Ieri sera ho visto in streaming un film molto drammatico e forte, fatto bene e che cattura tutta l'attenzione dello spettatore dalla prima all'ultima sequenza.
ROOM
|
2015 |
Regia di Lenny Abrahamson
Con Jacob Tremblay (Jack), Brie Larson (Joy), Joan Allen (mamma di Joy), William H. Macy (padre di Joy), Jack Fulton
La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio (Room), scritto da Emma Donoghue nel 2010. La scrittrice è presente qui come sceneggiatrice e produttrice. Il romanzo stesso è ispirato al caso Fritzl.
Il film ha ricevuto moltissimi riconoscimenti, tra cui il recente Oscar a Brie Larson come miglior attrice protagonista.
Dentro la Stanza
"C'era una volta, prima che io arrivavo, che tu piangevi sempre e guardavi la tv tutto il giorno fino a diventare uno zombie, ma poi io sono piombato giù dal cielo attraverso un lucernario dentro Stanza...".
Queste sono le prime parole che sentiamo uscire dalla bocca del piccolo Jack, il bimbo protagonista di questa storia.
La prima scena si apre così, mostrandoci una stanza buia e angusta, dove ci sono una giovane donna e suo figlio, che "oggi" compie 5 anni, ha degli occhioni espressivi e dolci e una chioma castana lunga e fluente (la fonte dalla sua forza, proprio come per il biblico Sansone), tant'è che allo spettatore, a primo acchito, può sembrare più una femminuccia che un maschietto.
Jack è nato e cresciuto nella STANZA, sita in un capanno 3 metri per 3, insieme alla mamma Joy, chiamata da lui Ma'.
Jack crede che il mondo inizi e finisca con Stanza, non ha idea che al di fuori di quelle mura esistano altre persone vere, gli alberi, gli uccelli..., la vita, insomma.
E' convinto che tutto ciò che è esterno a lui e a Ma' provenga dalla tv; lo stesso uomo che porta loro il cibo e li viene a trovare durante la notte, l'irascibile "Old Nick", prende tutto ciò che porta loro direttamente dalla televisione, pensa il piccolo, che ha sentito questa spiegazione dalla mamma.
Le giornate in Stanza scorrono sempre uguali e Joy cerca di tenere impegnato il figlioletto come meglio può, leggendo con e per lui "Alice nel Paese delle Meraviglie", costruendo "serpenti" con gusci d'uomo, e altri piccoli e semplici giochi che aiutino Jack a passare le ore, chiuso com'è in quel piccolo frammento di mondo.
Un mondo piccolissimo che al bimbo sembra sufficiente per vivere, in fondo a lui basta avere Ma', ha la tv, c'è Lavandino, Armadio (in cui è costretto a dormire quando la notte "Old Nick" si ferma in Stanza...), c'è Gabinetto.
Gli occhi puri e innocenti di Jack non conoscono e non vedono il male e l'ingiustizia nel fatto che lui e Ma' siano sempre chiusi in Stanza e non escano mai; per lui la realtà è quella, è l'unica che conosce e non gli manca null'altro per star bene.
|
jack e Ma' nella Stanza |
Ma non è così per la povera Joy, ed ora che il figlio ha compiuto 5 anni, ha deciso di rivelargli una cosa importante: Stanza non è l'unico luogo possibile, non è tutto il mondo; oltre quelle pareti, oltre PORTA - che viene aperta e chiusa unicamente da Old Nick e quando lui vuole - c'è tanto altro, tante cose belle, vive, vere..., che Jack non conosce ma che gli piacerebbero tantissimo.
Questa nuova versione dei fatti sconvolge Jack, che inizialmente la rifiuta, non credendo alle parole della madre, che si sta smentendo da sola; così Joy gli racconta che 10 anni prima lei viveva con i suoi genitori e che un giorno Old Nick, con una scusa, l'ha fermata e poi rapita, rinchiudendola nella Stanza.
Il Mondo Fuori dalla Stanza
Joy ormai si sta convincendo che sono stati anche troppo lì dentro e che suo figlio ha il diritto di conoscere il mondo vero, la libertà..., così progetta la fuga.
E se il primo tentativo di far uscire Jack da Stanza fallisce, il secondo - ben congegnato,con tanto di precise istruzioni da parte di Joy al figlio - riesce... : un coraggiosissimo Jack diventa lo "strumento di salvezza" per la sua Ma', e finalmente arriva il momento tanto atteso, che sancisce la fine della prigionia e la riappropriazione della propria vita da parte di Joy.
Uscire da Stanza sarà un trauma per il bimbo, che non ha mai visto altre persone (oltre Ma', il carceriere e quelle in tv), non è mai stato all'aria aperta, non ha mai sentito il calore del sole sul proprio viso, ha sempre e solo osservato un quadratino di cielo attraverso il lucernario...
Il ritorno alla vita nel mondo per Joy sarà altrettanto complicato, per se stessa - che si ritrova dopo 10 anni catapultata nella propria casa affianco a genitori che hanno proseguito, seppur con dolore, la propria vita senza di lei - e rispetto al figlio, di cui lei sente lo smarrimento, la paura.
Considerazioni personali
Il film è quindi diviso in due capitoli, e lo spettatore vive molto da vicino, quasi in prima persona, soprattutto la vita in Stanza, attraverso riprese spesso così buie, racchiuse in questo spazio piccolo e scuro, trovandosi faccia a faccia con gli occhi angosciati e stanchi di Joy, e quelli sereni e curiosi di Jack.
Fa tenerezza Jack, che sembra non saper che farsene di tanto spazio nella nuova casa, dei tanti giochi a disposizione, di tanto cibo che non ha mai visto; il soffermarsi su di lui, sul suo viso, sul suo punto di vista conferisce alla storia quel tocco di spontaneità e semplicità che rende quello che in fondo è un caso terribile di cronaca nera una sorta di "favola", seppur drammatica e dolorosa.
|
jack |
E se il dramma e il dolore non sono finiti per Joy una volta fuori da Stanza, sarà ancora il suo bambino a salvarla, a ridarle la forza di vivere.
Room ci mostra il dolore di una madre che ama suo figlio in modo viscerale e che vuole solo il meglio per lui, pur avendo lei per prima bisogno di ritrovare se stessa; ci mostra il dolore visto con gli occhi di un bambino, che però possiede - come solo il bimbi hanno - l'incredibile capacità di adattarsi a tutte le situazioni.
E per entrambi dovrà arrivare il momento di dire addio definitivamente a Stanza per poter vivere appieno nel Mondo vero, che è un miracolo tutto da scoprire insieme.
Room è un film che commuove, che tiene incollato lo spettatore allo schermo, facendolo stare col fiato sospeso; è un film che racconta di due vite rubate che però avranno la grande possibilità di salvarsi e guarirsi reciprocamente, in virtù di quell'amore che le unisce.
Non si può che consigliarlo; la Larson trasmette, nel volto struccato e provato, negli atteggiamenti ora stanchi ora nervosi, nei toni di voce alterati o dimessi, tutta l'angoscia di una madre disperata; il piccolo Jacob è sensazionale, espressivo..., e con poche location a disposizione Abrahamson riesce a costruire un film potente, che tratta un argomento difficile, un dramma psicologico non indifferente, e lo fa toccando e guidando con sensibilità, e con l'ingenuo stupore proprio del giovanissimo protagonista, le emozioni di chi lo guarda.