Perdere il lavoro è sempre un evento difficile da affrontare; se hai più di cinquant'anni, forse, lo è anche un po' di più, perché sei cosciente di come il tempo passi inesorabile, e confrontarsi all'improvviso con la necessità di reinventarsi, di rimettersi in gioco cercando, dopo venti-trent'anni di carriera, un nuovo lavoro, può essere davvero traumatico.
Tra queste pagine, con la delicatezza di una poesia e la forza di chi riflette sulla vita e sui suoi significati, l'Autore ci narra una storia sì di perdita, dolore e amarezze, ma altresì di amicizia e voglia di fermarsi: fermarsi a riflettere, ad assaporare i momenti, a dimenticare il ticchettio costante dell'orologio che ci ricorda quanto siamo soggetti al tempo che ci scorre tra le dita come sabbia, a ritrovare noi stessi, sempre noi eppure diversi da come eravamo un momento fa. Forse
UN MOMENTO FA, FORSEdi Giovanni Ardemagni
Giovanni (indicato semplicemente con G. nel libro) e Marcello (un suo collega), sono due uomini ultracinquantenni, differenti sotto diversi aspetti, a cominciare da quello fisico: G. è piccolino, Marcello è un omone ed è gentile, sempre sorridente anche se solitario; i due, dopo tanti anni di relazione professionale, coglieranno al volo l'opportunità di conoscersi davvero trascorrendo qualche ora insieme, assaporando così una inaspettata ma incredibile complicità, una condivisione infinita, che li renderà speciali l'uno per l'altro.
Durante un pomeriggio passato insieme raggiungendo Milano, Marcello e G. parlano tantissimo, ridono, si parlano a cuore aperto, e il primo - che G. chiama affettuosamente "orso bernese" - aiuterà l'altro a concedersi attimi di preziosa e "sana follia".
«Follia. È la follia che ci fa vivere oltre i nostri stupidi e assurdi limiti, amico mio!»
"...noi tutti cerchiamo di fare il possibile per allungarci la vita; Marcello, oggi, mi ha fatto capire come allargarla."
L'amico, con la sua dolcezza, schiettezza e profondità d'animo, gli permette di capire come non sempre serva riempire il tempo e lo spazio di parole, azioni frenetiche...: spesso è necessario e sufficiente il silenzio, non quello sterile e vuoto, bensì un silenzio "pieno di risposte pronte a essere catturate", un silenzio che induca a confrontarsi con i propri limiti e a "guardare oltre l'ovvio".
Come sarebbe bello se potessimo fermare le ore, i minuti, eliminare le lancette dagli orologi e tutto ciò che implica lo scorrere inesorabile del tempo!
Forse impareremmo ad essere meno ansiosi, a gustarci ogni attimo, ogni sorriso, ogni abbraccio, le relazioni con chi ci è accanto. Semplicemente l'oggi.
"Un orologio senza lancette ti fa vivere il presente perché nella parola “futuro” non vi è verità."
Viviamo giorni frenetici in una società digitalizzata e dai ritmi sempre più veloci, bombardati da mille stimoli e inevitabilmente ci ritroviamo spesso a considerare che il tempo per far tutto ciò che vorremmo è sempre troppo poco: potersi fermare per guardarci dentro, attorno e oltre dovrebbe essere un diritto ma anche un dovere verso noi stessi, per donarci l'opportunità di essere liberi - almeno per qualche momento - dalla schiavitù dei minuti che volano via e non tornano più, di questo tempo che ci ingabbia, quando invece basterebbe
"...prestare un poco più di attenzione verso il mondo che ci circonda, per iniziare a notare il flusso costante delle stagioni e del tempo che passa e che passerà, invitandoci ad accorgerci che stiamo vivendo ora."
Ma a dispetto delle belle considerazioni e dei significativi discorsi che i due amici condividono in un'atmosfera serena e intima, la realtà non manca di provocare scossoni nelle loro esistenze.
Entrambi vengono licenziati in tronco dal direttore dell'azienda per la quale lavorano da anni; il loro superiore non mostra alcuna empatia nel comunicare la dolorosa notizia, che è una doccia gelata tanto per G. quanto per Marcello, i quali reagiranno in modi differenti alla perdita del lavoro.
Il tema del licenziamento - centrale nel libro - che sopraggiunge a un'età matura è sicuramente quanto mai attuale, oltre che delicato; ogni persona ha il proprio vissuto, temperamento, problematiche personali e famigliari, e sicuramente ciascuno può reagire in modo differente a un evento di questo tipo: passato lo sgomento, lo scoraggiamento e l'amarezza iniziali, c'è chi può coglierlo come un'opportunità per ricominciare, per incamminarsi verso nuovi percorsi, magari altrettanto se non più stimolanti.
E poi c'è chi non ce la fa ad uscire indenne da un "trauma" di questo tipo, e la delusione, la paura di un "nuovo" che è sinonimo di ignoto, hanno il predominio, finendo per innescare reazioni e meccanismi dolorosi e dagli esiti irrimediabili.
L'Autore trasporta il lettore in un'atmosfera in cui il sogno e la realtà si fondono e confondono, in cui il protagonista è messo davanti all'opportunità di riflettere su stesso, su ciò che è e vuol essere, su ciò che davvero conta e dà valore a ogni singolo giorno come ad una vita intera.
Pur non amando particolarmente un registro linguistico ed uno stile narrativo troppo intrisi di pensieri e considerazioni esistenzialistiche e filosofiche (che conferiscono un tono molto poetico ai dialoghi tra i personaggi), trovo che essi siano comunque coerenti con la linea che lo scrittore ha intenzionalmente scelto per affrontare tematiche importanti quali l'amicizia, la morte, la perdita del lavoro (e tutto ciò che ad esso segue), la solitudine, il valore di tutti quegli istanti che compongono le nostre giornate, delle azioni, delle parole, dei silenzi e delle relazioni umane che intrecciamo; la materia narrativa è sostanziosa, significativa e si riflette nelle scelte stilistiche dell'Autore.
I personaggi sono ben strutturati, la loro amicizia è bella e profonda, e tutto il romanzo è pervaso da una vena malinconica e triste, che ha il suo culmine in un fatto tragico che segnerà il rapporto tra i due uomini; nonostante questo evento, però, il finale, lungi dall'essere melodrammatico, custodisce un germe di speranza, testimone dell'evoluzione che il protagonista ha vissuto, in virtù e delle vicende vissute e del legame con l'amico.
Consigliato in particolare a chi desidera accostarsi a un genere narrativo che non mira semplicemente al racconto di una storia, quanto alla trattazione di temi rilevanti ed attuali, che possono riguardare da vicino tanti di noi.
"Scrivere ti permette di chiederti se sei pronto. Scrivere sei tu. Tu sei tu, non la tua ombra. “L’ombra sta sempre davanti a te e non dietro di te” è solo una questione di punti di vista. Scrivere è non avere paura dell’ombra, perché l’ombra significa che c’è qualcosa o qualcuno che vuole illuminare o illuminarti".
"Continuiamo a dirci di non avere tempo mentre dovremmo essere più leali con noi stessi e dirci che non abbiamo voglia di guardare gli eventi perché ci fanno paura. Caro mio, sei stato qui ogni giorno di questa settimana. Sai, siamo noi che non siamo capaci di fermarci e guardarci dentro e attorno, e guardare oltre. Ma pretendiamo di avere visto, se non tutto, almeno tantissimo."