali al risveglio in Clarissa di tutta una serie di impressioni e ricordi, che le rammentano come l'intera esistenza altro non sia che un continuo divenire.
È un romanzo introspettivo, psicologico, dove è evidente l'uso della tecnica del flusso di coscienza, che esprime mirabilmente tutta la vasta gamma di impressioni - visive, uditive, fisiche -, le associazioni, i ricordi, i pensieri che incidono sulla coscienza dei personaggi.
Ad essere importanti non sono solo i contenuti dei loro pensieri e monologhi interiori, ma ancor prima i meccanismi alla loro base.
Credo si possa dire con cognizione di causa che questo romanzo (ma anche gli altri) di Virginia Woolf rientri tra i libri da leggere almeno una volta nella vita; è un'opera di notevole valore letterario, scritta magistralmente, con un linguaggio altamente evocativo, lirico, di grande intensità.
Confesso di non essere entrata subito in sintonia con lo stile della Woolf ma, proseguendo nella lettura, la sua scrittura e quel filo di sofferta nostalgia che l'attraversa mi hanno sempre più affascinata.
Ciao Angela, ricordo di aver studiato la Woolf al liceo, ma purtroppo all'epoca non aveva fatto breccia nel mio cuore... mi confondeva un po' con tutti quei monologhi e flussi di coscienza e anche oggi i suoi romanzi non mi attraggono molto... Buona domenica :-)
RispondiEliminaTi capisco benissimo, perché io per prima non sono (più) grande fan del romanzo psicologico e questo l'ho scelto per una Reading challenge.
Eliminaho voluto riprovare :))
Ciao Ariel!!