Crescere in un quartiere degradato, con scarse possibilità di progresso e che offre decisamente ancor più scarse opportunità di migliorare la propria vita, è già dura, ma se a questo si aggiunge l'appartenenza a una famiglia disagiata e disfunzionale sotto diversi aspetti, la situazione non può che essere drammatica.
E questa è la triste condizione in cui vivono i giovanissimi protagonisti di questo romanzo, i quali - come se non bastasse - dovranno vedersela anche con un mondo di adulti indifferenti, distratti o, peggio ancora, malvagi.
Eppure, qualche eccezione c'è e potrebbe diventare, per alcuni, l'unica áncora di salvezza in una realtà disperata.
IL GIOCATTOLAIO
di Stefano Pastor
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Fazi Ed. 397 pp 2012 |
Massimo ha undici anni ed è appena arrivato nel Quartiere; è ospite di suo zio Donato, fratello di sua madre, ma l'uomo non si rivela, sin dai primi momenti, una figura rassicurante: è un alcolizzato e un violento, non ci sa fare con i ragazzini e in più è evidente come tolleri a malapena la presenza di questo nipote in casa propria.
Perché Massimo è finito in custodia dallo zio, che tra l'altro non ha mai frequentato in passato?
Le motivazioni emergono gradualmente e sono drammatiche, dolorose per il bambino, che già ha sulle proprie fragili spalle un passato di violenze famigliari; vivere in casa con un uomo che non conosce e che ha pure problemi nel gestire la rabbia, lo getta nello sconforto.
Massimo è terrorizzato, teme che lo zio lo picchierà prima o poi; vorrebbe solo potersi allontanare da lì ed infatti preferisce star tutto il giorno fuori casa, vagabondare solitario e impaurito per le strade semideserte del Quartiere, entrando e uscendo dai palazzi abbandonati (spesso occupati da barboni, da individui "strani" o semplicemente da ragazzini che vanno a giocare), sotto gli occhi curiosi e diffidenti della gente che si sofferma a guardare, da dietro alle tende delle finestre, ciò che accade in strada.
Ed è mentre va in giro senza aver nulla da fare che Massimo incontra dei coetanei, come il vivace e strafottente Grillo e il saggio e tranquillo Marco, con cui si ritrova ad andare molto d'accordo.
Nel Quartiere vive anche la 15enne Mina.
Mina è un'adolescente dal carattere d'acciaio, dalla volontà di ferro, dalla tempra di una piccola guerriera che non abbassa il capo davanti a nessuno, che non si lascia impressionare dai prepotenti, anzi, li individua e li bracca fino a quando non smettono di fare gli sbruffoni e i bulli.
Mina odia le ingiustizie e cerca in tutti i modi, con i pochi mezzi che ha (sé stessa, le proprie mani, la propria voce) di difendere i più deboli, proprio come deboli e bisognosi di aiuto sono i tanti bambini del suo Quartiere.
Bambini che vivono con genitori che non si prendono cura di loro come dovrebbero, che sono superficiali e distratti o, peggio ancora, aggressivi, abituati a sfogare la propria frustrazione e infelicità sui figli attraverso botte e umiliazioni fisiche e psicologiche.
Se potesse, Mina prenderebbe questi bambini e li porterebbe a casa propria per salvarli, per dimostrare loro che non c'è solo la violenza e che possono aspirare a una vita felice.
Mina è orfana di madre e suo padre è sempre via per lavoro.
Il suo migliore (ed unico) amico è il signor Baldacci, che lei ha soprannominato Peter, come Peter Pan: perché Peter è un uomo adulto ma non ragiona come gli adulti: dentro è rimasto un bambino, la sua anima si è come cristallizzata nell'infanzia, restando pura, innocente, semplice.
Jon è un adolescente di sedici anni di origine albanese; è in fuga dal proprio paese e da una famiglia ormai sfaldata e anch'egli è arrivato da poco nel Quartiere, con la speranza di lavorare - seppur in nero - e guadagnare qualcosa, provando a costruirsi una vita e sperando che non lo rimandino in Albania.
Ma i suoi timidi desideri si scontrano dal primo momento con la triste realtà: il cadavere di un bambino, scomparso da mesi, viene ritrovato proprio nei pressi del magazzino in cui lavora Jon (e in cui ha trovato temporaneamente riparo), e dalle terribili condizioni in cui è il piccolo corpo è evidente che sia stato orribilmente torturato...
Purtroppo, non è l'unico caso di scomparsa: altri bambini sono recentemente spariti senza lasciare traccia.
La paura del mostro scivola sulle coscienze degli adulti, preoccupati sì, ma non abbastanza da muoversi e far qualcosa di concreto per ritrovare questi innocenti.
Dalle pagine di questo romanzo si delinea una situazione infelice che vede i minori abbandonati a loro stessi e, dall'altro lato, degli adulti (genitori, vicini di casa, conoscenti, gli stessi poliziotti) arroccati nella loro irriducibile distanza rispetto al mondo dell'infanzia.
Il primo mostro - quello che distrugge la purezza e l'innocenza dei bambini, che li avvolge nelle soffocanti spire dell'angoscia, della solitudine - è l'indifferenza dei grandi verso i piccoli; chi dovrebbe proteggere, rassicurare, passare del tempo con i bambini, non lo fa, tutt'altro: questi sono lasciati soli contro il mondo, all'interno di un quartiere ostile, cupo, in cui aleggia una minaccia non ancora identificata ma sicuramente pericolosa che individua proprio nei piccoli più soli, più vulnerabili, il bersaglio ideale.
Solo Mina (che non è una bambina ma neanche ancora un'adulta, pur essendo fin troppo matura per la propria età, e di certo più responsabile di molti adulti attorno a lei) e Peter, il gentile titolare di un banco di pegni zeppo soprattutto di giocattoli, sembrano comprendere la triste realtà che li circonda e desiderano andare incontro ai desideri e alle paure dei bambini.
Il ritrovamento del cadavere sconvolge il Quartiere che comincia a puntare il dito su Peter il giocattolaio.
L'uomo ha, agli occhi della comunità, atteggiamenti molto strani, sembra così ingenuo e disponibile verso i ragazzini... Forse nasconde qualche perversione? Magari è proprio lui che li rapisce e li uccide?
Mina è strasicura che il suo buon amico non sia colpevole; anzi, è piuttosto il contrario: è così altruista e gentile, che la gente approfitta di lui!
Insieme a Jon, Mina farà di tutto per scagionare Peter da ogni accusa ma per farlo dovrà individuare l'identità del rapitore assassino e, se possibile, salvare i bambini che sono ancora nelle sue mani.
Dal canto suo, Massimo viene sempre più schiacciato dal peso della solitudine e della sofferenza, e l'amico Marco sembra diventare l'unica presenza positiva: il bambino è socievole, allegro e invita Massimo a casa sua, dove vive con suo padre.
Un padre che è perfetto, l'opposto dei "padri del Quartiere", così disinteressati e freddi verso i figli: lui è invece un vero e proprio "genio della lampada" che esaudisce ogni desiderio di Marco, portandolo dove vuole, comprandogli di tutto, dai vestiti alla cameretta nuova piena zeppa di giochi.
È questa la vita perfetta, serena, ideale, che Massimo sogna per sé stesso.
Ma per lui le prove non sono ancora finite...
"Il giocattolaio" è un thriller che parte, a mio avviso, placidamente, in quanto si sofferma molto sul mostrarci com'è la vita nel Quartiere, come sono i rapporti tra gli adulti e i bambini, i problemi dei primi e le afflizioni dei secondi, in un quadro di completa tristezza e distanza emotiva tra tutti.
Per circa metà del libro, vengono "gettate le basi" per gli avvenimenti più movimentati che avranno luogo dopo, per cui il ritmo iniziale è tranquillo, se non fosse per quella persistente, palpabile e sottile sensazione di un indefinibile pericolo acquattato nelle strade, nei palazzi, nel buio di certe zone meno sicure, nelle quali può nascondersi il mostro.
La narrazione (sempre in terza persona) segue i punti di vista di più personaggi (Mina, Massimo, Jon...), tecnica che offre una molteplice prospettiva da cui guardare gli eventi, oltre a lasciarci entrare nell'intimo dei singoli, mettendoci di fronte alle loro paure, alle loro insicurezze, ai mille dubbi, ai desideri e alle timide speranze, ma che in questo caso non ho trovato priva di difetti.
Il personaggio di Peter è centrale ed è particolare perché incarna una sorta di ponte tra gli adulti e i bambini, in quanto egli stesso è anagraficamente adulto ma è rimasto fanciullo nei modi di pensare, sognare, progettare il futuro.
Mina è agli antipodi: disincantata, pragmatica, dai modi spicci e bruschi, spesso aggressiva nell'approccio con chi la contraddice o non la comprende, manifesta nei gesti e nella parole un quantitativo di rabbia e risentimento che rischia di divorarla, rendendola troppo dura e cinica a soli quindici anni.
Ma sia lei che gli altri personaggi principali (Jon, Massimo, Peter...) avranno modo di cambiare, di maturare, di superare ciascuno i propri limiti, insicurezze, provando a costruire un domani diverso e più luminoso, non prima di aver attraversato una serie di vicissitudini terribili, pericolose e dagli sviluppi imprevedibili.
Durante la lettura ho avvertito una certa debolezza nella trama, dovuta al passaggio troppo repentino da un punto di vista all'altro, alla caratterizzazione (un po' superficiale, dal mio punto di vista) di alcuni personaggi secondari, ad alcuni dialoghi un po' stereotipati, a come sono gestiti gli eventi che man mano conducono verso il finale.
Però diciamo che nel complesso è un buon libro, si legge con fluidità e sufficiente interesse, soprattutto dalla seconda metà in poi.