Stamattina ho terminato il romanzo di un'Autrice italiana contemporanea che ho già avuto modo di apprezzare in
, e che in questo suo secondo romanzo conferma il suo talento nel saper creare storie pieni di fascino ed emozione.
, un piccolo villaggio minerario della Sardegna, e la nostra storia inizia nel 1899.
è una bimba vivace e serena, che vive con la mamma Luigia e i tre fratelli Saturno, Pietro e Lazzaro; il loro papà Antonio è morto lavorando mentre scavava all'interno di una montagna.
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monte narba |
La piccola ha solo 11 anni quando, in un giorno di temporale, viene
colpita da un fulmine, che lascia sul suo corpo di bimba
un segno rosso, che come
un marchio impresso a fuoco sulla pelle, la renderà per sempre
diversa dagli altri:
il bellissimo e palpitante fiore di fulmine ricamato su un lato del suo corpo le ricorderà sempre l’esperienza più terribile e allo stesso tempo assolutamente miracolosa della sua esistenza.
Sì perché la scarica del fulmine lascerà il piccolo corpo senza vita, eppure mentre tutti piangono disperati la sua morta e la bara è pronta per essere sepolta per sempre, il custode del cimitero sente dei colpi e dei gemiti che provengono dal suo interno.
Qual è lo stupore, misto a timore, nel constatare che la piccola Nora… è viva!!
La bambina viene portata a casa dalla sua famiglia, lei,
nata due volte, il cui viso troppo pallido, con quegli occhi verdi e penetranti che ti scrutano dentro, quel corpo magro e fragile… sembra dichiarare:
sono io, Nora, colei che è nata due volte, che è risuscitata!
E' possibile non guardare quel piccolo essere silenzioso e impaurito senza provare meraviglia, perplessità… e un pizzico di paura?
Ben presto la gioia di avere di nuovo a casa la piccola della famiglia viene sostituita dalla sensazione inquietante che la morte abbia restituito solo apparentemente Nora, ma che in realtà ella sia…
diversa, come se si fosse instaurato un
filo invisibile tra lei e il regno dei morti.
È come se non fosse mai davvero tornata nel mondo dei vivi, come se nel suo sguardo ci fosse un che di spettrale, di terribile, di funesto.
E Nora è davvero diversa; dopo l’esperienza del fulmine, ha acquisito la capacità di vedere i morti e quelle visioni sono sempre significative, premonitrici; insomma, come dice la pettegola cugina Teresa a Luigia, la risuscitata è… una bidemortos!
E le bidemortos non portano nulla di buono con sé, perché attorno a loro c’è quell’aura grave, quasi diabolica, oscura, che non può che portare sfortuna e sciagure in una casa già segnata dai lutti e dal dolore.
Ed è così che, seppure a malincuore e con la morte nell’anima, Luigia decide di allontanare da casa Nora e di relegarla in un istituto per orfanelle.
La diversità Nora se la porta appresso, impressa come il suo fiore di fulmine, che brucia e fa sentire dolorosamente la sua presenza, che l’ha segnata nell’anima e nel carattere, rendendola solitaria, silenziosa, lontana dal mondo che la circonda, senza nulla da spartire con le sue coetanee, che inevitabilmente la scansano e la additano come se non fosse come loro.
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E Nora sembra avvertire tutto il peso di questo suo modo di essere e sentire, della presenza costante delle ombre dei morti accanto al suo letto, che lei vorrebbe tanto non dover vedere.
La consapevolezza di essere stata abbandonata e rifiutata dalla sua famiglia, che non è più tornata a prenderla, è un peso che l’opprime e la fa sentire sola al mondo, incompresa e non amata.
Ma ecco che… dopo alcuni anni, quando è ormai una giovane bella e piena di talento (dalla sua mamma ha ereditato il dono di "fare miracoli" con ago e filo) ma anche triste e sola, qualcuno all’istituto chiede di lei.
Donna Trinez è anche lei una donna sola, fragile, il cui cuore nasconde dolori e angosce che nessuno sembra poter placare.
Perché vuole proprio la riservata e schiva Nora a servizio presso la sua sontuosa villa?
Quando giunge nella ricca dimora in cui dovrà lavorare come serva, Nora si ritrova a vivere con persone diverse per carattere e con le quali dovrà relazionarsi, cercando di uscire dal guscio in cui finora è stata rintanata, a causa di questa sensazione di diversità ed estraneità che la caratterizza.
Ci sono le serve e colleghe Giusta e Annica, un po’ burbera e pronta a lamentarsi la prima, chiacchierona e allegra la seconda; Annica in particolare vuole a tutti i costi fare amicizia con la nuova arrivata, penetrare il muro della sua timidezza, ma Nora è un osso duro e sciogliersi sarà tutt'altro che facile; la diffidenza fa parte del suo carattere.
A coordinare il lavoro delle tre c’è lei, Palmira, la vecchia governante che adora letteralmente donna Trinez, e da subito si dimostra invidiosa di Nora, che viene trattata con molta benevolenza dalla padrona; un po’ meno dal marito Mariano, che sembra nutrire una certa ostilità verso questa intrusa dallo sguardo acuto e indagatore, che pare leggergli dentro.
E poi ci sono i nipoti della viscontessa, Gabriele e Giaime, entrambi un po’ ombrosi e cupi a causa di problemi di salute che li hanno abbattuti e scoraggiati.
Passano i giorni e le settimane, e Nora comprenderà che l’atmosfera in casa è più pesante di quel che aveva pensato e che c’è un’ombra inquietante che vaga per le stanze,..
Nonostante sembri indifferente e poco affettuosa, Nora decide di cercare la ragione che rende la sua padrona triste, infelice e disperata; lei, un fiore di fulmine solo e incompreso, decide di aiutare un fiore di cristallo, qual è la povera donna Trinez, e di farlo nell'unico modo a lei possibile: le sue "visioni", che da sempre la terrorizzano tanto.
Tra visioni spettrali che non accennano a smettere e riunioni di famiglia paurose e sinistre, Nora sarà costretta a far ricorso a quella capacità che l'ha allontanata dalla sua famiglia per aiutare la sua amata padrona, andando così alla ricerca di terribili segreti che tengono legati i morti alla realtà dei vivi e che non permettono ai primi di trovare finalmente riposo, e ai secondi di ricominciare a vivere serenamente.
Nora stessa ha bisogno di imparare a convivere col suo passato, di fare la pace con esso e con le persone che ne fanno parte per poter riappropriarsi della propria vita, fidandosi del prossimo e afferrando la mano tesa verso di lei da parte di chi ha imparato a volerle bene.
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Anche questa volta, Vanessa Roggeri ci narra una storia piena di fascino, mistero, sentimenti; una storia che ha al centro le donne, con le loro fragilità e i loro punti di forza, con la capacità che è insita in loro di rinascere dalle proprie ceneri come fenici.
La Sardegna degli inizi del Novecento in cui è ambientata la storia di Nora Musa ci affascina con le sue tante superstizioni e le credenze popolari presenti nel villaggio minerario di Monte Narba, e che passando di bocca in bocca inevitabilmente hanno influenzato la vita delle persone, spesso contribuendo a dirigerne il corso.
Nora è una giovane donna cui spesso, in questa recensione, ho attribuito l'aggettivo diversa, e di certo lo è, perchè gli altri l'hanno fatta sentire così nel corso di nove anni di solitudine, e lei stessa ha fatto della propria diversità una fortezza nella quale chiudersi, tentando invano di seppellire sentimenti, emozioni e con essi la voglia di essere felice, di gioire, per paura di sentirsi inadeguata e quindi rifiutata ancora una volta; ma allo stesso tempo, Nora è come ciascuna di noi, un'anima ferita desiderosa di amore, stima, comprensione, e il momento della felicità potrebbe arrivare anche per lei, benché a volte le strade percorse sembrino particolarmente tortuose e buie.
Fiore di fulmine è un romanzo che si sofferma proprio su questa figura di donna, reietta, isolata a causa delle sue "capacità" particolari che spaventano e attirano al contempo, e proprio questo suo "dono" diventerà qualcosa di prezioso nelle sue mani, con il quale la ragazza potrà portare conforto e aiuto ad un altro cuore ferito come il suo, e provare a liberare il proprio dal gelo che finora lo ha divorato.
Quella di Vanessa Roggeri è una scrittura affascinante, così chiara e vivida da lasciarti entrare nei luoghi e nell'animo della protagonista, vivendo con lei le sue vicende e le sue emozioni, i suoi turbamenti, e ci rapisce pagina dopo pagina, solletica la nostra curiosità dando una vena (permettetemi il termine) dark, cupa, un'atmosfera misteriosa - grazie alla presenza del sovrannaturale, che pur essendo qualcosa di impalpabile e che va oltre la ragione, fa parte inevitabilmente dell'esistenza umana - soprattutto nella seconda parte del romanzo, in cui i segreti terribili e tristi che albergano nella villa verranno fuori.
Non posso che consigliarvi la lettura di questo bellissimo libro, che cattura sin dalle prime pagine e ci trascina fino all'ultima battuta, lasciandoci desiderosi di scoprire cosa c'è in serbo per Nora, e se quel fiore di fulmine ricamatole addosso potrà smettere di essere per lei una maledizione e diventare invece solo il ricordo di un miracolo che l'ha vista protagonista, anzi del miracolo che lei stessa è.