giovedì 11 agosto 2022

LibriAtema - romanzi ambientati in conventi e monasteri

 

Non so a voi, ma a me hanno sempre affascinato le storie ambientate in istituti religiosi, come monasteri e conventi. 

Sarà "colpa" della monaca di Monza incontrata a scuola, studiando I promessi sposi, non lo so, ma non nascondo che questi religiosi - uomini e donne - che scelgono un certo tipo di vita di clausura (più o meno stretta) hanno sempre esercitato su di me un misterioso interesse.

Vi propongo alcuni romanzi ambientati in codesti luoghi, alcuni li ho letti, altri mi incuriosiscono per trama e, appunto, ambientazione.






IL NOME DELLA ROSA di Umberto Eco (giallo storico).

Letto anni fa, quando ancora non avevo il blog; bello bello, un capolavoro; un'ambientazione ricca di misteri, segreti inquietanti e scritto meravigliosamente bene; se ci penso, mi vien voglia di rileggerlo :-D  

La Sacra di San Michele (prov. Torino),
che avrebbe ispirato Umberto Eco*
Sinossi: Ultima settimana del novembre 1327. Il novizio Adso da Melk accompagna in un'abbazia dell'alta Italia frate Guglielmo da Baskerville, incaricato di una sottile e imprecisa missione diplomatica. Ex inquisitore, amico di Guglielmo di Occam e di Marsilio da Padova, frate Guglielmo si trova a dover dipanare una serie di misteriosi delitti (sette in sette giorni, perpetrati nel chiuso della cinta abbaziale) che insanguinano una biblioteca labirintica e inaccessibile. Per risolvere il caso, Guglielmo dovrà decifrare indizi di ogni genere, dal comportamento dei santi a quello degli eretici, dalle scritture negromantiche al linguaggio delle erbe, da manoscritti in lingue ignote alle mosse diplomatiche degli uomini di potere. La soluzione arriverà, forse troppo tardi...

LE NOTTI AL SANTA CATERINA di Sarah Dunant (romanzo storico - RECENSIONE).

wikipedia
Siamo nel 1570 a Ferrara, nel Monastero di Santa Caterina, dove la vita delle monache di clausura procede in una quotidianità di gesti e attività abituali; la tranquillità di queste giornate sempre uguali verrà scossa dall'arrivo di una novizia che non ha alcuna vocazione né alcuna intenzione di sottomettersi al volere paterno che la vuole monaca contro la sua volontà.



IL MONASTERO MALEDETTO di Antonio Gomez Rufo (thriller storico).

Spagna, 1229. Una serie di efferati crimini insanguina l’abbazia di San Benedetto, il primo monastero femminile del regno di Aragona: otto suore sono state assassinate in circostanze misteriose, e alcune 
novizie sono state torturate e stuprate.
Per indagare su questi terribili delitti, il re Giacomo I d’Aragona accorre all’abbazia e convoca Costanza di Gesù, una suora nota per le sue eccezionali doti investigative.
Ma mentre la ricerca del colpevole va avanti tra omertà e reticenze, il rapporto tra il re e la moglie, Eleonora di Castiglia, si incrina definitivamente.
Giacomo I ha infatti chiesto al papa l’annullamento delle nozze e ancora non sa che proprio tra le mura del monastero maledetto si cela la futura regina di Spagna…


IL SEGRETO DELLA MONACA DI MONZA di Marina Marazza (romanzo storico).

Milano, XVII secolo. La città è sotto il dominio della cattolicissima Spagna, che punisce con inaudita 
wikipedia
ferocia ogni forma di eresia. 
Mentre nelle piazze si accendono i roghi, l'Inquisizione estorce confessioni sotto tortura e nessuno può ritenersi immune dal fanatismo religioso. 
Nemmeno tra le austere mura di un monastero. 
Marianna, costretta dal padre a monacarsi giovanissima, da anni vive prigioniera nel convento di clausura di Monza. 
Ma né le grigie celle né le ore trascorse in preghiera sono riuscite a spegnere i suoi sogni, i suoi desideri più inconfessati. Finché un giorno, al di là del muro del giardino, vede lui, Paolo. 
La passione tra i due è immediata, intensa, sfrontata...



IL MONASTERO DEL MALE di Silvio Foini (thriller storico).

Anno 999. Il monaco Galdinius, insieme con altri due confratelli, decide di trasformare la torre di Torba, nei pressi di Varese, in un monastero. 
Con l'aiuto dei contadini locali e in particolare del longobardo Wilfredo, capo del villaggio vicino, il monastero diventa il fulcro attorno a cui rifioriscono il territorio circostante e la comunità. 
Per ottenere un supporto nelle numerose attività intraprese, Galdinius chiede e ottiene dalla madre badessa del vicino convento di Caira che otto delle sue monache si trasferiscano a Torba. 
Tra loro c'è Brenda, esperta di rimedi naturali, medicamenti e misteriosi preparati. 
Ma la monaca nasconde un oscuro segreto...


IL CONVENTO DEI SEGRETI di Giada Trebeschi (romanzo storico).

Catania, 1669. Ancora giovanissima, Agata è costretta dalla famiglia a entrare in un convento di clausura. Poco importa che non abbia alcuna vocazione: le sue suppliche restano inascoltate ed è obbligata a prendere i voti, diventando suor Immacolata. Il suo temperamento ribelle è motivo di diffidenza da parte delle altre monache, e Immacolata si trova presto isolata e malvista. Neppure sua cugina Elisabetta, educanda in attesa del matrimonio, rappresenta per lei motivo di sollievo: la ragazza non perde occasione per denunciare la cugina alla badessa, che le infligge punizioni severissime. Solo l'improvviso arrivo in convento di Maria Grazia, esperta pasticciera, riesce a cambiare qualcosa nella triste monotonia della vita claustrale. Tra lei e Immacolata nasce infatti un'insperata complicità, che si trasforma, giorno dopo giorno, in una vera e propria amicizia. Le due ragazze cominciano a confidarsi, raccontandosi i rispettivi segreti. Ma sono segreti pericolosi. Perché Maria Grazia non è chi dice di essere.


LA RELIGIOSA di Denis Diderot (classico, storico).

**
Scritto nel 1758 e basato su un autentico caso giudiziario, il romanzo narra la storia di Suzanne Simonin (nella realtà, Marguerite Delamarre).
Costretta dalla famiglia sia per interesse sia perché frutto di una relazione adulterina della madre a entrare in convento, dopo il noviziato rifiuta di prendere i voti.
Tornata a casa è di nuovo rimandata nel monastero di Longchamps dove viene maltrattata dalla madre superiora.
Decide allora di rivolgersi alla legge ma le cose non vanno come sperate ed è costretta a tornare ancora in convento...

IL MONACO di Matthew Gregory Lewis (romanzo gotico).

Questo l'ho letto che ero adolescente e mi ricordo che mi aveva quasi terrorizzata. Ovviamente, prendete questa sensazione con le pinze e tenete presente che sono sempre stata molto.. fifona e suggestionabile :-D

Sinossi: Ambrosio, monaco dell’ordine dei Cappuccini di Madrid, è conosciuto in città per la sua saggezza e la condotta virtuosa. Fino al giorno in cui scopre che il discepolo con cui ha un profondo legame è in realtà una fanciulla, Matilda. Caduto in tentazioni sempre più torbide, Ambrosio ricorrerà alla magia e al demonio nel tentativo di celare i propri crimini all’Inquisizione.


L'ultimo libro che vi segnalo appartiene al genere fantasy.


Nona Grey. La trilogia di Mark Larence.

Sinossi: Nel convento della Dolce Misericordia si allevano fanciulle per trasformarle in devote quanto pericolose assassine. 
Ci vogliono dieci anni di formazione, ma sono poche le ragazze dotate di vero talento per la morte, quelle nelle cui vene scorre il sangue delle antiche tribù di Abeth. 
Compito delle monache è scoprire e affinare queste doti innate, insegnando le tecniche della lotta con e senza armi e dello spionaggio, l'uso dei veleni e infine la tessitura delle ombre. 
Nona Grey, una bimba di otto anni, giunge al convento con l'accusa di aver compiuto un omicidio. Qui crescerà, ma non sarà facile per lei scegliere quale cammino seguire: indosserà la tonaca nera delle Spose dell'Antenato, per abbracciare una vita di preghiera e servizio? Vestirà il rosso delle Suore Marziali, esperte nel combattimento, o il grigio delle Suore di Discrezione, imbattibili nelle arti della segretezza? O il suo colore sarà il blu delle Suore Mistiche, capaci di percorrere il Sentiero? Quale che sia il suo destino, dovrà lottare aspramente per conquistarlo.


Link consultati:

martedì 9 agosto 2022

Mahmoud Darwish || "La lotta è la risposta. Se combatti appartieni a qualcosa. La patria è lotta."



Il 9 agosto 2008 a Houston (Texas) moriva Mahmoud Darwish,  scrittore, giornalista e "poeta della resistenza" palestinese nato nel 1941 ad al-Birwa in Galilea, un villaggio prima occupato e poi raso al suolo dall'esercito israeliano. 

Sto attualmente leggendo UNA TRILOGIA PALESTINESE e, a quattordici anni dalla sua morte, vorrei ricordare questo poeta con alcuni passaggi del libro. 

Ho scelto proprio questi non a caso, ma pensando a cosa sta - ancora una volta! - accadendo nella Striscia di Gaza in questi giorni, dal 5 agosto, quando le Forze di difesa dello Stato ebraico (Idf) hanno dato inizio alla operazione 'Breaking Dawn', bombardando pesantemente la striscia di Gaza.
La motivazione addotta è stata quella di attaccare in maniera preventiva per colpire obiettivi terroristici dell'Organizzazione terroristica della Jihad islamica palestinese.

Ovviamente, a farne le spese sono sempre gli innocenti, i civili inermi su cui vengono sganciate bombe sotto l'indifferenza di un mondo che se ne sta a guardare, limitandosi a condanne blande e vuote.

A rendere la situazione a Gaza ancora più disperata si aggiungono la scarsità di elettricità, carenza di medicine e macchinari medici, case distrutte e, di conseguenza, famiglie sfollate, che non sanno dove rifugiarsi.

Da domenica sera è in corso una tregua e nel momento in cui sto scrivendo questo post (pomeriggio dell'8 agosto) il bilancio delle vittime, diffuso dal ministero della Salute di Gaza, è di almeno 44 morti, di cui 16 bambini e quattro donne, e altri 360 feriti tra i palestinesi. 

La Relatrice Onu per i Diritti umani, Francesca Albanese, ha condannato l’attacco israeliano a Gaza: “L’operazione Breaking Dawn è un flagrante atto di aggressione. Illegale. Immorale. Irresponsabile”.


"Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente. Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi. L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante. Questa è l’unica competizione in corso laggiù. E Gaza è dedita all’esercizio di questo insigne e crudele valore che non ha imparato dai libri o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare spiegate della propaganda o dalle canzoni patriottiche. (...)
Gaza non si vanta delle sue armi, né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio. Lei offre la sua pellaccia dura, agisce di spontanea volontà e versa il suo sangue. (...)
Gaza non è un fine oratore, non ha gola. È la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.
(...) agli occhi dei nemici, è la più ripugnante, la più povera, la più disgraziata, la più feroce.
(...) bambini senza infanzia, vecchi senza vecchiaia, donne senza desideri. Proprio perché è tutte queste cose, lei è la più bella, la più pura, la più ricca, la più degna d’amore. (...)
I nemici possono avere la meglio su Gaza. (Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola.)
Possono tagliarle tutti gli alberi.
Possono spezzarle le ossa.
Possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini. Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.
Ma lei:
non ripeterà le bugie.
Non dirà sì agli invasori.
Continuerà a farsi esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio. Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue."


"Non abbiamo affatto nostalgia di una landa desolata, abbiamo nostalgia di un paradiso. Abbiamo nostalgia di esercitare la nostra umanità in un posto che sia nostro.”

"Un luogo non è solamente un’estensione geografica, ma anche uno stato interiore. Né gli alberi sono solamente alberi, ma costole d’infanzia e pianto colato dalle punte delle dita..."

"Che cos’è la patria? Non è una domanda a cui puoi dare risposta e passare oltre. È la tua vita e la tua causa assieme. Prima e dopo tutto questo, è la tua identità."
 
"...capisci che cos’è la patria: il desiderio di morire per recuperare terra e diritto. La patria non è soltanto terra, ma terra e diritto assieme. Tu hai il diritto, loro hanno la terra. Dopo essersi impadroniti della terra con la forza, hanno cominciato a parlare di diritto acquisito."

 

“Calmati, accetta” non è un consiglio innocente, è un invito a sbarazzarti della polvere della patria a cui non trovi un nome. Ti hanno strappato la terra da sotto i piedi, così l’hai nascosta sotto la pelle. Ti hanno torturato, ma hai confessato un amore ancora più folle per quel che ha causato la tua tortura. Nessuna minaccia dall’interno cancella la tua appartenenza, nessuna promessa dall’esterno ti dà sicurezza. Prendi la tua croce e vai all’appuntamento con il suicidio. Non dire sì. Sotto lo stridio delle catene, l’alienazione, che ti viene da ogni singolo giorno, si trasforma in una tregua con il vento. In prigione ti abbraccia la libertà, in prigione ti riempi anche di patria. La lotta è la risposta. Se combatti appartieni a qualcosa. La patria è lotta. Tra valigia e memoria non c’è altra soluzione che la lotta. Diritto, libertà, appartenenza, merito si dichiarano soltanto con la lotta. Non gli è bastato impadronirsi di tutto. Vogliono impadronirsi anche del tuo senso di appartenenza per diventare la realtà tra te e la patria. In modo che la patria diventi fardello, catena, dolore. Ma tu non troverai libertà fuori da questa catena, non troverai sollievo lontano da questo fardello, non troverai gioia fuori da questo dolore.

lunedì 8 agosto 2022

[[ RECENSIONE ]] 1000 MOTIVI PER UCCIDERE di Ethan Riot

 

Un tranquillo avvocato alimenta la propria passione per i serial killer e la cronaca nera frequentando un prete, bizzarro e dai modi di fare molto sopra le righe, che ama raccontare storie di efferati delitti e folli omicidi. 


1000 MOTIVI PER UCCIDERE
di Ethan Riot



Ed. Elison Paperback
166 pp
"...perché devi uccidere?!”
“Il motivo? Oh, fratello, i motivi li ho tutti e al contempo non ne ho nessuno, ci sono mille motivi per uccidere, io non so scegliere quale sia il mio, perciò diciamo che lo faccio semplicemente perché mi piace.”

Pasquale Bartolucci è un avvocato dall'esistenza abitudinaria e tranquilla; frequenta sempre lo stesso Bar 22 e lì si ritrova, una volta a settimana, con un amico particolare: don Roberto Molinari, un sacerdote in là con gli anni che nulla ha di quell'aria rassicurante che un "servo della chiesa" dovrebbe avere.

L'avvocato ama ascoltare storie di efferati omicidi a sangue freddo, essendo appassionato di thriller, e Roberto, dal canto suo, è ben lieto di soddisfare questa bislacca passione; del resto, il prete è un tipo davvero particolare, dal carattere tutt'altro che mite, dal linguaggio decisamente scurrile e periferico e ha questo vizietto di spifferare all'amico ciò che la sua tonaca gli imporrebbe di tener per sé: i contenuti delle confessioni più truci e spaventose.

I due, quindi, chiacchierano solo di questo: Roberto, con tono compiaciuto, racconta all'altro - che, per sollecitarlo a tirar fuori storie interessanti, lo prende per la gola offrendogli tutto il bancone di dolci della pasticceria - le confessioni più ghiotte, quelle in cui il reo confesso racconta al prete le proprie malefatte, i delitti più sanguinosi, non lesinando sui dettagli più raccapriccianti.

Storie di figli che ammazzano i genitori, di donne infelici che tirano fuori il loro lato killer all'occorrenza, uomini con il corpo ricoperto da cicatrici e ferite, dietro le quali si nasconde la loro folle crudeltà....: ce n'è davvero per tutti i gusti ed infatti Pasquale resta soddisfatto dai racconti del prete.

C'è da dire, però, che le storiacce narrate, con dovizia di particolari, dal gagliardo sacerdote sono così incredibili da non sembrare vere, ragion per cui Pasquale, pur apprezzandole, finisce per sghignazzarci su e per non credere alla loro veridicità.

Ma quello che lui non ha capito è che Molinari è davvero un individuo sui generis e che l'abito talare potrebbe celare qualche sorpresa.

Ad aggiungere pepe all'amicizia tra i due e ad accendere un campanello d'allarme nella mente dell'avvocato, ci pensa un uomo di nome Matteo, coetaneo di Roberto, che spunta direttamente dal passato di quest'ultimo.

Quali sconcertanti rivelazioni porta con sé?

Grazie a lui, Pasquale avrà modo di scoprire qualcosa di sconvolgente sull'amico raccontastorie e toccare con mano, e non più soltanto con l'immaginazione, quanto possa essere profondo e oscuro il cuore umano e quanto possa essere difficile, e in certi casi impossibile, recuperare certe anime perdute.

"1000 modi per uccidere" è un giallo/thriller incentrato su una serie di violenti omicidi compiuti per i più disparati motivi dall'assassino di turno; a fare da filo conduttore agli episodi c'è l'amicizia tra l'avvocato e il prete, il primo ascoltatore e l'altro narratore dei delitti; i due sono una coppia strana e bizzarra, sia perché Pasquale sembra un po' troppo ingenuo per essere un avvocato (che quindi, per motivi professionali, dovrebbe essere avvezzo ad avere a che fare con bugiardi e malfattori, e invece... pare avere difficoltà a riconoscerli, sia da lontano che da vicino), e sia per la personalità di Roberto, volgare e sboccato, insomma tutto fuorché un'anima pia.

Che questo signore anziano, ma ancora pieno di energia, nasconda qualcosa di inquietante, il lettore lo comprende prima di Pasquale, ciò però non fa diminuire l'interesse  nel seguire lo sviluppo della vicenda, anzi si ha voglia di proseguire per capire quale sarà il degno epilogo di questa storia densa di sangue, aggressioni e morti cruente, frutto di menti che ammazzano il prossimo adducendone non una ma innumerevoli e folli "ragioni".

L'autore, complice anche la giovane età, ha ancora uno stile acerbo, da curare e migliorare; nel testo sono presenti molti refusi (per correttezza, preciso che questo mi era stato anticipato dal giovane scrittore), un uso non sempre corretto dei tempi verbali e a volte un po' di confusione e poca chiarezza nel raccontare i fatti, però la storia in sè e i personaggi presenti (principali e secondari) li ho trovati interessanti, come anche il fatto che tutti i delitti siano stati inseriti in una cornice che non li rende cupi e drammatici ma, anzi, essi sono attraversati da una vena di "umorismo nero", e non potrebbe essere diversamente visto che sia il lettore che Pasquale ne vengono a conoscenza attraverso la voce di Roberto, il quale racconta di questi fatti di sangue con nonchalance, come se stesse riportando delle barzellette.

Nel complesso l'ho trovata una lettura piacevole. 

giovedì 4 agosto 2022

RECENSIONE ★ L'AMULETO D'AMBRA di Diana Gabaldon ★



Se nel primo libro della saga "Outlander" l'infermiera Claire Randall, dopo aver inconsapevolmente attraversato nell'anno 1945 un magico cerchio druidico, è stata catapultata nelle Highlands del 1743 - lei, una straniera (un'inglese!) in una terra scozzese dilaniata dalla guerra e dalle faide dei clan rivali -, in questo secondo volume la storia parte dal 1968, quando la donna - oramai da vent'anni nel proprio tempo - deve raccontare a sua figlia Brianna chi sia il suo vero padre.

L'AMULETO D'AMBRA 
di Diana Gabaldon



Tea Ed.
trad. V. Galassi
500 pp
Avevamo lasciato Claire e Jamie pronti per andare in Francia, lontano dalla Scozia, terra amata ma dove Jamie non era al sicuro.
L'incubo vissuto nella maledetta prigione di Wentworth, ad opera del malefico e spietato capitano Jack Randall, non ha impedito alla coppia di provare a ricominciare un nuovo capitolo della loro vita, in un altro Paese.

Ma quando il lettore inizia a leggere il prosieguo si ritrova in una località nota (Inverness) ma nel 1968.
Rivediamo Roger Wakefield: lo abbiamo incontrato brevemente nel 1945, quando era un bimbo di cinque anni che viveva, come figlio adottivo, nella canonica del Reverendo Wakefield, vecchio e colto amico di Frank Randall (marito di Claire); adesso è un insegnante ad Oxford ed è appassionato di Storia.
Il caro reverendo è deceduto da poco e Roger è giunto nella vecchia casa di famiglia per sistemare gli effetti personali del padre e la sua immensa biblioteca; lavoro non proprio semplice, considerata la quantità di volumi e scartoffie varie, ma a fornirgli una piacevole e intrigante distrazione ci pensa lei, la nostra Claire.

Claire si reca a casa di Roger ma non da sola: è con Brianna, la sua splendida ragazza dai capelli color del rame.

Tra i due ragazzi scatta una simpatia, all'arguta Claire non sfugge ma ella resta concentrata sul proprio duplice scopo, per il quale le serve l'aiuto, appunto, dell'intelligente e riflessivo Roger, il quale - scopriamo - fa di cognome... MacKenzie!

Ad ogni modo, nel parlare con il giovane professore di ciò che accadde nella tragica battaglia di Culloden - che vide gli Highlanders battuti dagli inglesi, da essi barbaramente trucidati e, con la loro sconfitta, la fine dei clan delle famiglie scozzesi -, alla dottoressa Randall interessa avere la risposta ad una fondamentale importante: all'interno dei vari clan, chi è sopravvissuto alla fine di quella battaglia? È possibile avere un elenco dei nomi dei guerrieri scozzesi che non sono morti sul campo?

Ovviamente, il cuore di Claire grida un nome, lo stesso per cui da vent'anni a questa parte non ha smesso di provare quell'amore intenso e immortale che ha superato ogni logica e ogni barriera spazio-temporale: James Fraser.
Il suo adorato Jamie, suo marito, quel giovano uomo dalle spalle possenti, l'ampia schiena deturpata da cicatrici, il petto su cui lei ha posato il capo innumerevoli volte, quelle braccia che l'hanno abbracciata, protetta...: anche Jamie ha perso la vita a Culloden nel 1746?

L'altra ragione che ha spinto la donna a intraprendere questo viaggio dagli States alla Scozia in compagnia di Brianna, è il desiderio di poter finalmente rivelare il segreto che custodisce da anni: la sua adorata Bree non è la figlia naturale di quel padre tanto amato e che altrettanto l'ha amata, crescendola con tenerezza e devozione. Frank Randall accolse la piccola sapendo che non era sua figlia.
Perché Brianna è, in realtà, figlia di Jamie Fraser.
E per Claire è arrivato il momento di dirle la verità, di parlarle di Craigh Na Dun, del suo assurdo e affascinante viaggio nel passato attraverso le pietre, e di quell'uomo meraviglioso, pieno di coraggio e forza fisica e morale e del loro amore vissuto intensamente in un'altra vita e in un'altra epoca.

Bree le crederà?
Non sarà facile continuare a credere alla salute mentale della madre, che di punto in bianco le confessa: Sai, Bree cara, tu sei figlia di un uomo che ho amato nel 1743. Sei stata concepita nel 1743, ma sei nata nel 1958. E no, tuo padre non è Frank, bensì l'Highlander Jamie Fraser.

Claire capisce che l'unico modo per far sì che l'attonita figlia le creda sia quello di raccontarle con esattezza ciò che accadde quando lei finì per caso (?!?) nella selvaggia, aspra e tormentata Scozia del 18° secolo, di come conobbe il terribile capitano "Black Jack" Jonathan Randall e di quanta sofferenza egli abbia arrecato a Jamie e a Claire stessa.

La narrazione, quindi, si sposta di nuovo nel passato, con Claire e Jamie impegnati a districarsi tra gli intrighi nella sfarzosa corte di Versailles.
Grazie all'ospitalità del cugino Jared, Jamie riesce ad entrare nel mondo del commercio del vino e a farsi conoscere dalla nobiltà parigina; sapendo, grazie alla moglie, che solo tre anni più tardi si verificherà la disfatta di Culloden, i due sono intenzionati a provare a cambiare la Storia e ad evitare tutti quei morti tra i guerrieri scozzesi...
Come? 
Infiltrandosi nella ribellione giacobita guidata da Bonnie Prince Charlie (Carlo Edoardo Stuart)!

Jamie e Claire conosceranno da vicino il licenzioso mondo della società francese, dove i ricchi non fanno che sollazzarsi tra divertimenti, feste, intrighi e tradimenti.

Nonostante il loro impegno nel voler alterare il corso della storia, la sfida sarà tutt'altro che semplice, anzi: i pericoli saranno dietro l'angolo e avranno ora il volto nuovo del Comte St. Germain, invischiato in affari oscuri e con risvolti esoterici, ora quello già noto di un nemico che credevano morto e invece...

Claire e Jamie dovranno vedersela, quindi, con nemici e pericoli vecchi e nuovi, cercando intanto di sabotare i piani del pretendente Prince Charlie, intenzionato a riportare sul trono il casato degli Stuart.
Fermare lui significa evitare Culloden.

Ma ci saranno anche incontri piacevoli, con persone amiche: Madre Hildegard dell'Hopital des Anges, la struttura in cui Claire si recherà quotidianamente per rendersi utile come "guaritrice"; Mastro Raymond, un uomo particolare, misterioso, saggio, che condivide con Claire la passione per erbe e intrugli; Fergus, un ragazzino di dieci anni, cresciuto in un bordello e abile nel furto, che verrà accolto in casa Fraser come un figlio.

Tra Jamie e Claire l'amore e la passione non diminuiscono mai, anzi, ma avranno anche loro problemi, incomprensioni, richieste e promesse difficili da realizzare, perdite dolorose che rischieranno di allontanarli.

Ma il loro amore sa come resistere al tempo, alla storia, al passato e al futuro.

E anche questo secondo capitolo della saga è stato bellissimo, coinvolgente; che dirvi? La Gabaldon scrive divinamente, leggerla è un piacere, mi sento immersa totalmente nel contesto, mi sembra di essere lì con i protagonisti; Jamie è un personaggio meraviglioso perché è sì forte, coraggioso, pieno di ardore, ma è anche così fragile, molto consapevole delle sue debolezze e, rispetto a Claire, desidera/sente il bisogno di esternarle, di tirarle fuori per esaminarle e, se può, superarle.

Bello bello.

martedì 2 agosto 2022

** RubRicordando ** James Arthur Baldwin

 

Il 2 agosto 1924 nasceva a New York il saggista, romanziere e drammaturgo americano James Arthur Baldwin, che ha scritto molti saggi in particolare sul tema del razzismo negli Stati Uniti, tra gli anni '50 e '60.

Figlio di un pastore protestante, primogenito di nove figli, è cresciuto in povertà nel ghetto nero di 
Harlem a New York City; fu egli stesso ministro e predicatore per tre anni.

Parte nel 1948 per Parigi, dove vive per i successivi otto anni, per poi tornare negli Stati Uniti e partecipare attivamente alla lotta per i diritti civili che travolse la nazione. 

Nel libro Nobody knows my name, del 1961 (trad. it. Nessuno sa il mio nome, Milano 1969) esplora le relazioni bianchi-neri, tema era centrale anche nel romanzo Another Country (1962, Un altro mondo), che esamina questioni sessuali e razziali e, a tal proposito, viene duramente attaccato per aver parlato dell'omosessualità all'interno della comunità nera di New York.

L'autobiografico Go tell it on the mountain (trad. it. Gridalo forte, Milano 1966), nonostante gli evidenti difetti, resta la sua opera narrativa più potente e promettente in ambito narrativo; degni di nota anche Giovanni's room (1958; La stanza di Giovanni), Tell me how long the train's been gome (1968). 

Altre opere: La prossima volta, il fuoco, Blues per l’uomo bianco, Stamattina, stasera, troppo presto, L’angolo dell’amen, Sulla mia testa, Il prezzo del biglietto, Se la strada potesse parlare.

Baldwin è stato una voce importante nel movimento per i diritti civili per tutti gli anni sessanta, anche se viene spesso criticato per il suo approccio pacifista.
Il suo ultimo romanzo, Just Above My Head è del 1979.
Nel 1986 è nominato commendatore della Legion d'onore dal governo francese; muore nel 1987 a Saint-Paul de Vence, in Francia.


ALCUNE CITAZIONI

“Se il concetto di Dio ha qualche validità o uso, ci può solo rendere più grandi, più liberi e più degni d'amore.”

“La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo.”

Il pregiudizio razziale troverà sempre un fertile terreno in quella piccola e debole cosa che è il cervello umano.

"Il paradosso dell'educazione è precisamente questo: che mentre uno inizia a diventare consapevole, inizia a esaminare la società nella quale viene educato."

"Immagino che una delle ragioni per cui le persone si aggrappano al loro odio così ostinatamente è perché sentono che, una volta che l'odio sarà passato, saranno costrette a fronteggiare il dolore."

"Forse la casa non è un luogo ma semplicemente una condizione irrevocabile."





FONTI CONSULTATE

  • Britannica, I redattori dell'enciclopedia. "James Baldwin". Enciclopedia Britannica , 29 luglio 2022, https://www.britannica.com/biography/James-Baldwin. 
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/james-baldwin_%28Enciclopedia-Italiana%29/
  • https://letteralmente.net/frasi-celebri/james-baldwin/
  • https://www.frasicelebri.it/
  • https://le-citazioni.it/autori/james-arthur-baldwin/
  • Wikipedia (foto)

lunedì 1 agosto 2022

LUGLIO 2022, TRA LETTURE E SERIE TV (monthly recap)

 

Luglio, il caldissimo e afosissimo luglio, è andato via, lasciando spazio ad un agosto che, mi sa proprio, sarà altrettanto rovente.

La cosa positiva, per quanto mi concerne, è che andrò in Svizzera nella seconda metà del mese, per cui godrò di un po' di aria fresca :-D

Intanto, ecco il mio riepilogo su libri e serie tv di luglio.


,


  1. LA MORTE VIENE DAL PASSATO di V. Meleca: thriller spionistico ambientato ai giorni nostri in Norvegia con incursioni nella seconda guerra mondiale (4/5);
  2. VIA POMA, INGANNO STRUTTURALE TRE di C. Lavorino: certosina analisi investigativa sul celebre ed irrisolto giallo di via Poma. (4/5).
  3. ACAYA A.D. 1714. TRAGICA FINE DI UN SOGNO di F. Agrimi: breve romanzo storico ambientato in un paesino fortificato nel leccese, nel 1700 (3.5/5);
  4. "Il mistero del bosco. L'incredibile storia del delitto di Arce" di P. Nazio: romanzo-inchiesta che ripercorre in modo chiaro il delitto di Arce (4/5);
  5. LE STANZE SEGRETE DELLA PIOGGIA di V. De Cecco: romance contemporaneo; una ragazza torna nel suo paese natio, ritrovandovi i fantasmi da cui era scappata (4/5);
  6. BLU di G. Tribuiani: romanzo di formazione di cui non sono riuscita ad apprezzare lo stile contorto (2/5);
  7. IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI di D. Carrozza: si può scrivere un romanzo su commissione, sforzandosi di trovare l'ispirazione? (4/5);
  8. RITORNO A RIVERTON MANOR di K. Morton: mystery che viaggia su due periodi temporali, seguendo le vicende di due sorelle ricche ma sfortunate, innamorate dello stesso uomo (4.5/5)
  9. L'ULTIMO DUCA di J. Michaels: regency romance per chi ama emozionarsi con storie d'amore a lieto fine (3,5/5);
  10. L'AMULETO D'AMBRA di D. Gabaldon: nel secondo volume della saga fantasy storica, Jamie e Claire sono a Parigi per cercare di cambiare il corso della Storia (5/5). 


A luglio, le letture da podio sono ovviamente il romanzo di Outlander (non ho ancora scritto la recensione), quello della Morton, che racconta storie sempre molto "piene" di avvenimenti e sullo sfondo di ville enormi e maestose, e i due libri di inchiesta/cronaca nera sui delitti irrisolti di Simonetta Cesaroni e Serena Mollicone.


SERIE TV

Ho ripreso, seppur lentamente, la terza stagione di HANNIBAL (ne ho parlato QUI) e il mangiacarneumana più affascinante e crudele della tv continua a preparare piatti gourmet con ingredienti... ehm... nostrani e di prima scelta.

Ho guardato LA GIUDICE, una serie coreana di una sola stagione (almeno per ora), che mi è piaciuta per la tematica di base: la violenza perpetrata da minori e la controversa questione della condanna dei loro reati. 

La protagonista è Sim Eun-seok, una giudice molto severa, algida, riservatissima, scontrosa, anzi a volte è proprio maleducata, anche nei confronti di chi cerca di essere gentile con lei; quando le viene conferito un incarico nel tribunale dei minori, è intenzionata a farsi carico di ogni caso con severità, integrità, nel pieno e rigido rispetto della legge e, soprattutto, guidata dal proprio profondo disprezzo per i giovani delinquenti, alcuni dei quali spesso sono poco più che bambini.

La donna viene affiancata dal giudice Cha Tae-joo, giovane ma già ben avviato in questo settore della delinquenza minorile; il suo modo di lavorare, il suo approccio con i ragazzi accusati e poi inviati in strutture per il recupero, è l'opposto di quello della nuova collega: Cha è molto empatico, desidera essere di aiuto a queste vite così giovani e già così deviate, ben sapendo che tanti di questi criminali (quasi tutti, a dire il vero) hanno preso certe brutte strade e compagnie perchè alle spalle hanno un contesto famigliare e sociale carente, assente, fatto spesso di abbandono o violenza.

Sim non condivide l'atteggiamento di Cha, che secondo lei eccede nel voler per forza capire e concedere attenuanti a questi ragazzacci, che invece non meritano comprensione ma punizione per i reati commessi; non solo, ma la giudice disapprova il coinvolgimento emotivo del collega, che potrebbe indurlo ad essere poco obiettivo e distaccato, inficiando quindi il lavoro.

Sono tanti e diversi i casi affrontati, ma tutti hanno in comune lo scatenare una doppia sensazione nello spettatore, a mio avviso: davanti ai delitti - spesso davvero molto violenti, crudeli, sadici, e per di più commessi con leggerezza, quasi per gioco o per "semplice" cattiveria verso le vittime - non si può non provare indignazione, rabbia, voglia di punire e che venga fatta giustizia perchè è giusto che le vittime e le loro famiglie distrutte si vedano riconosciuti il loro dolore, il trauma/lutto subito e possano constatare che la legge non li abbandona nelle loro disgrazie ma dà loro un minimo di giustizia, punendo chi sbaglia.
Dall'altra, è inevitabile un altro pensiero: sono ragazzini, adolescenti, hanno meno di diciotto anni... Insomma, hanno una vita davanti e tutto il tempo per essere rieducati, recuperati. No?

Certo, di alcuni non diresti proprio che vogliano essere recuperati e "raddrizzati", ma resta il fatto che per la legge non sono processabili come degli adulti, il che vuol dire che per tanti reati terribili la condanna sarà, di conseguenza, sempre troppo poco severa, "lieve", rispetto alla portata drammatica delle conseguenze delle loro azioni.
Ed infatti, fuori dal tribunale dei minori ci sono costantemente gruppi di manifestanti che chiedono a gran voce una riforma della legge, così che certi crimini, in particolare quelli più crudeli, efferati, in cui ci sono stupri, assassinii ecc..., vengano giudicati come se a commetterli fosse stato un adulto.

Ma per ora le cose vanno così e, piaccia o no, la legge va applicata per ciò che è, senza discutere (anche perché a poco serve).

Sim cerca di comminare il massimo della pena a  quei ragazzi che lei trova siano dei mostri di cinismo, impuniti e impenitenti, che se ne infischiano dei danni provocati alle loro vittime e non mostrano alcun segno di pentimento.
Il suo atteggiamento duro pian piano, però, si ammorbidirà: pur restando inflessibile e poco empatica, comincerà a farsi coinvolgere un po' di più nelle vicende personali degli imputati, andando a toccare con mano certe realtà difficili, in cui questi piccoli criminali sono cresciuti, divenendo ciò che sono...

Si scopriranno due cose importanti circa il passato di Sim e di Cha, ed entrambi i background ci faranno capire perché essi hanno, col tempo, sviluppato ciascuno il proprio modo di intendere e portare avanti il proprio lavoro di giudice minorile, la prima con eccessiva intransigenza e un discutibile odio per i ragazzi che commettono reati, e il secondo con la sua comprensione e vicinanza emotiva (che però non di rado non gli saranno di aiuto in quanto lo renderanno troppo coinvolto e poco oggettivo).

Sim incontrerà non pochi ostacoli da parte dei superiori ma lei andrà dritta per la propria strada.

Se vi piacciono le tematiche sociali e legate alla criminalità minorile, provate a guardare questa serie.

E poi.... ho iniziato THIS IS US!!

Dopo aver letto e sentito pareri ultra positivi, gente che ancora piange perchè la serie è ormai conclusa..., insomma, tutto 'sto strepito mi ha convinta e l'ho cominciata.
Che dire? Mi son ritrovata affezionatissima e coinvolta dalle vicende della famiglia Pearson: dalla coppia Jack e Rebecca e dai loro tre splendidi figli, l'attore bello e poco compreso Kevin, l'intelligente Kate - da sempre in lotta con sé stessa e con quel corpo ricoperto da troppa ciccia e di cui non si riesce a liberarsi -, e Randall, uomo di successo, con una bellissima famiglia ma... i problemi ce li ha pure lui, eh!
La storia si dipana tra passato e presente, alternando in ogni puntata le vicende di Jack e Rebecca prima-durante e dopo l'arrivo dei tre figli (Kate e Kevin sono gemelli, Randall è nato lo stesso giorno ma è stato adottato) e il presente dei tre fratelli ormai trentaseienni.

Insomma, vedetela, se non l'avete vista!
Io sto sempre lì con la lacrimuccia pronta a scendere perché credo sia impossibile non lasciarsi coinvolgere.

sabato 30 luglio 2022

[[ RECENSIONE ]] LA MORTE VIENE DAL PASSATO di Vincenzo Meleca



Un criminale filonazista dei giorni nostri, ricercato per atti di terrorismo in Germania, decide di arrivare sino in Norvegia per dissotterrare una cassetta contenente qualcosa di importante, di prezioso per chi, come lui, continua a credere nei principi della folle ideologia nazista. Qualcosa che è rimasto nascosto dai tempi della seconda guerra mondiale e su cui egli vuol mettere le mani, e per farlo è disposto davvero a tutto.



LA MORTE VIENE DAL PASSATO
di Vincenzo Meleca


TraccePerLaMeta Edizioni
186 pp
 
Novembre 1944, Auschwitz. Il dottor Rieder sta lavorando ad una ricerca dalla portata straordinaria, quando riceve la visita di un suo superiore delle SS che gli ordina di far sparire tutto ciò che è stato fatto in quel campo di concentramento, soprattutto i risultati dei suoi studi, che tanto gli stavano dando soddisfazione.
I Russi stanno per arrivare e non devono trovare traccia né dei prigionieri né di alcuna attività svolta nel campo.

Qualche mese dopo, una cassetta di ferro, dal contenuto segreto, viene deposta in una grotta, nei pressi della stazione meteorologica Haudegen, nell'arcipelago delle Svalbard, Norvegia. 
A lasciarla lì sono degli ufficiali tedeschi.
Molti decenni dopo, qualcuno è intenzionato a recuperare a tutti i costi quella cassetta e il suo contenuto; lo deve a suo padre e al sogno (infranto) di una Germania potente e invincibile. 

Quest'uomo è Alfred Becker, pericoloso criminale neonazista ricercato dalla polizia tedesca alla quale finora è riuscito a sfuggire, assumendo di volta in volta diverse identità.

Il suo scopo è trovare qualcuno che lo porti a Haudegen, così che possa recarsi in quella grotta in cui è stata nascosta una cassetta e prenderla, finalmente.
Non è facile trovare un passaggio, complice il periodo dell'anno, ma nulla può farlo desistere dal suo scopo.

Intanto, parallelamente alle vicende losche di questo tedesco poco raccomandabile, conosciamo quelle di tre italiani - i cugini Antonio e Massimo, Dino (figlio di Antonio), Matteo (guida e ricercatore) - e il  norvegese Knut.
I quattro partono per un viaggio avventuroso in Norvegia, nell'arcipelago delle Svalbard, imbarcandosi sulla goletta di un certo Gunnar; soltanto un anno dopo, però, il ricordo di quell'esperienza spensierata tra amici verrà macchiato da un evento tanto tragico quanto inatteso, che coinvolgerà in prima persona uno del gruppo.

Le loro strade, purtroppo, si incroceranno con quella del tedesco ossessionato dalla cassetta e questo li coinvolgerà loro malgrado in un altro viaggio in Norvegia, ancora una volta insieme e nei medesimi posti dell'anno prima, ma con un animo decisamente diverso, oppresso dal dispiacere e dal terribile sospetto che un pericolo imminente sia lì ad attenderli.
Ed infatti, questa volta non dovranno stare attenti a foche e orsi bensì alla follia di un criminale senza scrupoli e senza coscienza.

Il romanzo di Vincenzo Meleca è un thriller spionistico che spazia dalla seconda guerra mondiale ai nostri giorni, e attraverso una trama articolata e avvincente ci porta in Norvegia, tra montagne ricoperte di ghiaccio, fiordi e orsi polari; l'insolita ambientazione è realisticamente descritta ma anche un posto come questo, freddo, lontano ed incontaminato - in cui i pericoli sono costituiti più che altro da una natura che, se non si sa come approcciarla, può risultare nemica - può divenire lo scenario ideale per custodire fatti e vicende che vengono dal passato e che si allacciano a una pagina buia della storia contemporanea, legata al nazismo e ai terribili crimini messi in atto nei lager.

La narrazione è precisa, puntuale, si capisce che lo scrittore conosce, e bene, la materia narrativa trattata, dietro cui c'è documentazione, ricerca storica, padronanza della terminologia militare (e infatti egli collabora da anni con alcune riviste del settore storico-militare e con l’Ufficio Storico della Marina), il che dà forza e credibilità alla storia raccontata e ai personaggi, ben caratterizzati.

Se vi piacciono le storie di spionaggio e intrighi internazionali, con riferimenti alla storia e dal ritmo che via via si fa sempre più incalzante, questo romanzo potrebbe fare al caso vostro. 

giovedì 28 luglio 2022

🔑 RECENSIONE 🔑 VIA POMA, INGANNO STRUTTURALE TRE di Carmelo Lavorino


Il criminologo Carmelo Lavorino analizza il tristemente noto "giallo di via Poma" e tra le pagine di questo suo terzo lavoro sul caso in oggetto ci propone una dettagliata analisi investigativa e criminologica, prendendo in esame i vari elementi legati al delitto, dai personaggi coinvolti alle varie  piste investigative seguite, dagli errori commessi ai depistaggi ad opera di una "manina manigolda".


VIA POMA, INGANNO STRUTTURALE TRE 
di Carmelo Lavorino

StreetLib
253 pp
L'efferato omicidio di Simonetta Cesaroni è, dopo trentadue anni, ancora irrisolto e tante sono le domande senza risposta.

Questo delitto viene analizzato dal criminologo Carmelo Lavorino in modo meticoloso, con un approccio scientifico, freddo e con toni schietti, poco diplomatici e, quando è il caso, anche sarcastici, nei confronti di chi, negli anni, ha portato avanti le indagini in maniera poco precisa e inconcludente.

L'autore sviscera il caso, tenendo conto di tutte le variabili possibili, consapevole che però, alla fine, la verità sia purtroppo impantanata nelle sabbie mobili di incompetenze, errori procedurali, metodi raffazzonati e imprecisi, piste mai prese in considerazione ed altre seguite nonostante fossero poco probabili...: insomma, il quadro che il lettore ricava, leggendo questo testo, è che troppe cose siano state trascurate o fatte male, il che ha condotto alla non soluzione del "giallo".

“Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non vedere la cosa che non piace, ma non per vedere quella che si desidera”: citando Manzoni, Lavorino ci ricorda come purtroppo molte volte il lume della ragione e dell’analisi investigativa venga spento perché ci si rifiuta di vedere tutto ciò che non è in linea con le proprie convinzioni.

Il lettore, quindi, ripercorre ciò che è accaduto in quel funesto pomeriggio a Roma, nel condominio di via Poma 2: era il 7 agosto 1990 e la povera Simonetta si recava negli uffici degli Ostelli della Gioventù per il turno pomeridiano di lavoro; lì ha trovato la morte per mano di un assassino spietato, che le ha inferto 29 ferite su diverse parti del corpo, con un tagliacarte.

Lavorino inserisce anche foto e disegni in cui vengono mostrati il corpo senza vita della vittima, le ferite su di esso, i segni lasciati dall'assassino nella sua furia omicida, il modo in cui ha sistemato il cadavere (il reggiseno, il corpetto...), e poi la disposizione delle stanze e gli oggetti al loro interno, gli effetti personali di Simonetta presenti e quelli portati via dalla scena del crimine dallo stesso assassino.

Circa l'identità dell'assassino, e del suo profilo criminale, il modo in cui ha deciso di lasciare il corpo ha in sé elementi contraddittori, perché se da una parte la posa umiliante in cui viene ritrovata la vittima ci suggerisce il desiderio di dominio da parte dell’aggressore, dall'altra questo stona col fatto che il top della giovane sia stato disposto successivamente sul ventre, come un atto di pietas o undoing (riparazione del crimine, negazione psichica); sempre che sia stato lui a compiere quel gesto e non il complice.
L'assassino, nel suo agire, ha dimostrato di essere un soggetto disorganizzato e impulsivo e il suo è stato un omicidio d’impeto, frutto della perdita del controllo.

Purtroppo, se c'è una verità che emerge con prepotenza è che la raccolta dei dati è stata poco scrupolosa, per cui... "tutto è possibile grazie all’incertezza dei dati!".

Vengono descritti gli orari in cui si sono verificati l'omicidio e la successiva pulizia accuratissima del luogo del delitto; e ancora, le testimonianze dei soggetti coinvolti, come le impiegate che lavoravano per l'AIAG (Associazione Italiana Alberghi della Gioventù), i responsabili, il portiere e i famigliari, alcune persone che abitavano nel condominio...

Vengono esaminate le tantissime incongruenze, ad es. relative all'ora del decesso della ragazza e le telefonate che si sono susseguite prima della morte.

Il criminologo è del parere che Simonetta sia stata uccisa prima delle 17:00 e che, quindi, non sia stata lei a telefonare a Luigina Berrettini (ammesso che la telefonata ci sia stata) – e che "questo INGANNO STRUTTURALE abbia impedito sinora la soluzione del caso, proprio perché ha spostato il momento zero (o nucleico) del crimine, determinando la creazione di falsi presupposti e, quindi, di false conclusioni."

Infatti, Luigina Berrettini (collega di Simonetta e dipendente dell’AIAG) ha dichiarato di aver ricevuto a casa una telefonata dall’AIAG, da una ragazza, presentatasi come Simonetta Cesaroni, che la chiamava per chiedere delucidazioni su un codice da inserire al computer, ma secondo l'autore vi è la probabilità che la telefonata possa essere stata effettuata 45-60 minuti prima dell'ora  dichiarata da Berrettini; in base allo spostamento dell'orario, si è obbligati a porsi la domanda: la ragazza al telefono era realmente Simonetta o una bugiarda che partecipava ad una farsa (perché? per ordine di chi?); non solo: ma la telefonata c’è stata realmente? Se sì, davvero alle 17:05 o 45-60 minuti prima? "Questo è il nodo gordiano di Via Poma!", sostiene Lavorino.

Altri elementi interessanti che mi hanno colpito in questa disamina:

✔ Tutti gli impiegati dell’AIAG  sono coperti da alibi del tipo familiare o personale.

✔ La documentazione investigativa  relativa alla scena del crimine è incompleta e imprecisa per diverse ragioni; ad es., non vengono fotografati e documentati molti dettagli come la stanza dove lavorava Simonetta col computer e dove era il telefono della Berrettini, dove sarebbe stata repertata la famosa agendina rossa Lavazza; le tracce papillari non sono state repertate perché, tra le altre cose, c'è stato un gran viavai sulla scena e l'inevitabile conseguente contaminazione; anche il sangue nell’ascensore fu  rinvenuto ben tre settimane dopo il delitto, e i reperti (come il reggiseno) furono male custoditi e/o scomparsi.

Addirittura i segni di ecchimosi, prodotte dal killer sui fianchi della vittima o il segno sul capezzolo...: il medico legale omise di tamponare tali importantissimi segni, impedendo di fatto l’analisi di eventuali tracce biologiche.

Stranamente, non si cercarono le tracce nemmeno sul foglietto in cui appariva il disegno e la scritta “CE DEAD OL” o “OK”. 

Ma cosa ancor più assurda: l’appartamento venne pulito da cima a fondo, per cui la scena del crimine fu distrutta:  come mai, perché? A chi è convenuto? 

L’unica traccia papillare utile è stata rinvenuta sul telefono usato dall'assassino ed è di Antonello Barone (fidanzato di Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta; i due accorsero nell'ufficio e trovarono il cadavere, assieme al titolare della Reli, Salvatore Volponi). Quindi il telefono era stato precedentemente pulito.

In pratica, oltre all'assassino (e dopo di lui) c'è stato almeno un soggetto pulitore, che sapeva cosa, dove e come cancellare e perché.

✔ Diverse sono le perplessità attorno alla figura di Roland Voller, ritenuto per un po' di tempo un "super testimone" e infatti gli fu dato credito quando accusò Federico Valle, il nipote dell’architetto Cesare Valle,  progettista del palazzo di Via Poma; perché quest'uomo aveva in uso un telefono cellulare intestato al Ministro dell’interno? In che veste e perché Voller già frequentava il palazzo dove è avvenuto l’omicidio? Perché gli fu consegnata una lettera di raccomandazione da parte della questura di Roma, a firma del dottor Del Greco, per ottenere la cassetta di sicurezza alla BNL e cosa custodiva quest'ultima? Quale attività avrebbe svolto il Voller per conto dei servizi di sicurezza dello Stato? Ha percepito per tali servizi somme di denaro? 

La questione del tagliacarte di Maria Luisa Sibilia è lo snodo determinante del giallo di Via Poma: all’uscita della donna dall’ufficio esso non era sulla sua scrivania (la Sibilia lo aveva cercato ma, non sapendo dove fosse, ne prese un altro), ma dopo il delitto ed all’arrivo della Polizia vi è apparso misteriosamente; non è più dritto, ma leggermente ricurvo, senza impronte o tracce papillari (e comunque non fu analizzato immediatamente). Ovviamente è stato accuratamente lavato e poi disposto sulla scrivania della Sibilia dopo il delitto dal pulitore, il che fa pensare che questi sapesse sì muoversi all'interno dei locali ma che comunque non sapesse che la Sibilia fosse alla ricerca dell'oggetto.

Il fatto che l’arma fosse in quell'ambiente dove è accaduto l'omicidio e che sia stata addirittura lasciata lì dopo la pulizia, indica che si tratti di omicidio d’impeto maturato in una specialissima situazione criminogena; non è stato pianificato ma è frutto delle circostanze, forse di un litigio o di un'aggressione sessuale, di avances rifiutate che hanno scatenato la furia dell'aggressore.

l'agendina Lavazza, evidentemente sulla scena del crimine, venne consegnata alla famiglia Cesaroni perché si credeva appartenesse a Simonetta..., ma così non era ed infatti Claudio Cesaroni (padre della vittima) la restituì alla Polizia.
Di chi era quest'agendina? Di Pietrino Vanacore, il portiere morto suicida nel marzo 2010, due giorni prima del processo contro Raniero Busc, dove (assieme al figlio Mario ed alla moglie Giuseppa De Luca) avrebbe dovuto testimoniare.
Il suo gesto è stata una sorta di ammissione di colpevolezza? Il senso di colpa per aver strappato la vita a Simonetta o per aver partecipato al delitto in altri modi (come soggetto pulitore, ad es.) era atroce e troppo gravoso da portare e confessare? O s'è tolto di mezzo pur di non dover essere ulteriormente coinvolto e proteggere eventualmente il colpevole (qualche suo famigliare? qualcuno dell'AIAG?).


Insomma, è chiaro - dice l'autore - come l’INGANNO STRUTTURALE abbia prodotto e determinato  errori,  stranezze e caos.

E poiché non esiste il cosiddetto delitto perfetto, se ce ne sono di irrisolti è perché è l’indagine  ad essere inadeguata, sbagliata o sfortunata.

Resta l'interrogativo già espresso più su: in tutta la confusione che contrassegna il giallo di via Poma, quale parte di essa è stata creata ad hoc per ingarbugliare di proposito la matassa e quale è attribuibile a incapacità, sbagli e abbagli da parte di chi doveva investigare?

In sintesi, i punti fondamentali da tener presente se ci si vuole avvicinare (!!) alla soluzione del caso, sono: la certezza che l'assassino

1. abbia usato la mano sinistra per colpire con uno schiaffo la tempia destra di Simonetta e poi sferrarle 29 pugnalate col tagliacarte della stanza n° 3;
2. abbia un alibi dalle 16 alle 17:30 traballante;
3. sia stato aiutato dal complice, poi dalla fortuna e dalla copertura dello sporco e/o dei segreti altrui;
4. abbia gruppo sanguigno A DQAlfa 4/4.


Se vi interessano i casi di cronaca nera e, nello specifico, i cold case che, dopo anni, reclamano ancora giustizia e verità, questo libro fa al caso vostro; fatta eccezione per alcune ripetizioni e nonostante sia denso di dettagli, il testo si legge con facilità e scorrevolezza.

martedì 26 luglio 2022

⚓ RECENSIONE ⚓ ACAYA A.D. 1714. TRAGICA FINE DI UN SOGNO di Ferruccio Agrimi



Lorenzo vive ad Acaya nel 1700. La sua vita - fatta di studio e poi lavoro - scorre serena, con l'amore  e il sostegno della sua famiglia e il futuro sognato con Costanza, compagna inseparabile di giochi durante l'infanzia e in seguito fidanzata.
Ma la laboriosa e placida esistenza degli abitanti del borgo fortificato di Acaya corre verso un destino poco lieto.


ACAYA A.D. 1714. TRAGICA FINE DI UN SOGNO 
di Ferruccio Agrimi



Kimerik Ed.
122 pp
16 euro

In questo breve romanzo storico Ferruccio Agrimi ci racconta la storia di un giovanotto proveniente da una famiglia semplice ma dotato da qualità e virtù che gli permetteranno di fare strada e di costruirsi un buon nome e una buona posizione sociale.
Il contesto in cui nasce e cresce il protagonista ha un posto rilevante ed infatti l'Autore lo descrive con dovizia di particolari, dandoci un'idea chiara del periodo di riferimento e del tipo di vita  che, con i suoi ritmi e i suoi impegni, si conduceva nel Salento in quegli anni.

Acaya, situata a pochi chilometri da Lecce, anticamente era chiamata Segine ed affonda le proprie origini nell'ottavo secolo d.C.

Lo scrittore parte, in modo breve ma esaustivo, dal luglio del 1480, quando una flotta navale turca, per ordine del sultano Maometto II, attacca Otranto, mettendola sotto assedio 
e saccheggiandola.
Dopo la tragedia di Otranto, Segine diventa Acaya
prendendo il nome dalla casata di origine greco-spagnola, i Dell’Acaya, ai quali il re del Regno di Napoli concede quei territori come feudo e quale compenso per i servigi di guerra.

Alla fine del 1600, il borgo di Acaya è un centro rurale abitato da persone semplici ma operose, contadini in larga parte, ma non solo; esso ha la fama di essere un luogo particolarmente sicuro, poiché protetto da alte mura e fossati.

Lorenzo è figlio di una coppia che lavora duramente nei campi e sia lui che i fratelli maggiori aiutano i genitori, ricoprendo ciascuno le proprie mansioni, contribuendo a portare avanti i bisogni della famiglia.

Sin dalla giovanissima età, il ragazzino mostra una saggezza fuori dal comune: è coscienzioso, maturo e responsabile, ma soprattutto ha una invidiabile dialettica, un modo di rivolgersi agli altri (a prescindere da età, ceto sociale...) da lasciare a bocca aperti gli adulti.

Un giorno, il padre di Lorenzo lo convoca, insieme al fratello Fortunato e alla sorella Anna, per comunicare loro che è costretto a mandarli a Lecce, in quanto il lavoro nel campi come coloni è faticoso e non permette ai genitori di andare incontro alle esigenze di tutti i loro figli; invece, andando a stare in casa sello zio Pippi, a Lecce, lo zio potrà avviarli al mondo del lavoro, facendo sì che tutti e tre imparino un mestiere e possano avere maggiori e migliori possibilità di un futuro più roseo e soddisfacente.

Per quanto il dispiacere di dividersi sia enorme, Lorenzo, Fortunato e Anna lasciano il borgo natio per andare a Lecce, a vivere nella casa dello zio Pippi.
Andando via, i tre non lasciano soltanto la famiglia, ma anche abitudini, giochi, amici; Lorenzo, poi, lascia la sua amica Costanza, con cui ha condiviso tanti momenti di divertimento e spensieratezza.
Benché giovanissimi, i due amici sentono che quella separazione è solo temporanea e, negli anni, non smetteranno di pensare l'una all'altro.

Anche in casa dei parenti Lorenzo tira fuori la sua parlantina, il suo essere sereno e giudizioso, capace di portare tranquillità e ragionevolezza in chiunque lo ascolti; e proprio grazie alla sua notevole dialettica, alla sua intelligenza e alla bravura negli studi, Lorenzo va incontro a delle esperienze importanti, che segneranno la sua vita.

Uno dei compiti più particolari che gli vengono affidati, e in cui egli mette a frutto la sua innata empatia e la gentilezza per cui tutti gli vogliono bene, lo svolge quando viene nominato membro dell'ordine laico della "Confraternita dei Bianchi della Giustizia"; il suo compito consiste nel prestare conforto ai condannati a morte in quei pochi istanti prima di essere condotti al patibolo.
È un ruolo che gli si addice molto proprio perché Lorenzo è per sua natura un'anima buona, affabile, che sa come parlare al cuore degli altri - in special modo di chi è in difficoltà o soffre - per donargli un po' di serenità, sostegno morale e consolazione. 

Con il passare degli anni il ragazzo riesce a costruirsi e a consolidare una buona posizione professionale, conquistandosi la stima di chiunque lo conosca.

Certo, il suo cuore è rimasto nell'amato borgo di Acaya e ben presto il desiderio di farvi ritorno, anche solo per poco, prevale: dopo aver riabbracciato i commossi e orgogliosi genitori, non può non andare a salutare la sua cara Costanza, rinnovando, prima tacitamente e poi pubblicamente, i sentimenti che egli prova per lei, ricambiato.

Ma proprio quando il futuro appare sereno e splendido, le nuvole nere di un imminente attacco da parte degli Ottomani si stagliano all'orizzonte.

Come andrà per Acaya e i suoi pacifici abitanti, è storia.

Un borgo da sempre ritenuto inespugnabile in quanto ben trincerato e al sicuro da un'eventuale minaccia via mare, visto come il perno di un sistema difensivo costituito da molte masserie fortificate, volte proprio a proteggere sia la città di Lecce che le più importanti vie di comunicazione costiere, viene invece attaccato da conquistatori stranieri: per le antiche vie di Acaya in un giorno di settembre del 1714 si scatenano il terrore e la morte.

Cosa ne sarà di Lorenzo e dei suoi cari? La fine di questo luogo incantato coinvolgerà anche lui?

È vero, il titolo ci fa pensare alla fine di un'era caratterizzata dalla sicurezza e dalla pace, ma in realtà la sensazione che ne ricaviamo, giunti a fine lettura, non è di irrimediabile tristezza e rassegnazione davanti alle atrocità dei saccheggiatori (che pure hanno portato sangue, lutti, distruzione, paura), ma di speranza e di rinascita.
Lorenzo, con la sua forza morale e la sua fiducia nel futuro, ci ricorda che le disfatte possono arrivare, e spesso giungono quando meno ce le aspettavamo, quando ci sentivamo al sicuro e invincibili, ma se riusciamo a sopravvivere ad esse, dobbiamo essere grati per quella vita che ancora ci scorre nelle vene, e non abbatterci, ma rialzarci verso una nuova fase dell'esistenza.

Ho trovato questo scritto di Ferruccio Agrimi piacevole nel linguaggio (elegante, consono al personaggio e all'ambientazione) ed interessante per la ricchezza di dettagli e la precisione nel descrivere (senza essere pesante o noioso) i luoghi in cui è ambientata la vicenda e il periodo storico, ponendo attenzione a tutti gli ambiti del vivere, da quello sociale a quello politico, da quello famigliare a quello relativo ai mestieri diffusi a quell'epoca.

Se siete appassionati di storia e di borghi antichi, questo libro potrebbe fare a caso vostro. 

venerdì 22 luglio 2022

RECENSIONE ★ "Il mistero del bosco. L'incredibile storia del delitto di Arce" di Pino Nazio ★



 Nel romanzo-inchiesta"Il mistero del bosco. L'incredibile storia del delitto di Arce" il giornalista Pino Nazio espone, con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti il caso, attualmente irrisolto, dell'omicidio di Serena Mollicone. 

Sovera Ed.
128 pp
15 euro

La diciottenne di Arce scompare da Isola Liri il primo giugno del 2001; il suo corpo senza vita viene ritrovato due giorni dopo da una squadra della protezione civile, nel boschetto di Fontecupa. 
Serena ha le mani e i piedi legati, un sacchetto di plastica le avvolge la testa; sul sopracciglio sinistro c'è una ferita provocata da un colpo violento, che non l'ha uccisa ma stordita: è morta, infatti, per soffocamento, dopo una lenta agonia. Chi le ha tolto la vita, l'ha portata nel bosco poche ore prima del ritrovamento.

Chi e perché si è macchiato di questo orrendo delitto? Chi poteva volere la morte di una ragazza così giovane, da tutti in paese conosciuta come una studentessa allegra, solare, altruista e gentile, tanto con le persone che con gli animali?

Ad oggi, dopo ben ventuno anni da questa morte assurda e violenta, non c'è nessun colpevole.
È di pochi giorni la notizia dell'assoluzione, da parte della Corte di Assise di Cassino,  dei cinque imputati (l’ex maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco, il luogotenente Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano - con diversi capi d'accusa -) "per non aver commesso il fatto".

La sentenza ha fatto discutere e ha suscitato molta amarezza e delusione, perché la domanda su chi abbia ucciso Serena resta e ci ricorda che l'assassino (o gli assassini) è ancora a piede libero e finora l'ha fatta franca.
Il padre della vittima, Guglielmo Mollicone, sin dal primo istante non ha smesso di lottare perché la verità su cosa sia accaduto alla sua amatissima figlia venisse fuori, ma purtroppo è morto due anni fa privato della (comunque magrissima) consolazione che fosse fatta giustizia e che la morte di Serena non restasse vana.

"...non è vero che tutte le morti sono uguali: alcuni dei modi in cui lasciamo il transito terreno sono più duri da digerire. Una morte violenta per mano di altri uomini non ha niente di naturale, di scontato, accade semplicemente perché nell’indole umana, negli aspetti più reconditi, si annidano comportamenti
inspiegabili, comportamenti contro natura."
 

L'autore inserisce la narrazione dei fatti reali in una cornice fittizia, romanzata, immaginando due amici (Lorenzo e Jacopo, già presenti nel libro su Emanuela Orlandi) che si incontrano per parlare del caso della ragazza uccisa nel frusinate nel 2001; con il contributo di un'amica di Lorenzo, Jacopo ha modo di immergersi, prima ancora che nella sequenza di eventi che hanno caratterizzato il delitto in oggetto, nel contesto famigliare in cui è nata e cresciuta Serena.

Si parte infatti col disegnare la situazione della famiglia: il matrimonio di Guglielmo con Bernarda, l'attività della cartoleria, il lavoro come maestro delle elementari, e poi l'arrivo della primogenita (Consuelo), anni dopo quello di Serena, le affinità tra Bernarda e Consuelo e tra Guglielmo e Serena, e poi il dramma della malattia della mamma e la sua prematura dipartita, quando la piccola di casa aveva solo otto anni.

Una variabile importante per inquadrare ciò che è accaduto a Serena riguarda il fatto che nella zona di Arce e nel suo circondario era diffuso l’uso e lo spaccio di droga: droghe leggere, come hashish o marijuana, ma anche droghe pesanti, eroina e cocaina. 
Nel giro di amicizie e nella comitiva di cui faceva parte la ragazza purtroppo non mancavano personaggi poco raccomandabili, che fossero ragazzi dediti all’uso quotidiano di droghe pesanti o spacciatori.

Questo aspetto è fondamentale in quanto la ricerca del movente e dell'assassino si è diretta, da un certo momento in poi, proprio su questo sentiero.

In ventuno anni diverse sono state le piste investigative e anche i sospettati; in particolare citiamo Carmine Belli, un carrozziere di Arce che conosceva Serena (era solito darle un passaggio in macchina; la ragazza chiedeva spesso l'autostop) e su cui sono caduti i sospetti degli inquirenti, tanto da incarcerarlo per poi però tornare libero in quanto l'uomo non aveva a che fare con l'omicidio, non avrebbe avuto materialmente modo e tempo per commetterlo, e anzi il suo impianto accusatorio sembrava piuttosto costruito a tavolino, come a voler trovare per forza il colpevole, o meglio il capro espiatorio.

Ma a dare una virata al "giallo di Arce" e ad alimentare la speranza di Guglielmo circa la possibilità concreta di arrivare alla verità, ci pensa il brigadiere Santino Tuzi, sette anni dopo l'omicidio: l'uomo racconta al magistrato titolare delle indagini di aver visto Serena Mollicone entrare in caserma verso le 11.30 di quel primo di giugno e recarsi al piano di sopra per parlare col comandante o comunque con qualcuno cui potesse dire ciò che le premeva raccontare.
Ebbene, a detta del Tuzi (che, ricordiamo, muore suicida nell'aprile del 2008, pochi giorni dopo la confessione davanti al magistrato), la ragazza lui non l'ha vista scendere, pur essendo rimasto in servizio fino a dopo le 14.
Se la testimonianza dell'uomo era vera, cosa poteva implicare? Che Serena fosse stata vittima di un'aggressione - e quindi poi della volontà omicida - di qualcuno all'interno della caserma di Arce? E perché qualcuno di questi uomini con la divisa avrebbe dovuto azzittirla?
Forse Serena si era recata lì per denunciare qualcuno di sua conoscenza che, purtroppo, spacciava droga?
I sospetti cadono su Marco Mottola, il figlio dell'ex maresciallo, anche perché all'inizio delle indagini c'era stata pure la testimonianza di una barista, che aveva dichiarato di aver visto Serena, la mattina della scomparsa, scendere da una Lancia Y, lo stesso modello di auto di Marco; la donna però aveva poi ritrattato...

Pino Nazio, quindi, ci fa ripercorrere le tappe che hanno contrassegnato gli anni di indagini, le piste e le ipotesi investigative, gli errori, i particolari strani ed inspiegabili, come il cellulare di Serena che scompare e riappare "magicamente" nel cassetto della cameretta, o Mottola padre che, senza mandato e in via del tutto informale, si reca a casa Mollicone per prendere diari o quant'altro potesse risultare utile alle indagini (?!)...
Ma soprattutto ciò che resta impressa è la tenacia, la caparbietà di un padre coraggio che non si è mai arreso finché è stato in vita, ma ha sempre tenuto accesi i riflettori e l'attenzione sull'omicidio della sua bambina, anche se purtroppo, come dicevamo, è deceduto senza ottenere le risposte e la giustizia che cercava.

Le domande sui responsabili e sul movente del delitto di Arce restano attualmente ancora senza risposte, ma ci auguriamo che non sia così per sempre e che questo non sia uno dei tanti cold case che, con gli anni, finiscono nel dimenticatoio o vengono tutt'al più ricordati proprio perché sono dei "gialli irrisolti" e fitti di mistero.

Un libro-inchiesta breve, fruibile, molto fluido nello stile e agile nel ritmo, interessante per chi desidera avere una comprensione ordinata, immediata e chiara degli elementi principali di questo caso.


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...