sabato 19 agosto 2017

Recensione: MINCHIATE di Fabrizio De Sanctis (RC2017)



Un noir intricato, con uno sviluppo delle vicende molto interessante, che ruota attorno a due personaggi particolari: un truffatore che manipola i pensieri altrui e un serial killer amante delle… Minchiate (con la M maiuscola)!



MINCHIATE 
di Fabrizio De Sanctis



MINCHIATE
Ed. Porto Seguro
Il noir di Fabrizio De Sanctis inizia col narrarci alcune mirabolanti “imprese” di un certo Wolf Messing; forse non tutti sanno chi è benché sia un personaggio realmente esistito. Messing è stato un telepata, un sensitivo nato a fine Ottocento e morto nel 1974; la sua particolarità era il possesso di doti paranormali: riusciva a “entrare nella testa” delle persone che aveva davanti, a manipolarne il pensiero, a far vedere/sentire loro cose inesistenti o comunque distorte e molto lontane dalla realtà; quest’uomo dalle doti speciali ha avuto a che fare anche col dittatore Stalin proprio per le sue capacità, tra cui quella di “prevedere” cose future.

Molti decenni dopo, ai nostri giorni, nella bellissima Firenze, evidentemente il potere da paragnosta di Messing non è andato perduto; c’è ancora chi lo possiede e ne fa un uso decisamente truffaldino: la polizia, infatti, viene chiamata ad occuparsi di misteriosi truffe a danni di vecchine arzille ma ingenue come di esperti d’arte e addirittura stimati docenti di Procedura Penale…
Questo truffatore ama firmare le proprie “marachelle” (tutt’altro che innocenti, visto che spilla soldi a destra e a manca e al posto suo vengono arrestati degli innocenti) con delle filastrocche per bambini.

E se il truffatore sta per dare qualche noia, mista a imbarazzo, al commissario Siciliano e agli altri colleghi (e superiori), a rifilare problemi e pensieri ben più grossi ci pensa una serie di efferati e misteriosi assassinii che cominciano a verificarsi ad opera di un'unica mano che ama - anch’essa! - firmarsi, non con filastrocche ma lasciando sui luoghi dei delitti una specifica carta tratta da un antico mazzo simile ai Tarocchi, ma forse più complesso e di certo più pregiato: le Minchiate Fiorentine.

Le strade del truffatore delle filastrocche e dell’assassino delle carte si incroceranno perché da subito Siciliano e la sua amica e collega, la sovrintentende Clarice Alessi, capiscono che l’assassino dev’essere necessariamente uno solo, e per il modus operandi e per il significato contorto ma logico che c’è dietro la scelta delle carte che il killer di volta in volta sceglie di lasciare sul o vicino ai cadaveri. Cadaveri che, tra l’altro, hanno tutti una medesima caratteristica: lavorano nell’ambito del paranormale.
Sì, tutte le vittime - uomini o donne che siano - svolgono professioni simili, come medium, veggenti, astrologi, cartomanti… , insomma approfittano della ingenuità, delle debolezze, se vogliamo anche della stupidità, di tanta gente che, fidandosi di loro e delle presunte capacità di leggere il futuro o evocare le anime dei defunti, tira fuori un sacco di soldi.
Ecco, il serial killer ha, a modo suo, le “proprie ragioni” per desiderare di fermare questi “delinquenti” che rubano soldi a poveri creduloni, facendo leva su fragilità e momenti difficili: la sua sarà infatti una tremenda vendetta per fermare il più possibile questa catena di truffe, e per farlo non ci pensa due volte a spargere sangue.

Ma questa ossessione farà sì che ben presto lo stesso truffatore - che è chiamato così perchè truffa gli altri ma in realtà ha realmente delle doti paranormali! - si ritrovi nel mirino del serial killer delle carte.

Per capire di chi si tratta, Siciliano e Alessi devono tirar fuori non solo tutte le loro raffinate capacità investigative, la loro determinazione anche a seguire piste meno “ufficiali”, andando contro le disposizioni degli arroganti superiori, ma anche a imparare a comprendere la logica dell’assassino; per far ciò, non c’è altra via che cercar di capire come funziona il meccanismo delle Minchiate - chiamate anche “Germini” - e intuire “a che gioco sta giocando” questo folle (ma intelligente e astuto) omicida.

La strada per risalire all’identità di costui è costellata purtroppo da errori di interpretazione e valutazione che porteranno conseguenze anche abbastanza gravi, perché un innocente potrebbe essere accusato di ciò che non ha fatto… e la cattura del vero colpevole viene inevitabilmente rimandata.

Il commissario Siciliano è un uomo con un grande senso pratico ma è pure tanto intuitivo, capace di scervellarsi per ore sui particolari dei casi ai quali lavora per cercare connessioni, legami, spiegazioni… che lo aiutino ad avanzare nella ricerca dell’assassino; al suo fianco fortunatamente c’è la bravissima e sveglia Clarice, dedita al proprio lavoro con passione e professionalità, che avrà un ruolo importante perché riuscirà ad aprirsi una porta per dialogare con il truffatore.
L’Autore ha costruito una storia davvero molto particolare, ricca, in cui tanti fatti e personaggi si incastrano tra loro; gli omicidi si susseguono velocemente e il lettore segue lo sviluppo del caso insieme al commissario e alla sua collega Alessi, che cercano di ragionare seguendo i possibili percorsi mentali dell’assassino, imparando cose nuove sui significati delle carte (le Minchiate e le differenze coi Tarocchi); lo stile ironico, vivace, conferisce alla narrazione un ritmo sempre sostenuto, che non cala mai d’interesse anzi è un crescendo di novità, intuizioni, piccoli colpi di scena, ipotetiche conquiste e “scoperte” che però non sempre e non tutte sono realmente tali, perché nel corso degli eventi tutto può cambiare e ciò che sembrava una verità assodata può rivelarsi un abbaglio.

È un romanzo originale e affascinante: il campo della telepatia, della parapsicologia, è qualcosa che attira tantissime persone (anche gli scettici, in fondo), perché ha a che fare con i misteri della mente, con quella parte di potenziale incredibile che alcuni uomini sembrano avere e che permette loro di fare cose straordinarie e non controllabili razionalmente; per quanto riguarda le carte, anch’esse sono un ambito interessante e il loro uso è contrassegnato da regole e logiche non proprio semplici da imparare, anche perché non solo ogni carta ha un preciso significato, ma insieme ad altre ne assume degli altri.
Il caso seguito dalla polizia sarà proprio una sorta di partita a carte, dove Siciliano non può permettersi di abbassare la guardia e perdere perché sono in gioco delle vite umane.

Una lettura molto piacevole e divertente per il linguaggio fluido, scorrevole pur essendo accurato e "tecnico" in alcuni passaggi (quando si parla del meccanismo delle Minchiate e se ne spiegano brevemente le regole); un simpatico umorismo nero percorre tutto il libro e infatti, nonostante muoia parecchia gente, l’atmosfera non è “pesante”, lugubre; a dare il proprio contributo, in questo senso, ci pensa il commissario, un tipo sanguigno, che non le manda a dire, dalla lingua arguta e pungente, quando serve.

E’ un libro corposo ma ne vale la pena, perché è scritto bene ed ha una storia ben architettata che ha tutte le “carte in regola” - è proprio il caso di dire - per rapire l’attenzione e la curiosità del lettore.



Obiettivo n.2 -
 Un libro il cui titolo sia formato da 9 lettere (una o più parole)

martedì 15 agosto 2017

Blog in pausa-ferie 🌼



Carissimi, il blog va in ferie per una settimana, dovrei tornare operativa dopo il 20 agosto 😁
Intanto vi auguro buone vacanze, buon ferragosto e buon tutto.
Ovunque siate e qualunque cosa facciate, che un buon libro sia sempre con voi 😍😍
Baci e a prestissimo 😘😘😘

lunedì 14 agosto 2017

Recensione film: ROSSO ISTANBUL di Ferzan Ozpetek // AMORE E INGANNI di Whit Stillman



Due film che ho visto ultimamente, diversi per genere ed entrambi ispirati a due libri.


ROSSO ISTANBUL


2106

"Chi guarda al passato, non vede il presente."

"Il dolore o separa le persone o le unisce per sempre."



GENERE: Drammatico
REGIA: Ferzan Ozpetek
ATTORI: Tuba Büyüküstün, Halit Ergenç, Mehmet Gunsur, Nejat Isler, Serra Yilmaz


Le vicende sono collocate ai giorni nostri. 
Orhan Sahin è uno scrittore ed editor che torna a Istanbul dopo 20 anni di assenza volontaria per aiutare Deniz Soysal, famoso regista cinematografico, a finire la scrittura del suo libro. 
Entra quindi nel mondo dello sfuggente Deniz, conoscendo le estrose persone che fanno parte della sua vita e che compaiono anche, in quanto personaggi, nel romanzo cui sta lavorando: c'è la madre, un tipo intelligente e ironico; le bizzarre zie, la governante Sibel, diretta, un po' burbera e molto fedele, e soprattutto gli amici più cari, l'affascinante e bella Neval e il fragile Yusuf, la donna e l'uomo a cui Deniz è più legato.

Ma accade un tragico e preoccupante imprevisto: Deniz scompare, fa perdere le sue tracce di punto in bianco e tutti cominciano a cercarlo, polizia compresa.

Avvolto dal vortice delle vicende legate ai famigliari  agli amici di Deniz che entrano prepotentemente anche nella vita di Orhan -, questi si ritrova al contempo a combattere con i propri demoni, con i dolorosi ricordi del passato, che aveva cercato di rimuovere per evitare di soffrire ulteriormente.

Quasi prigioniero nella storia di un altro, Orhan finisce per indagare soprattutto su se stesso, riscoprendo emozioni e sentimenti che credeva sepolti per sempre e che invece tornano a chiedergli il conto per poter riuscire a cambiare la sua vita e farlo sentire di nuovo vivo.

Istanbul, così affascinante, suggestiva, "variegata",  in realtà è fin troppo "sullo sfondo"; anzi, in un certo senso tutto resta sullo sfondo perchè le vicende procedono con un andamento fin troppo lento, tanto che si guarda il film sperando, ad ogni minuto che passa, che accada qualcosa che scuota un po' le cose...
Si punta molto sugli sguardi, ancor più che sulle parole o le azioni; si è avvolti da un'atmosfera di nostalgia, i personaggi sono malinconici negli sguardi, nei toni di voce, in quello che dicono, e da Orhan in particolare emana un profondo senso di tristezza; diciamo pure che è il "moscetto" della compagnia, insomma; non ci sono momenti davvero dinamici, vivaci, non c'è quell'ironia e quella leggerezza che di solito ritrovo (e amo) nei film di Ozpetek e che si vanno a mescolare con la passione dei sentimenti.

E' uno di quei casi in cui decisamente ho apprezzato di più il libro, di cui tra l'altro ho ritrovato ben poco, se non nella vena malinconica, nell'importanza data al passato, alla forza della memoria e dei luoghi che sono stati importanti per noi. Non dico che mi ha deluso in toto, però confesso che... m'aspettavo di più, invece mi ha coinvolta molto poco... 


Non posso dire altrettanto invece del deliziosissimo film tratto dal racconto di Jane Austen, "Lady Susan" (sul blog c'è la recensione): 


AMORE E INGANNI



2016
Regia: Whit Stillman.
Con Kate Beckinsale, Chloë Sevigny, Xavier Samuel.

Protagonista di questa carinissima commedia sentimentale è la giovane e scaltra vedova Lady Susan Vernon, che per scoprire nuovi pettegolezzi che circolano nell'alta società, decide di lasciare Langford - dove tutti la conoscono per la civettuola che è - per trascorrere una vacanza a Churchill, chiedendo ospitalità al cognato Charles Vernon, sposato con la morigerata Catherine, che mal sopporta l'idea di ospitare questa cognata la cui condotta decisamente anticonvenzionale è risaputa.

Ed infatti la bella ammaliatrice Susan, mentre soggiorna nella lussuosa tenuta della famiglia del marito, non smette di fare ciò che più le piace: civettare con gli uomini per scovare e assicurarsi, con la complicità della sua confidente Alicia Johnson, un nuovo marito ricco per sè e un buon partito per la figlia, Frederica. 
Quando, a casa dei cognati, conosce il fratello di Catherine, il bello e giovane Reginald DeCourcy, a Susan si rizzano le antenne: quale migliore occasione per incantare anche lui e ottenere un fidanzamento?

Ma le cose non sono così semplici e, nonostante la nostra vedova allegra sia furba, intelligente e capace di intortare chiunque con le parole, sbattendo le ciglia e assumendo un'aria innocente di povera vittima di calunnie e maldicenze infondate, qualcosa non va come lei aveva previsto, perchè non tutti vogliono chinare la testa davanti al suo volere.

Sua figlia, la giovanissima Frederica, ha valori più nobili di quelli della madre, che la considera una ragazzetta sciocca e insignificante, per la quale lei ha preparato già un marito benestante, che possa risollevare le finanze di mamma e figlia.

Il problema è che il candidato genero di lady Susan è Sir James Martin, un uomo d'età matura, buono, ricco ma di poco fascino e davvero tanto sciocco; Frederica è terrorizzata all'idea di doverlo sposare e farà di tutto per ribellarsi al volere materno.
Lady Susan, dal canto suo, è decisa a farsi valere e intanto cerca di mettersi al sicuro esercitando il proprio notevole fascino sugli uomini che le satellitano attorno, dall'ingenuo e gentile Reginald al vecchio amante, Mr Manwaring (col quale ha già dato abbondante scandalo a Langford).

Riuscirà ad accalappiare un marito per se stessa e uno per la figlia?

Un film godibilissimo, attraversato da un umorismo inglese che strappa parecchi sorrisi, grazie alle vicende create che si intrecciando creando equivoci, grazie ai personaggi, che giungono a noi con quell'ironia e vivacità che ce li rende simpatici, tutti, anche quella manipolatrice della protagonista, capricciosa, astuta e sagace, che in fondo desta una certa ammirazione da parte dello spettatore perchè lady Susan cade sempre in piedi, non si fa mai male perchè sa sempre come trarre vantaggio da ogni situazione, anche quando sembra volgere a suo sfavore, e riesce ad ingannare il prossimo con una nonchalance che diverte.
Ma il personaggio più spassoso è quell'ebete di sir James Martin (interpretato da un esilarante Tom Bennett), grazie al quale si creano siparietti buffi e un po' comici.

Ho trovato il film sufficientemente aderente all'opera minore della cara Jane perchè ne coglie lo spirito leggero, ironico e di critica sottile, mai pesante e moralistica, alla società di allora, con i suoi dettami, le sue regole... e la sua buona dose di ipocrisia...!
Consigliato, se vi piacciono in particolare questo tipo di commedie british ambientate nell'Ottocento.

domenica 13 agosto 2017

Recensione NATI IN VIA MADRE DI DIO di Alessio Piras



Il commissario Pagani torna con una nuova indagine per omicidio; ad aiutarlo a sciogliere dubbi e nodi c’è nuovamente l’amico filosofo, Lorenzo Marino; entrambi dovranno fare un tuffo indietro nel tempo, fermandosi agli anni difficili della guerra, perché è lì che si trova la chiave per risolvere il caso.



NATI IN VIA MADRE DI DIO
di Alessio Piras


È il 25 aprile 2014 e il corpo dell’anziano barbone Roberto Centurioni viene ritrovato senza vita in piazza Martinez, a Genova; dall’autopsia emerge che è stato strangolato.

Partono le indagini, che vedono coinvolto il commissario Andrea Pagani, il quale di recente ha perso la mamma a causa di un tumore; mentre svuota la casa di famiglia trova fotografie e lettere appartenute al nonno Aldo; in particolare, a colpirlo sono due foto di tantissimi anni prima, la prima ritrae un giovanissimo Aldo Pagani, in compagnia di due amici (Roberto e Antonio), nei pressi della Chiesa delle Vigne, ed è stata scattata nel febbraio 1941. La seconda è di pochi anni più tardi, cioè del 25 aprile 1945 - giornata memorabile per noi Italiani - e ritrae gli stessi tre amici insieme ad un bambino più piccolo, dallo sguardo triste e assente, Giobatta (il nome è scritto sul retro).

Quando l’amico, il docente di Filosofia Lorenzo Marino - già presente nel precedente libro dell’Autore, “Omicidio in Piazza Sant’Elena” in qualità di aiuto esterno nelle indagini - scopre queste foto, si lascia prendere dall’entusiasmo perché in esse riconosce il proprio nonno, Antonio Satta; non solo, ma a infervorare la curiosità dei due amici ci pensa un pacco che Lorenzo riceve dal fratello, contenente, tra le altre cose, un diario del nonno, redatto dal febbraio 1941 a quello del 1944, con una pagina finale che racconta le vicende del 24-25 aprile ’44; a conclusione dell’eccitante scoperta, c’è una copia carbone di una lettera di scuse scritta a nome di Aldo Pagani, Antonio Satta e Roberto Centurioni e indirizzata a una certa signora Barcaccia.

Viene fuori quindi che i nonni di Andrea e Lorenzo sono stati amici e partigiani, e che hanno conosciuto il Centurioni, cioè la vittima sul cui assassinio Pagani sta indagando.

C’è un collegamento utile alla risoluzione del caso nascosto tra le pagine del diario e nella storia che riposa dietro quelle due foto?

Pagani e Marino cominciano subito a farsi domande su domande, a ragionare, a cercare di ricostruire cosa è accaduto in quei difficili anni della guerra ai tre amici di allora, e se quelle vicende possono in qualche modo aiutarli a capire chi e perché ha ucciso un povero vecchio solo e ormai innocuo.

Ed infatti, attraverso il diario scoprono che effettivamente c’è stato un tristissimo episodio che ha visto al centro Aldo, Antonio e Roberto, i quali hanno in qualche modo causato un considerevole danno alla vita di Giobatta - il bambino triste della foto del ’45 - e alla sua famiglia. Un episodio doloroso che ha segnato profondamente la vita di più persone, e per il quale il Centurioni non ha mai smesso di provare rimorsi così pesanti da esserne schiacciato, sentendosene responsabile.

Il commissario e l’amico filosofo si sentono molto implicati in quest’indagine, che vede protagonisti i loro nonni, ma sanno di doversi mantenere lucidi e razionali se vogliono sbrogliare la matassa.

Lorenzo segue il caso con entusiasmo ma allo stesso tempo con molta malinconia: anche lui ha il suo passato che lo segue ovunque vada, porte aperte e mai chiuse che sembrano attenderlo affinchè lui si decida a chiuderle definitivamente, ed è consapevole che prima o poi dovrà decidere che piega dare alla propria vita. È tornato a Genova, dove il suo unico legame affettivo rimastogli era nonno Antonio, e da Genova è praticamente fuggito venti anni prima, per andare a Barcellona, la città che l’ha accolto ma senza mai farlo sentire completamente a casa; perché Genova è casa sua, nonostante a volte sembri cacciar via i suoi “figli”, che però non smettono di amarla, per le sue bellezze e le sue tante contraddizioni.

Ed infatti il capoluogo ligure è a tutti gli effetti un personaggio - e anche tra i principali! - di questo libro: l’Autore ce ne dà un ritratto vivido, fatto di strade e piazze vie e bar ben specifici, fra i quali ci sembra di passeggiare, ce ne restituisce gli odori, i colori, i rumori e i silenzi, il bello e il brutto, il mare splendido e l’ottima cucina, innaffiata sempre da buon vino; al lettore viene spontaneo fare amicizia con la bella Genova, quasi ad entrare”in confidenza” con essa, immergendosi totalmente nel contesto.

Il romanzo è percorso da una vena nostalgica che, partendo dal presente, invade le strade della Genova di oggi e fa un percorso a ritroso, facendoci conoscere anche zone, quartieri, vie (come via Madre di Dio, quella in cui sono nati e cresciuti i tre amici partigiani, Aldo-Antonio-Roberto)… che purtroppo hanno subito una dolorosa ferita negli anni del secondo conflitto mondiale, quando la bella città è stata bombardata pesantemente dagli Inglesi.
Attraverso le pagine lasciate da Antonio Satta facciamo un breve ma significativo salto in quei terribili anni, quando la guerra ti entrava dentro casa e la spazzava via, portando dietro di sé solitudine, desolazione, fame, morte, rabbia.

“La guerra divide famiglie, provoca ferite profonde che il tempo non rimargina e che in alcuni casi si tramandano di generazione in generazione”.

Per risolvere il caso, Pagani e Marino devono arrivare proprio a quel punto in cui la guerra ha creato una ferita talmente profonda che le conseguenze si sono trascinate per decenni, fino a portare al delitto di Centurioni. Un uomo che è stato sì ucciso, ma che in realtà si sentiva già morto dentro a causa dei suoi (presunti o veri che fossero) errori.

Anche questo secondo noir di Piras mi è piaciuto moltissimo: non si può non provare simpatia per il commissario Pagani, un uomo sensibile e pratico al tempo stesso, amante della buona cucina, delle focacce divorate a qualsiasi ora, che tratta i suoi sottoposti con cordialità e mette molta umanità nei casi da risolvere. Mi piace lo sfondo di questa Genova generosa, tutta da scoprire, le cui descrizioni si incastrano con naturalezza con le parti narrative, divenendo un tutt’uno; mi piace lo stile dell’Autore, che scava nei personaggi e nelle loro singole storie, come deve “fare” il noir, in cui l’elemento nero diventa quasi una “scusa” per soffermarsi su profonde sfumature psicologiche, sulle relazioni umane complesse, sui demoni che dal passato saltano su a scuotere il presente, e poi quelle venature malinconiche, neanche tanto velate, che rivestono fatti e persone e arricchiscono e “colorano” la narrazione.

Bello, un romanzo dalla prosa accattivante, dal ritmo incalzante e con una trama che cattura tutto l’interesse del lettore.

sabato 12 agosto 2017

Frammenti di letture: "Una vita da rifare"



Due significativi "frammenti letterari", tratti dal libro "Una vita da rifare" di Claudio Capretti.


"Vedi, la differenza tra me e te è esattamente questa: tu hai una speranza che io, almeno per ora, non ho. E sai quanto vale una speranza di questi tempi per quelli come noi? Un tunnel può essere lungo e buio quanto vuoi, ma se da lontano vedi un piccolo foro che ne indica l'uscita, allora ha un senso percorrerlo fino in fondo perchè sai che un'uscita c'è."


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"Il bene che facciamo serve per squarciare i momenti bui che attraversiamo, ci serve a sentirci meno soli, ci aiuta a capire che siamo in grado di fare cose belle, che rendano la nostra vita dignitosa. Il bene fatto non cade mai nel vuoto, magari si paga un prezzo per averlo fatto, forse ne siamo separati da esso affinchè non cadiamo in deliri di onnipotenza, ma sono convinto che finisca in qualche parte del Cielo."

venerdì 11 agosto 2017

Epigrafe - Una vita da rifare



Carissimi, vi trascrivo le due belle e profonde citazioni riportate da Claudio Capretti in apertura al suo libro UNA VITA DA RIFARE, un testo dal contenuto intenso, che mostra come nella vita di ogni uomo ci possano essere momenti difficili, di buio e scoraggiamento, frutto magari di scelte sbagliate..., eppure da questo tunnel è possibile uscire, più forti di prima.






giovedì 10 agosto 2017

Dal libro al film: LA STORIA DELL'AMORE (regia: Radu Mihaileanu)



A fine agosto al cinema potremo guardare un film tratto da un romanzo che personalmente ho avuto modo di leggere: "La storia dell'amore" di Nicole Krauss - RECENSIONE -.



LA STORIA DELL'AMORE


Regia: Radu Mihaileanu
Titolo originale: The History of Love
Anno: 2017
Nazione: Francia, Canada, Romania, USA
Cast: Derek JacobiGemma ArtertonElliott GouldJohn HurtSophie Nélisse
Data uscita in Italia: giovedì 31 agosto 2017




New York, 21° secolo.  Leo, un vecchio immigrato polacco
ebreo, vive nel ricordo del grande amore della sua vita. 
Tanti anni fa, infatti, ha amato una ragazza, Alma. Le aveva promesso che l'avrebbe fatta ridere per tutta la vita, ma la guerra li ha separati. 
Da un paesino della Polonia negli anni Trenta alla New York dei giorni nostri ripercorriamo la straordinaria storia d'amore tra Léo, l'uomo che è sopravvissuto a tutto e Alma, la donna più amata del mondo. 
Nonostante la dolorosa storia alle spalle, si dimena allegramente tra gli alti e bassi della vita con al fianco il miglior amico Bruno. 

Dall'altra parte della città, a Brooklyn, l'adolescente Alma è alla ricerca dell'uomo ideale che possa portare sua madre a risposarsi. 
Nonostante il pieno controllo di sé e delle sue azioni, Alma si innamora del compagno di classe Misha e scopre per la prima volta l'amore e vuole essere la donna più amata del mondo. 
Nulla sembra collegare il vecchio Leo e la giovane Alma, eppure il manoscritto della "donna più amata del mondo" attraverserà tempo e spazio per unire i loro due destini.






post in aggiornamento


mercoledì 9 agosto 2017

Recensione: UNA VITA DA RIFARE di Claudio Capretti



Ognuno di noi può vivere momenti, più o meno lunghi, in cui “perde se stesso”, finendo per fare scelte sbagliate che recano conseguenze dolorose, per noi e per chi ci circonda; ma non c’è difficoltà che non possa essere affrontata e superata, non c’è tunnel dal quale non possiamo uscire perché in ciascuno di noi sono racchiuse infinite risorse per fare della propria vita qualcosa di splendido.


UNA VITA DA RIFARE
di Claudio Capretti



Marco è un uomo che ha trascorso gli ultimi anni in carcere ed è giunto all’ultimo giorno della pena da scontare; è in cella con Alberto, col quale nel tempo ha stabilito un ottimo rapporto di amicizia, senza che siano mancati alti e bassi.
Ora che deve uscire, Marco sente, più che euforia, paura: cosa ne sarà di lui una volta fuori dal carcere nel quale, nel bene e nel male, ha acquisito un certo equilibrio? Dovrebbe essere felice di riottenere finalmente la libertà, anche Alberto lo sprona in questo senso, eppure non è così semplice. Marco è consapevole di aver fatto tanti e gravi errori, che hanno portato sofferenza non soltanto a lui, ma ancor di più a degli “innocenti”: al suo anziano padre, a sua sorella Elisa, al cognato Toni – un amico fraterno -, alla propria moglie Margherita e al loro figlio Matteo.
Con che faccia si presenterà a loro? Lo perdoneranno mai per i suoi sbagli?

Marco è un uomo sensibile, capace di interrogarsi su se stesso, sui propri sentimenti, sul proprio percorso di vita; è uno di quegli uomini per il quale il carcere, in un certo senso, “è servito”, perché adesso è davvero consapevole di quanto sia necessario cambiar vita e non commettere più gli stessi errori.
Ma resta la paura del futuro, di ciò che lo aspetta fuori, una volta libero.
A offrirgli una spalla cui appoggiarsi c’è il cappellano del carcere, che lo aiuta a riflettere su come da questo momento in poi potrà dimostrare di essere cambiato, di essere pentito: non sarà facile, saranno più quelli pronti a disprezzarlo, a puntare il dito sui suoi errori, a scoraggiarlo e ad etichettarlo come un delinquente…, ma Marco non dovrà abbattersi. È vero, si è smarrito; la sua esistenza ha preso vie non giuste, ha avuto condotte deplorevoli, ha recato dolore ai propri cari…, ma se ora si arena nel passato, concentrandosi sulle scelleratezze scommesse, piangendo su stesso, abbattendosi alle prime difficoltà, come potrà ricostruire la propria vita?

Perché è questo che Marco deve fare: rifare la propria vita, pezzo dopo pezzo, incollare i frammenti di un’esistenza spezzata e cercare di incollarli, di sistemare quello che ancora è possibile recuperare e costruendo nuovi percorsi, facendo nuove scelte. Dio non ha smesso di amarlo, di aspettare il suo ritorno – come il padre nei confronti del figliol prodigo della parabola evangelica – a braccia aperte, pronto a indicargli la via, a scrivere una nuova storia sulle righe storte che finora è stata la vita di Marco.

Marco deve recuperare il rapporto con i familiari, riacquistare la loro fiducia, il rispetto; l’amore, quello c’è ancora ma non è così automatico dimostrarlo a una persona, come Marco, che ha provocato delusione, amarezza, sofferenza, solitudine.

Grazie alla dolcezza di una saggia zia cui Marco è affezionato, ai consigli sinceri del cappellano, all’atteggiamento comprensivo della cara sorella Elisa e alle accorate e affettuose lettere che il padre gli ha lasciato prima di morire, Marco comincerà un cammino che, giorno per giorno, lo rinnoverà interiormente, modellandolo e rendendo il suo cuore sempre più fiducioso che le cose si possano sistemare, donandogli la speranza di poter essere un uomo migliore, che non dimentica con un colpo di spugna i propri madornali errori, ma che anzi, partendo dall’accettazione umile di ciò che è stato e ha fatto, è desideroso di scrivere pagine nuove, riempiendole di istantanee che ritraggano momenti belli, fatti di amore, di fiducia, di abbracci sinceri, dei sorrisi delle persone amate.

Ma ciò che Marco non sa è che Dio sta preparando per lui un sentiero particolare per la sua nuova vita: per rifare la propria, egli deve affrontare una sorta di “prova”: aiutare un’altra anima in pena, un’anima ferita cui uomini malvagi hanno rubato l’innocenza, un’anima che soffre nel silenzio del proprio cuore per la vita che sta conducendo ma che non ha smesso, nonostante tutto, di coltivare la flebile speranza che un giorno qualcuno arrivi a salvarla.

Marco non si sente in grado di aiutare qualcuno a rimettere insieme i cocci rotti della sua vita, essendo già lui un ex carcerato bisognoso di trovare la giusta via, un uomo sulle cui fragili spalle pesano errori dalle conseguenze dolorose. Eppure…:

“Tu adesso sei solo un tramite per ridare una nuova vita a questa ragazza. Adesso è solo questo ciò che conta. Tutto il resto, compreso il tuo passato, per quanto incidentato e deplorevole, se lo vuoi veramente, non potrà mai impedire quest’atto d’amore che oggi si sta realizzando. (…) Tu sei stato sbranato da un male (…) e questo ti ha ridotto in brandelli, ma sei vivo, caspita se lo sei! Tu non sei una corda spezzata definitivamente, sei come la corda di una chitarra che, allentandosi, si è disaccordata con ciò che è bene non riuscendo più a generare la giusta nota. Lasciati tirare quanto basta affinchè tu possa avere di nuovo quella giusta tensione che generi di conseguenza la sua bella nota. E tutto questo, fa sempre un po’ male, ma credimi, è necessario e ne vale la pena”.

Marco riuscirà a recuperare l’amore e la fiducia delle persone che ama e a cui ha fatto del male?
E saprà essere d’aiuto per una persona che, come lui, ha smarrito la “diritta via” e soffre per questo?


Considerazioni.

“Una vita da rifare” è un romanzo ricco di profondi insegnamenti e riflessioni sulla vita e su come essa spesso prenda pieghe inaspettate, strade tortuose che non sempre si riesce ad abbandonare in tempo, forse perché si vivono momenti di particolare fragilità e vulnerabilità, o perché si fanno scelte senza riflettere, con superficialità, presi da chissà quale frenesia…., ma ci fa considerare anche come non ci sia situazione difficile dalla quale, se si vuole, non si possa uscire.

Marco non è un uomo cattivo, anzi, è sempre stato una persona tranquilla, che però a un dato momento s’è perso, prendendo sentieri sbagliati, che l’hanno portato a commettere del male; ha pagato il proprio debito con la giustizia, ma questo non implica l’immediato e automatico “riscatto” agli occhi degli uomini che, a differenza di Dio, sono più restii a perdonare e più inclini a ricordare i torti subiti.

È un libro che ricorda come, se è vero che chi ha sbagliato deve riconoscere i propri errori e rimediare, è pur vero che la propria parte devono farla anche coloro che sono stati “traditi”, delusi, non restando ostinatamente chiusi nel proprio dolore (e nell'orgoglio...?) ma aprendosi alla possibilità di ricominciare daccapo, di dare all’altro l’opportunità di diventare migliore.

Tra queste pagine ho trovato un’infinità di consigli, raccomandazioni, esortazioni, riflessioni… positivi, pieni di amore e di voglia di incoraggiare verso il Bene, pieni di fede in Dio, in quel Dio misericordioso e pronto a perdonare che ha in serbo per ogni uomo un disegno, un progetto che non conosciamo per intero subito, ma che impariamo a conoscere e ad apprezzare vivendo, giorno per giorno, ben sapendo che Egli non abbandona la Sua creatura, ma anzi desidera che ogni singola vita sia splendente, raggiante, non immersa nel buio di errori ai quali ci si abitua, sotto il peso di fardelli che piegano (e piagano) le schiene e impediscono di vedere il bello e la luce che c’è in ciascuno di noi e che aspetta di essere manifestata.

È stato bello leggere queste considerazioni e, da credente e cristiana convinta, le ho trovate come un balsamo dolce, rigenerante; in un mondo complicato e difficile qual è quello in cui viviamo, in cui è facile lasciarsi prendere dallo scoraggiamento, dai morsi della solitudine, dai sensi di colpa che ci schiacciano e ci impediscono di credere in noi stessi, c’è bisogno di libri dal contenuto intenso, che mandino messaggi pieni di positività, in cui si “respira un’aria pulita”, che esortino verso ciò che è Buono, Giusto, Vero.

Per buona parte della lettura si è davanti a lunghe sequenze dialogiche, in cui c’è sempre qualcuno che fa discorsi incoraggianti a Marco per cercare di aiutarlo a ritrovare se stesso dopo il periodo buio del carcere; ai discorsi si aggiungono le lettere piene di ricordi e saggi consigli che il padre ha lasciato a Marco per rammentargli il proprio amore e la fiducia che lui sia molto di più dei suoi errori; abbondano le parole rispetto all’azione, allo sviluppo delle vicende in sè, il che rende il ritmo è placido ma non tedioso; nella seconda parte però qualcosa cambia e Marco, in un certo senso, è chiamato a “mettere in pratica” le esortazioni ricevute, ed infatti lo vedremo protagonista di “un’avventura” che gli riserverà non pochi rischi.

Non è probabilmente una lettura “da ombrellone”, nel senso che non è di quelle spensierate, atte allo svago, tutt’altro: è una lettura che richiede un atteggiamento meditativo, paziente, non frettoloso, sensibile perché ci sono preziosi insegnamenti da
 considerare e custodire  che mettono in rilievo le risorse racchiuse in ogni uomo che, per quanto ferito, piegato dal Male, è capace di rinascere, se lo desidera.

Ringrazio la C.E. Intrecci Edizioni per la copia, che ho apprezzato davvero tanto, anche perché fa capire come l'Autore sia una persona profonda e attenta a certe tematiche importanti, scandagliando con sensibilità nell'animo umano;  ve lo consiglio, è una lettura che “fa bene al cuore”.

martedì 8 agosto 2017

Anteprime Neri Pozza Settembre 2017: I RIFUGIATI di Viet Thanh Nguyen // LA NATURA DELLA GRAZIA di William Kent Krueger



Anteprime Neri Pozza: il primo libro è una raccolta di racconti, un libro ricco di osservazioni acute sulle aspirazioni di coloro che lasciano un paese per un altro, per scelta o per necessità, e sulle relazioni e i desideri di autorealizzazione che definiscono la nostra vita.
Il secondo è un romanzo di formazione, accostato al memorabile classico "Il buio oltre la siepe".


I RIFUGIATI
di Viet Thanh Nguyen



Ed. Neri Pozza
trad. L. Briasco
224 pp
«In un paese dove i beni di proprietà erano l’unica cosa che contasse, non avevamo niente che ci appartenesse, a parte le storie».
L'autore fa dire queste parole ad una giovane vietnamita, la cui infanzia, in fuga dagli orrori della guerra, è stata segnata dalla drammatica esperienza di un barcone alla deriva e dalla morte del fratello ragazzino. 
A un certo punto della sua adolescenza negli Stati Uniti, la donna si imbatte nell’esperienza propria di ogni rifugiato: scoprire di non possedere niente, se non le storie, raccontate dai genitori o serbate nel proprio personale ricordo, che mostrano l’impossibilità di voltare le spalle al passato, alle persone e alle cose del vecchio mondo perduto. 
L’impossibilità dell’oblio che, come un macigno, pesa sulla necessaria ricerca di nuove identità ed appartenenze attraversa da cima a fondo tutte le storie narrate in questo libro. 
Dal giovane Liem che non riesce piú a riconoscere sé stesso nell’istante in cui apprende davvero che cosa significa a San Francisco dire di due maschi che sono una coppia «in senso romantico»; alla proprietaria del New Saigon Market che nella sua bottega, uno dei pochi posti a San Jose dove i vietnamiti possono acquistare il riso al gelsomino e l’anice stellato, vede riapparire i fantasmi della guerra nella persona della signora Hoa, ossessionata dall’idea della vendetta nei confronti dei comunisti che le hanno ucciso il figlio; a una donna il cui marito è affetto da demenza e inizia a confonderla con la sua ex amante, e ancora una ragazza che vive a Ho Chi Minh, città in cui la sorellastra torna dall'America: storie di vite che diventano una testimonianza sentita sulle difficoltà dell'immigrazione.

I rifugiati, dedicato  ai «rifugiati sparsi in tutto il mondo» e accolto negli Stati Uniti da un grande successo di pubblico e di critica, costituisce una splendida conferma del talento di Viet Thanh Nguyen nel descrivere la complessa esistenza del «popolo nuovo» sorto dalle grandi migrazioni in atto nel mondo contemporaneo.


L'autore.
Viet Thanh Nguyen insegna English and American Studies and Ethnicity alla University of Southern California. È autore di Race and Resistance: Literature and Politics in Asian America (Oxford University Press, 2002) e di Nothing Ever Dies: Vietnam and the Memory of War, «una potente riflessione su come scegliamo di ricordare e dimenticare» (Kirkus Reviews). Il simpatizzante, il suo primo romanzo, ha vinto il Premio Pulitzer 2016
.




A fine SETTEMBRE in libreria:


LA NATURA DELLA GRAZIA
 di William Kent Krueger



Ed. Neri Pozza
FINE SETTEMBRE
Vincitore dell’Edgar Award come miglior romanzo.
Vincitore del Goodreads Choice Award come miglior mystery.
Vincitore del Barry Award, dell’Anthony Award e del Macavity Award.
Miglior romanzo dell’anno per il School Library Journal.


È l’estate del 1961 a New Bremen, in Minnesota. Il tredicenne Frank Drum, figlio del pastore Nathan e di Ruth, una donna di straordinaria bellezza, ma immalinconita dalla vita di moglie di un ministro del culto, ha un fratello più piccolo, Jake, detto Howdy Doody per via delle orecchie a sventola, e una sorella più grande, Ariel, destinata a una brillante carriera di musicista. 
Quell’estate la morte viene a visitare la famiglia Drum e l’intera New Bremen assumendo molteplici forme: incidente, malattia, suicidio, omicidio.
Tutto comincia con la strana fine di Bobby Cole, un coetaneo di Frank, ucciso sui binari della ferrovia e prosegue con il ritrovamento quasi contemporaneo del cadavere di un vagabondo presso il ponte sul fiume Minnesota, non lontano dal luogo che Bobby amava frequentare, perso nei suoi sogni a occhi aperti. Là dove si dà appuntamento una comunità di sfaccendati noti a New Bremen, gente che, si dice, crea solo problemi e da cui bisogna tenersi alla larga.
Ma Frank Drum non esita ad avventurarsi da quelle parti e a fa la conoscenza di Warren Redstone, un indiano Dakota che, anni prima, ha cercato di provocare un’insurrezione a Sioux, mettendosi nei guai con i federali. 
Un incontro che assume sfumature inquietanti quando Frank sorprende Warren con indosso gli occhiali di Bobby Cole, e ancora più allarmanti quando lo osserva mentre con aria furtiva nasconde degli oggetti in un luogo appartato nei boschi. 

Con una prosa fluida, veloce e coinvolgente William Kent Krueger ha scritto un romanzo di formazione profondo e toccante, una storia indimenticabile sulla perdita dell’innocenza, sul prezzo da pagare per diventare adulti e sulla terribile grazia della vita.


lunedì 7 agosto 2017

"Anna con tutti" - epigrafi e dedica



Due citazioni riportate dalle autrici del noir "Anna con tutti" (la recensione è sul blog):


"...state molto attenti a far piangere una donna, 
che poi Dio conta le sue lacrime! 
La donna è uscita dalla costola dell'uomo, 
non dai piedi perché dovesse essere pestata, 
né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale.... 
un po' più in basso del braccio per essere protetta
 e dal lato del cuore per essere amata....".



"Qualora volessi regalarmi qualcosa
gradirei una rosa, rosa
non rosa dalla rabbia
e tantomeno in gabbia, rosa-rosa chiaro-chiaro
chiaro?
Lo so che sei galante
che ci hai pensto già
conosci a memoria il linguaggio dei fiori
e la rosa si sa,
parla d'amore ad ogni età...".

Maria Pia Altamore, Pretesa

E anche la dedica è molto bella e in linea con il tema del rispetto della donna.

"Ai nostri figli, con immenso amore, con l'augurio di essere rispettati, sempre con la preghiera di essere rispettosi, nonostante.


"Iscrizione in fronte a un libro o scritto qualsiasi, per dedica o ricordo; più particolarm.,
citazione di un passo d’autore o di opera illustre che si pone in testa
a uno scritto per confermare con parole autorevoli quanto si sta per dire


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