venerdì 19 febbraio 2021

Prossimamente in libreria



Eccovi alcuni romanzi che troveremo in libreria, i primi due tra pochi giorni!


Dopo Bull Mountain (RECENSIONE) e Come leoni, Brian Panowich torna con un romanzo costruito come un’incalzante corsa contro il tempo; e ci consegna un nuovo protagonista memorabile, disposto ad affrontare i suoi demoni in nome dell’amore e di una giustizia non dettata dalle leggi, ma da un più potente ideale di umanità e fiducia.



HARD CASH VALLEY
di Brian Panowich



NN Editore
trad. M. Camporesi
184 pp
USCITA
25 FEBBRAIO 2021
Questo libro è per chi ha inciso le sue iniziali sul legno di una panchina, per chi ha trovato in un sonetto il coraggio che credeva perduto, per chi ha inventato una stretta di mano speciale per comunicare in silenzio, e per chi ha capito che a volte essere forti non significa saper sostenere un peso, ma decidere di posarlo a terra e rimettersi in viaggio.

Il passato del detective Dane Kirby è popolato di fantasmi: ha perso moglie e figlia in un incidente che non riesce a perdonarsi, e a distanza di anni fatica a rimettersi in sesto. 
Quando l’Fbi inizia a indagare sulla morte di Arnie Blackwell, un criminale con il vizio del gioco bru­talmente assassinato in Florida, Dane viene chiamato ad affiancare l’agente Roselita Velasquez, che non sembra gra­dire l’intrusione del nuovo collega. 
Ep­pure Dane è l’uomo chiave per il caso: tutti gli indizi portano a un grande com­battimento di galli organizzato a Hard Cash Valley, in Georgia del Nord, e solo lui, con l’aiuto degli amici di sempre, sa aggirare le tacite norme che regola­no i territori di Bull Mountain. 

Quando al delitto si aggiunge la scomparsa di William, il fratellino di Arnie, affetto dalla sindrome di Asperger, Dane e Roselita iniziano un’impietosa caccia all’uomo, tra agenti corrotti e killer senza scrupoli.



Sorretto da una magnifica prosa e da un ritmo incalzante, Scrublands noir colloca Chris Hammer tra i più originali autori contemporanei di noir e di thriller.


SCRUBLANDS NOIR
di Chris Haammer


Ed. Neri Pozza
trad. V. Guani, A. Biavasco
432 pp
USCITA
 25 FEBBRAIO 2021
A Riversend, una piccola cittadina australiana afflitta dalla siccità, Byron Swift, il giovane sacerdote della comunità, esce dalla chiesa imbracciando un fucile e spara sui parrocchiani riuniti sul sagrato in attesa della funzione, prima di essere freddato da un colpo di pistola esploso da un agente di polizia. 
Un anno dopo, Martin Scarsden viene incaricato dal suo giornale, il Sydney Morning Herald, di scrivere un pezzo su Riversend, una sorta di reportage da mandare in stampa il giorno stesso dell'anniversario della strage. 
L'idea è di raccontare come vanno le cose in paese a un anno di distanza. 
Dopo aver incontrato la gente del posto e ascoltato la loro versione dei fatti, Martin si rende però conto che le ragioni di quella strage sono tutt'altro che chiare, e che sia la personalità del sacerdote sia le circostanze in cui ha agito sono tuttora avvolte nell'oscurità. 
Sebbene abbia ammazzato cinque persone a fucilate, Byron Swift, a detta di tutti in paese, era un uomo sensibile che si prendeva incessantemente cura del prossimo. 
Il giorno della strage il giovane sacerdote era tutt'altro che in preda alla follia. Era calmo, metodico. Ad alcuni aveva sparato e ad altri no, con l'infallibilità di un cecchino. 
Spinto dal suo istinto di reporter, Martin decide di raccogliere quante più informazioni su Swift e su una vicenda che, tra dubbi, depistaggi e gravi pericoli, si rivela sempre più sfuggente e, per questo, estremamente intrigante.
L'inchiesta lo condurrà nelle Scrublands, un'enorme penisola di mulga, una landa desolata dove il clima è ancora più rovente e dove il rinvenimento di altri due corpi rimescolerà tutte le carte in tavola.



La storia di una donna ribelle e appassionata che, insieme alle sue amiche, combatté il regime di Hitler in una lotta clandestina.

LE DONNE DELL'ORCHESTRA ROSSA
di Jennifer Chiaverini

Harpercollins Ed.
588 pp
USCITA
29 APRILE 2021
Mildred Fish, una ragazza del Wisconsin, ha appena sposato Arvid Harnack, un brillante economista tedesco, e si è trasferita in Germania, dove sembra attenderli un roseo futuro. 
Nella scintillante Berlino degli anni Trenta, la coppia ha una vita felice, piena di amore, amicizie e un lavoro appagante. 
Ma l'ombra del violento partito capitanato da Hitler si estende minacciosa... 

Mildred decide di non rimanere immobile, vuole resistere. E per questo si allea con Martha Dodd, la vivace e anticonvenzionale figlia dell'ambasciatore americano, Greta Kuckoff, un'aspirante sceneggiatrice, e Sara Weitz, una studentessa di letteratura. Insieme, le donne decidono di rischiare la loro vita per raccogliere informazioni da giornalisti, ufficiali militari e Nazisti. 
Per anni combattono una guerriglia clandestina per sabotare il Terzo Reich. Ma quando un segnale radio viene intercettato, il loro gruppo si trova all'improvviso in grande pericolo


giovedì 18 febbraio 2021

Recensione: THÈRÉSE RAQUIN di Èmile Zola



In questo romanzo, pubblicato nel 1867, Zola direziona una lente di ingrandimento sui temperamenti di due esseri umani disgraziati, che si sono lasciati travolgere senza via di scampo dalle passioni, fino ad essere da essa avvinti e sfiniti: la giovane Thérèse, dopo aver sposato l'inetto cugino Camille, s'innamora del rude Laurent e insieme decidono di sbarazzarsi del marito di lei. Ma, da questo momento, la vita dei due amanti si trasforma in un tragico incubo, tra rimorsi, visioni e odi reciproci.


THÈRÉSE RAQUIN
di Èmile Zola


Ed. Einaudi
250 pp
 Siamo a Parigi, nella seconda metà dell'800.
In una stradina stretta, sporca, umida, di passaggio e non di passeggio, c'è la merceria di madame Raquin, un'anziana signora che vive con l'unico figlio, Camille, e la giovane moglie, Thèrése.

È una famigliola tranquilla, quella di madame Raquin: la donna ha cresciuto Camille e Thèrése da sola, dedicandosi alle due creature interamente, risparmiando danaro per permettere loro una certa serenità futura.

I due ragazzi sono cugini; Thérèse, infatti, è la figlia del fratello di madame, a cui è stata affidata da piccolina; la donna ha quindi allevato la nipote in casa come fosse figlia propria, dandole il suo amore, ogni attenzione... ma anche gli stessi travagli e le stesse angosce vissute da Camille.
Il ragazzo è ed è sempre stato malaticcio, estremamente cagionevole di salute; sin dall'infanzia, la mamma ha rischiato decine di volte di perderlo, ma grazie alle cure e alle premure materne, il figliolo è sopravvissuto e s'è fatto un giovanotto.
A far compagnia all'insofferente, pallido, sempre stanco e lagnoso Camille, eternamente a letto, in una sfiancante alternanza di malattia e convalescenza, c'è stata lei, a ogni ora del giorno e della notte: Thérèse.

L'infanzia della bambina è passata così: in casa, all'ombra del cugino malato, a bere con lui tisane disgustose, condividendone (controvoglia) medicine, stanze chiuse, aria viziata e un'esistenza apatica, monotona, sfornita di stimoli, di libertà, di giochi all'aria aperta.
Thérèse cresce in un ambiente, quindi, sì pieno di gentilezze e affetto da parte della zia, ma soffocata da un'atmosfera di malattia, tristezza, che la formano e la segnano, fino a renderla una ragazza indolente, priva di vivacità e voglia di vivere, silenziosa, accondiscendente.

Sposa Camille perché non potrebbe fare altrimenti: sua zia l'ha cresciuta, non le ha fatto mancar nulla, come potrebbe mai deluderla rifiutando di sposare il figlio, per il quale sente comunque un affetto fraterno?

È chiaro che un matrimonio così non è proprio basato sull'amore, sul trasporto... e l'infelicità è il pane quotidiano di questa ragazza che si sente ingabbiata in un'esistenza fin troppo tranquilla e incolore, in cui mancano del tutto passioni, slanci, desideri.

Ma una sera qualcosa cambia: Camille porta a cena un vecchio amico di scuola, Laurent.
Laurent è un ragazzone dalle spalle larghe, la voce grossa, lo sguardo aperto e vivace, i modi di fare chiassosi e un po' rozzi da contadino.
È tutto il contrario di Camille, il suo insopportabile ed insignificante marito.

Ci vuol poco perché tra i due scoppi la scintilla della passione più sfrenata: ognuno vede nell'altro la possibilità di dare una scossa alla propria vuota e piatta esistenza, ed in particolare Thérèse si butta a capofitto in questa relazione adulterina, come se non avesse atteso altro da una vita.
Il brivido degli incontri segreti, gli ammiccamenti maliziosi tra i due amanti in presenza di madame Raquin e Camille - ignari del tradimento consumato alle loro spalle -, le ore di fuoco e di passione trascorse nella camera da letto della giovane, mentre Camille è al lavoro e la suocera è dabbasso in merceria: tutto concorre a far sentire Thérèse viva più che mai, finalmente!

Non basta a questa coppia di amanti sciagurati e completamente travolti dalla carnalità e dall'inganno, il consumare la tresca, sogghignando all'idea di prendere in giro la vecchia e il figlio..., no, ben presto la loro insana voglia di viversi interamente e liberamente si fa strada nella mente di ciascuno, come un sussurro timido, un'idea agghiacciante eppure seducente, che ben presto prende una direzione completamente sbagliata, terribile, infame: far fuori l'ostacolo al loro amore, vale a dire Camille!

E se Thèrése non sembra avere il coraggio per chiedere esplicitamente all'amante di commettere una tale aberrazione, questi trova in sè l'impulso e l'occasione giusta per realizzare il malvagio piano.

Ma i due scellerati non hanno messo in conto gli effetti delle proprie azioni: liberarsi del marito di lei in questo modo è davvero la strada per la felicità?

Che lo vogliano o meno, l'inevitabile tormento, conseguenza dell'assassinio, sarà davvero difficile da scacciare; non solo: la consapevolezza di aver commesso un'azione turpe rischia di condannarli a giorni di estrema infelicità, di malesseri fisici, emotivi e psicologici, avvolgendoli in una spirale di degrado e di distruzione fisica e morale senza possibilità di redenzione.

È stato il mio primo approccio ad Emile Zola e vi confesso che temevo che questa lettura potesse essere pesante ed invece l'ho trovata bella nel suo essere inquietante e cupa; la scrittura è pulita, asciutta, dettagliata, come sa esserlo uno scrittore naturalista quale Zola, che è molto preciso nel descrivere tutto nei particolari, che siano gli ambienti o, soprattutto, l'umanità di cui ci narra le peripezie drammatiche.

C'è una triste continuità e corrispondenza tra la vita di Thérèse con Camille e Madame Raquin, tetra ed opprimente, e gli appartamenti e il quartiere in cui essi vivono, e dove raramente si sentono risate, allegria, complicità - che solitamente caratterizzano le coppie di sposini, ad es.; solo il giovedì sera i muri della modesta e piccola casa dei Raquin risuonano di battute e chiacchiere, in quanto fa il suo ingresso un gruppo di amici loquaci, maliziosi ed egoisti, che amano intrattenersi con i tre per giocare a domino.

Il personaggio di Thèrése è complesso e personalmente mi ha suscitato diverse sensazioni: inizialmente ho provato simpatia e pietà per lei, condannata da bambina ad un'esistenza vuota di emozioni, di amore vero: nessuno si interessa davvero a lei o le chiede come sta, cosa pensa, cosa vuole; la ragazza è cresciuta compiacendo gli altri e seppellendo i propri desideri, la propria gioia di vivere.

Una persona così è facile che, alla prima tentazione, davanti al primo uomo che la fa sentire desiderata, possa cedere, aggrappandosi a quella passione nascosta come a un'àncora di salvezza, come un'imperdibile occasione per sentirsi viva. quella che però potrebbe sembrare una forza caratteriale (che la spinge al tradimento e la rende disponibile a una nuova vita con l'amante) in realtà nasconde un'insanabile debolezza e grettezza d'animo, che la spinge ad assumere condotte sbagliate, egoiste, ipocrite.

Zola è molto efficace nell'analizzare e nel descrivere le evoluzioni psicologiche ed emotive che si fanno strada nell'animo di Thèrése e Laurent, e lo fa con estrema precisione e lucidità, con calma chirurgica, così che le passioni, i tormenti, gli incubi prendono forma e corpo in deliri, allucinazioni, sogni ad occhi aperti, deperimento fisico, oltre che mentale.

I sensi di colpa, i rimorsi o semplicemente le conseguenze delle loro cattive azioni, non lasciano tregua ai due amanti, che si sono abbandonati senza freno al desiderio, lo stesso che, dopo averli infiammati, rischia di consumarli, divenendo per loro una condanna all'infelicità.

L'ho davvero apprezzato, mi ha fatto venir voglia di leggere altro di quest'autore francese.


domenica 14 febbraio 2021

Recensione: NOI SIAMO VENDETTA di Diego Di Dio




"Noi siamo vendetta" è una raccolta che contiene tre racconti thriller: tre storie nere, di sangue, indiscutibilmente accomunate da un protagonista: il male.
Quel male che, seppure in maniera e in misura differenti, è presente in ogni uomo e che, in alcuni casi, succede che venga fuori in modo travolgente, come un'esplosione improvvisa e violenta le cui conseguenze non si possono arginare. 



NOI SIAMO VENDETTA
di Diego Di Dio



Delos digital
66 pp
Giulio, proprietario di un ristorante, sposato con Elena - da lui amata moltissimo -, è il protagonista del primo racconto, Il canto dei gabbiani.
Sono proprio questi uccelli, con la loro guardinga presenza e il loro stridio che fende l'aria, a far da cornice alle azioni di Giulio, un uomo che ci sembra un tipo tranquillo, riflessivo, che ama fissare il mare e dar da mangiare, con quotidiana premura, ai tanti gabbiani che si fermano sulla spiaggia, e tra cui spicca uno in particolare, da lui soprannominato Jonathan Livingston.

Ma nel suo passato c'è un evento doloroso e traumatico che l'ha segnato profondamente e che ha fatto sedimentare in lui i semi della rabbia e della frustrazione nei confronti di chi tradisce senza vergogna, pur avendo ricevuto amore e devozione.
Il ricordo della triste fine della sua povera madre, le immagini, marchiate nella sua memoria, del suo corpo senza vita, lo accompagnano da anni ormai, e cancellarle è impossibile.

Un uomo con questo peso irrisolto nell'anima, cosa potrebbe arrivare a compiere se la rabbia soffocata per anni dovesse di colpo esplodere?

Quando Giulio scopre che la sua adorata moglie non è la donna devota che egli credeva che fosse, qualcosa si rompe in lui, tanto da mostrarci una persona diversa da quella che è sempre stata, una persona capace di tutto pur di dar sfogo al dolore, alla delusione, alla vendetta.

***

A Procida ogni anno, nel periodo di Pasqua, si tiene la processione dei Misteri del Venerdì Santo, in occasione della quale costruzioni notevoli fatte a mano, rappresentanti episodi del Vecchio Testamento e del Vangelo, sfilano per le strade, chiamando a sé innumerevoli curiosi, del posto e non solo.
Proprio la sera del giovedì, un omicidio rischia di mandare a monte l'annuale e attesissima manifestazione culturale-religiosa: un ragazzo, Bruno, è stato ammazzato all'interno del tendone in cui stava lavorando per ultimare, insieme ai suoi amici dell'Ultima Cena, i dodici apostoli seduti attorno alla tavola con Gesù.
Chi l'ha ucciso? Il fatto che l'omicidio sia accaduto alla vigilia della solenne processione può avere a che fare con il movente?
Vengono interrogati tutti coloro che hanno visto la vittima prima che morisse, comprese l'attuale fidanzata e la ex, tra cui non scorre buon sangue, ovviamente; aiutato dai sottoposti - che sono dell'isola e che conoscono persone, usanze, dialetto... - il maresciallo Leonardi cerca di capire come orientarsi nel "manicomio" in cui si trova a dar la caccia all'assassino, scontrandosi con una realtà locale a lui lontana.

Ne I Dodici Apostoli, il povero Bruno è vittima di un delitto a sfondo passionale o addirittura il movente va cercato nella sfrenata ambizione da parte dei partecipanti ai Misteri, tutti desiderosi di vincere? 
Possibile che la competizione possa essere a livelli così esagerati da indurre a togliere la vita al rivale pur di avere la vittoria il giorno dopo? 
Pare, infatti, che Bruno fosse molto bravo nel suo lavoro, e questo grazie agli insegnamenti paterni.

Leonardi osserva, valuta, ascolta e a un certo punto intuisce che la verità a volte può celarsi nei "posti" più impensabili, meno scontati, e per questo più agghiaccianti e difficili da accettare.


***


Chiude l'antologia L'uomo dei cani, un racconto ambientato ad Ischia, che diventa teatro di fatti drammatici tristi e, per certi versi, misteriosi.

Il giovane Michele è laureato in Legge ma esercita la professione di investigatore privato.
È giunto nell'isola per trascorrere del tempo con l'amico d'infanzia Rico, ma questi - commissario di polizia - è impegnato in un caso di omicidio che ha scosso gli isolani.
Un uomo di origini rumene è stato trovato morto in seguito a una serie di mortali coltellate; la prima sospettata è la moglie, con cui era praticamente separato in casa, ma in realtà contro di lei c'è poco di concreto.

Non sapendo che pesci pigliare, Rico coinvolge Michele nel caso perché gli dia una mano: i due sono legati da una profonda amicizia, anche se il primo sente di avere un debito mai assolto con l'amico.
Anni prima, infatti, la madre di Michele è stata assassinata e il colpevole non è stato mai trovato...

Il ricordo di sua madre, dei suoi perché senza risposta rivolti a quel figlio che ha sempre fatto scelte inaspettate, tormenta il giovane, che è convinto di avere un singolare talento: prima di addormentarsi, sa con certezza cosa sognerà durante la notte.

Intanto, durante il soggiorno ischitano, Michele conosce la signora Lucia, proprietaria del B&B in cui va ad alloggiare, e apprende una strana e misteriosa leggenda legata a una figura nebulosa ed enigmatica: l'uomo dei cani che vive nei boschi e protegge le creature a quattro zampe.
Tutti gli elementi di questo intricato caso - apparentemente slegati tra loro - contribuiranno in qualche modo alla sua soluzione, ma non riusciranno ad allontanare le inquietudini e le angosce del protagonista, tormentato dai propri personali demoni.


Ho trovato questi tre racconti di Diego Di Dio belli ed accattivanti per diversi aspetti, ad es. per la scelta di collocare le storie su un'isola (Procida e Ischia), quale ambientazione a sè stante, circoscritta, con le sue specifiche caratteristiche sociali, umane, culturali; o ancora per il ruolo della natura, che sia il mare, con il suo dondolio costante ed ipnotico, o gli animali, come i gabbiani del primo racconto, che con i loro stridii sembrano simulare le grida degli esseri umani, rivestendosi così di sfumature inquietanti.

Ho apprezzato moltissimo la bravura dell'Autore nel dar forma a personaggi complessi, con un passato doloroso e segreto che, in qualche modo, li ha marchiati, individui pieni di contraddizioni, di ossessioni irrisolte, di zone d'ombra presenti nell'animo umano, capace di racchiudere in sé non poche ambiguità e tante fragilità, traumi, angosce, desideri inconfessabili e oscuri, che paiono dormire in attesa che la scintilla giusta scateni un terribile incendio.

È stato inoltre interessante leggere le postfazioni a ogni racconto e conoscere quindi in che modo hanno avuto origine queste storie, che son certa possano piacere a chi è già appassionato del genere ma anche a chi vuole accostarvisi attraverso una lettura breve e molto piacevole. 

venerdì 12 febbraio 2021

Recensione: L'ARCIPELAGO DEL CANE di Philippe Claudel



Leggere questo libro è come essere spettatori di un'opera teatrale profondamente umana e inevitabilmente drammatica: il sipario si apre e i riflettori si accendono illuminando un'isola anonima, abitata da persone la cui esistenza monotona viene scossa, in un giorno di settembre, dal ritrovamento di tre cadaveri, approdati sulla riva non si sa da dove. Un evento, questo, che metterà in moto una serie di conseguenze infelici che mostreranno come dietro quelle sonnolenti esistenze isolane si nascondano odio, indifferenza, mancanza di pietà.



L'ARCIPELAGO DEL CANE
di Philippe Claudel



Ponte alle Grazie
trad. F. Bruno 
202 pp
"Allora, che ne dite? Siamo a teatro, no?"

Sull’Arcipelago del Cane, costellazione di isole vulcaniche, "non molto lontana dalla nazione da cui dipende ma dalla quale è dimenticata", le lancette dell'orologio sembrano muoversi con lentezza e apatia; in questo tempo dilatato le indolenti esistenze degli isolani scorrono nella ripetitività di gesti sempre uguali.

Ma il mare è imprevedibile, inaffidabile, e una mattina di settembre il mondo, con i suoi drammi e le sue disgrazie, irrompe nell’Arcipelago, depositando sulla spiaggia tre cadaveri. 

A scoprirli è un gruppetto di personaggi, i quali - seppur in ruoli differenti, chi più, chi meno importanti - resteranno, nel prosieguo della storia, gli attori principali.

C'è l'ex maestra dell'isola, che tutti chiamano la Vecchia, una donna in là con gli anni, dal carattere duro, inflessibile, pratico, nota e temuta da tutti per la sua lingua tagliente, il suo essere ruvida e rugosa non solo in volto ma anche dentro, nell'anima; scevra di gentilezza e compassione, nessuno l'ha mai vista sorridere e vive in solitudine, con la sola compagnia del fedele cagnolino.
Ci sono lo Spada e America, due uomini poco intelligenti ma disposti a ubbidire senza fiatare agli ordini del Sindaco.
Quest'ultimo viene immediatamente fatto chiamare, perché sappia dei tre corpi arrivati sulla spiaggia; il primo cittadino è un tipo dai modi spicci, burbero, sempre nervoso e incline ad arrabbiarsi e sbraitare; dà ordini, pretende che gli si ubbidisca senza troppe storie e non si tira indietro se c'è bisogno di minacciare pur di farsi rispettare.
Il Sindaco giunge in compagnia del Dottore, suo amico e collaboratore, un individuo con poca personalità, con la testa piena di libri e un sorriso ipocrita sulle labbra, una curva su quel viso in cui non c'è simpatia e amicizia, ma al contrario, irrita e disgusta, perché non è un sorriso sincero quanto piuttosto la maschera di chi asseconda gli altri per viltà, apatia, disinteresse.

Inaspettatamente a quel triste spettacolo assiste un estraneo, un giovane che sull'isola non è nato e che a quella comunità di pescatori non appartiene: il nuovo Maestro, giunto in quella terra per lavoro, insieme alla moglie e alle loro due figlie.
E proprio lui che è forestiero guarda quei tre poveri cadaveri con occhi diversi, privi di crudele indifferenza, ma anzi pieni di umana pietà e desiderosi di giustizia.

Più tardi, in quello stesso giorno, il Sindaco pretende che tutti gli astanti vadano a casa sua per parlare del "fattaccio"; interviene anche il Parroco dell'isola, un uomo semplice, comprensivo, appassionato di api più che di religione, anzi, a dirla tutta, con Dio non pare abbia un ottimo rapporto.

Il Maestro non ha dubbi: bisogna avvertire le autorità di questo grave ritrovamento, così che si possa sapere chi siano queste persone e chiarire le colpe di chi ha fatto sì che finissero in mare, trovandovi la morte. 

Il Sindaco, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di rendere la sua isola preda di orde di giornalisti affamati di scoop o di gettarla in pasto alle autorità giudiziarie: le salme devono sparire, ovvio, e nessuno deve sapere del ritrovamento, pena la fine della quiete e il rischio di compromettere un futuro sviluppo turistico. Urge prendere una decisione e farlo con il pieno consenso di ciascuno dei presenti.

"È singolare pensare che nel medesimo istante degli esseri legati dalla stessa azione possano provare sentimenti diversissimi gli uni dagli altri".

"...erano tutti legati gli uni agli altri, e che, per quanto il tempo li allontanasse dal mattino della macabra scoperta, quegli stessi cadaveri continuavano a pesare su di loro come un macigno. Uno del gruppo non voleva essere il solo a sopportarne il peso. Si trattava di un fardello da dividere fra tutti."

Il Sindaco non ammette delatori tra i membri di questo gruppo tra cui, egli pensa, è necessario che si stabilisca una sorta di alleanza, un patto suggellato dalla promessa di non far parola con nessuno dei tre giovani di colore che il mare ha portato sulle loro spiagge e che essi decidono di far sparire, come se fosse sporcizia da nascondere sotto il tappeto, gettandoli nelle voragini del vulcano, il Brau.

Ma se la maggior parte di loro riesce a zittire la coscienza - che grida giustizia e verità dal fondo del Brau per quei tre esseri umani trattati come stracci insignificanti -, quella del Maestro non può essere soggiogata dalla prepotenza del Sindaco, dal menefreghismo di Spada e America, dal buonismo pragmatico del Parroco, dai sorrisi melliflui dello sciocco Dottore e dal cinismo della Vecchia: egli si imbarca in una vera e propria missione personale e non esita a dichiarare apertamente al Sindaco la propria intenzione di vederci chiaro e di non essere indifferente davanti a ciò che è successo.       

Il Sindaco non può permettere che qualcuno - tanto meno uno di fuori, che non è un isolano - mandi all'aria la vita tranquilla dell'isola per colpa di tre individui morti senza identità e che molto probabilmente nessuno verrà a cercare ( del resto, quanta gente disperata attraversa il mare, con la speranza o la promessa di una migliore prospettiva di vita in un altro Paese, e purtroppo perde la vita tra le fredde acque che crudelmente accolgono il barcone che affonda?), e tutto per i capricci di un giovanotto idealista, che s'è intestardito nel voler fare giustizia?

Chi la spunterà tra i due uomini? 

Il Sindaco si vede costretto a ricorrere alle maniere forti per far capire al Maestro che la politica spesso è sporca, non è morale ed egli, in qualità di capo che si preoccupa della propria comunità, deve proteggerla, a costo di camminare nel fango e sacrificare un innocente.

Il Maestro è mosso da sentimenti ed intenzioni nobili e ammirevoli ma si ritroverà solo - non che questo lo spaventi: è disposto ad affrontare tale condizione, cosciente di essere da tutti considerato un estraneo sin dal primo momento in cui ha messo piede sull'isola - a cercare la verità e la giustizia e neppure l'arrivo di un uomo - il Commissario - che dovrebbe perseguirle per mestiere e vocazione, gli sarà d'aiuto.

Tutt'altro! Gli eventi prendono una piega incredibile e angosciante per il povero Maestro ma terribilmente reale, che lo gettano in un vero e proprio inferno, un'anima candida in un abisso di malvagità, imputato impotente al centro di una farsa che lo vede accusato di un crimine abietto e gravissimo.

Questo romanzo è come una favola nera, oscura e triste, ambientata in un luogo che ci sembra vicino e allo stesso tempo lontano da noi, pervaso da un'atmosfera rarefatta, impercettibile, quasi da sogno, dove vivono persone che non vengono chiamate per nome, grotteschi personaggi di un'opera teatrale che contribuiscono, ognuno nella propria parte e con le proprie azioni e colpevoli omissioni - a tracciare il corso di eventi drammatici.

Man mano che la storia procede, vengono alla luce quegli angoli bui che tutti possediamo e teniamo nascosti agli altri, ma che emergono in determinate circostanze; è quella parte oscura dell'essere umano che...

"quando l'uomo la contempla per la prima volta, nel segreto della sua coscienza, ne è inorridito e rabbrividisce."

Ho letto con coinvolgimento le vicende che vedono il povero Maestro vittima di un contesto che gli rema contro e che in questo modo rivela il marcio presente tra le persone che vivono in quest'isola e ruotano attorno agli antagonisti principali; la loro bruttezza morale li rende simili a delle macchiette sgradevoli, dai modi di fare selvaggi, primitivi, dominati dall'istinto più che dalla ragione; persone che - fino a quando nessuno è andato a disturbarle - conducevano una vita piatta, sempre uguale, che nel suo grigiore e nella sua sordida indifferenza teneva celato il marcio che comunque c'è in ogni casa. 

Un marcio la cui puzza non può essere soffocata per sempre e a un certo punto anche il lettore sembra avvertire, insieme ai personaggi, "un odore di carogna", un fetore che ricorda le colpe dei vivi.

"Quel lezzo era il primo atto di una vendetta che si sarebbe protratta seguendo un ritmo implacabile: i morti avrebbero fatto pagare ai vivi la loro indifferenza, quei vivi che avevano trattato i corpi dei loro fratelli umani come spoglie di animali. Che avevano scelto il silenzio anziché la parola. Sarebbero stati puniti."

"La presenza di quei morti opprimeva i vivi e toglieva loro, non il gusto di vivere, ma il gusto di amare la vita e di sperare in essa."

"L'Arcipelago del Cane" è un libro capace di "schiaffeggiare" il lettore perché, rivolgendosi a lui direttamente come fa nell'incipit, fa appello alla sua sensibilità, ponendolo davanti ad una storia nera che tocca temi attualissimi (il traffico di esseri umani, i morti in mare...) e parla alla coscienza di ogni uomo, al suo senso di giustizia, alla colpa e alla ricerca della verità, facendo sì che ognuno si interroghi su quanto grave sia la strada dell'indifferenza: in quale abisso di solitudine, di aridità, di brutalità è capace di scendere l'essere umano quando si fa guidare dall'indifferenza, quando girando il capo dall'altra parte, smette di  considerare i propri simili degni di amore, rispetto, solidarietà, compassione?

Questo romanzo ha una grande potenza evocativa, le parole assumono una forza poetica, lirica, pur mostrando il peggio dell'essere umano, ma questo peggio non potrebbe essere evidente se non si confrontasse col buono che è presente nell'unico personaggio positivo (il Maestro).
Mi è piaciuto moltissimo, è stata una bellissima scoperta, ho amato la penna sensibile e penetrante di Claudel e consiglio vivamente questo libro.



Curiosità: ho fatto caso a questo libro dopo che ne aveva parlato (e consigliato) Chef Rubio sui social.

giovedì 11 febbraio 2021

Questione di incipit

 

Cari lettori, in attesa di potermi mettere serenamente al pc e scrivere la recensione dell'ultimo - bellissimo! - libro terminato (L'arcipelago del cane di Philippe Claudel), ve ne lascio l'incipit, che spero possa colpirvi come ha fatto con me; non so se capita anche a voi, ma ci sono libri che già dalle prime righe mi entrano dentro grazie a una scrittura fortemente evocativa e penetrante.


source


"Bramate l’oro e spargete cenere. 
Insozzate la bellezza, calpestate l’innocenza.
Fate scorrere ovunque grandi torrenti di fango. L’odio è il vostro nutrimento, l’indifferenza la vostra bussola. Siete creature del sonno, sempre addormentate, anche quando vi credete sveglie. Siete i frutti di un tempo sonnolento. Le vostre emozioni sono efemere, farfalle presto schiuse, subito calcinate dalla luce dei giorni. Le vostre mani impastano la vostra vita in una fanga arida e insulsa. Siete divorati dalla solitudine. Il vostro egoismo v’ingrassa. Volgete la schiena ai vostri fratelli e perdete l’anima. La vostra natura ribolle d’oblio.
Come giudicheranno il vostro tempo i secoli futuri?
La storia che stiamo per leggere è reale quanto voi. Accade qui, ma si sarebbe potuta svolgere là. Sarebbe troppo facile pensare che sia accaduta altrove. Poco importano i nomi degli esseri che la popolano. Si potrebbero cambiare. Si potrebbero mettere i vostri al loro posto. Vi somigliate moltissimo, usciti come siete dallo stesso immutabile stampo.
Sono sicuro che prima o poi vi farete una domanda legittima: è stato testimone di quello che ci racconta? Vi rispondo: sì, ne sono stato testimone. Come lo siete stati voi, anche se voi non avete voluto vedere. Voi non volete mai vedere. Io sono colui che ve lo ricorda. Sono il guastafeste. Sono quello cui nulla sfugge. Io vedo tutto. So tutto. Ma non sono niente e intendo restarlo. Né uomo né donna. Sono la voce, semplicemente. È dall’ombra che vi racconterò la storia.
I fatti di cui vi dirò si sono svolti ieri. Pochi giorni fa. Un paio d’anni fa. Non di più. Scrivo «ieri» ma forse dovrei dire «oggi». Agli uomini non piace lo ieri. Gli uomini vivono al presente e sognano i domani. "

lunedì 8 febbraio 2021

Recensione: VOLEVO ESSERE LADY OSCAR di Marie-Renée Lavoie



La piccola Hélène vive in un quartiere popolare di Québec, in una famiglia composta da un padre colto e gentile ma con poco carattere, una madre severa e determinata, e tre sorelle; le sue giornate scorrono vivaci e movimentate, piccoli tra incidenti e qualche pericolo evitato per un soffio, tra la voglia di essere considerata grande e il bisogno di ricevere attenzioni e coccole dagli adulti, tra i matti che gironzolano in zona e un vecchio burbero che diventerà suo amico.


VOLEVO ESSERE LADY OSCAR
di Marie-Renée Lavoie

Ed. Sperling&Kupfer
trad. F. Bruno
218 pp

Se c'è una cosa che mi accomuna alla giovanissima protagonista di questo agile e godibile romanzo, è la passione per "la rosa di Versailles": la coraggiosissima, eroica, elegante ed affascinante Lady Oscar, eroina del famoso cartone animato (basato sul manga di Riyoko Ikeda) ambientato prima e durante gli anni della Rivoluzione francese. 

Sì, perché la simpatica Hélène ha una vera e propria fissa per la bellissima e biondissima comandante delle Guardie Reali, e di lei ammira... tutto, in particolare il suo poter vestirsi e comportarsi da maschio, il che le conferisce un invidiabile carisma, forza, libertà di agire, ma anche un'aura di leggendario romanticismo, perchè in fondo al suo cuore anche un tipo tosto come Oscar ha un cuore di donna che desidera innamorarsi.

Hélène vive le proprie giornate di ragazzina sempre ultra indaffarata con il pensiero rivolto a un'epoca passata, sognando di compiere grandi gesta eroiche con i capelli al vento, dando sfogo al proprio animo romantico e ad una fantasia avida di drammi epici.

Purtroppo per lei - la cui unica consolazione è farsi chiamare Joe - è e resta femmina, vive negli anni '80 in un quartiere popolare in cui si aggirano molti ex pazienti di un istituto psichiatrico (altro che lo sfarzo, l'eleganza ostentata e la ricchezza della corte di Versailles!!) e dove l'unica grande impresa alla sua portata è la consegna dei giornali all'alba. 

Già, perché la nostra bella Joe, nel suo voler essere generosa e disposta al sacrificio come Oscar, benché abbia solo otto anni (anche se finge di averne dieci) si impegna a racimolare qualche soldino consegnando giornali di buon mattino; a questo lavoretto (che verrà interrotto bruscamente in seguito ad un evento grave e pericoloso per la stessa Hélène) ne seguirà un altro (la cameriera), abbastanza duro ma alla quale presto si abituerà, mettendoci impegno e attenzione, perché la ragazzina prende i compiti assegnati sul serio, è animata da buona volontà, voglia di imparare, migliorare e farsi apprezzare dagli adulti. 

Hélène ha un modo di guardare il mondo attorno a sè che, pur conservando l'ingenuità e la semplicità della sua età, è piuttosto maturo, sa cogliere le sfumature e le cose non dette che si nascondono dietro i comportamenti a volte incoerenti e strambi dei grandi; suo padre è un insegnante delle medie dai modi cortesi, sempre pacato, non alza mai la voce, è sempre molto impegnato con il lavoro ed ha quest'aria eternamente malinconica, triste, come una sorta di mal di vivere che gli pesa sulle spalle, ma non sul gomito evidentemente, visto che non gli impedisce di lasciarsi andare all'alcool.

Sua madre è il pilastro della famiglia: moglie e madre attenta a tutto ciò che succede in casa, educa le quattro figlie col pugno di ferro, è pragmatica, razionale, poco incline a sentimentalismi e a gesti eclatanti di affetto e frena anche le lagne infantili ed inutili delle proprie figlie, insegnando loro ad affrontare di petto i problemi piuttosto che a piagnucolare; eppure, sotto la scorza dura e inflessibile, c'è comunque il cuore di una genitrice che, a modo suo e senza darlo troppo a vedere, all'occorrenza si abbandona a gesti di tenerezza e comprensione.

E poi c'è lui, il ruvido e sboccato Monsieur Roger, il vicino ottantenne che passa le giornate a fumare, bere birra e imprecare, mentre aspetta con impazienza che giunga la sua ora. 

Tra i due - sfacciata, schietta e impertinente lei e scorbutico lui -, così lontani anagraficamente e non solo, tra un battibecco e una parolaccia detta tra i denti, nasce un'amicizia vera e forte, e Roger diventa per Hélène una specie di angelo custode, sempre vigile e pronto a guidarla tra le piccole avventure quotidiane in quelle strade di periferia, e a vegliare su di lei quando si ritroverà smarrita e in pericolo. 

Perché purtroppo anche nel posto in cui vivi e che è per te rassicurante in quanto noto, può nascondersi qualche malintenzionato...

Con una voce fresca, vivace ed ironica, la giovane protagonista ci conduce nella propria vita quotidiana, fatta di persone di ogni tipo e di avvenimenti come possono accadere a qualunque ragazzina della sua età, e inevitabilmente spunta un sorriso di simpatia per questa mancata Lady Oscar dei nostri tempi, che mentre sospira pensando agli aspetti più romantici del suo amato personaggio, è impegnata a crescere e conoscere le prime delusioni, e a rendersi conto - proprio come la sua Oscar, che al di là del mondo dorato dell'infanzia ci aspetta quel vento della rivoluzione che spazza via il mondo come l'abbiamo sempre conosciuto e che ci porta a maturare, a imparare nuove cose su noi stessi e sugli altri.

Un romanzo di formazione carino, leggero, con una protagonista molto simpatica, di cui ci vien dato un interessante ritratto e della sua personalità in formazione, e del variegato e popolare contesto famigliare e sociale in cui è inserita.

sabato 6 febbraio 2021

Recensione: LE NOVE VITE DI JACOPO di Carlo Gibiino


Svegliarsi nel bagno di casa propria, guardarsi allo specchio e non riconoscersi: è forse uno degli incubi peggiori che si possano fare. Per il protagonista è la realtà quotidiana, e la sua è una disperata ricerca della propria identità, del proprio passato, così da poter comprendere anche il confuso presente che sta vivendo.



LE NOVE VITE DI JACOPO
di Carlo Gibiino


Youcaprint
156 pp
Il protagonista di questa storia paranormal è un uomo di nome Jacopo Martelli che, dopo aver perso conoscenza, si risveglia nel bagno di casa, sudicio e oltremodo confuso, senza che si ricordi cosa gli sia accaduto. Sa solo il proprio nome, la data e il luogo di nascita, ma a queste conoscenze segue il vuoto assoluto.

Jacopo si rende conto con sgomento di non riuscire a ricordare nulla di sé, addirittura neanche il proprio viso: nel guardarsi allo specchio non si riconosce, c'è qualcosa di diverso in quella immagine riflessa, ma non capisce cosa. 

Una situazione di questo tipo farebbe paura a chiunque, così per cercare di capirci qualcosa e mettere a posto i pezzi, l'uomo scrive un diario.

La stesura di questo diario è fondamentale nello sviluppo delle vicende, perché è l'unico appiglio alla realtà - passata e presente - di cui Jacopo dispone, anche se il dubbio che ciò che c'è scritto in quelle pagine l'abbia vissuto effettivamente, c'è, ma del resto è inevitabile: se tutte le volte che sviene e si risveglia, non ricorda nulla di quel che ha vissuto, è ovvio che leggendo le esperienze fatte lui non ci si riveda.

Cosa sta succedendo a Jacopo? Com'è possibile che non abbia memoria del proprio vissuto, fatta eccezione per sensazioni e déjà-vu che gli fanno percepire luoghi, vicende e persone incontrate nel presente come familiari e, al contempo, gli fanno dubitare, ogni volta, di sé stesso e del proprio stato mentale?

Una cosa è certa: Jacopo è un tipo introverso che ha viaggiato tanto, è stato sposato, conosce e parla otto lingue... ma queste cose le sa solo perché sono scritte nel diario, non perché le ricordi.

"...leggendo questo mio diario, mi sono reso conto di non sapere chi sono, o meglio non lo ricordo. Qua dentro ci sono scritte delle storie, ma che non so se corrispondono alla realtà o se sono soltanto sogni. Ci sono descritte delle vite...le mie vite, presuppongo, vite che non ho vissuto e di cui non ne ho la più pallida memoria. C'è un filo conduttore in tutto questo, o almeno così mi è parso di capire, perdo conoscenza e mi sveglio in un sudicio bagno (...) e poi...mi guardo allo specchio e non mi riconosco, poi perdo conoscenza nuovamente e mi sveglio in un altro posto e in un'altra persona. La cosa più strana, se così si può dire, è che non so come possa essere che io abbia sempre questo diario appresso."

Ogni volta che riprende conoscenza, è come se Jacopo vivesse altre vite, ma a restare costante è sempre il famoso diario, che lo inciterà alla ricerca del suo Io perduto. 

Con l'aiuto di alcuni personaggi che intervengono in questa storia fatta di flashback e frammenti di un passato che pretende di tornare a galla, il protagonista andrà incontro ad una sconcertante verità che lo farà piombare prima nel terrore, nella rabbia, nel senso di impotenza ma che infine si trasformerà nella consapevolezza di sapere finalmente chi è.

Un libro piacevole, con un'idea di base intrigante, che getta interrogativi nel lettore su cosa sia effettivamente vero e cosa sia solo immaginato e/o frutto di falsi ricordi; interessanti le riflessioni introspettive del protagonista, inserito in una condizione decisamente surreale.


martedì 2 febbraio 2021

Le mie letture di Gennaio 2021



Riepilogo del mio Gennaio 2021.






  1. MIA SORELLA EMANUELA di Fabrizio Peronaci, Pietro Orlandi: le tappe che hanno contrassegnato i ventotto anni che sono seguiti alla scomparsa della giovanissima cittadina vaticana, brutalmente strappata alla propria vita e all'affetto dei propri cari, i quali ancora oggi combattono strenuamente perché la verità venga fuori.
  2. IL MAESTRO E MARGHERITA di Michail Bulgakov: nella Mosca degli anni '30 arriva Satana in persona e, sotto le spoglie di un esperto di magia nera, accende una girandola di eventi tragicomici.
  3. IL CERCHIO DI PIETRE di Enrico Graglia: nell'antica lotta tra il Bene e il Male, i tre protagonisti di questo romanzo si confrontano con una dimensione sovrannaturale popolata da creature mostruose.
  4. "L'ochetta Giuliana" - "Avventura in libreria" - "Fortunella e l'ultimo giorno dell'anno"  di  Annarella Asuncion Morejon: tre favole per bambini, istruttive e piacevolissime.
  5. LORO TORNERANNO di Luca Tescione: lo sguardo malinconico e fiducioso di un cane ci restituisce una Terra senza esseri umani e un desolante scenario apocalittico.
  6. LA MIA PREDILETTA di Romy Hausmann: un rapimento, una capanna nel bosco, triste teatro di un'esistenza in gabbia e una vicenda incredibile ed inquietante, in cui tutto ruota attorno a un castello di bugie e segreti.
  7. IL TRIBUNALE DELLE ANIME di Donato Carrisi: alla ricerca di un serial killer spietato tra strade e chiese di Roma.
  8. QUESTA SCUOLA NON È UN ALBERGO di Pino Imperatore. il diciottenne Angelo si barcamena tra scuola e famiglia, mentre un dolore sottile e costante getta un po' di malinconia nei suoi pensieri di adolescente.
  9. UN DUCA DA SCEGLIERE di Jess Michaels: la storia d'amore, tanto intensa quanto ostacolata, tra il bel Simon e la dolce ma combattiva Meg.
  10. BORGO SUD di Donatella Di Pietrantonio. L'Arminuta è cresciuta, è una donna ormai, ma con un cuore gonfio e pesante di tristezza, abbandoni, perdite. E solitudine.
  11. IL DIARIO DEL VAMPIRO. IL RISVEGLIO di Lisa Jane Smith. Triangolo amoroso che vede due fratelli vampiri contendersi la stessa donzella.
  12. SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE di Italo Calvino: un libro davvero particolare, attraverso il quale l'Autore coinvolge il lettore in un gioco narrativo.
  13. L'INFERNO DI TREBLINKA di Vasilij Grossman: la testimonianza di un corrispondente di guerra dell'Armata Rossa circa la più terribile fabbrica della morte nazista.


Sul podio pongo il libro-inchiesta su Emanuela Orlandi, il thriller di Carrisi e "La mia prediletta" per avermi tenuta col fiato sospeso.
Un po' di delusione per il libro di Imperatore e di Calvino.


CITAZIONE DEL MESE

"Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità. Chiunque giri le spalle, chiuda gli occhi o passi oltre offende la memoria dei caduti." (Vasilij Grossman)


CANZONE DEL MESE


THIS IS ME

When the sharpest words wanna cut me down
I'm gonna send a flood, gonna drown 'em out
I am brave, I am bruised
I am who I'm meant to be, this is me







Di rilevante, nel mese di gennaio ho ascoltato il podcast LE ALI DI VIK (>> QUI <<), incentrato su Vittorio Arrigoni, un ragazzo italiano di 36 anni, attivista per i diritti umani, scrittore. Noto in tutto il mondo per l'adagio che lui stesso ha coniato durante le sue cronache dalla Striscia di Gaza: "Stay Human”, “Restiamo Umani”. Vittorio era un uomo che ha messo al servizio degli altri la propria esistenza, sempre al fianco degli ultimi e degli oppressi e da sempre mosso dagli ideali di pace, giustizia ed uguaglianza.
Nei sei episodi possiamo ascoltare la sua storia, attraverso la sua stessa voce, quella di sua madre e di chi l’ha conosciuto.

Si parte dalle radici di Vittorio: la sua famiglia, un ambiente che ha influito sulla sua crescita e sulle scelte che avrebbe fatto da grande. Ripercorriamo i viaggi fatti, dal primo in America Latina nel 1995, e poi nell'Est Europa, Africa, Croazia, Ucraina, Belgio, Austria, Romania, Togo, Estonia... 
Viaggi che l'hanno cambiato dentro, facendo maturare in lui la consapevolezza di cosa volesse fare della propria vita.
E' nell’agosto del 2002 che Vittorio va per la prima volta in Palestina, impegnato in un campo di volontariato a Gerusalemme Est, con l'amico Gabriele, dove si imbatte con il desiderio di libertà del popolo palestinese.
Vi ritornerà anche negli anni successivi, finendo nella black list delle persone indesiderate per lo stato d'Israele; Vittorio è passato anche per l'esperienza del carcere nelle prigioni israeliane, ma questo non gli ha impedito di continuare a difendere i diritti del popolo palestinese: sarà presente anche quando nel 27 Dicembre 2008 Israele dà inizio alla campagna militare “Piombo Fuso” nella Striscia di Gaza, con l'obiettivo dichiarato di "colpire duramente l'amministrazione di Hamas”. 
L’esercito israeliano impedisce l’ingresso nel territorio palestinese di giornalisti e cronisti provenienti da tutto il mondo e Vittorio si ritrova ad essere l’unico reporter internazionale a poter raccontare in prima persona cosa avviene in quei tragici giorni. Dalla sua penna, in quel periodo drammatico, nasce l’adagio che l’ha reso celebre in tutto il mondo: “Stay Human”, “Restiamo Umani”.
Vittorio viene rapito ed ucciso da un gruppo di terroristi il 14 aprile 2011. 
La sua vita e il  suo esempio hanno lasciato un segno indelebile nel cuore di migliaia di persone in tutto il mondo ed il suo messaggio di umanità è vivo più che mai.

Ascoltare la storia di questo giovane uomo, che non si limitava a dire di credere nella pace, nella fratellanza, nella solidarietà ecc..., ma che ha vissuto con coerenza rispetto ai propri valori, affrontando tante difficoltà, mettendo a rischio la propria vita pur di combattere pacificamente per i diritti di chi viene calpestato, mi ha colpito moltissimo; non si può che provare una grande ammirazione per una persona così, la cui umanità e sensibilità devono essere d'esempio per ciascuno di noi a non restare indifferenti verso i soprusi subiti da persone e popoli  vicini o lontani da noi.
Ne consiglio l'ascolto; sentire dalla voce di chi ha amato Vittorio, nonché stralci di interviste e interventi in cui è lui stesso a parlare, quel che ha fatto, l'amore che c'ha messo..., non lascia indifferenti.

"Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare." (Nelson Mandela)


SERIE TV

Ho visto SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, la docu-serie in 5 episodi che attraverso testimonianze e immagini di repertorio racconta la controversa storia della comunità di recupero di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978, a Coriano, in provincia di Rimini.

Ammetto di non aver mai approfondito, prima di vederla, né la figura di Muccioli né tutte le controversie derivanti dalla sua gestione della comunità, quindi l'ho guardata senza avere pregiudizi di sorta.
L'ho trovata davvero molto interessante e, a mio avviso, fatta bene; ci sono testimonianze dirette di persone che a SanPa c'hanno vissuto, che hanno ascoltato e visto personalmente cosa veniva fatto e detto in questo posto negli anni; inoltre si fa riferimento a fatti emersi nel corso dei processi affrontati da Muccioli.
E' chiaro che il protagonista indiscusso è lui: una personalità carismatica, capace di catalizzare l'attenzione di tutti sulla propria persona quando parlava, un uomo sicuro di sé, dalla personalità molto forte, che indubbiamente ha avuto un'idea meravigliosa: aprire una comunità per aiutare i giovani ad uscire dalla droga. Un proposito onorevole, ci mancherebbe, e sicuramente grazie a lui tanti giovani non si sono persi ma anzi sono stati recuperati prima che fosse troppo tardi.

 Colpiscono le testimonianze di chi a SanPa c'è stato- come quella commossa di Cantelli - e le parole e la sincera riconoscenza di tanti genitori intervistati negli anni '80 e che piangendo ringraziavano Muccioli di aver dato a questi figli senza speranza..., la vita.

Certo, son rimasta altresì impressionata nel sentire che però accadevano anche cose non belle, a causa e dei metodi, diciamo "poco ortodossi" portati avanti da Muccioli all'indirizzo di quanti si ribellavano alle regole in comunità e "minacciavano" di andarsene, e delle condotte davvero deplorevoli di coloro ai quali lo stesso imprenditore affidava "le punizioni" e che, purtroppo, persero troppo spesso il controllo, finendo per macchiarsi di delitti.
Fondamentale la testimonianza di Walter Delogu, per anni autista e braccio destro di Vincenzo Muccioli, circa il ruolo di questi nel caso di omicidio di Roberto Maranzano, avvenuto proprio a San Patrignano.

E' una serie che ho guardato con molto interesse, credo sia fedele al titolo stesso, e che cioè sottolinei tanto il bene quanto il male che hanno gravitato attorno alla comunità e al suo fondatore; io personalmente non trovo denigri l'una e l'altro, ma semplicemente dice... quel che è stato. 
E' innegabile che Muccioli abbia contribuito a recuperare tantissimi tossicodipendenti - altrimenti lasciati a loro stessi, con famiglie dolorosamente impotenti davanti a un dramma troppo grande, e con uno Stato che in quegli anni non è che proprio si "accollasse" il problema della droga e delle morti per droga. Questo è un merito che credo sia giusto riconoscergli.
Sottolineare anche che, però, i suoi metodi fossero eccessivi e che non di rado abbiano avuto conseguenze tristissime e drammatiche per non pochi ospiti - ci sono stati ad es. casi di suicidio - e che quindi fossero quanto meno discutibili, boh... a me non pare sinonimo di "racconto tendenzioso e parziale", che è una delle accuse più frequenti indirizzate alla serie da parte di chi difende Muccioli e il suo operato senza se e senza ma.
E ripeto, lo dico da persona che ha visto la serie senza sapere nulla di tutta la controversia su San Patrignano, quindi con la mente sgombra da preconcetti.
Ad ogni modo, io la consiglio, è senza dubbio interessante e solleva molti interrogativi, tra cui uno su tutto: è giusto ed etico ricorrere a metodi discutibili e, in taluni casi, non rispettosi della persona e della sua dignità, se l'obiettivo è salvarla da se stessa e dal baratro della droga? 

domenica 31 gennaio 2021

Recensione: MIA SORELLA EMANUELA di Fabrizio Peronaci, Pietro Orlandi



Tra le pagine di questo libro, nato dalla collaborazione tra il giornalista Fabrizio Peronaci e Pietro Orlandi (e pubblicato nel 2010), fratello di Emanuela, ripercorriamo le tappe che hanno contrassegnato i ventotto anni che sono seguiti alla scomparsa della giovanissima cittadina vaticana, brutalmente strappata alla propria vita e all'affetto dei propri cari, i quali ancora oggi combattono strenuamente perché la verità venga fuori ed essi possano finalmente sapere a quale destino la povera Emanuela è andata incontro e, soprattutto, per mano di chi.
Uno dei più intricati misteri italiani che attende di ricevere molte risposte.



MIA SORELLA EMANUELA.
- Sequestro Orlandi: voglio tutta la verità -
di Fabrizio Peronaci, Pietro Orlandi



Ed. Anordest
334 pp
"...conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Vangelo di Giovanni, 8:32)

Era un pomeriggio del  22 giugno 1983 quando la quindicenne Emanuela Orlandi, figlia di Ercole, un commesso pontificio residente nello Stato del Vaticano con tutta la famiglia (mamma Maria e i quattro figli Pietro, Natalina, Emanuela e Cristina), spariva in pieno centro a Roma, mentre tornava a casa dopo la lezione di musica. 

Come inghiottita nel nulla; come se il terreno si fosse aperto sotto di lei, di Emanuela si sono perse le tracce e da quel maledetto giorno non solo l'esistenza della piccola è stata travolta da un destino impietoso e malvagio, deciso da persone senza scrupoli, ma anche quelle dei suoi famigliari, che non hanno smesso, dal momento in cui hanno capito che alla loro figlia/sorella era successo qualcosa di grave, di tornare a quelle ore drammatiche che hanno preceduto la sua scomparsa; ore cui sono seguiti giorni, settimane, anni... in cui tante cose sono state dette, tante persone si sono introdotte in questa "brutta storia" (divenuta sinonimo di complotto, intrigo "sordida e conturbante macchinazione"), sbandierando - a buon diritto o meno - di avere informazioni  vere ed utili per arrivare alla verità.

La storia di Emanuela rientra all'interno di un intrigo dalla portata internazionale senza precedenti, uno dei più torbidi gialli del secondo Novecento.

Quante telefonate, quante ipotesi, quanti soggetti coinvolti, da subito: terroristi, servizi segreti dell'Est, Cia, intelligence italiana, Vaticano, Ior, banda della Magliana... 

Ma dov'è la verità? Chi ha rapito Emanuela e perché? Chi poteva avere interesse a sequestrare una ragazzina appartenente a una famiglia come tante, la cui unica "colpa" è stata semplicemente quella di risiedere in Vaticano? Il rapimento della giovane Orlandi era finalizzato a mandare un messaggio a qualcuno ben più in alto? Forse la ragazza è stata rapita per errore (scambio di persona) e comunque con lo scopo di ottenere la liberazione di Agca? 
Lo stesso papa Wojtyla, quando incontrò gli Orlandi, disse che Emanuela era vittima di un atto di terrorismo internazionale...

Tra queste pagine il fratello Pietro ripercorre tutti i misteri legati al sequestro di sua sorella, che non può essere slegato dall'attentato a Giovanni Paolo II, avvenuto il 13 maggio 1981 per opera del terrorista turco Alì Agca.

Meticoloso, con una memoria di ferro e una marea di precisissimi appunti, trascritti in ben 28 anni di dolore, attesa, palpitazioni, speranze infrante, Pietro dialoga con Fabrizio, interlocutore attento, razionale, che con la lucidità analitica del giornalista professionista gli fa domande precise, per stimolarne i ricordi e la narrazione in modo ordinato e chiaro.
Così da mettere i tasselli a disposizione lì dove devono essere collocati, per cercare di chiarire ogni dubbio, di provare a cercare connessioni logiche tra eventi, fatti, persone, scovando le menzogne (quante ce ne sono state!! E ancora ce ne sono, evidentemente, da svelare, se il mistero è tale tutt'oggi!) e distinguendole dalle poche verità e certezze.
 
Pietro mette a disposizione la trascrizione integrale del suo faccia a faccia con l'uomo che sparò al papa, Ali Agca, che ha personalmente incontrato in Turchia nel 2010. 

Ci racconta di tutte le telefonate che si sono susseguite, a cominciare da pochi giorni dopo la scomparsa, della scarsa collaborazione tra Santa Sede e polizia italiana; leggiamo di come ci sia stata una testimonianza importante che Emanuela fosse viva due mesi dopo essere stata rapita, quando fu vista in un paese vicino Bolzano. 

Pietro svela che, dietro una delle sigle che per mesi tennero l'Italia con il fiato sospeso, c'erano gli 007 nostrani; ci parla di un'ultima pista in Marocco, che però non ha portato a nulla di fatto. 

Ma soprattutto incalza la magistratura italiana a proseguire nelle indagini e chiede al Vaticano di essere davvero collaborativo, di abbandonare ogni reticenza "in nome della parola del Vangelo" e di dire ciò che sa, perché è impossibile che una cittadina vaticana sia stata rapita senza che la Santa Sede sia per forza di cose in qualche modo coinvolta.

Ho letto questo libro con molta partecipazione e vivo interesse e con gli stessi sentimenti che mi hanno sempre accompagnata tutte le volte che mi sono avvicinata alla storia di Emanuela Orlandi: tristezza, rabbia, impotenza, amarezza e dolore per una famiglia privata ingiustamente della propria congiunta.

Il racconto di Pietro appassiona, coinvolge ed è inevitabile che sia così, perchè la sua voce - che rappresenta anche quella dei genitori, delle sorelle e di quanti amavano e amano Emanuela - è vibrante, contiene tutto l'ardore di chi non ha smesso un attimo di tenere i riflettori accesi sul dramma che ha colpito la famiglia Orlandi e che, se per l'opinione pubblica ha assunto sempre più i contorni di uno dei tanti cold case irrisolti, per i protagonisti coinvolti è e resta, invece, un fatto personale, una vicenda travagliata che ha tolto loro la pace, la serenità, la gioia di vivere e che li ha derubati di una giovane vita da loro tanto amata.

Pietro, il fratello maggiore, a quel tempo un giovanotto, che da subito si è mosso girando in lungo e in largo, a piedi e in moto, per trovare la sorellina adolescente.
Pietro, che ancora adesso vive il presente - com'è giusto e naturale che sia - con la moglie e i figli, ma in un angolo (mai buio) della mente e del cuore, sente che la propria vita scorre, da quel 22 giugno '83, su un doppio binario, come se una spia fosse sempre accesa a ricordargli di non mollare, di tener fede alla promessa fatta a papà Ercole di continuare a lottare per la verità, per Emanuela.

Leggere questo libro è un po' come entrare, in punta di piedi e con rispetto, nel dolore di una famiglia di cui personalmente ammiro la tenacia, il coraggio, la determinazione, e alla cui speranza di giungere a sapere la verità - tutta! - mi unisco con partecipazione ed empatia, provando ad immaginarmi quanto sia straziante vivere giorni ed anni con il pensiero di non sapere che cosa sia successo a una persona che ami.
Se il dolore provato per la morte di un caro è un'esperienza drammatica e forte, difficile da affrontare, elaborare e che ci segna per sempre, non oso pensare quanto sia intriso di disperazione e sofferenza il cuore di chi si vede strappata una figlia/sorella, e non avere la minima idea concreta di cosa abbia passato, di come stia, se è viva, o quale sia stato il suo destino nelle mani degli esseri ignobili che l'hanno rapita.

Stringe il cuore leggere il sogno ricorrente che tiene compagnia mamma Maria da quando la sua bambina l'è stata portata via: un sogno che rivela tutto lo strazio di una madre e il suo amore per questa figlia amata, il cui volto non ha più rivisto, se non in foto, e che non ha potuto più stringere tra le braccia.
Ammiro Pietro e i suoi famigliari perché non hanno mai smesso di far domande, di pretendere risposte da quanti potessero, nel tempo, avere avuto informazioni utili a fare un passettino in più verso la verità.
Una verità cui gli Orlandi, ed Emanuela in primis, hanno assolutamente diritto.
Una verità complessa, nascosta da cumuli di bugie, depistaggi, silenzi omertosi e fumosi, frasi sibilline, indifferenza e (sospette?) titubanze da parte di chi dovrebbe, per coerenza e per rispetto ai principi cristiani in cui dice di credere e che predica, avere a cuore la ricerca della verità e della giustizia.

Continuerò sicuramente, per come posso, a restare aggiornata sugli sviluppi del caso Orlandi, con la speranza che i muri di omertà, menefreghismo, menzogne... prima o poi crollino, e i cuori dei famigliari di Emanuela possano trovare tutte le risposte che aspettano e almeno un minimo di pace.


"non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, 
e di segreto che non debba essere manifestato." (Matteo 10:26)


sabato 30 gennaio 2021

Recensione: IL MAESTRO E MARGHERITA di Michail Bulgakov


Nella Mosca degli anni '30 arriva Satana in persona e, sotto le spoglie di un esperto di magia nera, accende una girandola di eventi tragicomici.



IL MAESTRO E MARGHERITA
di Michail Bulgakov


Ed. Einaudi
404 pp
Tutto ha inizio in una calda serata di primavera, presso gli stagni Patriarsie di Mosca:  due uomini passeggiano parlando di Gesù Cristo, la cui esistenza è messa fervidamente in dubbio da uno di essi.
Si avvicina un uomo - un professore, esperto di magia nera - che, a tal proposito, chiede ai due: "se dio non esiste, chi dirige la vita umano e tutto l’ordine della Terra?”; la risposta dai due amici arriva pronta: "È l’uomo", ma lo straniero obietta e ricorda che dopotutto l’uomo non è in grado di dirigere neanche la propria vita. 

Inizia poi a raccontare un episodio al quale, dice, ha personalmente assistito: la condanna a morte di Gesù (Jeshua Hanozri) ad opera di Ponzio Pilato, troppo debole per opporsi alla volontà dei capi dei sacerdoti che volevano il Nazareno morto.

Lo straniero - Woland, che è il maligno in persona -, tra le altre cose, con la sua irritante sicurezza, prevede la morte di uno dei due e la schizofrenia all'altro... ed entrambe queste cose accadono.

Uno di questi disgraziati, Ivan, incontra nella clinica in cui è ricoverato, un uomo che gli racconta di aver scritto un romanzo su Pilato; è un "maestro" ed ha amato (ricambiato) una donna, Margherita.
La donna diventa protagonista di una serie di vicende incredibili e a muoverla è il desiderio di liberare il suo amato dal manicomio. e per ricongiungersi al suo Maestro è disposta a tutto, anche a fare le cose più assurde, vivendo esperienze sovrannaturali.

Tanti bizzarri personaggi intervengono in questa commedia surreale in cui uomini inconsapevoli sono alle prese con il diavolo che, accompagnato dai suoi aiutanti e da un gatto, si fa beffe di loro, della loro incapacità di comprendere e rispondere alle magie di Woland, che li raggira con crudeltà.

La trama è bella complicata, i diversi avvenimenti, luoghi e personaggi si susseguono in modo vivace; non nego di aver fatto fatica ogni tanto a seguire "il filo dei discorso", ma in generale è un libro che ho apprezzato per l'originalità, mi sono piaciuti gli sbalzi temporali per raccontare il supplizio di Cristo, l'angoscia di Levi Matteo, i tormenti di Pilato.
Tra le pagine di questa sorprendente satira c'è qualcosa di poetico nonostante le vite degli uomini siano disturbate dalla presenza del Male, di romantico se pensiamo a Margherita e al suo amore per il suo Maestro, di mistico, di tragico e ironico insieme.

Benchè io non abbia mai avuto un grande feeling con gli scrittori russi, non posso non riconoscere che il Maestro e Margherita senza dubbio faccia parte di quei libri che meritano di essere letti.

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