In questo thriller psicologico l'autrice britannica Sophie Hannah affronta un argomento spinoso, quello delle morti in culla: genitori stanchi, un po' assonnati, che finalmente, dopo una lunga giornata, vedono il loro bimbo di pochi mesi addormentarsi..., ma il mattino successivo il risveglio potrebbe essere decisamente tragico se quel bimbo dovesse restare immobile nel lettino...
LA CULLA BUIA
di Sophie Hannah
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Ed. Garzanti
trad. S. Lauzi
438 pp
11.60 euro |
E' il 7 ottobre 2009 quando Helen Yardley, casalinga 38enne, viene trovata morta, assassinata, in casa propria.
La sua morte violenta è destinata a suscitare clamore e la polizia, impegnata ad acciuffare l'assassino (o gli assassini), subito si ritrova sotto i riflettori e le attenzioni dei media: la donna, infatti, è da anni tristemente nota a tutti - alla polizia, all'opinione pubblica, ai giornalisti... - per aver affrontato un vero e proprio incubo giudiziario, iniziato nel 1996 e terminato nove anni dopo, in seguito ad una lunga carcerazione.
La Yardley nel 1996 fu condannata per l'omicidio dei suoi due figlioletti, Morgan e Rowan, trovati morti (rispettivamente nel '92 e nel '95) nelle proprie culle in circostanze inspiegabili, per le quali però la giustizia aveva deciso di incolpare e condannare proprio lei, Helen, la madre delle piccole creature.
La donna, quindi, oltre al dolore del doppio lutto vissuto insieme al marito, il fedele e devoto Paul (che le è sempre rimasto accanto durante tutti gli anni di inferno giudiziario), ha dovuto subire la vergogna e la sofferenza di essere ritenuta l'assassina dei suoi amati figli; non solo, ma la loro terza figlia, Paige (partorita mentre era agli arresti domiciliari), fu loro immediatamente tolta e affidata ad un'altra famiglia per proteggerla da sua madre...
Solo dopo nove anni, grazie alla battaglia portata avanti da quanti (in primis da Laurie Nattrass, giornalista e produttore tv) hanno sempre creduto nell'innocenza non soltanto di Helen ma anche di altre donne accusate dell'improvvisa e "strana" morte dei propri bimbi (Ray Hines, Sarah Jaggard...), la donna era stata dichiarata innocente e dunque vittima di un clamoroso errore giudiziario che le aveva rovinato la vita, errore al quale aveva dato il suo pesante contributo il parere di una "esperta", la dottoressa (pediatra e patologa forense) Judith Duffy, che aveva testimoniato contro alcune di queste madri, denunciando la presenza, nei bimbi, di lesioni e fratture molto strane e che testimoniavano, a suo dire, storie di "maltrattamenti" ai danni delle piccole vittime.
Proprio ora che era diventata nuovamente una donna libera, la cui reputazione di buona madre e persona perbene era stata finalmente riscattata..., Helen Yardley viene assassinata...!
Da chi? Chi aveva interesse a farla fuori? Forse qualcuno della "fazione" avversaria, qualche fanatico giustizialista convinto che lei fosse davvero colpevole di infanticidio e che quindi, uccidendola, ha pensato di compiere un atto di giustizia?
La polizia promette di indagare con tutto l'impegno necessario, e a capo delle indagini c'è l'ispettore Giles Proust, arrogante, cocciuto, intrattabile, dispotico con i subalterni, tanto che lo odiano tutti, in particolare l'agente Simon Waterhouse, che nutre nei confronti del superiore (soprannominato l'Omino di Neve per via dei modi alquanto sarcastici di dimostrare disapprovazione verso gli uomini della squadra, oggetto delle sue pesanti prese in giro) un odio profondo, anche un tantino esagerato ed irrazionale, che neanche le esortazioni della fidanzata, la poliziotta Charlie Zailer, riescono a placare.
Simon prende molto a cuore la ricerca del colpevole della morte di Helen, e sia lui che i colleghi iniziano indagini certosine per far luce su tutti quegli aspetti e quelle persone che potrebbero essere coinvolte nel caso, a cominciare dai vicini di casa e da chiunque fosse legato alla vittima, in particolare in merito alle accuse di infanticidio; la sua linea di indagine segue percorsi e domande decisamente diverse da quelle proposte da Proust, ma Simon è altrettanto testardo e sa di avere un fiuto e un sesto senso infallibili (lo stesso superiore, seppur di malavoglia, glieli riconosce) e proprio grazie ad essi, e al non dare nulla per scontato, riuscirà a rispondere ad interrogativi fondamentali.
Il tutto viene complicato e reso più urgente da un particolare inquietante, che fa pensare di trovarsi davanti ad un probabile serial killer che potrebbe colpire ancora: ad Helen è stato trovato (in tasca) un biglietto con su scritta una serie di sedici numeri, apparentemente priva di senso.
A ciò si aggiunge che questo biglietto è stato inviato alla giovane produttrice televisiva Felicity (Fliss) Benson: perchè proprio a lei? Cosa c'entra con Helen, le morti in culla e tutti i casi ad esse legati?
Fliss Benson lavora alla Binary Star (società di produzione televisiva) per l'antipatico e insopportabile Laurie Nattrass, il peggior capo che si possa desiderare: altero, cinico, strafottente, tratta con palese indifferenza i suoi dipendenti, Fliss compresa...; eppure, Laurie è anche l'alfiere della battaglia c condotta affianco al Jipac, il movimento volto a dimostrare l'innocenza di quei genitori e baby-sitter ingiustamente accusati di aver provocato la morte dei piccoli a loro affidati; e in questa battaglia Nattrass ha investito e continua ad investire tutto, proprio perchè crede ad occhi chiusi alla non colpevolezza di persone come Helen, Sarah Jaggard, Rachel Hines...
E proprio per dar voce a queste donne ha deciso di girare un documentario sulla loro vicenda, affinchè anche l'opinione pubblica si convinca di quale assurdo errore le abbia travolte e, ancor di più, affinchè presunti esperti come la dottoressa Duffy vengano radiati dall'albo e smettano di esercitare una professione che non son degni di rappresentare, visto che con i loro pareri professionali hanno rovinato la vita a degli innocenti.
Ma una mattina - la stessa in cui Fliss riceve per posta il biglietto anonimo con la serie di numeri - la ragazza apprende che Laurie sta per lasciare la Binary Star e che ha deciso di non mandare all'aria il docu-film sulle morti in culla, affidandolo proprio a lei, a Fliss, ordinandole di fare le sue veci, di occuparsene in prima persona (per quanto sempre sotto la sua supervisione) e di sostituirsi a lui anche in qualità di capo della società.
Fliss ovviamente non si sente in grado di prendere il posto di Laurie e di proseguire con il documentario e prova a rifiutare, ma non c'è verso di liberarsi di questo fardello; così, per dimostrare a se stessa di non essere la nullità che Laurie crede che sia, Fliss decide di cominciare ad interessarsi al caso, provando a mettersi in contatto con una delle donne prima accusate poi prosciolte, Ray Hines.
Inoltre, capisce - non senza paura - di essere coinvolta suo malgrado anche nell'omicidio della Yardley, visto che qualcuno si sta divertendo a mandarle questi biglietti anonimi, identici a quello trovato sulla vittima...
Come se non bastasse, altre donne coinvolte e legate al caso di Helen vengono aggredite, e intanto l'identikit del presunto assassino comincia a delinearsi...: di chi si tratta? Perchè aggredisce persone allineate su entrambi gli opposti schieramenti (tanto chi accusa le donne di infanticidio, quanto le accusate)?
Nello spazio di meno di una settimana, Fliss - che "nasconde" una propria personale motivazione che l'avvicina alle vicende di questi genitori accusati - troverà il coraggio e la determinazione giusti per portare avanti il documentario, avvicinandosi pericolosamente alla verità, e contemporaneamente Simon Waterhouse e la fidanzata Charlie riusciranno a dare la giusta direzione alle indagini, intuendo che dietro gli omicidi e le aggressioni ad opera di questo "serial killer delle sedici cifre" si cela una mente che sta organizzando una sorta di vendetta che va assolutamente fermata.
Nel complesso il romanzo mi è piaciuto perchè tocca un argomento controverso e di difficile spiegazione, che è quello della morte in culla, sudden infant death syndrome (Sids), la morte improvvisa dei bambini di età inferiore a un anno, che si verifica durante il sonno e che, anche dopo indagini molto accurate (inclusa l’autopsia), non trova alcuna spiegazione.
L'autrice, attraverso le voci di alcune delle donne che, nella finzione narrativa, sono accusate e condannate per infanticidio, ci lascia immaginare tutto il dolore legato a una tragedia che diventa doppiamente angosciosa: non solo una coppia di genitori si ritrova dalla notte al giorno a perdere uno o più figli per cause non chiare, ma deve gestire anche tutto il carico di sospetti e accuse, rendere conto di cosa possa essere accaduto, di cosa possa aver causato la morte dei figli, di quanta responsabilità essi abbiano in tal senso.
Emerge il quadro di famiglie distrutte, divise e lacerate dai dubbi, dalle accuse, dal carcere, oltre che dal lutto; ma soprattutto, queste donne devono ricostruirsi una vita dopo aver perduto i propri piccoli che amavano, devono ricostruire il rapporto con il partner, con i famigliari e, non ultimo, la propria dignità, la propria reputazione.
Quante persone resteranno interiormente convinte della loro innocenza o colpevolezza, a prescindere dalle decisione di un tribunale?
Ma soprattutto, sono davvero tutte innocenti? Qualcuna probabilmente lo è davvero, ma che dire di quelle madri snaturate che non si prendono cura al 100% dei propri figli in modo amorevole e coscienzioso? D'altra parte, essere una madre che desidera far carriera o una un po' sciagurata e scapestrata... significa automaticamente essere anche un'assassina?
Il lettore segue sia il filone delle indagini serrate della polizia, le testimonianze raccolte, le intuizioni di Simon, sia quelle non ufficiali di Fliss, che indaga a modo suo, soffermandosi in particolare sulla vicenda di una delle madri indagate (Ray) e sulla posizione della dottoressa che le ha danneggiate in tribunale.
Leggendo, ci si fa una cultura sulle morti in culla, su come non sia semplice comprendere il perchè di certe morti improvvise di bimbi piccolissimi e su come anche un particolare relativo alle loro condizioni fisiche possa avere un significato pro o contro gli accusati in base alla lettura che se ne vuol dare (e che dipende quindi di volta in volta dal parere del professionista interpellato).
La scrittura è sufficientemente scorrevole, l'argomento è interessante e affrontato con cognizione di causa, è evidente che l'Autrice si sia informata molto e bene; per scoprire chi sia l'assassino di Helen Yardley si deve avere la pazienza di arrivare alla fine, anche se qualche dubbio viene prima, grazie alle ricerche personali di Fliss.
A dirla tutta, ciò che manca a questo thriller è la suspense...; non posso dire che l'Autrice mi abbia tenuto col fiato sospeso, sulle spine, che io sia arrivata all'ultima pagina sentendo il brivido della tensione corrermi lungo la spina dorsale..., e questa mancanza incide sul giudizio complessivo del libro.
Mi sarei aspettata un'atmosfera più cupa, che il dubbio sulle madri presunte assassine o sul serial killer serpeggiasse in maniera più evidente e intrigante..., invece mi è risultato tutto troppo... prolisso, verboso.
Non posso dire che non sia in generale un libro interessante, scritto bene, ma emotivamente mi ha presa poco, pur trattando un argomento drammatico e forte.
Mi ha convinta a metà, nel senso che ho apprezzato la bravura della scrittrice nello sviscerare l'argomento, nel fornire spiegazioni anche "tecniche", ma è come se avesse soddisfatto solo gli aspetti razionali della questione e un po' meno quelli legati alla sfera delle emozioni, dell'empatia.
Però non mi arrendo, voglio provare a leggere qualcos'altro di Sophie Hannah, perchè è un'autrice molto amata e credo che meriti un'altra possibilità.
E voi, avete mai letto qualcosa di questa prolifica scrittrice britannica?