Magrolina, i capelli blu, lo sguardo triste e perso in un vortice di pensieri inafferrabili e logoranti: la diciottenne Ginevra, che tutti chiamano Blu, porta sulle sue esili spalle fardelli, fissazioni, paure inconfessabili, che rischiano di schiacciarla e il lettore percepisce il suo malessere lungo tutta la lettura, che è un vero e proprio viaggio nella mente di questa ragazza fragile e bisognosa di amore e sicurezze.
BLUdi Giorgia Tribuiani
Quante cose pensa in un minuto neppure lei è in grado di dirlo; quante volte in un giorno inizia a contare e ricontare, ossessivamente, a compiere gesti scaramantici, a cercare la solitudine per mettere ordine in quella testolina che viaggia a mille all'ora: tante, infinite volte.
Ginevra-Blu ha una mente e un cuore accelerati, incapaci di rallentare un attimo, di fermare il flusso di paranoie e pensieri negativi che le frullano in testa e che la rendono insicura, eccessivamente taciturna e solitaria, sicuramente stramba e un po' "matta" agli occhi dei coetanei, e un rebus per i genitori e per i pochi insegnanti che fanno caso a lei (di quelli per i quali gli alunni non sono soltanto un nome sul registro).
È il caso della professoressa Castaldi, che mostra non soltanto un sincero apprezzamento per la bravura di Ginevra-Blu nel disegno, ma anche un'empatia che spiazza la studentessa.
Ginevra frequenta il liceo artistico e ha un grande talento nel disegno, in particolare nel ritrarre volti e corpi.
Blu è figlia di genitori divorziati: vive con la madre, una donna dolce e amorevole, che però lavora molto ed è spesso fuori casa, assenza di cui la ragazza risente e non poco.
Il padre (che Blu vede regolarmente) si è rifatto una vita accanto ad un'altra donna, Costanza (brava in cucina, a differenza della mamma che si limita a scongelare surgelati) e hanno una figlia, Lea, una bambina di quattro anni minore di Blu, e figlia di una precedente relazione di Costanza.
C'è anche un fidanzatino: Roberto è innamoratissimo di Blu, della sua schiva, silenziosa e poco espansiva Blu, ed è terrorizzato all'idea che lei lo lasci; così, per farle capire quanto ci tenga a lei, la riempie di regalini, fiori soprattutto.
Beh, anche la mamma ha sempre usato questa "tecnica", da quando Blu era una bambina: un regalo ogni volta che tardava dal lavoro.
Mi vuoi comprare, mammina?
Vista dall'esterno, non c'è nulla che non vada nella vita di Blu; sì, ok, il divorzio dei propri genitori non rende felice nessun figlio, ma Blu non è comunque sola o abbandonata a sé stessa, ha dei genitori che la amano; sugli amici sorvoliamo ma ha almeno un fidanzato che stravede per lei.
Semmai è la ragazza che non esplode d'amore per Roberto, e anzi vorrebbe trovare il coraggio di lasciarlo perché la sua presenza, le sue mani che la toccano, le sue attenzioni, il suo continuo bisogno di conferme... la irritano, la soffocano; i momenti d'intimità sono una tortura per lei ma, nonostante questa relazione non la renda in alcun modo felice, non riesce a chiudere perché divorata dai sensi di colpa.
Ecco, i sensi di colpa.
Gli amici più odiati ma anche più che mai presenti nella testa di Blu.
Sono il suo peso più ingombrante, quello che la tormenta costantemente, facendola quasi uscire di testa.
Verso tutti Blu ha sensi di colpa, a differenza di Ginevra, l'altra sé stessa, la cattiva, la disubbidiente.
E invece Blu è la brava bambina, quella che mangia tutto, quella paziente con la sorellina, che non fa piangere la mamma, che ascolta il papà.
Ginevrablù ha maturato, nella sua breve esistenza, una caterva di sensi di colpa.
In particolare, verso la madre: lei è così premurosa, cerca di farsi perdonare le assenze attraverso gesti e attenzioni pieni d'amore, ma Ginevra sente di non saperle dimostrare nessuna gratitudine: si vede meschina, malvagia, ingrata e le dispiace perché la madre non se lo merita ma lei non riesce ad essere Blu l'ubbidiente perché c'è sempre il riflesso degli occhi di Ginevra che la fissano pieni di rabbia.
Si sente in colpa verso Lea per un episodio accaduto dieci anni prima, al compleanno della sorella, che fu oggetto di prese in giro da parte degli amici e lei si unì a loro, senza prendere le difese della piccola.
Ha sensi di colpa pure verso Roberto, che l'ama follemente e teneramente e lei invece riesce a stento a sopportarne la presenza.
In questo quotidiano turbinio caotico di pensieri, paure, rimorsi, frustrazioni (quante volte Blu avrebbe voglia di dire o fare qualcosa - di cattivo? - ma poi si ferma perché si sente in colpa, ingoiando parole su parole), la ragazza continua a disegnare, a ricevere i complimenti dell'insegnante, a sognare di fare amicizia con una compagna che invece non è seriamente interessata ad allacciare rapporti con lei, finché un giorno accade qualcosa che costituirà per Blu uno strappo, una virata violenta.
Durante una gita scolastica assiste a un’esibizione di performance art, restando folgorata da quel modo di esprimere l’atto creativo e, in special modo, dall’artista stessa, una certa Dora, una quarantenne molto bella e sensuale.
Rivedere la donna e stare del tempo con lei, frequentarla, diviene un pensiero fisso per Blu, che arriva a sviluppare per l'irraggiungibile Dora una vera e propria ossessione.
Da quest'incontro casuale ne segue, per Ginevrablù, una sorta di "sconquasso" a livello emotivo e psicologico che la conduce verso un vicolo cieco, popolato non solo da pensieri maniacali (molti di natura sessuale, perché Blu sente di essere attratta fisicamente dalla donna) via via sempre più opprimenti, ma anche di comportamenti assurdi, irrazionali, che la vedono compiere cose che turbano lei per prima, ma che non riesce a stoppare.
La cosa più preoccupante è che Ginevrablù non smette mai di sentirsi divisa in due, come se avesse uno sdoppiamento della personalità che, subdolo e pericoloso, la fa sentire ora Ginevra, ora Blu, ora cattiva, ora buona, e che si palesa - tra le altre cose - anche in disturbi alimentari.
Che faccia bene o faccia male, Ginevrablù è comunque sempre angosciata, arrabbiata verso sé stessa, pronta a compiangersi con durezza, a colpevolizzarsi per tutto e tutti e a cercare di trovare, in azioni morbose e incomprensibili manie, una valvola di sfogo.
Povera Blu, che "senti addosso tutta la tristezza del mondo. Tutta la tristezza è lì, contro di te e dentro di te, lì in mezzo al cranio, e nella fronte che diventa pesante e crolla giù, acciuffata appena in tempo dalle mani..."
Tutto questo malessere interiore, questo tormento troppo grande e spaventoso per una ragazzina che si sente sola, e che altro non aspetta che qualcuno la accolga, senza giudizi, sorrisetti, imbarazzi.
Lottare contro il suo doppio, quel mostro familiare e sempre presente che lei sa di dover sconfiggere e spingere via, lontano da sé - per non impazzire e andare al manicomio? -, è qualcosa che le succhia ogni energia e rischia di spingerla sull'orlo di un baratro scuro, nel quale forse... è meglio cadere per porre fine a tutta questa sofferenza.
O forse no, forse varrebbe la pena di liberarsi dalla gabbia soffocante dei brutti pensieri, se vi fosse qualcuno a tenderti la mano, Blu, a darti una carezza, a dirti che no..., non puoi portare tutti i pesi del mondo, che non hai le colpe che ti attribuisci e non meriti le punizioni che ti infliggi...
Allora, devo confessare di aver fatto un po' di fatica ad andare avanti nella lettura a motivo dello stile di scrittura di Giorgia Tribuiani in questo romanzo.
È un unico e continuo flusso di coscienza: il lettore entra dal primo rigo nella testa di Ginevrablù e là resta, imprigionato insieme a lei; non c'è modo di staccarsi un attimo dalle sue pene e angosce interiori, non c'è respiro ma è come un continuo trattenere il fiato; non ci sono momenti, capitoli, paragrafi in cui si esce dalla mente della protagonista per seguire lo svolgersi di alcuni eventi da un punto di vista esterno e differente, e tutto questo fa sì che il ritmo sia molto serrato, fitto, denso, claustrofobico, asfissiante.
Ora, la scelta di mettere a nudo il vissuto psichico ed emotivo dei personaggi a me solitamente piace: amo quando lo scrittore ne dà un ritratto psicologico preciso, appassionato, realistico, ma qui a non avermi rapita e convinta è stato questo fiume inarrestabile di parole, paranoie, frasi interrotte, riprendere un concetto per poi infilarne un altro... Insomma, ho avvertito una irritante sensazione di disordine che, per la maggior parte della lettura, mi ha dato una punta di fastidio, lo ammetto.
Però. C'è un però.
Tutto questo disordine, il senso di incompiutezza, di caos, di pensieri assurdi e azioni maniacali, appartengono alla protagonista e una cosa è certa: l'autrice ha reso alla grande e in modo intenso tutto il tormento che si agita dentro Blu e ha fatto sentire me, lettrice, come si sente la ragazza ogni giorno: senza scampo, rinchiusa in un bozzolo irrespirabile dal quale è difficile uscire e liberarsi.
Il finale mi ha regalato un brivido di tenerezza e commozione, che mi hanno fatto, se non dimenticare, quanto meno riconsiderare la "fatica" provata nell'attraversare, senza sosta, le tortuose strade percorse dalla giovane e fragile mente di un'adolescente.
Ecco, è un libro che consiglio a chi si sente attratto da romanzi di formazione con queste caratteristiche, narrative e di stile.
Purtroppo avevo trovato insopportabile lo stile. Nonostante avessi apprezzato l'esordio, Guasti, temo che l'autrice non faccia più per me. Capita. :(
RispondiEliminaEh lo stile è stato un ostacolo pure per me.
EliminaRomanzo di non facile lettura ma che rende perfettamente il caos interiore di Blu. Il tema del doppio coinvolge e regala cupe sensazioni. Per me è stata una lettura coinvolgente :)
RispondiEliminaNo purtroppo non posso dire che mi abbia coinvolto. Sicuramente ho "sentito" la sofferenza di blu, ma è proprio com è scritto che su di me ha avuto un effetto respingente :/
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