martedì 30 dicembre 2025

LA FAMIGLIA GRANDE di Camille Kouchner [ recensione ]



Il racconto doloroso ma altresì liberatorio di un logorante segreto di famiglia, taciuto per anni per paura, vergogna, senso di colpa, diventa non solo un modo per togliersi un peso dalla coscienza e cercare giustizia, ma anche un atto di denuncia di una società e di un’epoca che hanno permesso che determinati comportamenti riprovevoli nei confronti dei minori fossero ritenuti leciti.


LA FAMIGLIA GRANDE
di Camille Kouchner


La Nave di Teseo
trad. S. Arecco
192 pp
L'esordio in letteratura dell'avvocata francese Camille Kouchner è un memoir di forte impatto, potente nei contenuti e nelle conseguenze che ha avuto, in seguito alla sua pubblicazione.

In queste pagine, la donna racconta la propria infanzia, i rapporti con i membri della propria "famiglia grande", che comprendeva non solo la madre Évelyne Pisier (nota femminista, politologa,  una delle prime donne docenti di Scienze sociali e Diritto pubblico), i fratelli (tra cui il gemello, qui chiamato Victòr), il patrigno Olivier Duhamel, politologo di fama mondiale, membro dell’élite accademica e politica progressista, ma pure tutta l'ampia ed eterogenea cerchia di amicizie dei due adulti, fieri appartenenti a una generazione di intellettuali rivoluzionari che poi si sono imborghesiti. 

In questa famiglia allargata ed atipica si consumano gioie e sofferenze, vacanze al mare, conversazioni (pseudo)intellettuali e... indicibili segreti.

Camille e Victor crescono in un ambiente che definire libero è un eufemismo e la loro infanzia (descritta con leggerezza nella prima metà del libro) ci sembra apparentemente incantata, spensierata, quasi invidiabile.

Se non fosse che dietro quei luccichii c'è del marcio, che tutti sanno, nessuno ferma e tanto meno denuncia.

Nell'infanzia di Camille ci sono vari eventi già di per sè molto forti per una ragazzina: suo padre Bernard* è praticamente assente e lascia i tre figli nelle mani dell'ex-moglie; i nonni materni, a distanza di non molti anni, si suicidano e questi eventi mettono alla prova l'equilibrio emotivo della madre, Évelyne, che comincia a bere...

Eppure, non sono questi - seppur già drammatici - eventi a costituire il cuore del libro-confessione: ad esserlo sono gli abusi sessuali che per anni, durante i primi anni dell'adolescenza, subì Victòr ad opera dell'illustre e stimato patrigno Olivier Duhamel.

La seconda parte del libro si concentra su come Camille è arrivata a maturare l'urgenza di far venir fuori questo segreto di famiglia, non per rovinare Olivier (che lei amava come un padre, e proprio questo sentimento ha reso Olivier ancora più colpevole, perché i suoi abusi verso il gemello sono stati un tradimento verso di lei, che lo vedeva come un punto di riferimento) ma per dare giustizia a Victòr.

Leggiamo (nel mio caso "ascoltiamo") di come ella abbia ricordato di quelle notti in cui Olivier si intrufolava nella sua stanza (senza però mai violarla) e in quella del gemello, facendo a lui e con lui cose che nessun padre o patrigno dovrebbe fare.

Negli anni, il peso di questo segreto ha incominciato a logorarla, a scavare dentro i suoi sensi di colpa, a reclamare che lei facesse ciò che non ha avuto il coraggio di fare "a quel tempo" perché si sentiva vulnerabile, ancora una ragazzina incapace di alzare la voce contro un adulto: denunciare, difendere suo fratello, porsi dalla sua parte e dirgli: "Non sei tu ad aver commesso un'azione terribile, ma il nostro patrigno: lui ha commesso un incesto e tu ne sei la vittima".

Non sarà facile convincere il fratello a denunciare ora, dopo anni di silenzio, ma pian piano anch'egli (supportato dalla moglie) deciderà di parlare, di mostrare a tutti che dietro l'immagine pubblica dorata ed elogiata di Duhamel si nasconde un orco.

Emerge, quindi, come attorno a sé l'uomo avesse una rete di amicizie che sicuramente avevano idea di ciò che avveniva nelle mura di casa ma che taceva, girava la testa dall'altra parte.
Questa famiglia grande che allietava le giornate, le vacanze, le estati di Évelyne e Oliver a Sanary-sur-Mer (località turistica sulla Costa Azzurra) non faceva che trastullarsi bevendo, fumando, insegnando ai figli a giocare a poker e a sfilare nudi intorno alla piscina. 

E tutto in nome di una presunta libertà in cui nulla doveva essere proibito, in cui la madre incoraggiava la sua Camille dodicenne a fare le sue prima esperienza sessuali e la ragazzina si sentiva divisa tra l'eccitazione di essere trattata come una grande e il terrore di avere tra le proprie mani una totale libertà...

Sebbene tardiva, la confessione ha un effetto dirompente e scatenerà inevitabilmente delle conseguenze tanto private quanto pubbliche, ma una su tutte la ferirà, la farà star male  e peserà come un macigno sul cuore per sempre: la reazione di sua madre.

Vi invito a leggere questo libro perché io l'ho trovato davvero forte, coraggioso, vero; mi ha suscitato  emozioni discordanti (rabbia, indignazione, commozione...) ascoltare ciò che l'autrice ha vissuto, ciò che ha provato per la propria adolescenza sporcata dall'incesto del patrigno sul fratello e dalle manipolazioni psicologiche su di lei sempre da parte di quell'uomo che avrebbe dovuto farle da padre e che invece le ha chiesto di tacere sulle nefandezze da lui commesse.

Vent'anni di silenzio sono tanti e durante questo lungo periodo il senso di colpa, come un'idra, non ha mai smesso di rigenerarsi e farsi sentire per farla star male e per chiederle di rompere il muro di omertà e liberare sé stessa e Victòr.

"Il senso di colpa è come un serpente. Prestiamo attenzione a quel che produce in rapporto a determinati stimoli ma non sempre sappiamo quando produrrà in noi la paralisi, percorre la sua strada, traccia i suoi percorsi; il senso di colpa si è mischiato in me come un veleno e ben presto ha invaso l'intero spazio del mio cervello e del mio cuore. (...) Il mio senso di colpa è il mio gemello. È come avere un altro gemello."

Assolutamente consigliato.



* il padre naturale di Camille Kouchner è stato un noto politico e medico francese, oltre che uno dei fondatori dell'organizzazione Medici senza frontiere.

Nessun commento:

Posta un commento

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...