), terminato ieri sera per dar spazio in questo mese di ottobre ai tre libri della sfida
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Ed. Baldini, Castoldi
391 pp
18.30 euro
2012 |
Odore di ferro e di cacao è un romanzo ambientato negli anni immediatamente successivi alla
Prima Guerra Mondiale.
Non è quindi difficile immaginare quanto difficile sia il periodo storico e sociale scelto dall'autrice Alessandra Dragone come sfondo alla storia da lei narrata.
Sono anni complessi, in cui la povertà dilaga, tra il popolo, ed insieme ad essa la rabbia crescente per le ingiustizie sociali; la povertà e la miseria (non solo materiali, ma prima di tutto umane, morali) in cui versa la maggior parte della popolazione italiana, cozzano in modo troppo stridente con il benessere sfoggiato dalla borghesia e i malumori non possono restare nascosti, bensì devono emergere con forza e a volte violenza.
In particolare, i riflettori son puntati sulla situazione delle classi operaie, da sempre discriminate e trattate ingiustamente, senza tener conto dei diritti dei lavoratori e cerando di ignorarne le proteste; questo aspetto, se da una parte rende la narrazione molto concreta e vicina a noi e le tematiche trattate molto attuali, dall'altra mi fa riflettere sul fatto, di conseguenza, che i problemi veri, quelli che coinvolgono tanto i singoli individui quanto le società civili, son sempre gli stessi e richiedono costantemente una soluzione, una risposta che soddisfi coloro che lamentano, a buon diritto, di essere i relitti della società.
Il racconto inizia presentandoci una famiglia del Sud, residente a Pedemonte, nel matese: i Musino, composta dal padre Alberto e dalle 4 figlie, Alberta, Maria Teresa, Emma e Violetta.
Tutto ha inizio dalla morte del notaio Alberto e dal suo testamento, dal quale le 4 sorelle apprendono di aver ricevuto in eredità una villa, situata presso Ferrara, a Cento precisamente.
Di questo immobile nessuna di esse aveva mai saputo nulla e la motivazione verrà presto a galla.
Eccitate all'idea di capirne di più, Emma e Violetta partono subito per Cento, per prendere possesso di Villa Libera, ma la troveranno già abitata da un uomo, tale Errico Guastoni, e dalla sua amica-sorella Fiora.
Dall'incontro di queste due diverse realtà - quella chiusa delle sorelle Musino e quella focosa e passionale di un giovane impegnato nella lotta politica - verranno fuori segreti del passato da sempre taciuti e nascosti, segreti riguardanti proprio il tranquillo e defunto notaio Alberto.
Da una lettera in possesso di Errico, emergerà che a lui è stata affidata Villa Libera: Alberto ha dato ad Errico, senza neppure conoscerlo, la possibilità di vivere nella villa, senza pagare mai nè affitto nè altre spese; il motivo, come si legge nella lettera, è la comunanza di ideali e valori socio-politici; infatti, anche
Musino in gioventù è stato un fervente anarchico - come adesso lo è Errico - anche se poi, sposandosi, ha abbandonato ogni forma di attivismo politico, propendendo per la comoda vita borghese nel ristretto Sud...
Ma davvero tra Errico e Alberto l'unico filo conduttore è l'ideale politico da entrambi portato avanti?
O c'è qualche evento passato che ha portato il notaio a sentirsi in obbligo verso Errico?
Attraverso dialoghi e scene vivide, narrate con un linguaggio coerente con l'epoca e la semplicità dei personaggi coinvolti, in un ritmo mai monotono, in cui si alterna la narrazione dei fatti alle riflessioni di Errico e Violetta, l'Autrice ci presenta un quadro dell'epoca quanto mai realistico, che denota un'ottima conoscenza del periodo storico, dei costumi, oltre che una grande sensibilità nel dipingere i tratti psicologici dei personaggi principali.
Incontriamo infatti Errico, quest'uomo giovane che sa il fatto suo, che ha le idee chiare: è anarchico, come dicevamo, tiene riunioni a Villa Libera insieme alla sua coraggiosa amica Nina, riunioni in cui cerca di risvegliare le coscienze civili della povera gente, comunicando loro i principi di Bakunin, Marx...
Errico non è uno sprovveduto; si è formato attraverso i libri lasciati da Musino all'interno della villa, sa di cosa parla ed è in grado di tener testa anche ai benpensanti del suo tempo, che credono di essere intelligenti e colti sulla base del proprio ceto sociale.
Errico è un personaggio complesso, che mi ha colpito: è testardo, pieno di passione, si accalora facilmente, è impulsivo, ma sa anche essere paziente e soprattutto il suo rispetto per la gente semplice con cui ha a che fare, lo porta a desiderare che anch'essa possa "crescere", maturare delle idee proprie, senza lasciarsi andare passivamente alla vita, ma combattendo, reagendo.
Non solo, ma è anche una personalità sensibile al bello, a ciò che è dolce, femminile, delicato, sentimentale: questa sua caratteristica si manifesterà in un "piccolo vizio" che gli costerà il lavoro alle poste e che gli farà conoscere Vera.
C'è Violetta, la nostra giovane meridionale, intrepida ma timida al contempo, discreta ma curiosa, che capisce come finora ha vissuto in una campana di vetro, nell'ignoranza culturale e sociale, che le hanno tenuto il "cervello chiuso", completamente fuori dal mondo.
A differenza delle sorelle, che non vogliono affrontare la realtà dinamica e sempre mutevole che si respira al di fuori del loro paesino di montagna, Violetta desidera crescere, conoscere altri luoghi, altre persone, altri modi di fare: non vuole restare un'ignorante, una sempliciotta, ma cogliere l'opportunità che il padre (o il destino) le ha dato di migliorarsi, di aprirsi al mondo, cercando di capirne e carpirne i mutamenti, le problematiche, le soluzioni personali.
Dalla mentalità ristretta e chiusa che vuole la donna in casa a lavorare all'uncinetto, improvvisamente Violetta passa ad una mentalità aperta, più moderna e al passo coi tempi.
Modernità ed emancipazione femminile incarnati da un personaggio che, pur attraversando come un'ombra gran parte del libro, verrà fuori solo verso la fine: Vera, una giovane donna che sa il fatto suo, in cerca di libertà, piaceri, emozioni forti ed intense, a costo di sembrare amorale e impudica.
Vera e Violetta sono due donne davvero agli antipodi: l'una sfacciata e temeraria, l'altra riservata e pura; due donne che entreranno nella vita di Errico, inebriandolo ognuna col proprio "odore", mescolato con quello che invece "viene da fuori".
Errico si ritroverà in mezzo a diverse esigenze, desideri, passioni: Vera, che per lui incarna il piacere e il desiderio sensuale; Violetta, con la sua calma, la sua innocenza e dirittura morale; e poi i suoi ideali, la voglia del progresso, di libertà, di guardare in faccia con sfrontatezza e coraggio agli ipocriti borghesi: ecco la contrapposizione tra l'odore di cacao - dolce, acuto, deliziosamente sensuale - e del ferro, simbolo di progresso e dell'andare avanti, come avanti va la vita, la società.
Leggendo avevo davvero la sensazione di essere immersa in un'epoca lontana da me che però nasconde in sè tante cose, tanti valori, pensieri.... ancora oggi rintracciabili nella nostra epoca moderna: ancora oggi, infatti, continuano i fermenti sociali, politici, gli scioperi per la rivendicazione dei propri diritti, la rabbia irrazionale di chi pensa di poter far sentire la propria voce solo attraverso la violenza e lo scontro, la passione che certi uomini (e donne) mettono nel portare avanti le proprie ideologie in cui credono fermamente, la difficoltà di "restare in piedi" quando tutto attorno a sè sembra mutare e andare allo sfacelo; l'ottusità di chi preferisce continuare la propria vita mediocre e tranquilla, anche quando la vita sta provando a costringerlo a darsi uno scossone; la fragilità e la debolezza di chi pensa di non avere in sè la forza per combattere, ma solo di sopportare; il desiderio e la voglia di riscatto di chi da sempre viene umiliato e disprezzato.
Ci sono stati momenti "cupi" nella lettura, di quelli che mi hanno messo addosso un senso di mistero e di inquietudine, che ancora oggi, in realtà vicine o lontane da noi (dal paesino di provincia in cui sembra che il tempo si sia fermato alle popolazioni che vivono in modo "primitivo") è facile sentire dentro di sè: mi riferisco, in particolare, alle sensazioni di "oppressione" e timore indefinibile che tanti di noi (io di sicuro) continuiamo a provare (nonostante le pretese di progresso scientifico) di fronte a tutto ciò che ha a che fare con i sortilegi, le magie, le malìe... e tutte quelle pratiche bisbigliate dalle vecchine superstiziose per tenere il male fuori dalla porta...
Non ci crediamo, a queste sciocchezze medievali, per carità..., ma ci basta un gesto, una parola, un racconto dalle tinte un po' oscure... per gettarci nel cuore quel semino di paura e di irrequietezza che ci attira e ci fa rabbrividire allo stesso tempo...!
Ho trovato Odore di ferro e di cacao un romanzo scritto in modo davvero efficace, e dal punto di vista del contesto e da quello dei personaggi, tutti molto realistici (nei dialoghi, negli atteggiamenti, nei pensieri, nei pregi e nei difetti) e vicini alla nostra realtà, nonostante si parli di quasi un secolo fa, il che ha reso naturale, per me, entrare in empatia ora con uno ora con l'altro.
E' un libro che parla di tante cose: del dopoguerra, dei problemi grandi e piccoli della gente e di un Paese, dei mille pensieri, sentimenti e paure che attraversano i cuori di uomini e donne come noi; è un libro che parla di passioni, di amore: l'amore per una causa, l'amore tra uomo e donna, l'amore per la vita e la libertà; amori che forse non sempre andranno come pensavamo, ma che di certo riescono a dare un senso ed un colore alla nostra esistenza.
Lo consiglio.