mercoledì 13 novembre 2019

13 Novembre - Giornata della Gentilezza



In tempi in cui l'egoismo, l opportunismo e l'arroganza fanno da padroni, c'è più che mai bisogno di gentilezza, dolcezza, educazione, rispetto, altruismo... ogni giorno, nelle nostre relazioni col prossimo.




"Le parole gentili sono un favo di miele; dolcezza all’anima, salute alle ossa."
(Proverbi 16:24)


"Dovremmo riempire il cuore di gentilezza, la bocca di educazione, le mani di accoglienza e la testa di buoni libri. Forse solo così potremmo tornare a essere umani."
(Fabrizio Caramagna)


"Custodisci bene dentro te stesso questo tesoro, la gentilezza. Impara a dare senza esitazione, come perdere senza dispiacere, come acquisire senza grettezza."
(George Sand)


"Le cortesie più piccole
– un fiore o un libro –
piantano sorrisi come semi che germogliano nel buio."
(Emily Dickinson)


"Sii gentile con le persone scortesi; sono quelle che probabilmente ne hanno più bisogno
(Ashleigh Brilliant)


"Nessun atto di gentilezza, per piccolo che sia, è mai sprecato."
(Esopo)

lunedì 11 novembre 2019

Oggi nasceva... FEDOR DOSTOEVSKIJ




FEDOR DOSTOEVSKIJ è nato a Mosca l'11 novembre nel 1821 ed è morto il 28 gennaio 1881 a San Pietroburgo.

Figlio di un medico chirurgo, cresce in una famiglia molto religiosa e lo stesso Dostoevskij è stato profondamente religioso per tutta la vita. 
Viene educato prima dalla madre e dal padre, poi da un tutor e a tredici anni viene mandato in una scuola privata. Due anni dopo sua madre muore; il padre, un uomo crudele e duro, viene assassinato nel 1839, quando Fedor ha diciotto anni e frequenta la scuola di San Pietroburgo, in Russia. Addestrato per diventare un ingegnere militare, capisce di amare la letteratura e, al termine della scuola, abbandona la carriera per dedicarsi alla scrittura.


La sua carriera di scrittore ha inizio con racconti sui poveri in situazioni difficili. Nel 1843 termina il suo primo romanzo, Poor Folk, un racconto sociale in forma epistolare su un impiegato che scrive lettere alla donna di cui è innamorato, che però ha sposato un pretendente inutile ma ricco.
Il secondo romanzo, The Double (1846), viene accolto meno calorosamente del precedente.

Intorno al periodo in cui scrisse Poor Folk,  Dostoevskij inizia a frequentare gruppi di discussione con altri giovani intellettuali sovversivi e, con l'accusa di attività rivoluzionaria, lui e i suoi amici vengono arrestati. Trascorre dei mesi in una misera prigione e quando viene portato in una piazza pubblica per essere fucilato, all'ultimo momento gli viene concessa la grazia dallo Zar.
Questa esperienza ha un profondo effetto su di lui, riaffermando le sue profonde credenze religiose e ispirando le questioni morali sollevate in Delitto e Castigo.

Delitto e Castigo  ruota attorno all'omicidio di una vecchia da parte di uno studente, Raskolnikov, che viene ricercato dal detective Porfiry e della sua stessa coscienza. Alla fine si arrende e decide di accettare la punizione per la propria azione.

Negli anni 1859-1860 la sua vita è caratterizzata da cattiva salute, povertà e complicate situazioni emotive; si innamora della giovane studentessa Polina Suslova e porta avanti una relazione frustrante con lei per diversi anni.

All'inizio, Delitto e Castigo aveva una narrazione in prima persona, poi l'autore passa ad una voce onnisciente in terza persona che immerge il lettore nella psiche tormentata del protagonista.

Lo stesso scrittore russo è stato un'anima tormentata, ad es. ha lottato con una forte dipendenza dal gioco d'azzardo che spesso lo ha costretto a velocizzare i tempi di scrittura per poter pagare i suoi debiti di gioco. 


Il nome del protagonista di Delitto e Castigo, Raskolnikov, prende origine da raskol che significa "scissione" o "scisma"; si riferisce al dissenso che ebbe luogo all'interno della Chiesa ortodossa russa nel 17° secolo. Dostoevskij  un fervente cristiano e la scelta del nome "Raskolnikov" è sicuramente azzeccata per una personalità divisa come è quella di un intellettuale ipersensibile.


C'è una versione cinematografica muta del libro: Raskolnikow, diretta nel 1923 dal regista tedesco Robert Wiene. Seguono tante altre trasposizioni di film e serie TV, tra cui produzioni americane, giapponesi, finlandesi, indiane, sovietiche e britanniche.

Hitchcock, invece, non ci provò ma non perché pensasse che non ne valesse la pena, bensì per il motivo opposto, in un certo senso; quando, infatti, il regista François Truffaut gli chiese perché non avesse mai realizzato una versione cinematografica di Delitto e Castigo, Alfred rispose "Nel romanzo di Dostoevskij ci sono molte, molte parole e tutte hanno una funzione. Per renderle in modo fedele in termini cinematografici si dovrebbe fare un film dalle sei alle 10 ore. Altrimenti, non ne verrebbe fuori nulla di buono."


I Fratelli Karamazov (1879–1880) è il più grande dei romanzi di Dostoevskij e lo psicologo Sigmund Freud lo classificò come uno dei più grandi successi artistici di tutti i tempi. 
Il romanzo narra di quattro figli e della loro colpa nell'omicidio del padre Fyodor. Ognuno dei figli si caratterizza per un tratto importante: Dmitri per la passione, Ivan per la ragione, Alyosha per lo spirito e Smerdyakov per tutto ciò che è brutto nella natura umana. E' Smerdyakov ad uccidere suo padre, ma in una certa misura gli altri tre fratelli sono colpevoli nel pensiero e nel desiderio.


Fonti consultate:

domenica 10 novembre 2019

Recensione: SUOR GIOVANNA DELLA CROCE. L'anima semplice, di Matilde Serao



La sessantenne suor Giovanna della Croce, al secolo Luisa Benincasa, dopo più di trent'anni trascorsi in un convento di clausura, è costretta a tornare "nel mondo", scontrandosi così con una realtà ormai a lei estranea e davanti alla quale si ritroverà sola ed impreparata.



SUOR GIOVANNA DELLA CROCE. L'anima semplice
di Matilde Serao



Manni editore
184 pp
Pubblicato nel 1901, questo accorato romanzo narra la dolorosa odissea di una monaca di clausura, appartenente all'ordine religioso delle Trentatrè (chiamate anche Sepolte vive, proprio per il fatto di vivere tra le quattro mura del convento senza mai uscirne), che con le sue consorelle conduce la propria esistenza tranquilla e abitudinaria, fatta di orazioni, atti di devozione, e tutto quello che caratterizza le giornate all'interno del "Suor Orsola Benincasa".
Ma un giorno una terribile e drammatica notizia giunge a turbare la pace delle monache: un provvedimento governativo* impone che esse lascino immediatamente i locali del convento; per le donne, tutte anziane e per lo più sole, prive di contatti con le famiglie d'origine da molti anni, è una vera e propria tragedia.
Lo è per due ragioni, essenzialmente: la prima, e più importante, è la violazione del voto da esse fatto a Dio - di vivere in clausura, dedicandosi solo alla preghiera, e di non uscirne mai -, la seconda è che esse sono consapevoli di non avere nessuno ad aspettarle, di non avere un posto, una casa cui tornare.

Quando arriva il giorno fatidico - in cui le poverette vivono l'umiliazione di dover togliere il velo davanti ai cinici ispettori del governo, che pretendono di saperne le generalità per poter convocare gli eventuali parenti -, alcune di esse vengono prelevate da pronipoti o cognati seccati e contrariati, altre vengono scortate in questura perché nessuno è venuto a prenderle...

Tra calde lacrime, preghiere disperate e sussurrate a fior di labbra, benedizioni reciproche e addii strazianti, le consorelle sono costrette a dirsi addio, coscienti che non si rivedranno mai più.

A Suor Giovanna, apparentemente, va meno peggio del previsto: a prelevarla è, infatti, nientemeno che sua sorella minore Grazia, con cui lei non ha alcun contatto da quando - all'età di soli venti anni - entrò in clausura.
Apprendiamo in che modo e per quale ragione Luisa sia diventata suor Giovanna della Croce: a differenza della protagonista sfortunata di "Storia di una capinera", la ragazza della Serao vi entra comunque intenzionalmente e per scelta personale 8seppur dettata da un impeto emotivo): ella era, infatti, fidanzata con un giovanotto, i due erano innamorati, ma Grazia si intromise tra loro e "rubò" il fidanzato alla sorella maggiore, sposandolo e portando Luisa, delusa e addolorata, a decidere di andare in convento, e di fare di Gesù il suo unico Sposo.

E adesso, dopo trentacinque anni, la vita crudele costringe Suor Giovanna ad andare a vivere proprio in casa di Grazia, rimasta vedova e con due figli giovanetti da mantenere.
L'anziana scopre come le condizioni economiche dei famigliari siano precarie, e questo perché gli stessi hanno condotto per anni una vita nelle agiatezze, spendendo e sperperando anche quando non avrebbero potuto permetterselo, ritrovandosi adesso con pochissime risorse economiche.

Pur essendo grata alla famiglia per averla accolta, suor Giovanna si trova a dover combattere contro atteggiamenti di ostentato disprezzo e malcelata ostilità e ipocrisia nei propri confronti, da parte di Grazia e sua figlia, due donne vanesie e pigre, che si burlano di zi monaca e della sua fede; inoltre, la donna capisce di essere stata presa in carico perché la sorella e i figli son convinti di poter mettere le mani sui soldi che il Governo dovrebbe dare, come risarcimento per la dote data al convento al momento dell'entrata nell'ordine religioso, alle monache espulse.

Ma il futuro che attende la povera suor Giovanna è tutt'altro che lieto e la metterà davanti a situazioni umilianti, che la faranno sentire indifesa e terribilmente sola.

Davvero il Governo è intenzionato a prendersi cura di queste suorine povere e dimenticate? 
E la famiglia di suor Giovanna continuerebbe a tenerla in casa anche qualora capisse che potrebbe non esserci alcuna restituzione della dote?

Ho letto le amarissime vicissitudini di questa povera sessantenne con un senso di pietà e tristezza, immaginando i sentimenti della protagonista nel dover ritornare in un mondo ormai a lei sconosciuto, ostile, in cui la moralità e la fede sono cose rare, all'interno di un contesto - siamo a Napoli - brutale, in cui lei si imbatte inevitabilmente con gli egoismi e le bassezze di gente spietata e interessata solo ai fatti propri, che non esita ad approfittare di lei e di quelle misere e scarsissime lire che il Governo le passa ogni mese (una vera e propria elemosina).

Ho provato tenerezza e dispiacere per questa donnina magra, buona, mite, devotissima al suo Signore sempre, anche - anzi, soprattutto - nei momenti difficili cui va incontro con umiltà e con sempre più rassegnazione.
Come può ella resistere, nel ventre di una Napoli sordida, caotica, che sa essere indifferente alle miserie umane, in cui la differenza tra i ricconi, che fanno beneficenza per lavarsi la coscienza e per capriccio, e i più poveri della città è abissale? Come fa una vecchina ingenua e senza nessuno a proteggerla a sopravvivere? 

La storia di questa monaca abbandonata a se stessa, costretta, da uno Stato che non garantisce i diritti minimi e fondamentali dei propri cittadini (tanto meno dei più deboli), ad arrangiarsi come meglio può, affidando la propria sorte all'aiuto di persone non sempre amichevoli e gentili, finendo per confondersi tra l'orda di mendicanti e diseredati, è davvero molto triste; l'Autrice descrive con dovizia di particolari tanto la situazione individuale della protagonista quanto quella, più ampia, del contesto sociale di riferimento e, in special modo, dei poveri, che cercano in qualsiasi modo di mettere qualcosa nella pancia propria e dei famigliari.
Le pagine finali di questo romanzo sociale ben descrivono gli uomini e le donne in attesa  alla mensa dei poveri, nel giorno di Pasqua, di un pasto caldo offerto dai ricchi della città; sono descrizioni particolareggiate, vivide, che si soffermano su una fetta di umanità fragile, sullo sfondo di una Napoli vivace e pittoresca.
Il verismo della Serao, col suo linguaggio realistico, sciolto e immediato, colpisce il lettore e lo trasporta in quel periodo storico, in quelle strade affollate, tra gente maleodorante, vestita di stracci, volgare, miserabile, resa brutta dalla fame, dalla miseria e dalla disperazione più nere; anime sole, inermi, in balia dei soprusi e degli abusi di chi ha più soldi e potere, donne fotografate nella quotidianità di un vivere generoso solo di afflizioni e dolori.

 

* si tratta di un fatto avvenuto nel 1890, quando fu promulgata una legge che autorizzava le autorità locali ad acquisire per pubblica utilità gli spazi di proprietà dello Stato della Chiesa.

sabato 9 novembre 2019

Novità editoriali Armando Editore (novembre 2019)



Come state trascorrendo questo sabato pomeriggio, cari lettori?
Io sto aspettando che i miei cornetti sfogliati lievitino in forno, e intanto ho pensato di fare un salto sul blog per aggiornarvi sulle ultimissime novità Armando Editore!


Armando Editore





Il bene comune di Benedetta Cosmi (146 pp, 14 euro)

Un vademecum progettuale.
Rete, materiali, progetti concreti ma soprattutto l’idea della società che si vuole costruire. Che combatte l'alienazione quella che altrimenti colpisce gli individui, ma contagia società e comunità intere.
Che società si crea quando si priva della possibilità o perfino del desiderio di avere accesso alle risorse culturali? Da questa domanda di vent'anni fa di Chomsky, ne Il bene comune, Cosmi parte.
La lettura, "è un autentico e insostituibile bene comune".
I musei, le biblioteche, i corpi intermedi, le piazze, la scuola, l'università, i luoghi dell'innovazione, i centri culturali, sportivi, l'associazionismo, le aziende, i libri, i bimbi, sono il bene comune, di cui parla l'autrice.
Storie di un presente che non pensava al futuro e di generazioni che cercano una società aperta, basata sul lavoro e merito, in Italia, talora all'estero. Programmi per chi resta.
È come un giro d'Italia (non fisico, città per città ma di rappresentanza, rappresentanza politica di quello che è stato fatto, si può fare si potrebbe ancora fare meglio su tutto il territorio nazionale con le persone che possono collaborare).
E (come ama ricordare il direttore del Corriere della sera) un capitolo è dedicato anche all’idea di Benedetta Cosmi di un “giornalismo costruttivo”, "che prende a cuore un problema e lo segue fino a quando le risposte pubbliche e private che quel problema pone non saranno arrivate".
Il lettore farà parte delle riunioni, entrerà nelle stanze dei direttori, rettori, presidenti, con chi ha il “potere per”. Avrà voglia di trascorrere le sue notti in biblioteca.

L'autrice.
Benedetta Cosmi si laurea con lode all’Università di Roma La Sapienza dove ha conseguito nel 2008 il titolo del Senato accademico attribuito ai migliori laureati "eccellenti". Cinque pubblicazioni, attualmente in libreria con È il futuro, bellezza! I giovani e la sfida del lavoro.
Innovation manager, dal 2015 dirige il primo Dipartimento Innovazione del sindacato Cisl Milano Metropoli, con il progetto Scuola lavoro.
Come saggista e giornalista ha firmato importanti inchieste sul sistema scolastico e sul mondo del lavoro, su Corriere.it
Ha diretto una web serie sulle nuove generazioni.
È stata consulente della Finanziaria della Regione Lombardia, Finlombarda.




LEGAMI CRIMINALI di Pino Casamassima (15,00 €, 304 pp)

Gennaio 1971, in un borgo sulle colline del Garda viene ucciso un anziano, un solitario d’origine toscana i cui unici interessi sono la caccia e il suo orto. Molti anni dopo, un’unica mano compie una serie di delitti anche oltre i confini italiani, mentre una banda armata viene sgominata dopo la sua ultima, clamorosa azione a Milano. Tutto slegato nel tempo e nei luoghi. Ma questa è solo l’apparenza. 
Con una scrittura che intreccia più generi e più forme narrative, Casamassima costruisce una storia che ne contiene diverse, seppure tutte riconducibili a un’unica genesi.

L'autore.
Pino Casamassima è un giornalista professionista e autore. Scrive per il “Corriere della Sera”, “Focus Storia”, “BBC History”. Ha pubblicato una quarantina di libri, alcuni dei quali tradotti all’estero, Cina compresa. Per il teatro ha scritto una ventina di testi, fra cui i monologhi da lui stesso interpretati. Fra un saggio e un altro si confronta con la narrativa: questa è una delle volte (più
felici). Vive a Gardone Riviera. 



Lo psicoterapeuta ricercatore di Edoardo Giusti e Eleonora Picerni (208 pp, 24,00 euro)

Il libro di Giusti e Picerni tiene ottimamente fede al suo impegno di costituirsi come guida  propedeutica alle tematiche della ricerca sulla psicoterapia. L’esposizione dei temi è esaustiva e tuttavia in linguaggio accessibile vengono affrontate sia le problematiche tradizionali – con
opportuni chiarimenti storici – sia i più recenti aggiornamenti, le innovazioni sul piano degli strumenti e le acquisizioni dell’ultimo decennio. L’impressione è di una vista dall’alto di un panorama sempre più interessante e in via di sviluppo.

L'autore.
Edoardo Giusti, Presidente dell’A.S.P.I.C. - Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità, con sedi dislocate a livello nazionale. È direttore della Scuola di specializzazione in Psicoterapia Pluralistica Integrata con autorizzazione ministeriale e professore a contratto presso la Scuola di specializzazione in Psicologia clinica dell’Università degli Studi di Padova. Svolge attività clinica e di supervisione didattica per psicoterapeuti. È Presidente onorario dell’ASPIC ARSA Ricerca Scientifica Applicata. Autore di oltre 110 volumi. 

Eleonora Picerni - Ph.D. Dottore di Ricerca in Psicobiologia e Psicofarmacologia. Psicologa Clinica e Psicoterapeuta, oltre all’attività clinica e di ricerca scientifica è coautrice di articoli su riviste  internazionali e saggi specialistici in ambito psicologico. Collabora con la Fondazione “Santa Lucia” e ha pubblicato presso la nostra collana il testo Dissociazioni e conflitti. Valutazioni e terapie delle unità traumatizzate.


La rete di Antonio Martusciello (10 euro, 96 pp)

Negli ultimi anni, il settore dell’informazione è stato attraversato da notevoli cambiamenti. Oggi, la disponibilità illimitata di documenti e materiali consente la possibilità di una fruizione e di un utilizzo delle fonti on demand, in qualsiasi luogo e in qualunque momento.
I cittadini poi diventano protagonisti, partecipando alla generazione delle notizie, attraverso il citizen journalism. Da un lato, con le tecnologie comunicative, come tablet o smartphone, anche gli users possono produrre materiale di interesse giornalistico, dall’altro, l’avvento delle piattaforme di condivisione sociale, consente una partecipazione attiva al dibattito pubblico e una potenziale amplificazione delle news. Elementi sicuramente positivi se coincidenti con l’articolazione di un’offerta armoniosa dell’informazione. Questa è oggi caratterizzata da una notevole copiosità, ma si presenta sul web il più delle volte gratuita, almeno in termini monetari, generando nel settore un grave fallimento di mercato, sia per la difficoltà di stimolare il pagamento per i contenuti fruiti, sia per l’acquisizione di quote di fatturato pubblicitario a danno degli editori e a favore delle piattaforme di aggregazione, ricerca e condivisione. Un sistema che rischia di innescare una spirale tesa verso una drammatica riduzione delle risorse per i media tradizionali, a cui possono venire a mancare i fondi necessari per produrre e stimolare inchieste di qualità. Da queste basi, il saggio intende analizzare l’impatto che gli sviluppi tecnologici producono sull’economia e sul contesto sociale, invitando a riflettere sulla necessità di un’appropriata politica pubblica in grado di tutelare i diritti e le libertà fondamentali, ma anche capace di stimolare l’innovazione e lo sviluppo dei servizi.

L'autore.
ANTONIO MARTUSCIELLO, già Parlamentare con una importante esperienza manageriale nel settore dei media, ha ricoperto incarichi di governo in qualità di Sottosegretario all’Ambiente e Vice Ministro dei Beni e delle Attività Culturali. Dal 2010 è Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e componente della Commissione Servizi e Prodotti. Dal 2011 è docente presso la facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove è titolare dei corsi in “New media e garanzie del consumatore” e in “Diritto dell’Informazione nel mondo globale”. È professore straordinario presso l’Università degli Studi Unipegaso, titolare del corso di Sociologia.




Gioco e realtà di Donald Winnicott (255 pp, 20,00 euro)

Il grande classico di Donald Winnicott viene riproposto in una nuova edizione e con una nuova traduzione che ne aggiorna il linguaggio psicoanalitico, rendendolo più moderno per il lettore contemporaneo. Il saggio raccoglie alcuni degli studi più importanti di Winnicott sullo sviluppo infantile e sul modo in cui il bambino “fa” e percepisce il mondo, riferendosi soprattutto al formarsi della sua vita immaginativa.

L'autore.
Donald Winnicott (1896-1971) è stato un pediatra e psicoanalista britannico. La sua osservazione verteva principalmente sul rapporto madre- figlio. Le sue originali teorie sullo sviluppo psicologico ed emotivo del bambino sono tuttora alla base degli studi dei professionisti di questa materia.




ATOMISMO E CORPUSCOLARISMO nella Napoli di fine Seicento di Alberto Labellarte (208 pp,
15 euro)

Ambientato nel Regno di Napoli del tardo Seicento, il saggio esplora la cultura dell’epoca attraverso la vicenda biografica dei membri dell’Accademia degli Investiganti, Tommaso Cornelio, Lucantonio Porzio, Francesco d’Andrea e Giuseppe Valletta. Attraverso l’analisi delle opere degli Investiganti, il testo mostra un quadro della loro riflessione filosofico-scientifica dovuta alla diffusione delle teorie atomistiche dei maggiori pensatori europei (Boyle, Descartes, Galilei, etc.) nei circoli partenopei.

L'autore.
ALBERTO LABELLARTE è nato a Modugno (BA) e vive a Valenzano (BA). Ha compiuto i suoi studi presso l’Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’ dove ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Filosofiche e il dottorato di ricerca in Filosofia e Storia della Filosofia. È docente di Filosofia e Storia a tempo indeterminato dal 2017.




Passaggi, ponti, pontefici di Antonello Armando (256 pp, 15,00 €)

Grazie alle riflessioni nate dall’incontro con Angelo Brelich e dalle letture delle opere di Mircea Eliade ed Ernesto de Martino ma anche da quelle di filosofi diversamente orientati come Kirkegaard e Feuerbach, nasce questo saggio. L’obiettivo, attraverso un linguaggio semplice e accessibile, è quello di tramandare ciò che l’autore ha appreso ai giovani, che vivono oggi in un mondo attraversato da conflitti religiosi e da un uso spesso improprio della religione.

L'autore.
ANTONELLO ARMANDO si è laureato in filosofia teoretica con Ugo Spirito e Tullio Gregory e si è formato come psicoanalista in Francia e in Italia. Ha inseg­nato Psicologia dinamica e Psicologia generale nelle Università di Siena, Roma e Napoli.


giovedì 7 novembre 2019

Libri in lettura (novembre 2019)




Cosa sto leggendo di nuovo in questi giorni?


GLI SPIRITI NON DIMENTICANO
di Vittorio Zucconi


Mondadori
308 pp

Nel ricostruire la vita del capo Cavallo Pazzo, il figlio del tuono e della grandine, che nel 1876 sconfisse il Settimo Cavalleggeri di Custer a Little Bighorn, Vittorio Zucconi ha scoperto molto più di un messia guerriero con una penna di falco rosso tra i capelli: ha incontrato la vita quotidiana, le donne, i bambini, gli amori, i riti e le disperazioni di quello che fu un magnifico popolo di liberi cacciatori: i Lakota Sioux delle Grandi Praterie.

Ne è uscito "Gli spiriti non dimenticano", un racconto struggente e meraviglioso, che nessun "viso pallido" potrà leggere senza un brivido di tenerezza e di vergogna.
E senza cadere alla fine, come l'autore stesso, sotto l'incantesimo di Cavallo Pazzo, lasciandosi trasportare in un'avventura di straordinaria, emozionante intensità.

Non è il solito libro storico scritto solo con date e cronache, ma cerca di fare partecipare il lettore a quello che è stato il periodo di Cavallo Pazzo e della sua guerra con i bianchi. Leggendolo ci si immedesima con Cavallo Pazzo e si riesce quasi a percepire come proprio il suo stato d'animo e la sua triste fine.



SUOR GIOVANNA DELLA CROCE. L'anima semplice
di Matilde Serao



,
Espulsa dal convento di clausura del suor Orsola Benincasa a causa di una legge statale, suor Giovanna, quasi sessantenne, è costretta a reintegrarsi "nel mondo" dopo circa quarant'anni di vita claustrale. 
Semplice e ingenua, sperimenta così povertà e umiliazioni, tra personaggi che vivono di espedienti, egoismi e furberie, nel ventre di una Napoli superbamente sordida, quanto pittoresca e indimenticabile.

martedì 5 novembre 2019

Recensione: LA SCOPERTA DELL'INTELLIGENZA di Elisabetta Cicciola



Un saggio molto interessante che si concentra sulle ricerche di Alfred Binet nell'ambito della psicologia sperimentale e sul percorso scientifico che l'hanno portato ad elaborare il suo fortunato test.



LA SCOPERTA DELL'INTELLIGENZA
Alfred Binet e la storia del primo test
di Elisabetta Cicciola

Fefè Editore
251 pp
15 euro
2019
Studioso eclettico e poliedrico, Alfred Binet  - da tutti riconosciuto quale il “padre” del primo test d’intelligenza - ha saputo incidere profondamente sulla psicologia sperimentale in maniera originale, imponendosi quale rappresentante francese, tra i più fedeli, dello sperimentalismo di laboratorio. 
Ma al centro del suo lavoro non c'è soltanto l'indagine di laboratorio, quanto soprattutto l'intenzione di indirizzare gli studi psicologici verso la necessità di educare i bambini "anormali" e inserirli in un processo di scolarizzazione.

Il presente volume ricostruisce e inserisce l’opera di Binet all'interno del contesto socio-politico francese fra Ottocento e Novecento, dandoci un chiaro ed essenziale quadro del rapporto fra scienza e società, nonché del mandato politico della psicologia scientifica nel periodo della sua fondazione. 

L'Autrice ci espone in maniera chiara e sintetica la formazione intellettuale di Binet, e apprendiamo come egli sia stato attratto da vari campi del sapere:

"Scienziato affermato, ma al contempo emarginato in patria dai suoi contemporanei, Binet mostrò, nella sua breve vita, una fertilità scientifica fuori dal comune. Si occupò ai più alti livelli di fisiologia, scienze naturali, biologia, embriologia, psicologia patologica, psicologia di laboratorio psicologia individuale e di applicazioni psicologiche in ambito pedagogico, criminologico, giudiziario, clinico; fu anche un drammaturgo".

Segue un capitolo sulle sue opere; Binet scrisse testi concernenti la memoria, la psicologia del bambino (compì diversi esperimenti sulle figlie, vòlti proprio a studiare l'intelligenza dai primi mesi di vita all'adolescenza), l'importanza dell'osservazione spontanea e sistematica.

Nella sua breve vita di studioso, Binet ha dovuto far fronte allo scetticismo di molti colleghi contemporanei...

"Binet era un outsider, sottovalutato dai suoi colleghi e considerato principalmente come uno psicologo di laboratorio - né medico né filosofo - e per di più con la creazione di uno strumento "psicologico", aveva definitivamente oltrepassato i territori da sempre colonizzati dai medici e dagli psichiatri".

...e a numerose critiche, come ad es. quelle relative all'accusa di "a-teoreticità", quando in realtà egli cercò sempre di collegare teoria e sperimentazione: 

"L'istruzione teorica è utile quando va a completare l'istruzione pratica".

Per arrivare alla creazione del primo test d'intelligenza, Binet è passato prima per la fondazione di una Psychologie Individuelle, che doveva concentrarsi sullo studio dei processi psicologici caratterizzanti il singolo individuo: individuare i processi psichici superiori (memoria, comprensione, attenzione, immaginazione, ecc...) permette di cogliere le differenze tra individui, tenendo conto anche dell'ambiente sociale.

Grande fu l'interesse del ricercatore per il bambino e infatti, da un certo momento in poi, i soggetti privilegiati delle sue ricerche furono proprio i bambini delle scuole elementari, di cui studiò e misurò le attitudini fisiche, intellettive e morali, giungendo a costruire scale divise per sesso ed età.

Ma prima di arrivare all'elaborazione della Scala metrica d'intelligenza, Binet andò alla ricerca dei "segni" dell'intelligenza nell'organismo fisico (craniometria, cefalometria, fisiognomica); sono gli anni in cui tanti studiosi ricercano una relazione tra misura del cranio e intelligenza, pensiamo a Galton, Broca, e altri che hanno condotto una serie di studi per sostenere con certezza che la craniologia fosse un sistema efficace per classificare la misura dell'intelligenza...

Del famoso test  messo a punto da Simon e Binet nel 1904, seguono due revisioni (1908, 1911), che perfezionano e migliorano di volta in volta la versione successiva.

Lo scopo dei due studiosi era realizzare un metodo di diagnosi differenziale, così di individuare il livello intellettivo dei bambini con insufficienze mentali; questi ultimi, a parere del ricercatore,  andavano inseriti nelle cosiddette "classi di perfezionamento", ma non per emarginarli e isolarli, bensì sempre con l'obiettivo di educarli, per farne soggetti il più possibile autosufficienti, inseriti nella società (professionalmente e socialmente), e mettendo inoltre i bambini "normali" in condizione di imparare ad essere solidali con i compagni in difficoltà.

Purtroppo però, soprattutto in America, il test d’intelligenza di Binet fu usato in modo errato, con un vero e proprio stravolgimento delle finalità per cui lo strumento nacque.
Ricordiamo in particolare i "danni" provocati da chi, come Goddard, sosteneva che la «debolezza mentale» seguisse la legge mendeliana dell’ereditarietà e che fosse causata da un singolo gene recessivo rispetto a quello che regolava l'intelligenza normale; arrivò a dichiarare che, per evitare quindi che i "deboli mentali" facessero figli come loro, si dovesse praticare un severo "controllo delle nascite"...
Nel contesto americano il test fu proposto in chiave innatista, quando invece il suo "fondatore" lo aveva pensato con lo scopo di rilevare le caratteristiche mentali dei bambini così da aiutarli, rieducarli, recuperarli, non stigmatizzarli e indicarli come esseri inferiori.

Il saggio di Elisabetta Cicciola espone in modo chiaro, minuzioso e con un linguaggio che sa essere accessibile pur restando preciso ed essenziale, la vita e le opere di uno studioso che, pur con i suoi limiti umani, ha saputo imporsi nel panorama psicologico internazionale, come uno studioso originale, che ha introdotto una prospettiva psicologica nella questione relativa all'educazione dei soggetti "anormali".
Un libro che ho trovato stimolante, esaustivo sia nella trattazione dell'argomento in oggetto che nell'esposizione del periodo storico, sociale e scientifico di riferimento.

Ringrazio l'Ufficio Stampa della Fefè Editore per l'invio della gradita copia-omaggio e ne consiglio la lattura in particolari a quanti sono appassionati di psicologia.

lunedì 4 novembre 2019

Recensione: TUTTO E' SCRITTO di Simone Ruggerini



In “Tutto è scritto” la vita, le paure e gli amori di un gruppo di ragazzi di Parma si incrociano con una serie di delitti, si intrecciano insieme a nuovi personaggi alla ricerca di risposte su quanto accaduto durante il periodo degli omicidi, in un crescendo di avvenimenti drammatici e paranormali, fino ad arrivare a un movimentato e inaspettato epilogo.


TUTTO E' SCRITTO
di Simone Ruggerini




Viola Editrice
22 euro
“Siamo nel nulla e andiamo verso ciò che è scritto. Siamo nulla, ed esistiamo perché così è scritto".

Francesco, Valentina e Matteo sono tre normalissimi ragazzi che studiano a Parma; si incontrano per la prima volta a una lezione universitaria e tra loro si instaura immediatamente una bella amicizia.

Valentina è una ragazza sensibile, allegra e con una gran voglia di vivere, anche se nel suo passato custodisce il segreto di una bruttissima e dolorosa esperienza: ha subito una violenza sessuale, e questo la rende un po' restia a lasciarsi andare coi ragazzi, anche se verso Matteo - attraente, socievole e simpatico -prova un'attrazione inaspettata e via via più forte...

Del terzetto, Francesco è il più timido ed impacciato (soprattutto col gentil sesso), e quando si rende conto di sentire per Valentina un sentimento che va ben oltre l'amicizia, inizia a isolarsi un po' (conscio di non poter competere con l'amico e "rivale in amore"), tanto più che a casa vive una situazione famigliare difficile: la sua cara mamma sta vivendo un periodo emotivamente instabile, frutto - credono lui e il padre - di una crisi nervosa che la sta spegnendo e intristendo.

In realtà, nel corso della lettura capiremo che la donna è tormentata da percezioni e sensazioni terribili che hanno a che fare con fatti sanguinosi e tragici.
Fatti che, quando incominciano a verificarsi, scuotono tutta la città di Parma.

Un feroce serial killer si sta divertendo ad ammazzare, con barbaro sadismo, alcune povere ragazze, tra cui una amica e coinquilina della stessa Valentina.
L'atmosfera in città si surriscalda: la gente, giustamente, ha paura e alcune persone un po' troppo esagitate, davanti ai fallimenti della polizia, cominciano a formare dei gruppi di "ronde" vòlte ed acciuffare l'assassino, in una sorta di "giustizia fai da te"; a guidarli c'è un losco ed esaltato personaggio, di nome Gianni Cantadori, un soggetto che rivelerà tutta la propria follia e pericolosità e che commetterà azioni orribili spinto dalla assurda convinzione di essere una specie di "messia", di giustiziere divino che deve giudicare questo mondo impazzito e peccatore...

Gli eventi si susseguono concitati, in un ritmo frenetico e molto movimentato e, a un certo momento, sembra di giungere - seppure attraverso avvenimenti carichi di esplosioni di violenza inaudita e di fenomeni che travalicano la realtà e sfociano nel paranormale - a una soluzione del caso, in quanto il serial killer viene individuato e fermato...

Ma quello che potrebbe sembrare un successo è in realtà soltanto l'inizio di un vero e proprio incubo, che vede i tre amici personalmente coinvolti, essendo essi testimoni di fatti inspiegabili e spaventosi, che li turberanno profondamente; in particolare, a risentirne in modo preoccupante è Francesco, che si emargina da tutti fino a maturare dentro di sè pensieri e sentimenti negativi, cattivi, deleteri, anche verso Matteo e Valentina, i quali sono molto preoccupati per lui e desiderano "recuperarlo".

A questo si aggiunge un particolare importante: Francesco e famiglia si trasferiscono in una casa distante dal centro parmense, e l'ingresso in questa dimora, solo apparentemente tranquilla e "normale", darà il via ad un'altra serie di eventi extrasensoriali, che fanno sentire tutto il loro pericolosissimo peso anche su Paolo e Laura, i genitori di Francesco, che sono sempre state due persone mansuete e amorevoli.
È come se tra quelle mura ci fosse qualcosa - una presenza oscura indefinibile, immateriale ma potente - che entra nella mente di chiunque abiti in quella casa, influenzandola in maniera negativa e inducendola a commettere azioni riprovevoli, incidendo sulla personalità e rendendola "impazzita", incline a fare il male, cattiva nei confronti di tutto e tutti.

In quella dimora c'è qualcosa di malefico e oscuro realmente capace di suggestionare le persone che vi si trovano? Di cosa si tratta? Questa maledetta impellenza e urgenza di seminare la morte può essere fermata?

Tutto quindi prende a ruotare attorno a quest'abitazione e ai suoi segreti (essa è in qualche modo legata alla serie di delitti di cui abbiamo parlato prima), agli orrori che essa sembra attirare o forse contenere al suo interno, in uno spazio che non è visibile, ma che appartiene ad un'altra dimensione, chiaramente ultraterrena, occulta.

Altre persone innocenti vengono travolte dalle oscure vicende che si svolgono capitolo dopo capitolo, in special modo il capitano Dotti (un poliziotto ligio al dovere, un uomo buono e onesto), la giornalista Natalia, il suo ragazzo e collaboratore Samuele, e Caterina, la giovane sorella del serial killer.

Nessuno di essi rimane indifferente all’impenetrabile e cupa atmosfera che si respira attorno alla casa di Francesco, il seme della follia si espande e colpisce senza che lo si possa fermare, dando il via ancora una volta a una nuova tragedia.

Valentina, Matteo, Dotti, Caterina, Natalia e Samuele diventano protagonisti di un viaggio all'inferno, si scontreranno con fenomeni ed eventi misteriosi e spaventosi, che neanche nei loro peggiori incubi avrebbero potuto immaginare, fino ad arrivare alla verità, e sarà una verità terrificante, che li metterà in contatto con presenze e forze maligne, che non appartengono a questo mondo e che vogliono far loro del male, staccarli dalla realtà da essi conosciuta per scaraventarli in una dimensione a loro ignota, dove tutto è scritto, dove ogni fatto, persona, parola, emozione, paura, successo... è stato già tragicamente deciso da qualcun altro.

“Non ve ne rendete conto? Non lo sentite? Qualunque sia il finale di questa storia, noi dovremo esserci. Da qualche parte, credo sia scritto così”.

"Tutto è scritto" è un romanzo che parte come un thriller (c'è il serial killer che semina morte e terrore in città) per poi man mano approdare al paranormale, strizzando l'occhio all'horror; è, infatti, ricco di elementi surreali, extrasensoriali, occulti, in cui il Male si fa sentire non solo attraverso rumori sinistri e criptici, voci maligne che sussurrano all'orecchio di menti già di per sé fragili e suggestionabili, ma anche attraverso circostanze, fatti e indefinibili presenze che aggrediscono i vari personaggi coinvolti, fanno loro del male, mettendoli in serio pericolo e scaraventandoli in realtà che di umano e razionale non hanno nulla, popolate da esseri mostruosi, viscidi, suoni assordanti e raccapriccianti, esseri umani che impazziscono e diventano marionette senza anima nelle mani di questa essenza malvagia che sta causando un tale putiferio nella pacifica Parma e nelle esistenze di un gruppo di persone innocenti.

Ogni confine - tra razionale e irrazionale, tra incubo e realtà, tra vita e morte, tra follia e lucidità - viene puntualmente cancellato, e il lettore si ritrova anch'egli in balia di eventi sovrannaturali che si susseguono velocemente, senza che si capisca cosa ci sia dietro a una tale scarica di malvagità che si è espansa di punto in bianco causando dolore, sangue, morte, pazzia.
Fino a quando, verso la fine del romanzo, c'è il colpo di scena col quale l'Autore ci chiarisce, appunto, "l'origine del male": e se tutto quello che sta succedendo fosse provocato da un burattinaio perfido che muove i fili delle proprie ignare creature, decidendo il loro destino? E chi potrebbe essere questo infido manipolatore?
L'Autore mescola realtà e irrealtà, la finzione (nella finzione) con il vero, e il lettore inevitabilmente arriva all'ultima pagina con la curiosità di capire quale sorte - tragica? lieta?- toccherà ai poveri protagonisti della storia.

Pur essendo abbastanza corposo, il ritmo scattante e l'abbondanza di dialoghi facilitano lo scorrere della lettura, anche se forse la stessa potrebbe risentire dei tanti e repentini cambi di scena, che a mio avviso (e gusto personale) possono disorientare un po', e soprattutto verso la fine accadono davvero molte cose tutte insieme; personalmente ho trovato a volte eccessivo l'uso d certi elementi tipici del genere horror ("cose" raccapriccianti, viscide, insetti orribili, creature mostruose, pareti che si richiudono su se stesse, oggetti dai poteri funesti...); nel complesso, però, il romanzo risulta gradevole e credo che possa piacere in particolare a quanti amano quel genere di storie in cui il lettore viene fagocitato, insieme ai personaggi, in un grande incubo dove le paure più ancestrali vengono fuori.



domenica 3 novembre 2019

Bilancio di letture del mese di ottobre 2019



Libri letti nel mese di ottobre!




  • TUTTI GIÙ PER ARIA di R. Postorino. Un'avventura che insegna alla giovanissima protagonista, e ricorda al lettore, che essere diversi non è un ostacolo, bensì una ricchezza da condividere con gli altri.
  • LE DEE DEL MIELE di Emma Fenuun piccolo ma ipnotico romanzo che racconta la storia di alcune donne le cui esistenze sono strettamente intrecciate tra loro; a fare da cornice a questi pezzi di vita tutta al femminile, che si snoda attraverso tutto il Novecento, è una affascinante Sardegna intrisa di mito e memoria.
  • FEDERICO di F. Anselmo. È uno di quei libri per i quali vorresti non ci fosse mai stata la necessità di doverlo scrivere. Perché pensare che i fatti narrati siano successi realmente, e cioè che un ragazzo di soli 18 anni, con tutta la vita davanti, sia morto per mano di un gruppo di persone che, per professione (e, vorrei poter aggiungere, per vocazione) sono chiamati a proteggere e a garantire la sicurezza dei cittadini (e dei più deboli in seno alla società), è qualcosa che fa accapponare la pelle, che provoca inevitabilmente dolore e rabbia. Tanta rabbia.
  • "Psicologia del malato oncologico. Non muore il desiderio" di Gabriella Gagliardi. Un trattato che, nella sua brevità e immediatezza di linguaggio, si sofferma con sensibilità sulle conseguenze psicologiche che vivono coloro ai quali viene diagnosticato un tumore.
  • L'ESTATE DELL'INCANTO di Francesco Carofiglio. Il ricordo di un'estate indimenticabile nasconde in sé il potere di riscaldare il presente, di rendere i giorni vissuti meno freddi e grigi perché, fino a quando la memoria resiste, non saremo mai del tutto soli.
  • LA GRANDE CASA BIANCA di Maurizio Gramolini. Il romanzo, ambientato sostanzialmente ai giorni nostri, racconta di un luogo leggendario, in Toscana, la cui storia affonda le proprie origini nell'epoca etrusca e ha a che fare con il passaggio tra questo mondo e l'aldilà.
  • LA REGINA DELLE GREGGI di Thomas Savage. Storia di una famiglia americana che ruota attorno a un personaggio femminile tutto d'un pezzo, dalla personalità granitica: la "regina delle greggi", Emma Russell Sweringen, mamma di un figliolo amatissimo morto precocemente, di una figlia che l'ha delusa, nonna di un nipote che l'adorava. 
  • LE CONCUBINE DEL PIANETA GOMORO di Lidia Calvano. In un'epoca futura, su un pianeta in cui ormai la specie umana si sta estinguendo a vantaggio di esseri umanoidi inclini a guerre e violenze, una donna innamorata spera ancora in una vita e in un mondo diverso, in cui potrà essere libera e non più schiava dei capricci dei suoi padroni.Potrà l'amore per un umanoide salvarla?
  • SABOTAGGIO di Alessio Piras: un breve racconto noir con un protagonista solitario, malinconico, intuitivo, testardo, che ama il proprio lavoro, onesto, alle prese con un caso più complesso di ciò che sembra.
  • OTTO PAROLE di Marco La Piana: un breve ma intenso scritto del catanese Marco La Piana, che tra queste pagine ci racconta i frammenti di una storia intima e schietta, scavando nel profondo di se stesso e offrendo al lettore numerosi spunti per guardarsi dentro e riscoprire la complessità e il significato più genuino di parole importanti, utili per dare slancio e vigore alla propria esistenza.
  • THE CHAIN di Adrian McKinty. Può una persona comune, che mai ha commesso delitti e atrocità né si sognerebbe di commetterne, trasformarsi in un mostro quando le viene toccato ciò che di più caro ha al mondo?


Sul podio di ottobre vanno di certo il libro-inchiesta dell'avv. Anselmo, che espone con meticolosità e cuore il caso giudiziario di FEDERICO Aldrovandi e L'ESTATE DELL'INCANTO di Carofiglio per aver costituito una sorta di coccola letteraria molto gradita; purtroppo - cosa che faccio raramente - menziono anche due semi delusioni: "La regina delle greggi", per non avermi minimamente coinvolto, e "The Chain" per aver disatteso le aspettative.


Attualmente ho in lettura:

  • GLI SPIRITI NON DIMENTICANO. Il mistero di Cavallo Pazzo e la tragedia dei Sioux, di Vittorio Zucconi, che racconta di un popolo, i Lakota Sioux delle Grandi Praterie americane, e del loro ultimo intrepido eroe, il capo Cavallo Pazzo, il vincitore di Custer.
  • PURCHE' SIA AMORE di Barbara Nalin e  ARRIVO' I PRIMI DI GENNAIO di Livin Dereve, entrambi romance contemporaneo.
  • il saggio di psicologia LA SCOPERTA DELL'INTELLIGENZA di Elisabetta Cicciola, che esamina l'opera di Alfred Binet, ufficialmente riconosciuto quale il "padre" del primo test d'intelligenza.


sabato 2 novembre 2019

Recensione: FEDERICO di Fabio Anselmo



È uno di quei libri per i quali vorresti non ci fosse mai stata la necessità di doverlo scrivere.
Perché pensare che i fatti narrati siano successi realmente, e cioè che un ragazzo di soli 18 anni, con tutta la vita davanti, sia morto per mano di un gruppo di persone che, per professione (e, vorrei poter aggiungere, per vocazione) è chiamato a proteggere e a garantire la sicurezza dei cittadini (e, ancor più, dei più deboli in seno alla società), è qualcosa che fa accapponare la pelle, che provoca inevitabilmente dolore e rabbia. Tanta rabbia.


FEDERICO
di Fabio Anselmo




Fandango Libri
281 pp
18 euro
Febbraio 2019
Fabio Anselmo è un avvocato di Ferrara, titolare di un piccolo studio di provincia specializzato in casi di malasanità.
Il 26 settembre 2005 riceve nel proprio studio la visita di una coppia di genitori, Lino Aldrovandi e sua moglie Patrizia Moretti.
Sono lì per il loro figlio maggiore, Federico, un ragazzo di 18 anni morto la mattina del giorno prima, in seguito - è stato loro comunicato brevemente - ad un malore.
Pare che il ragazzo facesse uso di droga, e che l'abuso di sostanze lo abbia portato alla morte.
Ma Lino e Patrizia non ci credono: a loro non risulta che Federico facesse uso di stupefacenti, e poi si capisce da subito che attorno a quelle ore concitate che hanno condotto al decesso del giovane, ci sia molto, moltissimo, da chiarire.

Ed infatti, sarà proprio così.

"Federico Aldrovandi era morto ammanettato con le braccia dietro la schiena, prono sull'asfalto, intorno erano ben visibili numerose macchie di sangue. E il suo corpo era violentato da ben 54 lesioni, sia pure superficiali e non gravi. Una allo scroto che era stato descritto come completamente tumefatto."

Federico, un giovane studente ferrarese, muore di asfissia posturale in seguito ai colpi ricevuti durante un fermo di polizia.
Gli agenti coinvolti, ovviamente, hanno la propria versione dei fatti e non sono disposti a prendersi la benché minima colpa della morte del diciottenne, ma nel corso di queste pagine leggiamo come la verità, seppur faticosamente e non senza tanti ostacoli da superare, verrà a galla.
E questo grazie alla tenacia e alla dignità di due genitori che soffrono per la morte del loro ragazzo e che non accettano che la sua memoria venga infangata attraverso una ricostruzione falsa, e alla caparbietà e alla grande professionalità dell'avvocato Anselmo, che condivide con i suoi lettori l'iter di uno dei più importanti casi giudiziari degli ultimi anni, che ha sconvolto l'opinione pubblica nazionale.

Il racconto in prima persona da parte dell'avvocato della famiglia Aldrovandi, è preciso e razionale ma anche appassionato, perché Anselmo prende a cuore il "caso Aldro", sente su di sé tutta la rabbia di una tale inenarrabile ingiustizia, comprende il dolore dei poveri genitori di Federico e sa di dover lottare assieme a loro perché vengano fuori tutti i responsabili, e soprattutto ci si aspetta che essi paghino.

L'avvocato, in queste pagine, accenna a una vicenda personale, che tempo prima aveva colpito la propria famiglia, in cui l'allora moglie aveva rischiato la morte a causa di un'infezione contratta in ospedale in occasione della nascita del secondo figlio, fatto che diede il via ad un caso giudiziario di  malasanità che lui aveva affrontato con la grinta e la sete di giustizia che lo hanno motivato non soltanto nell'omicidio di Federico, ma anche in tutte le successive vicende giudiziarie che hanno avuto una certa eco da parte dei media, e che hanno visto coinvolti poliziotti, carabinieri, medici - come nei casi Cucchi, Magherini, Narducci, Budroni, Uva, Davide Bifolco.

Quello di Federico è un caso difficile da dimenticare, ma leggere tutto quello che c'è dietro - le indagini, la ricerca dei testimoni che quella mattina hanno visto e udito ciò che successe in via Ippodromo, i tentativi di depistaggio perché emergesse una "verità" ben diversa da quello che realmente era accaduto e che aveva posto fine all'esistenza di Federico, le perizie, le arringhe -, non solo dal punto di vista dell'iter giudiziario, ma ancor più in termini emotivi - le paure e i fallimenti dell''avv. Anselmo, non solo in quanto legale della famiglia Aldrovandi, ma ancor prima come uomo -, fa sì che si guardi a questa terribile vicenda non più come a qualcosa di distante, di cui abbiamo sentito notizie qua e là nei tg, ma come al dramma di una famiglia come tante, che potrebbero essere i nostri vicini di casa, nostri parenti..., noi stessi. 
La storia di Federico ci riguarda, ci tocca profondamente e da vicino.

Durante la lettura inevitabilmente ho provato tante emozioni contrastanti: dolore e rabbia per Federico in primis, per il triste ed ingiusto destino cui è andato incontro quella maledetta mattina del 25 settembre 2005, quando per sua sfortuna è finito nella mani di quattro agenti di polizia, che sette anni dopo verranno condannati "per eccesso colposo in uso legittimo delle armi" (!!!!).

"Quel che non mi da pace è il pensiero del terrore e del dolore che ha vissuto Federico nei suoi ultimi minuti di vita. Non ha mai fatto male a nessuno. Credeva nell’amicizia che dava a piene mani. Era un semplice ragazzo come tanti. Come tutti i ragazzi di quell’età si credeva grande ma dentro non lo era ancora. Aveva tutte le possibilità di una vita davanti, e una gran voglia di viverla…"

Queste che ho trascritto sono le parole di Patrizia Moretti.
Mi sono sentita... male... al pensiero dei genitori di Federico, Lino e Patrizia, per la tragedia immane che li ha travolti, e che essi hanno affrontato a testa alta, con dignità, senza alzare la voce eppure mantenendosi fermi nel voler giustamente difendere la memoria del loro ragazzo, che si voleva far passare per un mezzo tossico che, quella mattina, si trovava in uno stato di alterazione psicofisica, quando invece no, non è andata così, e mamma Patrizia è la prima a chiedere verità e giustizia, facendo sentire la propria voce attraverso le pagine del suo blog, in cui raccontò la storia del figlio in un post scritto nel gennaio 2006.

È inevitabile solidarizzare con una mamma che chiede legittimamente che si faccia luce su fatti così assurdi e drammatici.

Ci si indigna profondamente nel rendersi conto di come si sia cercato in tutti i modi di scagionare la polizia, attribuendo a Federico e alla sua assunzione di droghe le cause della morte..., pur di non vedere in faccia la realtà e ammettere che invece il ragazzo fosse morto in seguito ad asfissia posturale, provocata dalla ‘compressione toracica’ cui fu sottoposto dagli stessi agenti.

Non si tratta di demonizzare le forze dell'ordine, quanto di pretendere che venga fatta giustizia, e l'autore riporta a tal proposito una significativa dichiarazione della stessa mamma di Federico:

"Le forza di Polizia sono un patrimonio preziosissimo delle comunità e meritano assoluto ed incondizionato rispetto. Chi mette in dubbio ciò in nome di mio figlio, sappia che manca di rispetto alla sua memoria. Ciò però non significa che qualcuno non possa aver sbagliato quella maledetta notte. Ciò però non esime quegli agenti interessati, il questore e tutti gli altri dall'obbligo della verità."

Non si può non apprezzare la serietà e la professionalità dell'avv. Anselmo, la sua passione per una professione che spesso pone davanti a casi giudiziari ed umani tutt'altro che semplici, ma che anzi mettono alla prova sotto tanti punti di vista, e questi tratti emergono in modo palese in questo libro-documento, scorrevole come un romanzo ma che tale non è: è purtroppo una storia vera, tristemente e maledettamente vera, che ripercorriamo con partecipazione, lasciandoci coinvolgere emotivamente attraverso l'analisi lucida e intensa che l'autore ha scritto nero su bianco in queste pagine.
Da leggere.



venerdì 1 novembre 2019

Recensione: TUTTI GIÙ PER ARIA di Rosella Postorino



Un'avventura che insegna alla giovanissima protagonista, e ricorda al lettore, che essere diversi non è un ostacolo, bensì una ricchezza da condividere con gli altri.


TUTTI GIÙ PER ARIA
di Rosella Postorino


Salani Ed.
ill. A. Cimatoribus
139 pp
14.90 euro
Età di lettura: da 8 anni
Tina ha otto anni ed è una bambina che difficilmente si unisce ai giochi con i compagni di scuola, e questo non perché sia scontrosa o ami stare da sola, quanto per la paura di sbagliare e di essere presa in giro per questo.

Sì, perché Tina di solito fa solo le cose che sa fare bene ("e quello che non sapeva fare preferiva non farlo"), proprio perché ha sempre paura di combinarne una delle sue, mostrando a tutti di essere buffa ed impacciata; non per nulla gli altri bambini la chiamano "perfettina" e non la trovano molto divertente: del resto, la perfezione non ha mai fatto ridere nessuno! 

Un pomeriggio, però, decide di fare qualcosa che solitamente evita come la peste: giocare a pallavolo con i compagni!
Lei sa di essere una schiappa in questo gioco, di non riuscire nemmeno a fare una battuta come si deve, e lo sanno anche gli amichetti, che infatti non la inseriscono mai nella squadra.
Ma quel giorno evidentemente c'è bisogno di lei, e così, quando batte la palla... tira troppo forte ed essa va a finire dritta dritta nel fiume!

Tina, sconsolata e sentendosi in colpa, si offre per andare a riprenderla, precipitando insospettabilmente giù da una cascata.
Da questo momento ha inizio la sua incredibile avventura!
A  recuperarla dal fiume è una strana signora, Gianna Baloon, che non è una donna qualsiasi: è un’enorme signora-mongolfera, che ama chiacchierare senza sosta e che la conduce in volo fino a uno strano paese: il Paese degli Scarti, dove la piccola "perfettina" incontra vari e bizzarri personaggi, che non immaginava esistessero.

C'è fermento in paese in vista della Fiera degli Scarti e per l'annuale Caccia al Tesoro e anche Tina viene coinvolta nell'atmosfera festosa e un po' matta che si respira.

C'è Giangi, il parrucchiere dei bambini, che sostiene convintamente i benefici del fare lo shampoo e un bel taglio originale: 

"Puoi farci mille con la testa, è vero (...). Ma solo quando ti accarezza qualcuno ti sembra di capire perché hai un corpo e una testa. Capisci che l'unico motivo per il quale hai una testa sulle spalle è di darla in mano a uno che la accarezzi, come succede durante la shampoo. Al di là delle cose che i bambini impareranno crescendo, delle preoccupazioni che avranno per la testa, da adulti, voglio che ciascuno di loro sappia che la testa serve prima di tutto per essere coccolata".  

C'è Brezzolino, che ha giusto qualche problemino di flatulenza (cosa che lo rende simpatico e fa ridere tutti a crepapelle), e poi ci sono altri bambini come lei, con i quali, per la prima volta in vita sua, Tina "farà squadra" per risolvere gli strambi enigmi della caccia al tesoro; forse nel Paese degli Scarti

"...non si stabilivano mai le squadre a priori, ma si formavano spontaneamente, così nessuno poteva rimanere escluso".

È davvero un paese buffo, con abitanti veramente curiosi, e ognuno con caratteristiche particolari, che li differenziano dagli altri e li rendono unici e speciali, che si tratti del sindaco eccessivamente timido, o della musicista con due mega orecchie che le permettono di captare la voce delle stelle, o di due sorelle legatissime tra loro che quando si arrabbiano... meglio non intromettersi...!
Insomma, tra filastrocche e indovinelli, Tina partecipa ad una caccia al tesoro indimenticabile, e anche se non dovesse esserci un vero e proprio vincitore,  ciò che conta per Tina sarà aver fatto un'esperienza favolosa, alla fine della quale si ritroverà finalmente a ridere di gusto, e a ridere - perché no? - anche di se stessa, dei propri difetti e della propria meravigliosa imperfezione: 

"E per la prima volta essere buffa, anziché perfetta, non le fece sudare le mani. Tutt'altro: la rese felice. Nessuno aveva mai riso grazie a lei. e forse lei non aveva mai imparato a ridere assieme agli altri, soprattutto di se stessa".

Un racconto che ci ricorda come le imperfezioni, le debolezze, le insicurezze, facciano parte di ciascuno di noi, ci rendano esseri irripetibili nella nostra individualità, e solo accettando ciò che siamo come qualcosa di cui non c'è da vergognarsi, possiamo riuscire a vincere le nostre paure, a rendere le nostre diversità dei punti di forza, rispettando anche quelle altrui.
Tina è una bambina insicura, che teme di far brutte figure e per questo preferisce non "rischiare" nel fare qualcosa davanti agli altri, ma l'esperienza che vivrà le insegnerà, tra le altre cose, a prendersi con più leggerezza e un pizzico di sana autoironia, che non guasta mai (anzi, dovremmo esercitarla maggiormente, tanto più col passare degli anni!).

Attraverso un linguaggio semplice, adatto a tutti (a partire da lettori giovanissimi), un paese immaginario spassoso e allegro, dei personaggi simpatici ed eccentrici, una protagonista nella quale viene spontaneo immedesimarsi (in special modo se si è suoi coetanei o giù di lì), e delle bellissime illustrazioni ad arricchire e vivacizzare il racconto, Rosella Postorino ha scritto una storia per ragazzi deliziosa, piacevolissima, che al centro pone la bellezza dell'essere diversi, imperfetti, ma ognuno con le proprie peculiarità è assolutamente speciale.

Ringrazio Salani Editore per la graditissima copia-omaggio e vi invito sia a leggere questo libro che a consigliarlo soprattutto a lettori molto giovani!
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