venerdì 25 gennaio 2019

ANTEPRIMA: ELEVATION di Stephen King




L'ultimo libro del leggendario Stephen King è una storia avvincente, straordinariamente inquietante, commovente e ottimista sulla ricerca di ciò che accomuna nonostante le profonde differenze.


ELEVATION 
di Stephen King


Ed. Sperling&Kupfer
208 pp
15.90
USCITA
19 FEBBRAIO 2019
Scott Carey sta percorrendo senza fretta il tratto di strada che lo separa dal suo appuntamento. 
Si è lasciato alle spalle la casa di Castle Rock, troppo grande e solitaria da quando la moglie se n'è andata, se non fosse per Bill, il gattone pigro che gli tiene compagnia.
Non ha fretta, Scott, perché quello che deve raccontare al dottor Bob, amico di una vita, è davvero molto strano e ha paura che il vecchio medico lo prenda per matto. Infatti Scott sta perdendo peso, lo dice la bilancia, ma il suo aspetto non è cambiato di una virgola. Come se la forza di gravità stesse progressivamente dissolvendosi nel suo corpo.
Eppure, nonostante la preoccupazione, Scott si sente felice, come non era da molto tempo, tanto euforico da provare a rimettere le cose a posto, a Castle Rock. Tanto, da provare a riaffermare il potere della parola sull'ottusità del pregiudizio. Tanto, da voler dimostrare che l'amicizia è sempre a portata di mano.
In un racconto di rara intensità, che è anche un omaggio ai suoi maestri, King si prende la libertà, più che legittima, di dare una possibile risposta alle tristi derive del nostro tempo.

giovedì 24 gennaio 2019

Recensione: LA BANDA DEGLI SFIGATI di Antonio Tufano (RC2019)



Tra queste pagine, scritte con semplicità ma anche con molto cuore, ritroviamo un principale grande filone: il bisogno di giustizia. L'essere umano deve recuperare il concetto di giustizia e applicarlo nei rapporti con i propri simili, abbattendo pregiudizi e non reputando le diversità come qualcosa che allontanano, quanto piuttosto delle ricchezze da conoscere a apprezzare.



LA BANDA DEGLI SFIGATI
di Antonio Tufano


KIMERIK Ed.
288 pp
18 euro
In questo libro lo scrittore Antonio Tufano analizza le vicende di cinque ragazzi dei nostri tempi.

Marco, Luca, Gianni, Antonello (detto Nello) e Alberto sono cinque ragazzi che, ciascuno per ragioni diverse, vivono una condizione di emarginazione e spesso sono presi di mira dai bulli della scuola, che li prendono in giro e li maltrattano.
Marco è un ragazzino educato deriso perchè risponde sempre agli adulti con "Sì, signore", "No, signore!", proprio per la rigida educazione ricevuta.
Luca è un ragazzo di colore, adottato, che viene discriminato per il colore della sua pelle e chiamato con disprezzo "il negro".
Nello ha una problema di natura fisica che lo rende zoppo, e potete immaginare perchè i ragazzacci lo scherniscano.
Gianni è intelligente e studioso ed è per tutti "il secchione".

Ma questi quattro amichetti provengono da brave famiglie, che  vivono dignitosamente e hanno tirato su dei figlioli speciali, buoni, generosi, che però non riescono a farsi accettare dalla maggioranza per via di sciocchi pregiudizi.
Sentendosi esclusi, i quattro tredicenni si uniscono per formare una sorta di banda, per farsi forza e coraggio contro le angherie dei bulli.

E poi c'è Alberto: lui non ha una famiglia presente ed affettuosa alle spalle, in quanto suo padre è in carcere e sua madre è una sbandata; il ragazzo va sempre vestito in modo trasandata, con l'eterno mozzicone di sigaretta (spento) tra le labbra che gli dà un'aria "vissuta"; Alberto si unisce ai quattro perchè capisce che, come lui, essi sono degli emarginati, degli incompresi, dei buoni che non riescono a trovare un punto di incontro con la maggior parte dei coetanei, che assumono atteggiamenti prepotenti e arroganti.
Per aiutare loro ad acquisire sicurezza e per avere anch'egli un punto di riferimento per non perdersi ma, anzi, per essere una persona migliore, Alberto presto diventa il leader di questa banda, e la battezzerà con il singolare nome di "La banda degli Sfigati".

Del resto, è così che "il mondo" li vede, no? Come degli sfigati tristi e incapaci di difendersi.
Ma Alberto ha tutta l'intenzione di dimostrare che non è affatto così!

Allora, anzitutto i cinque fanno un patto di sangue, per il quale decidono di essere come fratelli presenti l'uno nella vita dell'altro, sempre, nel bene e nel male, in ogni circostanza della vita si offriranno aiuto e conforto.

E subito Alberto si mette all'opera e incoraggia gli amici a cominciare a far sentire la propria presenza in modo concreto.
Come? 
L'obiettivo è portare le persone del paese - adulti e ragazzi - a maturare il concetto di giustizia, a rendersi conto che in una società giusta non possono esserci discriminazioni ed emarginazione, nè tantomeno bullismo verso i più deboli, e per dare questa "lezioncina", i cinque decidono di mandare messaggi anonimi ai cosiddetti figli di papà cui tanto piace fare i prepotenti con chi non sa difendersi, e anche a quegli adulti lavativi e boriosi, che si vantavano di vivere negli agi ignorando i bisogni di chi è meno fortunato: queste categorie di persone sono i veri bersagli della Banda degli Sfigati, che "minaccia" di osservarli e, se non avessero cambiato comportamento, prima o poi avrebbe agito contro di loro!!
I messaggi si susseguono uno dietro l'altro, incutendo timore tra la popolazione, mettendo in allerta addirittura polizia e carabinieri, ma ben presto diventa chiaro che la brava gente non ha nulla da temere, ma solo chi "è in difetto" deve sentirsi interpellato e, soprattutto, mutare atteggiamento e smetterla di fare il bullo o l'indifferente o il superficiale!

I ragazzi sono mossi dal desiderio di giustizia, di solidarietà e sono felici di constatare che, dopo un po', ciò che era "storto" comincia a raddrizzarsi!
Un gruppo di ragazzetti, oltretutto bersaglio dei più forti e bulli, riescono nel loro intento di "moralizzare" la società e migliorarla, renderla un posto più vivibile per tutti!

E questo obiettivo, nel loro piccolo, non li abbandonerà mai, anzi sarà un'eredità che lasceranno alle future generazioni.

L'Autore, infatti, ci fa conoscere cosa succede ai componenti della Banda negli anni: il loro impegno nello studio viene ripagato ed essi sapranno farsi strada nel mondo, dando soddisfazioni ai loro amati genitori; Alberto, poi, diventerà fratello adottivo di Luca perchè entrerà a far parte della sua famiglia e avrà modo anch'egli di poter studiare e trovare la propria strada.
Apprendiamo come, benchè le strade degli amici, si dividano, la loro amicizia non si interromperà mai e non smetteranno di incontrarsi nonostante i tanti impegni personali e poi famigliari; quel "patto di sangue" sarà un punto fermo nella loro vita e addirittura i loro figli finiranno per legarsi molto tra tanto loro da ripetere lo stesso tipo di legame sincero e indissolubile che aveva unito anche i genitori. 

Certo, la vita non sempre va come vorremmo e le brutte sorprese, le prove, i dolori... arrivano anche per i cinque: uno di loro si metterà contro la malavita per mettersi dalla parte degli ultimi e andrà incontro a un brutto destino, e in seguito i lutti e le sofferenze non smetteranno di far capolino nelle esistenze dei cinque ex-sfigati e delle loro famiglie.

Ma l'affetto che li unisce, il loro condurre la propria esistenza, sempre avendo in mente di lasciare un'impronta positiva nella società in cui vivono, non li abbandonerà mai, ma guiderà le loro azioni, - anche quando gli ostacoli non mancheranno - tanto da riuscire a cambiare la piccola comunità in cui si muovono, le istituzioni, le persone. 

Se ogni uomo decidesse di essere e comportarsi da giusto, che è colui che ama e sogna di vivere in un mondo onesto, il mondo sarebbe governato dalla giustizia, dal desiderio di pace, dalla fratellanza.

"Se manca la giustizia, il mondo è destinato a scomparire".

Nel presente volume, c'è anche un'appendice che comprende dei racconti, e anch'essi ruotano attorno al tema della giustizia, delle disuguaglianze, di come di sovente pregiudizi, superstizioni, ignoranza... possano portare ad agire in modo incosciente verso il prossimo, delle discriminazioni, della povertà, dell'indifferenza che troppo spesso caratterizza il vivere quotidiano rispetto ai piccoli o grandi problemi che affliggono il nostro prossimo.

"La banda degli Sfigati" è un lungo racconto di formazione, intriso di buoni sentimenti; lo stile è semplice e immediato, i protagonisti sono persone buone che vogliono cambiare, se non il mondo, almeno la comunità in cui si trovano a vivere e lavorare.
E' quindi un libro pregno di insegnamenti positivi, didascalico, che vuol lasciare dell'esortazioni, incoraggiare a incidere in modo costruttivo e positivo sul prossimo, un libro che si sofferma sui valori fondamentali dell'Uomo, che dovremmo imporci ogni giorno di recuperare a vivere concretamente

mercoledì 23 gennaio 2019

LE GUARIGIONI - l'esordio letterario di Kim Rossi Stuart (dal 24 gennaio in libreria)



Un attore e regista che seguo sin dagli inizi della sua carriera con piacere è Kim Rossi Stuart, che finora ha vinto un David di Donatello, tre Nastri d'argento, due Globi d'oro, tre Ciak d'oro e tre Premi Flaiano.

Ebbene, domani esce in libreria il suo esordio letterario:

LE GUARIGIONI



Ed. La nave di Teseo
206 pp
16 euro
USCITA
24 GENNAIO 2019
Un padre dal carattere volubile e un bambino silenzioso lasciano la città per aprire un maneggio tra il fango e la solitudine della campagna; uno scrittore cerca ripetutamente di innamorarsi davvero, per capire ogni volta di volere tutt’altro e in tutt’altro modo; un piccolo e morigerato imprenditore viene travolto dall’arrivo di una donna tanto appassionata quanto ingestibile; una moglie scettica, indipendente e sicura di sé sospetta di essere stata scelta per una rivelazione mistica; un prete ribelle combatte contro la pressoché totale scomparsa del Male nel mondo.

Curiosi, burberi, inafferrabili, irrisolti e romantici, oppure fragili, buffi, egoisti e testardi, i personaggi di Kim Rossi Stuart si muovono nelle loro storie con l’andamento irregolare e imprevedibile di una vita che sposta i cartelli e confonde le direzioni, per irriderli e confonderli ogni volta.
Uomini (e donne) che combattono contro gli eventi e le loro stesse idiosincrasie, per provare a trovare, se non le risposte, almeno le domande giuste da porsi, lungo un filo comune ma ben dissimulato che raccoglie assieme questi cinque racconti: microcosmi di amore, lotta, impazzimenti e visioni.

martedì 22 gennaio 2019

Recensione: A TOR BELLA MONACA NON PIOVE MAI di Marco Bocci (RC2019)



I personaggi di questo romanzo, ambientato nella frazione della capitale Tor bella Monaca, custodiscono in se stessi il desiderio di riscattarsi da una vita fatta di sfruttamenti, delusioni, penuria di quattrini, ambizioni non ancora realizzate (e che probabilmente resteranno solo sogni), e per uscire dal triste buco dell'anonimato sono pronti (alcuni di essi) anche a lanciarsi in "imprese" improbabili e non proprio lecite.
Ma si sa..., cattivo ci devi nascere, e se uno è buono dentro, è difficile che si trasformi in ciò che non è.


 A TOR BELLA MONACA NON PIOVE MAI
di Marco Bocci



Ed. Bookme
219 pp
7.80 euro
2016
Mauro Borri è un giovane che ha passato i 30, senza laurea e con la voglia di trovarsi un lavoro dignitoso attraverso concorsi (per i quali non studia...), ma per adesso deve accontentarsi di lavorare per lo Sciacallo, un romanaccio borioso e zotico per il quale distribuisce (rigorosamente in nero, per carità!) volantini in cambio di poche decine di euro a settimana.

Ahilui, la vita si sta dimostrando decisamente poco generosa e la ruota della fortuna pare girare per il verso sbagliato, per il buon Marco e la sua famiglia.
Tanto per cominciare, è appena morta la cara e dolce nonna Giulia, un'adorabile vecchietta con un buon appetito che dispensava dolci sorrisi a tutti in casa e, più di tutto, la sua pensioncina, grazie alla quale mangiavano tutti nella famiglia Borri.

Sì perchè casa Borri è alquanto affollata: oltre a Mauro ci sono infatti: la mamma con l'eterna cipolla infiammata al piede che la rende quasi zoppa; papà Guglielmo, un brav'uomo disperato perchè non riesce a farsi pagare l'affitto dal salernitano che s'è impiantato nella seconda casa da nove mesi e che non riesce neppure a sfrattare a causa di una burocrazia tutta all'italiana, lenta ed ingiusta, contro la quale - e, in generale, contro lo Stato assente che pretende solo tasse e la polizia che se ne infischia delle ingiustizie che si perpetrano ogni dì a Tor Bella Monaca - partono regolarmente filippiche accorate e angosciate.
E poi con loro tre vive anche il fratello sposato, con la famiglia (moglie e figlioletta, che ha due anni ma ancora non articola suono, il che desta inevitabili preoccupazioni ai genitori): Romolo, che ha 40 anni, lavora in una fabbrica prendendo uno stipendio da fame e sogna di migliorare la propria situazione, dando una casa alla sua piccola famiglia. Nel suo passato c'è il carcere, ma Romolo ha scontato la sua pena e adesso ha messo la testa a posto, lavora, non si mette nei guai, insomma non è più la testa matta e la pecora nera di un tempo.

Mauro, al contrario del fratellone, è sempre stato il buono e il bravo di casa: mai una bravata, mai un gesto avventato che potesse dargli problemi con la giustizia, sempre ragionevole e, per un po', ha dato ai genitori anche la speranza (poi disattesa) di avere un laureato in casa.

Ma Mauro si sta stufando di essere il bravo ragazzo che rallegra il cuore di mamma e papà; finora essere onesto non è che gli abbia fruttato granchè, se non avere le tasche vuote, disgrazia che lo ha  reso single, visto che l'amore della sua vita, la bellissima e sexy Samantha, che ormai è la sua ex, l'ha mollato proprio in quanto stanca di stare con uno spiantato senza futuro e senza una lira in saccoccia...
In alternativa, gli ha preferito un dottore ricco con cui è andata a convivere immediatamente, senza però tagliare del tutto i ponti con Mauro, col quale ogni tanto si sente o si vede.

Insomma, se la dea bendata continua a girarsi dall'altra parte e ad essere cieca, Mauro Borri ha tutta l'intenzione di darsi una mossa... e ad offrirgliela sono insospettabilmente i suoi due più cari amici, Fabio e Domenico.

I due ragazzi, proprio come Mauro, ne hanno piene le tasche di lavoretti inutili e malpagati, e il caso vuole che essi si imbattano nei loschi traffici di un cinese di nome Yun; così, euforici come non mai, chiedono a Mauro di unirsi a loro per mettere a punto il colpaccio destinato a cambiare le loro vite, rapinando niente meno che la mafia cinese.

Sebbene reticente, la tentazione di lasciarsi coinvolgere è troppo forte per Mauro, che però sa di essere fondamentalmente una brava persona e quindi per sua natura incapace di far del male, di mettersi volutamente nei guai, dando poi anche una grande delusione agli amati genitori.

Eppure Mauro non si dà pace: deve trovare il modo di riscattarsi, una via d'uscita che gli consenta di andare incontro al futuro a testa alta (e, già che c'è, di provare a riconquistare Samantha), di non restare un'anonima figura che si muove invisibile tra i casermoni di Tor Bella Monaca, ma di provare a dimostrare che lui non è un debole, non è solo un bravo ragazzo ma sa anche tirar fuori gli attributi quando vuole.

E mentre con gli amici cerca di capire come organizzare il colpaccio a danno dei cinesi, la vita gli mette davanti ostacoli e imprevisti.

Quel maledetto Ciro, il salernitano prepotente che non si decide né a pagare l'affitto né a lasciare l'appartamento dei Borri, sta facendo impazzire il povero papà, e Mauro sente che sta per scoppiare e che da un momento all'altro la rabbia verso le troppe ingiustizie dovrà trovare una valvola per sfogarsi...
Del resto, se aspetti che la polizia o chi per lei faccia il proprio dovere... stai fresco! Mauro lo sa: a Tor Bella monaca non piove mai!

Intanto il fratello, ex-delinquente redento, non fa che metterlo in guardia e ripetergli che "cattivi" si nasce, non ci si improvvisa, e Mauro si scontrerà con una realtà fin troppo imprevedibile e carogna e con un  destino beffardo che si prepara a giocare l'ennesimo brutto tiro al povero Mauro, ai suoi amici e alla sua famiglia...

L'esordio dell'attore Marco Bocci mi ha piacevolmente sorpresa; il romanzo ha uno stile molto scorrevole, la scrittura è fluida, vivace, l'Autore sa come essere diretto, "sfacciato" e ironico pur narrando di una periferia aspra e degradata, che conserva storie di vita di gente semplice che vorrebbe solo tirare avanti onestamente, di operai che a malapena riescono ad arrivare a fine mese, di giovani che non hanno grandi aspettative future ai margini della Casilina, tra i sottopassi (frequentati da tossici e soggetti poco raccomandabili, come l'inquietante Ruggero, ex-poliziotto magro come un chiodo) e i grigi palazzoni in cui sono cresciuti.


"...la gente ha bisogno di quella  ( la speranza) per andare avanti, anche una piccola dose ogni giorno, quel tanto che basta per ricaricare le batterie e combattere".

Giovani che aspettano che arrivi una buona occasione pure per loro, la svolta giusta per ritrovare la grinta e lo slancio, possibilmente senza mettersi nei pasticci dando retta a "pensieri che cominciano a diventare pericolosi, malsani...".

Bocci ha scritto una storia che ci scorre davanti in modo spigliato grazie a un linguaggio asciutto ed essenziale, all'uso del dialetto romano, alla presenza di dialoghi, ai personaggi, vivaci e a volte un po' grotteschi, al contesto realistico in cui le vicende sono collocate.
Ho letto in web che è in lavorazione il film tratto dal romanzo, scritto e diretto dall'Autore stesso, in cui reciterà anche sua moglie, Laura Chiatti.

Sono davvero curiosa e intanto vi consiglio questo libro, adatto per chi ricerca una lettura piacevole e non impegnativa.

lunedì 21 gennaio 2019

Alcune brevi curiosità su... George Orwell



In questo giorno, di 60 anni fa, moriva lo scrittore George Orwell.

Il su vero nome non era questo, bensì Eric Arthur Blair; nato il 25 giugno 1903 a Motihari, nel Bengala, era figlio di un impiegato statale che lavorava presso il governo indiano britannico col compito di sorvegliare la crescita dell'oppio da parte dei contadini indiani.
Quando Eric aveva un anno, la madre Ida si trasferì coi bambini in Inghilterra e da allora Eric non è mai più tornato a Motihari.

George Orwell
Ha frequentato Eton, dal 1917 al 1921 grazie ad una borsa di studio.
Il suo amore per lo studio non fu costante e a un certo punto decise di fare una sorta di servizio civile imperiale, come suo padre, però in Birmania anziché in India, avendo là ancora parecchi membri della famiglia di sua madre, inclusa la nonna.
Divenne poliziotto e aveva sotto di sè 200.000 persone. Trascorreva il suo tempo libero leggendo, scrivendo e facendo in modo che i domestici fossero pronti a soddisfare ogni sua esigenza. In quegli anni si è fatto fare alcuni tatuaggi sulle nocche, oltre a farsi crescere i suoi famosi baffetti.

Lavorare per l'impero britannico si rivelò una delusione e, a differenza del padre - che era rimasto in quel mondo per almeno quaranta anni -, Eric decise di uscirne abbastanza presto.
Dopo aver contattato la febbre dengue, gli fu permesso di partire nel 1927. I suoi ricordi di questo periodo della sua vita si possono trovare nel libro Burmese Days (Giorni in Birmania) e nei saggi Shooting An Elephant (L'uccisione dell'elefante) e A Hanging (Un'impiccagione).

Una volta lasciata la Birmania, decide di concentrarsi sull'attività di scrittore a tempo pieno. Il suo pensiero è scrivere delle vite dei perdenti e l'unico modo per farlo era diventare uno di loro.
Così a Parigi fa il lavapiatti, a Londra diventa un vagabondo, parlando tutto il tempo con persone  che realmente vivevano nella povertà. Sì perchè lui, dopotutto, a Parigi non ha mai rischiato di morire di fame e freddo in quanto aveva sua zia Nellie ad aiutarlo dandogli del cibo quando era disperato. Lo aiutò anche a trovare una stanza in rue Pot de Fer e lo presentò a Henri Barbusse, l'uomo che pubblicò il suo primo articolo (a carattere politico), per il quale fu remunerato, nel 1929.

Quando e perchè scelse Blair di chiamarsi "George Orwell"?
Beh anzitutto, gli piacque perché gli sembrava un buon nome inglese; si ipotizza che si sia ispirato al fiume Orwell della contea di Suffolk, in Inghilterra, ma magari lo scrittore potrebbe semplicemente aver preso spunto dal nome di uno zio, George Limouzin, il fratello più giovane di sua madre Ida.
Ma perché ha inventato uno pseudonimo? Per prima cosa, non gli era mai piaciuto "Eric Blair", e poi lo fece anche per evitare di creare imbarazzi alla propria famiglia, soprattutto dopo che scrisse "Senza un soldo a Parigi e a Londra".
Si racconta che nel corso della propria esistenza, George Orwell abbia sempre cercato di tener separata la vita come Orwell da quella in cui era Eric Blair; addirittura si impegnava per tenere lontani i gruppi di amici (quelli che lo conoscevano come Eric da quelli che lo conoscevano come George).
Un'altra ragione furbetta per la quale si dice che abbia scelto proprio "Orwell" era perché voleva un nome che iniziasse con una lettera centrale dell'alfabeto, così che i suoi libri fossero collocati nella parte centrale degli scaffali in libreria: né troppo in alto, dove i clienti non riescono a vedere bene, né troppo in basso, vicino ai loro piedi.

Orwell era un ateo, legato però alle tradizioni della Chiesa d'Inghilterra; non solo, ma era anche abbastanza superstizioso. 
Dichiarò di aver visto un fantasma, un giorno che era nel cortile della chiesa di Wallington.
Aveva la convinzione che le persone potessero fare una magia nera segreta solo partendo dal nome di una persona (sarà pure per questo che si scelse uno pseudonimo??).
Nei suoi primi anni di Eton, lui e un compagno di scuola avevano creato una bambola voodoo con il sapone di un ragazzo più grande da cui si sentivano presi in giro: la "vittima" finì per rompersi una gamba e, più tardi, morì di cancro. Orwell si sentì in colpa per questo fatto per il resto della sua vita. Abbiamo già detto che in Birmania si fece disegnare dei tatuaggi sulle nocche, cioè dei cerchi blu per scongiurare la sfortuna.

Orwell è stato un insegnante prima di divenire uno scrittore famoso; in particolare, è stato tutor di un ragazzo disabile e poi  per alcuni semestri insegnante alla Hawthorns High School per ragazzi. In seguito divenne insegnante al Frays College di Uxbridge.
Dopo essersi trasferito a Londra, ha lavorato part-time al Booklovers' Corner di South Green ad Hampstead, una libreria che poi è diventata una panineria; ancora adesso c'è affissa una targa che indica che Orwell ha lavorato lì, in Pond Street.
Proprio mentre lavorava al Booklovers' ottenne il suo primo incarico di scrittura: un romanzo verità sullo sfruttamento e la disoccupazione esistente in una cittadina mineraria dell'Inghilterra settentrionale durante gli anni Trenta (The Road to Wigan Pier).

Ad una festa ad Hampstead Heath incontrò Eileen O'Shaughnessy (1905-1945), una studentessa di psicologia a Oxford; i due si sposarono nel giugno del 1936 nella chiesa di Wallington, nell'Hertfordshire. Hanno tenuto un cottage chiamato The Stores (immagine a sinistra) dove vendevano cose di vario genere agli abitanti del villaggio, facendo un po' di soldi con le caramelle vendute ai bambini del posto. La casa in sé era terribile (scarsamente riscaldata, con un tetto di lamiera che faceva un rumore terribile quando pioveva), ma i due amarono stare lì. Coltivavano alcune verdure e allevavano galline e capre. Fu durante la sua permanenza in The Stores che concepì Animal Farm (La fattoria degli animali) e inserì gran parte della sua vita a Wallington nel libro.

Durante gli anni '30, i regimi dittatoriali erano sempre più diffusi in tutta Europa, con Hitler che guadagnava potere in Germania, Mussolini in Italia e Stalin in Russia. Francisco Franco stava tentando di fare lo stesso in Spagna.
Orwell andò in Spagna per combattere sul fronte repubblicano e si arruola nella milizia del P.O.U.M. (Partito Obrero de Unificacion Marxista), un piccolo movimento anarco-sindacalista della Catalogna, venendo ferito però alla gola nel 1937 da un proiettile sparato da un cecchino franchista.

Dopo essere tornato a Wallington per un breve periodo, lui ed Eileen andarono a Marrakech nella speranza che l'aria secca favorisse la salute di Orwell, al quale era stata ufficialmente diagnosticata la tubercolosi da suo cognato Laurence O'Shaughnessy (noto chirurgo toracico). Mentre faceva la sua solita coltivazione di verdure e allevamento di almeno una capra e polli, Orwell ha scritto la maggior parte di Coming Up For Air (Una boccata d'aria). Suo padre, Richard Blair, sarebbe morto poco dopo la pubblicazione.

Orwell, non potendo trovare lavoro nelle forze armate a causa del cattivo stato dei suoi polmoni, alla fine aveva trovato lavoro alla BBC. Ha fatto trasmissioni per il dipartimento dei servizi orientali.
Gran parte dell'immaginario della vita lavorativa di Winston Smith (protagonista di 1984) presso il Ministero della Verità si ispira proprio ai giorni trascorsi da Eric alla BBC.

Sembra che lui ed Hemingway si siano trovati diverse volte negli stessi posti e nello stesso momento senza però mai incrociarsi; ad es., Hemingway ha anch'egli combattuto nella Guerra Civile Spagnola, aveva vissuto a Parigi nello stesso periodo di Orwell e deve averne seguito la carriera ,a la cerchia di amicizie era evidentemente diversa.
Ci fu un'occasione in cui, tornando Blair a Parigi, dopo una visita nella parte della Germania occupata dagli alleati, vestito in uniforme (era corrispondente di guerra per The Observer) soggiornava all'Hotel Scribe, e si mise a sbirciare il registro dell'albergo per vedere se c'era qualcuno con cui parlare e si accorse con sua grande gioia che figurava  il nome di Hemingway. Allora andò a bussare alla porta della sua stanza e, dopo essersi presentato come George Orwell (inizialmente disse il suo vero nome, ma ad Ernest "Eric Blair" non diceva proprio nulla...) l'altro gli offrì un bicchiere di scotch.

Orwell era un donnaiolo; aveva molte amiche che poi divennero sue amanti, soprattutto quando la sua fama di scrittore lo travolse.
Se la moglie sapesse e soffrisse per i tradimenti del coniuge, non è dato sapere (pare che il loro fosse un matrimonio piuttosto "aperto").
I due avrebbero voluto avere bambini ma Orwell era convinto di non poterne avere, così nella primavera del 1944, George ed Eileen seppero di una donna che non riusciva a tenere il suo bambino e subito si diedero da fare per ottenere la custodia del bambino; lo adottarono e fu chiamato Richard Horatio Blair.

Per quanto riguarda il celebre romanzo distopico 1894 (RECENSIONE), benchè non fosse più lungo di altri suoi libri precedenti, ci mise un'eternità a terminarlo. Aveva iniziato a scriverlo per la prima volta nel 1946, interrompendosi a causa di mille impegni lavorativi; in seguito alla sua malattia che avanzava con la tubercolosi, il libro impiegò sempre più tempo prima di venire alla luce.
Inizialmente esso doveva essere ambientato nel 1980, poi nel 1982 e infine nel 1984; trascorse la maggior parte del 1948 a scrivere il manoscritto finale, e quando lo concluse pensò al titolo, che in origine era The Last Man In Europe, ma i suoi editori, Secker & Warburg, pensarono che 1984 fosse di gran lunga migliore.

George Orwell è morto il 21 gennaio 1950 per tubercolosi, in un ospedale di Londra.


Fonte per articolo: QUI

domenica 20 gennaio 2019

Recensione: BAMBINO N.30529 di Felix Weinberg (RC2019)



La testimonianza onesta e commovente di un uomo finito nell'incubo dei lager nazisti all'età di dodici anni. Ricordare ciò che è stato è e sarà sempre un'urgenza imprescindibile, perchè solo non dimenticando di quali atrocità il genere umano si è macchiato in passato (ahimè, continua a macchiarsene anche nel presente) c'è la possibilità di evitare gli stessi tragici errori...


BAMBINO N.30529
di Felix Weinberg



Ed. Newton Compton
trad. G. Agnoloni,
A. Maestrini
288 pp
Felix Weinberg (1928-2012) c'ha pensato su parecchio prima di decidersi a raccontare la propria storia di sopravvissuto a ben cinque campi di concentramento.
Per anni, dopo essersi ricostruito la propria vita pezzo dopo pezzo, ha cercato di vivere il presente e guardare verso il futuro: un futuro fatto di soddisfazioni professionali (è stato professore di Fisica all'Università di Londra) e dell'amore e del calore di una bellissima famiglia.
Ma raccontare, da parte di chi come lui è passato attraverso l'inferno uscendone vivo (segnato per sempre, certo, ma vivo), è un dovere.
Verso se stessi e verso le future generazioni.
Perchè quella serie di numeri sul braccio - 30529 - non sono un numero di telefono che è bene annotare per non rischiare di dimenticare a causa dell'avanzare dell'età, ma è il ricordo indelebile di ciò che si è vissuto.

Felix ha avuto una meravigliosa infanzia: nato a Ústí nad Labem (città della Repubblica Ceca) nel 1928, cresce in una famiglia unita, amorevole, affettuosa e abbiente, che non di rado si concedeva piccoli viaggi e vacanze.
Anni e anni dopo, Felix riconosce che proprio l'aver avuto un'infanzia così serena e felice, l'aver incamerato ricordi belli, lo ha aiutato nei momenti difficili, unito al tipo di educazione (alimentare e fisica) ricevuta, in particolare dal padre; senza saperlo, quindi, il piccolo Felix stava incamerando delle risorse emotive, psicologiche e fisiche che in un certo senso lo avrebbero aiutato a resistere all'esistenza provata e debilitante dei lager.

"La mia infanzia fu molto felice. Finì troppo presto e in modo troppo repentino a causa di Adolf Hitler, ma credo che siano i primi anni a contare. Hanno dato alla mia mente un bozzolo sicuro e beato in cui può ritirarsi nei periodi dolorosi. (...) Il mio bozzolo era pieno di avvolgenti ricordi e della certezza di essere stato molto amato e coccolato."

A dodici anni, però, il suo mondo va in pezzi: a causa delle persecuzioni naziste, il padre è costretto a fuggire in Inghilterra con l'intenzione di aiutare, da lì, tutta la famiglia scappare dalla regione dei Sudeti prima che la situazione per gli ebrei cechi peggiori con la speranza di potersi rifare lì una vita con i suoi cari.

Ma purtroppo, per una serie di concause, raggiungere il padre non sarà possibile, e il ragazzino, il fratello minore e la madre andranno incontro al proprio duro destino: vengono catturati dai tedeschi e da quel momento ha inizio il loro drammatico calvario nei campi di concentramento.
Prima Terezìn, poi il campo di Bechhammer, quindi Auschwitz e Birkenau, partecipando addirittura alla terribile “Marcia della Morte” per poi essere trasferito da un campo all’altro, fino a Gross-Rosen e infine a Buchenwald (che fu tra i lager dove si attuò principalmente lo sterminio tramite il lavoro), dove arrivò al limite delle forze fisiche, quasi morto; ma in questo durissimo  campo di concentramento ebbe la "fortuna" di finire sotto l'ala protettiva di Antonin Kalina, un comunista imprigionato dai nazisti proprio a Buchenwald e che gestiva il Blocco 66, composto da prigionieri molto giovani e che sopravvissero in quanto lì le condizioni di vita - per quanto sempre orribili - erano un po' meno peggio che altrove nel campo, tant'è che ad es. i ragazzi avevano accesso a coperte e un po' più cibo.
L'11 aprile 1945 questo campo di sterminio fu liberato.

"Così, nove giorni dopo il mio diciassettesimo compleanno, mi venne restituita la mia vita. Mi ci volle molto tempo per rendermene veramente conto, e non credo di esserci mai riuscito del tutto. A pensarci bene, il concetto stesso di cambiamento non ha senso in questo caso, dal momento che non ero più la stessa persona. I campi mi avevano cambiato per sempre".

Dopo essere tornato in libertà, passò un po' di tempo e potè finalmente riabbracciare l'unica persona vivente della propria famiglia: suo padre, che intanto era rimasto a Londra.
Dopo cinque anni di orrore e dopo essere passato per ben cinque campi di concentramento, Felix Weinberg può tornare a ricostruirsi la propria vita, a farsi una propria famiglia, a studiare (attività che aveva dovuto interrompere in seguito alle leggi naziste antisemite) e impegnarsi in ciò che ama (l natura e tutto quello che la riguarda).
La sua è di certo una storia incredibile perchè egli stesso, molte volte nella narrazione, riconosce che la propria salvezza è dipesa da piccoli miracoli, apparentemente casuali, da circostanza fortuite che hanno contribuito a mantenerlo in vita.

Il suo racconto è molto lucido, duro e teso all'onestà e alla chiarezza; egli dichiara apertamente di non condividere una larga parte della letteratura sull'Olocausto in quanto troppo romanzata e dunque poco attendibile; lui stesso ammette di poter essere poco preciso e molto parziale nel proprio resoconto, non solo per il tempo trascorso rispetto a quando ha deciso di metterlo su carta, ma ancor di più per via del suo bisogno - neanche tanto inconscio - di non sentirsi legato a quell'orrendo passato che gli ha rubato i suoi cari e la sua adolescenza, in una parola Felix si rifiutava di parlare dell'argomento (cioè della propria esperienza nei lager) con chiunque, anche col padre o la moglie..., perchè non voleva essere identificato come "un sopravvissuto dei campi di concentramento".
A questa comprensibile volontà, si aggiunge un altro aspetto: per uscire vivo dall'incubo in cui è stato protagonista dai 12 ai 17 anni, Felicx (e come lui, altri sopravvissuto) ha cercato di staccarsi emotivamente dalle brutture che lo circondavano quotidianamente, di "guardarle senza vederle" e "ascoltarle senza sentirle" proprio per non soccombere; una sorta di "amnesia autoindotta" al fine si soffrire il meno possibile.
Ragion per cui, Felix chiarisce che il proprio racconto può avere delle piccole lacune, tipo nella successione degli eventi.

Il libro si legge piuttosto scorrevolmente; è sempre doloroso leggere le esperienze di chi ha subito atrocità inumane come quelle narrate tra queste pagine autobiografiche, però è anche vero che l'Autore - probabilmente per le motivazioni espresse poche righe più su - ha utilizzato uno stile un po' "distaccato", non si lascia andare a una narrazione struggente; ecco, non è uno di quei libri sull'Olocausto che strappano pianti di commozione ma, attenzione!, non lo dico in riferimento ai contenuti (inevitabilmente agghiaccianti e strazianti, essendo raccontato con molta chiarezza e vividezza) ma appunto allo stile, essenziale, razionale, frutto anche, a mio avviso, della formazione accademica di Weinberg, che era un fisico, quindi un uomo di scienza abituato ad analizzare i fatti in modo nudo e crudo.

Una testimonianza che si va ad aggiungere alle tantissime altre sempre su questa importante tematica.


"...tutti noi sopravvissuti siamo, in qualche misura, compromessi. Non abbiamo sacrificato la nostra vita perché altri potessero magari avere qualche minima possibilità in più di farcela. In sostanza, restare vivi non appare un atto particolarmente eroico, quanto qualcosa di simile all'aver vinto alla lotteria, nonostante previsioni astronomicamente sfavorevoli. È facile mettersi a fantasticare sul fatto che debba esserci stata qualche ragione profonda dietro la sopravvivenza di una persona, ma alla fine, probabilmente, si è trattato solo di una combinazione di fortuna e di un buon istinto di conservazione."

sabato 19 gennaio 2019

Libri in wishlist (gennaio 2019)



Libri scovati sbirciando in libreria e viaggiando in pullman, chiaramente finiti in wishlist  ^_-


Il primo romanzo l'ho preso in mano durante un giro alla Mondadori; non l'ho comperato ma son rimasta attratta dal titolo e dalla copertina, così ho cercato la trama e ho appurato che anch'essa mi attira: anzitutto perchè è una storia vera e poi perchè sullo sfondo c'è il triste periodo del nazismo...


LA RAGAZZA CANCELLATA
di Bart Van Es


Ed. Guanda
288 pp
18.50 euro
«Senza le famiglie, non ci sarebbero storie.» 
Bart van Es tira fuori dal passato della propria famiglia una storia mai raccontata prima: la vicenda di Lien, una bambina ebrea che i nonni dell’autore accolsero in casa loro durante l’occupazione nazista, crescendola come se fosse una figlia, ma con la quale misteriosamente interruppero ogni contatto molto tempo dopo la fine della guerra. 
Come mai? 
Che cosa ne era stato di Lien e per quale ragione i rapporti si interruppero? Che cosa impediva di pronunciare perfino il nome di Lien, bambina cancellata dalla memoria? 
Inizia così la ricerca dell’autore, un viaggio nei ricordi personali e del suo paese d’origine, l’Olanda, che lo porterà a esplorare il periodo più buio del secolo scorso e le contraddizioni nascoste in seno alla sua stessa famiglia. 
Scoprirà che Lien è viva e abita ad Amsterdam, e dal loro incontro nascerà un’amicizia speciale e profonda. 
Nel raccontare la sua storia Van Es non tace sulle sofferenze che Lien ha patito durante la clandestinità, affidata a adulti non sempre limpidi nei loro propositi, né sul lungo percorso che, come molti altri sopravvissuti alla Shoah, ha dovuto affrontare anni dopo la fine della guerra per trovare un senso a tutto il dolore vissuto. 



Questo noir di recente pubblicazione, invece, l'ho notato in quanto iscritta alla newsletter di Bompiani Edizioni.


GENNAIO DI SANGUE
di Alan Parks


Ed. Bompiani
trad. M. Drago
368 pp
18 euro
Glasgow, primo gennaio 1973. I festeggiamenti sono appena terminati e l’ispettore Harry McCoy della polizia di Glasgow è impegnato nel carcere di Barlinnie, dove un detenuto gli rivela che una ragazza sta per essere uccisa. 
E forse lui può salvarla. Ma non arriva in tempo. 
In un’affollata stazione degli autobus Tommy Malone spara a Lorna Skirving e poi si toglie la vita. 
I giornali si scatenano, il Capo si aspetta una rapida soluzione del caso. 

Il 30enne Harry McCoy si tuffa nell'indagine, immergendosi in una realtà che è fin troppo nota a un tipo come lui, abituato a trasgredire ordini e passare limiti; tra bordelli, vicoli bui e droghe come unica via di fuga dalla realtà, l’indagine si cala nel mondo dell’intrattenimento sessuale, un mondo dove con i soldi si possono comprare l’anima e il corpo di chiunque. 

Il primo romanzo di Alan Parks è un viaggio nella vita di un uomo inseguito da demoni più che mai reali, nel cuore nerissimo di una città che non lascia scampo, dove ogni speranza di redenzione sembra destinata a sprofondare nelle acque gelide del Clyde.


L'ultimo romanzo lo incrocio tutti i giorni: lo sta leggendo un pendolare in questo periodo, mentre viaggia come me la mattina in pullman.



LA BELVA NEL LABIRINTO
di Hans Tuzzi



Ed. Bollati Boringhieri
327 pp
17.50 euro

Quale filo invisibile lega fra loro un sacerdote di frontiera, un travestito di mezza età e un brillante studente universitario nella cui auto giace cadavere una ragazza? 
E le altre vittime dell’anonima mano omicida che nell’estate del 1987 nelle vie di Milano porta la morte, annunciata dai beffardi e inquietanti Arcani dei tarocchi?
A cosa si riferisce la misteriosa scritta che l’assassino traccia su ogni Arcano? E ha davvero un senso tutto l’armamentario del nazismo esoterico che costantemente affiora fra i più diversi indizi? E i Servizi segreti hanno, in tutto ciò, un ruolo oscuro?

Conscio che in simili casi soltanto una paziente indagine è possibile, ma non è mai sufficiente, poiché occorre anche un aiuto del Caso, o un errore da parte del colpevole, il vicequestore Melis, coadiuvato dai suoi uomini, intraprende un frustrante cammino di conoscenza attraverso una Milano varia e cangiante nelle sue componenti sociali, fra il vizio manifesto da un lato e l’oscuro mondo del fanatismo dall’altro, sino a giungere alla tenebrosa fonte del male che l’uomo infligge all’uomo allorché è convinto di detenere la verità.

venerdì 18 gennaio 2019

Recensione: IL RACCONTO DELL'ANCELLA di Margaret Atwood (RC2019)



Margaret Atwood ha immaginato un tipo di società che definire inquietante è dire poco: cosa resta alla Persona quando le vengono sottratti i diritti e le libertà fondamentali, quando è considerata e trattata come un mero contenitore e non ha alcun potere sulla propria vita?


IL RACCONTO DELL'ANCELLA
di Margaret Atwood



Ponte alle grazie
311 pp
"La Repubblica di Galaad, diceva zia Lydia, non conosce confini. Galaad è dentro di te".

Siamo negli States, non ci vien detto l'anno ma è di certo in un tempo futuro; a raccontarci la storia è lei, l'ancella, Difred, e i suoi occhi inevitabilmente diventano i nostri, e con occhi prima perplessi e poi via via sempre più inquieti ci addentriamo in questo "nuovo mondo", in questa società contrassegnata da totalitarismo e maschilismo allo stato puro.
In seguito a radiazioni atomiche, il numero di donne fertili si è ridotto drasticamente, e per non rischiare l'estinzione, gli Stati Uniti hanno creato un governo particolare...: la Repubblica di Galaad, in cui il controllo del corpo femminile sta alla base di tutto.

Un gruppo di donne in età fertile, le Ancelle, dopo aver vissuto un periodo di addestramento nel Centro Rosso, sono state smistate presso varie famiglie appartenenti al ceto dominante; il loro compito è... farsi inseminare.
Eh già, queste ancelle dimorano temporaneamente in casa di questi uomini importanti e mettono il loro corpo al servizio della nazione, accettando (non che abbiano scelta, in realtà) avere rapporti fisici con essi, con la speranza di restare incinte.

La protagonista e voce narrante è una di queste povere ragazze strappate alla propria vita, alla propria vera famiglia e, nel caso di Difred, al proprio compagno Luke e alla loro figlioletta, per andare in casa del "Comandante" e della sua algida consorte, Serena Joy.

"Il mio nome non è Difred. Ho un altro nome, che adesso nessuno usa perchè è proibito. Mi dico che è importante, un nome e come un numero di telefono, utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno. E' un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante. La notte sono sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio".

Il suo nome vero non è Difred; ma non conta più la sua vecchia identità, perchè ormai lei è semplicemente l'ancella che appartiene al Comandante Fred, al quale deve garantire una discendenza.
Se entro un certo tempo questo non dovesse accadere, il suo destino diventerebbe decisamente spiacevole, e chissà che ne sarebbe di lei...

Il racconto di Difred è un crescendo di piccoli preziosi dettagli che vanno a incasellarsi al posto giusto per darci, man mano, un quadro della situazione chiaro, che non può che farci rabbrividire: ve la immaginate una società di questo tipo, con militari a ogni angolo, suddivisa rigidamente in "caste" che schierano da una parte "coloro che contano" e dall'altra i reietti, coloro che non hanno alcuna prospettiva di vivere felicemente perchè il loro destino è stato deciso a tavolino dai "piani alti"? una società in cui non possono esistere dissidenti?
Una società tetra, cupa, triste, in cui le donne non hanno alcuna libertà di pensiero, parola, azione..., ma sono totalmente soggette all'autorità maschile.
Tra esse, solo le Mogli se la passano apparentemente meglio, in quanto consorti di uomini di potere e padrone in casa propria; padrone di comandare alle Marte (le domestiche, esseri invisibili, da cui ci aspetta solo che cucinino e puliscano, per il resto a loro non è data alcuna importanza), di intessere pseudo amicizie con le altre Mogli, e soprattutto di trattare quelle svergognate legalizzate delle Ancelle come più le aggrada, che sia con ostentata freddezza e indifferenza o con malignità e sgarbatezza.
In fondo, non dev'essere facile neppure per loro accettare con finta condiscendenza il dato di fatto che anzitutto non possono procreare, ma che poi debbano assistere un paio di volte al mese ai tentativi di copulazione dei consorti con l'ancella di turno...

Difred ci racconta la sua vita in casa del Comandante, l'ambiguo legame che si instaura con lui - che coinvolge la ragazza in qualcosa di proibito -, i tentativi di introdurre un che di umano in quella casa glaciale senza però riuscirci più di tanto perchè ognuno sa di non poter uscire fuori dai propri compiti, pena torture, punizioni varie o la morte.
La sola presenza che le donerà momenti di conforto è quella di Nick, l'autista del Comandante; con l'uomo, infatti, nascerà un sentimento che però non sembra avere alcuna speranza di essere vissuto appieno e apertamente.

Ancora, Difred ci descrive con lucidità e una pacatezza impressionante tutto ciò che la circonda, che siano persone, strade, edifici, giardini; dopotutto, se non le è permesso parlare per dire ciò che vuole quando vuole, almeno il pensiero nessuno può toglierglielo, e così l'ancella viaggia con la mente, a quando era ancora una donna libera che lavorava, innamorata del proprio compagno, mamma della propria bimba adorata (li rivedrà mai? potrà unirsi a loro? Luke sarà riuscito a salvarsi? La sua bimba è in un posto sicuro?), che usciva, rideva e scherzava con l'amica Moira (che ritroverà prima al Centro Rosso e poi in un altro, squallido luogo...) o che battibeccava con la madre, femminista convinta.

Non solo, ma la narratrice non si limita a descrivere: ella commenta, con sarcasmo, cinismo, pietà, paura... ciò che succede, le mostruose ingiustizie cui assiste o quelle di cui le giunge voce, e per non impazzire si aggrappa a qualsiasi cosa, che sia la bellezza dei fiori (è incredibile come la natura continui ad essere colorata, profumata, viva... in mezzo a tanto grigiore) o una qualche fatua speranza che qualcosa o qualcuno... venga a salvarla.

E intanto un pensiero la sostiene: non permettere che i bastardi ti schiaccino (nolite te bastardes carborundorum).

Difred/June ci ricorda che non c'è stato repressivo che riesca a schiacciare del tutto e definitivamente i desideri delle persone, la voglia di ribellarsi a ciò che è sbagliato; si può insegnare, con la violenza o il plagio, a ubbidire senza fiatare a certi riti, modi di vestirsi, di umiliarsi e sottomettersi, di parlare..., ma se dentro di sè si riesce a restare lucidi, razionali, a resistere, forse c'è ancora la speranza che qualcosa possa cambiare.

Questo romanzo distopico, un bestseller scritto nel 1985, diventato un film negli anni '90 e una ben fatta serie tv recentemente, fa riflettere, e non poco, perchè ciò che presenta, pur avendo tratti che noi, ad oggi, possiamo ritenere assurdi..., non ha in realtà nulla di irrealizzabile.
E' questo che spaventa: l'idea che questo tipo di società (o per lo meno alcune sue caratteristiche) siano attuabili, verificabili, tecnicamente possibili. E se accadesse..., cosa faremmo, come ci comporteremmo?

La storia di Difred e il suo resoconto di cosa succede sotto la Repubblica di Galaad è qualcosa che la stessa è riuscita a "tramandare", a lasciare ai posteri; ciò che non sappiamo è cosa ne è stato di lei, se sia riuscita o meno a trovare una via di uscita dall'inferno in cui era finita.

Però la Atwood ha ben pensato di avere pietà di noi curiosoni e ha annunciato la pubblicazione c.a. di The Testaments, il seguito di The Handmaid's Tale, ambientato 15 anni dopo la scena finale nel romanzo originale, e che vedrà tre personaggi femminili in qualità di narratrici; la scrittrice non ha ancora specificato se qualcuno di esse sarà già nota ai personaggi del romanzo originale.
Ovviamente sono ben lieta e oltremodo curiosa di conoscere questo sequel, ma intanto spero che la terza stagione della serie arrivi prima.
Come già ho avuto modo di dire nel post relativo alla recensione della serie "The Handmaid's Tale", quest'ultima mi è piaciuta davvero tanto e non posso nascondere che leggevo avendo in mente facce, voci, ghigni, sguardi, abiti, case, il che mi ha aiutata a rendere la lettura più viva.
C'è da dire anche il ritmo del libro è meno vivace di quanto me lo aspettassi; è uno di quei casi in cui la serie tv è quasi meglio del romanzo, ecco...; devo altresì ammettere che è più fedele il film, su diversi particolari, ad es. l'età anagrafica e l'aspetto fisico del Comandante e della moglie, ma sono dettagli su cui passo su volentieri perchè è il coinvolgimento a contare, e la serie raggiunge meglio questo scopo.

Non voglio darvi l'impressione di non aver apprezzato il libro, eh, tutt'altro: è una lettura che merita di essere affrontata perchè offre numerosi spunti di riflessione su tematiche sempre attuali (dal ruolo della donna al fanatismo religioso) e ha saputo trasmettermi il senso di impotenza, di claustrofobia, di rabbia o rassegnazione, il bisogno di non perdere la testa a fronte dell'incubo in cui ci si trova, la solitudine, l'angoscia..., insomma tutti gli stati d'animo e i pensieri provati dalla protagonista, la cui impronta emotiva è conforme alla materia narrativa in oggetto, che è tutto fuorchè leggera.

Bel romanzo, era una lacuna che desideravo colmare e sono felice di averlo fatto.

giovedì 17 gennaio 2019

Novità editoriali Kimerik Edizioni




Novità in casa Kimerik Edizioni:


L'ALFIERE DI NORIMBERGA di Fernando Fuschetti

Un gruppo di giovani della Napoli “bene” degli anni ’30 accompagna il lettore tra le vicende legate alla Seconda guerra mondiale. Ambizione, intelligenza, speranza sembrano essere le chiavi per scoprire il futuro di questi universitari destinati, invece, a percorrere strade assai difficili.


L'autore.
Fernando Fuschetti è nato a Marcianise nel 1946. Laureatosi in Scienze Agrarie, vince il concorso del Ministero dell’Agricoltura e Foreste – Corpo Forestale e ha una brillante carriera. In pensione si dedica alla sua passione di gioventù: scrivere e raccontare storie.




IL TORMENTO di Elena Giandomenico

.
Una poesia matura quella che detta Elena Giandomenico nella sua composizione.
Siamo di fronte a versi che accusano, prendono atto, si rammaricano ma non si arrendono di fronte ad anime che indossano una maschera, a gente che va di fretta e che pare alla dolce scrittrice un contenitore vuoto, avido di denaro e di un materialismo che la nostra non condivide. 
Il tormento è la denuncia di chi constata la realtà e ne fa punto di partenza per risorgere. Nonostante la nuda e cruda verità, Elena Giandomenico, come solo chi scrive liriche sa fare, dà vita a una silloge di intense emozioni, in cui ci si rispecchia e dalla quale si impara a essere più forti. 


L'autrice.
Elena Giandomenico nasce il 3 gennaio del 1997 a Modena. È figlia di un carabiniere e di una casalinga. All’età di tre anni si trasferisce in Molise, precisamente in un paese di nome Bonefro. Successivamente, a dodici anni, in seguito alla separazione dei genitori, si trasferisce nuovamente in Emilia-Romagna. Trascorre la sua adolescenza a Rubiera, una città in provincia di Reggio Emilia. Consegue il diploma presso il Liceo linguistico “F. Selmi” di Modena. Successivamente, poiché fin da piccola manifesta una grande passione per l’insegnamento, decide di frequentare la Facoltà di Scienze dell’Educazione.



UNO SGUARDO DENTRO UNA VITA di Mara Krezdorm

Dopo tanti anni la protagonista di questo libro decide di raccontare la sua storia.
Meravigliosa, interessante. 
In molti ritroveranno se stessi in questo romanzo, apprendendo qualcosa che non si aspettavano. Come tirar fuori ciò che vi è di buono da una brutta storia? 
E anche la fiducia in noi stessi deve prevalere convivendo con i nostri sentimenti: possiamo fare tutto, quando lo vogliamo e lo desideriamo intensamente.

L'autrice.
Mara Krezdorn nasce in Serbia il 15 ottobre del 1952. Sposata con un cittadino tedesco, ha due figli adulti che vivono nel Südtirol. Si considera una donna d’affari di successo ed è autrice del romanzo Natalija Mora Dalje.

martedì 15 gennaio 2019

Novità dalle case editrici - Butterfly Edizioni / Emma Books



Cari lettori, vi aggiorno con qualche novità editoriale, in ambito rosa e paranormal.



TRA L'OMBRA E L'ANIMA
di Maria Teresa Steri

LINK AMAZON
thriller psicologico-paranormale
370 pp
Prezzo ebook: 2,99 €
Prezzo cartaceo: 11 €GENNAIO 2019


Trama

Da due anni la mia vita non è più la stessa. Visioni e memorie di eventi mai vissuti mi costringono a rintanarmi in casa. L’ossessione per un uomo sconosciuto – da me battezzato “il Visitatore” – minaccia il mio matrimonio. Né mio marito né il terapista al quale mi sono rivolta sono disposti a credermi. 
Solo Alba, una donna incontrata su Internet, sembra in grado di darmi delle risposte. 
Mi ha convinta che i miei strani ricordi appartengono a una vita precedente e che il Visitatore è un uomo in carne e ossa.
Ora però Alba è morta, forse assassinata da una misteriosa associazione, e io sono rimasta da sola a cercare l’uomo delle mie visioni. 
Ma la rete di segreti che circondava Alba si sta stringendo pericolosamente intorno a me. 
E affrontare il passato che ho dimenticato è come gettare uno sguardo in un pozzo oscuro e senza fondo.
Le anime con un legame antico si rincontrano sempre.

Primi capitoli scaricabili in pdf QUI
Incipit

In apparenza è un giorno come tutti gli altri. Simone si prepara per andare al lavoro, io indugio davanti alla finestra del salotto, intenta a osservare la strada. In realtà non è un giorno qualunque, perché oggi per la prima volta dopo due anni metterò piede fuori casa da sola.
Sto andando a caccia di risposte. Alla ricerca di un uomo che mi ha rovinato la vita e che pure smanio di incontrare, conoscere, guardare in faccia. Un uomo che non so neppure se esista davvero o se sia solo il frutto di un morboso vaneggiare, un’opportunistica invenzione della psiche, come asserisce il mio terapista.
Stringo con entrambe le mani la solita tazza di caffellatte con un misto di eccitazione, paura e senso di colpa. Abbandonare la sicurezza delle mura domestiche mi atterrisce.
Tutto il mio mondo è stato tra queste pareti per così tanto tempo che stento a credere ci sia altro là fuori.
Da due anni ho smesso di lavorare, vedere gli amici, andare a fare la spesa, uscire la sera.
Vivo in una reclusione auto imposta nel tentativo di arginare le mie ossessioni.
 


Estratto:
Ormai è cessata ogni ribellione. Non ho più paura dell’immobilità che mi imprigiona, ho accettato di non poter muovere un solo muscolo, di essere in balia di quest’entità sconosciuta e intangibile che viene a farmi visita. Le permetto di travolgermi e intontirmi fino all’offuscamento totale della coscienza.
Spesso è un contatto intimo, intenso, quasi carnale. Altre volte solo un tocco delicato ed evanescente. L’accompagna però sempre una penosa nostalgia, un desiderio lacerante per qualcosa di perduto.
Quando se ne va, mi ritrovo dolorosamente vuota, in uno stato mentale sospeso, finché pian piano i sensi ritrovano la calma. Mi giro su un fianco e il mio corpo viene pervaso dal sopore.
Ho combattuto a lungo contro il Visitatore, gli ho opposto resistenza, tentando di sottrarmi alla sua seduzione e rifiutando di ammettere l’effetto inebriante che aveva su di me. Ne ho avuto persino terrore in un primo tempo. Ma per quanti sforzi abbia fatto, non sono mai riuscita a rinunciarvi.

L'autrice
Maria Teresa Steri è nata nel 1969 e cresciuta a Gaeta. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia si è trasferita a Roma, dove vive attualmente con il marito. Ha collaborato come giornalista pubblicista nella redazione di quotidiani e riviste. Cura il blog Anima di carta (https://animadicarta.blogspot.com/) dedicato a chi ama scrivere e leggere. Si interessa di scrittura creativa e antroposofia. È un’appassionata di Alfred Hitchcock. I suoi autori di narrativa preferiti sono Ruth Rendell e Boileau- Narcejac. Ha pubblicato nel 2009 il suo primo romanzo “I Custodi del Destino” (Deinotera Editrice, fuori catalogo), un thriller basato sull'idea della reincarnazione. Nel 2015 è nato “Bagliori nel buio”, un noir sovrannaturale, e nel 2017 il thriller esoterico “Come un dio immortale”. Nel 2019 è uscita la seconda edizione de “I Custodi del Destino” (interamente riveduto) con il titolo “Tra l'ombra e l'anima”.


TUTTA COLPA DI UN DOLCE
di Federica Giulia Giordano


Butterfly Edizioni
Collana: Love self
Genere: Romance contemporaneo
Prezzo: 1,99 € 
Data di uscita: 15 gennaio 2019

>> l'ebook sarà in offerta a 0,99 € fino alla fine di gennaio <<

Sinossi

Lemon Green è una giovane pasticcera che ama preparare dolci e vivere a Sherbetlake, una piccola cittadina dove tutti si conoscono. La sua vita tranquilla viene scombussolata dall'incontro, o meglio scontro, con Noah Jones, il figlio minore della famiglia più ricca della città. 
Lui, affascinante, sicuro di sé ma soprattutto prepotente, maleducato e scontroso, è uno snob pieno di sé e non le fa di certo una buona impressione. Il suo obiettivo è stargli il più lontano possibile... 
Ma il destino li obbligherà a lavorare fianco a fianco a un progetto comune. Lemon scoprirà così che quel ragazzo fastidioso dagli occhi magnetici è più di quello che mostra e allora saranno guai...





L'AMORE NON HA RAGIONE
di Angela Iezzi


Butterfly Edizioni
Collana: Digital emotions
Genere: Romance contemporaneo
Prezzo: 3,99 € ebook 
16,00 € cartaceo 
Data di uscita: ebook 22 gennaio 2019 
cartaceo: 14 febbraio 2019


Sinossi

Faith ha diciotto anni e una caratteristica particolare: un quoziente intellettivo di 187. 
Nonostante il suo genio, è pessima nelle relazioni interpersonali, piuttosto rigida, cinica ed estremamente razionale. Vive di certezze e vuole avere il controllo su ogni cosa, emozioni comprese. 
Killian è il ragazzo più popolare di Yale e il suo giro di amicizie e frequentazioni è talmente ampio da renderlo una celebrità al campus. 
Affascinante, determinato, trasandato, sicuro di sé e attento osservatore, non è abituato a sentirsi contraddire. Per lui è facile catturare l'attenzione di qualsiasi ragazza, tranne lei, la secchiona che se ne sta sempre sulle sue, indecifrabile e inavvicinabile. 
Le loro strade, agli antipodi, sono destinate a incrociarsi nell'aula dell’unico corso che seguono insieme. Il loro primo incontro? 
Un disastro, i due non si sopportano. Così diversi da odiarsi al primo sguardo, non fanno altro che punzecchiarsi a ogni occasione. 
Ma, per quanto si possano calcolare le distanze ed evitare i sentimenti, l'amore, illogico e inspiegabile, è sempre in grado di sorprendere.



E A VOI PIACE FARLO?
di Viviana Giorgi



Editore: Emma Books
Collana: LOVE
Taglia: M
Prezzo: € 2,99

Lei, Sally, è un tipo originale. Di lavoro dipinge cani e gatti.
Lui, Matteo, è un fisico, ricercatore rinomato, appena tornato in Italia dopo anni al CERN di Ginevra.

Lei, Peggy, è una bastardina piccola e vivace, pronta in ogni momento a farsi valere.
Lui, Thor, è un grosso pastore bernese, giovane e scatenato, che solo Peggy è capace di tenere a bada.

Tutti e quattro si incontrano per caso sulle montagne di Gressoney, dove incomincia un’amicizia (o forse un amore) che continuerà con qualche malinteso tra Milano e Parigi e con esiti inaspettati a Londra.

Non mancano le amiche scatenate, un amico gay in difficoltà, un paio di padri invadenti e un lieto fine assicurato.
Perché a Sally, con Matteo, piace farlo.

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