lunedì 15 settembre 2025

[ RECENSIONE ] LA FORTUNA di Michael McDowell (Blackwater V)

 

La guerra è passata e la famiglia Caskey si appresta a vivere un periodo economicamente florido oltre ogni immaginazione.
Ciascun membro del ricco clan avrà l'opportunità di rendere stabile e sicura la propria esistenza, anche se qualcuno sarà chiamato ad affrontare cambiamenti importanti e radicali.



LA FORTUNA 
di Michael McDowell



Neri Pozza
trad. E.Cantoni
256 pp
Il secondo conflitto mondiale è ormai un ricordo del passato, dopo il quale segue un periodo di assestamento nel quale Miriam e Oscar proseguono con l'attività della segheria, conseguendo successi e ampliando le prospettive di guadagno; le cose non possono che migliorare quando nel team della ditta si inserisce un nuovo elemento: Billy Bronze, il marito di Frances, secondogenita di Elinor ed Oscar.

Inizialmente, Billy si occupa di riorganizzare i beni mobili e immobili dei propri parenti acquisiti, e poiché il suo contributo viene percepito come fondamentale e irrinunciabile, anche Miriam decide di approfittare dell'aiuto che può darle Billy in azienda.

Miriam è sempre la stessa: distaccata, razionale, responsabile e con un gran senso pratico e fiuto per gli affari; quando sua madre Elinor (con cui i rapporti sono, se non nettamente migliorati, almeno un po' più sereni) le confida che nelle terre paludose (e apparentemente sterili e inutilizzabili) in cui vivono Grace e Lucille, possono rivelarsi, se ben sfruttate, una fonte di immenso guadagno, Miriam si fida ciecamente e decide di cominciare a muoversi per sfruttare al massimo quelle zone.

Con grande stupore ed entusiasmo di tutti, le previsioni di Elinor si rivelano vere e la scoperta non potrà che rendere i Caskey ricchissimi e felicissimi.
Si ritrovano a poter disporre di una tale quantità di soldi da non sapere in che modo utilizzarli al meglio.                                               

Ma non sono solamente i quattrini ad arrivare a iosa; ci sono anche dei ritorni inaspettati... e non tutti graditi.

Torna il figlio maggiore di Queenie (Malcom), desideroso di rientrare nel clan e di poter finalmente mettere radici definitivamente nella sua Perdido.
E torna pure Early, il marito girovago di Sister, la quale però non sopporta l'idea di riaverlo tra i piedi e farà di tutto per sbarazzarsi di lui e di non seguirlo là dove l'uomo vorrebbe portarla.
È pronta anche a pagarne amare conseguenze pur di restare a Perdido, nella propria casa con Miriam e Queenie ad assisterla.

Se il giovane Malcom mostra segni di maturità e un'evoluzione ammirevole, Sister subisce un'involuzione, andando concretamente incontro al rischio di somigliare sempre più a colei che, in gioventù, aveva tanto criticato: sua madre Mary-Love.


Ma c'è un'altra persona che dovrà accettare e gestire mutamenti importanti, che coinvolgeranno letteralmente tutto il suo essere: Francy Caskey Bronze.

Sappiamo come ella abbia sempre avuto un legame speciale e molto stretto con la madre Elinor, la quale ha per Frances una predilezione  e un affetto viscerale che mai ha avuto per Miriam.
Elinor e Frances si comprendono con uno sguardo e la prima sa leggere i silenzi e le espressioni facciali, i gesti, le rughe sulla fronte della figlia come se si trattasse di sé stessa.

Frances è alla sua prima gravidanza ed è inevitabile che un evento del genere cambi la futura mamma, rendendola apprensiva, preoccupata, un po' ansiosa e piena di aspettative e speranze.

Ma in Frances l'avere figli costituirà uno spartiacque che cambierà drasticamente la sua persona, il suo modo di sentire e pensare, i suoi desideri e stati d'animo.

Frances partorisce due bambine, Lilah e Nerita, ma dovrà necessariamente separarsi da una delle due, cosa che sembrerà accettare nei primi momenti, per poi invece soffrirne grandemente.

Non aggiungo altro ma, com'è facile intuire se avete letto i precedenti libri, Frances deve accettare la propria vera ed intima natura, che è ciò che la lega e la rende simile tanto ad Elinor quanto alla figlia da allontanare.

Arriviamo quindi al 1956 e il mese di maggio vedrà Perdido ritrovarsi in una situazione molto, troppo simile a quella da cui siamo partiti (nel 1919): non è solo la vera natura di Frances a chiedere prepotentemente di uscir fuori, ma anche la natura circostante, che alza ancora una volta la propria voce come a chiedere il conto ai suoi abitanti.


La fortuna è il quinto e penultimo volume della saga famigliare Blackwater e, pur avendo letto anch'esso con piacere (ritornare a Perdido, dai Caskey, ormai è come tornare a far visita a degli amici), ho avuto la conferma che è ben lontana dall'essere una saga horror; è sicuramente fantasy e con un'atmosfera gotica suggestiva, che crea aspettative nel lettore perché gli mette addosso, nel corso dello sviluppo degli eventi, la sensazione che sta per accadere qualcosa di oscuro che potrebbe sparigliare le carte e spazzar via quella serenità e stabilità in cui i Caskey e Perdido rischiano di crogiolarsi, indolenti e paghi.

Il mio parere continua ad essere positivo; io amo le storie in cui i legami famigliari sono al centro della storia raccontata, in cui emergono luci ed ombre, difetti e pregi dell'essere umano, e sotto questo aspetto McDowell è stato sicuramente generoso, offrendoci una esaustiva e interessante caratterizzazione di ogni personaggio.

Mi attende l'ultimo libro, Pioggia, e poi vorrei leggere anche Katie.


LIBRI DELLA SAGA

1. LA PIENA
2. LA DIGA
3. LA CASA
4. LA GUERRA
5. LA FORTUNA
6. PIOGGIA

sabato 13 settembre 2025

ROMEO E ROSALINA di Natasha Solomons [ Recensione ]



"O Romeo, Romeo? Perché sei tu, Romeo?"
Chi non conosce queste celebri parole e il nome di colei che le ha pronunciate nel dramma d'amore tra i più famosi della letteratura?
Tutti conosciamo, fosse anche solo per sommi capi, l'amore osteggiato e tragico tra Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi.
In questo romanzo esso ci viene raccontata dalla prospettiva di una donna illusa e delusa proprio da quel gaglioffo di un Montecchi...


ROMEO E ROSALINA
di Natasha Solomons


Neri Pozza
trad. A. Sabini
352 pp
Rosalina è una signorina della Verona del Cinquecento, una quindicenne bella e con carattere ma la cui sorte è stata decisa dai genitori: non è destinata al matrimonio, bensì alla vita monastica.

Dopo essere rimasta orfana di madre (a causa della peste), la bella Rosalina Capuleti scopre, con sgomento e amarezza, che l'amata genitrice ha lasciato scritte le proprie volontà sulla figlia, chiedendo che prenda il velo.
Il padre, Masetto Capuleti, non può che concordare e così, con quella durezza che da sempre ha riservato alla figlia femmina, le comunica che ha ancora undici giorni di libertà, dopo i quali verrà spedita dritta dritta in convento, dove diventerà una Sposa di Cristo.

Undici giorni!
Rosalina è affranta, delusa, amareggiata, il suo cuore è rotto dal peso di un destino sfortunato che vuole privarla delle gioie della vita secolare per rinchiuderla tra le cupe sbarre di una vita di clausura.

Le sue rimostranze, le sue argomentazioni circa l'assenza di vocazione, non addolciscono il padre, che è risoluto e fermo nella propria decisione: tra undici giorni le mura del convento si chiuderanno dietro di lei.

Rosalina sa di non poter opporre resistenza, così decide di vivere al massimo quegli undici giorni, di assaporare gli ultimi sprazzi di libertà, e tanto per cominciare va di nascosto ad una festa in maschera organizzata da una famiglia ben nota alla propriai e da essa odiata: i Montecchi, con cui i Capuleti sono in eterna rivalità.

Eccitata all'idea di trasgredire gli ordini paterni e l'obbligo a starsene chiusa in camera, col supporto della propria cameriera personale, Rosalina va alla festa e viene avvicinata da un baldo giovane, tanto ardito quanto bello e dall'eloquio ammaliante: Romeo Montecchi.

La prima volta che Romeo vede Rosalina, se ne innamora all’istante. 
E Rosalina, inesperta e ingenua ma anche bramosa di ricevere attenzioni e di essere corteggiata da un così bel giovanotto, accoglie con entusiasmo ogni parola di lui, ogni complimento, ogni sospiro, ogni promessa.

Ai due freschi innamorati non interessa se le loro famiglie sono in guerra, se quel sentimento travolgente, seppur acerbo, è ritenuto uno scandalo, un oltraggio: i due si lasciano andare alla passione, all'unione di corpi e di cuori, giurandosi amore eterno. 
E quando lui le promette un matrimonio segreto e la fuga, lei cede, anche se questo significa tradire il proprio padre, far arrabbiare l'amato cugino Tebaldo (con cui ha condiviso l'infanzia) e commettere gesti imprudenti e pericolosi che, se fossero scoperti dai suoi famigliari, ne scatenerebbero l'ira più funesta.

Ma si sa, l'amore è cieco e, se le circostanze lo richiedono, diventa pure sordo e cocciuto, ed è così che Rosalina non si accorge..., non vede al di là del proprio giovanile ed inesperto amore di adolescente: chi è davvero Romeo? Dice di amarla e di volerla sposare e portar via a Mantova, ma poi ogni promessa crolla dinanzi a improvvisi ostacoli che rimandano, di notte in notte, il matrimonio in segreto e la fuga d'amore.

Mentire, rubare, tradire...: chi ti ama ti chiede di compiere azioni di questo tipo?
Nel cuore della ragazza si insinua il dubbio: e se Romeo Montecchi non fosse chi dice di essere? 

Diverse sono le voci di coloro che sussurrano al suo orecchio la verità su Romeo: egli è volubile, si innamora oggi di una vergine, la deflora, la inganna con mille e dolci promesse... per poi stancarsi della stessa dopo poco, quando i suoi occhi si posano su un'altra fanciulla da incantare, ammaliare,  e così in un continuo susseguirsi di seduzioni, abbandoni, menzogne e crudeltà.

Col passare dei giorni, il dubbio sulla bontà dei sentimenti di Romeo si fa certezza: non soltanto egli le dichiara di non volerla più sposare, ma confessa di amare un'altra giovane più bella, davanti alla cui bellezza Rosalina sparisce: Giuletta Capuleti.

Sentirsi rifiutata e umiliata, dileggiata e trattata come una scarpa usata e gettata via perché ormai vecchia, è molto doloroso per la povera Rosalina, che si vede non solo abbandonata da colui che credeva essere l'amore della sua vita, ma anche derubata del sogno segreto di fuggire alla vita in convento decisa dal padre.

Ma l'amarezza aumenta quando pensa al fatto che il nuovo bersaglio di Romeo è la sua adoratissima cuginetta Giulietta, di soli tredici anni.
Giulietta è troppo giovane per l'amore e soprattutto è pura ed ingenua, non si rende conto che quel gaglioffo farabutto di Romeo Montecchi fa promesse da marinaio ad ogni porto cui approda..., e che probabilmente anche Giulietta è destinata ad essere una sua vittima.

Rosalina ama troppo la cugina per permettere a quel mostro dalla lingua sciolta e dagli occhi gentili e luminosi, di farle del male.
Anche perché il danno cui andrebbe incontro Giulietta - e a cui lei è scampata per miracolo - vede coinvolti non soltanto il finto innamorato, ma anche altre persone altrettanto malvagie e corrotte.

Nonostante la sofferenza per essere stata presa in giro, Rosalina non cede allo sconforto e il suo dolore si trasforma di rabbia e determinazione, in rivalsa e vendetta, per sé, per Giulietta e per le donne che l’hanno precedute. 
Non ce ne saranno altre e forse non è troppo tardi per salvare Giulietta…


"Romeo e Rosalina" è un piacevole untelling della famosissima tragedia shakespeariana che affida la narrazione degli eventi a un personaggio che nell'opera originaria è sì presente ma al contempo invisibile, perché viene menzionato senza però mai comparire "in scena": Rosalina, appunto, colei di cui il Montecchi è innamorato fino al momento in cui incontra la bella e dolce Giulietta.

Rosalina è una ragazza piena di vita, solare, dalla personalità decisa e ribelle, e un'esistenza chiusa, limitata e lontana dal mondo è impensabile per un uccellino libero e felice qual è lei, ma purtroppo son tempi difficili e la giovinetta non ha alcun potere sulla propria vita: deve obbedire al padre e non disonorarlo ribellandosi.
L'amore arriva inaspettato e travolgente come un fiume in piena; non era pronta ad accoglierlo ma quando irrompe in quel momento della sua vita, ella vi si aggrappa con una gioia disperata, come se fosse l'ultima ancora di salvezza per evitare quel "carcere a vita" che per lei è il convento.
Ma non ha fatto i conti con i lati oscuri, i peccati e le cattive intenzioni che albergano in un cuore che a lei è sembrato buono, sincero, ma che nascondeva il veleno della bugia e della perfidia.

Ferita e arrabbiata, Rosalina tira fuori il suo bel caratterino e si fa paladina delle donne abbindolate dalle mielose dichiarazioni d'amore di un damerino la cui bellezza è solo esteriore, mentre dentro è marcio.
E la sua cara Giulietta non dev'essere toccata da quel marcio, così la battagliera Rosalina farà di tutto per non perdere la cugina e per aprirle gli occhi.

La trama ovviamente non segue pari pari la tragedia così come scritta da Shakespeare, perché il personaggio di Rosalina scombina le carte e l'autrice ha creato, attorno a Romeo e ad altri personaggi, ombre scure, in cui lascivia, corruzione, crudeltà e inganno sono le parole d'ordine.

I personaggi noti - Tebaldo, frate Lorenzo, Paride, Mercuzio, la nutrice di Giulietta... - ci sono e ognuno fa la sua parte nel palcoscenico della Solomons, che ha riscritto la tragica storia svestendola di ogni romanticheria per restituirci un'altra prospettiva, più disincantata, forse anche un tantino cinica e che potrebbe far storcere il naso agli amanti della tragedia, soprattutto per come ne esce Romeo Montecchi (una brutta persona veramente eh) ma che io ho letto con piacere perché la narrazione scorre con fluidità, il linguaggio è consono al periodo di riferimento e c'è un che di moderno in questa rivisitazione, che a mio avviso non stona.

Carino, lo consiglierei a chi ama Romeo e Giulietta e non "teme" di leggere le riscritture di opere celebri.

mercoledì 10 settembre 2025

LA RADICE DEL MALE di Adam Rapp [ RECENSIONE ]


I Larkin sono, a un occhio esterno, una famiglia come tante: gente perbene, rispettabile, di religione cattolica, al cui interno i figli vengono educati con rigore e disciplina.
Ma anche in un contesto così apparentemente rassicurante, e in mezzo a brave persone, può annidarsi il male più nero e abietto.



LA RADICE DEL MALE
di Adam Rapp


NN Editore
trad. M. Martino
544 pp
Tutto ha inizio in un giorno d'estate del 1951 ad Elmira, New York.
La tredicenne Myra Larkin, figlia maggiore di una numerosa famiglia cattolica, sta leggendo con trasporto il suo libro preferito, Il giovane Holden, quando viene avvicinata da un giovanotto sfacciato ma gentile che si dimostra interessato a lei e la riempie di complimenti.

Trasgredendo a una regola materna (Myra deve essere a casa entro una certa ora per aiutare sua madre Ava con il fratellino più piccolo, avendo lei da fare con altri quattro pargoli), la ragazzina - presa da un vortice di emozioni nuove per lei, in un misto di timore, imbarazzo, desiderio di indipendenza, il piacere di essere corteggiata e di attirare sguardi maschili - dà confidenza allo sconosciuto, il quale si presenta col nome di Mickey Mantle, giovane promessa degli Yankees. 

Quel loro incontro sarà il primo e l'ultimo, anche perché quella stessa notte, i vicini di casa di Myra vengono brutalmente assassinati, e i sospetti ricadono su uno sconosciuto dall'abbigliamento e dall'aspetto molto simile al suo nuovo amico. 

L'autore non chiarirà mai in modo esplicito la responsabilità del ragazzo che dice di chiamarsi Mantle ma quel che è certo è che quella tragica notte costituirà una sorta di prologo drammatico a tutta una serie di eventi violenti e cupi che accompagneranno negli anni i membri della famiglia Larkin.

Il romanzo si presenta come una saga famigliare che copre più generazioni e un periodo di tempo abbastanza lungo (dagli anni Cinquanta ai Duemila); nel corso di questo periodo il lettore "viaggia" da New York a Chicago, dal Kentucky al Mississippi, dal Massachussets al Vermont, da Londra a Los Angeles, accompagnato da una narrazione che, di capitolo in capitolo, si sofferma su un singolo Larkin.

Myra è, come abbiamo detto, la primogenita di Donald ed Ava Larkin; ha tre sorelle - Joan, affetta da ritardo mentale, Lexy e Fiona - e due fratelli minori, Alec ed Archie (quest'ultimo muore quando è ancora molto piccolo).

Benché cresciuti nella stessa casa ed educati dai medesimi genitori - che cercano di dare ai figli dei sani principi di vita - i fratelli sono tutti molto diversi l'un dall'altro e avranno percorsi di vita diametralmente opposti.

Myra è la più equilibrata, saggia e responsabile della famiglia; diventa infermiera pediatrica e ama la sua professione; quando conosce un giovanotto educato e riservato, Denny Happ, se ne innamora, i due si sposano e diventano genitori di Ronan.
Ma l'idillio ha vita breve: quando il bimbo ha solo sei anni, Denny esce di casa, in un giorno di tempesta, e non vi fa più ritorno.
Myra è distrutta, smarrita, perplessa: forse gli è accaduto qualcosa? Ma in tal caso qualcuno, prima o poi, non l'avrebbe contattata per comunicarle notizie di Denny?
La donna si convince che suo marito abbia abbandonato moglie e figlio e questo pensiero è una spina atroce per lei, che la farà soffrire anche negli anni a venire; non dimenticherà mai Denny e non riuscirà mai neppure ad odiarlo, anzi lo cercherà... e lo troverà, scoprendo l'amara verità: egli è vivo ma qualcosa dentro di lui si è "interrotto", si è spezzato, privandolo della voglia di vivere e allontanandolo irreversibilmente dai suoi cari...
Myra trascorre la sua vita facendo moltissimi sacrifici per tirar su Ronan, per farne un ragazzo assennato, con dei valori, che si ponga degli obiettivi nella vita e che provi a raggiungerli.

E Ronan - che sarà anch'egli protagonista di diversi capitoli, andando avanti con la narrazione e con gli anni - si costruirà pian piano il suo futuro e la sua famiglia, nonostante purtroppo lo stesso cupo spettro che ha tormentato il padre farà capolino anche nella sua vita...

Lexy è la Larkin che avrà una sorte più serena e forse per questo è la meno presente nella narrazione; Fiona è la ribelle della famiglia, la Larkin bella ma inquieta, che fa della propria sfrenata indipendenza il lasciapassare per un modo di vivere disordinato, in cui la vedremo affannarsi e amareggiarsi nel cercare di diventare una stella di Broadway.

Ma al centro di tutto, se vogliamo, c'è Alec, il fratello rinnegato e mandato via di casa quand'è solo un ragazzo.

Alec mostra sin dall'infanzia una personalità problematica, una tendenza alla perfidia e al sadismo che avrebbe dovuto accendere delle spie d'allarme nei genitori.
Ma sembra che l'unica ad esaminare e pesare i comportamenti di Alec sia Myra, che infatti è colei che cercherà di tenere sempre un minimo di legame con lui, informandosi su cosa faccia e dove sia.

Alec cresce frequentando la chiesa cattolica vicino a casa, servendo come chierichetto e avendo a che fare con diversi preti...

Ecco, potrei aggiungere qualcosa ma evito per non dire troppo; mi limito a scrivere solo che certe traumatiche esperienze inevitabilmente segnano, creano dei vuoti e delle ferite che, nel caso di Alec, egli ricuce... a modo suo, e non è il modo giusto.

Alec, cacciato di casa, comincia a condurre un'esistenza errabonda, cambiando lavori e città, conoscendo gente poco raccomandabile, divenendo spettatore di episodi violenti e criminali, e tutto ciò che vivrà contribuirà a forgiare la sua personalità che già è complessa e preoccupante di suo...

Solitario, sempre più alienato socialmente, da un certo momento in poi inizia a inviare alla madre doni disgustosi e cartoline incomprensibili ma che racchiudono presagi inquietanti e danno adito a pensieri a dir poco allarmanti.

In cosa si trasforma Alec Larkin con il passare del tempo?

L'autore non ci risparmia il racconto del male oscuro che perseguita e che agguanta ferocemente il cuore e la mente di Alec, infettandolo e guidandone le terribili e deprecabili azioni.

Si creano, tra i membri della famiglia Larkin, numerose e profondo crepe in cui il tempo e la vita, impietosi e crudeli, deporranno non poche rogne e complicazioni di diversa entità e gravità: abusi, malattie gravi, disturbi mentali, solitudine, infelicità, fallimenti, e soprattutto crimini molto, molto gravi.



La radice del male è un romanzo dalle tinte molto fosche, amare, in cui la malvagità e la violenza serpeggiano tra le pagine, infilandosi nell'esistenza di un uomo, Alec, che prima di diventare il pessimo individuo che è da adulto, è stato un ragazzo, dei cui atteggiamenti eccessivamente ribelli, del cui sadismo gratuito, della cui indifferenza emotiva, nessuno si è accorto, fatta eccezione, forse, per Myra, che a modo suo, è l'unica che interverrà per cercare di "salvarlo".

Probabilmente, Myra è la sola che scorge i semi del male nel fratello perché lei ha avuto tempo e modo (per via del suo lavoro) di scrutare negli occhi di uomini depravati, stupratori, serial killer, pedofili..., e di rendersi conto del

"...vuoto nei loro occhi, qualcosa di perduto al centro della pupilla, un’assenza spietata. Lo stesso sguardo dei coyote. Degli squali e delle iene. E dei serpenti velenosi."


Alec ha lo stesso sguardo vacuo, distante, privo di emozioni, di umana pietà, di amore?
È possibile salvarlo, recuperare la sua anima votatasi alla perversione, alla malvagità?

Quanto conta l'essere nati e cresciuti in un contesto famigliare che di per sé, almeno in apparenza, non presenta evidenti o grosse disfunzionalità, se poi comunque in esso possono innestarsi le radici del male?

L'autore, come dicevo più su, tocca tematiche importanti, come i reati sessuali, i disturbi psichiatrici (e la loro componente ereditaria), i legami famigliari, l'educazione religiosa rigida e fredda e i suoi effetti non sempre positivi, e lo fa con uno stile molto asciutto, lucido, consapevole che, lungi dal solleticare quel lato morboso (presente forse, e in diversa misura, in ogni persona) interessato agli aspetti macabri dei reati violenti, racconta e mostra, più che altro, come l'orrore possa insinuarsi non così lontano dalla quotidianità di una famiglia "normale", che si crede al sicuro dietro la propria rispettabile facciata di perbenismo e devozione, e come esso - se non viene individuato e "contenuto" - possa allargarsi come una macchia d'olio, con conseguenze anche devastanti.

Se dovessi trovare un difetto in quest'opera, esso risiederebbe nel ritmo, che in alcuni capitoli rallenta un po', ma nel complesso l'ho letto con interesse e lo ritengo un buon libro, che mi sento di consigliare a chi ama leggere storie di famiglie americane con i loro segreti, peccati e angoli oscuri e inquietanti.

lunedì 8 settembre 2025

LIBRI LETTI AD AGOSTO 2025

 

Buongiorno!!

Eccovi le mie letture di agosto.


  1. BUTTERFLY di M. Kaukonen_ thriller psicologico - romanzo corale che ci mette
    all'ascolto di più voci e prospettive narrative, tra cui spiccano quella della psicologa e della sua paziente serial killer (4.5/5). COINVOLGENTE, NON MANCANO I COLPI DI SCENA.
  2. IL MISTERO DI ANNA di S. Lo Iacono: narrativa italiana - una bambina povera e curiosa di imparare incontra una scrittrice famosa (4.5/5). PER CHI VUOL LASCIARSI TRAVOLGERE DAL FASCINO E DAL POTERE DELLE PAROLE.
  3. RITORNO A CASA di K. Morton: mystery - giornalista dei nostri giorni indaga su una misteriosa tragedia famigliare avvenuta in Australia nel 1959. Salteranno fuori non pochi segreti che riguardano lei e i suoi cari (4,5/5). RITMO PACATO, AMBIENTAZIONE AFFASCINANTE, STORIA DENSA E CORPOSA.
  4. YARA GAMBIRASIO. UN CASO IRRISOLTO di F. Liguori: saggio documentaristico su un noto caso di cronaca nera italiano. Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara, è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio? (5/5). PER CHI VUOLE CONOSCERE O RIPERCORRERE LE TAPPE DI QUESTO CASO.
  5. IL CANTO DEGLI INNOCENTI di P. Pulixi: noir - primo libro in cui compare Vito Strega, impegnato a risolvere non solo una serie di omicidi commessi da teenager, ma anche i propri problemi personali (5/5). LEGGILO SE AMI O NON HAI MAI LETTO PULIXI, SE AMI IL GENERE.
  6. NEVER FLINCH. LA LOTTERIA DEGLI INNOCENTI di S. King: thriller - un serial killer sta assassinando innocenti per vendicare l'ingiusta condanna e morte di un altro innocente. Sulle sue tracce Holly Gibney, nelle vesti anche di bodyguard impegnata a proteggere un'infervorata femminista da uno stalker (3.5/5). TRAMA BUONA, RITMO LENTO CHE SI RIPRENDE NELL'ULTIMA PARTE DEL ROMANZO.
  7. SPLENDI COME VITA di M.G. Calandrone: narrativa autobiografica - la lettera d'amore della Calandrone alla propria madre adottiva (4,5/5). COMMOVENTE, INTENSO, VERO.
  8. LA STRADA GIOVANE di A. Albanese: narrativa storica - il viaggio di un giovane ex-prigioniero dei tedeschi, durante la II g.m., verso casa (4/5). INTERESSANTE ESORDIO NELLA NARRATIVA DELL'ATTORE E REGISTA.



READING CHALLENGE 


Per la sfida letteraria, nel mese di agosto gli obiettivi erano i seguenti:


- LIBRO PUBBLICATO NEL 2025
- STORIA INCENTRATA SU BUGIA/INGANNO
- CLASSICO LETTERATURA INGLESE
- UNA CASA ALLA FINE DEL MONDO (M. Cunnigham)


Io ho scelto un obiettivo di giugno, LIBRO AMBIENTATO IN MEDIORIENTE:

9. IL RAGAZZO CON LA KEFIAH ARANCIONE di A. Al Said: narrativa contemporanea - la storia di una forte e sincera amicizia sullo sfondo del conflitto in Palestina (5/5). SE HAI VOGLIA DI UNA STORIA RICCA DI EMOZIONI E CON QUESTO GENERE DI CONTESTO.

sabato 6 settembre 2025

[ RECENSIONE ] IL SOLDATO PERDUTO di Gilles Marchand



Con una prosa delicata e poetica, l'autore di questo romanzo racconta al lettore la storia di un amore appassionato, fervente, che sfida la separazione, il dolore, la solitudine dettate da un conflitto mondiale che ha dilaniato innumerevoli vite, ma che non ha ucciso la dolcezza di un sentimento profondo.


IL SOLDATO PERDUTO
di Gilles Marchand



Neri Pozza
trad. S. Folin
176 pp

Siamo a Parigi, nel 1925, ed un uomo - di cui non sapremo mai il nome - , entra in un ristorante accompagnato da un abbigliamento e da un aspetto non proprio raffinati.
L'uomo è un ex soldato sopravvissuto alla Grande Guerra, durante la quale ha perso la mano... e gli affetti più cari.

Come altri ex combattenti, la guerra, feroce e tremenda, gli è rimasta attaccata addosso, come una seconda pelle di cui non si libererà mai del tutto.


"Io non ero partito a cuor leggero, come si dice, con un fiore nel fucile. Non conosco nessuno, del resto, che l’abbia vissuta in quel modo. Certo era una bella immagine, ma non rispecchiava la realtà. Non immaginavamo che il conflitto andasse così per le lunghe, ovviamente. Nessuno poteva prevederlo. Pensavamo di passare l’estate sotto le armi e di tornare entro l’autunno, con l’Alsazia e la Lorena in saccoccia."


Adesso è in quel locale per incontrare una donna, che lo attende seduta al tavolo con una questione urgente da sottoporgli: suo figlio non è mai tornato dal fronte e, sebbene siano trascorsi nove anni dalla battaglia di Verdun, Madame Joplain è graniticamente certa che il suo caro figlio Émile sia ancora vivo. 

Il nostro ex soldato vorrebbe poterle dire che forse è il caso di rassegnarsi e che quasi sicuramente Émile è deceduto; sa bene come sia difficile accettarlo, a maggior ragione quando non c'è neppure un corpo su cui piangere, ma alimentare quella folle speranza non fa che aggiungere dolore su dolore.

L'uomo ha cercato altre volte le tracce di tanti soldati spazzati via e definitivamente dal conflitto, e finora non ne ha mai trovato uno in vita, per cui la triste signora è invitata caldamente a non farsi illusioni di sorta. 

Lo stesso protagonista (e narratore) ha combattuto, ormai dieci anni fa, e ha perso una mano per colpa del nemico tedesco, invalidità che gli ha permesso di lasciare il combattimento attivo; ma egli non è mai uscito completamente dalle trincee e da anni ormai si occupa delle tragedie che la guerra ha lasciato dietro di sé, cercando un modo per fare ammenda, per perdonare a sé stesso di essere ancora tra i vivi.

"Una volta che l’hai assaggiata, la guerra ce l’hai in corpo, sotto la pelle. Puoi vomitare, grattarti fino a sanguinare, non se ne andrà mai. È dentro di te. Allora io ci  tornavo. C’era ancora odore di cenere e di polvere da sparo. Distese di croci all’infinito. E io indagavo, instancabilmente. Per tutti gli anni Venti e buona parte degli anni Trenta ho fatto quello strano mestiere di investigatore."

Per questa intima ragione accetta l’incarico e si mette alla ricerca di Émile su campi di battaglia ormai freddi, fra ex soldati e testimoni che vorrebbero solo dimenticare e guardare al futuro.

Il nostro milite ignoto si butta anima e corpo in questa missione disperata, e per lui essa diventa un'ossessione che lo spingerà a perlustrare luoghi e a fare domande a diversi testimoni ed ex-soldati, imbattendosi in tantissime storie di dolore e sangue ma anche di amore e speranza.

"Servono a questo le storie, a rendere la vita migliore. Avevamo già i piedi pesanti, ci imponevamo di non appesantire troppo il cuore. Se avessimo aggiunto le lacrime alla pioggia saremmo affogati. E bisognava avanzare. Rimettevamo in spalla gli zaini che riempivamo con le storie d’amore prese un po’ da tutti, potevano sempre ritornare utili. L’amore è facile da condividere, ne prendi un pezzetto e altrettanto ne resta a chi te l’ha raccontato. Era facile essere generosi."

Certo, per riuscire a sapere cosa n'è stato di Émile sarebbe utile capire, ad esempio, dove fosse - e quando - l'ultima volta che ha dato una traccia di sè, magari con una lettera o una cartolina.
La signora Joplain afferma con testarda convinzione di essere stata l'unico amore della vita del suo ragazzo, il quale sicuramente non aveva una fidanzata.

Ma è davvero così?

Man mano che la sua ricerca procede, egli scopre che in verità il suo "soldato perduto" aveva un'innamorata: Lucie Himmel, una giovane alsaziana che lavorava per la famiglia Joplain.

L'indagine si sdoppia e trovare informazioni su Lucie (o magari lei in persona) diventa altrettanto importante per ricostruire ciò che n'è stato di Émile, e questo porta inevitabilmente alla luce racconti di guerra e leggende che circolavano tra i soldati, in special modo la suggestiva storia di una figura quasi sovrannaturale conosciuta come la "Figlia della Luna", una donna tanto bellissima quanto misteriosa che si aggirava nella terra di nessuno tra i due schieramenti in cerca dell’amato perduto, apparendo ai soldati come una visione eterea e ultraterrena.

Ma la storia più incredibile e toccante resta quella centrale, che sta succhiando ogni energia del nostro ex-soldato: il folle e tenace amore vissuto da Émile e Lucie, che si staglia sullo sfondo tragico di una guerra passata - ma i cui dolorosi effetti si fanno ancora sentire - e di una futura, di cui si cominciano a sentire i primi venti (nel libro, verso la fine, si accenna all'ascesa del nazismo).

È la storia dei due innamorati divisi dall'orrore di un conflitto sanguinoso, una storia dolce, commovente e le ultime pagine toccano alte vette di struggente tenerezza, fino al colpo di scena finale.

 

"Il soldato perduto" è un romanzo breve ed è un piccolo gioiellino letterario, a mio avviso, che si lascia apprezzare per la fluidità e armoniosità di linguaggio, per il connubio di sfumature nostalgiche e dolcemente ironiche, per la sensibilità dell'autore nel narrarci, attraverso gli occhi del protagonista senza nome - che potrebbe rappresentare tutti quei soldati dispersi in guerra -, tante piccole storie intrecciate e collocate in un periodo storico umanamente terribile; sono storie di dolore, separazioni, affanni e preoccupazioni, disperazione, resistenza, rimpianti, paure, resilienza, storie che ci ricordano - se mai ce ne fosse bisogno - di quanto e quale carico di orrore, distruzione, odio, follia... è portatrice ogni guerra, in qualsiasi momento e luogo.

Molto bello, ricco di umanità, potente e delicato.
Consigliato!

Amore mio
Ho pensato a te, oggi
Come ieri. Come l’altro ieri.
Come domani, se sarò vivo.

Tu mi popoli.
Amore mio,
è passato un anno. Un anno che ci è stato rubato.
Un anno perduto per sempre.
Amore mio,
Sono mitragliato dalla nostalgia.
Fa male.

Amore mio, amore mio
Ripeto queste parole nella notte
Le dirò alla fine della mia vita
Forse sarà domani
Forse sarà qui

Amore mio
Se tu muori io muoio
Se tu parti io parto.
Se non mi ami più io ti amerò ancora.
Amore mio
(...) I tedeschi non sanno
Che le frecce possono colpirmi soltanto
Al cuore.
Amore mio
Se sei morta portami con te.

venerdì 5 settembre 2025

LIBRI SOTTO L'OMBRELLONE [ estate 2025 ]



Anche voi avete "il vizietto" di sbirciare i titoli dei libri letti dalle persone attorno a voi?
Secondo me sì, ammettetelo :-D

Quest'anno sono andata per qualche giorno al mare e a farmi compagnia avevo LA RADICE DEL MALE di Adam Rapp e RITORNO A CASA di Kate Morton.




Ovviamente, non potevo non guardarmi attorno per vedere se c'erano spiaggianti lettori.

Ecco i titoli che son riuscita a sbirciare:



Il primo libro che ho adocchiato è un giallo di Agatha Christie, in lingua straniera, e mio marito è riuscito a leggere le tre parole formanti il titolo (Kot wśród gołębi); googlando, ho trovato il libro in questione, che in italiano è MACABRO QUIZ (Oscar Mondadori, 200 pp).

Hercule Poirot appare sulle pagine del romanzo molto più tardi del solito, quando viene interpellato da
l'edizione in polacco
che stava leggendo 
la ragazza in spiaggia

una cliente in erba, una giovane studentessa del Collegio di Meadowbank, perché risolva il problema dell'inafferrabile assassinio che ha messo in subbuglio la tranquillità della scuola con una serie di misteriosi delitti.
Prima, infatti, viene uccisa un'insegnante di ginnastica, poi una studentessa viene rapita. 
"Macabro quiz" deve i suoi esiti più memorabili non tanto alla presenza di Poirot, quanto all'efficacia dell'ambientazione e al tono ricco di notazioni brillanti, con cui l'autrice descrive la vita dei professori e studenti all'interno di un collegio molto esclusivo...
Con "Macabro quiz", Agatha Christie aggiunge un altro capitolo alla lunga storia dei piccoli omicidi sui banchi di scuola, convinta com'è che se il delitto non paga, almeno istruisce.


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L'ISPETTORE ZUCCALÀ. IL PENTITO DI ALTARIVA di Gianmaria Camilleri (PAV Ediz., 196 pp,)

Per Peppe Anzaldi, uomo d’onore e amico fidato e guardaspalle del boss del paese di Altariva, Pino De Cristofori è un’invenzione giornalistica. 
Un uomo che non si considera pentito, che non riconosce i valori e lo spirito con cui era diventato “mafioso”, sepolto dalle ambizioni e da uno Stato connivente, carnefice e manipolatore. 
Una narrazione interrotta da frammenti di sensazioni che, pian piano, danno corpo a fantasmi della mente. 
E ritroviamo Anzaldi nelle campagne di Altariva, che cerca di sfuggire alla sentenza di morte voluta dal capo dei capi Turi Risina.


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Due libri di Gianluca Gotto, di cui non sono riuscita a leggere il titolo ma ho memorizzato le copertine :-D


VERRÀ L'ALBA, STARAI BENE di Gianluca Gotto (Mondadori, 720 pp.).


Cosa succede quando il dolore è troppo? Qualcuno ci sprofonda dentro, altri si arrendono, c'è chi chiede
aiuto, chi tenta di affrontarlo. 
Veronica, invece, sceglie di lasciare tutto e tutti per ricominciare una nuova vita dall'altra parte del mondo. Spinta dalla necessità di darsi sempre da fare, così da non sentire né ricordare, riesce a costruirsi da zero una carriera di successo, che le permette di vivere in una delle zone più trendy di Melbourne ed essere vista come una donna di trent'anni indipendente, in splendida forma, realizzata. 
Una workaholic, sì, ma brillante e impeccabile. 
Eppure, quando la porta del suo appartamento si chiude e si ritrova intrappolata nel silenzio della sua solitudine, il dolore del passato riemerge con prepotenza e l'unico modo che lei conosce per gestirlo è attraverso un controllo maniacale di ogni aspetto della sua vita, dall'attività fisica all'alimentazione al lavoro, fino a ogni minuscolo gesto quotidiano. 
Proprio quando lo stress e le sue ossessioni la spingono sull'orlo di una crisi autodistruttiva, un evento inatteso la costringe prima a fermarsi e poi a cercare l'ennesima fuga da se stessa. 
Ma è proprio a causa di questo tentativo maldestro e disperato che il destino la porterà in una terra lontana, dove l'incontro con un'altra anima smarrita come la sua segnerà l'inizio di un percorso per affrontare il proprio dolore e rinascere. 


🏖️📚⛱️🏖️😘🏖️⛱️📚🏖️


QUANDO INIZIA LA FELICITÀ. DI DOMANI, NASCITE E RINASCITE di Gianluca Gotto (Mondadori, 360 pp.).


In questo libro Gianluca Gotto condivide le domande che lo hanno accompagnato nel corso della sua crescita personale per raccontare senza reticenze le esperienze vissute in questi ultimi anni. 
I momenti difficili e le fragilità, ma anche la sua rinascita, i sogni realizzati, la consapevolezza acquisita attraverso il buddhismo, i tanti incontri che hanno illuminato la sua strada, l'amore smisurato per Claudia e la gioia, immensa, della paternità. 
Un libro pieno di consigli e spunti per vivere al meglio la propria vita, ma anche rassicurante come una tazza di tè in un freddo pomeriggio di pioggia, il primo abbraccio dopo molto tempo, una chiacchierata con quell'amico che ti ascolta senza giudicare. 
Un diario di viaggio scandito da domande su cui tornare più e più volte, per trovare un segnale, un'ispirazione, una motivazione a smettere di aspettare o inseguire la felicità, ma cercarla dove già siamo: qui e ora.


⛱️📚🏖️⛱️📚🏖️📚⛱️


LA MONTAGNA NEL LAGO di Jacopo De Michelis (Giunti, 576 pp).

La sera del 3 settembre 1992, sul battello che solca le placide acque del lago d'Iseo, Pietro Rota rivede il
profilo imponente di Montisola dopo dodici anni di assenza. 
Fuggito a Milano con l'ambizione di diventare un grande giornalista, le cose non sono andate come sperava e lui si ritrova a collaborare con una scalcinata rivista scandalistica specializzata in cronaca nera. 
Emilio Ercoli, l'uomo più ricco dell'isola, è stato ucciso in maniera feroce e i sospetti degli inquirenti si concentrano su Nevio Rota. Tra i due non correva buon sangue e diversi indizi puntano contro di lui.

Convinto dell'innocenza del padre, Pietro si mette a investigare in via informale per scagionarlo, insieme al vigile urbano Cristian Bonetti. 
Legatissimi fin da bambini, avevano a lungo formato insieme a Betta un terzetto indissolubile, ma i rapporti fra loro si erano guastati poco prima della sua partenza. 
Le ricerche dei due amici svelano come, dietro la maschera dell'integerrimo benefattore, Ercoli nascondesse diversi scheletri nell'armadio, e Pietro non tarda a convincersi che la chiave per risolvere l'enigma della sua morte vada individuata in uno di quegli scheletri. 
Pietro e Cristian capiranno che la verità giace sepolta in un'epoca tanto remota quanto oscura: i torbidi anni della Repubblica di Salò, durante i quali Junio Valerio Borghese, il “principe nero” al comando della famigerata Decima Flottiglia Mas, aveva fatto di Montisola una sorta di feudo personale.

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DALL'ECONOMIA DELL'OCCUPAZIONE ALL'ECONOMIA DEL GENOCIDIO di Francesca Albanese (PaperFIRST).

Nel presente rapporto, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese
occupato dal 1967 [Cisgiordania incluso Gerusalemme est e Striscia di Gaza, NdR] indaga gli ingranaggi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di espulsione e sostituzione dei palestinesi nel territorio occupato. 
Mentre i leader politici e i governi si sottraggono ai propri obblighi, fin troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana di occupazione illegale, apartheid e ora genocidio. 
La complicità denunciata da questo rapporto è solo la punta dell’iceberg; porvi fine non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato, compresi i suoi dirigenti. 
Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di responsabilità, ciascuno dei quali richiede esame e accertamento dei gradi di coinvolgimento, in particolare in questo caso, in cui sono in gioco l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. 
Si tratta di una misura necessaria per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha reso possibile.


ANCHE VOI AVETE FATTO CASO AI LIBRI LETTI DAI VACANZIERI? 😎⛱️

mercoledì 3 settembre 2025

Recensione || BUTTERFLY di Martta Kaukonen



Un thriller scandito da sedute psicoterapeutiche, deliri ad occhi aperti e pensieri ossessivi che trascinano il lettore in un vortice di parole, disegni oscuri e bugie.
Nulla è come sembra e distinguere tra chi dice la verità e chi mente non è così scontato. 


BUTTERFLY
di Martta Kaukonen



Longanesi
trad. D. Sessa
320 pp
Ira è una ragazza complicata, il corpo segnato da un'anoressia che la consuma e una mente occupata da ossessioni che la divorano e che mettono in pericolo lei e gli altri.
Il lettore fa il suo primo incontro con lei in un momento decisamente drammatico: Ira sta commettendo un omicidio con un sadismo che sa di diabolico.

Non è il primo sanguinoso delitto che commette ma lei sa che prima o poi la polizia potrebbe mettersi sulle sue tracce.
E allora perché non cercare una psicologa con cui iniziare un percorso psicologico che, un domani, se dovesse essercene bisogno, potrebbe contribuire a scagionarla dalle sue colpe?
Il piano di Ira è quello di stabilire un rapporto di totale fiducia con una psicologa che veda in lei una personalità fragile, disturbata, che commette omicidi perché "ha qualcosa che non va", così da sfruttare la diagnosi in un eventuale futuro processo.

E per i suoi scopi serve la terapeuta giusta e lei sente di averla trovata: Clarissa Virtanem. 

Clarissa è una psicologa affermata, famosa in tutta la Finlandia, una star dei talk show dove compare in tailleur griffato e tacco dodici, affascinante e solo all'apparenza "leggera", ma in realtà competente e professionale nel proprio lavoro; in particolare, si occupa di persone vittime di abusi sessuali e tutti la ritengono un'ottima psicologa.

È a lei che Ira si rivolge per chiedere aiuto. 
Clarissa non sa che cosa ha in mente la sua nuova paziente, verso la quale prova da subito un'incredibile empatia e la voglia impellente di "salvarla", di aiutarla ad uscire dalle sue ossessioni, individuando la causa dei suoi tormenti e traumi.

Clarissa crede moltissimo nelle proprie competenze e capacità, perché lei è una di quelle psicoterapeute che non sbagliano un colpo con i loro problematici pazienti.

Beh, quasi mai, per lo meno.
Perché un brutto "errore" c'è nella carriera della donna ed ha il nome e il volto di un quindicenne, Riku.
Riku è una ferita aperta nel cuore di Clarissa e rappresenta il suo più grande fallimento professionale, nonostante ella cerchi mille modi per giustificarsi...

Quando si trova davanti la cupa, ombrosa, taciturna ed enigmatica Ira, Clarissa è convinta di poter fare breccia dentro di lei, di riuscire a conquistare la sua fiducia ed aiutarla.
Certo, non può immaginare di aver davanti un’assassina seriale, una spietata killer di uomini in cerca solo di un alibi e di eventuali attenuanti qualora venisse arrestata. 

D’altra parte, nemmeno Ira immagina cosa si nasconde dietro l’aspetto impeccabile di Clarissa e l'unica cosa che le interessa è manipolarla affinché faccia ciò per cui è andata nel suo studio.

Ira non crede nella psicologia, nelle tecniche che i terapeuti usano per far parlare i loro pazienti e per cercare di analizzare le origini dei malesseri interiori e psichici; non crede nell'ipnosi, nella psicanalisi, nei testi di personalità..., per lei ogni seduta è una enorme messinscena in cui lei finge di voler guarire, di tirare fuori, a colpi di chiacchiere sui divanetti, tutti i suoi traumi infantili.
E si rende conto di come Clarissa non veda l'ora di conoscere questi traumi per poterla guidare verso la luce, affinché la giovane Ira torni a vivere, a stare meglio, a scacciare i brutti pensieri.

Quei pensieri che possono indurre una persona che sta male a volersi togliere la vita, e Clarissa è intenzionata ad impedire alla sua nuova ed amata paziente di arrivare a fare un gesto estremo come il suicidio.

Ogni seduta assume, agli occhi del lettore, i contorni di un atto teatrale in cui le due parti in causa rivestono un ruolo, entrambe convinte di interpretarlo bene e di poter manipolare l'altra persona, di comprenderne i silenzi, gli sguardi, di saperne decifrare i segreti, individuando ogni possibile menzogna.


Tanto Ira quanto Clarissa  - che indossano una maschera nel rapporto dottore-paziente - sembrano invece sincere rispetto al terzo incomodo delle loro sedute: il lettore.
Esse si rivolgono al lettore, sfidandolo a stare al loro gioco, a individuare verità e inganni nelle loro parole, nel vortice impetuoso dei loro pensieri ed egli le segue credendo - almeno sino a un certo punto - di aver ben chiaro ruoli, responsabilità, di aver compreso chi ha di fronte e quali obiettivi si stiano ambedue ponendo nella relazione instaurata.

In questo spiegare a turno il proprio punto di vista - in cui ognuna si sente vincitrice sull'altra, imbattibile, più scaltra e di certo non manipolabile - ci sono altre due voci che si intromettono nel dialogo tra Ira, Clarissa e il lettore.

Arto è un giornalista fallito; rimasto vedovo dell'amata moglie Marja, non riesce a risalire dal buco nero in cui si trova e si è convinto che ottenere una bella intervista con una persona famosa, possa fargli riacquistare credito presso il suo capo.
E la persona famosa che ha intenzione di sbattere in prima pagina è Clarissa; purtroppo, è risaputo che la psicologa sia sì generosa nel concedere interviste, carismatica e glamour, socievole e affabile, ma solo quando si tratta di parlare di tutto ciò che esula dalla propria vita privata, sulla quale è abbottonatissima.
Ma per avere uno scoop sensazionale, Arto ha bisogno di far sbottonare Clarissa, e l'unico modo per farlo potrebbe essere quello di giocare sul suo tallone d'Achille (un vizietto che ha purtroppo lo stesso Arto).

Arto sembrerebbe un personaggio secondario, in un primo momento, la cui presenza quasi stona rispetto ad Ira e Clarissa, ma il suo ruolo ci verrà chiarito andando avanti con la lettura.

Un altro personaggio che si staglia sullo sfondo ma che offre al lettore una prospettiva esterna e, all'apparenza, più razionale e lucida è Pekka, il marito di Clarissa.
I due danno l'impressione di essere una coppia felice ed affiatata ma tra di loro ci sono tante bugie, segreti inconfessati che, ciascuno per ragioni proprie, non vuole che vengano fuori...

Pekka capisce che quella tra la moglie ed Ira sembra andare oltre i confini della relazione terapeutica e che sua moglie tiene particolarmente a quella ragazza, della quale l'uomo riesce a sbirciare i disegni mostrati dalla stessa Ira durante le sessioni di terapia.

Disegni oscuri, spaventosi, da film horror, che parlano di esperienze terribili, dolorose, traumatiche.
Forse quegli schizzi sono la chiave per accedere agli angoli più nascosti della psiche di Ira e che possono spiegare a Clarissa e al lettore chi sia davvero la ragazza e di quali azioni si sia realmente macchiata?

Questo thriller psicologico è come una vertiginosa psicoterapia a cui il lettore ha il privilegio di assistere mentre cerca di districarsi nel fiume di pensieri ansiosi, istinti omicidi e suicidi, sensi di colpa, rimorsi, ricordi intrisi di dolore e lacrime, paure per il proprio futuro, manipolazione della realtà, disturbi psichiatrici gravi, legami famigliari (di coppia e tra genitori-figli) che hanno subito molti, troppi colpi difficili da parare, e in tutti questo gradualmente, attraverso piccoli colpi di scena, chi legge arriva a capire chi realmente mente e chi è vittima di allucinazioni o convinzioni distorte.

Chi è il mostro, il carnefice, e chi è la vittima?

È un thriller che mantiene costantemente un buon ritmo, più si prosegue e più si ha voglia di chiarire ogni dubbio e di individuare colui o colei che è effettivamente pericoloso.

Mi è piaciuto, è un romanzo che sfiora argomenti seri, come le malattie della psiche e della personalità (ansia, ossessioni, disturbi alimentari, schizofrenia...), la pedofilia, il suicidio, quei confini, nella relazione medico.paziente, che non vanno superati; interessanti i personaggi, tutti interconnessi tra loro per vie che ci vengono chiarite gradualmente; intrigante il contesto delle sedute psicologiche.

Consigliato!


Citazioni 

"Il senso di colpa corrode l'anima senza pietà, che sia più o meno fondato".

"Voi non mi conoscete. Per voi io non sono altro che parole su carta. Potrei essere tanto il personaggio di un romanzo quanto una persona reale. (...) Per voi sono parole, ma ogni parola, no, ogni pensiero riapre la mia ferita. Cosa ci guadagno a raccontarvi tutto? Più racconto è più mi credete, forse?"

domenica 31 agosto 2025

[ Recensione ] IL MISTERO DI ANNA di Simona Lo Iacono

 

In una mescolanza di realtà e fantasia, tra personaggi fittizi e reali, questo romanzo incanta e fa sorridere di tenerezza e fanciullesco stupore per il suo essere poetico e commovente, denso di passaggi significativi che portano il lettore a riflettere sul potere e sulla bellezza della parola, della poesia e della letteratura, su come esse possano portare luce e donare nuove e più ricche prospettive da cui guardare il mondo e le persone attorno a sé.



IL MISTERO DI ANNA
di Simona Lo Iacono



Neri Pozza
160 pp

Nel 1968 Anna Cannavò ha dieci anni e frequenta la quinta elementare a Siracusa. 
La piccola proviene da una famiglia molto semplice e povera ma altresì dignitosissima, guidata da genitori umili e gentili.
La famiglia Cannavò vive ai margini della società ma Anna non ne soffre perché ciò che la distingue da chi le è intorno è il suo sguardo: lei vede ogni cosa attraverso gli occhi di chi ama imparare parole nuove per poter descrivere con consapevolezza la realtà attorno a sé ma soprattutto per esprimere emozioni, stati d'animo, pensieri, sogni.
È affascinata dal mistero delle parole poetiche e sta imparando ad amarle, a giocare con esse, a scoprire nuovi significati e a saperli adoperare nei momenti e contesti giusti. 
È una bimba straordinariamente vispa, dall'intelligenza acuta e vivace, con un'invidiabile velocità di apprendimento e una inconsapevole maturità nel dare valutazioni su fatti e persone, dando giudizi ed opinioni con estrema pertinenza e con una naturalezza da lasciare stupiti gli adulti.

Quando la maestra annuncia in classe che il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere un'intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice, Anna Cannavò decide di partecipare. 
Il concorso consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice  Anna Maria Ortese raccontandole la propria giornata e la giovanissima studentessa si lancia con gioia, fiducia ed entusiasmo in questo compito, scrivendo - con quella schiettezza e freschezza che appartengono a una ragazzina curiosa e piena di gioia di vivere qual è lei - com'è la  sua vita e quella della sua famiglia, e soprattutto manifestando tutto il suo amore per le parole e la poesia, conscia di star scrivendo ad una scrittrice e poetessa famosa. 

Con grande stupore di tutti (del preside, che ne è egoisticamente contrariato; dei genitori, persone semplici che nulla sanno di letterati e artisti ma sono felici per questa vittoria della loro piccola) e della stessa Anna Cannavò, questa viene scelta e così parte alla volta di Milano per trascorrere sette giorni a casa della «signora Anna». 

Arrivata a destinazione la bambina si accorge che ad ospitarla non è soltanto la signora Ortese, ma  anche sua sorella Maria. 

Anna è felicissima di poter condividere una settimana con le due sorelle Ortese, di chiacchierare amabilmente con Maria e di sentire il ticchettio dei tasti della macchina da scrivere della "signora Anna" quando è concentrata nel suo lavoro.
I giorni trascorsi insieme rompono la solitudine nella vita della scrittrice e della sorella, e queste ultime godono dell'allegria e della spensieratezza che la piccola sicula porta con sé in quell'appartamento milanese, regalando risate e conversazioni vivaci e divertenti.

La stessa scrittrice resta meravigliata dalla sensibilità della bambina verso il magico mondo delle parole:

"...ti capita spesso di rimanere colpita dalle parole?"

"Spesso? Signorina Anna, io non faccio altro che restare colpita da tutte le parole, quelle libere e quelle oppresse. E da quelle poetiche, soprattutto, che riconosco per il semplice fatto che mi danno una sensazione di caldo, qui, ma anche di dolore. Oppure le riconosco perché invece di farmi proseguire mi fanno fermare, o perché sono dolci ma hanno pure un certo sapore di inferno. Io mi sono ammalata di parole poetiche, signorina Anna, e sono dispiaciuta di non conoscerle tutte, perché mi sono detta che – forse – a conoscerle davvero tutte, le parole, capivo meglio il mondo...". 


Il racconto dell'eccitante esperienza di Anna Cannavò nel 1968 si alterna a un altro racconto, che si colloca negli anni Cinquanta e che ci viene narrato in forma epistolare, attraverso lo scambio di lettere tra due donne e amiche: Anna Maria Ortese e una certa "signora R.".

In queste lettere, il lettore ha modo di conoscere un po' meglio Anna Maria Ortese, il rapporto con l'amata e fedele sorella (che verrà colpita da una malattia degenerativa), il dolore per la morte dei fratelli, le sue opere letterarie, le sue preoccupazioni, i dubbi, le collaborazioni con altri intellettuali e con le case editrici, il continuo cambiare casa e città, e personalmente un tale "assaggio" della vita e delle opere di questa letterata italiana, mi ha fatto venir voglia di conoscerla ancora meglio attraverso i suoi scritti.

I due filoni narrativi - l'incontro della "piccola Anna" con la "grande Anna", nel 1968, e lo scambio di lettere avvenuto oltre un decennio prima tra la Ortese e la misteriosa amica R. - sembrano scollegati ma ovviamente non lo sono e verso la fine del romanzo capiamo cosa li lega.

Il personaggio fantasioso di Anna Cannavò è meraviglioso, l'ho amato moltissimo, mi ha divertita e commossa insieme; il suo amore per le parole poetiche e per il loro "potere" benefico sulle persone nel guidarle su come vedere e affrontare la vita, è trascinante.

Anna è davvero una "singolare creatura", "Poverissima, ma inconsapevole di esserlo. Poetica, senza
sapere cosa sia la poesia. Innamorata di tutte le parole, che la schiudono al mistero della felicità.
Anna viene (...) guardando i libri alle pareti con gli occhi sgranati, la vedo che si dibatte per il desideri di leggerli. (...) Anna è una creatura letteraria. Per ogni parola trasale, per ogni fenomeno umano mostra uno stupore dolente. Ha capito che la vita è un mistero, e va enumerando tutto ciò che in quel mistero si muove. Non sa ancora che la scrittura è l’unico modo che avrà per sopravvivere, e ignora la forza di questo suo sguardo."


Gli adulti, a causa dei problemi, delle paure, dei fardelli e dei dolori che accompagnano il vivere quotidiano..., spesso sembrano dimenticare com'è stato essere bambini, come ci si sentiva eccitati nel far domande su domande, nello stupirsi ad ogni minima scoperta, entusiasmarsi anche per una piccola novità o traguardo raggiunto...: dovremmo sforzarci di recuperare l'Anna curiosa di apprendere e crescere che vive dentro ciascuno di noi e imparare ogni giorno a guardare il mondo con gli occhi dei fanciulli, più ottimisti, più sensibili, più semplici.

Questo romanzo mi è piaciuto moltissimo, leggerlo è stata una piacevolissima scoperta e lo consiglio perché, nella sua leggerezza e semplicità, ci permette di conoscere meglio la scrittrice Anna Maria Ortese e lo fa attraverso una bambina sveglia e intelligente che "richiama alla mente certi cardilluzzi chiusi nella gabbia,  inconsapevoli di essere in prigione, che si struggono a cantare la bellezza senza sapere di piangere".


IL MORSO di S. Lo Iacono ( RECENSIONE)

Citazioni

"⟪pure per voi la vita è solo il presente?⟫
⟪Sì, è solo il presente, ma la vita si pone anche sul piano dell’immortalità, perché è una chiamata, una scelta non nostra, una specie di obbedienza a un disegno voluto da altri. Ma una obbedienza tutta speciale e particolare, come risposta a un progetto pensato solo per te. ⟫
(...)
⟪E io a cosa venni chiamata?⟫
⟪Tu sei chiamata alla bellezza, perché cercare la bellezza è emergere dal male. E perché la scuola della bellezza non è altro che disciplina. La disciplina dello straordinario.⟫"


"... la periferia è qualcosa che sta ai margini di qualcos’altro, perciò se ami le parole devi andare a  cercarle proprio dove nascono, e anche là dove mancano.
Ma cose dei pazzi, mi sono detta a quel punto. E io che pensavo che le parole nascevano dalle cose  belle. Quanto mi sbagliavo. La signorina Anna mi ha fatto capire che le parole non nascono dalla bellezza ma dalla mancanza. E non dal centro ma dai margini. E non dal Duomo di Milano, ma dai muri pieni di scritte."



venerdì 29 agosto 2025

Cold case australiani: quando la finzione viene ispirata dalla cronaca nera (parte 2)

 

Nel post precedente abbiamo ricordato due tristi casi di cronaca nera: la misteriosa ed irrisolta scomparsa dei fratelli Beaumont e la morte di Azaria Chamberlain a causa di un dingo.

In questo post, come anticipato, vedremo gli altri due casi citati da Kate Morton in Ritorno a casa: la ragazza dal pigiama giallo e l'Uomo di Somerton.


Linda Agostini (nome completo: Florence Linda Platt) è nata a Forest Hill (un sobborgo di 
Londra) il 12 settembre 1905; è nota come la "ragazza in pigiama" (o "la ragazza dal pigiama giallo") ed è stata una vittima di omicidio, il cui cadavere fu ritrovato lungo un tratto di strada ad Albury, nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, nel settembre del 1934.

Trasferitasi a 19 anni in Nuova Zelanda, vi rimase fino al 1927, quando pensò di andare a vivere in Australia a Sydney. 
Trovato lavoro in un cinema, prese casa presso una pensione in Darlinghurst Road a Kings Cross, dove si racconta che intrattenesse uomini giovani e attraenti. 
Linda aveva il vizio di alzare il gomito, amava frequentare feste e quando iniziò una relazione con l'italiano Antonio Agostini, lo sposò nel 1930 ma il matrimonio si rivelò da subito infelice; per cercare di salvare il salvabile, la coppia decise di partire per Melbourne per sottrarre Linda all'influenza dei suoi amici di Sydney.

Linda sparì in una giornata di fine agosto del 1934 e pochi giorni venne ritrovata senza vita, con indosso un pigiama di seta gialla con un motivo a drago cinese, dettaglio che faceva pensare che la vittima fosse benestante in quanto quell'indumento, in quegli anni (Grande Depressione) era ritenuto "lussuoso". 

A trovare il corpo della vittima fu Tom Griffith, un uomo del posto che stava conducendo un toro da competizione lungo il ciglio di Howlong Road, vicino ad Albury; Linda giaceva in un canale di scolo sotterraneo, gravemente ustionata e nascosta in un sacco di iuta.
La testa della pyjama girl era avvolta in un asciugamano, era stata picchiata selvaggiamente e, da una radiografia, si scoprì che aveva un proiettile nel collo. 

In un primo momento non si riuscì a identificarla (furono fatti più nomi di ragazze scomparse in quel periodo) e la salma fu portata a Sydney, dove fu esposta al pubblico; conservata in un bagno di formalina presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Sydney fino al 1942, fu poi trasferita alla sede della polizia, dove rimase fino al 1944, anno in cui, in seguito a numerose prove forensi e al riesame dell'arcata dentaria, si arrivò a identificare il cadavere con Linda Agostini. 

Ovviamente il coniuge di Linda, Antonio (Tony) fu informato del ritrovamento; l'uomo era da poco tornato a Sydney dopo essere stato internato nei campi di Orange, Hay e Loveday dal 1940 al 1944 (per le sue simpatie per il nazifascismo). 
Il capo della polizia rintracciò Tony nel ristorante in cui lavorava come cameriere e lo interrogò. 

Tony Agostini confessò di aver causato la morte della moglie sparandole, anche se disse che non voleva ucciderla; spaventato dal proprio irreparabile gesto, aveva gettato il corpo nel tombino, lo aveva cosparso di benzina e dato fuoco per distruggere le prove. 
Agostini fu processato per omicidio ma - con gran sorpresa da parte dell'opinione pubblica - fu riconosciuto colpevole di omicidio colposo e condannato a (soli) sei anni di carcere (se ne fece tre). 
Fu rilasciato nel 1948; morì in Italia nel 1969.

In teoria il caso fu chiuso, ma successivamente nuove prove scoperte da Richard Evans, uno storico di Melbourne, avevano messo in dubbio la ricostruzione e la conclusione da parte della polizia; nel libro "The Pyjama Girl Mystery", Evans ha sottolineato che ci fossero delle importanti differenze tra la donna trovata morta e Linda Agostini; ad es., la ragazza in pigiama aveva una taglia di seno diversa da quella di Linda, come anche la forma del naso e il colore degli occhi (Linda li aveva azzurri, la ragazza in pigiama castani). 
Richard Evans sostenne inoltre che erano ben 125 le donne presenti nella lista delle possibili identità in mano alla polizia, e che queste non fossero mai state rintracciate.

Il regista italiano  Flavio Mogherini ha prodotto, nel 1977, un film intitolato "Il caso della ragazza in pigiama" con Dalila Di Lazzaro e Michele Placido.



L'altro caso è sempre australiano ed è altrettanto celebre: l'Uomo di Somerton.


Siamo a Somerton, un sobborgo di Adelaide nell’Australia Meridionale.
La sera del 30 Novembre 1948 un uomo dai capelli biondo-rossicci, di circa 40-45 anni, ben vestito, semidisteso sulla spiaggia con la testa appoggiata all’argine, le gambe allungate con i piedi incrociati  e una sigaretta spenta sul viso, viene notato da alcune coppie che passeggiano; sembrerebbe dormire, se non fosse che degli insetti gli girano intorno e lui non ne è infastidito.
La mattina dopo, quel corpo è ancora lì e non ci sono dubbi: è morto e non presenta segni di violenza.

Non è in possesso di documenti, né di portafoglio; vengono ritrovati due biglietti per viaggiare (uno
Un busto in gesso del cosiddetto Uomo di Somerton

usato per un autobus da Adelaide a Glenelg, e un altro non usato per il treno, da Adelaide a Henley Beach).

Si stima che sia morto verso le due del mattino per un arresto cardiaco causato dall’assunzione, si ipotizza, di un veleno.

La salma viene imbalsamata così da preservarla in vista di futuri esami; da una successiva analisi autoptica, l’avvelenamento si conferma l’ipotesi principale.

Nel gennaio 1949 c'è una svolta: al deposito bagagli della stazione ferroviaria di Adelaide viene ritrovata una valigia, che era lì dal 30 novembre; dentro vengono ritrovati diversi oggetti e indumenti, questi ultimi privi di etichette; su alcuni di essi è riportato il nome T. Keane o Kean  ma la polizia dubita che si tratti del nome del morto.
Controllando i registi ferroviari viene fuori che l’uomo era giunto in stazione nella notte del 30 novembre, si era fatto una doccia e si era rasato in un bagno in città e poi era ritornato in stazione, acquistando il biglietto per il treno delle 10:50 per Henley Beach ma in realtà poi aveva cambiato idea e preso il pullman per Glenelg.

Si brancola nel buio sino a quando, esaminando di nuovo i pantaloni dell’uomo misterioso, in una tasca interna viene recuperato un pezzo di carta su cui si leggono queste parole: Taman Shud. 

Sembra che Taman Shud siano le parole finali di una raccolta di poesie (il "Rub’ayyat") del matematico, astronomo e filosofo persiano dell’XI secolo  'Umar Khayyám  e significano “è finito” o “è concluso”.

Esse vogliono forse indicare che il misterioso individuo senza identità si sia suicidato?

Ma i colpi di scena non sono finiti.

messaggio in codice mai decifrato


Siccome quel pezzo di carta era la pagina strappata da un libro, si scopre che esso proviene da una copia rara del 1859; tanto per aggiungere un ulteriore pizzico di mistero, sul retro di questo libro vi sono cinque righe di annotazioni scritte a matita - che sembrano dei messaggi in codice - e anche un numero di telefono appartenente a Jessica “Jestyn” Thomson (il nome non viene rivelato subito), un'ex infermiera di Glenelg, la cui abitazione è a circa 400 metri a nord del luogo dov’era stato ritrovato il cadavere. 

Quando alla donna viene mostrato un calco in gesso della parte superiore del torso dell’uomo, ha una reazione di sgomento e riconosce in quei tratti un certo Alfred Boxall, sottotenente dell’esercito australiano Sezione Trasporti Acquatici, al quale aveva regalato nel 1945 proprio quella raccolta di poesie.

Il problema era che il presunto Boxall era vivo più che mai e ancora in possesso sua copia del Rub’ayyat.

E se il codice misterioso indicasse che l'uomo era una spia sovietica? 

A nutrire questa teoria si aggiunse la notizia della morte (nell'agosto 1948) di Harry Dexter White, funzionario del Dipartimento del tesoro statunitense morto per avvelenamento da digitale (digossina) e ritenuto un agente sovietico. 

Ma non finisce qui.
Nel 2013 la figlia di Jessica Thomson rivelò che sua madre (simpatizzante comunista), prima di morire, le confidò di aver mentito sull’identità dell’uomo di Somerton, il quale era noto non solo a lei ma anche a livello istituzionale e alla stessa polizia.

Ad ogni modo, le impronte digitali di Somerton Man furono inviate in tutto il mondo, ma nessuno riuscì a identificarlo; fu sepolto nel cimitero di Adelaide nel 1949 e sulla lapide è stato scritto "Qui giace l'uomo sconosciuto che è stato trovato a Somerton Beach".

uomo di Somerton  >> Carl Webb
Settant'anni dopo, all'intricata storia dell'uomo trovato sulla spiaggia si aggiunge un nuovo tassello grazie alla tenacia di un ricercatore dell'Università di Adelaide, Derek Abbott, che è riuscito ad analizzare il DNA dell'uomo dai capelli, conservati quando le autorità fecero realizzare il busto in gesso.
Dalle tracce genetiche si è costruito l'albero genealogico e da lì sono stati rintracciati i parenti ancora in vita.

Abbott ha finalmente dato un nome e un'identità all'individuo sconosciuto: Carl Webb, ingegnere elettrico di Melbourne,  sposato con Dorothy Robertson; ma a parte questo, tante domande ancora non hanno trovato risposta, una su tutte com'è morto ed eventualmente per mano di chi.

Chissà se questa enigmatica storia riserva ancora sorprese?


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