Un trattato brevissimo, chiaro e accessibile a tutti in cui lo scrittore israeliano Amos Oz (1939-2018) esprime la propria posizione in merito alla "questione israelo-palestinese", sostenendo la soluzione dei due Stati.
CONTRO IL FANATISMO
di Amos Oz
Ed. Feltrinelli trad. E. Loewenthal 78 pp |
Cinquant'anni dopo, sui muri gli slogan cambiano: Ebrei, fuori dalla Palestina.
"...io sono diventato scrittore per colpa dell’indigenza, della solitudine..."
"Ma sono diventato scrittore anche perché vengo da una famiglia di profughi dal cuore a pezzi."
Amos è cresciuto a Gerusalemme, in una città cosmopolita, mista, in mezzo ad arabi, ebrei ed armeni; una città in cui ognuno pregava a modo suo, tra tensioni eppure senza violenza; ci si tollerava:
"Ognuno sapeva, in un modo o nell’altro, che anche gli altri facevano parte del contesto. L’unica cosa che tutti avevano in comune era la segreta aspirazione messianica. Ognuno era convinto di rappresentare l’autentico retaggio di Gerusalemme, la vera religione, la vera fede. Ognuno pensava di appartenere a Gerusalemme nel vero senso del termine, mentre gli altri erano considerati alla stregua di una presenza ammissibile, di sfondo."
La pretesa su Gerusalemme quale capitale della "propria" nazione, ha portato i due popoli - ebrei e arabi palestinesi - a scontrarsi ripetutamente, generando fiumi di ingiustizie, morti, diritti violati, soprusi.
Tutto in nome di un cieco fanatismo.
Il fanatismo nasce molto prima dell'Islam, del cristianesimo, del giudaismo, è più antico di ogni stato o governo, d’ogni sistema politico, più antico di tutte le ideologie e di tutte le confessioni del mondo.
"Disgraziatamente, il fanatismo è una componente sempre presente nella natura umana, è un gene del male."
Qual è la posizione di Amos Oz in merito?
Pur essendo un ebreo, lo scrittore riconosce quello che è un dato di fatto: nel 1948 tanti palestinesi persero la propria casa e in alcuni casi la terra natia.
"Che siano da accusare le dirigenze arabe, o i sionisti o entrambi, resta il fatto che nel 1948 centinaia di migliaia di palestinesi persero le loro case. (...) Niente buoni da una parte e cattivi dall’altra. Non è un film western".
Non è un concetto scontato: siamo talmente abituati a "parteggiare" (frequentemente per cose futili) per Tizio piuttosto che per Caio, che anche in questioni di vita e di morte, ci comportiamo come se fossimo ad una partita di calcio o, tutt'al più, in presenza di diatribe nelle quali individuare in modo inequivocabile chi ha torto e chi ha ragione, il "buono" e il "cattivo.
Quando invece il punto da cui partire è che, al di là di questi facili riduzionismi, nel conflitto fra ebrei israeliani e arabi palestinesi è in corso una tragedia: il contrasto fra un diritto e l’altro.
Le sue parole, il fatto di riconoscere e ammettere gli sbagli dei propri connazionali ai danni dei palestinesi lo ha portato ad essere additato dagli israeliani come un "traditore patentato”.
Cosa fare quando si vive fianco a fianco con la sofferenza e l’ingiustizia, l’oppressione e la violenza?
Come usare la propria voce o, nel suo caso, la penna?
Contro l'odio e il fanatismo può servire l'immaginazione, il mettersi nei panni dell'altro, e in questo senso la letteratura offre il proprio contributo; non solo, ma anche avere maggiore senso del'umorismo (la capacità di ridere di noi stessi) o saper apprezzare le diversità aiuta.
Checché se ne dica, la lotta fra ebrei israeliani e arabi palestinesi, lungi dall'essere davvero una guerra di religione, altro non è che un conflitto territoriale sulla questione dell'appartenenza del territorio.
Entrambi i popoli vogliono il medesimo "pezzetto di terra", di cui entrambi si sentono gli unici e legittimi proprietari; gli uni non riconoscono agli altri il legame storico ma anche "affettivo" che lega ciascuno a quella terra.
compromesso, che non va sempre inteso quale mancanza di integrità morale, ma piuttosto, in questo caso ancora di più, come sinonimo di vita. Del resto, il contrario di compromesso è fanatismo, morte.
Ho letto questo piccolo trattato in quanto interessata all'argomento; è di diversi anni fa (2002) e in esso l'Autore esprime con un pizzico di ironia ed evitando volutamente toni aggressivi e polemici, il proprio pensiero; pur apprezzando il suo sforzo di umanità ed empatia non solo verso il proprio popolo (logicamente) ma anche verso i "vicini" palestinesi, ho avuto anche l'impressione che la sua posizione fosse un po' blanda, né carne né pesce, né contro né a favore di una soluzione piuttosto che di un'altra... Insomma dice delle cose di per sé non negative, ma poco "coraggiose", che alla fine rischiano di essere solo buoniste.
Non mi permetto di giudicarne intenzioni, motivazioni... ed eventual i conflitti interiori; immagino, però, non venga automatico ad un israeliano sposare la causa palestinese, sapendo di attirarsi addosso il disprezzo e la disapprovazione dei propri connazionali.
Comunque può costituire una lettura adatta solo come infarinatura per chi vuole approfondire la questione israelo-palestinese.
Di Oz lessi qualche tempo fa Una storia di amore e di tenebra. Mi piacque moltissimo. Dopo il tui post, credo che leggerò anche questo, mi hai invogliato parecchio.
RispondiEliminaLa questione palestinese è sempre attuale e le riflessioni di Oz (anche se non proprio recenti) sono molto interessanti.
EliminaIl libro che citi lo lessi pure io diversi anni fa, se lo avessi a portata di mano lo rileggerei volentieri.
Amo profondamente questo saggio. Amo tutto di Amos Oz. Un grandissimo autore scomparso da poco la cui assenza pesa non poco.
RispondiEliminaNon saprei cosa consigliarti di lui. Leggi tutto.
C'è cosi tanto da conoscere, se hai consigli, sono ben accetti :*
EliminaUn dramma infinito quello tra Israeliani e Palestinesi, forse davvero se si accettasse di fare due Stati vicini ed in pace senza tanti fanatismi...
RispondiEliminaPer ogni problema c'è, (almeno) una soluzione. È che a volte proprio non la si vuol trovare...
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