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mercoledì 16 luglio 2025

[ RECENSIONE ] IL DIO CHE HAI SCELTO PER ME di Martina Pucciarelli



La protagonista di questo romanzo ci racconta, con sincerità e coinvolgimento, com'è stato nascere e crescere in una famiglia appartenente alla comunità religiosa dei Testimoni di Geova.
Rinuncia, sottomissione, studio biblico, riunioni settimanali, predicazioni, devozione, fedeltà, ubbidienza...: queste sono alcune delle condizioni che hanno caratterizzato l'infanzia, l'adolescenza e parte della vita adulta di Alessandra che, nel seguire Geova - il dio che altri hanno scelto per lei - sentiva, ogni giorno, di perdere pezzi importanti di sé.

Come fare per recuperare sé stessa e conquistare la propria libertà? Voltare completamente le spalle a quel mondo oppressivo e controllante? 
Certo, ma anche a costo di allontanarsi dai propri cari?



IL DIO CHE HAI SCELTO PER ME
di Martina Pucciarelli


HarperCollinsIt
233 pp
Alessandra Morelli ha 29 anni quando prende una decisione che cambierà irreversibilmente il suo modo di vivere.

È una scelta che sa di abbandono e libertà, di dolore e liberazione, di rimpianti e nuove consapevolezze, di rinunce e conquiste.
Di ferite, mai completamente rimarginate.

Una scelta fatta - finalmente! - in totale libertà ed autonomia, senza condizionamenti e che però, inevitabilmente, porta con sé strappi, cicatrici, sofferenza, lacrime.
Perché non c'è decisione radicale che sia facile e indolore, e anche l'uscita di Alessandra dall'organizzazione religiosa dei Testimoni di Geova (da qui in poi TdG) non può che essere difficile e sofferta.
Ma altresì necessaria, per sé e per le creature che più ama al mondo.

Ma partiamo dall'inizio.

Alessandra nasce a Livorno ed è la seconda di cinque figli; i suoi genitori sono dei ferventi e convinti TdG, hanno conosciuto la Verità pochi anni prima e vi si sono aggrappati con tutte le forze, con tutti i desideri (repressi), i sogni (riposti ben bene nel cassetto), lo spirito e l'anima, consacrati al loro dio.

E come ci si aspetta da due genitori devoti a Geova e agli insegnamenti della Torre di Guardia*, educano la prole "nella disciplina e nella norma mentale (= istruzione) di Geova" (Lettera agli Efesini 6:4)**

Il fratello maggiore, Riccardo, è per la piccola Alessandra un po' il suo modello, il suo punto di riferimento, e questo sentimento resterà vivo in lei anche negli anni successivi, quando la vita li separerà.
Riccardo è diverso da lei da molti punti di vista, uno su tutti: è un ribelle, uno che non esita a sfidare apertamente i genitori e a disubbidire loro con sfacciataggine per dimostrare a tutti di non essere un figlio docile e sottomesso ma una persona che sa e vuol pensare con la propria testa, che non accetta supinamente ordini e regole che non condivide.
Sarà proprio questo spirito sovversivo e indipendente a portarlo a comportamenti non solo indisciplinati, ma ritenuti imperdonabili dalla famiglia, dalla comunità dei TdG e, ancor peggio, da Geova stesso, che vuole i suoi fedeli umili e ubbidienti.

Alessandra, al contrario, viene su come una bimba pacata, silenziosa, disciplinata, che asseconda il volere dei genitori e li segue in questa via che li porta da casa alla Sala del Regno, e da questa alle strade per predicare il Vangelo a "quelli del mondo" e fare proseliti.

“Sei sempre stata un faro per la nostra famiglia”, le ha sempre ripetuto sua madre e Alessandra cresce con quest'idea di dover continuare ad essere questa luce per i suoi, che s'aspettano assoluta devozione a Geova Dio.

E Geova è un padre controllante, che esige fedeltà, coerenza, obbedienza assolute e non ammette "sgarri".

Sua madre e Geova quasi si confondono agli occhi della ragazzina, che vive con l'ansia di dover soddisfare le attese dei genitori e di non creare problemi. 

E così Alessandra impara a proprie spese quanto costi essere una TdG: sin da piccola, sa quali sono le cose che non deve fare per non far dispiacere mamma, papà e Geova: niente feste di compleanno, niente Natale, Pasqua o Capodanno, niente lavoretti a scuola che rimandino a festività pagane; stretto controllo sulla musica ("del mondo") da ascoltare e quella che va evitata, stessa cosa per libri, film, modo di vestire...

Non c'è un ambito dell'esistenza quotidiana che non sia sottoposto al vaglio della Bibbia e di ciò che essa dice (o meglio, aggiungo io, di ciò che vogliamo farle dire).

Per non parlare delle amicizie e degli eventuali primi amori: associarsi con gli increduli è peccato, ci si può sposare soltanto all'interno della congregazione dei TdG.

Avanzando nella lettura ci scorrono davanti gli anni vissuti da Alessandra accanto a un padre affettuoso sì ma molto rigido, severo, che pretende dai figli cieca obbedienza, che si impegnino nelle attività legate alla loro religione (frequentare le adunanze, uscire a predicare e distribuire opuscoli e riviste, preghiera, studio della Bibbia e delle pubblicazioni dei TdG...), che diano buona testimonianza agli occhi della fratellanza spirituale  e del mondo che li osserva.
Che non dispiacciano a Geova, i cui occhi sono sempre aperti per guardare e giudicare le azioni, i pensieri, le parole dei suoi fedeli.

Vediamo Alessandra cercare nella madre quell'amore che la genitrice fatica ad esprimere con carezze, baci, parole incoraggianti; quello con la mamma è un rapporto conflittuale perché la donna riversa tutte le proprie fragilità, i malesseri interiori irrisolti, le frustrazioni, le insicurezze, nelle relazioni con i figli ed in particolare su Alessandra.

Leggiamo di come la protagonista si senta dentro una tempesta emotiva ricca di contraddizioni, il che è inevitabile perché ad essere schizofrenica è la realtà stessa (famigliare e spirituale) in cui sta crescendo, che le impedisce di maturare autonomia di pensieri, indipendenza dai genitori, spirito critico, libertà di operare le proprie scelte, di sperimentare relazioni al di fuori del nido famigliare e della congregazione, di rapportarsi a persone, opinioni, credenze ecc... diverse dalle proprie.

Alessandra non sa nulla di cosa voglia dire stare al mondo perché è abituata a starsene con "quelli come lei".

Anche i famigliari - se non sono TdG - vengono tenuti un po' a distanza, come i nonni materni e paterni, che non condividono l'adesione a quella religione ma che negli anni cercano di mantenere i rapporti almeno con Riccardo ed Alessandra, forse perché ne intravedono la sensibilità e la fragilità.

Per chi è a digiuno rispetto ai TdG probabilmente leggere di come e quanto appartenere a questa organizzazione religiosa influenzi fortemente ogni settore della vita dei suoi adepti, può apparire fin troppo strano, forse esagerato, e si potrebbe essere indotti a pensare che uscirne "quando non se ne può più" non sia poi così complicato, ma c'è da tenere presente, tra le tante cose, l'amara consapevolezza che precede chi medita di abbandonare la congregazione: l'isolamento, l'esclusione, l'allontanamento dai propri cari che continuano a seguire quella religione e che, se sei un apostata, ti considereranno come morto.

Proprio quando Alessandra si vedrà giunta a un punto della vita in cui la stretta morsa della sottomissione a Geova e al capo-famiglia (prima il padre, poi il marito) si fa sempre più soffocante, rendendola infelice, qualcosa comincia a scattare dentro di lei, fino alla decisione più importante, dopo la quale non potrà più tornare indietro.

È un libro potente, una storia "forte", che tiene incollato il lettore perché sono fatti ispirati alla realtà (l'autrice un'ex-TdG) e perché fa riflettere sul potere psicologico che certe organizzazioni religiose possono avere sui loro membri.
Ogni capitolo termina con una parola-chiave (ad es., abbandono, riscatto, libertà...) che ovviamente è collegata di volta in volta a ciò che viene narrato.

Il Dio che hai scelto per me è una storia intima, intrisa di dolore, che narra di privazioni, abusi e violenza, ma anche di forza e di coraggio perché al centro vi è una donna che ha  affrontato la lacerazione - conseguenza di volontario allontanamento - per ricostruirsi, per riappropriarsi di sé stessa, della propria libertà e di farlo in nome dell'amore.

Mi è piaciuto, mi ha scossa e mi ha portato indietro nel tempo...***

Lo consiglio, come consigliai, non molte settimane fa, L’educazione di Tara Westover.




Note

* La Torre di Guardia è, insieme a Svegliatevi!, una delle due riviste edite e pubblicate da TdG; essa "si propone di spiegare gli insegnamenti della Bibbia, in particolare ciò che le Scritture insegnano riguardo al Regno di Dio. Viene pubblicata ininterrottamente dal 1879. 
Svegliatevi! tratta argomenti di carattere generale, ad esempio temi legati al mondo naturale e alla scienza, prefiggendosi di aiutare i lettori a riporre fede nel Creatore. Sottolinea inoltre il valore pratico della Bibbia nella vita quotidiana." (fonte)

** Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, Revisione 1987.


*** Ho avuto modo di frequentare i TdG in un passato ormai piuttosto lontanuccio, avendo partecipato a una serie di studi biblici in casa in periodi diversi, verso i 9-10 anni, e soprattutto dopo, tra i 16 e i 18 anni, quando ne seguii regole, incontri e insegnamenti dottrinali con quella (parziale...? ancora in formazione...?) consapevolezza che si può avere da adolescente. Conosco e ho riconosciuto, quindi, nel racconto della Pucciarelli, tutto ciò che ho vissuto in quegli anni, anche se ovviamente io non ero così dentro mani e piedi, sia perché era una scelta mia non supportata dalla famiglia, cosa che me la faceva vivere con un senso di incertezza e anche di solitudine (per essere additata, in qualche modo, come una pecora nera), e sia perché non sono mai stata completamente convinta della verità e giustezza di tutti gli insegnamenti che mi venivano propinati. Però, ecco, è una realtà che ho conosciuto, seppur solo brevemente, per cui leggendo ho provato una fortissima empatia con la protagonista.


lunedì 14 luglio 2025

Recensione // LA SPIA DELLA REGINA di Clare Marchant



Essere, tornare, sentirsi a casa: è un po' il cuore di questo romanzo storico che, svolgendosi su un doppio piano temporale, ha come protagonisti un uomo e una donna alla ricerca di un luogo da chiamare casa, in cui trovare finalmente pace, stabilità, radici.
E una famiglia.



LA SPIA DELLA REGINA 
di Clare Marchant 



Ed. HarperCollins It.
trad. M. Cerato
384 pp
Tom Lutton
è un giovane erborista sordomuto che, nel 1584, ha lasciato la Francia per approdare in Inghilterra in cerca di fortuna.
Il ragazzo è consapevole di come la propria disabilità sia un grosso limite nei suoi rapporti col prossimo e nella stessa ricerca di un'occupazione, ma quello che è in effetti un handicap si rivelerà una risorsa insospettabile.

Tom, grazie alla propria esperienza (per la quale deve ringraziare la madre) nell'uso delle erbe e piante officinali a scopo medico, trova subito lavoro come assistente di Hugh, speziale di corte, incominciando a coltivare piante "nuove" (come la vaniglia, che viene immediatamente apprezzata da S.M. la regina Elisabetta I) e dimostrando tutta la sua perizia nell'alleviare dolori e risolvere malanni di varia natura per messo dei suoi miracolosi e naturali "intrugli".

La sua abilità non passa inosservata e si ritrova, per una serie di circostanze fortuite, ad entrare nelle grazie della sovrana. 

Donna di acuta intelligenza, Elisabetta I intuisce subito quanto possa rivelarsi utile un servitore con quelle caratteristiche fisiche: oltre ad essere un uomo dalle fattezze molto comuni e a non saltare quindi all'occhio, Tom è impossibilitato sia a parlare che a sentire, e tuttavia riesce a capire ciò che si dice attorno a lui leggendo il labiale...
In breve, la regina - supportata da tutta una formidabile rete di spie ai suoi ordini, capeggiate da sir Francis Walsingham - lo trasforma nella sua spia personale. 

Lutton viene quindi convocato, poco e spesso, da Walsingham per seguire, spiare, captare conversazioni segrete, appuntamenti e incontri di gente che sta tramando per eliminare la sovrana (protestante) e mettere sul trono la sua rivale, la cattolica Maria di Scozia; ed effettivamente, mai spia si rivelerà più efficace in quanto Tom è davvero bravo a cogliere le informazioni e a sventare tradimenti, proprio perché sa come capire ciò che le persone dicono guardando le loro labbra, riuscendo a non farsi notare, essendo lui un semplice domestico vestito modestamente e dall'aspetto di per sé insignificante.

Eppure non per tutti quel volto buono è insignificante: a corte, Tom incontra una donna - che vive lì, presso la Regina, essendo una delle tante dame di compagnia - di nome Isabel, vedova e benestante, con cui nasce, sin dai primi momenti in cui i loro occhi si incrociano, un'affinità sincera e forte.
Inizialmente tra i due ci sono sguardi timidi, rossori e sorrisi appena accennati e Tom vorrebbe avere la voce e il coraggio per farsi avanti, ma sa che non sarebbe opportuno: appartengono a due ceti sociali troppo diversi e distanti, per cui lui rischierebbe la prigione, se non la vita, se si sapesse che corteggia una nobildonna, e pure Isabel passerebbe un brutto quarto d'ora, se certe voci giungessero alle orecchie della rigida e severa Regina.

Ma certi sentimenti sono così puri e sinceri da resistere alle difficoltà e non possono essere soppressi, così i due - nonostante i problemi, tra cui quelli dovuti alla disabilità di Tom - riescono ad approfondire la conoscenza reciproca.

Purtroppo la vita di corte nasconde mille insidie, e Tom dovrà fare di tutto per proteggere se stesso e la donna che ama.

Una cosa è certa: venire in Inghilterra è stata la decisione migliore della sua vita perché, nonostante abbia lasciato la propria terra per farsi strada da solo in un luogo ignoto, per di più tra gente ricca, spietata e senza scrupoli, grazie all'amore di e con Isabel il suo cuore sente che potrebbe aver finalmente trovato casa, un posto in cui stare, riposare, essere felice, gioire delle bellezze che la vita e il buon Dio hanno in serbo per un uomo semplice come lui.

Nel 2021, la giovane fotoreporter francese di origini libanesi, Mathilde, scopre di aver ricevuto un'eredità inaspettata.

Cresciuta con una madre girovaga, segnata nella mente e nel cuore dalla tragedia di guerre e bombardamenti nel proprio paese d'origine, Mathilde non ha mai avuto un posto da chiamare casa, in cui sentirsi al sicuro, in cui mettere radici.

A parte sua madre, non ha mai avuto una famiglia.

È dunque con enorme sorpresa che apprende come suo padre - che lei credeva morto da molti anni ma in realtà è deceduto di recente - le ha lasciato in eredità un'antica tenuta nel Norfolk.

La ragazza non immagina cosa l'aspetta in Inghilterra ma di una cosa sembra essere certa: non si fermerà in quel posto, venderà la casa avuta in eredità e riprenderà la propria vita vagabonda a bordo del proprio rassicurante e solitario furgoncino.

Ciò che non s'aspetta è ciò che invece accadrà: troverà ad accoglierla una sorella minore con la figlioletta, Rachel e Fleur.

Le due sorelle si avvicinano l'una all'altra con un legittimo mix di diffidenza e voglia di conoscersi; Mathilde viene a sapere la verità su ciò che è successo a suo padre e comincia a insinuarsi in lei il rimpianto per un tipo di esistenza che le è stata negata: una vita "normale" in una famiglia, con una sorella, un padre, una nipotina, degli zii.

Un posto al quale sentirsi intimamente legata.
Ma Lutton Hall, per quanto legalmente sia sua adesso, non le appartiene, non la sente sua.
Eppure, la curiosità di visitare quella tenuta, di conoscerne ogni anfratto, sentiero, di entrare nella cappella di famiglia, di appurare come anche lì ci sia stato qualcuno che - come lei - ha amato coltivare le piante aromatiche, è sempre più forte e la porta ad abbattere, pian piano, ogni muro che la separa da un passato, recente e non solo, che comunque le appartiene e che lei ha il diritto e il desiderio di conoscere.

In particolare, nella cappella farà delle scoperte entusiasmanti e criptiche, che le faranno capire come in quella dimora antica siano custoditi dei segreti, i quali non solo potrebbero gettare una nuova luce sul passato della famiglia Lutton, ma anche su vicende importanti che hanno segnato il regno di Elisabetta I.

A testimonianza di ciò, ci sono oggetti che Mathilde trova e che molto probabilmente sono appartenuti a un suo antenato, forse proprio il primo proprietario della villa.
Per levarsi ogni dubbio e capire il valore e l'autenticità dei piccoli "tesori" di famiglia conservati nella cappella, Rachel interpella un critico d'arte: un giovanotto di nome Oliver, bello, simpatico e molto preparato.

Mentre osserva, sfiora, ammira tutto ciò che di antico ed enigmatico scopre - ad es, un trittico tanto affascinante nei contenuti e nelle pennellate, quanto misterioso e inquietante - e discute con Rachel e Oliver, Mathilde sente che quelle vecchie e polverose mura le stanno parlando, sembrano essere vive e comunicarle qualcosa di importante.

Qualcosa che la spinga non a fuggire ancora, ma anzi a restare, a fermarsi, a stabilirsi definitivamente, a sentirsi finalmente al sicuro, in un luogo da poter chiamare casa.

Man mano che passano giorni e settimane, i rapporti con la sorella e la nipote crescono, maturano, si approfondiscono, e anche quello con Oliver, verso cui comincia a provare un nuovo, inaspettato e travolgente sentimento.

La spia della regina è un romanzo storico che ho apprezzato per il suo stile scorrevole e per questo duplice livello temporale in cui trovano spazio due protagonisti, due storie con i relativi intrecci e dinamiche, e ho trovato tutto molto interessante e ben raccontato.

Mi è piaciuto il filone narrativo legato al 1584, ho trovato intrigante vedere la vita di corte, i complotti di palazzo, le congiure da individuare e sventare, attraverso gli occhi non di un uomo che spicca per prestanza fisica o la favella ammaliante, ma al contrario quelli dii un giovane umile, gentile, mansueto, desideroso solo di vivere una vita serena ma costretto, per sopravvivere, a districarsi fra trame oscure, dove proprio lui - così tranquillo - deve vestire i panni scomodi di una spia, armandosi quindi di coraggio, intraprendenza e un pizzico di incoscienza e temerarietà, e per di più essendo un sordomuto!

Anche il 2021 mi ha catturato, soprattutto grazie alla villa, un posto affascinante le cui mura bisbigliano segreti, drammi, perdite e rinascite, storie di resilienza, di dolore.
Storie di famiglia, quella  famiglia di cui entrambi i protagonisti - pur divisi da secoli di distanza - sentono il disperato bisogno.

Un romanzo molto piacevole, lo consiglio a chi, in special modo, ama autrici come Lucinda Riley o Kate Morton, dove la trama si dipana lungo periodi storici diversi, in cui si mescola fantasia e realtà, dove sono importanti i legami famigliari, le storie dei propri avi e dove c'è una casa tanto grande quanto piena di segreti da scoprire.



lunedì 7 luglio 2025

STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA di Elena Ferrante - L'amica geniale IV [ RECENSIONE ]

 

Ed eccomi giunta all'ultimo, toccante capitolo della serie L'amica geniale, che si conferma essere un'opera di narrativa ricca di intensità, densa di personaggi e passaggi indimenticabili, ambientata in un periodo di tempo vivacizzato da numerosi ed importanti cambiamenti sociali, politici, culturali e sullo sfondo c'è sempre il Rione, questo quartiere che non è solo un groviglio di palazzi, stradine e botteghe, ma un piccolo universo vivo più che mai, il cuore pulsante di un legame d'amicizia che resiste al logorio del tempo che scorre, che vola oltre le divergenze caratteriali e d'opinione e che continua a tenere vicine, per sempre, due donne tanto diverse tra loro eppure unite così profondamente.




STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA
di Elena Ferrante

Ed. E/O
451 pp
Nel terzo libro, abbiamo lasciato Elena Greco completamente in balia del proprio folle e appassionato amore per Nino Sarratore, ricomparso nella sua vita e pronto a stravolgergliela.

Volata assieme a lui a Montpellier, Elena resta via da casa per cinque giorni, scappando da un Pietro ferito e furioso, e da Dede ed Elsa smarrite di fronte ai litigi dei genitori e alla fuga materna. 

L'ebbrezza, frutto del folle gesto d'amore, fa sì che Elena tenga a bada i sensi di colpa verso le figlie, se non fosse che l'amica Lila, saputa la decisione presa da Lenù di lasciare il marito, la mette in guardia dalle certe scelte che potrebbero far del male alle bambine.

Sullo sfondo romantico di questa relazione con l'uomo amato dall'infanzia, le parole di Lila sono sgradevolmente giudicanti ed Elena cerca di non darvi troppo peso.

Ma già durante i pur incantevoli giorni in Francia, nascono in Elena i primi dubbi su Nino, sciupafemmine e dongiovanni nell'animo. 

La verità è che, nonostante lei ami Nino e lui giuri di amare solo lei, al fianco di quest'uomo ritornano  a galla tutte le insicurezze di Elena, che si sente messa in ombra dalla personalità carismatica e accentratrice di Nino, di cui noi lettori (tutti, vero?) conosciamo (e disprezziamo) l'ambiguità, il suo essere così naturalmente subdolo, il viscidume che lo contraddistingue; in fondo, è degno figlio di suo padre Donato (Elena ricorda a sé stessa e a noi lo squallido amplesso avuto con l'uomo sulla spiaggia ad Ischia. Come dimenticarlo, del resto...?).

Accanto a Nino, Lenù si sente insicura perché sa quanto a lui piaccia piacere ed essere adulato e vezzeggiato da tutti, in particolare dalle donne. 

Intanto, ella continua a cercare di tracciare la propria definitiva strada nel mondo della letteratura e, dopo i soliti suoi tentennamenti, riesce a costruirsi, a fatica e non senza i bastoni tra le ruote da parte dell'ex-suocera, una carriera di scrittrice affermata, cercando allo stesso tempo di trovare un equilibrio tra questa professione - che inevitabilmente le sottrae molto tempo da passare con le figlie, le quali crescono incamerando non poco rancore verso questa madre assente, che le lascia prima con la nonna paterna e poi con "zia Lila" -, la relazione con lo sfuggente e inaffidabile Sarratore (che prosegue con la sua attività da intellettuale e uomo di cultura e poi di politica) e il sempre presente ed enigmatico rapporto con Lila.

Ad un certo punto, Lenù decide di trasferirsi con le figlie a Napoli, decisione che inizialmente verrà presa malissimo dalle bambine, che si vedono di colpo catapultate in una realtà grezza, sciatta, miserabile, abituate com'erano ad ambienti decisamente più educati e raffinati.
Nel tornare a Napoli, la Greco cerca di non farsi risucchiare dal Rione, dai vecchi conoscenti, dalle loro chiacchiere e pettegolezzi, da quella rozzezza dalla quale era fuggita anni prima, ma è impossibile. 

Dopotutto, per quanto si senta ormai un pesce fuori d'acqua, Elena Greco viene da lì, da quel posto rumoroso, caotico, pericoloso, dove per vivere ogni giorno devi intraprendere un qualche tipo di lotta con coloro che, da sempre ormai, spadroneggiano e fanno il bello e il cattivo tempo in quello sputo di mondo.

Ritroviamo, quindi, i fratelli Solara (Michele e Marcello), Carmen Peluso, la famiglia stessa di Elena, Gigliola e tutte le altre donne che hanno caratterizzato l'infanzia e l'adolescenza di Elena, e soprattutto Lila ed Enzo, assieme al figlio di lei, Gennaro (Rino).

Lila, dal Rione, non solo non se n'è andata, ma ha messo radici, costruendosi con Enzo una vita stabile e un lavoro solido grazie alla loro piccola azienda informatica.
Al cospetto dell'amica di sempre, Elena continua a soffrirne la soverchiante personalità, quella sicurezza  che desta ammirazione e invidia, quella capacità che la Cerullo ha di sedurre, catalizzare su di sé ogni attenzione, di riuscire a parlare di qualcosa con convinzione e fascino pur non avendo proseguito con gli studi.

Lila è l'amica intelligentissima, intuitiva, magnetica, decisa e con un gran senso pratico e per gli affari, una donna che sa il fatto suo, capace di ottenere risultati invidiabili a dispetto del postaccio in cui vive, e questa amara consapevolezza ha accompagnato Elena da quando le due erano bambine, influenzando il loro legame.
Per ogni decisione importante presa, Elena (che, per certi versi, è ancora l'adolescente che è stata, vale a dire costantemente bisognosa di conferme) si chiede cosa ne penserà l'arguta e schietta Lila, ma contemporaneamente ne rifugge il parere sapendo che lei la farà sentire sciocca e sbagliata. 

Una delle rare occasioni in cui Lenù si sente importante per Lila e  si scopre più forte di lei, è quello che vede le due amiche atterrite in occasione del forte terremoto del 1980: c'è un momento in cui Lila,  forse per la prima ed unica volta, apre davvero il proprio cuore ad Elena ammettendo le proprie debolezze, la propria vulnerabilità e chiedendole di non abbandonarla mai, neanche quando le dirà cose brutte.

E Lila ha quest'abitudine di essere spessissimo brusca con l'amica, di scagliarle addosso le sue opinioni, il suo modo di vedere le cose e di giudicare le scelte di Elena (circa il matrimonio con Pietro, la relazione con Nino, l'educazione delle figlie...) senza filtri, senza chiedersi mai (non prima, almeno) se ciò che dirà ad Elena la potrebbe ferire o offendere.

In questo ultimo capitolo della serie, si chiudono necessariamente molti cerchi, ma altri resteranno drammaticamente aperti.

Ad esempio, il rapporto conflittuale con Immacolata si rasserena almeno un po' durante la malattia della donna.
Anche con Nino si arriva ad un punto fermo e la conoscenza che il lettore ha di questo individuo gli permette di immaginare in che senso la storia tra lui ed Elena potrebbe evolvere...

Ma ci sono cose che resteranno sospese e che non troveranno soluzione.
Vi è un evento centrale e devastante che coinvolge Lila e che, da un certo momento in poi, diviene il fulcro attorno a cui ruoteranno molte delle vicende successive e che indirizzerà drammaticamente l'esistenza della Cerullo, fermandola, lasciandola come spezzata, interrotta, irrisolta.


L'ascolto dell'audiolibro è stato appassionante e non mi aspettavo nulla di diverso: seguire le storie personali di Lenù e Lila, il modo in cui evolvono i fatti, i rapporti con i personaggi e la loro stessa importante amicizia, mi ha molto coinvolta.
È stato naturale, ancora una volta - e per l'ultima - lasciarmi prendere dal loro legame così viscerale, sincero e ricco di contraddizioni (e per questo così vero), pormi al loro fianco e vederle interagire come amiche che sono tali da quand'erano piccole, e che continuano ad esserlo nell'età matura; è stato emozionante "vederle" cercarsi, darsi supporto a vicenda, oscillare tra momenti di vicinanza intensa e periodi di allontanamento.

Sempre avvincente l'intreccio con gli altri personaggi del Rione, alcuni dei quali crescono, cambiano mentre altri restano intrappolati nelle dinamiche che conosciamo, in alcuni casi subendole e divenendo vittime di certi modi di fare ed essere violenti e intimidatori che, purtroppo, non cambiano col tempo. 

Attraverso gli occhi della protagonista, il lettore si confronta con diverse tematiche, come il ruolo della donna in famiglia, nella società e nel mondo del lavoro, la maternità, la malattia, specifici fatti di natura politica, le trasformazioni sociali che scuotono l'Italia non soltanto dagli anni '70 ma anche dopo, sino ai primi anni 2000.

La scrittura immersiva e potente della Ferrante mi ha irretita e affascinata, in tanti frangenti mi ha commossa e mi ha trasmesso le emozioni e i tormenti delle due donne in modo forte;  ho amato la profondità e la naturalezza con cui l'autrice racconta di legami umani ad ogni livello (di coppia, genitori-figli, amicale, fraterno, con il luogo d'origine...), confermo il mio parere sulla serie e non posso che ribadire anche il consiglio di leggerla perché è una tetralogia che merita, alla quale ci si affeziona di libro in libro.

Confesso che, giunta alla fine, ho sentito immediatamente una sensazione di malinconia e so che ancora per un po' sentirò la mancanza di Lila ed Elena, così agli antipodi, e spesso in conflitto l'una con l'altra, da essere l'una speculare all'altra.

Ciascuna è l'amica geniale agli occhi dell'altra e, al netto delle simpatie/antipatie che di volta in volta ambedue mi hanno suscitata, entrambe lo sono ai miei occhi, in modi e momenti differenti.



Le recensioni dei volumi precedenti

L'AMICA GENIALE
STORIA DEL NUOVO COGNOME
STORIA DI CHI FUGGE E DI CHI RESTA







giovedì 3 luglio 2025

I PUNKINARI di Alessandro Pagani, Massimiliano Zatini [ Recensione ]



I PUNKINARI di Alessandro Pagani e Massimiliano Zatini  è uno spassoso libro a fumetti con protagonisti due amici (tre-tre-tre e sei-sei-sei) seduti, giorno dopo giorno, sulla panchina, a bordo campo, mentre aspettano che il mister si decida a farli giocare.
E come pensano di passare in modo divertente il tempo? Attraverso un veloce scambio di battute acute e spiritose, che - lungi dall'essere un mero intrattenimento per riempire minuti che altrimenti sarebbero immobili, noiosi e silenziosi - diventa anche un modo per guardare e parlare del mondo, delle persone attorno a loro, delle preoccupazioni e dei problemi quotidiani con quell'ironia che può davvero salvarci da momenti altrimenti tristi e frustranti.


Ed. Nepturanus
ill. Matteo Cialdella
128 pp
14.90 euro
Che la vita sia un continuo aspettare il proprio turno, è un dato di fatto: ogni giorno ciascuno di noi attende qualcosa o qualcuno, che sia il turno allo sportello del bancomat o il marito che è andato a prendere l'auto parcheggiata chissà dove; dal pullman che ci porterà al lavoro alla moka al mattino che, tempo pochi minuti, ci inonderà le narici con quel delizioso profumo di caffè che attiverà gli ultimi neuroni che il caldo ancora non ha bruciato; c'è chi aspetta con ansia il sabato, chi semplicemente l'alba, chi una telefonata che tarda ad arrivare, chi di fare quella visita all'ospedale prenotata un anno e mezzo prima.

E cosa fai mentre aspetti?
Fumi una sigaretta? Leggi il libro che hai messo in borsa? Metti le cuffie nelle orecchie o giochi a Scrabble sul cellulare?

Tre-tre-tre e Sei-sei-sei sono seduti l'uno accanto all'altro e, mentre attendono di entrare in campo per giocare una partita a calcio, chiacchierano, o meglio si scambiano freddure, battutine, indovinelli, insomma ingannano l'attesa con l'arma dell'umorismo.

Un umorismo intelligente, brillante, che fa sorridere per la sua comicità briosa e sagace, e che tiene uniti i due anonimi calciatori i quali, su quella panchina, si trasformano in "atleti della risata" e, a colpi di gag, giochi di parole e doppi sensi, affrontano il malessere, la frustrazione e l'ansia che spesso accompagnano le attese soprattutto quando non hanno un limite temporale ben definito, ma possono pure protrarsi per un tempo più lungo di quanto vorremmo.

"Credo di non star bene, oggi mi sono visto allo specchio e non mi sono riconosciuto."
"Riguardati"

Ingannare la noia, riempire i tempi morti con l'umorismo, per non soccombere al senso di inutilità che i due amici potrebbero facilmente provare constatando come, di partita in partita, essi restino sempre seduti a guardare i compagni mentre corrono dietro alla palla.

"Che hai fatto ieri sera?"
"Ho visto un film distopico"
Stopico, stopico... Mai sentito, è bravo?"

Scherzare e prendersi simpaticamente in giro è la strada per la sopravvivenza, per non restare fermi e non sentirsi inutili ma anzi rendersi attori e protagonisti della propria personale partita. 


Un fumetto che si legge in un soffio e con il sorriso sulle labbra, sia per le battute in sé (divertenti ed efficaci dal punti di vista della comicità che vogliono esprimere) che per la simpatia che suscita l'immaginarsi questi due calciatori che non calciano, di cui non conosciamo i nomi e che vediamo disegnati solo di schiena, mentre assumono diverse posizioni mentre sono in panchina, e che ci danno l'idea di due bei tipi fuori dagli schemi, capaci di guardare il mondo, sé stessi e gli altri con quella vena di ironia e di leggerezza che può realmente alleggerire certe giornate e aiutarci a restare di buon umore anche quando sarebbe più facile lasciarsi andare alla noia o allo sconforto.

Consigliato assolutamente; il susseguirsi di battute argute e vivace fanno di questo libro a fumetti una lettura davvero spassosa.

venerdì 27 giugno 2025

Recensione * LUPA NERA di Juan-Gomez Jurado *


In questo secondo volume della trilogia Regina Rossa,  ritroviamo gli inseparabili Antonia Scott e Jon Gutiérrez, nuovamente impegnati in un intricato e pericoloso caso, che vedrà i due alle prese con mafia e corruzione.


LUPA NERA
di Juan-Gomez Jurado

Ed. Fazi
trad. E. Tramontin
414 pp
Lola Moreno, sposata con il tesoriere di un clan mafioso attivo nella zona di Malaga, in Spagna, un giorno scompare.

O meglio, fugge ad un attentato da parte di brutta gente - invischiata in affari loschissimi e nei quali il consorte era coinvolto - mandata a far fuori lei e, prima ancora, suo marito Yuri Coro in.
Con Yuri ci riesce, ma Lola, in un mix di fortuna e scaltrezza, riesce a sfuggire ai suoi assassini e a scappare.
Ma la donna è incinta ed è diabetica, per cui necessita di insulina, e questo particolare la rende un soggetto vulnerabile, impossibilitata a nascondersi chissà dove.

La nostra Regina Rossa, Antonia Scott - l'essere umano con il QI più alto al mondo - è chiamata a cercare Lola prima che venga eliminata; accanto a lei c'è Jon, fedele amico e compagno di investigazioni, con cui la donna bisticcia costantemente ma, allo stesso tempo, sa di non poter fare a meno del grosso e forte (non che sia grasso) Gutierrez per risolvere il complicato caso che Mentor ha loro affidato.

I due atipici ma brillanti investigatori hanno imparato a conoscersi, a capire i silenzi e gli sguardi l'uno dell'altra, a riconoscere le qualità e i difetti reciproci e, soprattutto, a volersi bene.
La fiducia, tra loro, è assolutamente fondamentale per andare d'accordo e per lavorare con successo.
Se dovesse crollare questo pilastro, probabilmente si creerebbe tra loro una bella spaccatura.

Non è semplice, ovvio, soprattutto per Jon, che deve confrontarsi quotidianamente con una personalità complicata e una mente affascinante ed eccelsa come quella di Antonia, la quale continua a portarsi dietro i propri tormenti e demoni, uno tra tutti: cercare il "signor White" e Sandra Fajardo, personaggi che abbiamo già conosciuto nel libro precedente e che continuano con le loro macchinazioni a danno di Antonia.

Il compito di scovare Lola Moreno prima della mafia russa - che la vuole morta - ha adesso la precedenza su altre vendette e questioni personali ma, per quanto Antonia sia eccellente nel suo far caso ai dettagli più minuscoli per costruire piste ed ipotesi investigative valide ("Antonia vede ciò che è accaduto in una scena. Non si limita a dedurlo."), a metterle i bastoni tra le ruote ci pensa un personaggio sfuggente e pericolosissimo, in quanto capace di uccidere con estrema lucidità e spietata professionalità senza la minima esitazione: una donna russa che risponde al nome di Čërnaja Volčica, meglio nota come la Lupa Nera, una temibile sicaria ingaggiata dai laidi e crudeli capi dell'organizzazione mafiosa per cui lavorava Yuri Voronin.

Arrivare a Lola e salvarla dalle grinfie di mafiosi significherà immergersi mani e piedi in un'avventura all'ultimo respiro, che porterà Jon e Antonia dai paesaggi assolati dell’Andalusia fino a quelli innevati  della sierra, finendo per essere anche loro bersaglio dei criminali.
Antonia è tenace e determinata e non si darà pace fino a quando non avrà trovato la signora Voronin, ma ciò che lei il collega non immaginano è che purtroppo la corruzione, non di rado, si insinua anche lì dove deve dovrebbe regnare l'amore per la giustizia e la verità...

Lupa Nera è un thriller ricco di azione e avventura, molto movimentato e con un bel ritmo, che dosa bene gli elementi più drammatici con quelli più ironici, legati soprattutto all'imponente protagonista maschile, Gutierrez, che io trovo simpaticissimo e divertente, oltre che buono e leale, insomma il braccio destro ideale per la tormentata ed enigmatica Scott.

Il finale è apertissimo e suscita la voglia di proseguire con il successivo capitolo, Re Bianco.

Ho cominciato la serie tv, Regina Rossa, e per ora mi pare fedele al romanzo e mi sta piacendo.


Alcune citazioni

"E se nulla ci libera dalla morte, almeno che l’amore ci salvi dalla vita."

"Quanto più sola è una persona, più solitaria diventa. La solitudine le cresce man mano intorno, come la muffa. Uno scudo che inibisce ciò che potrebbe distruggerla, e che tanto desidera. La solitudine è cumulativa, si estende e si perpetua autonomamente. Una volta che quella muffa si incrosta, rimuoverla costa una vita."

"Da quando nasciamo, sappiamo qual è il nostro destino. La culla si dondola sull’abisso, pronto a inghiottirla. La nostra vita non è altro che un lampo tra due oscurità infinite. La fine che ci attende ci appare più minacciosa dell’oscurità precedente, quell’istante in cui non sappiamo quale fosse il nostro volto prima di nascere. Forse abbiamo paura di ciò che viene dopo, nel fondo, un briciolo del nostro essere ricorda qualcosa di terribile. Qualcosa che dimentichiamo quando riempiamo per la prima volta di aria i nostri polmoni e piangiamo."

"Il tempo è la nostra giustificazione per l’egoismo che ci isola dalla verità, da quella distruzione che provochiamo, quella che corrode gli altri, quella che in ultima istanza corrode noi stessi."

sabato 21 giugno 2025

Recensione || L'IMPREVEDIBILE CASO DEL BAMBINO ALLA FINESTRA di Lisa Thompson



Un dodicenne affetto da misofobia * passa le giornate chiuso dentro casa a guardare, dalla finestra della propria camera, ciò che accade in strada ai vicini.
Un'abitudine stramba, che lascia perplessi i vicini e smarriti e dispiaciuti i genitori ma che, al momento opportuno, potrebbe rivelarsi molto utile per risolvere un mistero...


L'IMPREVEDIBILE CASO DEL BAMBINO ALLA FINESTRA
di Lisa Thompson


De Agostini
trad. M. Lowery
V. Zaffagnini (ill)
304 pp

«Non aspettare che il temporale passi. 

Devi uscire e danzare sotto la pioggia.»


Matthew Corbin è un ragazzino di dodici anni che sta vivendo una fase molto delicata della propria giovanissima vita: ha, infatti, un'immensa paura dei microbi e questa condizione non può che farlo soffrire e creargli problemi nella gestione della quotidianità e del rapporto con gli altri.
Matthew è ossessionato all'idea che miliardi di germi e batteri si depositino su qualsiasi superficie a lui vicina e che possano "assalirlo", contaminandolo e facendolo ammalare.
E lui deve assolutamente evitare di "sporcarsi" toccando o facendosi toccare da qualsiasi cosa o persona sia portatrice di maledetti e micidiali microbi. Non può e non vuole, per nessuna ragione, ammalarsi a causa di questi esserini invisibili e potenzialmente mortali.
Una fobia del genere non può che condizionare la sua vita quotidiana.

Tanto per iniziare, non esce praticamente mai di casa e raramente dalla propria stanza.
Starsene chiuso tra le famigliari quattro mura - che egli si premura di pulire e lucidare e disinfettare in ogni modo, con costanza e tenacia - lo fa sentire al sicuro da germi, batteri e da tutti i pericoli del mondo esterno. 

I genitori Sheila e Brian sono preoccupati: il loro bambino si rifiuta di andare a scuola, non vuole neppure giocare a biliardino col padre, non si lascia abbracciare, sta lontano dal gatto Nigel come se da un momento all'altro potesse saltargli addosso e attaccargli peli e malattie feline... 
E ovviamente non ha amici, non va in strada a giocare a pallone, non esce... niente: passa il tempo affacciato alla finestra a osservare gli strani vicini di casa e ad annotare ogni cosa sul suo diario. 

Fino al giorno in cui Teddy, il nipotino del signor Charles, che ha solo quindici mesi, scompare improvvisamente.
Matthew è stato l'ultimo a vederlo, dalla finestra, ma ovviamente non sa dire come sia potuto allontanarsi dal giardino in cui stava giocando né se un estraneo si sia introdotto per rapirlo.

Quando la polizia viene allertata, comincia a piantonare il giardino e il quartiere, facendo domande a tutti, compreso Matthew, che racconta ciò che sa lasciando un po' interdetti i poliziotti quando capiscono che il ragazzino non fa che osservare tutto e tutti dalla sua finestra e scrivere ciò che vede sul quaderno.

Una cosa emerge chiaramente da subito: la scomparsa del piccolo non ha lasciato tracce, non si riescono ad individuare né moventi né testimoni davvero utili né una banda di rapitori ha chiamato per chiedere un riscatto. 

L'angoscia di tutti è alle stelle e Matthew sta bene attento ad analizzare i comportamenti di tutti.
C'è chi si comporta come sempre - tipo la coppia che aspetta un bambino - e chi invece è più strano che mai, come il nonno del piccolo, il signor Charles, che continua a curare il proprio giardino con la stessa sollecitudine di sempre, oppure la sorella maggiore di Teddy, Casey, sempre con la sua inquietante bambola di porcellana in mano e con quel suo continuo prendere in giro Matthew chiamandolo pesciolino (proprio in virtù del fatto che se ne sta chiuso in camera come un pesce in un acquario).

Il ragazzino assorbe tutta l'ansia e la paura degli adulti in merito alla scomparsa di Teddy e vorrebbe poter fare qualcosa, ma come potrebbe, proprio lui che non ha manco il coraggio di uscire fuori di casa?

Ed ecco, allora, che la strada migliore da percorrere è aprirsi un po' agli altri.

In particolare, c'è la giovanissima vicina Melody Bird - una tipa un po' strana che ha l'abitudine di frequentare il cimitero - e, più tardi,  si aggiungerà Jake, coetaneo di Matthew e, in passato, suo grande amico.

Per Matthew interagire col prossimo - a partire dagli stessi genitori - è molto difficile perché il pensiero di contaminarsi lo ossessiona e lo terrorizza.
Leggere di quante volte (decide e decine) si lava le mani con sapone, candeggina, acqua bollente, della quantità di guanti di cui necessita quando esce dalla propria camera... fa tenerezza e fa riflettere su quanto soffrano le persone affette da disturbi ossessivo compulsivi (DOC), come questo che affligge il protagonista.

Ma da cosa ha origine questo DOC in un bambino di dodici anni?

Durante la lettura, capiamo che c'è stato un evento tragico e doloroso, accaduto in famiglia, che lo ha traumatizzato, innescando in lui questo terrore di sporcarsi, unito al senso di colpa che, lasciandosi raggiungere dai microbi, potrebbe essere causa di problemi per le persone che ama.

Matthew è un ragazzino intelligente, sveglio, sensibile; egli si rende conto di come e quanto i suoi genitori soffrano nel vederlo così e questo lo fa stare peggio, perché aumenta il senso di colpa e lo fa sentire inadeguato, incapace, diverso.

Appassionarsi alla sparizione del bimbo, però, diventa l'occasione per sfidare sé stesso e le proprie paure, per tentare di vincerle, lasciandosi aiutare dai due amici investigatori e dai genitori, che si sono rivolti a una professionista per capire come andare incontro ai comportamenti ossessivi del figlio.

L'investigazione procede, tra ipotesi, piccoli abbagli ed errori e nuove piste da percorrere.
Sarà la capacità di osservazione di Matthew a permettere di risolvere il mistero e a condurlo dritto dritto dai colpevoli della scomparsa di Teddy.

Questo romanzo per ragazzi lo consiglio perché  ha il pregio di essere molto scorrevole nello stile, originale nella trama perché il protagonista ha questo DOC e la sua condizione ci viene descritta con naturalezza, senza essere né pesante né superficiale; l'elemento giallo è accattivante ma ad avermi colpita maggiormente è l'aspetto psicologico legato alla fobia, al rapporto con i genitori, con l'esperienza traumatica che sta all'origine, e mi sono commossa verso la fine perché l'autrice è riuscita a farmi sentire le difficoltà e la sofferenza che si celano dietro un disturbo che, dall'esterno, può apparire bizzarro ma che in realtà nasconde disagio, dolore, fragilità e che va quindi individuato, trattato, compreso in modo serio e professionale. Bello il messaggio di speranza che lascia in riferimento alla possibilità di riprendere la propria vita e ricominciare a vivere.

Molto carino, lo consiglio!!




*  La misofobia consiste in una estrema paura dei germi ed è caratterizzata dalla tendenza ad evitare, in ogni modo possibile, l’esposizione ad agenti contaminanti.
Come ogni fobia, tende a peggiorare proporzionalmente agli evitamenti messi in atto.
Nel tempo è possibile rimanere bloccati in un circolo vizioso che compromette la qualità di vita, simile a quello caratteristico del disturbo ossessivo compulsivo (> QUI <).

lunedì 16 giugno 2025

Recensione || Il BAGLIORE D’ARGENTO di Catherine Bilson



Una giovanissima insegnante lascia la California per insegnare nell'unica scuola di un paese piccolo e tranquillo, senza immaginare che la sua vita sta per cambiare radicalmente.
Un aitante cowboy è alla ricerca dell'oro nella assolate terre del Nevada ma, nel tornare a casa, sarà l'amore a trovare lui...



Il BAGLIORE D’ARGENTO
Romanticismo e coraggio nel cuore della frontiera 
di Catherine Bilson


(Cuori di Frontiera Vol. 1)
416 pp.
Daisy Jackson è una giovane maestra, orfana di entrambi i genitori e sola, che si candida per il posto di insegnante a Rattlesnake Ridge,  in Nevada.
Nell'inviare la candidatura non dà dettagli sulla sua giovane età, né sulla mancanza di esperienza lavorativa né, soprattutto, sulle sue origini miste (è per metà cinese), che potrebbero non essere accettate dal comitato cittadino.
Eccitata all'idea di cambiare vita, lascia la California per recarsi in questo nuovo stato.

Luke Rockford è un cowboy che ha superato la trentina, è bello, muscoloso e ancora scapolo.
Quando accidentalmente i suoi occhi si posano sul bel faccino della nuova maestrina di Rattlesnake Ridge, ne rimane immediatamente affascinato, anzi folgorato. 

Comincia a girarle rispettosamente attorno e a corteggiarla con discrezione, mentre lei oscilla tra l'imbarazzo e il piacere di essere corteggiata da un così baldo giovane.

Insomma, lui piace a lei, lei piace a lui... Devono solo dichiararsi amore eterno e vivere per sempre felici e contenti.

Però giustamente qualche problemino ci deve essere, sennò sarebbe tutto fin troppo semplice (lo è comunque, tranquilli).

L'ostacolo ha un nome e un distintivo, quelli del vice sceriffo Grant Watson, pure lui attraente e giovane, che ha messo gli occhi sulla giovane maestra. 
E Grant, al contrario del rozzo ma galante Luke, non è il tipo che si chiede se potrebbe o no piacere a Daisy; lui è di quelli abituati ad avere sempre ciò che vogliono e da subito manifesta un ingiustificato senso di possesso verso la ragazza, il che lo porta ad avere comportamenti inopportuni.

Ma la bella e pura fanciulla non ha nulla da temere: c'è il bel cavaliere sul proprio destriero e con la mano sulla pistola a salvarla dai cattivi!

Cavaliere che, tra l'altro, sta cercando - assieme al fidato amico Jack - di seguire le orme paterne e andare alla ricerca dell'oro a Virginia City *.  Chissà che la fortuna non gli sorrida...


Siamo nel 1871 e Rattlesnake Ridge è tipo Virgin River versione western: si conoscono tutti, sono tutti - o quasi - socievoli, amichevoli, disponibili a dare una mano (la prima persona con cui Daisy fa amicizia è una vedova rispettabile e dal carattere forte, che per campare canta nei saloon ma anche nel coro della parrocchia, a testimonianza del fatto che è una brava persona, eh), pronti a organizzare buffet per mangiare qualcosa insieme; poi qui ci sono anche la chiesuola con il reverendo simpatico e generoso e lo sceriffo comprensivo e attento ai bisogni e ai problemi dei cittadini.
In pratica, un posticino idilliaco, pacioso, quasi paradisiaco, dove i pochissimi cattivelli che rovinano l'atmosfera bucolica vengono tempestivamente individuati e resi inoffensivi.

I personaggi principali sono (appena) sufficientemente delineati e rientrano nei cliché del genere romance più classico: lei ingenua, il candore virginale la precede e la segue pure (sospetto creda che i bimbi nascano sotto il cavolo ma potrei sbagliarmi), non ha mai conosciuto neanche lontanamente il sapore di un bacio a fior di labbra, è un'insegnante coscienziosa e amorevole, unica pecca: sangue misto, che a quel tempo era effettivamente un problema **
Ed infatti l'autrice menziona -. ma senza approfondire più di tanto - il tema dei pregiudizi razziali.

Che dire...?
Lo consiglio solo ed unicamente (e comunque con moooooolte riserve) a chi desidera leggere un romance pulito, squisitamente romantico, ricco di buoni sentimenti e belle persone, con un'ambientazione che personalmente io trovo sempre attraente: il vecchio West, appunto, e anzi è proprio il motivo che mi ha spinto a scegliere questo libro sul catalogo Kindle Unlimited.

Per il resto, la storia di per sé non spicca per originalità, i personaggi sono abbastanza stereotipati e prevedibili in opere e parole, ma a darmi fastidio è stata - DI NUOVO! - la traduzione che, ripeto (come nel caso di Sabbie di Persia) è di sicuro frutto dell'Intelligenza Artificiale ed è "super iper pessima".

Non ho pensato a screenshottare tutte le castronerie perché ero impegnata a ridacchiare per il nervosismo (non so neppure io perché non l'ho mollato), ma un paio le ho evidenziate, verso la fine.

Insomma, lettori e lettrici: ci sono tanti bei libri (anche sentimentali, per chi ama il genere) tradotti bene, per cui questo lo eviterei.
E c'è pure il seguito, perché il romanzo appartiene a una serie.







*Virginia City è una famosa città mineraria fondata nel 1859, durante il periodo della febbre dell’oro, sul pendio di un colle a seguito della scoperta di un filone nel vicino Six Mile Canyon. In pratica è una città del vecchio West e passeggiare tra le sue strade è come saltare sulla macchina del tempo.


** Nel 1861 nello stato del Nevada vigevano le leggi contro la mescolanza razziale che vietavano indistintamente il matrimonio tra bianchi e gruppi non bianchi, soprattutto afroamericani, nativi americani e asiatici in generale. Ma nel 1868 fu ratificato il XIV Emendamento alla Costituzione che, tra le altre cose, stabiliva che erano cittadini tutti coloro nati o naturalizzati negli Stati Uniti.



venerdì 13 giugno 2025

Recensione || SFUMATURE di Alessio Falavena



Tre persone di diversa età, giunte a una fase della vita in cui si sentono smarrite, piene di incertezze, timori, dubbi, in un arco di tempo piuttosto breve, in una sera e in una piazza come tante, si ritrovano a condividere pochi ma significativi attimi che li faranno sentire in qualche modo uniti, intrecciati, fino a fondersi in qualcosa di nuovo e complesso.


SFUMATURE 
di Alessio Falavena



Ed. Scatole parlanti
104 pp
15 euro
"...tutti sono, in fondo, l’unione degli incontri con le persone che incontrano."


David ha appena lasciato il proprio impiego in un'azienda in cui lavorava da sette anni per inseguire il sogno di scrivere canzoni; lui ama mettere nero su bianco ciò che prova e pensa, e farne una canzone, una melodia che qualcuno suonerà e delle parole che una cantante canterà al posto suo.

Valentina è una ragazza che fa la commessa in un negozio di abbigliamento ma è un'attività che trova impersonale, verso la quale non sente alcun entusiasmo. Nonostante la giovane età, è un tipo solitario con scarsa vita sociale e questo le sta bene.
Attualmente, vive ogni giorno, da mesi, con la sensazione di correre e restare sempre nello stesso punto.

Andrea ha passato i quaranta, ha un matrimonio naufragato alle spalle e una grande amarezza nel cuore a causa di questa relazione finita, i cui strascichi ancora gli pesano sul cuore.

I tre non si conoscono, pur abitando nella stessa città, e una sera le loro strade si incrociano, per pura casualità in una piazza.

Quella sera accade qualcosa che costituirà per i due uomini e per la ragazza una sorta di spartiacque, un momento cruciale dopo il quale nelle loro vite cominceranno a maturare nuove consapevolezze su sé stessi e il modo in cui stanno conducendo le proprie esistenze.

Andrea, in particolare, è colui che mette in atto una condotta che lascia gli altri due sgomenti, perplessi e, per alcuni secondi, impauriti; sì, perché egli si sente arrabbiato, furioso con sé stesso e con il mondo intero e istintivamente questa furia rischia di esplodere proprio al cospetto di quei due estranei. 

Nasce una scintilla di tensione tra Andrea e Valentina, la quale sta passando per quella piazza, e la ragione è di per sé piuttosto futile; ad essa assiste David, che si intromette "a difesa" di Valentina e ambedue diventano oggetto della rabbia (immotivata ed esagerata) di Andrea, che si comporta male soprattutto con David, provocandolo e manifestando un'aggressività decisamente inopportuna in un contesto che non giustifica comportamenti violenti.

Dopo poco, i tre si separano e tornano ciascuno alle loro vite, ma qualcosa quella sera è successo dentro di loro e il pensiero di quell'incontro casuale non li abbandonerà, anche perché da quel momento il ... caso?, il destino? li farà incontrare ancora.

Se David e Valentina restano perplessi ripensando alla condotta di Andrea, quest'ultimo è consapevole di essersi comportato male e ripensa con vergogna a quella sera in piazza.
Una parte di lui vorrebbe trovare la forza di scusarsi con entrambi.
Ma intanto, ciò che gli resta sono giornate di nervosismo e amarezza nel pensare all'ex-moglie e al fallimento che è stata la loro relazione, e di tristezza nell'interagire con un padre ormai anziano e fragile ma di cui ha sempre sofferto le assenze.

Tanto Valentina quanto David si sentono spinti a ritrovare loro stessi, a recuperare i sogni chiusi in un cassetto e quel fuoco dentro che una quotidianità scialba sembra avere, se non spento, offuscato; ciascuno si sforza di cercare la propria strada e di dare importanza a sensazioni, pensieri, turbamenti, stati d'animo, esperienze, compresi i fatti di quella fatidica sera in piazza e l'incontro a tre, che ha generato un fiume di emozioni contrastanti che li hanno avvolti, travolti, coinvolti e, per qualche minuto, uniti.

Andrea, David, Valentina: tre persone con esistenze "fratturate", sospese, temporaneamente interrotte, schiacciate da paure, delusioni, dal timore di non potercela fare. 

Tre persone come tante, caratterialmente diverse eppure accomunate dal loro essere irrisolte.

Il loro incontro, senza che essi sappiano poi spiegarlo razionalmente, innesca l'opportunità di riflettere e di cambiare interiormente, intraprendendo un primo, piccolo ma necessario passo per risolvere i conflitti che li tormentano e lasciare entrare più luce nelle ombre che occupano i loro cuori.

Sfumature è un romanzo breve ma di cui ho avuto modo di apprezzare la penna profonda, la scrittura intensa e delicata, che sa cogliere e raccontare la quotidianità di gesti, abitudini, sentimenti, pensieri e insicurezze come ne hanno tutti gli esseri umani e di farlo con una bella capacità introspettiva, un linguaggio che, nella sua semplicità, sa avvicinare il lettore al mondo emotivo del personaggi.

La narrazione è in terza persona quando entriamo nelle giornate di Valentina ed Andrea, mentre la prospettiva di David è narrata in prima persona; dei tre protagonisti emergono con chiarezza i temperamenti, i vissuti che li hanno formati e segnati, le sconfitte, il senso di smarrimento ma anche la voglia di non restare impantanati nelle proprie umane paure.

Consigliato, un libro breve ma molto piacevole e scorrevole nello stile e profondo nei contenuti.

 




sabato 7 giugno 2025

Recensione || L'EDUCAZIONE di Tara Westover

 

Romanzo biografico e di formazione, L'educazione ci racconta la storia della sua autrice, nata e cresciuta in una famiglia di mormoni fondamentalisti, con a capo un marito/padre ossessionato dall'imminente fine del mondo e con una madre amorevole sì ma ciecamente sottomessa alla "fede" del marito al punto da non intervenire di fronte ai soprusi che si consumavano dentro e fuori le mura di casa.

Uscire da una tale complessa e soffocante situazione famigliare non sarà facile ma si renderà comunque necessario.

L'EDUCAZIONE
di Tara Westover


Feltrinelli
trad. S. Rota Sperti
384 pp

Tara nasce in una isolata località di montagne, nell'Idaho; è l'ultimogenita e tanto lei che sua sorella Audrey e i loro fratelli Luke e Richard non sono stati registrati all'anagrafe, alla nascita (lo saranno qualche anno più tardi) perché suo padre - mormone survivalista - ha sempre odiato il governo, con le sue leggi e i suoi loschi tentativi di schedare, ingabbiare, schiavizzare e controllare le persone. 
Per la medesima ragione, non ha mandato a scuola nessuno dei suoi figli, compresi i maggiori Tony, Tyler e Shawn.
I ragazzi Westover non conoscono neppure cosa voglia dire andare in ospedale o farsi visitare da un dottore.
Sono cresciuti senza libri, senza sapere cosa succede nel mondo oggi né cosa sia successo di rilevante in passato; tutto ciò che sanno proviene dalla Bibbia e dal Libro di Mormon, e gli unici "personaggi storici" di cui sanno vita morte e miracoli sono Joseph Smith e Brigham Young *.

La loro mamma a un certo punto, contro la propria volontà e su insistenze del marito Gene, ha iniziato a lavorare come levatrice e guaritrice, divenendo esperta nell'uso di piante medicinali.
I figli hanno imparato sin dall'infanzia ad aiutare sia dentro casa (ad esempio, nello stufare le erbe per la madre o preparare frutta sciroppata da conservare in vista della fine del mondo) che fuori, accompagnando il padre in discarica per recuperare metalli. 

Lavoro, quest'ultimo, pesante e pericoloso, tanto che Tara ci racconta diversi episodi drammatici in cui lei o un paio di fratelli si sono fatti moooolto male proprio lavorando col padre, e non hanno potuto neppure usufruire dell'ospedale ma solo rimettersi nelle sapienti mani della mamma e in quelle misericordiose del Signore.

Fino a diciassette anni Tara non aveva idea di cosa fosse l’Olocausto o l’attacco alle Torri gemelle e l'idea di andare a scuola era quasi una bestemmia alle orecchie del padre, che al solo nominarla cominciava ad inveire contro la cultura del mondo, peccaminosa, seducente, contraria al volere di Dio.

Il clima in casa era spesso pesante: il padre era un uomo carismatico ma anche folle e incosciente, fino a diventare pericoloso; il fratello maggiore Shawn era chiaramente disturbato e diventa violento con le sorelle; la madre cercava di difenderle, ma piuttosto blandamente e comunque sempre restando fedele alle sue credenze e alla sottomissione femminile prescritta.

L'unica "pecora nera" in casa è sempre stato Tyler, uno dei fratelli, il più tranquillo e riflessivo che di punto in bianco ha deciso di studiare, decidendo - contro la volontà paterna - di lasciare casa pur di iscriversi al college.

Sarà proprio lui a consigliare a Tara di non restare a lungo tra quelle montagne, ma di provare a costruirsi la propria strada, magari attraverso lo studio, la scuola.

 “C’è un mondo là fuori, Tara,” disse. “E ti sembrerà molto diverso una volta che il papà avrà smesso di sussurrarti all’orecchio cosa ne pensa.”

E infatti Tara, incuriosita e desiderosa di sapere cosa e quanto ci fosse di nuovo e interessante oltre l'educazione ricevuta in casa, decide di seguire le orme di Tyler e di provare a leggere e studiare i testi scolastici, pur non avendo lei altre basi se non quelle (limitate) datele dalla madre.

Ed è così che la possibilità di emanciparsi, di vivere una vita diversa, di diventare una persona diversa fa capolino nella sua mente e diventa per lei il trampolino per spiccare il volo, per cominciare ad allentare gli stretti legami con quella famiglia ingombrante, in cui si respira costrizione, doveri, ordini da eseguire, dove il tipo di attività che la vede impegnata è non soltanto decisamente mascolina, ma altresì pericolosa e senza sbocchi per il futuro.
Se lei restasse tra quei monti, a separare pezzi di ferro e alluminio, non avrebbe alcuna possibilità di dare una svolta alla propria vita.

Per non parlare del fatto che Tara, come tutti gli esseri umani, ... cresce.
Passano gli anni e non è più la bambinetta di nove anni che va dietro alla madre a veder nascere dei bambini, ma è un'adolescente che comincia a chiedersi se potrebbe piacere ai ragazzi, e se potrebbe mai piacere loro conciata com'è, con la salopette lorda e un cattivo odore sempre attaccato addosso a causa dei lavori da fare con e per il padre.
E quando il fratello Shawn si scontra con la realtà di questa sorellina - chiamata affettuosamente Morennina, con cui ha iniziato da qualche anno ad instaurare un buon rapporto, fatto di complicità - che sta maturando, il cui corpo sta sbocciando, che ha voglia di sistemarsi prima di uscire, forse anche di mettere un velo di rossetto..., qualcosa gli scatta nella testa e il suo comportamento verso Tara subisce una brusca deviazione.

Shawn diventa violento, aggressivo fisicamente e psicologicamente, non fa che prendere per i capelli Tara anche solo se lei gli risponde male o lo ignora, metterle la faccia nel water, torcerle polso e braccia sino a farla quasi svenire dal dolore, il tutto accompagnato da una sfilza di pesanti insulti, che terminano solo quando lei, per porre fine a quella sofferenza, si umilia e chiede scusa.

"È strano quanto potere dai alle persone che ami, avevo scritto sul mio diario. Ma Shawn aveva un potere su di me che era inimmaginabile. Aveva definito chi ero, e non esiste potere più grande di questo."

Ogni volta che questi episodi accadono, Tara reagisce in un modo che a me personalmente, in certi momenti, ha irritato: ride e, se c'è gente a guardarli mentre avviene questa violenza, ride ancora di più e comincia a gridare frasi sconnesse che facciano pensare agli sgomenti spettatori che è tutto ok, i due fratelli stanno giocando.

È chiaro che è un meccanismo di difesa, che Tara mette in atto per convincere se stessa che Shawn non la sta mica per ammazzare, che di lì a poco smetterà di torcerle il braccio o di sedersi sulla sua schiena gridandole ingiurie...
Tara, sconvolta ogni volta, prova poi a fare il punto di ciò che è accaduto, ad analizzarne ogni frammento, arrivando a trascriverlo su un quaderno per non dimenticarlo, perchè un domani i ricordi non si confondano.

E il rischio che i racconti di aneddoti del passato possano essere falsati è concreto, tant'è che spesso l'autrice inserisce delle note per far sapere al lettore che di un dato fatto ci sono varie versioni in famiglia, e che certi suoi ricordi sono confermati o smentiti dai fratelli presenti di volta in volta.

Quando Tara - diventando adulta e dopo aver deciso di dire basta a quella situazione famigliare che la vede sempre vittima di botte e ingiurie da parte di Shawn, il quale viene sempre difeso e coperto dai genitori - tenta di iscriversi al college (alla Brigham University) non sa ancora - o forse lo immagina appena - che quello sarà soltanto il primo passo per l'emancipazione, l' inizio della sua battaglia per scrivere la propria storia personale al di là e al di fuori di quella della propria famiglia.

Pensare di recidere i legami con essa è inevitabilmente fonte di dolore perché comunque lei ama i propri cari, ma al contempo sa che se restasse in quella casa, morirebbe dentro, ogni opportunità di fare della propria vita qualcosa di prezioso e unico, svanirebbe, verrebbe schiacciata da cumuli di pesche sciroppate, dall'odore delle piante cotte dalla madre e dal ferro accartocciato in discarica col padre.
Per non parlare del pericolo costituito da Shawn.

L'educazione è quindi non solo un'autobiografia ma soprattutto un romanzo di formazione, in cui l'educazione diventa lo strumento principale di riscatto di una ragazza da un'eredità famigliare che, lungi dal poter essere una ricchezza, rischia di essere un fardello, un ostacolo alla propria autorealizzazione.

È un processo irto di dubbi e paure, quello che vive Tara per trovare sé stessa, il proprio valore come singola persona, che può e sa vivere (e bene!) anche fuori dal nido famigliare, per certi versi rassicurante, per altri insidioso.

Non è facile dare un calcio agli insegnamenti religiosi ricevuti, che hanno contribuito a formare la sua personalità, nel bene e nel male.

"Ad avere valore non ero io, ma la patina di obblighi e cerimonie che mi frenava."

Lo studio di materie come la Storia ** le aprono la mente, allargandole gli orizzonti e offrendole altre chiavi di lettura della realtà, prima analizzata solo da un'unica prospettiva: quella della fede mormona.

"Avevo cominciato ad accorgermi di una cosa fondamentale che riguardava mio fratello, mio padre, me stessa. Avevo capito che eravamo stati scolpiti da una tradizione che ci era stata data da altri, una tradizione di cui eravamo volutamente o accidentalmente all’oscuro. Mi ero resa conto che avevamo prestato le nostre voci a un discorso il cui unico scopo era quello di disumanizzare e abbrutire gli altri – perché era più facile alimentare quel discorso, perché conservare il potere sembra sempre la strada migliore."


"Tutti i miei sforzi, tutti i miei anni di studio mi erano serviti ad avere quest’unico privilegio: poter vedere e sperimentare più verità di quelle che mi dava mio padre, e usare queste verità per imparare a pensare con la mia testa."

La lettura di quest'autobiografia romanzata mi ha suscitato diverse emozioni, legate anche al fatto che c'è di mezzo l'argomento fede, al quale sono sensibile per ragioni personali.
Mi ha sempre "spaventata" il fondamentalismo religioso e, con gli anni, ho cercato di evitarlo, pur avendo dei saldi principi di fede, basati sull'insegnamento delle Sacre Scritture.

I libri (ma anche le serie tv, i film e i documentari) che trattano di questi movimenti religiosi estremi, che dicono di ispirarsi alla Bibbia ma in realtà ne distorcono spesso il senso, mi hanno sempre interessata moltissimo ed ho letto con molta partecipazione il racconto che la scrittrice fa della propria famiglia, dell'educazione ricevuta al suo interno, dei legami famigliari forti e, per alcuni versi, tossici; mi hanno colpito le figure maschili, in particolare il padre e Shawn, il primo probabilmente bipolare e il secondo con gravi problemi di autoregolazione della rabbia e degli istinti violenti.
Ammirevole la forza di volontà di Tara, che ha iniziato, affrontato e proseguito con profitto un percorso di studi sempre più difficile, partendo da un'istruzione domestica davvero molto limitata; lei alcune volte mi ha irritata per il suo essere succuba di certe dinamiche ed altre mi ha intenerita per la stessa ragione, perché comunque non ci si libera di determinati retaggi con uno schiocco di dita e sicuramente allontanarsi da casa le è costato non poco, emotivamente.

Lo consiglio, la lettura scorre in modo via via sempre più avvincente, soprattutto perché si legge con la consapevolezza che è una storia vera.





* Smith è stato il fondatore e il primo presidente della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (i "mormoni"); Brigham è stato il secondo presidente. Entrambi erano considerati dai fedeli "profeti e veggenti".


** Tara Westover è nata in Idaho nel 1986. Dopo una laurea alla Brigham Young University, ha vinto una borsa di studio a Cambridge, dove ha conseguito un dottorato di ricerca in storia.






giovedì 5 giugno 2025

§ Recensione § SABBIE DI PERSIA. Romanzo storico basato sulla storia biblica di Esther di Elizabeth Faye

 

La storia della regina Esther, narrata nella Bibbia, viene qui romanzata, in un mix di elementi presi dalle Scritture ed altri inventati dall'autrice; il risultato è un romanzo piacevole capace di trasportare il lettore in un tempo lontano.


SABBIE DI PERSIA.
Romanzo storico basato sulla storia biblica di Esther
di Elizabeth Faye


298 pp
È il 483 a.C. quando la sedicenne Vashti, di origini egiziane, viene scelta dall'imperatore persiano Serse come sua consorte.
Sebbene viva in un ambiente regale, sontuoso e privilegiato, la ragazza si rende subito conto che "non è tutto oro ciò luccica", che il suo essere imperatrice non le dà alcun reale potere e che le insidie sono sempre dietro l'angolo.

Ed è suo marito l'insidia principale.

Capriccioso, burbero, soggetto a cambi repentini di umore, iracondo, schiavo dei propri piaceri sensuali, pericoloso nelle decisioni che prende sull'onda dell'istinto, l'imperatore non sa farsi amare.

La saggia zia Irdabama non lo ritiene un imperatore all'altezza del padre, che l'ha preceduto sul trono; i suoi servitori e i suoi eunuchi più fedeli hanno paura dei suoi scatti d'ira e del suo umore altalenante.
La sua giovane moglie avrà modo di sperimentare, sulla propria pelle, quanto può essere perfido Serse, quanto può essere insensibile.

Prima ancora che lei possa comunicargli di essere incinta del loro primo figlio, Serse tiene un luculliano e sfarzoso banchetto lungo una settimana, con tutta la gente più nobile al suo cospetto, ma la situazione degenera, sfociando nella dissolutezza.

Spaventata, Vashti si trova di fronte a una scelta impossibile: sottomettersi all'umiliazione pubblica o sfidare l'uomo più potente del mondo. 

In un moto d'emancipazione e di affermazione della propria dignità di persona meritevole di rispetto, Vashti si rifiuta di comparire dinanzi all'imperatore per obbedire ai suoi egoistici capricci.
Questa decisione le costerà caro e, se anche le verrà risparmiata la vita, la corona le cadrà dal capo...

La scomparsa della regina Vashti dal fianco di Serse apre le porte ad un'altra donna: Esther.

Esther ha solo tredici anni quando viene condotta alla corte dell'imperatore perché attraversi un periodo in cui lei ed altre ragazze verranno lavate, profumate e rese pronte per presentarsi dinanzi a Serse, che poi sceglierà tra loro l'imperatrice che sarà al suo fianco sul trono di Persia.

Esther è un'ebrea, orfana di entrambi i genitori e per questo cresciuta dal cugino Mardocheo (Mordecai), che l'ha tenuta in casa, non facendole mancare nulla ma esigendo anche dei lavoretti per contribuire al ménage famigliare.

Una cosa le ha sempre ordinato Mardocheo in modo severo: non rivelare mai che loro due sono Giudei.
Tutti devono continuare a credere che vengono da Babilonia. Ne va della loro sicurezza, della loro stessa vita.

Dal momento in cui la ragazza entra nel palazzo reale, si fa subito ben volere dagli eunuchi che si occupano di andare incontro alle esigenze delle "fanciulle dell'imperatore"; mentre il proprio segreto è al sicuro nel suo cuore, la bellezza e l'innata eleganza di Esther incantano anche l'imperatore, che la sceglie come moglie.

Mardocheo coglie l'occasione per cominciare a chiedere alla cugina Esther di ricordarsi di lui, di non lasciarlo fuori dalle grazie del suo potentissimo consorte e di continuare a nascondere la loro identità.

Ma gli eventi cominceranno a prendere una piega complicata quando entrerà in gioco un personaggio borioso e ambizioso, che desidera farsi bello agli occhi di Serse e brama essere glorificato da lui.
Quest'uomo è Aman e ben presto rivelerà la propria natura malvagia, mettendo a rischio l'esistenza di Esther, di Mardocheo e di tutto il popolo giudeo che risiede tranquillo nel regno di Persia.

Cosa farà Esther per salvare sé stessa e la sua gente dalle insidie di questo nemico dei giudei?
Qualunque decisione prenderà, comunque metterà a repentaglio la propria esistenza e il proprio ruolo.

Ma in lei, tra le nebbie della paura, comincerà pian piano ad insinuarsi anche un desiderio fino a quel momento rimasto sopito: conoscere il Dio degli ebrei, El Shaddai, quella divinità onnipotente che i suo padri adoravano e che lei, esiliata in terra straniera, non ha mai avuto modo di "conoscere". 

Seguiamo le vicende di Esther e Mardocheo mentre, parallelamente, ce ne sono altre che creano dinamiche: rivediamo Vashti, la cui vita isolata è andata avanti ma che, negli anni, ha maturato il pensiero di ribellarsi al dominio di quell'imperatore che l'ha usata e rigettata come un cencio vecchio e inutilizzabile.
C'è la storia di Artemisia, una donna forte, determinata, capace che, dopo essere stata un'ufficiale dell'impero persiano, perderà ogni privilegio; anche in lei, nel suo cuore ferito e umiliato, la rabbia e il rancore getteranno i semi della ribellione.
Conosciamo le storie di alcuni eunuchi, costretti da ragazzi a diventare tali, a veder distrutti i propri villaggi e uccisa la propria famiglia; molti di loro covano ineluttabilmente odio e vendetta verso quell'imperatore che li ha resi schiavi e  "menomati".

E così le tensioni politiche si fanno sentire sempre più forte tra la popolazione, e in Egitto e Babilonia comincia a soffiare il vento della rivolta...

Questo romanzo storico conserva e trasmette tutto il fascino antico dei tempi in cui è collocato, ma il luccichio e lo sfarzo di un ambiente popolato da gente potente e piena di ricchezze, nasconde inevitabilmente del marcio: egoismo, prepotenza, intrighi, tradimenti, lascivia, umiliazioni e soprusi.

È un mondo in cui le donne sono pedine nei giochi di potere degli uomini ma i personaggi femminili principali - Esther, Vashti, Artemisia e anche Irdabama - non accettano supinamente questo loro destino e nel loro piccolo, con i propri mezzi, con la propria intelligenza e tenacia, riescono a non soccombere, a porsi degli obiettivi e a far di tutto per portarli avanti.

Se il libro biblico di Esther mette al centro l'omonima protagonista e il suo fondamentale contributo perché il popolo giudeo (che risiedeva nel regno di Serse) non venga distrutto dal malvagio Aman, in questo romanzo che ad esso si ispira, ci si sofferma anche su altre donne e sulla loro forza interiore, la loro resilienza e lo spirito di intraprendenza.

Alcune cose non mi sono piaciute di questa pubblicazione: anzitutto la traduzione, che è davvero terribile. Ho il dubbio che sia frutto dell'IA, ci sono troppi errori, soprattutto nei verbi, ma non solo. È un aspetto che mi ha irritata non poco durante la lettura.
Mardocheo viene chiamato ora così, ora Mordecai, e non capisco il perché di questa confusione; inoltre, nel romanzo, quest'uomo mi ha dato l'idea di un opportunista, di un prepotente, di uno che vuol tentare di farsi notare dall'imperatore, farsi accettare da lui, magari diventare un suo uomo di fiducia, e non esita ad usare Esther per i propri ambigui scopi.
Insomma, un personaggio negativo, cosa che non emerge dal testo biblico.

Nel complesso, non è male, ma ripeto, la traduzione gli fa perdere diversi punti.
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