Nel secondo libro della saga famigliare "I Cazalet", Elizabeth J. Howard prosegue nel raccontarci la quotidianità dei membri di questa numerosa famiglia inglese che, a motivo dello scoppio del secondo conflitto mondiale, ha dovuto salutare gli anni spensierati fatti di gite, pic-nic e sontuosi pranzetti, per adeguarsi ad una nuova fase della vita, meno serena e accompagnata da difficoltà e preoccupazioni.
IL TEMPO DELL'ATTESA di Elizabeth Jane Howard
Fazi Ed. trad. M. Francescon 640 pp |
La guerra è scoppiata, la preoccupazione per le conseguenze di ciò che ha cominciato a compiere Hitler in Europa si fa sentire ed è palpabile, concretizzandosi nell'urgenza di provvedere maschere antigas per tutti in casa, di pensare a dove collocare i bambini nel caso di bombardamenti (la campagna è la soluzione migliore? Di certo lo è rispetto a Londra, no? I più grandicelli...: non sarà il caso di ritirarli dai collegi? E poi i bimbi della casa per orfani di cui si occupa Rachel: anch'essi hanno bisogno di essere salvaguardati e sfamati!), di organizzare il lavoro nella fabbrica di legnami, tenendo conto che Edward e Rupert probabilmente saranno impegnati in prima linea nella guerra (cosa che, effettivamente, accade) e che il Generale - ormai ultra ottantenne - non è più in grado di mandare avanti l'attività, il che significa che dovrà occuparsene il buon Hugh.
Il lettore fa ritorno a Home Place, nel Sussex, per accomodarsi nuovamente accanto agli uomini, alle donne e ai ragazzini che vivono al sicuro tra quelle mura famigliari - amate dagli adulti e a volte mal sopportate dai più giovani - e segue le vicende di tutti, di tre di loro più da vicino.
La narrazione, infatti, si sofferma in particolare su tre giovanissime Cazalet: Louise, Clary e Polly e attraverso i loro occhi osserviamo non solo ciò che succede ad esse personalmente, ma anche le vicissitudini cui va incontro il resto della famiglia, non escluso il personale e l'insegnante privata.
La guerra ha portato timori, domande, un forte senso di smarrimento e precarietà, ha privato tutti di ogni leggerezza per catapultarli in una dimensione esistenziale contrassegnata dalla paura di qualcosa di più grande, di imprevedibile, che potrebbe sconvolgere le loro vite in modo irreversibile o anche solo portare cambiamenti scomodi, sgradevoli.
Il più affascinante dei fratelli Cazalet, Edward, continua ad avere il vizietto di volare di fiore in fiore, pur conservando l'amante fissa (Diana); non solo, ma la sua condotta a dir poco disdicevole (per usare un eufemismo) adottata con la figlia maggiore Louise, la ritroviamo anche qui...
Il caro e dolce Hugh si fa in quattro per i suoi, cercando di ottemperare ai propri obblighi imprenditoriali (praticamente da solo) e accettando, suo malgrado, di star molto tempo lontano da casa (a Londra) per lavoro, ma purtroppo, anche quando rimette piede in campagna, la serenità sembra sfuggirgli: sua moglie Sybil, tanto cara e amata, sta vivendo un gravissimo problema di salute; tutti sono preoccupati ma, al contempo, tutti fanno finta di niente (tipico dei Cazalet), continuano a comportarsi come sempre, fingendo allegria e ottimismo quando invece, da soli, versano lacrime di tormento e sofferenza.
"In questa famiglia non c'è verso di parlare delle cose brutte. Io invece credo che bisognerebbe parlarne proprio perché sono brutte."
"Il peggio stava accadendo, e loro si comportavano come niente fosse. Era così che faceva la sua famiglia quando le cose andavano male."
La stessa Sybil è combattuta: sa che il male che le sta camminando nel corpo è molto grave... ma non sa come comportarsi con i famigliari. Deve dire esplicitamente che ha capito che la situazione è drammatica o deve, per amore degli stessi, mostrarsi serena, positiva, fingendosi ignara delle proprie reali condizioni?
Rupert, l'insegnante pittore - di cui abbiamo appresto i tentennamenti circa il prendere o meno in mano le redini della fabbrica, insieme al padre e ai fratelli -, adesso è di fronte a una prospettiva di gran lunga più pericolosa: la guerra e l'arruolamento in Marina, decisione obbligata che implica lasciare i ragazzi e la moglie, Zoë, che tra l'altro è incinta.
Chiaramente, l'uomo non potrà tirarsi indietro dai propri doveri e questo getterà incertezza e paura circa la sua sorte. Del resto, si sa: la guerra toglie tanto, e non solo in termini di serenità, pace, cibo, comodità... ma, nei casi peggiori, può togliere anche la vita.
Rivediamo anche Rachel, sempre molto impegnata dentro e fuori casa, con i famigliari e con gli orfanelli; anche a lei e al suo rapporto speciale con l'innamoratissima Sid viene dato spazio tra queste pagine.
Se la comprensiva e rassicurante Sybil deve vedersela con una salute che la sta tradendo e col cumulo di emozioni e stati d'animo negativi legati alla malattia, le cognate hanno altro di cui occuparsi.
Villy vive male la vita coniugale: sotterrata ogni velleità artistica legata al ballo, giunta all'età che ha, con un marito sempre via (prima per lavoro, poi per la guerra), tre figli ormai grandicelli e l'ultimo ancora molto piccolo, chiusa in quella grande casa assieme a suoceri, cognate e nipoti, ha l'impressione che le sue giornate siano di un noioso incalcolabile.
A offrirle brividi e fantasticherie su possibili relazioni extraconiugali che la facciano sentire ancora una donna desiderabile, interviene un direttore d'orchestra, oggetto di una alquanto patetica infatuazione.
Zoë non riesce a darsi pace dopo gli errori commessi e riprendersi dalla morte del bambino che portava in grembo non è facile; i sensi di colpa verso un marito così premuroso e pieno di attenzioni come Rupert l'hanno sfinita e logorata dentro. E proprio quando sembra che le cose si siano sistemate al posto giusto, arriva questa maledetta guerra, che porta Rupe lontano da lei e da Neville e Clary.
E se la felicità dura quanto un battito d'ali, le brutte notizie non di rado viaggiano lungo una linea telefonica: una brutta notizia, riguardante proprio Rupert Cazalet e la sorte cui è andato incontro in guerra, sconvolge tutti, Clary per prima, in quanto è colei che risponde al telefono.
Clary è una dei tre personaggi principali di questo romanzo; è un'adolescente molto intelligente, sveglia, una grande osservatrice, critica e pungente, sincera e senza peli sulla lingua, insomma ha un bel caratterino! Ama scrivere e tiene un diario su cui riporta osservazioni, pensieri e fatti, e che le serve per esercitarsi nella scrittura. Polly (sua coetanea) è la sua migliore amica e le due si confidano apertamente, ci sono sempre l'una per l'altra; questo rapporto molto stretto è un punto di riferimento per ambedue, che sono in fase di crescita e hanno in testa tante domande, perplessità, insicurezze, desideri, paure, aspettative, speranze che però nessun adulto riesce a comprendere davvero, né tanto meno si premura di aiutarle a risolvere eventuali interrogativi.
In questo senso, l'unica figura adulta che viene in soccorso alle ragazze è Miss Milliment, l'insegnante, che col suo fare fermo, saggio ed empatico si assicura la fiducia delle due ragazze.
Clary è apparentemente un tipetto sicuro di sé, quasi un maschiaccio dai modi spicci e dal grande senso pratico, ma nasconde anch'ella fragilità e timori.
L'abbiamo lasciata imbronciata e scorbutica verso la "matrigna" Zoë, ma qualcosa interverrà a cambiare il loro legame e a renderlo più sereno; a dire il vero, tra le due a maturare maggiormente sarà proprio Clary.
Neville continua ad essere un ragazzetto tutto pepe, vivace, che ne pensa sempre una delle sue, pronto a rispondere male tanto alle "femminucce" quanto a quei rompiscatole degli adulti.
Polly è come la ricordiamo: riflessiva, mite, comprensiva, sempre pronta a dire parole di incoraggiamento a tutti (in particolare alla sua affezionata Clary, nonostante questa a volte sia scontrosa, ma Polly capisce che soffre per il padre); una cosa non le sta bene, però, e su quella riesce ad essere meno accomodante: che le si dicano bugie e la si tratti come una bambina. Non lo è, non più, e certe situazioni delicate le comprende forse anche meglio degli adulti e da loro vuole rispetto e considerazione.
E poi c'è Louise, la diciassettenne alla ricerca del proprio posto nel mondo, che desidera diventare un'attrice e decide di dedicarsi a questo nonostante la famiglia non la sostenga con entusiasmo; di lei, seguiremo l'amicizia con Stella (una compagna di collegio acculturata, dalla lingua sciolta e veloce a commentare ed esprimere giudizi su tutto), il lavoro in una compagnia teatrale e il sorgere dei primi sentimenti amorosi.
"Il tempo dell'attesa" è un romanzo caratterizzato proprio da un tempo, da un periodo in cui ciascun personaggio vive un po' come sospeso, (basti pensare al titolo originale: "Marking time", "segnare il tempo"), aspettandosi che qualcosa di importante accada, nel bene o nel male, e dia un corso decisivo a tutte quelle esistenze che gravitano l'una accanto all'altra - in questa villa di famiglia, come fuori (per chi la lascia temporaneamente).
"Si limitavano a infilare un giorno dietro l'altro senza che accadesse mai niente".
Il cibo - merende, colazioni, pranzi e cene - occupa, anche in questo libro, il suo bel posto, ma in maniera differente in quanto esso è visibilmente razionato e la povera cuoca deve fare i salti mortali per accontentare i padroni, maneggiando la materia prima a disposizione con parsimonia e perizia.
Una cosa è certa: guerra o non guerra, se ci sono ospiti improvvisi, "si aggiunge un posto a tavola" senza troppi problemi, anche un letto per dormire non manca, e in effetti gli ospiti sono una concreta possibilità davanti alla quale la Duchessa non può tirarsi indietro.
C'è sempre qualche personaggio esterno ai Cazalet che passa per casa a creare qualche dinamica in più: dai vecchi amici di famiglia a Jessica (la sorella di Villy) con i figli, tra cui Angela - che ha lasciato il "nido" per vivere da sola, esperienza sì necessaria per crescere ma ovviamente non priva di problemi e difficoltà legate, in particolare, all'amore - e il giovane Christopher, già conosciuto in precedenza per le sue posizioni di pacifista e che vivrà un periodo delicato dal punto di vista emotivo, ma il soggiorno a Home Place costituirà per lui una buona terapia ricostituente.
E anche questo secondo libro della serie è filato liscio; come col primo, non posso dire di averlo letto trattenendo il fiato e di corsa, perché è una lettura che si gusta pian piano ed è proprio il ritmo languido e lento a richiederlo; la scrittura è sempre accurata, minuziosa, attenta ai dettagli, capace di tenere il lettore concentrato su ciascun personaggio di volta in volta, senza dimenticare gli altri e senza creargli confusione.
Ci si affeziona ai componenti di questa famiglia inglese: ci fanno sorridere, emozionare, intenerire, scuotere il capo e, pur dalla nostra prospettiva privilegiata di spettatori esterni, ci sentiamo un po' Cazalet anche noi.
Riconfermo il mio parere sulla saga: da leggere, in special modo se vi piace il genere.
Ciao Angela, vedo che stai proseguendo spedita con la lettura della serie e mi fa piacere che anche tu ti stia affezionanando a questa grande famiglia :-)
RispondiEliminaCiao Ariel! Sì, è stato bello ritornare dai Cazalet e non credo ci metterò molto prima di ritornare a Home Place ☺
EliminaGrazie anche alle tue recensioni!