Letto nel week end...
VERRA' LA VITA E AVRA' I TUOI OCCHI
di Jarmila Ockayovà
Baldini e Castoldi 1995 |
Se siete persone sensibili, se conoscete quel ricco territorio dell’anima che si chiama memoria, questo romanzo ha un messaggio per voi. Esordio narrativo di una quarantenne scrittrice slovacca, è stato paragonato al fortunato Va dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro per l’intensità con la quale scandaglia i labirinti segreti dell’affettività femminile. Anche qui si tratta di una storia di donne, due giovani amiche che incrociano le loro esistenze nel difficile percorso verso la maturità dei sentimenti. E quando Barbara precipita in un vortice di sofferenza, Stefania le rimane accanto, rischiando di essere stravolta dal suo dolore. Anche qui c’è una lettera rivelatrice, scritta anni dopo il succedersi degli eventi. «Ricordi, Barbara, quel viaggio in pullman? Quel trovarci casualmente l’una accanto all’altra e scoprire di avere in comune la meta del viaggio e un’infinità di piccole e grandi cose…». Il fluire della scrittura aiuta Stefania a capire, per la prima volta, ciò che è stato «…non sono riuscita, per nove anni, né a guardare una tua fotografia né a pronunciare il tuo nome…». E dopo il toccante epilogo, anche noi comprendiamo, con commozione, il profondo significato di questo romanzo.
il mio pensiero |
Verrà la vita e avrà i tuoi occhi si apre come una lunga lettera che la protagonista, Stefania, scrive alla sua amica Barbara, dopo diversi anni dalla morte di quest’ultima, trovandosi davanti alla sua lapide, per la prima volta.
Seguendo a ritroso i pensieri malinconici di Stefania, il lettore ripercorre l’amicizia tra le due ragazze, dal momento in cui si sono incontrate (per caso, su un autobus, diventando immediatamente amiche, grazie soprattutto alla vivacità e spontaneità di Barbara) all’ultima sera insieme, a casa della stessa Barbara.
Il legame tra le due sboccia spontaneo ed immediato, per una strana affinità mentale; pur avendo un background (familiare, in particolare) molto differente, le due giovani hanno una spiccata tendenza a “filosofeggiare”, a discutere animatamente e con trasporto di temi esistenziali importanti: la vita, il tempo, la morte, non si risparmiano su nulla e la loro convivenza, seppur limitata a qualche annetto, sarà intensa, quasi simbiotica, fino a quando qualcosa non le allontanerà.
Dai ricordi narratici in prima persona da Stefania, che accavalla i propri pensieri di adesso circa il passato, con il passato stesso, emerge una figura di Barbara molto particolare.
Barbara è una ragazza apparentemente ilare, vivace, sfrontata, sicuramente intelligente, acuta, spiritosa, ma che dietro a tutto questo nasconde turbamenti e malesseri che emergeranno pian piano sotto gli occhi sbigottiti dell’amica.
Come se avesse una maschera, Barbara vive una sorta di doppia esistenza, divisa tra ciò che gli altri desiderano vedere di lei, e ciò che lei in realtà prova e vive all’interno di se stessa.
Barbara ha un passato traumatico, alle spalle, legato alla morte tragica della madre in mare e all’ambiguo rapporto col padre, attualmente inesistente e indifferente.
Barbara è un esempio di come certe esperienze brutte, che hanno tracciato ferite profonde, e mai guarite, nell’animo, poi necessariamente esplodano, all’esterno, in modo forte, traumatico, come attraverso la malattia mentale e con tutto ciò che essa può comportare.
La fragilità emotiva di Barbara è palpabile, tra le righe, nel racconto che ce ne fa Stefania, della quale avvertiamo non solo il dispiacere per come sono andate le cose con e per l’amica, ma anche il senso di colpa per non aver fatto nulla (o tutto il possibile) per aiutarla in modo opportuno.
Davanti ai disordini mentali di una giovane che vive malesseri che non riesce ad esprimere se non gettandosi in elucubrazioni mentali complicate e irrazionali, rifiutando l'aiuto professionale attraverso la psicoterapia (nella persona ambigua del dottor Tomaso Berretta), o peggio ancora attraverso gesti estremi e condotte autolesioniste, il lettore vive insieme alla protagonista lo smarrimento dinanzi ad una vita tanto giovane che non riesce a trovare una vera ragione per uscire dal tunnel in cui vive, per poter acquistare un po’di serenità.
Eppure Barbara non è completamente sola: c’è Stefania, ben intenzionata ad aiutarla, dopo il primo tentativo di suicidio, c’è lo psichiatra Berretta, con il suo contributo calmo, serio, ma solo apparentemente davvero professionale…
A Barbara mancano le persone fondamentali e il vuoto lasciato dalla loro assenza è un buco incolmabile, che a un certo punto la risucchierà, in particolare attraverso il problema dell’anoressia, che è forse la punta dell’iceberg dello stato di sofferenza in cui versa la ragazza, nella quale albergano, contrastanti, un forte senso e desiderio di vitalità e libertà, accanto ad impulsi di morte e distruzione, frutto di una dolore interiore per la quale lei non trova medicina se non nel poter decidere di annullarsi.
È un libro breve ma che, attraverso una narrazione intima, come una pagina di diario molto personale, o una lettera scritta ad una persona amata che, sappiamo, non la leggerà mai, cerca di catturare la sensibilità del lettore, mettendogli davanti due vite giovani che insieme hanno condiviso il bello e il brutto della giovinezza... ma in realtà senza lasciarlo entrare davvero dentro di loro per conoscerle e capirle.
Quando Stefania scrive questa lettera all’ormai defunta amica, lo fa con la consapevolezza di chi ha dovuto attendere anni prima di assimilare il trauma della scomparsa, tant’è che la protagonista ammette tutta la sua difficoltà anche soltanto nel prendere in mano una foto di Barbara.
Ma soprattutto, ripercorrendo all’indietro e sul filo della memoria il loro singolare rapporto, Stefania ha modo di riflettere su tutte le cose belle che pure ha capito ed imparato attraverso la sua esuberante e “complicata” ex coinquilina.
È questo che mi succede parlando con te:
mi fai sentire una cantina piena di piccole preziosità
da antiquario e mi viene voglia di scoprirne il valore.
Perché a parlare davvero, io credo,
ogni cosa, anche la più insignificante,
assume un valore.
è di me dunque che ho tanta nostalgia,
di me che allora vissi così intensamente grazie a te,
di me che ritrovo grazie a te.
Sei stata tu, la tua presenza e il bisogno di comunicare con te a fermare i miei gesti, le mie parole,
a farli sopravvivere a se stessi,
eri tu quella che fissava i fotogrammi
nella pellicola del tempo.
Verrà la via e avrà i tuoi occhi è una lettura che, molto probabilmente, desidera essere commovente, realistica, e di certo la scrittrice ha cercato di dimostrarsi sensibile verso l’universo femminile, tentando di metterlo a nudo, provando a scandagliarlo nei suoi piccoli segreti e problemi, con particolare riguardo al legame dell’amicizia, che altro non è che una forma d’amore, un splendida opportunità di dare e ricevere senza misura.
Ma vi chiederete perchè abbia scritto: "desidera essere", "ha cercato", "tentando", "provando".
Perchè penso che il romanzo sarebbe potuto essere tutto questo se i vari temi presenti non fossero solo accennati; essi - dall'anoressia all'incesto, dal rapporto amicale un po' ambiguo tra Stefania e Barbara a quello strano e poco definito con Tomaso - risultano comunque solo accennati e mai sviluppati in modo esaustivo; l'unica figura un po' più approfondita, con la sua personalità complessa e turbolenta, è Barbara, ma per il resto è come se a tutto il libro mancasse una vera e propria "logica", una struttura vera e propria, come se non si capisse, giunti all'ultima pagina, cosa volesse lasciarci l'Autrice.
Non lo considero un libro "brutto" (perdonate l'aggettivo semplicistico), e mi sento di consigliarlo, soprattutto a chi ama le letture dal sapore un po' nostalgico e psicologiche.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz