Un diamante meraviglioso su cui aleggia l'eco di una maledizione per chi ne diventa indegno possessore. Un poliziesco tinto di noir scritto con una penna magistrale, una narrazione fluente pur essendo minuziosa; il ritratto di un'Inghilterra in Età Vittoriana che si muove tra l'ironico e il melanconico.
LA PIETRA DI LUNA
di Wilkie Collins
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Ed. Mondadori
trad. E. Capriolo
525 pp |
Il titolo non dà spazio ad equivoci: al centro di questo lungo e piacevolissimo romanzo c'è una gemma gialla, preziosa, originaria dell’India: la pietra di luna, appunto.
Nell'antefatto l'Autore ci racconta in che modo questo diamante sia passato, dopo una serie di avventurose vicissitudini avvenute nel corso dei secoli, dalla fronte della statua di una divinità indiana alle mani di un certo John Herncastle, uomo dai discutibili costumi e poco amato anche dai propri familiari; cinquant'anni dopo (nel 1848), questo ex-colonnello fa dono del gioiello (ancora in suo possesso) a una nipote, Rachel Verinder, figlia di sua sorella (con cui non ha alcun rapporto da molti anni).
Di questo mirabile ornamento si dice che sia stato trafugato da ladri sacrileghi (per questo porta con sè maledizioni) e che ne seguano le sorti sotto mentite spoglie tre sacerdoti, pronti a uccidere per riportarlo in India.
Si tratta di mere leggende, di sciocche superstizioni... o di qualcosa da non prendere alla leggera?
Fatto sta che la signorina sta per compiere 18 anni e il giorno del compleanno riceve in eredità dall'ormai defunto zio il diamante; a recapitarglielo è un giovanotto, suo parente (e spasimante), Franklin Blake, un tipo sveglio, colto, simpatico, dal carattere esuberante.
Alla cena di compleanno sono presenti diverse persone, tutte affascinate dal monile, il cui valore è inestimabile e che facilmente irretisce chiunque vi posi lo sguardo:
"Che diamante, buon Dio! Grande, o quasi, come un uovo di piviere! La luce che ne sgorgava era come quella della luna di settembre. Quando abbassavi gli occhi sulla pietra, ti trovavi davanti un giallo abisso che li attirava a sè sino a impedirgli di vedere qualsiasi altra cosa. Sembrava insondabile; quel gioiello, che potevi tenere tra il pollice e l'indice, sembrava insondabile come i cieli".
C'è che un che di magico, una potenza ammaliatrice che scaturisce dalla pietra di luna e che pare avere il potere di soggiogare chi la possiede, che sviluppa nei suoi confronti un sentimento "possessivo" (un po' come accade a quanti si ritrovano tra le mani l'anello al centro della trilogia tolkeniana) e per certi versi irrazionale.
Quale enorme e tragica sorpresa quando, al mattino successivo, la festeggiata dà l'allarme dicendo che il suo meraviglioso regalo, da lei riposto in un cassetto in camera propria prima di coricarsi, è... scomparso!!
Cosa è successo durante la notte? Un ladro si è introdotto furtivamente in casa e, col favore delle tenebre, ha rubato la pietra di luna?
E soprattutto... chi è stato?
Per fare chiarezza sul mistero, un famoso investigatore, il sergente Cuff, viene incaricato di fare indagini e ritrovare il gioiello.
L’indagine, per quanto accurata, non porta ad alcun risultato e causa, anzi, sgomento e confusione sia tra i membri della famiglia Verinder che nella servitù.
Il sergente, infatti, deve inevitabilmente sottoporre a interrogatori e perquisizioni tutti i presenti; l'unica persona che si rifiuterà caparbiamente di rispondere alle insistenti domande di Cuff e di lasciarsi perquisire bauli e cassetti è proprio la derubata, Rachel, che mostrerà sin da subito un quanto mai enigmatico (e sospetto?) atteggiamento di aperta ostilità verso chiunque si ostini a volerle parlare del monile scomparso e di cosa potrebbe essere successo quella notte.
Perchè la ragazza rifiuta di dare il proprio contributo alle ricerche? E come mai a un certo punto rivelerà la propria avversione nei confronti di Franklin, che fino a poche ore prima del fattaccio era il primo nella lista dei suoi possibili fidanzati?
Tutti i personaggi sono apparentemente innocenti ma allo stesso tempo possibili colpevoli, e in particolare ci si sofferma su alcuni di essi; oltre allo strano comportamento isterico e chiuso di Rachel, a destare qualche sospetto è una cameriera, Rosanna Spearman, tanto bruttina quanto povera e disgraziata, eppure il suo passato, unito a certi suoi modi di fare sibillini e incomprensibili, fanno sì che Cuff diriga la propria attenzione sulla ragazza. Rosanna, infatti, ha un passato difficile: quando la buona signora Verinder l'ha conosciuta, la giovane era in riformatorio per aver commesso dei furti; per misericordia cristiana, la signora l'ha tirata fuori di lì dandole un lavoro, un tetto, del cibo, insomma se n'è fatta carico e non ha dubbi che la sua cameriera sia estranea ai fatti.
Ma è davvero così?
Eppure, se sul destino del diamante si è incerti e ci si può lasciar andare soltanto a speculazioni, ad essere incontrovertibile è questo dato di fatto: la pietra di luna era in casa, in camera di Rachel... e da lì qualcuno l'ha presa e, presumibilmente, l'ha portata via.
Quindi - come in un classico giallo alla Christie (successiva al nostro Wilkie) - il colpevole è necessariamente qualcuno che quella notte era dentro la casa.
Scoprire di chi si tratti, cosa davvero sia accaduto e come si siano sviluppate le sorti della pietra di Luna, è il cuore dell'intreccio, che si dipana in un groviglio di eventi drammatici raccontati, di volta in volta, dai diversi protagonisti.
Il romanzo di Collins, infatti, è corale, e a narrarci il succedersi degli eventi sono diverse persone, tutte chiamate a trascrivere il proprio punto di vista su invito di Franklin Blake con lo scopo di mettere i fatti, concernenti la sparizione della pietra, nero su bianco e in modo ordinato; la decisione di usare questa tecnica si rivelerà necessaria per il povero Blake, che nel corso dei mesi non si darà pace circa il destino della gemma, soprattutto quando si sentirà coinvolto, suo malgrado, in prima persona e alcuni eventi rischieranno di far naufragare la propria storia d'amore con la bella Rachel.
Il primo punto di vista - e anche il più "corposo" - è quello del maestro di casa, il capo dei domestici, lo stimato e buon Gabriel Betteredge. Il suo racconto di cosa accadde in quella fatidica notte e nei tempi successivi è dettagliato (caratteristica che appartiene a tutta la narrazione in generale) e attendibile, perchè l'uomo è sicuramente una persona onesta, molto attaccata e devota alla famiglia Verinder, affezionata a Franklin, che ha visto crescere. La sua prospettiva è narrata in modo spigliato, ironico, e anche se ci dà l'impressione del classico "pettegolo", sempre informatissimo su tutto quello che accade in casa (tanto ai padroni quanto ai domestici), risulta inevitabilmente simpatico, anche quando divaga e racconta di fatti e persone che poco hanno a che fare con lo scopo della sua trascrizione; ci fanno sorridere le sue riflessioni sulle persone a lui vicine, in particolare sul genere femminile (che non gode di molta stima da parte del domestico), e la sua fissa per Robinson Crusoe, classico da lui letto, riletto e studiato, che nei momenti difficili e cruciali si è rivelato sempre profetico ed illuminante per il suo fan n.1.
Altra narratrice interpellata è la signorina Drusilla Clack, una cugina di Rachel presente alla cena di compleanno; ammetto che, personalmente, il suo racconto l'ho trovato spassoso: la donna è nubile (zitella, se volete ^_-), squattrinata, sola al mondo se non fosse per le varie associazioni di carità di cui è fervente membro; dal suo resoconto emerge vivido il ritratto di una donna che ha fatto dell'adesione religiosa il cardine della propria vita; giudica tutti col metro della religione, finendo per mostrarcene però il lato più farisaico ed ipocrita, che cela - dietro parole in apparenza misericordiose e pie - un atteggiamento di condanna e giudizio; divertenti i suoi tentativi di far proseliti e convertire tutti attraverso opuscoli e libretti di edificazione che le vengono debitamente restituiti.
Altre voci narranti sono: il dottor Candy (che avrà una sua parte non irrilevante nella catena degli eventi, ma si scopre molto in là), l'avvocato Bruff (realista e razionale), il sergente Cuff (acuto e intuitivo), lo stesso Franklin e un certo dottor Ezra Jennings, che avrà anch'egli un ruolo determinante per la soluzione e comprensione del caso.
Sì perchè il caso si risolverà; Collins non ci lascia a bocca asciutta, ma anzi ci conduce passo passo verso la fine, intrecciando persone, fatti, ipotesi, fino a rivelarci la verità, che costituisce un colpo di scena.
"Sentiamo spesso dire (ma quasi sempre da osservatori superficiali) che la colpa ha lo stesso aspetto dell'innocenza. Io credo che sia infinitamente più veritiero affermare che l'innocenza può avere lo stesso aspetto della colpa".
Una cosa è fuor di dubbio: il diamante sarà pure splendido e desiderabile..., ma quanti problemi e divisioni porterà in casa Verinder!! Non sarà davvero maledetto?
"Quando sono arrivato qui da Londra con quell'orribile diamante (...) non credo che esistesse in Inghilterra una casa più felice di questa. E guarda com'è adesso! Dispersa, disunita..., persino l'aria è avvelenata dal mistero e dal sospetto! (...) La pietra lunare ha attuato la vendetta del colonnello e in un modo che nemmeno lui avrebbe mai immaginato!".
Wilkie Collins ha saputo dar vita ad un poliziesco magistralmente costruito, che ha tutti gli elementi per tener vive la suspense e la curiosità del lettore, che resta inchiodato al libro dalla prima all’ultima pagina..., nonostante le pagine non siano poche! Il ritmo narrativo non è incalzante perchè si avanza con gradualità verso i nodi da sciogliere e per aver chiaro tutto ciò che ha dato vita al mistero bisogna avere la pazienza di giungere alla fine, ma lo stile è così piacevole e scorrevole che si procede senza pesantezza alcuna.
Collins ci offre uno spaccato della società del suo tempo, tanto dei "ricchi" - con i loro vezzi, le loro ipocrisie, il loro perbenismo - quanto dei "poveri" - con i loro cicalecci, le antipatie verso chi è "diverso", nei confronti del quale è sempre fin troppo facile puntare il dito.
Le azioni dei personaggi diventano, in un certo senso, più importanti delle vicissitudini che li vedono attori, e anzi sono le loro scelte a determinare le circostanze e le relative evoluzioni.
La pietra di luna (The Moonstone) rappresenta il modello che ha anticipato tutta la futura letteratura poliziesca; non ho potuto non apprezzare la complessità della trama, la raffinata descrizione degli ambienti, l'attenzione posta ai personaggi, la presenza di un interessante punto di vista su uno specifico argomento medico (l'oppio e i suoi effetti) che in quel determinato momento storico era attuale e che rimanda all'esperienza personale dell'Autore stesso.
Sono quei classici che a me piacciono da morire, quei libri da leggere avidamente con una buona tazza di the in mano; mi delizio di fronte alla bravura di certi grandi romanzieri; a buon diritto, il nome di Wilkie Collins può essere accostato a Dickens o Thackeray.
Assolutamente consigliato, tanto più a chi ama i classici, i polizieschi e si vuol godere un libro corposo ma accattivante e scritto magnificamente.
Leggerò altro di Collins, ormai è amore *_*