sabato 14 marzo 2020

Cover Reveal: OMBRE - "Oltre la paura" di Catherine BC






Buongiorno lettori!

Oggi vi presento in anteprima un romance storico dell'autrice Catherine BC.


OMBRE - Oltre la paura


EDITORE: Self Publishing
€ 2,20 (e-book)
€ 12,00 (cart.)
DATA PUBBLICAZIONE: 
21 Marzo 2020
All’alba di un’epoca buia, oltre le lunghe ombre che la guerra allunga fino al piccolo borgo di Castelvetro, Emma e Giulio vivono una storia d’amore dolce e forte, colma di vita e profumata di giovinezza. 
Un sentimento potente contrastato fin da subito dalla madre di lei e dal destino. 
Si trovano così a dover fronteggiare le maldicenze di paese, le convenzioni religiose, le chiamate al fronte e l’invasione tedesca. 
Tutto il dolore sordo causato dalle amenità umane viene vinto dalla forza di ciò che li lega, dalla fiducia assoluta che pongono uno nell’altra, dalla volontà di appartenersi nonostante il fatale
epilogo cui tutto il loro mondo sembra essere destinato. 
La loro storia è quella di un’intera generazione temprata nel fuoco.








L'autrice. 
Catherine BC nasce e vive in provincia di Verona. Scrive per passione fin dall’adolescenza. Ha partecipato a contest e concorsi organizzati da riviste e siti letterari.


Pubblicazioni:

• Sapore proibito (Forbidden Trilogy 1), agosto 2013, Self Publishing
• Boule-de-neige, in Natale e dintorni, dicembre 2013, Alcheringa Edzioni
• Un nuovo inizio, in Halloween’s Novels, dicembre 2013, Le passioni di Brully (a cura di), Amazon
• La sindrome di Stendhal, gennaio 2014, Self Publishing
• L’amore sa di tappo, in 10 motivi per cui essere bassi è più sexy, dicembre 2014, Butterfly Edizioni
• Samhain, la soglia, dicembre 2014, Delos Digital
• Pietre leggendarie, in Italia. Terra d’amori, arte e sapori, maggio 2015, EWWA
• Ricatto proibito (Forbidden Trilogy 2), agosto 2015, Self Publishing
• La più dolce tentazione, ottobre 2015, Collana Youfeel, Rizzoli
• Riemergere dal passato, in Racconti dal Veneto, settembre 2016, Historica Edizioni
• Scars-Frammenti di noi (con Emma Altieri), ottobre 2017, Self Publishing
• Inganno proibito (Forbidden Trilolgy 3), gennaio 2018, Self Publishing
• Changing, febbraio 2018, Self Publishing
• A marriage case, settembre 2018, Self Publishing
• Finalista nella prima edizione del premio letterario Insolito Forese con il racconto L’estraneo
• Lovin’ Xmas, (con Emma Altieri), dicembre 2018, Self Publishing
• Spicy, aprile 2019, Self Publishing
• Wounds-American scars, giugno 2019, Self Publishing
• Forbidden Trilogy, settembre 2019, Self Publishing
• Ombre-Oltre la paura, marzo 2020, Self Publishing

venerdì 13 marzo 2020

Pillole di... narrazione, empatia, simedonia



Il racconto è una narrazione che possiede dettagli che attengono all'universo soggettivo più profondo e  agisce sul fronte delle sensazioni.

Perché sin da piccoli ci affascinano le storie che ci vengono narrate?

Perchè cerchiamo nelle storie un significato, cominciamo a fare riflessioni con la nostra vita personale e scopriamo significati che sono collegati ai nostri.

Ogni volta che gli sarà possibile, il bambino proverà a rielaborare quanto vissuto creando un
racconto, narrato o scritto, al quale aggiungerà significati legati ai propri vissuti emozionali personali.
elaborerà così una propria strategia cognitiva e narrativa, per superare difficoltà quotidiane,  DISAGI EMOTIVI, e imparare a conoscersi, autostimarsi, costruire il proprio sé.
Quando si narrano e si esprimo emozioni, ci si educa anche ad esprimerle in maniera adeguata.

Lo psicologo Bruner si è dedicato al concetto di PENSIERO NARRATIVO, che è una modalità di organizzazione dell'esperienza e legato alle norme sociali e alla cultura.
La narratività è trasversale, è un modo di pensare che attraversa tutti gli emisferi cerebrali; si basa su valori, credenze, coinvolge le parti più umane, le relazioni sociali.
Il pensiero narrativo ci fa entrare in rapporto con l'altro; con le narrazioni i bambini imparano diversi concetti, ad es. la sequenzialità, l'intenzionalità, i ruoli sociali e la sospensione del giudizio, che è un aspetto importante, in grado di favorire l'empatia, l'apertura verso l'altro, diverso da me.


EMPATIA

s. f. dal gr. emp{átheia} ‘passione’, comp. di en ‘in’ e p{áthos} ‘affetto’,
traduce il  ted. Einfühlung.

In psicologia, in generale, è la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente
 senza ricorso alla comunicazione verbale. 

Più in partic., il termine indica quei fenomeni di partecipazione intima e di immedesimazione attraverso i quali si realizzerebbe la comprensione estetica.


Solitamente, quando si parla di empatia, è facile associarla a qualcosa di "negativo"; mi spiego: le ricerche sull'empatia nelle scienze sociali e comportamentali si sono maggiormente concentrate sulla condivisione empatica del dolore (empathic sorrow), intesa come uno stato emotivo negativo tendente ad alleviare le disgrazie altrui (Royzman & Rozin, 2006) o come capacità di capire la sofferenza delle altre persone.

Un recente studio condotto da Pittinsky e R. M. Montoya*  ha invece studiato la variante positiva dell'empatia, la gioia empatica (empathic joy). nel contesto delle relazioni tra gruppi.
 
Alla ricerca hanno partecipato 1.216 insegnanti per indagare se i loro atteggiamenti di'empatia verso i propri gli studenti, in particolare di quelli appartenenti a minoranze etniche, influenzassero il loro stile di insegnamento e l'apprendimento degli studenti stessi.

Coerentemente con le aspettative, si è scoperto che l'esperienza di gioia empatica da parte degli insegnanti comportava migliori risultati da parte degli studenti nonché una maggiore allophilia (atteggiamento positivo nei confronti dei membri di un gruppo esterno al proprio, soprattutto dal punto di vista etnico) verso gli studenti stessi.

I ricercatori summenzionati hanno introdotto anche un'altra parola accanto a empatia: simedonia.

Di che si tratta?

E' l’esperienza di chi gioisce per la Felicità altrui. 
Il “prendersi cura” degli altri, produce “imitazione somatica”(una sorta di “contagio emotivo” che porta alla “sincronizzazione emotiva”) e fa sviluppare nei soggetti che la attuano, competenze sociali, emotive, cognitive complesse.



Fonti:

Webinar Pedagogia narrativa e soft skills.
*Empathic Joy in Positive Intergroup Relations, Psychology Faculty Publications, n. 29, 2016

giovedì 12 marzo 2020

Segnalazione: "Memories – Chi ama non dimentica" di Antonella Carullo



Carissimi, oggi vi presento "Memories - Chi ama non dimentica", di Antonella Carullo, autrice napoletana figlia dello scrittore e poeta Giuseppe Carullo; è un romanzo ambientato Napoli, nel 2047. La città partenopea è sempre sullo sfondo e, come una madre, accompagna i personaggi della storia, li vede sbagliare, autodistruggersi e poi ritornare sulla propria strada. I protagonisti sono tre uomini, con tre storie speciali, d’inganni, bugie, tradimenti, camorra e morte.
Ma anche d’amore oltre ogni limite e di profonda fede.



Memories – Chi ama non dimentica
di Antonella Carullo

Porto Seguro Editore
Pagine: 336
Prezzo: 16,90 €


A trent’anni Antonella Caruso eredita un misterioso manoscritto fattole arrivare da un bisnonno mai conosciuto, Don Peppino Caruso, detto “Il Cavaliere”, che destina a lei – e a lei soltanto – un romanzo anonimo dal titolo emblematico: Chi ama non dimentica. 
Gli impensabili segreti di una famiglia frammentata sono, forse, nascosti all’interno di quelle pagine e, dunque, non le rimane altro che iniziare a sfogliarle…
Una storia nella storia fatta di calcio, inganni, tradimenti, camorra, morte e, soprattutto amore. 
Amore e fede oltre ogni limite, in un crescendo di colpi di scena che vi lascerà senza fiato.

Estratto:
Per un attimo i loro occhi, gli occhioni blu di Cardillo e quelli verdi di Serena, s’incontrarono e gli sembrò di tornare indietro nel tempo. A quando si guardavano turbati, scambiandosi oc­chiate furtive, giù nel cortile della scuola. Ma fu un attimo. Lo squallore della piazza di spaccio lo riportò a quel drammatico presente.
L’autrice.
Antonietta Carullo, da sempre chiamata Antonella, è nata a Napoli il 13 novembre 1963; attualmente è in servizio all’Agenzia delle Dogane e Monopoli. Ultima figlia di Giuseppe Carullo – poeta, scrittore, giornalista, autore di canzoni e riviste per l’avanspettacolo – ha pubblicato due raccolte di poesie paterne: Le stagioni del poeta (2015) e Nustalgia (2019). Esordisce come scrittrice nel 2016 vincendo, per la narrativa, il Premio Città di Napoli – Memorial Libero Bovio.

Sito web e blog: https://antonellacarullo.blogspot.com/
Facebook: https://www.facebook.com/carulloanto
Instagram: https://www.instagram.com/antonella.carullo/

mercoledì 11 marzo 2020

L'11 marzo 1818 fu pubblicato per la prima volta "Frankenstein" di Mary Shelley



Mary Wollstonecraft Godwin (1797-1851) era la figlia di Mary Wollstonecraft, una delle prime femministe a battersi per i diritti delle donne nella società inglese (e autrice del libro A Vindication of the Rights of Woman in cui chiedeva che alle donne fosse data la possibilità di un'istruzione equa perchè potessero avere un proprio ruolo nella società), e del filosofo William Godwin.
Non è difficile immaginare come l'essere cresciuta in una famiglia di intellettuali che non avevano paura di denunciare i limiti della società del loro tempo, possa averla positivamente influenzata a scrivere Frankenstein in un momento in cui le donne venivano giudicate male per aver scritto sui lati più oscuri della vita.

Tutti la conosciamo in quanto autrice di uno dei più classici tra i romanzi horror - Frankenstein - che
in effetti ha fatto di lei un'icona del genere gotico. 
La Shelley ha scritto degli orrori del genere umano, sullo sfondo delle più povere ambientazioni e lei stessa visse una vita piena di mistero e tragedia.

Il libro che l'ha resa celebre in tutto il mondo è stato scritto all'età di soli 18 anni e pubblicato l'11 marzo del 1818, quando lei nei aveva solo 21.

Quando uscì per la prima volta, le prime recensioni non furono proprio positive, e ci fu chi affermò che quest'opera non trasmettesse nessuna lezione di buona condotta o di moralità, che non era in grado di divertire nessuno, a meno che non si avessero gusti deplorevoli...

Frankenstein è nato in seguito ad una sfida a scrivere una storia di fantasmi: accadde durante l'estate del 1816, i coniugi Percey e Mary Shelley  erano in viaggio e si fermarono a Ginevra, dove si imbatterono in Lord Bryon, che all'epoca stava viaggiando con John Polidori, il suo medico. Secondo la British Library, a causa di lunghe giornate piovose, trascorsero insieme molte giornate chiusi in casa, a discutere di filosofia e se fosse possibile ricreare la vita da una materia morta.
Finché un giorno, Lord Bryon suggerì che tutti scrivessero paurose storie di fantasmi da condividere tra loro. e Mary Shelley si impegnò a pensare ad una storia che parlasse delle misteriose paure della nostra natura umana e risvegliasse un orrore elettrizzante, di quelli che fanno temere al lettore di guardarsi attorno, che fanno gelare il sangue e accelerare i battiti del cuore.

Ad ispirarla è stato un incubo, del resto, bloccata in casa (non si sa mai che da questo #iorestoacasa possano nascere opere d'arte pure ai nostri giorni eh ^_-), con nient'altro da fare se non leggere poesie e meditare nella loro villa estiva, Mary Shelley ebbe un brutto incubo durante una notte nel quale sognò quello che sarebbe diventato Victor Frankenstein.
Al risveglio, Mary Shelley si sentì in dovere di scrivere di più su questa storia dicendo ai suoi lettori: “L'ho trovata! Ciò che mi terrorizza terrorizzerà anche gli altri" e fu così che si affrettò a descrivere lo spettro che l'aveva tormentata.

Frankenstein può essere annoverato anche tra le opere di fantascienza, in quanto è incentrato su uno scienziato che crea una nuova vita attraverso l'uso del galvanismo.

Inizialmente l'Autrice pubblicò l'opera in forma anonima, per questa ragione in diversi avevano iniziato a chiedersi se dietro non ci fosse Percy Shelley, il quale ne aveva scritto l'introduzione.
Fu con la ripubblicazione del 1823 che il romanzo fu attribuito a Mary.

Uno dei fatti più macabri che riguardano la mamma di Frankenstein è che, quando suo marito morì prematuramente (annegò durante un viaggio in nave)  nel 1822, il suo corpo fu cremato, ma la moglie tenne con sè il cuore e lo fece calcificare.

La Shelley ha scritto altre opere letterarie durante la sua carriera: nel 1823 Mary Shelley pubblicò Valperga, un romanzo di narrativa storica in cui il protagonista Castruccio Castracani, che amò appassionatamente la contessa Eutanasia (tanto per restare in allegria). Nel corso della storia, Castruccio chiede a Eutanasia di scegliere tra il suo amore per lui e il suo amore per la sua terra, Valperga.

Ha anche scritto The Last Man nel 1826, un romanzo fantascientifico-apocalittico in cui si immagina un mondo condannato da una pestilenza in grado di spazzare la popolazione: anche in questo caso i critici dissero che la scrittrice possedeva un'immaginazione malata.
Un altro romanzo fu Lodore nel 1835, un romanzo incentrato sui ruoli delle donne nella società e nelle famiglie. 

martedì 10 marzo 2020

Recensione: IL GIORNO DELLA CIVETTA di Leonardo Sciascia



Scritto nell'estate del 1960, quando il Governo di quegli anni non solo nutriva poco interesse vero il fenomeno mafia, ma si affannava a negarlo (fatto reso ancor più incredibile se pensiamo che solo tre anni dopo sarebbe entrata in funzione una commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia), questo celebre racconto di Sciascia è una denuncia civile e disincantata di questo infido male costituito dalle organizzazioni mafiose nonché dalla corruzione dei più alti apparati dello Stato.


IL GIORNO DELLA CIVETTA
di Leonardo Sciascia



Adelphi Ed.
 138 pp
Non si perde in chiacchiere, Sciascia: il libro si apre, infatti, con l'omicidio di un uomo mentre questi sta per salire su un autobus; pochi secondi e il tizio si affloscia su stesso, senza vita, sotto gli occhi di panellaro, autista, bigliettaio e passeggeri; questi ultimi restano ammutoliti e impassibili con le loro "facce di ciechi"..., ciechi ma non stupidi, visto che uno ad uno se la squagliano dal luogo del delitto prima che le forze dell'ordine li blocchino per interrogarli.
Autista e bigliettaio sono gli unici che restano e che, all'arrivo del maresciallo, devono rispondere alle domande, ma essi giurano di non ricordare neppure il nome di un solo viaggiatore; il panellaro - altro testimone - scende dal pero e si mostra meravigliato nell'apprendere che è stato ucciso qualcuno !!).

A seguire le indagini sull'omicidio - la vittima si chiama Salvatore Colasberna - è il capitano Bellodi, di origine emiliana.

I siciliani del paesino in cui il forestiero lavora già l'hanno inquadrato:

"Questo qui, caro amico, è uno che vede mafia da ogni parte: uno di quei settentrionali con la testa piena di pregiudizi, che appena scendono dalla nave-traghetto cominciano a veder mafia dovunque".

Eh sì perché Bellodi ce la vede eccome la mafia dietro l'omicidio di Colasberna, presidente di una piccola cooperativa edilizia e ammazzato probabilmente per questioni legate agli appalti (in mano alla mafia).

Per scoprire chi ha ucciso Colasberna, Bellodi comincia ad interrogare gente: i famigliari del pover'uomo, tanto per iniziare, ma si scontra con la reticenza degli stessi; altra testimone ascoltata è la vedova di un certo Nicolosi, un potatore scomparso proprio dal giorno dell'omicidio... Forse il disgraziato aveva visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere?

Inoltre, cerca di farsi dire qualche nome importante dal suo confidente, tale Calogero Dibella, il quale però gli sarà utile più da morto che da vivo, tant'è che proprio in seguito all'assassinio della "spia", vengono fuori altri nominativi.

Bellodi è un uomo riflessivo, calmo, intelligente, che cerca di capire il modo di pensare e ragionare dei siciliani perché sa che, solo conoscendo bene la realtà sociale, può cercare di risolvere i casi.

Ma l'uomo deve fare i conti con l'omertà di persone che preferiscono il silenzio (il silenzio dei disonesti e, cosa tragica, anche degli onesti) alle confessioni, e con la superficialità di gente (colleghi compresi) che cerca di convincerlo che alcuni uomini indicati da qualche "infame" come mafiosi sono in realtà brave persone, anche perché la mafia è più una "leggenda", una voce di corridoio, che una realtà:

"E poi che cos'è la mafia?... Una voce anche la mafia: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa... Voce, voce che vaga: e rintrona le teste deboli,"


Il mondo con cui il comandante dei Carabinieri si scontra è chiuso a riccio e in esso scorre una mentalità lontana anni luce dal proprio modo di pensare, così razionale, integerrima, tesa a cercare e scavare pur di far emergere la verità.
Verità che i mafiosi - e i politici potenti collusi - hanno tutto l'interesse di tenere seppellita tra cumuli di menzogne, ricatti, corruzione, delitti...

Bellodi è uno sbirro scomodo perché sa il fatto suo, chiama le cose con il loro nome, è testardo e determinato, e anche uno dei personaggi - un capo-mafia importante, amico di onorevoli e ministri con le "mani sporche"- col quale egli avrà a che fare nel corso delle indagini, per quanto supponente e arrogante, riconoscerà che il capitano è un uomo, uno che, pur ricoprendo un ruolo autorevole, non ne approfitta ma mostra rispetto verso tutti.


"...ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire  umanità, bella parole piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini;  mezz'uomini pochi, che mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E  infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere che la loro vita non ha  più senso e più espressione di quella delle anatre...".

Il capitano venuto dal Nord riuscirà ad incastrare i colpevoli dei vari delitti e, soprattutto, a dimostrare che si tratta di omicidi mafiosi?

Come già "A ciascuno il suo", anche questo libro si apre con un delitto e qui al centro vi è un capitano dei carabinieri che deve combattere con un sistema di potere che purtroppo è sostenuto nei salotti politici e governativi.

L'autore siciliano mantiene tra queste pagine il proprio stile asciutto che contribuisce a rendere lo sguardo, sulle vicende narrate, amaro, ma di un'amarezza velata di ironia, che stuzzica l'intelligenza del lettore ponendolo davanti a questioni fondamentali, denunciando l’arroganza del potere e il "sentire mafioso", che è "una visione della vita, di una regola di comportamento, di un modo di realizzare la giustizia, di amministrarla, al di fuori delle leggi e degli organi dello Stato."

Nell'appendice all'edizione de Il giorno della civetta nella collana per ragazzi edita da Einaudi, Sciascia scrive: "la mafia era, ed è (...) un «sistema» che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi le sue funzioni, è debole o manca) ma «dentro» lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta."

Un romanzo breve, si legge velocemente e continua ad essere attuale e potente nel messaggio ancora ai nostri giorni.
Da leggere.

lunedì 9 marzo 2020

Gialli da leggere - Fratelli Frilli Editori



Novità Frilli Editori.

Un nuovo caso per la magliaia Delia che questa volta indaga personalmente sull'assassinio di una donna, delitto per il quale è indiziata la figlia della vittima; Delia



LA RAGAZZA DEL CLUB 27
di Mauro Biagini 

208 pp
14.90 euro
Milano, quartiere di Porta Venezia. Un vivace microcosmo multietnico dove convivono borghesi e nullafacenti, giovani creativi da ogni parte del mondo e vecchi milanesi. 
Nella prestigiosa Torre Rasini risiedono i Morigi, una famiglia altolocata e integerrima agli occhi di tutti. 
L’unica macchia nella loro vita sembra essere la giovane Marianeve detta Neve, una ragazza ribelle e dal diminutivo beffardo, considerando la sua dipendenza dalla cocaina. 
Tra i tanti tatuaggi sul corpo, ne ha uno sul polso che mette i brividi: la scritta The 27 Club con sotto un teschio. 
Si rifà al leggendario elenco di artisti, tutti morti a 27 anni. 
Da Jimi Hendrix a Kurt Cobain, da Jim Morrison a Amy Winehouse. Anche Neve, a breve, compirà ventisette anni. 
Non ha amici, solo un cucciolo di bulldog, e la sua unica confidente è la vecchia magliaia Delia, sempre pronta a offrire calore umano a chi ne abbia bisogno. 
Finché una notte di luglio, il cadavere di Diana Morigi, madre di Neve, viene ritrovato nel parco. Qualcuno l’ha uccisa a coltellate. 
La prima indiziata è proprio la ragazza, che con lei ha sempre avuto un rapporto conflittuale. 
Ma le indagini condotte dal commissario Attilio Masini, uomo sensibile e amante di Schopenhauer, porteranno alla luce segreti e vizi inconfessabili dei Morigi e di tutte le persone che gravitano intorno a loro. 
Ognuno sembra nascondere un motivo per avere desiderato la morte di Diana Morigi. La soluzione del caso stenta a emergere e un nuovo omicidio complicherà le cose. 
E sarà ancora una volta la magliaia Delia, con il suo intuito speciale, a scoprire la verità. Spaventosa e inaspettata.




Il magistrato Elena Macchi, donna dura e autoritaria, sicura e scrupolosa, è a caccia di un serial killer misterioso quanto imprevedibile e feroce.


IL PASSATO NON MUORE
di Laura Veroni



208 pp
14.90 euro

Una donna viene trovata morta nel proprio appartamento in via Prima Cappella, ai piedi del Sacro Monte.
Si tratta di Milva Rossi, psichiatra. A rinvenire il corpo, Susanna, la figlia di quattordici anni. 
La donna ha la gola squarciata. L’assassino non ha lasciato tracce, tranne una propria fugace apparizione davanti alla telecamera del condominio: si tratta di una donna dai capelli lunghi e scuri. 
È l’unico indizio per la polizia che comincia a indagare. Da questo momento ha inizio la caccia al killer che vede scendere in prima linea il P.M. Elena Macchi, affiancata dal commissario Auteri e dal vicecommissario Pozzi. 
Si indaga nella cerchia delle amicizie e dei colleghi di lavoro della vittima, nonché nella vita dell’ex marito e della sua nuova compagna. 
È in questa occasione che Elena Macchi conosce Athena Bini, giovane psicologa, nonché ex allieva della vittima. Athena prende in carico Susanna e la segue nel suo percorso di psicoterapia, per aiutarla a superare il trauma della morte della madre. 
Mentre la polizia brancola nel buio, un altro omicidio sconvolge la tranquillità della provincia di Varese. Le indagini portano ancora alla misteriosa donna dai capelli neri. 
Ulteriori ricerche conducono Elena Macchi nel borgo di Castiglione Olona, dove il dottor Del Fante la attende per parlare della sua collaborazione con la collega Rossi. 
Si fa strada così l’ipotesi che la donna dai capelli neri possa essere un’ex paziente della prima vittima e che abbia agito per vendetta. Ma la catena degli omicidi pare non doversi fermare. 
La situazione è forse sfuggita di mano alla killer oppure è lei stessa vittima della propria inarrestabile follia? Sarà un incontro casuale, collegato a un particolare all’apparenza insignificante, a far scattare nella mente della Macchi un flash: all’improvviso tutto per lei diventerà chiaro. 
Le indagini prenderanno una piega precisa, conducendo il magistrato alla soluzione del caso.


A Lavagna nell'estate del 1998, una turista tedesca viene trovata morta; a ingare c'è il maresciallo Pietro Farné. Aiutante per caso è la vacanziera Mistral Garlet vicina di ombrellone della vittima.
I loro destini si incroceranno alla ricerca di un misterioso assassino di cui sarà a tratti difficile seguire le tracce...


A DISTANZA RAVVICINATA 
di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso



208 pp
14.90 euro
Lavagna, estate 1998. Pietro Farné è un giovane maresciallo dei carabinieri, fresco di nomina, incaricato di una strana missione: sorvegliare un'anziana turista di origine tedesca, Frau Gertrud Stingel, e la sua accompagnatrice, Viviana Prestigiacomo.
Un compito apparentemente noioso, ma al quale si interessano addirittura i servizi segreti. Mistral Garlet, invece, è una studentessa universitaria, che si è concessa qualche giorno di vacanza perché sente l'esigenza di riflettere sul proprio futuro. Casualmente si ritrova a essere vicina di ombrellone proprio di Gertrud Stingel e resta colpita dalla personalità sfaccettata dell'anziana signora, nonché dal rapporto complesso che sembra esistere tra la tedesca e la sua badante. 
Nella notte tra l'11 e il 12 agosto, la svolta. Gertrud Stingel viene uccisa nel proprio appartamento e Viviana Prestigiacomo scompare. Il caso appare subito difficile da risolvere. 
Chi è l'uomo che veniva a trovare Gertrud con una certa regolarità? E dove la accompagnava? Perché aleggia come un fantasma l'ombra di un vecchio criminale nazista? E chi è, invece, l'altro misterioso individuo che sembrava muoversi sottotraccia attorno a Viviana? Ma soprattutto: che fine ha fatto la badante? È ancora viva? È lei l'assassina? 
Sì, perché una nuova vittima viene ritrovata e la scia di sangue sembra destinata a non fermarsi ancora. Attorno a questi misteri si snodano parallelamente l'inchiesta condotta dal maresciallo Pietro Farné e l'indagine dilettantesca e appassionata di Mistral. 
Si dipana così un fitto intreccio di scoperte e rivelazioni, che porterà i due a seguire piste differenti ma convergenti, sfiorandosi ripetutamente senza mai realmente incrociarsi davvero, come due pedine mosse da un destino beffardo. 
Fino al raggiungimento della verità, sullo sfondo dei festeggiamenti per la Torta dei Fieschi: due delitti, due indagini, una sola verità. O nessuna?

domenica 8 marzo 2020

Recensione: VENTIQUATTRO di Valentina Bardi



Perdere una persona amata è una di quelle esperienze capaci di devastarti e farti sentire più che mai impotente e svuotato; l'Autrice, con delicatezza ma, al contempo, con una scrittura onesta e realistica, ci racconta una storia sì di perdita, ma anche di forza, quella forza che ci urla di non arrenderci perché, nonostante il dolore, la Vita è lì che ci aspetta.



VENTIQUATTRO
di Valentina Bardi


Ed. il Ponte Vecchio
256 pp
Martina sta per compiere i fatidici diciotto anni ma, al contrario di ciò che solitamente accade, non è immersa in un clima di euforia al pensiero di raggiungere questo traguardo.
In casa non tira un'aria felice: sua sorella maggiore, la bella e dolce Elena, ha appena perso il proprio bambino, nato morto all'ottavo mese di gravidanza.
La brutta notizia ha raggiunto il papà, Andrea, giornalista inviato di guerra, che per l'occasione è tornato da Kabul, per stare vicino alla figlia e alla famiglia.
Il rientro del capo-famiglia, però, non ha portato alcun miglioramento al cupo clima famigliare, tutt'altro: la sua (momentanea) presenza sta, ancora una volta, sottolineando il peso delle sue frequenti assenze.
C'è tensione, in famiglia; una tensione così densa da potersi tagliare a fette: Andrea è mogio mogio, e il suo carattere schivo e taciturno pare essersi amplificato, tra la tristezza per Elena e il suo "mimino", la consapevolezza di essere un padre che dei suoi cinque figli sa poco e niente e di essere un marito sfuggente e incapace di dare certezze alla propria moglie.
E proprio la moglie, Giada, sindacalista convinta, una donna combattiva che s'è sempre fatta in quattro per portare avanti le proprie idee e per difendere i diritti degli altri, non sa come fare per difendere e far valere i propri davanti ad un marito che, con la motivazione (la scusa?) del lavoro, va e viene da casa, sta lontano troppo tempo e, quando torna, gira per le stanze come un ospite imbarazzato.

E poi non si può negare che Andrea è tornato dall'Afghanistan più distaccato che mai: forse ha un'altra? E' per questo che neanche la sfiora? E l'amore che li ha sempre uniti: svanito nel nulla?

Giada, dietro la corazza di moglie e madre determinata, severa, con una gran senso pratico (assolutamente necessario quando hai una famiglia numerosa da mantenere e a cui badare e un lavoro come il suo), nasconde un cuore a pezzi, tremante di paura all'idea di non essere più il centro della vita del marito.

I nervi a fior di pelle fanno da padrone e guidano gesti, parole, toni di voce, espressioni facciali e Giada si rende conto di non essere una mamma amorevole in senso stretto: concentrata, com'è, che tutto fili liscio e di non far trapelare il proprio volubile stato d'animo, rischia di trascurare cose importanti.
E Martina lo sente e ne soffre: sua madre non è tipo da abbracci, non lo è mai stata, ma è ancora più fredda del solito da quando lei frequenta Matteo Todini, studente universitario, di famiglia molto benestante, con idee politiche di destra; il padre è co-proprietario di una fabbrica e Giada si sta attualmente occupando proprio di questione relative ai diritti dei dipendenti di Todini; ergo, Matteo non è benvisto dalla mamma di Martina, che si sente in mezzo a due fuochi.
Ma a renderla triste è anche il rapporto con questo padre che è sempre via per i suoi viaggi di lavoro e che, quando torna, sembra avere "la neve in tasca" e ha fretta di andarsene, come se si stesse man mano disabituando a stare in famiglia.
Possibile che Andrea, che pure è un uomo intelligente e sensibile, non si renda conto che la moglie e i figli soffrono per le sue assenze?
E se è vero che Elena ha il cuore pieno di lacrime per il bimbo perso (e cerca la solitudine per rielaborare la propria perdita) e i piccoli di casa (i gemelli Antonio ed Enrico) sono ancora troppo piccoli per sentire in maniera consapevole ed esternare razionalmente il peso di questa situazione, a risentirne maggiormente sono proprio Martina e il dodicenne Bruno, che tende infatti a chiudersi e a soffrirne in silenzio.

Come se non bastasse, Martina ha i suoi piccoli pensieri anche in altri ambiti: anzitutto, con Matteo le cose vanno sì bene, c'è un bella intesa tra loro ma... quanto potrà durare la loro relazione? Lui fa parte di un "mondo" differente dal suo (suo padre è un imprenditore mentre la propria mamma è una sindacalista comunista, con tutto ciò che questo implica a livello di convinzioni politiche) e sicuramente tra non molto si stancherà di lei e la mollerà! Martina cerca di non pensarci e di godersi questa storia, fatta di dolcezza e passione, che le regala momenti indimenticabili, ma il tarlo c'è.

E poi le due migliori amiche, Federica ed Ilaria: sempre a bisticciare e lei non sa come fare per riconciliarle.
Ilaria è la buona del trio, la cattolica convinta, che bacchetta tutti con i suoi principi morali ed è sempre pronta a perdonare e a fare il primo passo.
Federica è la "pecora nera", con una situazione famigliare alle spalle drammatica e, per certi versi, pure pericolosa, dalla quale infatti la ragazza cerca di fuggire per proteggersi; Federica è sboccata, ribelle, se ne infischia delle buone maniere, ha un modo di fare spiccio e poco affabile, ma il suo modo di comportarsi è frutto delle tante fragilità e paure che lei cerca in tutti i modi di nascondere.

Il giorno del compleanno arriva e, con esso, la festa in pizzeria con gli amici; Matteo promette di raggiungerla per farle gli auguri, ma sul tardi, perchè prima deve fare un servizio.
Quella sera accadrà un evento tragico che travolgerà la giovane esistenza di Martina, nonché delle altre persone che fanno parte del suo piccolo mondo.

Ci sono tragedie che mettono in discussione certezze, convinzioni di fede, etiche e morali, affetti, relazioni, che scuotono il nostro universo e ci lasciano smarriti e impotenti; ma nonostante il dolore di cui sono portatrici, ad esse siamo chiamati a sopravvivere, perchè la vita, che ci piaccia o no, ha la propria urgenza di essere vissuta, reclama il proprio diritto di manifestarsi per quella che è, con cose belle e cose brutte, con attimi di felicità e periodi di tristezza e dolore.

Insieme alle vicende narrate evolvono i personaggi principali e ciascuno di essi - adulti e giovani - saranno messi di fronte alla necessità di interrogarsi su se stessi, cercando ognuno la propria verità, le risposte alle mille domande e paure, e provando ad essere coerenti, coraggiosi ed onesti tanto più quando la vita mette alla prova.
A beneficiarne saranno i rapporti interpersonali, e spesso sono proprio le vicissitudini e le disgrazie a farci avvicinare, "obbligandoci" a conoscerci meglio e mettendo da parte pregiudizi; ciò non significa che i problemi si risolvano poi con uno schiocco di dita, ma quanto meno si impara ad affrontarli con più serenità e maturità.

"Ventiquattro" è un romanzo molto bello, dallo stile molto fluido e scorrevole; i fatti che coinvolgono i personaggi (principali e secondari) sono appassionanti perché realistici e potrebbero essere capitati e/o capitare a ciascuno di noi lettori.
L'Autrice da molto spazio ai dialoghi e attraverso essi - e ad altri particolari - conosciamo le personalità dei personaggi, ciò che mostrano e ciò che nascondono dentro il cuore; mi è piaciuta anche la scelta dell'uso del dialetto in determinati momenti e contesti (siamo in Emilia-Romagna), il che contribuisce a rendere l'ambientazione ancora più genuina e naturale.

E' una lettura che mi ha emozionata davvero tanto, in quanto alla base delle vicende narrate ci sono le relazioni umane e come esse possono svilupparsi e cambiare in base a ciò che accade nella vita di tutti i giorni, dai problemi quotidiani - presenti in ogni nucleo famigliare, gruppo di amici, coppia - a quelli più grandi, che arrivano come un fulmine a ciel sereno e colgono assolutamente impreparati.
Pur trattando di argomenti quali la morte e l'elaborazione del lutto, non si scade mai nel patetico, al contrario, la narrazione del dolore è autentica e dignitosa, e per me è stato inevitabile provare una certa commozione.
Il finale ci lascia con la sensazione che "non sia finita qui" e che altri scenari potrebbero svilupparsi, ma a prescindere dal fatto che sia volutamente aperto o meno, esso lascia al lettore la libertà di immaginare da sé eventuali evoluzioni nei rapporti tra i personaggi, e anche questo aspetto l'ho apprezzato molto (ma del resto, chi l'ha detto che uno scrittore debba dirci tutto tutto e chiudere ogni cerchio sempre e comunque?).

Assolutamente consigliato!

sabato 7 marzo 2020

Le mie prossime letture (marzo 2020)



Ecco le mie prossime letture: un ragazzino alla ricerca della madre, perseguitata e in fuga da un passato sconvolgente e pieno di segreti; una detective impegnata in un caso di traffici di esseri umani in Thailandia; il racconto di una grande tragedia della storia sovietica: la guerra in Afghanistan tra il 1979 e il 1989.


IL LIBRO NASCOSTO
di D.M. Pulley




Amazing Crossing
trad. R. Marasco
4,99€ eBook
9,99€  cartaceo
LINK AMAZON
USCITA:
17 marzo 2020
Ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere

Un cambio di vestiti e una Bibbia: è tutto il corredo di sopravvivenza che Althea Leary lascia a suo figlio Jasper quando lo abbandona alla fattoria dello zio. 
È il 1952, Jasper ha nove anni e non gli è concesso fare domande né tanto meno protestare. 
Se non vuole irritare lo zio deve tenere la bocca chiusa e le orecchie bene aperte. 
Nessuno sa dove sia andata la madre o se tornerà. Lui però ha un disperato bisogno di vederla.
Inizia così il viaggio di Jasper che lo porterà a ritrovarsi in un mondo adulto fatto di corruzione, scandali e omicidi, in squallidi covi di Detroit e poi di nuovo in campagna, fra taverne sordide, locali di spogliarelliste e case d’azzardo. 
Ciò che porterà alla luce sarà un passato sconvolgente che continua a perseguitare la madre e che ora minaccia anche lui.

L'autore
D.M. Pulley vive nei dintorni di Cleveland, Ohio, con il marito, due figli e due cani. Lavora come consulente esterna e ingegnere consulente giuridico. Dal sopralluogo di un edificio abbandonato a Cleveland è nato il suo romanzo d’esordio, La chiave del mistero. Il suo sito web è http://www.dmpulley.com​ . Su Twitter la si trova a questo indirizzo: https://twitter.com/DMPulleyAuthor


TRAFFICI NOTTURNI
di Barry Eisler


Amazing Crossing
trad. V. Merante
4,99€ eBook
9,99€  cartaceo
USCITA:
24 MARZO 2020
AMAZON LINK
Livia Lone è tornata. E non è da sola

La detective Livia Lone, esperta in crimini sessuali, coglie al volo l’opportunità offertagli dalla DIA per risolvere alcuni conti in sospeso del suo passato. 
Una task force del governo degli Stati Uniti contro dei trafficanti di esseri umani è la scusa perfetta che la riporta in Thailandia, sua terra natia, dove potrà finalmente stanare tutti coloro che da bambina l’hanno presa, venduta, violentata. 
Tra loro, un pezzo grosso di questo commercio clandestino, Rithisak Sorm.
Durante una missione notturna in un club di Pattaya, però, le cose precipitano. 
Quello che doveva essere un piano ben congegnato si rivela essere una trappola. 
E Livia si ritrova a collaborare con Dox, ex cecchino dei marines, che non ha niente in comune con lei, se non la volontà di fermare Sorm.
In un mondo in cui la legge non serve la giustizia, dove le autorità sono corrotte, e spie e cospirazioni politiche sono all’ordine del giorno, Livia e Dox si ritroveranno a dover capire chi è che fa parte dei buoni. 
Riusciranno i due a ottenere l’agognata vendetta e a salvare delle vite innocenti? O quest’avventura sarà anche l’ultima?

L'autoreBarry Eisler ha partecipato a operazioni segrete per conto della CIA. È stato avvocato e dirigente aziendale. I suoi romanzi sono dei bestseller internazionali tradotti in venti lingue. Barry, cintura nera di judo, porta nei suoi thriller le esperienze che ha vissuto in giro per il mondo e le conoscenze legate al suo impegno umanitario. Vive vicino a San Francisco e il suo blog http://www.barryeisler.com offre interessanti riflessioni sulle libertà civili e i diritti umani. Traffici notturni è il secondo libro delle avventure di Livia Lone. Il primo, Livia Lone, è stato pubblicato da Amazon Crossing nel 2017.



RAGAZZI DI ZINCO
di Svetlana Aleksievič


Ed. E/O
trad. S. Rapetti
316 pp
Dopo averci fatto ascoltare in Preghiera per Černobyl’ le voci delle vittime del disastro nucleare, Svetlana Aleksievič fa parlare qui i protagonisti di un’altra grande tragedia della storia sovietica: la guerra in Afghanistan tra il 1979 e il 1989. 

Un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la “grande causa internazionalista e patriottica”; almeno quattordicimila di loro rimpatriati chiusi nelle casse di zinco e sepolti di nascosto, nottetempo; cinquantamila feriti; mezzo milione di vittime afgane; torture, droga, atrocità, malattie, vergogna, disperazione... 
Gli afgancy, i ragazzi che la guerra ha trasformato in assassini, raccontano ciò che si è voluto nascondere. 
Accanto a loro, un’altra guerra. Quella delle infermiere e delle impiegate che partirono per avventura e patriottismo. 
E soprattutto le madri. Dolenti, impietose, stanche, coraggiose.
L'autrice
Svetlana Aleksievič, Premio Nobel per la Letteratura nel 2015, tradotta in più di venti lingue, è una delle maggiori giornaliste e scrittrici contemporanee. In Italia ha vinto il Premio Sandro Onofri per il reportage narrativo nel 2002. Nel 2013 ha vinto il prestigioso premio internazionale per la pace “Peace Prize of the German Book Trade”. Le Edizioni E/O hanno pubblicato Preghiera per Černobyl’, Ragazzi di zinco e Incantati dalla morte. Presso Bompiani sono usciti Tempo di seconda mano: la vita in Russia dopo il crollo del comunismo e Gli ultimi testimoni.

giovedì 5 marzo 2020

Recensione: IL SALICE di Hubert Selby Jr



Con il suo stile frammentato e la sua penna teneramente ruvida, l’autore di capolavori come Ultima fermata a Brooklyn e Requiem per un sogno, ci racconta la realtà degli emarginati, dei perdenti, dei diversi, sullo sfondo di un’America cupa, difficile, quella dei bassifondi delle grandi metropoli: in un posto così improbabile e tutt’altro che attraente, sboccia un’amicizia tra due uomini lontani per età, cultura, esperienze, ma che riusciranno ad essere di grande aiuto e benedizione l’un per l’altro.

IL SALICE

di Hubert Selby Jr 



   Fazi Editore 
  trad. M. Pittoni
 320 pp
2006

Bobby è un ragazzino di colore di quasi quattordici anni che vive nel Bronx insieme alla mamma e ai fratelli minori. La sua vita sembra scorrere velocemente per le strade sporche e violente del ghetto, tra mura domestiche infestate di topi e con la miseria quale coinquilina fissa.
È fidanzato con la dolce tredicenne Maria, di origini portoricane; i due giovanissimi fidanzatini hanno grandi piani per il futuro, ma un incontro sciagurato con un gruppo di ragazzacci stravolgerà le loro vite.
Un giorno i due, infatti, vengono aggrediti da una feroce gang ispanica: Bobby viene selvaggiamente picchiato a colpi di calci, pugni e catene, mentre Maria ne esce col volto sfigurato dalla soda caustica.

Nonostante le ossa rotte e il dolore tremendo che fa tremare ogni muscolo del corpo, Bobby riesce a camminare per un tratto di strada finchè viene soccorso da un uomo anziano, tale Werner Schultz (che si fa chiamare Moishe), che lo porta a casa propria, per medicarlo e prendersene cura.

Intanto, la piccola Maria è ricoverata in ospedale; il suo viso è nascosto da bende che tengono scoperti solo bocca e occhi; sta malissimo, i dolori alla faccia sono indicibili e lei è spaventata, smarrita; a vegliare sul suo sonno tormentato e a farle compagnia da sveglia ci sono la mamma e la nonna, due donne buone, molto devote, che partecipano alla sofferenza fisica e psicologica della loro bambina; della mamma, in particolare, conosciamo i pensieri, i sentimenti, le paure, e intenerisce la dolcezza di questa donna perbene, che già vive - insieme alla famiglia - il trauma dell’immigrazione e dell’integrazione in un Paese straniero e non sempre e in tutto accogliente -, e in più adesso deve accettare una tragedia privata incomprensibile, che suscita in lei legittime domande: perché è successo questo a loro, alla piccola Maria, che è una ragazzina così cara e buona? Forse hanno sbagliato a venire negli USA in cerca di una vita migliore? Che colpe hanno da espiare? Perché Dio ha permesso che una tale sciagura piombasse su di loro, mettendo in pericolo la vita di Maria?
Conosciamo anche i turbamenti della tredicenne, che soffre per gli sguardi incattiviti di alcune infermiere, che dicono cose brutte di lei, facendola sentire sbagliata e colpevole.
Il suo malessere interiore - unito a quello fisico - fanno scattare in lei pensieri negativi e dolorosi che la portano, pochi giorni dopo, al suicidio…

Tutto questo Bobby, nei primi giorni dopo il pestaggio, non lo sa; sa solo che questo ebreo dal nome strano lo sta ospitando in casa propria e sta cercando di rimetterlo in sesto, a colpi di saporite zuppe calde e di coppe di gelato con il topping al cioccolato.
Mentre le cicatrici pian piano si rimarginano, i dolori a ossa e muscoli si attenuano e il suo corpo comincia a riprendere le forze, Bobby conosce meglio il padrone di casa e scopre che Moishe non è ebreo, lo è “d’adozlone”, in seguito ad una delle più tristi e crudeli esperienze che si possano fare nella vita.

Werner/Moishe è in realtà un tedesco ma il numero tatuato sull’avambraccio dice una cosa importante di lui: è stato in un campo di concentramento. Come mai, pur non essendo giudeo?

L’uomo racconta la propria storia di sofferenze, angosce, la paura di non rivedere i propri cari (anch’essi deportati) ma soprattutto racconta di come dal campo di sterminio sia uscito diverso, rinnovato nel cuore e nella mente grazie a qualcuno che ha saputo lavorare nel suo intimo e aiutarlo a liberarsi del fardello più grande di cui un uomo possa caricarsi fino a farsi schiacciare: l’Odio.

Moishe sa cosa voglia dire odiare con tutto se stesso chi ritieni ti abbia danneggiato, sa cosa significhi farsi accecare da un sentimento così forte, tanto da non dormirci la notte… e sa anche lo sforzo che ci vuole per liberarsi dell’odio e del desiderio di vendetta.

Quando comincia a sentirsi meglio, rinfrancato e dalle cure e dalla genuina amicizia con il vecchio, Bobby decide di fare un salto nel proprio quartiere e viene a sapere del suicidio di Maria.

Infiammato dall’odio, inizia a preparare la sua vendetta, di fronte allo sguardo impotente di Moishe, che, proprio perché ha sperimentato in prima persona la forza distruttiva dell’odio, è il solo che può salvare Bobby da se stesso.Riuscirà il buon vecchio Moishe a parlare al cuore del suo giovane e irruento amico per farlo desistere dai propri propositi di vendetta che potrebbero rovinarlo per sempre?

Bobby è un ragazzo che s’atteggia come un adulto, che parla in maniera sboccata e scurrile, ma non è cattivo: è semplicemente cresciuto in un ambiente in cui “l’uomo è lupo per l’altro uomo”, in cui se non sei forte e non sai difenderti, sono guai, in cui non puoi permetterti di farti mettere i piedi in testa.
La consapevolezza di odiare il portoricano Raul e la sua gang provoca in lui sentimenti contrastanti: da una parte lo gasa:

“è l’odio che ti fa restare vivo… solo se l’odio è abbastanza forte puoi continuare ad andare avanti, a respirare… puoi continuare a vivere solo fino a quando riesci a odiare”

...dall’altra lo lascia smarrito, perché è qualcosa di molto più grande di lui, che finisce per confonderlo e sopraffarlo.

Eppure, grazie a Moishe in lui si aprono spiragli di luce, di bontà, di speranza:

“e continua a fissare Moishe, e avverte un senso di forza e di dolcezza scorrergli dentro, e addosso, e ancora una volta, è un qualcosa che lui non ha mai provato prima, una sensazione a lui sconosciuta, che però non gli fa paura, non la analizza nemmeno, la vive e basta, e sa che non c’è pericolo a lasciarla scorrere dentro di sé…”.

Nessuno s’è mai interessato a lui con tanta devozione, affetto, tenerezza e questa nuova dimensione nel rapporto con un altro essere umano lo riempie di gioia ed euforia.
In compagnia di Moishe, lontano dal quartiere, Bobby sperimenta la gioia e la felicità di un amore che risana e purifica e che è simboleggiato da un albero (sito in un parco in cui Moishe andava spesso con la moglie, ora morta), il salice.

E all’ombra dell’albero piangente Moishe vuole trasmettere a Bobby una grande verità: non si sopravvive al proprio odio, anzi, da esso si viene distrutti.

 “Resta aggrappato al tuo odio, amico mio, e finirai con l’odiare te stesso”

Tra queste pagine Selby ci parla di esistenze squallide e infelici, ai margini, e lo fa con estremo realismo e crudezza, eppure in mezzo a queste vie sporche e brutte, tra caseggiati grigi, alti e fatiscenti, con un vento gelido che ti sferza la faccia, l’Autore ci prende per mano e fa brillare una luce.
Una luce di amore, perdono, pace, voglia di vivere, che riesce ad illuminare gli oscuri anfratti del cuore di un ragazzino abituato a risolvere i problemi con la violenza, perché ad essa sa come rispondere, perché è questa che regna sovrana nel quartiere da cui proviene, dove la convivenza di più etnie porta (come spesso accade) a conflitti che sfociano in pestaggi, risse e, in generale, in azioni criminali.

Quello di Selby è uno spaccato realistico, cupo e nero, al quale ci accostiamo prima tramite un atto violento (il pestaggio) che suscita rabbia, indignazione, dolore, per poi soffermarci sulla sofferenza che un contesto del genere provoca in chi criminale non è, come i familiari di Maria (persone perbene) ma anche nella mamma di Bobby, che nonostante dia segni di insofferenza verso le proprie creature, le ama e si preoccupa per loro, essendo lei la sola a tirarle su con i mezzi a disposizione.


E poi c’è Moishe, un personaggio quasi poetico, una sorta di angelo che ha vissuto l’inferno e ne è sopravvissuto. Un uomo che non ha avuto di certo una vita perfetta, anzi: lui in primis ha covato rabbia e odio per tanto tempo, ha immaginato di vendicarsi di chi ha provocato dolore a lui e ai suoi cari, sa cosa voglia dire rimuginare e tornare con la mente sempre sullo stesso tarlo, nutrire la fiammella del rancore pensando costantemente al “nemico”. Guarire da tutto questo è possibile ed è necessario, anche se non è facile:

“sa quanto sia sfibrante ritrovarsi senza più quell’odio che è stato la ragione della tua esistenza, senza quelle fantasie violente che ti hanno tenuto in vita quando non c’era più nessun motivo per andare avanti, nient’altro in cui sperare se non il soddisfacimento di quell’odio”.


Siamo nel Bronx: è un contesto di vita fatto di palazzi decrepiti e abbandonati, dove la sofferenza sembra fuoriuscire come un veleno, e dagli edifici stessi e dalle persone che vi abitano; gente sola, dimenticata, debole e disperata; gente che cammina con la testa affondata nelle spalle, senza guardarsi né a destra né a sinistra, per quelle strade rumorose, piene di urla, rumori, strepiti, odori forti, topi che corrono di qua e di là, angoli bui, luridi, rifiuti ovunque, macchine sfasciate.

Avvertiamo il contrasto tra il quartiere in cui Bobby è nato e cresciuto, e che è il suo universo, l’unica realtà (fatta di povertà, abbandono, violenza, mediocrità) che conosce da vicino, questo Bronx cupo, squallido, triste, gelido, affollato, chiassoso eppure capace di farti sentire più solo che mai e sicuramente in pericolo se ti sei messo contro qualcuno, e la casa di Moishe, collocata in uno scantinato ma che, al suo interno, è bella, accogliente, attrezzata, comoda e, soprattutto, calda: calda di ospitalità, di affetto, comprensione, amicizia, lealtà.
C’è un contrasto anche tra l’euforica eccitazione di Bobby e la pacata lentezza di Werner e questi due differenti stati emotivi si notano anche a livello narrativo: ci sono passaggi più concitati, che tengono il lettore col fiato sospeso e preoccupato di cosa potrebbe accadere a Bobby (quando questi va in cerca dei portoricani per fargliela pagare) e tanti passaggi in cui l’Autore rallenta il ritmo e rimanda il racconto dei fatti per scavare dentro il cuore dei suoi personaggi, donandoci pagine delicate, intense, commoventi, di lirica bellezza.

Selby scrive in un modo particolare, nudo, schietto, non preoccupandosi di rispettare le regole della grammatica o la punteggiatura (volutamente bizzarra e disordinata); certi periodi possono essere piuttosto lunghi, i dialoghi non sono anticipati da virgolette e la narrazione va avanti alternando il racconto delle vicende con veri e propri flussi di coscienza.
Forse lo stile potrebbe essere il solo ostacolo nel primo approccio con il testo, ma una volta entrati nel mondo di Selby, è facile lasciarsi coinvolgere e tutto fila liscio.

Il Bene è una scelta, non càpita; ciascuno di noi può decidere se lasciarsi guidare dall’Odio piuttosto che dal Perdono e dall’Amore, ma non tutti sono (siamo) capaci (per ragioni diverse: età, esperienze, contesto di provenienza, cultura…) di scegliere con facilità ciò che è buono e giusto, e Selby ci dice proprio questo: a volte abbiamo bisogno di una mano tesa, di una mano sulla spalla, di un sorriso caloroso e sincero, di una coppa di gelato con la salsa al cioccolato, di una sana risata nata spontaneamente, di parole di conforto, in cui non ci sia il giudizio (quello viene sempre facile) e la condanna, ma il puro desiderio di aiutarti a non permettere che l’odio, come i topolini dentro casa, ti rosicchino fino a lasciarti nudo dentro, ma di vedere dentro di te quella luce che aspetta solo di trovare un pertugio dal quale uscire e illuminarti.

Una lettura che mi ha coinvolta molto e che vi consiglio caldamente.

 “dissolviti, trasformati in una particella che fluttua e basta, in un atomo di luce che esiste e basta, e non pensa, risplende e basta, e ride, e sorride, e si sposta con l’aria, nell’aria… solo un puntino di luce che non sa cosa sia il buio… che non ha né sogni né speranze, ma solo tutta la luce delle stelle, qui, adesso… niente passato né futuro, solo un presente luminoso e sereno… l’eterno presente”.


mercoledì 4 marzo 2020

Recensione: SHOTGUN LOVESONGS di Nickolas Butler



Sotto un cielo americano, in una piccola comunità agricola in cui tutti si conoscono, nasce e cresce un gruppo affiatato di amici, che tra queste pagine impariamo a conoscere e alle cui vicende e dinamiche relazionali vien spontaneo appassionarci.



SHOTGUN LOVESONGS
di Nickolas Butler



Marsilio Ed.
trad. C. Durastanti
317 pp
"Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo... (...) E poi ci troveremo come le star a bere del whisky al Roxy Bar, o forse non c'incontreremo mai, ognuno a rincorrere i suoi guai...", cantava diversi anni fa Gino Paoli.

L'associazione con i quattro uomini e amici d'infanzia, protagonisti di questo romanzo, m'è venuta spontanea, e anche se qui, a Little Wing (paese immaginario collocato nel Wisconsin) non c'è il Roxy Bar, di locali in cui fermarsi a bere una birra ghiacciata chiacchierando di tutto e di niente, ce ne sono eccome. 

Henry, Lee, Kip e Ronny sono cresciuti insieme in questa cittadina rurale del freddo Wisconsin; amici fin dall'infanzia, hanno poi preso strade diverse: Henry e Ronny sono rimasti "a casa", il primo s'è sposato subito con la fidanzata storica (Beth) e ha proseguito il lavoro d'agricoltore come il padre; l'altro per diverso tempo s'è divertito nei rodei, fino al giorno in cui un incidente gli ha causato un trauma cranico che lo ha restituito, a famiglia ed amici, in una versione "rallentata"; Ronny, infatti, da guascone allegro e sexy si è trasformato in un ragazzone "lento", che incespica nel parlare, una sorta di bambinone che suscita tenerezza; non che sia "stupido", ma è come se si fosse spezzato qualcosa nel suo cervello.

Gli altri due hanno lasciato la cara ma piatta vita di paese per cercare fortuna; Kip ha fatto carriera ed è tornato dopo nove anni a Little Wing come imprenditore per rilevare la vecchia fabbrica di paese, riaprirla e cercare di guadagnarci qualcosa; e infine c'è lui, Lee, la vera star di questa cricca di amici.
Lee Sutton pure se n'è andato da Little Wing ed ha fatto successo con le sue canzoni; il suo primo album, Shotgun Lovesongs, ha avuto un inaspettato successo e le migliaia e migliaia di copie vendute in poco tempo hanno reso Lee una celebrità.
Il successo ha portato il cantante lontano da casa ma non per questo egli ha mai dimenticato le proprie umili origini e i propri cari del Wisconsin, anzi.
Lee resta un amico leale e il valore dato all'amicizia lo vediamo, ad es., nel rapporto con il caro Ronny; Lee sa che l'altro è fragile (ha avuto anche problemi con l'alcool, in passato, oltre a quelli in seguito all'incidente), è come un eterno ragazzino da tenere sotto controllo perché può combinarne una delle sue, ed infatti, quando torna a Little Wing, sta bene attento a che Ronny senta tutto il suo affetto, soprattutto quando c'è qualcuno che snobba Ronny perché è un po' "tardo", tipo Kip, che si dimostra poco sensibile e sembra quasi provare fastidio nell'averlo tra i piedi (ad es. non ci tiene ad invitare Ronny al proprio matrimonio ma, in compenso, cerca di approfittare della presenza dell'amico famoso, Lee, per far soldi vendendo delle sue foto ai giornalisti).
Lee prende le difese di Ronny, è capace di fare a pugni perché nessuno gli manchi di rispetto, ma anche uno come lui ha debolezze e piccoli segreti inconfessati.

Quando, dopo una serie infinita di fidanzate-flash, si innamora della bellissima Chloe (anche lei una star), non può che invitare i cari amici al suo matrimonio; nonostante il luccichio che avvolge la coppia Vip, l'arguta Beth - che vuol bene a Lee (ma chi non gliene vuole?) - vede oltre le apparenze e sente che il loro amico non sarà felice a lungo con la sua nuova fiamma.
Ed infatti, non passa neanche un anno che Lee si separa dalla moglie, tornando definitivamente a Little Wing.

Intanto, il matrimonio arriva anche per il buon vecchio Ronny, che s'innamora - ricambiato appassionatamente - della bella spogliarellista Lucy.

Ora tutti e quattro sono in paese, si ritrovano insieme per una birra, Lee va a cena in casa di Henry e Beth, e tutto sembrerebbe un perfetto idillio: Little Wing fa da sfondo ad una bella amicizia tra persone che si conoscono da una vita e sono legati da affetto e stima sinceri.
Cosa si potrebbe volere di più?

Eppure, vecchie rivalità riemergono, si insinuano nel clima di festa e nella felicità del ritrovarsi, e il segreto di una moglie minaccia di distruggere un matrimonio e un'amicizia.
Quando certi equilibri, su cui si basa una vecchia e solida amicizia, vacillano, non è così semplice ripristinarli, proprio in virtù del fatto che più intenso era il rapporto con l'altro, più si è investito in fiducia e lealtà, più cocente è la delusione se ci si sente traditi.
E Lee, nel suo essere un eterno irrequieto, un insoddisfatto in ambito sentimentale, correrà il rischio di buttare all'aria un rapporto amicale importante.
    
Butler ci narra una emozionante storia di amicizia, di legami forti che resistono alle distanze, al tempo che passa, ai successi dell'uno come ai fallimenti dell'altro, alle delusioni, agli errori, alle frustrazioni davanti alle proprie e alle altrui debolezze.

E' un romanzo corale, le vicende sono narrate attraverso l'alternarsi di più punti di vista narrativi; sono cinque, infatti, le voci cui è affidato il racconto: c'è la fragile e dolce Beth; Henry, che suscita simpatia per la bontà e la lealtà che lo caratterizzano; Ronny, con il suo modo di essere un po' infantile ed euforico che fa tenerezza; l'enigmatico e a volte cinico Kip (che, a ben guardare, cela insicurezza e paura di vivere e fallire) e infine il ricco, la "venerata" star della musica, ma in fondo terribilmente insoddisfatto e non proprio felice... Lee.

Ciascuno di questi protagonisti dà il proprio colore a una storia che è un inno alla bellezza della semplicità, della natura con le sue strabilianti sfumature, della musica che accompagna le esistenze di tutti, di valori quali "casa", amicizia, lealtà, perdono, empatia.

Personalmente mi sono appassionata alle dinamiche relazionali e alle vicende narrate, che ruotano attorno alla meraviglia di questo sentimento che è l'amicizia sincera, viscerale, impetuosa e tenera che lega i personaggi.
Un legame che, in quanto umano, è per sua natura imperfetto, per cui è stato inevitabile a volte irritarmi con uno o intenerirmi con lo stesso in un'altra occasione; mi è piaciuta l'ambientazione del piccolo paese, di questa comunità rurale genuina che contrasta con il mondo patinato e superficiale in cui vive il Lee cantante; bella la magia nostalgica creata dalla musica; ho trovato certi passaggi (ad es. quelli in cui i personaggi sembrano divenire un tutt'uno con la natura, contemplandola rapiti e perdendosi in essa) poetici.

Bello, sicuramente leggerò altro dell'autore.
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