MANCHESTER BY THE SEA narra la storia dei Chandler, una famiglia di modesti lavoratori del Massachusetts.
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REGIA: Kenneth Lonergan
ATTORI: Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Matthew Broderick, Gretchen Mol, Kara Hayward, Josh Hamilton, Erica McDermott.
Dopo la morte improvvisa del fratello maggiore Joe (Kyle Chandler), Lee (Casey Affleck) viene nominato tutore legale del nipote.
Lee è un uomo solo e solitario, ombroso, poco socievole, di sovente lo si vede con una bottiglia di birra in mano e pronto a fare a botte alla minima (e presunta) provocazione.
La sua
profonda tristezza, la sua
apatia nel portare avanti la "faticaccia di vivere" gliela si legge bene in viso, nel modo di camminare, di muoversi, nei toni di voce (ora dimessi, di chi ha poco da dire o non ne ha semplicemente voglia, ora alterati, quando i fumi dell'alcool fanno il loro effetto), insomma nel modo di tirare avanti.
Comprendiamo subito che è separato dalla moglie (M. Williams) e la narrazione salta dal presente al passato, dandoci modo di afferrare particolari importanti.
Ad esempio, scopriamo che
Lee e Joe erano molto legati, amavano andare per mare insieme sulla barca di Joe, portandosi dietro anche il figlioletto di questi, Patrick (allora un bambino, oggi un adolescente).
E scopriamo che c'è stato un periodo della sua vita in cui Lee è stato sereno, felice, e cioè quando viveva con moglie e figli.
E poi..., cosa è intervenuto a spezzare questa felicità?
Una terribile e dolorosissima tragedia famigliare, cui è seguito l'altrettanto sofferto divorzio dalla moglie: da allora non s'è più ripreso,
Non vi dico ovviamente cosa è accaduto perchè vi toglierei una buona fetta di potenziale coinvolgimento emotivo - nel caso voleste guardare questo film -, ma aggiungo soltanto che quel momento tremendo e profondamente triste in cui accade questa orribile esperienza - da cui è umanamente impossibile riprendersi (del tutto e definitivamente, quanto meno) - è accompagnato dalle struggenti note dell'Adagio di Albinoni: sono sequenze che mi hanno toccata molto e mi hanno lasciato un bel groppone in gola mentre le guardavo.
E' facile capire come la morte dell'amato fratello non faccia che aumentare il vuoto già presente nella vita di Lee, chiudendolo ancora di più in se stesso.
Quando poi scopre che il defunto lo ha nominato tutore legale del proprio figlio, ne è costernato perchè Lee è consapevole di non riuscire a momenti neanche a badare davvero a se stesso, figuriamoci sobbarcarsi di tutti i problemi (soprattutto pratici) che comporta un tale compito.
Ma Lee vuol comunque bene al suo giovanissimo nipote, con cui condivide un dolore ed una perdita importanti, e prova a modo suo a fargli sentire la propria vicinanza, dando a se stesso la possibilità di rendere il loro rapporto più stretto.
Un film drammatico molto bello; se si riesce a superare "lo scoglio della lentezza", inevitabilmente lo si apprezza, a cominciare dalle tematiche: i rapporti famigliari, il lutto, la forza di tornare a vivere nonostante perdite e dolori...
Le temperature invernali, malinconiche, gli scenari un po' grigi e nevosi, ben si sposano con l'atmosfera complessiva della storia e col carattere ora burrascoso ora cupo del protagonista; il mare, con la sua ampiezza, la sua profondità, ha sempre un grande fascino per quel senso di infinito che trasmette.
Casey Affleck risulta - ai miei occhi - decisamente più espressivo del fratello Ben (eternamente colpito da una probabile paresi al viso che gli impedisce di variare nelle espressioni facciali), e dà corpo a un personaggio complesso, segnato dalla vita, di cui riesce a trasmettere tutto il tormento, l'inquietudine, l'infelicità, il senso di solitudine che accompagnano le sue giornate, la sua intera esistenza, nella quale sembra che ormai non ci sia più spazio per la gioia.
Consigliato se amate i drammi personali e famigliari, soprattutto se, ripeto, non disdegnate i film che procedono un po' lentamente.
... E ORA PARLIAMO DI KEVIN
La settimana scorsa ho recensito il
romanzo di Lionel Shriver, da cui è tratto l'omonimo film.
Preciso subito che ila trasposizione cinematografica l'ho guardata qualche ora dopo aver chiuso il libro, che mi aveva scombussolata non poco.
We Need to Talk About Kevin
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Gran Bretagna, USA 2011
Genere: Drammatico
Regia di Lynne Ramsay
Con John C. Reilly, Tilda Swinton, Ezra Miller, Siobhan Fallon, Ashley Gerasimovich, Leslie Lyles, Lauren Fox, Aaron Blakely...Vedi cast completo
La trama in breve è questa: Kevin è un 16enne che ha compiuto un'azione criminosa feroce, violenta, che ha sorpreso tutti: insegnanti, studenti del liceo, genitori...
Tutti, insomma; tranne forse... lei, Eva. Sua madre.
Eva è una donna di origini armene, sposata con un americano DOC, Franklin; è una donna in carriera ma a un certo punto decide di avere un figlio.
La nascita di Kevin, però, mette in difficoltà la donna, che si rende conto di non provare per il proprio bambino un grande attaccamento...
Tra mamma e figlio, nel tempo, si sviluppa una sorta di
odio-amore, di rapporto conflittuale, in cui Eva si accorge che
in Kevin c'è qualcosa di inquietante...: se con lei il ragazzo è sprezzante, sempre con un ghigno beffardo stampato sulla faccia, con un tono di voce saccente, di chi si crede superiore, più furbo..., col padre il ragazzino mostra un atteggiamento fin troppo affettuoso, tanto da sembrare - agli occhi della razionale e lucidissima Eva - affettato, ipocrita, forzato, come se Kevin giocasse a prendere in giro il padre - che lo adora e lo asseconda in tutto - e fingesse con lui un entusiasmo che non prova, mostrandogli di essere ciò che non è: un figlio buono e dolce..
Eva vede, nella "oscura" personalità di Kevin, cose che gli altri non vedono, non leggono; capisce che suo figlio è intelligentissimo, ma di un'intelligenza pericolosa, cinica, di chi sembra divertirsi a mettere nei guai vittime ignare della sua latente malvagità.
Il film inizia mostrandoci Eva - interpretata da Tilda Swinton - sola, ormai priva di alcuno slancio emotivo e di voglia di vivere, perseguitata da vicini di casa, da gente che "sa chi è lei" e che per questo la disprezza, la scansa, la insulta.
Eva è la mamma di Kevin Khatchadourian. quel criminale che una mattina è andato a scuola e ha fatto una strage, ammazzando più persone; strage che aveva "tranquillamente" programmato nei minimi particolari.
Le sequenze iniziali, quindi, sono all'insegna della disperata solitudine di Eva, impegnata tra sanguinolenti incubi (collegati ai terribili fatti in cui è coinvolto Kevin) e pareti esterne della casa, imbrattate di vernice rossa, da pulire.
Si va avanti e indietro dal presente (il lavoro, i colleghi diffidenti, le visite in carcere a trovare questo figlio scellerato) al passato; le scene che narrano gli episodi cruciali del rapporto conflittuale tra Kevin bambino e la madre sono chiaramente molto più veloci, nel susseguirsi, rispetto al libro, che è molto più ricco di dettagli e dà spazio alle tante riflessioni e agli stati d'animo di chi scrive/racconta; forse questo è l'aspetto che trovo non renda una giustizia completa al libro.
E' chiaro che un film non potrà mai rendere in modo perfetto e preciso tutto ciò che c'è nel libro, fosse anche solo per ragioni di tempistiche, ma del resto io credo che non sarebbe giusto neppure pretenderlo; in fondo un film è un'opera a sè, anche quando "è tratto da" o "è liberamente ispirato a", e anzi io stessa cerco di valutare libro e film separatamente.., però, non so, è una questione di coinvolgimento...
Ciò che ho visto mi ha travolto meno di ciò che ho letto, ma questa valutazione è strettamente personale, ci mancherebbe ^_-
Riconosco che la Ramsey ha fatto un lavoro egregio: riesce a creare una sorta di mappa psicologica e della protagonista femminile - Eva - e di Kevin stesso; però in certi momenti ho avuto l'impressione che questo elencare i comportamenti strani del ragazzo durante l'infanzia non rendesse del tutto la complessa e conturbante personalità di Kevin, che ai miei occhi cresce troppo in fretta e non si intuisce benissimo come è arrivato a fare quello che ha fatto.
Il film è fatto bene ma vi sconsiglio di vederlo (subito) dopo aver letto il libro, perchè potrebbe (è accaduto a me, ma non è detto che capiti a tutti, ovvio) apparirvi meno "forte", in quanto il libro lo è tantissimo.
Tilda Swinton è un'azzeccatissima Eva, che con la sua aria tirata, la sua magrezza, il suo essere impettita e poco affabile, ben interpreta tanto l'atteggiamento duro, freddo e poco espansivo verso il figlio, quanto la tristezza per il proprio presente spento, vissuto nella solitudine più piena.
La sua psicologia è resa benissimo dal turbinio di pensieri ed immagini spaventosi che tormentano la sua mente; Ezra Miller è un ottimo Kevin, la sua faccia trasmette l'idea di una multiforme e ambigua personalità.
Le musiche country e dal ritmo allegro in sottofondo fanno a pugni con la drammaticità dei fatti raccontati, ed è un contrasto che fa il suo effetto, perchè lì dove - nella famiglia - dovrebbe esserci serenità e gioia, non ce n'è affatto.
E' un film attualissimo, sconvolgente per l'argomento affrontato, che desta molti interrogativi, uno tra tutti: quale e quanta responsabilità hanno i genitori (la famiglia) nel tirare su un figlio che si rivela essere un feroce e spietato serial killer?
Da vedere sicuramente, merita.