lunedì 2 dicembre 2024

OLIVE, ANCORA LEI di Elizabeth Strout [ RECENSIONE ]


Seguito di Olive Kitteridge, anche questo romanzo, pur ruotando sempre attorno all'omonima protagonista, comprende racconti riguardanti altre persone che, in qualche modo e anche solo lontanamente, conoscono Olive, la quale è ormai giunta a un'età avanzata ed è alle prese con le piccole gioie e le sempre più grandi difficoltà della vecchiaia.


OLIVE, ANCORA LEI
di  Elizabeth Strout 



Einaudi
trad. S. Basso
273 pp

Lo dico subito: non ho letto il libro precedente e non so se lo recupererò perché il secondo non mi ha fatto impazzire.
Questo per dire che non so tutto di lei, di Olive Kitteridge.

Non conosco i pregressi, ciò che è accaduto prima di questo romanzo, per cui mi posso basare solo su di esso per la mia personale conoscenza con la signora Olive, di Crosby, nel Maine, che vive in questa cittadina costiera sola soletta.

L'amato marito Henry è deceduto e il suo unico figlio Christopher vive a New York, esercita la professione di podologo ed ha una compagna, con cui ha dei figli.
Con il giovane non c'è un rapporto strettissimo, si sentono quel po' che basta e si vedono ancora meno.

Ma in occasione di un Natale, Olive decide di invitare Chris e famiglia a Crosby, per passare qualche giorno insieme nella casa che Olive ha condiviso con il buon Henry.

La motivazione è sicuramente rivedersi ma c'è dell'altro: Olive si è fidanzata e a breve si sposerà.

Con chi?
Con Jack Kennison, a sua volta vedovo.

La novella coppia non è più giovanissima... ma che vuol dire? C'è forse un'età più o meno adatta per unirsi a un'altra persona, decidere di percorrere insieme ad essa l'ultimo tratto dell'esistenza?

La robusta Olive e l'altrettanto corpulento Jack sono due persone essenzialmente sole: entrambe hanno amato i coniugi defunti, di cui hanno sentito molto la mancanza e ancora nel presente l'avvertono; i figli son distanti e i rapporti con essi pure...: perché non mettere insieme, sotto lo stesso tetto, alla stessa tavola, nello stesso talamo, le proprie solitudini?
In fondo, caratterialmente si prendono, nel senso che si sopportano a sufficienza, litigano poco e bene o male trascorrono assieme delle giornate serene.

Perché dopotutto, a una certa età, è alla serenità che bisogna puntare.

Non mancano le piccole scaramucce ed incomprensioni, anche con Chris (che inizialmente non accetta di buon grado che la sua anziana madre si porti in casa un coetaneo che per lui è un estraneo), ma son cose che si superano.
E quando la vita continuerà a scorrere, a togliere, a sparigliare qualche carta, troveremo Olive sempre la stessa, accidenti a lei: solida e robusta come lo è fisicamente, caparbia, pragmatica, spiccia e schietta, spesso brusca e senza filtri, altre volte sensibile ed attenta senza mai essere melensa, buona osservatrice e in grado di apprezzare le piccole cose della vita, come un tramonto o un'alba particolarmente sorprendenti.

Ma non c'è solo lei, in questo libro: l'autrice ci porta brevemente nelle vite e nella quotidianità di altra gente, altri uomini, donne, anche adolescenti, ciascuno indaffarato con i piccoli e grandi problemi esistenziali, relazionali, famigliari.

Una ragazza che ha un cattivo legame con la madre e che si lascia andare a condotte non proprio giuste, come a colmare un vuoto che la sta divorando.

Fratelli che hanno, l'uno nei confronti dell'altro, pesanti sensi di colpa che li separano ma che, alla fin fine, hanno solo bisogno di chiacchierare con franchezza.
Cognate poco sensibili l'una all'altra e disposte, a malapena, a trattarsi con finta cortesia.

Un'ex-studentessa di Olive che scrive poesie e, per farlo, non esita e "rubare" frammenti di conversazioni e di confidenze.

Una donna affetta da "un brutto male" che non ha la forza né fisica né emotiva per affrontare il peso di ogni giorno, che a stento sopporta la presenza, seppur rassicurante ed affettuosa, del marito, ma che, a ben guardare, ha solo bisogno di una persona fidata con cui parlare; qualcuno - come Olive! - che non la compatisca e che non la tratti come se stesse per morire da un momento all'altro...

Insomma, tante piccole storie di gente comune, che ha i problemi che abbiamo tutti e che in qualche modo incrocia o sfiora la vita di Olive.


Non posso dire di aver amato questo libro; ho proseguito nella lettura pur provando, in certi passaggi, un po' di noia e anche una certa "irritazione" per questo saltare da Olive (le cui vicissitudini personali, famigliari e di coppia, mi interessavano un po' di più) ad altri individui, nelle cui vite mi infilavo velocemente e altrettanto di fretta me ne uscivo, senza avere il tempo di affezionarmi ad alcuno.

Probabilmente, ripeto, questo è dovuto anche un po' al fatto che, non avendo letto il precedente romanzo, non avevo idea che mi sarei ritrovata in una trama ricca di sotto-trame; inoltre, c'è da dire che... anche ad Olive non è che accadano cose straordinariamente appassionanti.

Però forse è anche giusto così, nel senso: la vita è un'avventura per tutti, è fatta di alti e bassi, di gioie e dolori, di morti e nascite, di compagnia e solitudine, di albe e tramonti..., per qualcuno è più eccitante che per altri... ma è pur sempre vita ed è degna di essere vissuta e narrata.

Olive ha avuto la sua, sicuramente piena, e leggere gli anni della vecchiaia (in particolare, mi riferisco all'ultima parte del romanzo) mi ha provocato tenerezza, perché la fragilità diviene una presenza purtroppo fedele anche nella quotidianità di un donnone come lei, che pure da anziana continua a far simpatia.

Se vi piacciono le storie che raccontano attimi di vita quotidiana in un paese di provincia, accomodatevi pure.
Però non fate come me: leggete prima Olive Kitteridge.

2 commenti:

  1. Non ho ancora letto nessun romanzo di quest'autrice anche se ho un suo scritto: "Mi chiamo Lucy Barton". Ho letto recensioni positive sui suoi romanzi. Un caro saluto :)

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    Risposte
    1. Ah vero, c è questo romanzo che citi con cui potrei riprovare con la Strout!
      Ciao Aquila 😉

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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