domenica 18 novembre 2018

Recensione: TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO di Haruki Murakami



Sei personaggi diversi l'uno dall'altro ma che hanno in comune un mal di vivere, un disagio esistenziale frutto di qualcosa che proviene dal di dentro ed è acuito da esperienze di vita.
Sei persone, uomini e donne, alla ricerca di se stessi, di un senso da dare alle proprie esistenze; senso che spesso lo si trova in cose semplici, in incontri straordinariamente comuni che riescono, inaspettatamente, a guarire una ferita, a offrire una via d'uscita al proprio dolore.



TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO
di Haruki Murakami



Ed. Einudi
trad. G. Amitrano
128 pp
10.50 euro
Questo breve libro edito da Einaudi contiene se racconti tra loro non connessi se non per un piccolo ma non irrilevante particolare: in ognuno di essi è menzionato il terribile terremoto che nel 1995 colpì la città di Kobe, causando la morte di migliaia di persone.

In Atterra un Ufo su Kushiro conosciamo Komura, un uomo sposato che, un giorno, di punto in bianco, viene lasciato dalla moglie, che se ne va dicendo addio al marito, accanto al quale non è felice perchè le sembrava di vivere in una bolla d'aria, di annegare in quel nulla che lui le dava.
Komura è un tipo pacato, non dà di matto e quando capisce che davvero la moglie non ha alcuna intenzione di tornare da lui, semplicemente si rassegna e anzi si prende un periodo di ferie dal lavoro. Un collega allora gli chiede un favore: consegnare al posto suo un pacchetto alla sorella, che vive ad Hokkaido.
Perplesso ma apatico e incapace di trovare delle ragioni per non andarvi, Komura accetta.

L'uomo sembra vivere per inerzia, come se si facesse trascinare dalla corrente, senza opporre alcuna resistenza: l'incontro con la sorella del collega, una donna vivace, chiacchierona, un po' impicciona e molto schietta, potrà essere forse l'inizio di un po' di serenità per lui, che da quando è rimasto inesorabilmente solo, ha desiderato andare lontano, ma...

"Per quanto uno possa andare lontano, non può sfuggire da se stesso. E' come un'ombra che ti segue sempre".

In Paesaggio con ferro da stiro, al centro v'è la singolare amicizia della giovane Junko con un uomo più grande, Miyake, un pittore strambo, solitario che ha una grande passione: accendere bellissimi falò in spiaggia. La ragazza è fidanzata ma non sembra nutrire grande stima per l'innamorato, piuttosto ne ha molta per il "pittore che accende fuochi", e questa sua capacità di dar vita ai falò la incanta, e il fuoco diventa per lei un modo per riflettere, per provare quella sensazione di pace che il suo cuore cerca ma invano.
Di solito la giovinezza è associata alla gioia di vivere, all'esuberanza..., invece in Junko avvertiamo una pesantezza morale, una non voglia di vivere da cui prt il quale non possiamo non provare tristezza mista a tenerezza, malinconia.

Nel racconto centrale, che dà il titolo alla raccolta, ci imbattiamo in un personaggio decisamente diverso dai precedenti: Yoshiya è un giovanotto che vive ancora con la propria madre, una donna ancora giovane e piacente che però da anni s'è infilata in una setta non specificata che nel nome di Dio va di casa in casa facendo proseliti e predicando la necessità di trova e seguire la luce del Signore.
Yoshiya è cresciuto con una - tra le tante - domanda fondamentale: di chi sono figlio?
Un giorno si ritrova a seguire uno sconosciuto che, da uno specifico particolare fisico, egli ipotizza possa essere il proprio padre biologico, che non ha mai conosciuto.
Riuscirà a soddisfare questo suo inespresso desiderio di dare un volto alle proprie origini?
O forse, il vagare nella notte per la città, tra posti buii e solitari, è l'esternazione di ben altri pensieri?

In Thailandia una donna, Satsuki, si sta riprendendo da un divorzio che l'ha fatta soffrire non poco e che ha innescato in lei una serie di pensieri negativi che sono come dei macigni che le impediscono di vivere serenamente.
In seguito ad un viaggio in Thailandia, in cui conosce il servizievole, comprensivo e saggio autista Nimit, la donna ha l'opportunità di indagare meglio dentro se stessa, nei propri sentimenti, e di cercare di eliminare dal proprio cuore i pesi che si porta dietro...

In Ranocchio salva Tokyo il signor Katagiri, che lavora in banca, si ritrova in casa propria un ospite inatteso: un enorme ranocchio gigante, ma non ne è spaventato; l'essere è simpatico, allegro e ha qualcosa da chiedere all'uomo: salvare insieme la città di Tokyo; si tratta di una missione davvero importante, razionalmente assurda, come lo è del resto tutto l'incontro e la conversazione tra Katagiri e il dolce Ranocchio..., e il confine tra realtà e fantasia si fa sottile, tanto da confondere il povero impiegato...

Infine c'è Torte al miele, in cui si narra dell'amicizia tra due ragazzi e una ragazza; entrambi i maschietti si innamorano dell'amica, carina, educata, sempre disponibile e altruista, e lei sceglie uno di loro, dando un inevitabile dispiacere all'altro. I loro rapporti, nonostante le differenti scelte di vita, non viene meno col tempo e nel cuore del "non scelto", Junipei, continua ad ardere l'amore per la "sua" Sayoko e a non riuscire a farsi coinvolgere sentimentalmente da nessun'altra donna; l'uomo inolre custodisce il desiderio emergere come scrittori di racconti.
Intanto il marito di Sayoko sembra non apprezzare davvero la sua dolce moglie, col rischio di mandare all'aria il loro matrimonio sotto gli occhi della figlioletta.
Magari è arrivato il momento per Junipei di farsi avanti, di provare a scrivere il suo racconto più bello, di chi ha atteso che finalmente passasse la notte per poter stringere a sè nella luce le persone amate?

Sono sei racconti che si leggono molto velocemente, piacevoli per stile narrativo e per le diverse storie in sè; in ognuno notiamo la presenza di un filo di malinconia, di tristezza, di disagio esistenziale che ciascun protagonista vive per ragioni personali e manifesta in modo altrettanto individuale; ognuno di essi cerca qualcosa di immateriale ma di importante, che ha perduto, la cui assenza non lo fa star bene, rendendolo incompleto, insoddisfatto, infelice, confuso, piatto, grigio, indifferente.
E tutti incontrano qualcuno che, similmente ad un angelo (che sia una persona reale o meno) sceso proprio per loro, li aiuta a trovare la felicità perduta, quel pezzo di sè che s'era smarrito, travolto dai problemi che il vivere quotidiano porta con sè.
Murakami ci ricorda che per rendere in parole il mal di vivere che è dentro di noi e che ci spia, al pari dei mostri appostati nell'oscurità nei nostri incubi di bambini, non servono racconti tragici, non servono personaggi disperati (fatta eccezione per le brevi "immagini" che si riferiscono al terremoto): egli usa una tale delicatezza e leggerezza che le sue parole paiono dei soffi di vento gentile, non per questo privo di forza, ma che anzi hanno il potere di farci fermare e riflettere.
Ammetto di avere da sempre una sorta di... "diffidenza" verso il genere "racconti", avendo io bisogno e voglia di affezionarmi ai personaggi e alle loro vicende ed emozioni e di farlo gradualmente (sarà per questo che di solito ricerco sempre romanzi belli cicciotelli?), ma Murakami è un mago della parola e, come quasi sempre mi è accaduto con la narrativa orientale, sa come affascinarmi, solleticando la mia sensibilità, suggestionandomi con immagini evanescenti, a metà tra il reale e l'irreale, e infondendomi quel velo di malinconia che non è mai fastidiosa carezzevole e delicata. 

sabato 17 novembre 2018

In lettura... (novembre 2018)




Lettori, vi presento due libri che mi hanno di recente molto cortesemente prestato, e che ho subito messo in lettura ^_^




MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA'
di Francesco Piccolo


Ed. Einaudi
134 pp
10 euro
2014
Possono esistere felicità trascurabili? Come chiamare quei piaceri intensi e volatili che punteggiano le nostre giornate, accendendone i minuti come fiammiferi nel buio? 
Sei in coda al supermercato in attesa del tuo turno, magari sei bloccato nel traffico, oppure aspetti che la tua ragazza esca dal camerino di un negozio d'abbigliamento. Quando all'improvviso la realtà intorno a te sembra convergere in un solo punto, e lo fa brillare. E allora capisci di averne appena incontrato uno. 
I momenti di trascurabile felicità funzionano così: possono annidarsi ovunque, pronti a pioverti in testa e farti aprire gli occhi su qualcosa che fino a un attimo prima non avevi considerato. 
Per farti scoprire, ad esempio, quant'è preziosa quella manciata di giorni d'agosto in cui tutti vanno in vacanza e tu rimani da solo in città. Quale interesse morboso ti spinge a chiuderti a chiave nei bagni delle case in cui non sei mai stato e curiosare su tutti i prodotti che usano. 

A metà strada tra "Mi ricordo" di Perec e le implacabili leggi di Murphy, Francesco Piccolo mette a nudo i piaceri più inconfessabili, i tic, le debolezze con le quali tutti noi dobbiamo fare i conti. Pagina dopo pagina, momento dopo momento, si finisce col venire travolti da un'ondata di divertimento, intelligenza e stupore. L'autore raccoglie, cataloga e fa sue le mille epifanie che sbocciano a ogni angolo di strada. Perché solo riducendo a spicchi la realtà si riesce ad afferrare per la coda il senso profondo della vita.




POCHI INUTILI NASCONDIGLI
di Giorgio Faletti


Dalai Ed.
376 pp
11.90 euro
2009
Sette racconti, sette storie, sette viaggi verso non si sa dove. Intorno a ognuno di noi, dentro a ognuno di noi, c'è sempre una parte oscura, un lato in ombra che la luce della ragione ha timore di illuminare per paura di ritrovarsi sconfitta. 
E in questa zona buia e fantastica si muovono i personaggi di questa antologia, uomini e donne che si trasformano in vittime o carnefici quando si trovano all'improvviso di fronte a un mondo sconosciuto, a un nuovo volto nello specchio, a quella cupa forma di angoscia che solo l'incomprensibile può trasformare in orrore.

venerdì 16 novembre 2018

Recensione: IL MINIATURISTA di Jessie Burton



Ingenua e povera, la giovanissima Petronella Oortman, fresca sposa del mercante quasi quarantenne Johannes Brandt, non sa granché di come va la vita; non sa nulla di tradimenti, segreti, vecchi rancori, avidità e bigottismo… e di come tutto questo possa recare conseguenze tragiche nell’esistenza delle persone che sono divenute ormai la sua famiglia.


IL MINIATURISTA
di Jessie Burton



Ed. Bompiani
trad. E. Malanga
440 pp
18 euro
2014
E’ un freddo ottobre del 1686 e la diciottenne Nella Oortman - sposata da pochi giorni - è appena arrivata in quella che sarà la sua nuova casa, ad Amsterdam, nei pressi del canale Herengracht.
Ad attenderla, con suo grande disappunto, non c’è suo marito, Johannes, bensì la sorella di lui, Marin, e i due servitori, Otto e Cornelia.

L’accoglienza non è proprio delle più calorose; per quanto gentili e cortesi, Otto e Cornelia si dimostrano diffidenti ed enigmatici, e Nella non può non notare da subito le strane occhiate che i due spesso e volentieri si lanciano, come se sottintendessero fiumi di parole dietro quegli sguardi silenziosi ma eloquenti. Un dialogo muto dal quale lei, fresca padroncina di questa dimora, è tenuta fuori, ovviamente.
Ma la sorpresa meno piacevole è la cognata, Marin: ancora giovane fisicamente ma con uno sguardo rigido, da donna vissuta, la sorella di Johannes non si perde in smancerie e lascia immediatamente trasparire il proprio modo di essere tutt'altro che affettuoso e amichevole.
Di poche parole e riservata, Marin è un osso duro, una che sa mettere in riga chiunque, che con il solo sguardo e la lingua affilata sa come lasciare il suo interlocutore a bocca aperta, e la povera Nella è costretta a fare i conti con questa realtà sin dai primi momenti.
Lontana da casa, dai suoi affetti, avrebbe desiderato essere vezzeggiata anzitutto dal consorte..., ma questi è via per lavoro; del resto, ha sposato un ricco mercante, non ci si può aspettare che se ne stia in casa a far nulla quando ha tanto di cui occuparsi per far vivere negli agi la sorella e adesso pure la mogliettina!
L'unico retaggio della sua "vecchia vita da ragazza" è il parrocchetto, Peebo, che però le viene allontanato perchè non è consono che Nella se lo porti in camera da letto; e nella sua nuova camera, la neo sposa si ritrova più sola che mai, a disagio in presenza di quadri dai soggetti inquietanti e non proprio piacevoli da rimirare; sola tra quelle pareti e cuscini e coperte ricamate, Nella immagina come sarà convivere con questo suo affascinante marito, più esperto di lei in tutto; pensa con timidezza alla loro prima notte di nozze insieme e, memore dei consigli materni, è abbastanza pronta ad assolvere ai propri doveri di moglie.

Ma quando il marito torna dal viaggio di lavoro, Nella s'accorge che è sfuggente; è gentile, sì, le ha fatto dei bei doni (vestiti, soprattutto, degni di una vera signora, cose che lei non ha mai visto in casa sua, poveri com'erano con quel padre ubriacone e scialacquatore che si ritrovava), ma è come se la evitasse, se si trovasse terribilmente a disagio con lei, e quando Nella prova ad avvicinarglisi con fare seducente per lasciarli intendere di "essere pronta" a quell'intimità che ci si aspetta tra marito e moglie..., lui la scaccia con repulsione, come se l'idea di un contatto fisico con la ragazza gli provocasse... ribrezzo.

Com'è possibile? Ma in che casa è finita Petronella?
E va bene che sua madre le aveva detto che non doveva farsi illusioni di incontrare l'Amore, che la chiave di tutto sarebbe stata unicamente il suo corpo e quello avrebbe dovuto usare col consorte (ed è ciò che è disposta umilmente a fare, del resto...), ma addirittura suscitare una tale incomprensibile reazione in Johannes...., questo è troppo!
Rifiutata senza un perchè, Nella si sente umiliata e disprezzata; forse per farsi perdonare la propria freddezza, Mr Brandt fa un regalo alla propria giovane consorte donandole uno stipetto in rovere e olmo, che rappresenta la loro casa in miniatura: è il regalo di matrimonio di Johannes per Nella e l'invito è quello di arredarla, rivolgendosi al miniaturista più bravo di Amsterdam. Beh, a dire il vero è anche l'unico.
L'artigiano, su richiesta di Nella, comincia a intagliare e incidere piccole e splendide miniature per la sua nuovissima cliente, e il primo pacchetto è accompagnato da un misterioso messaggio: oggi donna è artefice del proprio destino; ma con suo sommo sbigottimento la ragazza si accorge anche di come il miniaturista si prenda libertà che non dovrebbe, mandandole pezzi non richiesti.
E non sono pezzi a caso, bensì oggetti che hanno senza dubbio il loro significato..., che fanno riferimento a particolari di casa Brandt che l'artista non può conoscere (a meno che qualcuno non glieli abbia detti). Ad es., tra i doni c'è una culla vuota..., che sembra quasi una presa in giro per Nella, che fino a quel momento non è stata neppure sfiorata dal coniuge.

Insomma che sta succedendo?
Curiosa e testarda, Nella si porta dietro la vivace e chiacchierona Cornelia - l'unica presenza amica in questa casa fredda e cupa - e va alla ricerca della bottega dello sfacciato miniaturista con l'intenzione di chiedere spiegazioni e di interrompere i rapporti, visto che lui si sta dimostrando impudente ed invadente con le sue piccole opere (di cui Nella non può non apprezzare il pregio, la raffinatezza, la precisione).
Ma con sua gran sorpresa, non vi troverà nessun miniaturista, piuttosto una figura che ora le appare ora le sfugge all'improvviso, quasi come un'apparizione; tra i due inizia una sorta di magico dialogo sempre più fitto, fatto non di parole ma di minuscoli straordinari manufatti che inspiegabilmente raccontano i misteri di casa Brandt. Anzi, ad essere sinceri, a Nella sembra quasi che vedano nel futuro, come se l'artigiano la stesse avvertendo di cose che accadranno...

Casa Brandt è un covo di segreti, di porte che si aprono nel silenzio e si chiudono cigolanti, di rumori di passi nella notte, di sussurri affannosi, e Nella, nel trovarsi nella penombra dei corridoi, ha sempre l'impressione che qualcuno sia nascosto per spiarla.

La protagonista è giovane e semplice, viene da un'esistenza fatta di privazioni, da una famiglia di contadini e il pensiero di lasciare Assendelft per recarsi nella vivace Amsterdam, in casa di un uomo di successo, che ha contribuito alla ricchezza della città, è qualcosa di eccitante e nuovo per lei.
Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi accanto un marito invisibile, che non la degna di uno sguardo e la cui gentilezza ha un che di paterno; una cognata indisponente, sgarbata, schietta nel senso più sgradevole della parola; un servo di colore (Otto), che sarà di certo un brav'uomo, devoto al padrone, ma anche molto taciturno, sempre sulle sue; menomale che c'è Cornelia, l'unica che dà retta a Nella, anche se pure lei ha i suoi momenti in cui tace e alza un muro di silenzio difficile da abbattere.

Ma perchè Johannes l'ha sposata se poi non la voleva veramente? Che razza di matrimonio è il suo? Che esistenza l'aspetta? 

"L'amore è meglio quando è un fantasma che quando è reale, è meglio rincorrerlo che trovarlo".

Nella pian piano imparerà a conoscere anche come avvengono gli affari di suo marito, la vera situazione finanziaria della famiglia, e questo grazie ai coniugi Meermans, i quali collaborano con Brandt affinchè questi venda il loro zucchero.
Ma la giovane avverte che c'è qualcosa di spiacevole tra le due famiglie, una qualche ragione di cui lei è all'oscuro che rende Mr Meermans molto ostile verso il buon Johannes. 

E Johannes e Marin: anch'essi nascondono qualcosa, hanno dei segreti?
Se in camera dell'algida Marin, Nella scopre messaggi d'amore appassionati nascosti tra mappe e libri esotici, del marito ella dovrà capire ben altre cose: scoprire certe verità può essere molto doloroso, ma una brutta verità sarà, alla fine, sempre meglio di una (apparente) bella bugia.
Nella dovrà armarsi di coraggio e della capacità di perdonare per accettare la verità e combattere accanto al marito e, in generale, alla sua nuova famiglia, per non soccombere di fronte alla cattiveria di chi, in nome di vecchi rancori, per sete di denaro e per vendetta, ha deciso di mandare a picco il povero Johannes.

"Le parole sono come l'acqua in questa città, Nella. Una goccia può farci annegare".

E certe parole, certe dichiarazioni, potrebbero davvero rovinare i Brandt... e i presagi di una prossima rovina incombono su tutti loro come una nube oscura, carica di una pioggia di veleno che non aspetta altro che cadere e travolgerli nella tragedia.

Intanto, come un occhio da "big brother" che c'è e ti vede senza che tu riesca ad individuarlo, il miniaturista guarda ciò che accade in casa Brandt e crea le sue straordinarie opere che stanno in un palmo di mano a mo' di avvertimento, come a dire alla ragazza: "le cose possono cambiare", ma devi riconoscerle e accettarle:

"Sono incursioni nella sua vita che Nella ancora non riesce a decifrare. C'è una storia dietro a quei pezzi, la sua storia, ma non è lei a raccontarla. (Il) miniaturista intesse la mia vita, pensa la ragazza. E io non riesco a prevedere le conseguenze".

Saranno la paura di perdere tutto e di vedere piombare accuse infamanti e pericolose sul capo del sempre pacato  e misurato Johannes a permettere alle tre donne di casa di allearsi, per cercare di attutire il colpo, mentre intanto alcuni segreti davvero non possono più essere tenuti nascosti...

"Il miniaturista" è un romanzo storico ambientato nella Amsterdam di metà 1600 e l'Autrice ha ricostruito il contesto di quel tempo con sapienza e accuratezza; siamo in pieno fermento commerciale, da non moltissimi anni è nata la Compagnia Olandese delle Indie Orientali e a far da sfondo alle vicende personali e famigliari di Nella Brandt è proprio la frenesia di commerciare e arricchirsi;  la sete di potere, di danaro, unita all'ottuso e bigotto perbenismo vigente a quei tempi in quei luoghi, porterà al precipitarsi degli eventi, fino a giungere ad un finale che inevitabilmente è amaro ma che pure conserva, a ben guardare, i semi della speranza, di un nuovo possibile inizio.

Io amo i romanzi storici e questo non ha fatto eccezioni; lo stile narrativo è scrupoloso, preciso, i personaggi sono affascinanti per quella punta di mistero (esclusa Nella) che nascondono; la figura del miniaturista e il filo che lega le sue pregiatissime miniature con i fatti privati di casa Brandt ha un che di magico, di ammaliante, anche se non nego che avrei preferito che proprio questo personaggio fosse approfondito un po' di più, proprio perchè accattivante; ma immagino che il suo essere sfuggente e inafferrabile rientri nell'intento narrativo dell'Autrice, che in questo modo stuzzica fino alla fine il lettore e la sua curiosità.
Avevo timore a iniziare questo libro perchè avevo letto diversi pareri di lettori che l'avevano trovato troppo dettagliato e quindi lento, ma sono contenta di non aver avuto quest'impressione (sarà, ripeto, che già di mio amo il genere), tutt'altro, ho letto le oltre 400 pagine con vivo interesse e lasciandomi coinvolgere dalle vicende e dai piccoli colpi di scena presenti.

Lo consiglio, in particolare a quanti prediligono i romanzi storici, in cui la finzione si mescola sapientemente con dati reali, e a quanti desiderano gustarsi una storia  scritta magistralmente, che non preveda necessariamente il classico happy ending 😊

giovedì 15 novembre 2018

Recensione: E SE…OLTRE LA MASCHERA, TU di Eliana Ciccopiedi



Elena e Leonardo si incontrano per caso: lei è una wedding planner professionale e intuitiva, lui è un giovane attore di musical, ammirato da tantissime fans… e anche da lei; si ritrovano, si frequentano, tra loro scatta un feeling che li avvicina sempre più ma che sembra mancare dei presupposti per lasciare i confini dell’amicizia e sfociare in un grande amore… 



E SE…OLTRE LA MASCHERA, TU
di Eliana Ciccopiedi 



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"La difficoltà non sta nell’amare, ma nel lasciarsi amare. Permettere che qualcuno entri nel tuo cuore, ti legga dentro, veda tutto e scelga di rimanere."

Elena è una giovane donna attorno alla trentina che, a dispetto della laurea in Architettura, ha intrapreso la strada di wedding planner, ricavandone molte soddisfazioni e apprezzamenti e da parte della datrice di lavoro, la pragmatica e autorevole Stella, e da parte delle spose che si rivolgono a lei col desiderio di rendere indimenticabile il giorno del proprio matrimonio. 

Mentre è sul treno per Firenze, dove ha da organizzare un matrimonio per una coppia snob e viziata, Elena si ritrova a condividere il viaggio nientemeno che con l’attore del momento, il bellissimo Leonardo, protagonista di un musical che sta spopolando e attirando ammiratrici a iosa, non solo per la beltà dell’attore principale ma anche per la bravura di tutto il cast. 
Elena non crede ai suoi occhi: tra tutte le persone che poteva capitarle di incontrare.... davanti a lei c'è proprio lui!
Costretta a frenare l'eccitazione per evitare figuracce da adolescente in preda a isterie ormonali, Elena non può comunque non lasciarsi affascinare da quegli occhi profondi e penetranti, dal suo sorriso ora malizioso ora dolce, dallo sguardo ora malinconico ora sornione e furbetto, per non parlare del suo fisico, delle sue mani, del suono della sua voce, terribilmente sexy! Insomma, tutto di lui risveglia in lei qualcosa che la ragazza non prova da tempo.

Elena, infatti, è fidanzata con Davide da dieci anni, i due convivono a Milano ma... è da un po', ormai, che paiono non aver più molto nè da dirsi nè da condividere.
Eh sì, quello che fino a qualche anno fa era un grande amore, fatto di risate, complicità, tenerezze, sorprese..., attualmente langue nell'abitudinarietà e nella noia.
I due trascorrono sempre meno tempo insieme, e il lavoro di entrambi è, in fondo, solo una scusa ed Elena lo sa: la verità è che il fuoco della passione s'è spento, lui non ha attenzioni di nessun genere verso la sua donna, e anche lei - pur sentendo di amarlo ancora - non lo guarda più con gli occhi a cuoricino.
Durante il viaggio, tra Leonardo ed Elena avviene un vivace scambio di battute, che permette ai due di stabilire un'inaspettata sintonia e di trovarsi così bene da aver l'impressione di conoscersi da sempre.
Peccato che le loro strade siano destinate a dividersi: lui è quasi una star - per quanto "non se la tiri" - ed è sempre in giro per presentare lo spettacolo; e poi, bello e corteggiato com'è, non può che essere fidanzato....; lei, a sua volta, ha il suo Davide ad aspettarla a Milano (perchè lui l'aspetta, sì...?) e quindi... non c'è trippa per gatti! 
Elena, sii razionale, metti da parte il pensiero del bel Leonardo, limitati a sognarlo guardando i suoi spettacoli e pensa lavorare, che è meglio!
Una volta giunta alla location delle nozze, la nostra organizzatrice di eventi si ritrova indaffaratissima, alle prese con le bizzarre richieste della sposa, con i ritardi e gli imprevisti che ogni avvenimento importante porta inevitabilmente con sè, con l'assistente - la vivacissima ed effervescente Sara - che la fa impazzire con le sue uscite folli e irrazionali, ma in fondo divertenti ma che non sempre le è di grande aiuto..., ma il peggio deve ancora venire: proprio quando tutto sembra pronto, ecco che sbuca una "fregatura" non di poco conto: manca il testimone dello sposo!
E ora? Chi lo sostituirà?
Inaspettatamente, Elena scopre che tra gli invitati c'è proprio lui, Leonardo; chi meglio di un attore potrebbe fingere con naturalezza di essere il testimone?
Leonardo, tra il perplesso e il divertito, accetta e quel giorno trascorso insieme li avvicinerà al punto che, il giorno dopo, i due decidono di passare tutta la giornata insieme in giro per la splendida Firenze.

Elena e Leonardo scoprono di essere sì diversi caratterialmente ma allo stesso tempo vicini per sensibilità, capacità di entrare in empatia con l'altro, di andare oltre la maschera dell'apparenza.
I due ragazzi si aprono come forse non hanno mai fatto prima con nessun altro, intuiscono che c'è qualcosa dell'altro che spinge ciascuno a sentirsi libero di essere se stesso.

Dice Elena a Leo:

"Hai tante di quelle sfaccettature che non puoi definirle in un unico colore. Presente un prisma? Il prisma rifrange la luce e crea l’arcobaleno. Tanti colori. Tu hai tante sfaccettature, tanti Leonardo dentro di te che ti rendono diverso ogni giorno, ogni momento. O almeno, questa è l’impressione che ho avuto. Ci sono persone che non sono fatte per legarsi a un solo colore". 


E lui dice a lei: 

«In alcune cose ci metti l’anima, in altre sei cinica e disillusa. Sei matura, razionale e riflessiva, poi ogni tanto vedi qualcosa che ti fa esclamare come una bambina e hai lo sguardo da bambina. Sembri fredda e, perdonami, spesso lo sei, ma poi ci sono tante cose che ti emozionano più intensamente che agli altri. Non so. È come se fossi due persone diverse. Sogno e disincanto.»

A vederli dall'esterno, mentre si prendono in giro, fingono di offendersi delle battutine con cui si stuzzicano reciprocamente, si confidano, si incoraggiano a vicenda, ridono e scherzano, vanno in giro l'uno accanto all'altra come se si conoscessero da una vita..., non potrebbero esserci dubbi: sono fatti l'uno per l'altra, lui è l'anima gemella di lei e viceversa.

Certo, conducono una vita agli antipodi: Leonardo non ha altri sogni da realizzare perchè ha fatto della sua passione il proprio lavoro; quando sale sul palco incanta il pubblico, raccoglie applausi e consensi. 
Dal canto suo, Elena conduce un'esistenza regolare, priva di grossi scossoni ed emozioni; tutta concentrata nell'organizzare il giorno più felice delle coppie che chiedono il suo aiuto, sta perdendo di vista la propria felicità...; è come se osservasse la vita inconsapevole, incapace di assaporarla veramente. Le sue incrollabili certezze, la tranquilla e piatta quotidianità in cui ha circoscritto la sua esistenza accanto all'invisibile (e diciamolo, noioso!) informatico Davide, sembrano aver poco in comune con l'intensità con cui invece Leonardo affronta la vita; anch'egli però, a ben guardare, cela nel cuore una persistente e sottile malinconia che gli velano gli occhi di tristezza.

Ma a separarli non è il mondo in cui concepiscono la vita, bensì le rispettive situazioni sentimentali, complicate e non semplici da risolvere.

Sia Elena che Leonardo si sentono anche quando sono distanti, si frequentano e si incontrano in fondo neanche chissà quante volte, ma sono sufficienti; lui fa conoscere a lei la "sua Firenze", e lei fa da cicerone a lui nella "sua" Milano, e in più Leonardo apre alla sua cara Elena le porte del proprio "mondo" professionale; insomma, i due godono degli istanti preziosi che permettono alla loro amicizia di rafforzarsi; nonostante siano solo questo, amici, non riescono a fare a meno dell'affetto e della comprensione che sanno di poter trovare reciprocamente, si cercano... ma restano divisi.

Il legame e il forte sentimento che li unisce non va oltre, e forse è meglio così, riflette Elena, che suo malgrado pian piano comincia ad avere sempre meno dubbi su cosa provi davvero per Leonardo, il quale pare avere molte più certezze in tal senso. 
E queste certezze rischiano di allontanarlo da lei.

"Sai quando ti chiedi: “Chissà come sarebbe stato, se...”? (...) Tutti abbiamo avuto degli “e se...”. Non penso al mondo esista qualcuno che non li abbia. Sarebbe troppo facile. Una persona senza “e se...” è una che ha preso tutte le decisioni giuste nella vita, che si è lanciata sempre, senza rimpianti e ne ha solo guadagnato. Non esiste una persona così..."

E se... quel loro incontro fortuito su un treno, sfociato in un'amicizia necessaria, sbocciata all'improvviso, fosse destinato a diventare qualcosa di più?
A volte, basta davvero poco per lasciarsi scappare il treno giusto, e per prenderlo bisogna far chiarezza dentro se stessi e capire cosa davvero può renderci felici e completi.

Il romanzo di Eliana Ciccopiedi si lascia leggere con molta scorrevolezza, per il suo stile vivace, molto fluido, ricchissimo di dialoghi, tanto profondi quanto ironici e leggeri, che ci aiutano a conoscere sempre meglio i due protagonisti, ad entrare in empatia con loro, apprezzandone i punti di forza, come anche le piccole debolezze.
Leonardo è il ragazzo ideale, bello, talentuoso, sensibile, intelligente, ironico, comprensivo, sincero...: chi non vorrebbe uno così accanto? E certo è difficile non innamorarsene, ragion per cui la bella Elena ha tutta la solidarietà delle lettrici.
E' inevitabile fare il tifo per i due in quanto coppia e sperare che gli ostacoli che li separano possano essere abbattuti.
E' una storia romantica e piena di sentimento, scritta davvero bene, bello il tour artistico che il lettore fa insieme a Leo ed Elena in alcune delle più belle città italiane, affascinante anche il riferimento ai musical e a tutto ciò che c'è e si prova quando si è al di là del sipario.
Man mano che proseguivo nella lettura, divoravo le pagine perchè la storia dei due amici mi ha coinvolta sempre più; non ho appunti negativi da fare al libro, tutt'al più, se devo trovare un "neo", l'unica cosa che mi ha un po' spiazzata è una consapevolezza importante alla quale arriva Leonardo verso la fine del romanzo, e che giunge un po' bruscamente a mio avviso, però a tal proposito non posso aggiungere particolari per evitare spoiler.
Però è davvero un dettaglio, nel complesso la mia valutazione di "E se...oltre la maschera, Tu" è una storia molto bella, emozionante, e credo sia difficile non affezionarsi ai suoi protagonisti ma anche ad alcuni personaggi secondari che danno il loro contributo all'evolversi delle vicende.
Consigliato, in particolare a chi è alla ricerca di emozioni, di una storia giovane e fresca, dolce ma per nulla priva di molti momenti simpatici e buffi.


mercoledì 14 novembre 2018

Nuove uscite romance Butterfly Ed. - Quixote Ed.



Buongiorno cari lettori! Ho due recensioni da preparare, di due libri che mi sono piaciuti moltissimo; spero di postarle entro stasera :)

Intanto, eccomi con un paio di uscite romance.

TI TROVERÒ
di Lia Carnevale

Editore: Butterfly Edizioni
Genere: Romance
Collana: Love self
Prezzo: 2,99 € [in offerta a 0,99 € dal 12 al 25 novembre]
Data di uscita: 12 novembre 2018
Disponibile su Amazon e Kindle Unlimited


Clara lavora per una rivista importante e la sua quotidianità è divisa tra la madre con cui abita e le sue due amiche fidate.
È proprio con loro che decide di partire per Marrakech, ma quella che doveva essere una vacanza all'insegna del relax e del divertimento, si trasformerà ben presto in un incubo quando Clara viene rapita.
 Il suo obiettivo primario diventa sopravvivere e cercare una via di fuga da quegli uomini che la vogliono vendere come schiava.
 Ma nella vita tutto può succedere... anche trovare l'amore in uno dei posti più ostili al mondo.




NON LASCIARMI MAI ANDARE
Never let you go
di Katy Regnery


AMBIENTAZIONE: Virginia
TRADUZIONE: Ellie Greene
COVER ARTIST: Angelice Graphics and book cover Designer
SERIE: A modern fairytale #2
GENERE: Contemporaneo
FORMATO: E-book (Mobi, Epub, Pdf) e cartaceo
PAGINE: 653
PREZZO: 4,99 € (e-book) su Amazon, Kobo, iTunes, Google Play, Store QE
DATA DI USCITA: 21 novembre 2018


TRAMA

In questa rivisitazione moderna di Hansel e Gretel, Griselda e Holden, tredicenni in affido, scappano dal loro rapitore dopo tre anni di prigionia brutale, e provano ad attraversare il fiume Shenandoah a piedi. Purtroppo, lei riesce a mettersi in salvo, mentre lui viene lasciato indietro. Dieci anni dopo, il fidanzato di Griselda la trascina in un fight club e il suo mondo viene capovolto quando vede Holden salire sul ring. Sebbene la connessione tra di loro sia potente, i due sono separati da un amaro rimpianto, una rabbia sepolta e da un groviglio di ferite fisiche ed emotive, tanto pericolosi quanto le acque dello Shenandoah.

Never Let You Go è una storia di paura e speranza, sconfitta e sopravvivenza, e su due persone distrutte nel profondo, che scoprono che l’amore è l’unico sentimento che li può rendere di nuovo completi.

domenica 11 novembre 2018

Recensione: LA VITA DAVANTI A SE' di Romain Gary



"La vita davanti a sè" è la storia del giovanissimo Mohamed, chiamato da tutti Momò, un figlio di nessuno di origine araba, cresciuto nella banlieu di Belleville: orfano di madre, del padre non sa nulla, a tirarlo su è l'ex-prostituta Madame Rosa.
A dare voce a questo racconto di vita che sa commuovere e far sorridere è il bravissimo Marco D'Amore.



LA VITA DAVANTI A SE'
di Romain Gary


Ed. Neri POzza
trad. G. Bogliolo
241 pp
11.50 euro
2009
Momò ha dieci anni e vive al sesto piano di un condominio della periferia francese, accudito dalla polacca Madame Rosa che, quand'era giovane e piacente, "faceva la vita".
A vederla adesso, racchia, grassa, con pochi capelli, la faccia sporca di un patetico trucco che non l'abbellisce affatto ma che anzi la rassomiglia ad un pagliaccio, nessuno penserebbe che c'è stato un tempo in cui è stata bella e desiderata.
Eppure... c'è stato.
Certo, è passato tanto tempo..., e comunque si parla di prima che venisse presa dai tedeschi e portata in un campo di concentramento ad Auschwitz in quanto ebrea; la donna è sopravvissuta ma, da quell'inferno, una parte di lei non è mai uscita e il piccolo Momò infatti ci racconta di come le sue notti siano ossessionate da incubi, dal terrore che qualcuno venga di nuovo a prenderla e portarla chissà dove.

Madame Rosa è la sola figura materna con cui il bambino - tecnicamente musulmano di nascita ma più versato nella conoscenza di usi e costumi ebraici - cresce, visto che sua madre l'ha lasciato lì perchè anch'ella faceva la vita, suo padre non si sia chi sia ma una cosa è certa: qualcuno paga ogni mese la retta di Momò, altrimenti Madame Rosa non avrebbe ragione di tenerlo con sè, no?

In questo misero e caotico sesto piano, quindi, vivono questa grassa e brutta ex-meretrice e i suoi piccoli "protetti", tutti figli di sue ex-colleghe che, essendo appunto prostitute, hanno perso la patria potestà sui figli, e si son viste costrette a darli a Madame Rosa affinchè avessero un tetto sulla testa e qualcosa da mettere nello stomaco.
A volte qualcuno dei piccoli ospiti viene adottato, la maggior parte riceve le visite da parte delle madri, ma non è il caso di Momò, che non vede mai nessuno della propria famiglia e che ha deciso allora di voler restare lì con la sua Madame Rosa, e infatti farà di tutto perchè le cose restino immutate.

Momò è il simpaticissimo narratore di se stesso, del proprio passato speciale e singolare ma che non è per lui fonte di preoccupazione alcuna; il ragazzino vive giorno per giorno, ha tutta la vita davanti a sè e ciò che conta è l'oggi, le persone che incontra, che frequentano la casa, le marachelle di cui è autore...
Se potesse, farebbe semplicemente in modo di restare l'eterno ragazzino di Madame Rosa, cui ogni tanto fa qualche dispetto, cui non risparmia giudizi irriverenti e molto sarcastici, ma alla quale vuole un gran bene, anche perchè alla fin fine è ciò che di più simile ad una mamma egli abbia mai avuto.

Certo, a dargli qualche preoccupazione è il dato di fatto che la vecchia ha i suoi anni, la sua mole non indifferente le dà un minaccioso fiatone quando deve farsi tutti e sei i piani, ha i suoi acciacchi ed ha una fifa matta di ammalarsi di tumore (è una vera e propria ossessione); per non parlare del fatto che il dubbio che non ci stia tanto con la testa tormenta il giovane arabo, che è terrorizzato all'idea che la sua Madame Rosa possa morire e lasciarlo solo, col rischio che lui poi sia messo in quei luoghi terribili e deprimenti che qualcuno chiama brefotrofio.

Certo, può essere pure che un giorno qualcuno venga a rivendicarlo.... ma Momò è troppo disilluso e sorprendentemente pragmatico per crederci davvero, anche se la vita sa organizzare per benino certe sorprese che faranno tremare di paura il povero Momò, il quale però saprà come affrontarle con il piglio semiserio e coraggioso che gli è proprio, facendo le proprie scelte e ritrovandosi così "più grande" da un momento all'altro.

Il racconto delle giornate al sesto piano, i capricci e i piccoli dispetti degli ospiti, gli inquilini dello stabile (per lo più africani), l'allegra e buona Madame Lola (anch'ella prostituta, ma trans), il saggio signor Hamil con le sue proverbiali espressioni, tanto amate ed usate dallo stesso Momò (ad es. "come ho avuto l'onore di dirvi",  "date retta alla mia vecchia esperienza"), l'attento e comprensivo dottor Katz....: ogni episodio e ogni personaggio ci vengono raccontati con un "tono" da ragazzino che si atteggia ad adulto e che è convinto di sapere tutto ormai, di aver imparato tanto sulla vita, sull'essere umano..., e questa sua sicumera è simpatica e buffa, perchè davvero lui pensa di avere chissà quanti anni sulle proprie piccole e minute spalle; un modo di parlare, quindi, che fa sorridere di tenerezza il lettore, consapevole di trovarsi sì di fronte ad un ragazzetto, ma al contempo di come questi abbia un occhio realmente più "vissuto" e più maturo di quanto ci aspetti alla sua età, perchè è la vita stessa ad averlo fatto crescere in fretta.

"Non ero mai stato bambino, avevo sempre altri pensieri per la testa".

Le parole di Momò ci giungono in tutta la sua schiettezza e franchezza assolutamente priva di filtri: parla in maniera sboccata, se deve dire una parola volgare e assumere un linguaggio colorito per farci capire esattamente ciò che vuol comunicare, lo fa senza imbarazzo; i suoi giudizi sugli adulti attorno a sè - Madame Rosa in primis - sono spesso impietosi, cinici, crudi, perchè egli non ha peli sulla lingua, non è un bambino che ha respirato dolcezza, gentilezza, che ha avuto una vera e propria educazione così da sviluppare le "buone maniere"; no, Momò è per il "pane al pane, vino al vino", ma anche se può sembrarci maleducato e a volte ingrato verso la sua benefattrice, quest'impressione è solo frutto della sua visione di tutto - del mondo come della vita e delle persone attorno a sè - fin troppo realistica e disincantata; i suoi giudizi non sono mai di tipo morale, per lo meno non verso quella fetta d'umanità - disprezzata - cui è avvezzo da sempre, come coloro che che "fanno la vita", "attività" per la quale lui non crede proprio di essere portato.

Traspare ad ogni pagina la fame d'amore di Momò, come quando ci racconta che c'è stato un periodo dell'infanzia in cui ha sognato ogni notte che una leonessa entrasse in stanza, si avvicinasse al suo letto e iniziasse a leccarlo sulla faccia; e cosa rappresenta questo animale - spiega il dottor Katz ad una spaventata Madame Rosa - se non il bisogno di protezione, come fa appunto la leonessa con i suoi piccoli?

C'è molta ironia tra queste pagine, i racconti di Momò hanno la capacità di toccare profondamente il lettore, di farlo ridere di certe situazioni assurde descritte in modo esilarante, di intenerirlo ed emozionarlo perchè se c'è una cosa che emerge nell'esistenza giovanissima di questo indimenticabile protagonista e narratore fenomenale è l'assoluto e imprescindibile bisogno di sentirsi amato, protetto, al sicuro, perchè "non si può vivere senza amore", e anche un orfanello come Momò lo ha capito, e ha compreso che pure una donna vecchia e brutta come Madame Rosa ha il diritto di ricevere amore, fino alla fine dei suoi giorni, e di poter godere di qualche istante di felicità, visto che di sofferenze ne ha già vissute troppe.

"Anche quando uno è molto vecchio, la felicità può sempre servire".

E' un romanzo che travolge il lettore con la sua carica di energia, perchè spigliato, vivace ed esuberante è il protagonista, grazie al quale conosciamo una galleria di personaggi particolari, bizzarri, e con cui condividiamo inevitabilmente tutta la gamma di emozioni, dalla malinconia all'ilarità, dalla tristezza alla speranza. Quest'ultima, poi, non deve mancare mai.

"La speranza è una cosa che è sempre la più forte".

Marco D'Amore è di un'espressività straordinaria, immaginavo ogni scena come se fossi lì con Momò, al sesto piano; l'attore sa come enfatizzare certi passaggi, come trasmetterci il carattere del suo "alter ego", la sua passionalità e la sua innocenza, il suo "realismo ingenuo", ciò che lo fa arrabbiare e ciò che lo fa felice.
Consigliato, è un bel libro davvero e merita di essere conosciuto.


"La vita era l'unica cosa che le restava. La gente tiene alla vita più che a tutto il resto. È anche buffo se si pensa a tutte le cose belle che ci sono al mondo".
"Io penso che per vivere bisogna mettercisi molto presto, perché dopo si perdono tutte le forze, e regali non te ne fa nessuno".


Curiosità.
Romain Gary è uno dei diversi pseudonimi usati dallo scrittore lituano Romain Kacev, che in virtù di questo suo "vezzo" è finora l'unico autore ad aver vinto due volte il premio letterario Goncourt, prima con il suo pseudonimo usuale, per Le radici del cielo nel 1956, e la seconda volta con lo pseudonimo di Émile Ajar, per La vita davanti a sé nel 1975.
È morto suicida nel 1980.

sabato 10 novembre 2018

Frammenti di... TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO di Murakami:



Augurandovi buon sabato, vi lascio due frammenti tratti dal libro in lettura TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO di Murakami:


"...gli prese la mano e gliela tenne stretta a lungo. Cercò di comunicare i pensieri che aveva dentro con quella stretta: il nostro cuore non è fatto di pietra. La pietra a un certo punto può andare in frantumi, sbriciolarsi, perdere ogni forma. Ma il cuore non può andare in frantumi. E questa cosa senza forma che ci portiamo dentro, buona o cattiva che sia, possiamo trasmetterla gli uni agli altri senza limiti."




"Che cosa ho cercato facendo tutto questo?, si chiese (...) continuando a camminare. Volevo accertare una sorta di legame col mio essere qui adesso? Speravo di entrare a far parte di una nuova trama, che mi venisse concesso un nuovo ruolo, più definito? No (...), non è così. Ciò che ho inseguito fin qui è quella specie di coda buia che porto con me. L'ho vista per caso, l'ho seguita, mi ci sono attaccato, e alla fine l'ho lasciata cadere in un buio ancora più fondo. So che non la rivedrò mai più."

venerdì 9 novembre 2018

Anteprima: IL GIOCO DEL SUGGERITORE di Donato Carrisi - dal 3 dicembre in libreria



Che bellissima notizia 😍 Gongolo all'idea di un nuovo, adrenalinico e contorto romanzo di Donato Carrisi, tanto più se si tratta del seguito del bellissimo L'uomo del labirinto, che mi aveva mozzato il fiato e lasciata stupefatta una volta giunta all'ultima pagina.

 A dieci anni dall’uscita del "Suggeritore", il gioco continua nel nuovo attesissimo romanzo.

Saga del Suggeritore:



IL GIOCO DEL SUGGERITORE
di Donato Carrisi


Longanesi ed.
USCITA
3 DICEMBRE 201
La chiamata al numero della polizia arriva verso sera da una fattoria isolata, a una quindicina di chilometri dalla città. A chiedere aiuto è la voce di una donna, spaventata. 
Ma sulla zona imperversa un violento temporale, e la prima pattuglia disponibile riesce a giungere soltanto ore dopo.
Troppo tardi.
Qualcosa di sconvolgente è successo, qualcosa che lascia gli investigatori senza alcuna risposta possibile – soltanto un enigma.
C’è un’unica persona in grado di svelare il messaggio celato dentro al male, ma quella persona non è più una poliziotta. Ha lasciato il suo lavoro di cacciatrice di persone scomparse e si è ritirata a vivere un’esistenza isolata in riva a un lago, con la sola compagnia della figlia Alice.

Tuttavia, quando viene chiamata direttamente in causa Mila Vasquez non può sottrarsi. Perché questa indagine la riguarda da vicino. Più di quanto lei stessa creda.
Ed è così che comincia a prendere forma un disegno oscuro, fatto di incubi abilmente celati e di sfide continue.
Il male cambia nome, cambia aspetto, si nasconde nelle pieghe fra il mondo reale e quello virtuale in cui ormai tutti trascorriamo gran parte della nostra vita, lasciando tracce digitali impossibili da cancellare.
È un gioco, ed è soltanto iniziato. Perché lui è sempre un passo avanti.
La sfida ricomincia…



QUANTI DI VOI FREMONO ALL'IDEA 
DI AVERE TRA LE MANI QUESTO THRILLER??




Recensioni di altre opere dell'Autore.


LA RAGAZZA NELLA NEBBIA (libro)

giovedì 8 novembre 2018

Nata l'8 novembre: Margaret Mitchell



Ha scritto soltanto un romanzo nella sua vita ma le è bastato perchè il suo nome non fosse mai più dimenticato: sto parlando di Margaret Mitchell, l'autrice di Via col vento.


Nata ad Atlanta l'8 novembre 1900, la piccola Margaret aveva solo tre anni quando ebbe un piccolo incidente domestico: la sua gonna prese fuoco su una griglia di ferro e sua madre, per evitare che accadesse di nuovo, iniziò a vestirla coi pantaloni, tanto che si guadagnò il soprannome "Jimmy", cosa che la bimba si portò dietro fino all'adolescenza.
Ma tutta la sua vita fu costellata da eventi poco fortunati, come tre incidenti automobilistici, due cadute da cavallo e una commozione cerebrale quando una bottiglia di whisky lanciata da un ospite ubriaco la colpì alla testa.

Margaret ha iniziato a scrivere in tenera età, avendo cura di "rilegare" i suoi libri; all'età di undici
anni, "fondò" la propria "casa editrice" chiamata Urchin Publishing Co.; in seguito, avrebbe cominciato a scrivere le sue storie in quaderni rilegati.

Durante la sua adolescenza, ha scritto un romanzo intitolato The Big Four, sulle ragazze in collegio; il manoscritto è andato perduto, del resto lei stessa ha distrutto alcuni manoscritti e altri sono stati distrutti dopo la sua morte.

E' stata una studentessa indolente e svogliata; nutriva vaghe aspirazioni ad entrare in psichiatria. Ma quando sua madre morì durante la pandemia di influenza del 1918, Mitchell lasciò lo Smith College e andò a casa per gestire la casa per suo padre e suo fratello.

Mitchell era nota per la sua civetteria nei circoli sociali di Atlanta, per la lingua tagliente e il linguaggio "poco pulito", oltre che per fumare tre pacchetti di sigarette al giorno e bere grandi quantità di alcol.
Nei primi anni '20, Mitchell iniziò a collezionare libri erotici; lei e le sue amiche erano interessate a "tutte le forme di espressione sessuale". In una lettera alla sua amica Harney Smith, la  Mitchell nomina Fanny Hill di ohn Cleland e Aphrodite di Pierre Louÿs tra i suoi libri preferiti. Durante questo stesso periodo, stava già scrivendo Via col vento (che vinse il premio Pulitzer nel 1937).

Margaret Mitchell ha subito un infortunio alla caviglia che ha interrotto la sua carriera di giornalista. Suo marito John Marsh portò a casa tantissimi libri dalla biblioteca per intrattenerla durante la convalescenza; non solo, ma un giorno portò a casa una macchina da scrivere Remington Portable n. 3 e le suggerì di scrivere il suo libro. Cominciò immediatamente a lavorare su un romanzo dell'era della Guerra Civile con un protagonista di nome Patsy O'Hara, usando occasionalmente parti del manoscritto per sostenere un divano traballante.

Sono state intervistate circa 14.000 attrici per il ruolo di Scarlett O'Hara; per pubblicizzare l'uscita del film, i fans della scrittrice furono invitati a votare per le loro attrici preferite - e Vivian Leigh ottenne solo un voto. Ma Margaret Mitchell ha personalmente approvato la scelta di questa attrice per la propria Rossella.

La seconda guerra mondiale spinse la scrittrice a fare volontariato per la Croce Rossa americana, cucendo camici da ospedale e mettendo toppe sui pantaloni dei soldati. Ma la più importante responsabilità di Mitchell era scrivere lettere di incoraggiamento ai soldati.

Margaret Mitchell morì il 16 agosto 1949, cinque giorni dopo essere stata investita da un taxi mentre attraversava Peachtree Street nel centro di Atlanta. Non aveva neanche 49 anni.



https://blog.bookstellyouwhy.com

Nato l'8 novembre: Bram Stoker



In questo giorno, di  anni fa, nel 1847, a Clontarf, in Irlanda, nasceva Abraham Stoker.

Bram vantava un lignaggio antico da parte di sua madre; tra i suoi avi c'era il leggendario sceriffo di Galway, che impiccò il proprio figlio.

-
Stoker è stato un bambino malaticcio, spesso costretto a letto durante i suoi primi anni di vita. Durante questo periodo, sua madre lo intrattenne con storie e leggende di Sligo (città irlandese), che includevano racconti soprannaturali e resoconti di morte e malattie.

Bram ha avuto una formazione accademica scientifica, ha studiato al Trinity College di Dublino e fu lo stesso Stoker a proporre l'ingresso di Wilde alla Philosophical Society della scuola.
I due scrittori si sono contesi la stessa donna, ma è stato Bram a spuntarla, sposando Florence Balcome; Wilde lasciò l'Irlanda e si trasferì in Inghilterra per la grande delusione.
Stoker e Balcombe rimasero sposati fino alla morte di lui e per quanto riguarda Oscar, non serbò rancore all'amico.

Bram si guadagnò da vivere come assistente personale di un attore britannico, che in quegli anni diventò famoso per la sua interpretazione di Frankenstein, Henry Irving; in realtà, iniziò a lavorare come collaboratore freelance del Daily Telegraph nel 1890, entrando a far parte con regolarità dello staff del giornale dal 1905 al 1910, durante il quale scrisse anche recensioni teatrali per il giornale. 
La sua recensione di Amleto impressionò Irving (1838-1905), che lo invitò a cena. Divennero amici e, pochi anni dopo, finì per dirigere il teatro di Irving, il Lyceum Theatre.

E' noto come Stoker sia amato per la sua narrativa soprannaturale, tanto che l'Associazione degli autori di horror conferisce annualmente i Bram Stoker Awards alle opere migliori in questo genere.
Dracula non è stata la sua unica opera horror, ma ciò che forse tanti non sanno è che oltre la metà della produzione letteraria di questo scrittore erano romanzi vittoriani.

È stato ispirato a scrivere Dracula (recensione) grazie a un saggio di Emily Gerard, "Transylvania Superstitions". Non avendo mai visitato l'Europa orientale, l'autore ha dovuto fare affidamento sulle proprie capacità di giornalista per il contesto del romanzo e ha fatto ricerche per sette anni. Il suo amico ungherese, Ármin Vámbéry, potrebbe avere ispirato il professor Van Helsing ma soprattutto il protagonista del romanzo: Vambery infatti gli raccontò la leggenda del principe rumeno Vlad Ţepeş Dracul; il già citato Henry Irving fu di ispirazione per il conte Dracula, almeno da un punto di vista fisico.
Il primo nome del romanzo non fu Dracula, bensì The Dead Un-dead.

Stoker morì il 20 aprile 1912, a causa presumibilmente della sifilide, ma non ci sono certrezze in questo senso e molto dipende dal biografo; fu cremato e in seguito alle sue ceneri si aggiunsero quelle di suo figlio Noel; sono custodite al Crematorio di Golders Green, ma per visitarle, bisogna essere scortati allo scopo di evitare atti di vandalismo.


https://www.telegraph.co.uk
https://www.forbes.com/sites/carolpinchefsky
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