mercoledì 25 marzo 2020

Frammenti di letture (marzo 2020)



Alcuni passaggi di uno dei libri che ho attualmente in lettura, RAGAZZI DI ZINCO  di Svetlana Aleksievic:



“Non c’è un popolo la cui storia possa essere giudicata a partire dalla coscienza 
che ha di sé stesso."


"In guerra, per quelli che ci sono dentro, la morte non ha niente di misterioso. Per ammazzare basta premere sul grilletto. Ce l’hanno insegnato: resta vivo chi spara per primo. È la legge della guerra."




"com’è possibile che si riesca ad assassinare dentro ciascuno di noi il coraggio? O a trasformare uno qualunque dei nostri ragazzi in un assassino? Come mai si può fare di noi tutto quello che si vuole?"


"Partivamo per fare la rivoluzione! Così ci dicevano. E noi ci credevamo. Ci aspettavamo qualcosa di romantico. ...Quando una pallottola incontra un uomo fa un rumore particolare – che non puoi dimenticare né confondere con nient’altro – una specie di tonfo bagnato. E il ragazzo che ti è accanto cade a faccia in giù nella polvere, bruciante come la cenere. Lo rivolti sulla schiena: stringe ancora tra i denti la sigaretta che gli avevi appena dato... Ancora accesa... La prima volta ci si muove come in sogno: ti affretti, lo trascini via, spari, ma poi non hai più nessun ricordo del combattimento, non sei in grado di raccontarlo. Come se tutto si fosse svolto dietro a un vetro... O in un incubo. Dal quale ti risvegli per l’angoscia ma senza poter ricordare niente."


"Per provare veramente paura, terrore, bisogna serbarne la memoria, farci l’abitudine."






martedì 24 marzo 2020

Dietro le pagine di "La tua vita e la mia"



La lettura di LA TUA VITA E LA MIA di Majgull Axelsson mi ha spinta a interessarmi all'istituto per disabili mentali di Vipeholm a Lund in Svezia, menzionato dall'Autrice, che, a proposito di ciò che succedeva tra le mura del manicomio, cita - senza soffermarvisi troppo - gli esperimenti sulle carie dentali fatte sui pazienti.
I suddetti esperimenti sono avvenuti tra gli anni 1945 e 1955. In seguito, essi furono oggetto di una profonda discussione etica in relazione alle modalità in cui furono condotti.

In Svezia negli anni '30 gli studiosi avevano scoperto che anche i bambini di 3 anni avevano delle carie nell'83% dei loro denti, cosa non insolita se pensiamo che la cura dentale era molto scarsa nella maggior parte dei paesi.
Il trattamento dei denti era praticamente inesistente e quelli in decomposizione venivano semplicemente tirati via; pensate che la mancanza di denti era così diffusa negli Stati Uniti che l'esercito limitò le reclute per la prima e la seconda guerra mondiale a quegli uomini che avevano almeno sei denti opposti intatti.

Di fronte a un'epidemia nazionale di riparazione dei denti troppo costosa da intraprendere, il governo svedese decise di concentrarsi sulla prevenzione e commissionò uno studio (finanziato dall'industria dello zucchero) sul ruolo e l'importanza della dieta e dei dolci.

Decisero che il luogo perfetto per svolgere un simile studio fosse il Vipeholm Mental Institution, una grande struttura appena fuori Lund capace di accogliere fino a 1000 persone ricoverate.
Dal 1935 era diventata una casa per soggetti con gravi disabilità intellettive e dello sviluppo.

Questi pazienti erano definiti idioti, e secondo la medicina di allora un "idiota" era una persona con un QI inferiore a 25; un "imbecille" aveva un QI compreso tra 26 e 50 (l'intelligenza di un bambino di sette anni).
In questo manicomio, vi erano grandi sale in cui i pazienti venivano più che altro lasciati a se stessi; se eccessivamente fastidiosi, li si bagnava con acqua fredda; alcuni di loro erano allettati.

In pratica, alla fine degli anni '40 i pazienti di questa struttura furono deliberatamente nutriti con caramelle appiccicose per vedere cosa sarebbe successo ai loro denti: l'obiettivo era studiare l'effetto delle caramelle sui denti.
A dare il permesso fu il direttore, non certo le famiglie dei degenti, che non furono consultate.

I partecipanti allo studio erano stati tutti nutriti con la stessa dieta di base, poi suddivisi in sette gruppi per confrontare il modo in cui leggeri cambiamenti nei tempi e nella quantità di consumo di zucchero influissero sulla loro salute dentale.
Com'è logico immaginare, molti di questi pazienti hanno finito per perdere i denti.



Un altro aspetto molto triste è stato evidenziato da Kristina Engwall* quando ha confrontato lo stato nutrizionale negli ospedali e nelle istituzioni psichiatriche svedesi per i "deboli di mente" durante le due guerre mondiali con quelli delle istituzioni tedesche delle stesse due epoche. 
Entrambi i paesi avevano alti tassi di mortalità durante la prima guerra mondiale; durante la seconda guerra mondiale, i nazisti usavano la fame come mezzo per uccidere i disabili. 
Similmente, in Svezia, il razionamento dovuto alla guerra ha colpito i pazienti in quanto fu ridotto il cibo disponibile per i pazienti negli ospedali psichiatrici e negli ospedali in generale, ma nonostante la marcata perdita di peso dei pazienti in questo tipo di istituti, non ci sono prove che i tassi di mortalità nelle istituzioni svedesi fossero in aumento, fatta eccezione per il Vipeholm, dove i pazienti, essendo gravemente disabili, richiedevano assistenza nel mangiare.
E' probabile che l'alto tasso di mortalità a Vipeholm tra il 1941 e il 1943 fosse il risultato della carenza di personale e di un'assistenza insufficiente ai pazienti che necessitavano di maggiore aiuto, con conseguente denutrizione e morte. 
In generale, i pazienti istituzionalizzati per lunghi periodi mostrano un alto tasso di mortalità, 
attribuibile alle condizioni di affollamento e alla facile diffusione dell'infezione; durante gli anni della guerra, quando il cibo era di per sè scarso, i tassi di mortalità non poterono che aumentare ulteriormente.




Articoli consultati
  • Fonte 1
  • *Fonte 2:  Engwall, K., 2005. Affamato di morte? Nutrizione nei manicomi durante le guerre mondiali. Scandinavian Journal of Disability Research , 7 (1), pagg. 2-22. DOI: http://doi.org/10.1080/15017410510032172
  • Fonte 3: Seeman, Mary. (2006). Starvation in psychiatric institutions in Sweden. International Journal of Mental Health. 35. 81-87. 10.2753/IMH0020-7411350409. 
  • Fonte 4

lunedì 23 marzo 2020

Recensione: LA TUA VITA E LA MIA di Majgull Axelsson



Dall’autrice di Io non mi chiamo Miriam (QUI la recensione), un romanzo duro, appassionante, necessario che affronta un altro capitolo scuro nella storia della Svezia moderna: il trattamento crudele e inumano riservato alle persone con disabilità intellettive gravi all'interno dei "manicomi".



LA TUA VITA E LA MIA
di Majgull Axelsson


Ed. Iperborea
trad. L. Cangemi
404 pp
18.50 euro
Marzo 2019
Märit è un'elegante signora di settant'anni che sta per tornare nei luoghi della propria infanzia.
Ad essere precisi, ha quasi settant'anni: li compirà tra pochi giorni e, per l'occasione, la cognata Kajsa (sposata col gemello di Märit, Jonas) l'ha invitata a casa loro per festeggiare insieme il doppio compleanno.
E così la donna, ex giornalista di successo e vedova solitaria, lascia - senza troppo entusiasmo - la sua amata Stoccolma per tornare a Norrköping, dove è nata e cresciuta, e più precisamente nella casa d’infanzia di cui non sente alcuna nostalgia e dove vivono Jonas e Kajsa.
Ma mentre è in viaggio in treno, un impulso irresistibile la spinge a fare una sosta a Lund, dove non mette piede da ben cinquantuno anni perché in questa città sono sepolti ricordi dolorosi, che da sempre lei cerca di mettere a tacere quando riaffiorano nella sua mente: a Lund, infatti, è sepolto suo fratello Lars.
Lars non ha una tomba sua, su cui Märit possa posare un fiore in sua memoria, e questo perchè il giovane ha avuto un destino molto triste: è morto - in circostanze mai verificate - all'interno del grande manicomio 
di Vipeholm, in cui è stato ricoverato per diverso tempo prima di morire, e per i "malati di Vipeholm" c'è giusta una piccola lapide che li ricorda tutti: morti senza nome, senza storia, senza passato.

Lars-lo-Svitato, lo Sgorbio, come lo chiamavano tutti in famiglia: Lars era l'onta di casa, il figlio/nipote/fratello da tenere nascosto perchè ci si vergognava del suo grave deficit mentale, della sua ingombrante e sgradevole presenza, delle sue urla, dei suoi mugugni incomprensibili, della sua stupidità.
Lars, che aveva un talento nascosto (era bravo in disegno) al quale nessuno dava importanza - da quando in qua i matti hanno talenti nascosti? -; Lars, il non-amato, che però era la ragione di vita di sua madre, l'unica in casa che lo amava incondizionatamente, al punto da trascurare un po' gli altri due figli, quelli "normali", i gemelli Jonas e Märit.
Certo, trascurare per modo di dire visto che con loro vivevano i nonni, e se Märit era la "cocca" di papà, Jonas lo era della nonna, che stravedeva per il nipote maschio e non ha mai fatto nulla per nasconderlo, anzi.

La famiglia di Märit, come il lettore comprende leggendo il libro, è "particolare" (per usare un eufemismo), diciamo pure "disfunzionale", con non poche dinamiche relazionali problematiche e poco sane.

"abituata com’ero ai silenzi di mio padre, all’esplicito disprezzo di Jonas, alla tronfia autoreferenzialità del nonno e alla velenosa schiettezza della nonna, un inferno tanto semplice quanto poco raffinato."

Solitamente al "focolare domestico" è associata un'idea di amore, solidarietà, comprensione, aiuto reciproco...; ma tra le mura di questa casa non c'è ombra di tutto ciò: il nonno passa le giornata a imprecare e urlare contro la moglie, petulante e inacidita, e contro  gli altri membri della famiglia, per i quali non ha mai una parola buona, ma solo battutacce sarcastiche e pungenti.
La nonna ha occhi unicamente per Jonas, il solo che ama (ed è ricambiata), per il resto è come suo marito: cattiva, pronta a ferire con parole caustiche, sminuendo tutti, a partire dal genero e dalla nipote  Märit.
Il padre è un uomo debole, vigliacco, incapace di opporsi alle ingiustizie e alle cattiverie, di prendere le parti dei più deboli; fondamentalmente è un buono, ma la sua bontà non è di alcun beneficio a chi gli è vicino perchè gli manca la forza di agire.
Jonas è un ragazzetto superficiale, odioso, arrogante, spavaldo, che ignora Lars - lo considera inferiore, un essere inutile - e detesta dichiaratamente la sua gemella,  Märit.
I due hanno un rapporto atipico per due gemelli: lungi dall'essere uniti, essi non si sopportano, sono incompatibili caratterialmente; se tutta va bene, si ignorano, altrimenti Jonas è capace di mettere in atto comportamenti molesti verso la sorella, pur di umiliarla e farla sentire stupida e insignificante.
Märit è una ragazza con dei sogni, in cui crede solo lei perché di sostegno tra i famigliari non ne ha: vuole studiare per diventare un medico, nonostante negli anni Sessanta non sia ritenuto un "mestiere adatto una donna", ma non c'è nessuno che la incoraggi.
La madre è una povera donna che soffre per il suo primogenito "sfortunato", da tutti scansato e schernito: che ne sarà di Lars dopo di lei, ancor più se dovesse mai accaderle qualcosa prematuramente?

E qualcosa accade davvero in un tragico giorno di fine anni '50 (Märit aveva solo quattordici anni), quando due membri di questa famiglia alquanto strana e di certo poco amorevole, vengono portati via: la madre muore in seguito ad un incidente domestico e il "piccolo grande fratello", quello svitato, viene fatto immediatamente allontanare con la forza e con l'intervento di due uomini che lo porteranno via senza che di lui si sappia più alcunché.

Sulla scomparsa di Lars passano le settimane e gli anni, e per tutti in casa è come se non fosse mai esistito: non solo non vanno a trovarlo lì dov'è ricoverato, ma neppure lo nominano, e sul poveretto si posa una nube di silenzio e oblio che tormenta la sensibile Märit, la quale invece non riesce a dimenticare né a fingere che niente sia successo, come tutti a casa sono bravi a fare.

La svolta arriva quando, una volta diplomatasi e desiderosa di scoprire dove sia finito il fratello maggiore, si offre come volontaria in istituti per disabili mentali, e scopre che Lars è ricoverato a Vipeholm; si reca in visita, rendendosi conto in quali tristissime, disumane ed ingiuste condizioni vivono queste povere persone all'interno di tali strutture; quella sarà l'unica volta in cui lei andrà a trovarlo e la volta successiva in cui lo rivedrà sarà purtroppo l'ultima e avverrà in circostanze che definire tragiche e dolorose è poco...

Märit è una ragazza dalla personalità complessa, tormentata, e per certi versi "divisa" in due: da una parte ha un lato di sè che mostra agli altri, quella parte di personalità pacata, accondiscendente, timorosa, propria di chi non alza mai la voce ma accetta e comprende, cerca l'approvazione altrui, non si ribella, soffre in silenzio; e poi c'è quel lato di sè latente che è forte, polemico, granitico, aggressivo, che vorrebbe spingerla a mostrare i denti, a far vedere a chi le è attorno che nessuno può calpestarla e uscirne impunito.

"Perché nei tuoi ricordi sei quasi sempre quella che compie buone azioni in silenzio, anche se alcune di queste azioni potrebbero apparire malvagie, a vederle da fuori. Ma su questo possiamo ritornare più avanti. Negli altri casi sei la parte lesa, la vittima innocente che mai si sognerebbe di guardare in faccia un osservatore esterno, ma che al contempo si assicura che questo osservatore noti come sanno velarsi di lacrime i tuoi occhi. Il muto rimprovero, in effetti, è il tuo cavallo di battaglia. Mai e poi mai ammetteresti che in quegli occhi c’è spazio per molto altro. Sete di vendetta, per esempio. O disprezzo. Per non parlare di rabbia, odio, avidità, superbia e invidia. Solo per fare un breve elenco dei tuoi peccati."

Ebbene, questa "seconda personalità" lei l'avverte in modo molto (troppo) forte, come se esistesse davvero nella sua mente ("dietro le tempie", per usare le sue stesse parole) un'altra se stessa (l'Altra), che lei identifica con la sorella gemella morta il giorno della sua nascita; la mamma, infatti, ebbe un parto trigemellare, e mentre Jonas e Märit sopravvissero, l'altra gemella morì, e da un certo momento in poi "ha preso vita" nella testa di Märit, assumendo i contorni di una sorta di "coscienza parlante" e imponendosi come quella sfaccettatura di sé più veemente, bellicosa, che rimprovera la Märit debole e pretende di ordinarle cosa fare, come parlare e reagire.

"Eppure ha vissuto, anche se solo come un’ombra. Una vita l’ha avuta, nonostante tutto..."

Questo "escamotage" dell'Autrice - la personificazione di una parte della personalità, identificata con la gemella morta - l'ho trovata molto interessante perchè ci ricorda ed evidenzia, in modo efficace e intenso, la complessità dell'animo umano, come ciascuno di noi sia un caleidoscopio di modi di essere e pensare diversi tra loro, in cui possono coabitare non poche contraddizioni, spinte e pulsioni che spesso tra loro "litigano", senza che questo faccia di noi dei soggetti bipolari, ma semplicemente persone particolarmente sensibili e introspettive, come è Märit, i cui tanti "traumi" irrisolti hanno l'hanno indotta a creare, nella propria mente, un alter ego che puntualmente affiora e la mette sotto accusa, la fa sentire colpevole, inadeguata, le ricorda, spietata, quei segreti seppelliti e quelle memorie relegate in un angolino della memoria per soffrire il meno possibile e che invece vanno ripescate, guardate in faccia e chiamate col loro nome.

"Quei giorni non si possono dimenticare, sono impressi a fuoco dentro di noi, rappresentano lo sfondo su cui si è svolta tutta la mia vita e di sicuro anche la sua. I ricordi sono il tormento delle notti e l’ombra dei giorni, sono la prigionia in cui entrambe viviamo da sempre. È da mezzo secolo che ogni mattina sono costretta a scacciare quelle immagini..."

E anche una persona come Märit, con tutte le proprie debolezze e cecità, può arrivare ad un punto in cui realizza che il potere delle parole è immenso, e che la possibilità di portare insieme fardelli con chi condivide con te terribili macchie e colpe è urgente e necessario:

"non perché la colpa si sarebbe dissolta, perché non può dissolversi, ma perché parlarne l’avrebbe resa più leggera da portare. Un fardello condiviso. E perché saremmo riuscite a trovare le parole per tutto ciò che è legato a quel giorno: la rabbia, il dolore e il mutismo delle nostre vite. Tutto ciò che ha plasmato la sua vita e la mia."

E c'è una sola persona con la quale la protagonista sa di dover trovare il coraggio per affrontare scomode e dolorose verità, perché le due condividono un grosso segreto e ricordare, riconoscere, "confessare" è l'unica via per poter guarire, riscattarsi da errori e mancanze che, nonostante in poco più di mezzo secolo siano state messe sotto la cenere, in realtà hanno continuato a covare e a lacerare l'anima.

Anche questo romanzo - come il precedente - colpisce nel profondo il lettore, che si lascia catturare dall'occhio clinico, attento e minuzioso tipico di una giornalista (qual è l'autrice), che non si accontenta di raccogliere informazioni superficiali su una questione, ma va a fondo per scardinare pregiudizi e discriminazioni, tanto all'interno di un microcosmo - come la famiglia, con le sue fragilità, discrepanze, incomprensioni, l'incapacità di saper gestire situazioni di disabilità - quanto all'interno di un universo più grande, quale è quello della società svedese, rigorosamente improntata all’emancipazione dell’individuo e che finiva per dimenticare e ghettizzare le fasce più deboli del Paese, privandoli dei loro diritti fondamentali, trattandoli come dei mostri da nascondere in luoghi nei quali il rispetto per la dignità e i bisogni della Persona lasciava molto a desiderare.
i flashback sono costanti, il 2013 si alterna al 1962 e anche all'interno della narrazione del presente basta un particolare perché la mente della protagonista si ritrovi nel passato; la penna della Axelsson è potente, va nel profondo, indaga, spoglia i suoi personaggi di ogni ipocrisia e debolezza, denuncia ingiustizie; gli sbagli dei singoli (rispetto ai disabili mentali) sono gli stessi della società (svedese).

Ne consiglio la lettura, con la Axelsson non si resta mai delusi, ti entra dentro perchè ha una grande capacità di narrare di problematiche rilevanti di natura sociale calandole nelle esistenze di singoli personaggi tormentati che a un certo punto si ritrovano a disseppellire segreti famigliari nascosti per anni e a fare i conti con la propria coscienza, senza poterle più sfuggire.

domenica 22 marzo 2020

Nuove uscite Amazon Publishing: "Sepolto" di Kendra Elliot || "A casa prima del tramonto" di Alexis Harrington



Cari lettori, vi presento un paio delle prossime uscite Amazon Publishing e che avrò l'opportunità di leggere e recensire in anteprima:

  • SEPOLTO di Kendra Elliot, un mix di azione e sentimenti nel terzo libro della serie romantic suspense Bone Secrets;
  • A CASA DOPO IL TRAMONTO di Alexis Harrington: una donna si è ricostruita una vita, dopo la morte del marito. Ma se un giorno scoprisse che è ancora vivo?



SEPOLTO
di Kendra Elliot



Amazon Crossing
trad. E. Papaleo
349 pp
 3,99€ in eBook
9,99€ in cartaceo
USCITA:
31 MARZO 2020



Michael Brody è un giornalista abituato a ottenere risposte. Ce n’è una però che gli sfugge da vent’anni: cos’è successo a suo fratello Daniel il giorno in cui il pulmino della scuola è scomparso nel nulla? 
Quando vengono rinvenuti i resti di alcuni bambini, Michael cerca in tutti i modi di mettersi in contatto con l’unico sopravvissuto a quella tragedia, Chris Jacobs. 
La sua speranza è che rompa il silenzio e gli spieghi perché tra quei resti sepolti non ci siano quelli di Daniel. 
Ma la paura di essere rintracciato dal suo rapitore ha spinto Chris a nascondersi e l’unica pista che resta a Michael è la sorella. 
Forte e impenetrabile, Jamie Jacobs si unirà a lui nelle ricerche. Rintracciare Chris non sarà una passeggiata. 
Ormai è un adulto, e le sue cicatrici vanno ben oltre la superficie della pelle.

In Sepolto Kendra Elliot tratteggia il profilo di un eroe compromesso e scava a fondo nel suo passato spaventoso per portare alla luce una possibilità d’amore per il futuro.

L'autrice.
Nata e cresciuta nel Pacific Northwest, la lussureggiante regione tra Canada e Stati Uniti, Kendra Elliot è sempre stata una lettrice vorace, tanto dei grandi classici letterari quanto dei romanzi di Stephen King, Diana Gabaldon e Nora Roberts. Diplomata in giornalismo e igienista dentale abilitata, dopo sedici anni dedicati all’odontoiatria, nel 2012 ha deciso di scrivere a tempo pieno, raggiungendo in breve successo di pubblico e gratificazioni dalla critica che le ha attribuito diversi premi, fra cui il prestigioso Daphne du Maurier. Con Amazon Crossing ha pubblicato Nascosta e Gelida, i primi due episodi della serie Bone Secrets.


A CASA DOPO IL TRAMONTO 
di Alexis Harrington



Amazon Crossing
trad. Maria Pia Smiths-Jacob 
297 pp
 3,99€ in eBook
9,99€ in cartaceo
USCITA:
7 APRILE 2020

Nel 1917, Riley Braddock è partito dall’Oregon per la guerra. L’anno seguente, la notizia della morte in Francia dell’adorato marito sconvolge Susannah. 
La donna continua a vivere nella proprietà della famiglia Braddock e trova conforto in Tanner Grenfell, un aiutante assunto per occuparsi dell’allevamento dei cavalli. 
Tra i due nasce una profonda amicizia e, con il tempo, il dolore di Susannah diminuisce e l’affetto per Tanner si trasforma in amore. 
Finché non decidono di sposarsi e di dedicarsi al ranch.
Ma la felicità della coppia è destinata a consumarsi presto. 
Due anni dopo essere stato dichiarato morto, Riley, infatti, viene riportato in patria. Ha un trauma da bombardamento e nessuna memoria della sua vita precedente: per lui Susannah è una sconosciuta. Riley ricorda soltanto Véronique, la francese che lo ha salvato alla fine del conflitto e lo ha aiutato a rimettersi in salute.

In una commovente testimonianza del potere dell’amore e della sua capacità di guarire lo spirito umano, quale sentimento prevarrà nel cuore di Susannah: l’amore per Tanner o la lealtà verso l’ex marito, Riley?

L'autrice.
Alexis Harrington è stata premiata per una dozzina di romanzi, incluso il best seller internazionale The Irish Bride. Per circa dodici anni ha lavorato come consulente nel settore dell’ingegneria civile, prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
Quando non scrive, si diverte a creare gioielli, a ricamare, a cucire, a stare davanti ai fornelli e a intrattenere gli amici. Vive nel Nordovest Pacifico vicino al fiume Columbia, in compagnia di una varietà di animali che, mentre lavora, fanno del loro meglio per distrarla.


venerdì 20 marzo 2020

IN NOME DEL CIELO di Jon Krakauer



Nel luglio del 1984 due fratelli, convinti di essere "ispirati da Dio", trucidarono una mamma con la sua bambina.
Le ragioni del loro crimine affondavano le radici in una fede condivisa da milioni di americani...



IN NOME DEL CIELO
di Jon Krakauer



Oscar Mondadori
400 pp
Il 24 luglio 1984 Dan e Ron Lafferty uccisero a sangue freddo la cognata Brenda e la nipotina di appena un anno. 
Per nulla pentiti, sostennero di averlo fatto perché “ispirati da Dio”. 
Com’è possibile che fatti del genere siano avvenuti alle soglie del ventunesimo secolo, nell’avanzatissima America? 
Per trovare una risposta, Jon Krakauer ha iniziato un’inchiesta che in breve si è trasformata in una vera e propria discesa agli inferi tra i “talebani cristiani”: la Chiesa Fondamentalista di Gesù dei Santi degli Ultimi Giorni, il ramo integralista dei mormoni. 
Quarantamila persone che, dal Canada al Messico, vivono soggiogate da sedicenti profeti che li spingono a compiere anche i delitti più raccapriccianti per compiacere alla volontà divina. 

Questo libro è il resoconto dell’esperienza di Krakauer, infiltrato in un mondo fatto di aspettative messianiche, spose bambine, fobia sessuale, poligamia e fede incrollabile. 
Ma è anche un’acuta analisi storica, culturale e sociale che solleva interrogativi inquietanti e provocatori sulla natura della fede e sul perché – in nome del cielo – si arrivi persino a uccidere.

L'autore.
Jon Krakauer (Brookline, Massachusetts, 1954), alpinista, giornalista e scrittore, è diventato celebre con i suoi reportage per «Outside Magazine» e per i libri di avventura Nelle terre estreme (1997, da cui è stato tratto il film Into the wild), Aria sottile (da cui è stato tratto il film Everest) e In nome del cielo (2003). Per Random House dirige la collana "Exploration".


HO SCOPERTO QUESTO LIBRO - E LA RELATIVA STORIA - PER CASO SU INSTAGRAM.
L'HO INSERITO IN WISHLIST ^_-

giovedì 19 marzo 2020

Recensione: IL LIBRO NASCOSTO di D. M. Pulley



Ci sono armadi che è meglio non aprire per non liberarne gli scheletri; libri che sarebbe meglio non leggere per non scoprire scomodi segreti: il giovanissimo protagonista, nell'incoscienza tipica dell'età, farà proprio quello che gli adulti attorno a lui gli ordinano di non fare: aprire armadi, andare in giro a curiosare e far domande alle persone sbagliate e scoprire segreti.


IL LIBRO NASCOSTO
di D. M. Pulley



Amazon Crossing
trad. R. Maresca
457 pp
È il 1952, Jasper ha nove anni, vive con sua madre Althea e suo padre Wendell; una mattina presto la mamma lo sveglia di soprassalto, lo carica in auto, gli mette in mano una valigia con un cambio di vestiti e una Bibbia: è tutto il corredo di sopravvivenza che la donna lascia a suo figlio quando lo lascia alla fattoria dello zio Leo, fratello di Althea.

Jasper  è un bambino intelligente e abbastanza ubbidiente: conosce bene sua madre e sa che quando lei decide e ordina qualcosa, lui non deve fare storie e non deve azzardarsi a discutere, altrimenti sono guai.
Althea è una mamma decisa, dai modi spicci, che alterna momenti e gesti affettuosi con altri sgarbati nervosi, al limite dell'isteria; Jasper è avvezzo agli sbalzi d'umore della madre e sa che, se c'è una cosa che la manda in collera, sono le domande del figlio: non gli è concesso farne né tanto meno protestare.

Questa regola fondamentale deve ricordarsela ancor più ora che starà per un po' di tempo dallo zio: se non vuole irritarlo, Jasper deve tenere la bocca chiusa e le orecchie bene aperte.
Lei, Althea, tornerà il prima possibile a riprenderlo, ma prima deve sistemare una cosa da sola e chiede al burbero fratello contadino di prendersi cura per un tempo imprecisato del nipote, e di stare attento a lui, di "proteggerlo".
Da chi o da che cosa? C'è forse qualcuno che vuol fare del male ad Althea e anche a Jasper?

Le prime domande cominciano ad affollare la mente confusa e impaurita del ragazzino, che si accorge ben presto di come gli adulti attorno a lui non abbiano alcuna intenzione di fornirgli le risposte che cerca: la madre è scappata senza dire né perchè né dove fosse diretta né se avesse intenzione davvero di tornare.
Zio Leo, di poche parole e piuttosto ostile nei confronti della sorella (di cui ha una pessima opinione), non è proprio il tipo con cui intrattenere conversazione, tutto dedito com'è ai faticosi lavori della fattoria; zia Velma - la moglie di Leo - è buona e comprensiva, ma non sembra possedere informazioni utili; Wendell - il papà di Jasper - è disperato dalla scomparsa della moglie, anche se non pare esserne enormemente sorpreso, ma soprattutto non ha nulla da dire al figlio, se non un generico e poco rassicurante: "Andrà tutto bene, figliolo".

Insomma, nessuno sa dove sia andata la madre, ma Jasper ha un disperato bisogno di vederla e non si arrende davanti al silenzio dei grandi.

A fargli compagnia nelle sue "uscite" (rigorosamente all'insaputa degli zii) per scoprire ciò che tutti si premurano di nascondergli, c'è il cugino (poco più grande di lui) Wayne.

E proprio nel corso di una esplorazione nei dintorni alla fattoria, i due ragazzi finiscono nella casa appartenuta alla famiglia di Althea: l'abitazione è in rovina a causa di un incendio scoppiato anni prima, quando lei, allora giovanissima, ha in qualche modo causato l'incidente che non solo ha distrutto la casa ma ha portato disgrazie e disonore ai suoi famigliari.
Cosa è successo davvero, tanto tempo prima? Che tipo era Althea da ragazza e perchè zio Leo ce l'ha tanto con la sorella?

In quella casa ormai abbandonata, Jasper trova un quadernetto: è il diario che la madre tenne per un periodo di tempo e nel quale riportò alcuni fatti successi quando aveva solo 14-15 anni.

Dalla lettura del diario - fatta di nascosto, perchè Jasper sa che zio Leo lo punirebbe se lo scoprisse col diario in mano - il ragazzino scopre particolari importanti circa Althea: la sua insofferenza verso la vita in fattoria, il suo sentirsi non amata e molto inadeguata, e soprattutto i rapporti con un certo signor Hoyt, un contadino grande d'età che però trattava la giovane Althea con modi ed espressioni tutt'altro che paterne. 
Sua madre è stata vittima delle attenzioni oscene di un vecchio lascivo e cattivo?
Sembrerebbe di sì, ma a questo particolare già disgustoso si aggiunge un' altra informazione, che il ragazzino vedrà gradualmente confermata da alcuni loschi individui che conoscono molto bene Althea: sua madre è stata coinvolta in affari poco puliti, illegali, che l'hanno messa in contatto con gente poco raccomandabile e una comunità di nativi americani del posto.
Accanto al diario, un altro libro insospettabile sarà fonte di incredibili rivelazioni: la Bibbia per ragazzi regalatagli dalla mamma, nella quale si nascondono informazioni che sarebbe meglio non rendere note...

"il libro pesava dei segreti della madre. O forse erano soltanto bugie..."

Inizia così il tormentato viaggio di Jasper, che lo porterà a ritrovarsi in un mondo adulto fatto di corruzione, scandali e omicidi, diviso tra la vita in campagna - fatta di duro lavoro ma in fondo serena - egli squallidi covi di Detroit, le taverne buie, i locali di spogliarelliste e le case d’azzardo.
Un ragazzino di dieci anni non dovrebbe ritrovarsi a frequentare contesti sordidi, ambigui, dove uomini senza scrupoli e con la sola preoccupazione di fare soldi, architettano attività illegali e sono disposti a sacrificare la vita di innocenti pur di proteggere i propri sporchi affari.

"Non ficcare il naso negli armadi altrui, figliolo. Gli scheletri che ci sono dentro possono essere davvero cattivi".

Ciò che Jasper porterà alla luce andando qua e là a far domande, scappando di casa di notte più volte, disobbedendo al padre e a zio Leo, infilandosi in più di un guaio, sarà un passato sconvolgente che continua a perseguitare la madre e che ora minaccia anche lui.

"La verità è strana, Jasper. A volte riesci a credere soltanto a quello a cui sei disposto a credere".

Per il bambino questa avventura sarà la fine dell'innocenza dell'infanzia perchè in questo cammino irto di pericoli verrà in contatto con le facce più abiette e con le debolezze più oscure dell'animo umano, ne sarà terrorizzato, arrabbiato, deluso (ma quante bugie sanno inventare gli adulti?!?) eppure il desiderio di verità e di poter aiutare sua madre è più grande di qualsiasi paura.
  
Un romanzo che ci racconta una storia avventurosa, in cui in certi frangenti la realtà si mescola con la sensazione che Jasper stia vivendo una grande incubo; un percorso costellato di graduali rivelazioni sui tanti e ambigui segreti di una madre che ha fatto molti errori ma che ha cercato, per amore, di proteggere il più possibile suo figlio, il quale però - mosso anch'egli dall'amore verso la mamma - cercherà in tutti i modi di scoprire la verità sul passato della donna.
Scorrevole, con un intreccio intrigante ed intricato (forse a volte pure un po' troppo, tanto da confondermi in alcuni momenti); si empatizza col protagonista, per il quale si prova una certa ammirazione perché sfida le proprie paure e le minacce dei grandi pur di ritrovare l'amata mamma.

mercoledì 18 marzo 2020

Libri che diventano film




Anche se di film al cinema non ne possiamo vedere per ragioni note a tutti noi, mi e vi tengo aggiornata/i sulle pellicole tratte da libri.


La fuga. Chaos di Patrick Ness diventa un film, Chaos Walking, diretto da Doug Liman: è un distopico ambientata sul pianeta Mondo Nuovo, dove gli uomini convivono con il Rumore, cioè la
capacità di sentire i pensieri altrui, e le donne sembrano estinte, almeno fino a quando Todd, giovane protagonista, non scopre Viola.
Nel cast Tom Holland, Daisy Ridley e Mads Mikkelsen e non si ancora la data di uscita.

Sinossi libro: Esiste un posto in cui si parla senza dire nulla. Perché tutti sentono i pensieri degli altri, anche se non vogliono. Giorno e notte, lontano e vicino, il Rumore ti raggiunge sempre. Gioia, paura, rimpianto, speranza: non c'è scampo al caos incessante che ronza nell'aria e affligge gli uomini di Prentisstown come un morbo, dopo aver sterminato le donne. Eppure anche nel Rumore è possibile mentire. Todd è l'ultimo nato al villaggio, parla una lingua tutta sua e presto compirà tredici anni, l'età in cui nella comunità si diventa adulti. Un evento tanto atteso e dalle conseguenze inimmaginabili, protette da un segreto che tutti seppelliscono sotto strati di pensieri. Ma Todd sta per scoprire che esiste un buco nel Rumore, un nucleo di silenzio che nessun pensiero può sporcare, e che non è vero che tutte le donne sono scomparse. Da questo momento Todd dovrà correre e fuggire lontano, con il solo aiuto di un cane, un coltello e una ragazza, alla ricerca della verità.

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L’uomo invisibile è un film liberamente ispirato all’omonimo romanzo di fantascienza (Newton Compton) dello scrittore Herbert George Wells.
La pellicola, diretta da Leigh Whannell, è un horror psicologico che narra di Cecilia Kass, succube di una relazione malsana e violenta con Adrian, uno scienziato ricco e brillante, ma manipolatore e folle. Stanca di quel legame tossico, la donna riesce a far perdere completamente le sue tracce al marito, che si suicida tagliandosi le vene. Da quel momento Cecilia viene perseguitata da sinistri incidenti che la convincono lui sia vivo e invisibile. TRAILER
Nel cast: Elizabeth Moss, Oliver Jackson, Aldis Hodge, Storm Reid.


Limonov (Adelphi) di Emmanuel Carrère narra la vita di Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov, scrittore, e dissidente russo la cui vita assomigliava a un romanzo prima ancora d’essere scritta. Il film sarà diretto da Pawel Pawlikowski, ma non si sa ancora molto.

Appunti di un venditore di donne (Baldini+Castoldi) di Faletti diventa un film, Il venditore di donne, diretto da Fabio Resinaro, e interpretato da Mario Sgueglia, Miriam Dalmazio e Libero de Rienzo.

Sinossi libro: 1978. A Roma le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro, in Sicilia boss mafiosi come Gaetano Badalamenti soffocano ogni tentativo di resistenza civile, all'ombra della Madonnina le bande di Vallanzasca e Turatello fanno salire la tensione in una città già segnata dagli scontri sociali. Ma anche in questo clima la dolcevita del capoluogo lombardo, che si prepara a diventare la "Milano da bere" degli anni Ottanta, non conosce soste. Si moltiplicano i locali in cui la società opulenta, che nella bella stagione si trasferisce a Santa Margherita e Paraggi, trova il modo di sperperare la propria ricchezza. È proprio tra ristoranti di lusso, discoteche, bische clandestine che fa i suoi affari un uomo enigmatico, reso cinico da una menomazione inflittagli per uno "sgarbo". Si fa chiamare Bravo. Il suo settore sono le donne. Lui le vende. La sua vita è una notte bianca che trascorre in compagnia di disperati, come l'amico Daytona. L'unico essere umano con cui pare avere un rapporto normale è un vicino di casa, Lucio, chitarrista cieco con cui condivide la passione per i crittogrammi. Fino alla comparsa di Carla che risveglierà in Bravo sensazioni che l'handicap aveva messo a tacere.

News of the world, il romanzo western della scrittrice americana Paulette Jiles, sta per diventare un film, diretto da Paul Greengrass e interpretato da Tom Hanks; l’uscita nelle sale statunitensi è prevista per il Natale 2020.
Il Capitano Jefferson Kyle Kidd, un texano, viaggia di città in città per leggere le notizie agli abitanti che non potrebbero sapere in nessun altro modo cosa sta accadendo nel resto del mondo. Kidd accetta di accompagnare una bambina di dieci anni dai suoi zii a San Antonio. La piccola è stata salvata dalla tribù Kiowa che l'ha rapita dopo aver ucciso la sua famiglia quattro anni prima. La ragazzina, però, non vuole essere salvata e portata dai suoi parenti. I due protagonisti formano un inaspettato legame durante l'avventura e Kidd capirà che il suo lavoro sta per diventare inutile a causa della diffusione dei quotidiani.


POST GENERALE
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Film tratti dai libri in uscita nel 2020

martedì 17 marzo 2020

Recensione: I QUATTRO CANTONI di Gabriella Genisi



Un'altra avventura attende i lettori, in compagnia della bella commissaria pugliese, Lolita Lobosco, che, con le sue immancabili Louboutin tacco 12, l'amore per la sfiziosa e saporita cucina barese (panzerotti in primis) e animata da un'inesauribile passione per la giustizia, è nuovamente impegnata in una complicata indagine che le farà passare delle vacanze natalizie a dir poco movimentate.



I QUATTRO CANTONI
di Gabriella Genisi



Sonzogno Editori
270 pp
15 euro
E' una mattina del 3 dicembre, a pochi giorni dalla festa di San Nicola, patrono di Bari, e per la commissaria Lolita Lobosco sta per iniziare un'altra giornata.
Ha passato la notte col suo nuovo amore, Giancarlo Caruso, in una casetta di pescatori a Polignano, nella vicina Torre a Mare, e si è svegliata divisa tra la consapevolezza di stare con un uomo che la fa star bene, e la strana sensazione di non essere pronta ad un legame sentimentale vincolante.
Ma di lì a breve la sua mente sarà impegnata in qualcosa di decisamente più urgente: un uomo viene ammazzato nella sua villetta; sul corpo saranno trovate tracce di orrende sevizie, a testimonianza del fatto che l'assassino ha voluto infliggere alla vittima una morte lenta e dolorosa.

La sera dopo, una Mercedes scura cerca di sfuggire a un posto di blocco, finendo per schiantarsi contro un muro; in auto ci sono due uomini di etnia rom, padre e figlio, che muoiono sul colpo. 

Nel corso delle rilevazioni scientifiche in casa della vittima (un fotografo barese piuttosto noto  in città), si scopre che il dna di uno dei due rom morti era sulla scena del crimine; a testimoniarne la presenza quella notte, inoltre, ci sono le immagini delle telecamere esterne all'abitazione.

I due rom sono dunque gli assassini? Sembra di sì, anche perché il movente risiederebbe in un tentativo di rapina finito in tragedia, il che basterebbe a chiudere il caso.
Ma Lolita non ne è convinta e comincia a seguire altre piste, supportata dai fedeli collaboratori Esposito e Antonio Forte.
Decide di addentrarsi nella realtà della comunità rom, cercando di capirne cultura, tradizioni, gerarchie, ruoli all'interno della famiglia; così prova, grazie ad un mediatore culturale, a parlare con alcuni di loro, in particolare con i famigliari dei due uomini morti e accusati dell'omicidio del fotografo.
Con sua somma amarezza, viene a conoscenza di realtà drammatiche che richiederebbero un suo intervento, ma non è facile e automatico perchè c'è paura e diffidenza verso i poliziotti.
Riesce a conquistare la fiducia della moglie dell'uomo morto in auto col figlio e scopre che le loro due bambine hanno purtroppo avuto a che fare con uomini dediti all'infame trappola della pedofilia e della diffusione di materiale pedopornografico.

Il vaso di Pandora che Lolita si trova a scoperchiare coinvolge personaggi della Bari bene, a cominciare proprio dal fotografo brutalmente assassinato, che era in prima linea nei loschi traffici pedofili.
Allora ecco che il quadro comincia ad assumere contorni  più definiti e diversi dalle fase iniziali: e se i due rom fossero innocenti e l'assassinio su cui sta indagando fosse da attribuire a individui che avevano ragioni precise e molto personali per levare di mezzo il fotografo, che evidentemente avrebbe potuto rovinarli?

Certo, in questura si vuol mettere la parola fine al caso e si spinge per dare la colpa ai rom, il che non fa che alimentare il clima di odio e razzismo nei loro confronti.
Ma ancora una volta la nostra commissaria mostra una grande sensibilità verso questa gente verso la quale si sprecano pregiudizi e discriminazione, e determinazione nel volerci veder chiaro, anche se questo significa pungolare qualcuno "in alto" che sarebbe meglio non infastidire.

Anche se questo significa mettersi contro il questore e il collega della Digos Del Giudice, il quale non perde occasione per stuzzicare e provocare Lolita, che di certo "non gliele manda a dire" e sa come fargli abbassare la cresta.
Le giornate di Lolì sono belle piene, non soltanto per l'indagine che richiede tutto il suo impegno e la sua concentrazione, ma anche per le vicende personali: anzitutto Caruso è sparito, subito dopo il ritrovamento del cadavere (coincidenza...?), mandandola in confusione e gettandola nella tristezza; l'amica del cuore Marietta (che pure ha i propri grattacapi sentimentali) cerca di tirarla su di morale presentandole qualche bel giovanotto, ma inutilmente; menomale che c'è la consolazione offerta dalla buona cucina del Sud, dalla quale Lolita si lascia tentare volentieri.

A complicare il tutto si aggiungono altri inspiegabili e misteriosi delitti che, in capo a poche settimane, cominciano ad insanguinare la città e a spaventare la popolazione barese, gettando nel panico anche questura e forze dell'ordine, che non sanno che pesci pigliare.
Particolare non trascurabile: questi omicidi, riflette Lolita, devono essere necessariamente riconducibili ad una sola mente, ad un unico serial killer, il quale si sta divertendo in maniera macabra a riprodurre opere artistiche famosi martoriando le proprie vittime, scelte con un criterio ben preciso e che sono legate tra loro da diversi punti in comune: il fotografo e le altre vittime si conoscevano e i loro computer rivelano cose interessanti (e vergognose) su certe "attività" in cui erano coinvolti.

La commissaria Lobosco, pratica, schietta, decisa e testarda, non si tira indietro e dedica tutte le proprie energie nel risolvere un caso che via via prende una deriva personale: Lolita, infatti, a un certo punto comincia a ricevere inquietanti messaggi da parte di uno sconosciuto che sembra conoscere tante, troppe cose su di lei e sulle indagini che sta conducendo...

Pur di fermare la scia di sangue che sta sconvolgendo la sua amata città, Lolita è disposta a rischiare la carriera e la vita, ad agire da sola e tenendo fuori i suoi fidati amici e colleghi Esposito e Forte, pur di svelare l'identità del lucido e furbo assassino, sulla cui identità lei sta gradualmente maturando dubbi insidiosi che non la stanno mettendo alla prova emotivamente...

E' il primo romanzo della serie su Lolita Lobosco che leggo (devo recuperare!!); in precedenza ho letto e apprezzato molto PIZZICA AMARA della stessa autrice.

Il noir "I quattro cantoni" mi è piaciuto molto sotto tutti gli aspetti, a cominciare dalla protagonista, questa commissaria dal carattere bello tosto, che si fa rispettare in un contesto lavorativo prettamente maschile, in cui - a dispetto di tutti i discorsi sulle pari opportunità - la donna è spesso vista e trattata con sufficienza; è una poliziotta che, lungi dall'assumere modi di fare mascolini, ostenta tutta la propria femminilità, ad es. nell'abbigliamento; non ha peli sulla lingua, sa come farsi rispettare da tutti, in particolare da quegli uomini arroganti che pensano di poterla provocare e intimorirla; pur avendo un carattere forte, nasconde fragilità ed insicurezze come tutti e un animo sensibile soprattutto davanti alle ingiustizie e alle sofferenze dei più deboli.
Pur essendo, al centro della storia, un difficile caso da risolvere, non mancano le sfumature ironiche, grazie in particolare ad alcuni personaggi e a certe dinamiche che si creano con essi, ad es. con l'amica Marietta. 
Nel corso della storia appare - seppur solo per telefono - un personaggio letterario che personalmente amo molto, per cui la sua "incursione" e la sua amicizia con la protagonista mi sono piaciute davvero.
Come ho gradito anche lo sfondo barese - vivace, realistico, di cui ci vengono presentate le cose belle e quelle meno belle -, sia perché sono affezionata al capoluogo pugliese (i nostalgici tempi universitari...!) sia perché ad esso è strettamente associalo il buon cibo, e a proposito di questo, a fine libro trovate qualche sfiziosa ricettina che, in questo periodo di riposo forzato in casa, ci sta proprio ad hoc.

Non posso che consigliarvi la lettura di questa commedia noir intrigante con una protagonista femminile irresistibile. 






lunedì 16 marzo 2020

Leggere ai tempi del Coronavirus - ebook in dono



Probabilmente molti di voi avranno avuto modo di apprendere, navigando in internet, le numerose iniziative che diversi autori e/o case editrici hanno preso in occasione di questo triste e surreale periodo di quarantena che stiamo vivendo a causa del Coronavirus.
La necessità di restare a casa ha spinto tanti a donare libri in formato digitale, incoraggiando così alla lettura.

Personalmente, ho approfittato di queste offerte gratuite: una indicatami da Il Libraio, QUI, e le altre della Casa Editrice Il Saggiatore - QUI 


Ve le presento, così se le trovate interessanti, potrete seguire il mio esempio e scaricarle  ^_-


UNA FINESTRA VISTALAGO di Andrea Vitali (Garzanti, 364 pp, 12 euro)

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A Bellano vive Eraldo Bonomi, operaio tessile del locale cotonificio, la cui esistenza a un certo punto si incrocia con quella di Arrigoni Giuseppe, che  segnerà il suo destino, dove brillano l’amore per la bella Elena e la militanza nel PSIUP.
Il colpo di fulmine per Elena fa del Bonomi un uomo pericoloso, che sfiora segreti, scopre altarini, esuma scheletri nascosti negli armadi di una provincia che sembra monotona, in quei paesi dove l’omonimia può essere fonte di equivoci ma anche, a volte, il viatico verso la libertà…

In Una finestra vistalago, appassionante romanzo corale e polifonico, l’avidità sessuale e la religione del denaro accendono passioni e lotte, moltiplicando chiacchiere, pettegolezzi e bugie. 
Seguendo l’evoluzione di questo paese-microcosmo popolato di gente comune, Vitali ci fa assaporare la storia del nostro paese dagli anni Cinquanta ai turbolenti Settanta. Sulla scia di Piero Chiara e Mario Soldati, si dimostra un narratore seducente, maestro dell’antica arte del racconto italiano.



CITTA' SOLA di Olivia Laing (Il Saggiatore, trad. F. Mastruzzo, 292 pp, 24 euro).


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Bisogna aver toccato l’abisso per saperlo raccontare. Per descrivere il vuoto avvolgente di una ferita che diventa uno stigma o l’angosciante cantilena che rimbomba in una casa di cui si è da sempre l’unico inquilino. Per restituire con la sola forza della voce certi angoli della metropoli, dove la suburra si fa rifugio e l’esclusione sollievo; per dire il loro improvviso, tragico trasformarsi da giardino delle delizie in inferno musicale.

Olivia Laing rompe le pareti dell’ordinario e edifica all’interno della New York reale una seconda città, fatta di buio e silenzio: un’onirica capitale della solitudine, cresciuta nelle zone d’ombra lasciate dalle mille luci della Grande Mela e attraversata ogni giorno dalle storie di milioni di abitanti senza voce. Un luogo in cui coabitano le esperienze universali di isolamento e i traumi privati di personaggi come Andy Warhol, Edward Hopper e David Wojnarowicz; in cui ogni narrazione è allo stesso tempo evocazione e confessione.

Quella tracciata da Olivia Laing è una visionaria mappa per immagini del labirinto dell’alienazione. Un flusso narrativo che investe le strade di New York e nel quale si mescolano la morte per Aids del cantante Klaus Nomi e l’infanzia dell’autrice, cresciuta da una madre omosessuale costretta a trasferirsi di continuo per sfuggire al pregiudizio; gli esperimenti sociali di Josh Harris che anticiparono Facebook e i silenzi dell’inserviente-artista Henry Darger che dipinse decine di quadri meravigliosi e inquietanti senza mai mostrarli a nessuno; l’inconsistente interconnessione umana dell’era digitale e l’arida gentrificazione di luoghi simbolici come Times Square.

Con Città sola il Saggiatore presenta al pubblico italiano una delle autrici più originali del panorama internazionale contemporaneo. La sua è un’opera ambiziosa che, grazie a una scrittura sinestetica e conturbante, scava a fondo nell’anima di ognuno di noi, affrontando le umiliazioni, le paure e le ossessioni dell’essere soli. Con la speranza che rivelare significhi talvolta anche curare. Perché, come ricorda Olivia Laing, la solitudine è un posto affollato.



LA DRAGUNERA di Linda Barbarino (Il Saggiatore, 168 pp, 18 euro).

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La Dragunera racconta una storia d’amore ambientata in una Sicilia antica. E perché è giusto che un esordio tanto atteso abbia la diffusione che merita.

Rosa farebbe di tutto per tornare nella sua casa di bambina, quando volava tra le braccia di suo padre e cantava su un terrazzino profumato di basilico. Ma Rosa non può tornare, perché la casa è in rovina e lei per sopravvivere è diventata la puttana del paese. Ogni sabato Paolo le manda un fischio alla finestra per comperare qualche ora del suo amore. Ogni sabato la porta di Rosa si apre per farlo entrare. Paolo lavora le vigne di famiglia ed è ossessionato da un’altra donna che odia e desidera con uguale ferocia, una donna che dovrebbe tenere lontano, perché è la moglie di suo fratello e fin dal nome evoca tempesta e sciagura.

La Dragunera, così la chiamano, è una fimmina sensuale e altera, i suoi capelli sono li di vento, i suoi occhi ramarri lo visitano in sogno; c’è chi dice che sia una strega. Cammina annaccata sui tacchi fra la basole delle viuzze, il seno che pare disegnato sotto la vestina stretta, il volto senza vergogna e senza paura.
La Dragunera è il racconto di una Sicilia ruvida e incantata, in cui si muovono personaggi dolcissimi e brutali, che hanno labbra vermiglie e unghie sporche di terra. Narratrice visionaria e sanguigna, capace di unire l’inventiva dialettale di Camilleri all’intensità emotiva di Elena Ferrante, Linda Barbarino canta una storia d’amore e di magia: la saga di una famiglia a un passo dalla fine, travolta da voracità e invidia. Il romanzo avvolgente di una magara e di una prostituta che conosceva l’amore.


domenica 15 marzo 2020

Recensione: PIETRE di Giusy Maresca



Dietro un omicidio brutale, frutto di una mente tanto intelligente quanto diabolica, si cela la faccia più buia a nascosta del cuore umano, nel quale possono annidarsi i segreti e le perversioni più indegne e inconfessabili.



PIETRE
di Giusy Maresca




Ed. Il Seme Bianco
152 pp
Nel salernitano, nel territorio di Giffoni Valle Piana, c'è una grotta, la Grotta dello Scalandrone, un luogo naturale che ha la particolarità di svilupparsi verso il basso, in profondità.
E' una grotta di origine carsica e proprio l’attività chimica esercitata dall’acqua sulla roccia nel corso dei millenni ha fatto sì che si creassero scenari sotterranei di notevole bellezza.
Un posto così misterioso e affascinante, frequentato da turisti ed esploratori, è stato sporcato, abbrutito da un orribile omicidio: nella grotta - ben presto ribattezzata la grotta dell'Orrore - viene rinvenuto il cadavere di una povera ragazza, Gaia.
Aveva solo venti anni ma qualcuno ha voluto porre fine alla sua giovane esistenza attraverso una pratica che ha del diabolico: la tortura della goccia cinese.
Ciò significa che la scena del delitto che si presenta agli occhi del commissario Mario Russo, dell'ispettore Franzoni e della polizia scientifica, è a dir poco agghiacciante: la ragazza è stata fatta sedere dal suo aguzzino e legata, così che la goccia cadesse sempre nello stesso punto della testa..., e non è difficile immaginare cosa ha provocato nel cranio della vittima il cadere cadenzato delle letali gocce d'acqua...
Gaia è andata incontro alla morte tra sofferenze indicibili: perché il suo assassino ha scelto per lei una morte tanto efferata e inumana?

I due colleghi, Russo e Franzoni, iniziano subito a ragionarci, ma mentre il primo segue una logica più scontata che rischia di tornare poco utile, il secondo sfodera una capacità di ragionamento acuta e per la quale è infatti molto stimato e accreditato in polizia.

"A prescindere dall’aspetto fisico e dallo stile di vita alquanto sui generis dell’ispettore, bisognava riconoscere a Franzoni un intuito raffinato e sottile, una spiccata abilità nel cogliere l’interazione tra moventi psicologici e sociologici di un delitto, nel giungere a un’interpretazione lucida e precisa dei dati oggetto d’indagine."

Certo, Franzoni non è proprio l'ispettore che tutti vorremmo; non ha alcun fascino estetico, tanto per iniziare, essendo brutto come un topo e, proprio come un ratto, costantemente accompagnato da un olezzo di formaggio (fama e odore, insomma, non solo lo precedono ma lo seguono), che egli ingurgita sotto forma di snack.

Eppure, in quell'omuncolo bizzarro e scarsamente attraente si cela una mente eccelsa, brillante, capace di inseguire i tortuosi sentieri delle menti criminali più bizzarre e folli, delle quali egli è in grado di cogliere (e ammirare) la genialità e l'erudizione.

Come nel caso dell'assassino di Gaia: si tratta - Franzoni ne è convinto - di un uomo molto colto, lucido, che ha organizzato e realizzato un delitto perfetto, che, pur nella sua oscena spietatezza, possiede una logica che affascina l'ispettore, che ne parla con gli occhi che brillano dalla voglia di analizzare ogni dettaglio, per cupo che sia, per arrivare a comprendere non solo chi sia il colpevole da assicurare alla giustizia, ma quale oscuro e sensazionale disegno ci sia dietro a un crimine così magistralmente architettato.

Un uomo di polizia così rapito e quasi euforico in presenza di una vittima torturata, non s'è mai visto, ed infatti il commissario Russo è irritato dall'entusiasmo dell'altro, ma sa di doverselo tener buono perchè è l'unico che può dare un contributo davvero efficace per arrivare all'assassino.

Le indagini si intrecciano alle vicende di chi, in vari modi e per diverse ragioni, faceva parte della vita di Gaia: i suoi genitori (persone colte e amorevoli), che non possono darsi pace di fronte a una tragedia di tale portata: la loro bambina, che essi hanno portato in Campania andando via da Cefalù, per darle migliori opportunità di vita, adesso non c'è più, non rallegrerà più le loro giornate con la sua gioia, e tutto questo per colpa di un essere mostruoso di cui essi attendono di sapere l'identità e, soprattutto, di saperlo in prigione, per provare a trovare almeno un po' di pace.
A questo scopo, in particolare la madre cercherà di non soccombere all'atroce dolore per la perdita violenta e drammatica della figlia, andando temporaneamente via, in un luogo lontano in cui ritrovare se stessa e una ragione per vivere.

Gaia aveva una migliore amica, Rossella.
Rossella viene da un ambiente famigliare molto meno equilibrato e "sano" di quello di Gaia: suo padre Giacomo è un noto e stimato psichiatra, attualmente invalido (è su una sedia a rotelle); si tratta di un uomo erudito, carismatico, dai mille interessi, che però in casa è autoritario e manipolatore, tanto verso la moglie che verso la figlia.
La moglie Teresa è una donna che ha messo da parte sogni ed ambizioni per limitarsi ai ruoli di moglie e madre; nel tempo, ha accumulato frustrazioni e infelicità, consapevole della propria debolezza di carattere, che le ha impedito di far sentire la propria voce quando avrebbe voluto e facendo di lei una donnicciola remissiva; lei per prima si disprezza e sente che pure l'arrogante marito e la giovane figlia la guardano così, con sufficienza e poco rispetto.
Rossella, cresciuta dunque in un contesto famigliare di questo tipo, ha sviluppato enormi insicurezze e poca propensione alla socialità, tanto che - fatta eccezione per l'amica del cuore - c'è solo un'altra persona con cui ha un rapporto stretto, quasi intimo: Gary, un ragazzo che vive in America e col qualche ha una sorta di relazione virtuale, a distanza.
Con lui si apre, si confida, si sente libera di essere se stessa.
Si conosceranno mai?

Non seguiamo, quindi, soltanto l'interessante sviluppo delle indagini condotte dal sagace e vivace Franzoni e dal più composto e timido Russo, ma anche le dinamiche relazionali tra gli altri personaggi, ed esse saranno essenziali perché daranno informazioni cruciali per arrivare al geniale mostro che ha ucciso Gaia.

Sogni infranti, vite spezzate, crudeli bugie: l'Autrice narra con sapienza narrativa una storia che scava nel profondo della natura umana, così complessa, ricca di lati oscuri, di molteplici sfaccettature, alcune affascinanti, altre decisamente inquietanti.
E' un thriller psicologico la cui evoluzione degli eventi ho trovato avvincente, molto ben strutturata; l'attenzione del lettore si concentra ora sull'omicidio e sulle graduali piccole scoperte che si ottengono nel corso delle indagini, ora su ciò che apprendiamo dai flashback che ci fanno conoscere vicende del passato importanti, ora su quello che avviene all'interno delle famiglie, perché tra le mura di una casa si possono nascondere segreti terribili...

Un romanzo che scorre in modo fluido, grazie all'alternanza tra la narrazione del tessuto relazionale ed emotivo, e le sequenze dialogiche, che ci fanno avanzare nella storia e catturano il lettore nel seguire i fervidi ragionamenti dell'ispettore Franzoni.

Assolutamente consigliato, in particolare a chi ama il genere.



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