Finalmente riesco a recensire il primo libro dedicato alla
"Giornata della Memoria"!
Ho in lettura "La lista di Schindler" e devo confessarvi che è più "tosto" di quanto pensassi, infatti vado piuttosto lenta!!
LA BANALITA' DEL BENE
di Enrico Deaglio
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Ed. Feltrinelli |
"Lei che cosa avrebbe fatto al posto mio?".
Una domanda semplice e, allo stesso tempo impegnativa, cui è difficile dare una risposta onesta e vera.
Ma l'Autore se l'è sentita porre davvero da un uomo anziano, che gli ha raccontato la propria storia; quella storia sconosciuta per troppo tempo e troppo tardi resa nota "al mondo", e davanti alla quale ci si sente piccoli e senza parole.
"La banalità del bene" sembra un romanzo d'avventura, e in un certo senso lo è, contrassegnato com'è da caos, spari, grida, paura, lo sfondo della seconda guerra mondiale, l'incubo di vagoni pieni di gente ammassata e sfinita, in viaggio verso la morte.
Ma questo non è un romanzo: è una storia vera.
E' la storia di un uomo che ha mentito, che s'è inventato un incarico di responsabilità e un ruolo diplomatico da lui completamente lontani, che è andato di qua e di là tra le strade di Budapest rivendicando protezione per migliaia di ebrei, sotto la bandiera del consolato spagnolo.*
Un commerciante padovano con un passato di fascista entusiasta e soldato volontario in Spagna al servizio di Franco che, in un momento storico tra i più difficili nella storia umana, ha "semplicemente" preso una decisione, si è prefisso degli obiettivi e non ha esitato a spacciarsi per un diplomaitco spagnolo (lui che era "nessuno"!) pur di perseguirli.
A costo della propria vita..., lui che avrebbe potuto tranquillamente mettersi in salvo, decide di restare in un paese tormentato dalla guerra e perseguitato dai nazisti, e fare quello che ciascun uomo, dotato della capacità di discernere il bene dal male e convinto di scegliere il bene, dovrebbe sentirsi in obbligo di fare.
Lui, uno spettatore tra vittime e persecutori, aveva mostrato che un orrore si riesce a riconoscerlo in tempo, dai primi sintomi, e che ci si può opporre senza aspettare.
Conosciamo la storia di Giorgio attraverso i suoi racconti e il suo diario, e conosciamo "le sue gesta eroiche", che fanno di lui la persona straordinaria che è stata: un uomo sostanzialmente solo, in terra straniera, circondato da pochi amici fidati (ricordiamo Madame Tournè e l'avvocato Farkas), che sforna documenti falsi, organizza e difende otto "case rifugio", trova cibo, strappa tante persone dal viaggio verso la morte "per il rotto della cuffia", come fu con due gemelli, che un impaurito, ma allo stesso tempo coraggioso, pseudoconsole rubò nientemeno che a Adolf Eichmann.
Giorgio Perlasca e Adolf Eichmann si incontrarono per una manciata di minuti, in una mattina di ordinario macabro trasporto di ebrei ungheresi verso Auschwitz. Fu un match breve, tra un calmo tenente colonnello delle SS contro un emozionato diplomatico spagnolo. Avevano più o meno la stessa età, uno aveva il potere e l'altro non l'aveva. Ma vinse quest'ultimo, che non era diplomatico e neppure spagnolo.Di questa storia che è rimasta così impressa nella memoria di Giorgio Perlasca, quello che a me piace di più è che ci fu una scelta.L'italiano vide due ragazzi gemelli ed ebbe uno scatto pensando che si poteva fare qualcosa per evitare che fossero Uccisi. Il tenente colonnello tedesco forse non li vide neanche (me li immagino rannicchiati dentro la macchina) e, con un gesto della mano, li lasciò vivere. Per lui erano due numeri, non due persone. Un fatto statistico.
Insomma, un magnifico impostore, il nostro eroe italiano, che è però, prima di ogni cosa, solo e soltanto un uomo, e le pagine del suo diario ce lo mostrano per quello che è: un uomo che provava paura, smarrimento, ansia, ma che non ha smesso di pensare agli altri prima che a se stesso, e la consapevolezza del pericolo che correva non lo ha distolto dal suo intento: salvare vite innocente dalla follia dell'odio razziale.
Un eroe cui, giustamente, non sono mancati i dovuti riconoscimenti.
- Premiato prima in Ungheria con l'Ordine della Stella d'Oro da parte del Parlamento
- Giusto tra i Giusti e cittadino onorario di Israele
- onorato dall'Holocaust Memorial Council di Washington e dal comitato Raul Wallenberg di New York
- commendatore di numero dell'Ordine di Isabella per decreto del Re di Spagna Juan Carlos
- In Italia, Commendatore Grand'Ufficiale.
Una storia che smuove le coscienze e che inevitabilmente ti porta ad affermare:
Giorgio Perlasca è un uomo cui vorremmo assomigliare
Giorgio Perlasca, nel 1961, non andò a testimoniare a Gerusalemme e in Italia, l'articolo che raccontava quanto aveva fatto, passò del tutto inosservato. Ma se si fosse presentato al banco dei testimoni e il pubblico ministero gli avesse domandato: - Signor Perlasca. Lei era un commerciante italiano. Lei non era parte in causa. Lei avrebbe potuto scappare da Budapest. Perché ha fatto tutto quello che ha fatto? Perlasca avrebbe risposto allora con le poche parole che ripete adesso.- Vedevo delle persone che venivano uccise e, semplicemente, non potevo sopportarlo. Ho avuto la possibilità di fare, e ho fatto. Tutti, al mio posto, si sarebbero comportati come me. Avrebbe forse aggiunto, con la sua lenta cadenza veneta: - Si dice in Italia: l'occasione fa l'uomo ladro, di me ha fatto un'altra cosa. E avrebbe dato la prova che anche nella più impenetrabile nebbia, esiste - perché è propria dell'animo umano - una tentazione irriducibile, indicibile, fiabesca alla banalità del bene.
Assolutamente consigliato... film compreso!
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* L'Ambasciata spagnola rilasciò visti utilizzando una legge promossa nel 1924 da Miguel Primo de Rivera, che riconosceva la cittadinanza spagnola a tutti gli ebrei di ascendenza sefardita (di antica origine spagnola, cacciati alcune centinaia di anni addietro dalla Regina Isabella la Cattolica) sparsi nel mondo.La legge Rivera è dunque la base legale dell’intera operazione organizzata da Perlasca, che gli permette di portare in salvo 5218 ebrei ungheresi.