Questo week end è stato prolifico dal punto di vista delle letture e non possono che esserne lieta!!
Ho terminato ben 5 libri ( ) e quindi ci aspettano 5 recensioni ( )!!
Non so se riesco a scriverle e postarle tutte e 5, ma almeno un paio sì!
ODISSEA. Cronache d'incoscienza e di vita estrema
di Cristina Zanetti
Editore: Cicero - Venezia Uscita in libreria: 30 giugno 2014 Pagine: 288 Prezzo di copertina: 16,00 € ISBN: 978-88-89632-41-3 |
Spesso la malattia è l’unica modalità che una persona
è in grado di utilizzare per risolvere un problema.
Sinossi
Marina, napoletana, vive a Bologna da molti anni. È ostinata, testarda, irremovibile. Non si scoraggia davanti alle difficoltà e le supera. Ha sempre ragione, non ammette gli errori e persevera. In napoletano, è capatosta. Generosa e intrattabile, geniale e intraprendente, imprevedibile e irascibile, è amata o detestata, senza mezze misure.
Ma un giorno, di colpo, deve fare i conti con una novità che travolge la sua vita e quella del gruppo di donne che la circonda: il cancro.
Marina, però, è piena di vita e con lei le cose si fanno allegramente o non si fanno.
Così, con euforia e il suo solito ésprit de combat, raduna una squadra speciale che le assicura presenza continua, protezione incondizionata e amore a prova di bomba.
La vittoria è scontata a patto che, come al solito, si tenga duro. L’ottimismo è d’obbligo e la prima a sprigionarlo è proprio lei, che tiene alto il morale generale con pranzi e cene partenopee. La buona tavola e la passione per il cinema si dimostrano formidabili antidoti alle difficoltà del momento.
In una confusione di gioia e dolore, forza e debolezza, la rete informale di affetti, una variopinta sfamiglia, garantisce appoggio e stabilità.
Le cronache tragicomiche di questa Odissea contemporanea, che si svolge fra Bologna e Cervia – buen retiro della compagnia – si concludono in modo sorprendente, con determinazione e follia.
il mio pensiero |
“Il mondo è la gigantesca Odissea composta d’infinite storie. Quella narrata in questo libro è unica e irripetibile, è la nostra Odissea. È l’Odissea che c’è toccata in corte. Nulla potrà mai cancellarla. Ce la porteremo dentro per sempre. Per questa ragione è uguale a tutte le altre” (l’Autrice).
Un’Odissea al femminile, quella narrataci, in prima persona, da Cristina Zanetti, che si compone di tanti frammenti di vita, aneddoti, personaggi, parole, emozioni; piccole storie di coraggio e di paura, di amore e amicizia, di ricordi e speranze, di sguardi rivolti al passato e di progetti (incerti) per il futuro.
E tutto ruota attorno a lei, la vera protagonista di questa Odissea: Marina.
Napoletana DOC trapiantata a Bologna, impegnatissima nella sua “Immaginaria”, un Festival internazionale del Cinema delle Donne, attorniata dal suo team, tutto “in rosa”, della quale lei è la leader indiscussa, colei che tira le fila dei lavori e degli eventi, che fa e disfa…, insomma il motore della squadra.
“…un personaggio ingombrante e contraddittorio, tenero e collerico, forte e debole, pieno di eccessi….”:
in breve è questo Marina, ed altro ancora, a dire il vero; è cocciuta, anche un po’ egocentrica, pretende che tutto giri attorno a lei, non fa mai un passo indietro e non si concede mai debolezze né tanto meno ammissioni di colpa.
Molto sicura di sé, senza peli sulla lingua e spesso irritante per i suoi modi spicciativi e "da essere superiore", da comandante, eppure, allo stesso tempo, amata ed ammirata dal team di colleghe che lavorano con lei.
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Eh sì, perché la narratrice e Marina hanno avuto una relazione in passato e dalle prime battute avvertiamo qualcosa di forte, che continuerà ad esserci per tutto il libro: a legarle c’è un sentimento profondo, che forse non è più amore nel senso squisito del termine (entrambe, infatti, hanno altre relazioni: Marina con Debora e la narratrice con Virginia), ma che comunque le terrà unite sempre, che faccia bello o cattivo tempo.
Marina ha una personalità forte, trascinante, capace di dominare chi le è vicino e staccarsi da lei diventa quasi necessario per la nostra narratrice, che – a causa dei propri trascorsi familiari complicati – ha sempre vissuto un po’ in sordina, allontanandosi dai riflettori, decidendo di vestire i panni della gregaria passiva, senza dare spazio e sfogo alle proprie reali ambizioni.
Eppure anche per lei sta arrivando il momento di “crescere” e creare qualcosa di suo e così “scopre” che la propria storia personale ha tutti i requisiti per diventare un romanzo.
E del resto, proprio quello che il lettore ha tra le mani è il romanzo di una vita vissuta, in cui non mancano gli ingredienti propri della vita vera: l’anziano Urbano (padre della narratrice), alle prese con una badante romena, Ruxandra, intenzionata solo a spillar soldi; la storia un po’ incerta con Virginia, i rapporti con le colleghe, l’amicizia con l’intelligente Simonetta, e soprattutto il rapporto odio/amore con lei, Marina.
L’indistruttibile guerriera Marina.
Ma la vita non fa sconti a nessuno, non guarda il tuo curriculum e non si fa problemi a infilare qualche problema di salute nel corpo ancora giovane e forte di una donna tosta come la nostra Marina, che scopre di avere un tumore.
La cosa sconvolge tutti, non solo l’ammalata, ma anche (forse soprattutto) le donne che lavorano con lei, che non si capacitano di come una roccia come Marina possa rischiare di sgretolarsi a causa dei colpi spietati di un male che però la donna deciderà da subito di combattere con coraggio, con il mento alzato e senza troppi pianti.
E così tutte “le sue donne” si prodigano come possono per aiutarla a non pensare al male, all’ospite indesiderato che s’è installato nel suo corpo e che, purtroppo, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di morte.
Tra pranzi e cene succulente, battibecchi su fatti vecchi e nuovi, parentesi narrative che ci fanno sorridere (come quelle dedicate a Ruxandra), pianti e paure, risate e speranze, l’Autrice ci racconta tanti momenti di vita vera e lo fa con un tono tragicomico, spensierato, pur usando un linguaggio molto accurato, a tratti ricercato, non privo di ragionamenti filosofico-esistenziali, ma senza essere pesante.
Forse all’inizio ho dovuto raccapezzarmi un po’ per capire di chi e cosa si stesse parlando, però poi una volta entrati nella storia e compreso personaggi e ruoli, il tutto scorre liscio e credo sia improbabile non affezionarsi a queste donne così vivaci, intraprendenti, sensibili, leali e fedeli, Marina compresa con la sua sicurezza, il suo senso pratico ma anche la sua simpatia e il suo saper essere affettuosa all’occorrenza.
È un libro in cui domina l’amicizia e tutto quello che essa comporta, vissuta in maniera totale e senza riserve, fino alla fine, oltre la malattia e la morte stessa; è un libro che affronta, in maniera spontanea, temi come l’omosessualità (e, seppur in modo non ostentato, i pregiudizi che possano esservi su di esso, in particolare sulle lesbiche, tanto da indurre le “meno coraggiose” a non rivelarsi ad alcuni familiari, come eventuali figli) o la malattia, i rapporti di coppia, i “traumi” che ci portiamo dietro dalle famiglie d’origine, domande sulla vita, come il perché un vecchietto 90enne debba continuare a vivere e una 50enne nel fiore del proprio vigore debba entrare ed uscire dall’ospedale.
È un libro che fa riflettere su tante tematiche e lo fa col sorriso e senza essere patetico (quando si parla di malattie terminali il rischio c’è, no?), lasciandoci entrare nelle giornate di queste donne, tanto che, alla fine di esso, ci sembra di averle davvero incontrate.
La cosa sconvolge tutti, non solo l’ammalata, ma anche (forse soprattutto) le donne che lavorano con lei, che non si capacitano di come una roccia come Marina possa rischiare di sgretolarsi a causa dei colpi spietati di un male che però la donna deciderà da subito di combattere con coraggio, con il mento alzato e senza troppi pianti.
E così tutte “le sue donne” si prodigano come possono per aiutarla a non pensare al male, all’ospite indesiderato che s’è installato nel suo corpo e che, purtroppo, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di morte.
Tra pranzi e cene succulente, battibecchi su fatti vecchi e nuovi, parentesi narrative che ci fanno sorridere (come quelle dedicate a Ruxandra), pianti e paure, risate e speranze, l’Autrice ci racconta tanti momenti di vita vera e lo fa con un tono tragicomico, spensierato, pur usando un linguaggio molto accurato, a tratti ricercato, non privo di ragionamenti filosofico-esistenziali, ma senza essere pesante.
Forse all’inizio ho dovuto raccapezzarmi un po’ per capire di chi e cosa si stesse parlando, però poi una volta entrati nella storia e compreso personaggi e ruoli, il tutto scorre liscio e credo sia improbabile non affezionarsi a queste donne così vivaci, intraprendenti, sensibili, leali e fedeli, Marina compresa con la sua sicurezza, il suo senso pratico ma anche la sua simpatia e il suo saper essere affettuosa all’occorrenza.
È un libro in cui domina l’amicizia e tutto quello che essa comporta, vissuta in maniera totale e senza riserve, fino alla fine, oltre la malattia e la morte stessa; è un libro che affronta, in maniera spontanea, temi come l’omosessualità (e, seppur in modo non ostentato, i pregiudizi che possano esservi su di esso, in particolare sulle lesbiche, tanto da indurre le “meno coraggiose” a non rivelarsi ad alcuni familiari, come eventuali figli) o la malattia, i rapporti di coppia, i “traumi” che ci portiamo dietro dalle famiglie d’origine, domande sulla vita, come il perché un vecchietto 90enne debba continuare a vivere e una 50enne nel fiore del proprio vigore debba entrare ed uscire dall’ospedale.
È un libro che fa riflettere su tante tematiche e lo fa col sorriso e senza essere patetico (quando si parla di malattie terminali il rischio c’è, no?), lasciandoci entrare nelle giornate di queste donne, tanto che, alla fine di esso, ci sembra di averle davvero incontrate.