sabato 5 giugno 2021

Recensione: LA SPINTA di Ashley Audrain

 

Sconvolgente e crudo, "La spinta" è uno scioccante viaggio nella genitorialità, dove i sentimenti e le emozioni sono sviscerati con chirurgica e lucida precisione, dando così alla narrazione un taglio decisamente inquietante ed estremamente coinvolgente.
Di capitolo in capitolo, il libro mantiene una forte suspense, di quelle che respiriamo in un bel thriller, ma in realtà siamo in presenza di un autentico dramma psicologico, che si consuma all'interno delle mura domestiche e che, attraverso vie oscure, si sofferma sui problemi e sulle preoccupazioni che spessissimo avvolgono la maternità, esperienza tanto meravigliosa quanto travolgente e complessa, ma anche l'importanza che su ciascuna persona riveste la propria storia familiare, nonché la genetica stessa.



LA SPINTA
di Ashley Audrain



Rizzoli Ed.
trad. I. Zani
348 pp
Che si creda o meno all'aspetto religioso del Natale, si tratta solitamente di una festività che in tanti associamo alla famiglia, allo stare insieme, al ritrovarsi con i propri cari, famigliari ed amici.
Trascorrerlo da soli è quindi alquanto triste e deprimente.

È ciò che sta capitando a Blythe Connor, che sta trascorrendo il proprio Natale da sola, in macchina a spiare la nuova vita di suo marito Fox. 
Cercando di non farsi notare troppo, osserva la scena di una famiglia perfetta, le candele accese, i gesti premurosi. 
Ma la sua presenza viene notata dalla sua bambina, Violet, la sua enigmatica figlia undicenne che vive serenamente a casa con il padre, la sua nuova compagna e il suo fratellino; immobile alla finestra, Violet fissa sua madre.

Nei suoi occhi non c'è ombra di affetto, di vicinanza o complicità verso quella donna in auto: il vuoto assoluto, e se non è proprio vuoto, al massimo è sfida,  provocazione. Certo non amore.

Come mai?
Perché Blythe è sola e si costringe a spiare l'ex-marito in un momento di intima felicità in compagnia della loro unica figlia e della sua nuova famiglia?

Eppure, c'è stato un tempo in cui anche loro sono stati una famiglia apparentemente normale, e Blythe era non solo la mamma di Violet ma anche del piccolo Sam.
Il suo meraviglioso e dolce Sam.

Blythe osserva, valuta, ricorda e racconta.
Racconta a noi lettori la sua versione dei fatti: cosa ha distrutto la sua famiglia?
Ok, non era un nido d'amore perfetto, i problemi e i dissidi non mancavano tra lei e Fox, e il rapporto della donna con Violet era sicuramente uno dei motivi di frizione nella coppia...., ma per quanto "storta" era pur sempre la sua famiglia. 

Per capire cosa sia successo e cosa abbia portato alla separazione, dobbiamo seguire il racconto della narratrice, che con calma e chiarezza, immaginando di rivolgersi al marito come gli scrivesse una lunga lettera, parte dall'inizio, dal loro incontro, da come si sono innamorati e di come hanno deciso di metter su famiglia.
Fox, sempre gentile, premuroso e ottimista, ne era convinto: "Avremo dei figli. E tu, Blyhe, sarai un'ottima madre".

Ma davvero dici, Fox? E che ne sai? Come fai a sapere che sarò una brava mamma quando io stessa non ho avuto un buon esempio? Hai forse dimenticato che la mia mi ha abbandonato all'età di undici anni, sparendo dalla mia vita come se io per lei non fossi nulla?

Ma Blythe, tu non sei come lei. Non sei come tua madre, come Cecilia. E poi l'anaffettività o l'incapacità di essere genitori non sono mica dei geni, che si possono tramandare!

Sicuro, Fox?

Negli anni, Blythe si è sempre chiesta se la sua infanzia fatta di vuoti, solitudini e abbandoni, non l'avesse formata e, in un certo senso, "deformata", impedendole, senza che lei l'avesse chiesto o desiderato, di gettare le basi per essere, un domani, una buona madre.

Che ci piaccia o no, ognuno di noi è frutto di un passato, di un'educazione, di un ambiente famigliare che c'ha visto nascere, crescere e formarci.
E questo vale anche per Blythe, figlia trascurata di Cecilia, una donna che di fare la mamma non aveva alcuna intenzione; insofferente a ogni costrizione, a una vita fatta di incombenze domestiche e di una bambina da accudire, Cecilia in casa era come un cavallo imbizzarrito che non vedeva l'ora di saltare la staccionata e correre verso la libertà.

Blythe non sa cosa sia una mamma affettuosa, che ti abbraccia dicendoti "Ti voglio bene", che ti consola per un ginocchio sbucciato, che ti aiuta ad affrontare i piccoli problemi che si presentano nella vita di una bimba come le altre, che si siede accanto a te la sera, sul letto, per leggerti una storia e poi ti dà il bacio della buonanotte.

Come ti ama una mamma? Cosa vuol dire crescere sentendosi amate e considerate da colei che ti ha messo al mondo? 
Può una donna non amare il frutto del proprio grembo? Può una figlia diventare un peso o - forse peggio! - un essere invisibile per sua madre?
Si può diventare una brava mamma non avendone avuta una?

Blythe guarda Fox, col suo rassicurante entusiasmo, e si pone tante domande su se stessa e sulla paura di non saper amare adeguatamente un eventuale figlio; domande che si fanno concrete quando resta incinta.

E quando Violet nasce, dal primo istante sente che nulla sarà come prima: quell'esserino rosso e urlante è parte di lei, è uscito da lei.
Non può non amarla, non desiderare di prendersene cura e di riempirla di affetto.

No?

E invece, le paure prendono forma: tra lei e la piccola sembra non riuscire a stabilirsi alcuna connessione, vicinanza. Non c'è alcun filo che le lega nell'anima, come pensava dovesse accadere.

Violet la rifiuta, ha problemi pure a bere al seno, non vuole stare tra le sue braccia, non vuole aver vicina la sua mamma. Preferisce il padre, il quale si innamora pazzamente della sua creatura e, a differenza della moglie, da subito riesce ad entrare in sintonia con Violet.

Diventare madri è un'esperienza straordinaria ma non è proprio una passeggiata, e nonostante le frasi ottimistiche tipo slogan su quanto sia bello prendersi cura di un neonato che ti sconvolge l'esistenza, i ritmi, gli spazi e quant'altro, ma che porta con sè una nuova luce e tanto amore, beh.. non è scontato che una neomamma viva tutto e sempre con un sorriso sulle labbra.
Paure, stress, frustrazioni, stanchezza fisica e mentale e tanto altro, sono dietro l'angolo, come delle frecce pronte a conficcarsi in tutti i punti deboli e scoperti di una donna che si trova a vivere giorni e settimane, dopo il parto, non sempre facili da gestire.

Ma la difficoltà a interagire con Violet, a provare per lei un amore sconfinato e a farsi amare dalla bimba, continuano. Non che Blythe non le voglia bene, eh, ma c'è qualcosa che la frena, che le impedisce di amarla con quello slancio e quella devozione che tutti (dal marito alla suocera agli amici ecc...) si aspettano che spontaneamente provi per lei.

Sempre colpa dell'ombra pesante e scura di mamma Cecilia?

In un flusso alternato di racconto del passato e del presente, veniamo a sapere che a sua volta Cecilia è stata vittima essa stessa di una madre che non l'ha amata; non solo, ma nonna Etta era una donna con diverse problematiche di tipo psicologico, per cui il suo non era semplicemente un problema di freddezza, di incapacità di esprimere emozioni, ma era proprio una conseguenza di qualcosa di più profondo e grave.
Una tara genetica, forse, che quindi ha dato vita ad una sorta di trauma intergenerazionale?

Ad aggiungere preoccupazione e dubbi sinistri nella mente di una razionale Blythe, è la constatazione che, crescendo, la sua Violet manifesta atteggiamenti strani, diversi da quelli dei suoi coetanei.

C'è in quella bimbetta un che di duro, ribelle, provocatorio, indisponente. Quanto più dimostra di voler bene al padre e di ricercare la sua compagnia, quanto più tiene lontana la madre, che non sa come fare per abbattere quel muro di opposizione e freddezza che la separa dalla figlioletta.

Se cerca di parlarne con Fox, questi taglia corto e sminuisce.

Il guaio è che questa figlia silenziosa, dallo sguardo tagliente e scrutatore (troppo per una bambina), nei cui occhi spesso passano lampi di perfidia (possibile?? in una bimbetta di 5 anni??) e malizia, non è strana solo con la mamma, ma anche con i coetanei.
Suo marito non vede ciò che vede Blythe e attribuisce tutto alle fisse che la donna si crea da sola nella sua testa.

Ma a meno che Blythe non sia matta come la nonna, lei sa quel che vede e una volta assiste ad un evento drammatico in cui Violet è presente e in cui sembra (!?) fare un gesto (casuale?) che avrà ripercussioni davvero tragiche su un'altra persona.

E poi vogliamo parlare del fatto che gli insegnanti lamentano una preoccupante aggressività e mancanza di empatia di Violet verso i compagnetti?
Insomma, c'è qualcosa che non va nella figlia e forse non è tutta colpa di Blythe se non riesce ad amare questa creatura "diversa" e tutt'altro che tenera e dolce!

Quando nasce il secondogenito, Sam, inizialmente l'atmosfera si rilassa: con lui ogni dubbio sparisce e Blythe entra in una dimensiona nuova e magica. Finalmente riesce ad essere la mamma che tutti si aspettano che sia e le viene così naturale! 
Se con Violet doveva sforzarsi per dimostrarle affetto in modo palese, con Sam è tutto facile e spontanei: lei ama lui e lui ama lei. Una simbiosi perfetta.
La cosa bella è che anche con Violet paiono migliorare i rapporti. Forse avere un fratellino ha fatto bene a tutti, e magari cementificherà ancor di più l'unione con Fox.

No?

La situazione però precipita in poco tempo e la gioia e le risa smetteranno di echeggiare tra le mura di casa Connor.

"La spinta" è un romanzo che ti prende dalla prima pagina fino all'ultima; l'ho letto in poco tempo perché non riuscivo a staccarmene e quando lo chiudevo non vedevo l'ora di riprenderlo.

La penna della Audrain ha un che di viscerale, è onesta fino ad essere brutale; fotografa con dovizia di particolari e con uno sguardo bruciante la maternità, sia in quanto esperienza personale, sia dalla prospettiva delle aspettative della società e delle pressioni culturali che le satellitano attorno.

Non c'è sentimento sull'essere madri che non venga portato alla luce, che siano dubbi,  solitudine, rimpianto, timori più o meno giustificati, sensi di colpa; diventare mamme viene spogliato della sua veste rosa tutta cuoricini e sorrisi beati, per assumere sfumature ben più oscure, dolorose, contraddittorie e spesso taciute perché disapprovate socialmente.

Angosciante e potente, questo romanzo (che mi ha fatto rivivere un tumulto di pensieri e stati d'animo provati con
 "...e ora parliamo di Kevin", cui si avvicina per tematiche) fa sì che il lettore si ponga molti interrogativi durante la lettura, primo fra tutti su come la maternità non venga vissuta da tutte nello stesso modo, di come non basti essere genitrice dal punto di vista biologico per sentirsi "mamme dentro".
Ci si sofferma su come l'arrivo di un figlio possa modificare gli equilibri di coppia, sull'evoluzione del rapporto madre-figlia, ovviamente, e sull'influenza che questo ha nella vita adulta, quando ci si trova a (e/o si desidera) diventare madri.

Blythe Connor racconta al lettore e al marito (la narrazione è in seconda persona, tranne nelle parti relative al passato, in cui si narra della nonna e della mamma) la sua versione dei fatti, il suo pensiero sulla personalità e sui bizzarri comportamenti di Violet, e vedere - attraverso i suoi occhi - di cosa sia capace una ragazzina è davvero in
quietante perché avvertiamo, insieme alla protagonista, tutta la preoccupazione scaturita dall'atroce sospetto che questa figlia possa essere un mostro, capace di azioni terribili, pericolose.
L'autrice ha strutturato il romanzo con capitoli brevi ma intensi, che ti inducono a sostare un attimo prima di iniziare il successivo, come a metabolizzare ogni episodio, novità, dramma.

Bello bello, questo libro ti trascina, ti fa provare molte emozioni (anche contrastanti), ti fa stare col fiato sospeso, ti fa scuotere la testa sbigottita, ti fa sussurrare: "Ma... possibile...?", ti porta a farti un sacco di domande su temi importanti e ti lascia con una sensazione di impotenza e ineluttabilità, regalandoti un ultimo e scioccato brivido.


mercoledì 2 giugno 2021

LE MIE LETTURE DI MAGGIO 2021

 

Buongiorno e buon mercoledì festivo!!

Eccomi con il riepilogo delle mie letture di maggio.






  1. LA CONGIURA DELLE PASSIONI di P. De Sarlo: Basilicata, periodo risorgimentale: il romanzo storico si concentra su fatti ed antefatti che hanno condotto all'unificazione del nostro Paese.
  2. L'AMORE E LE FORESTE di E. Reinhardt: l'infelice vita di una donna costretta a subire angherie psicologiche da un marito arido e narcisista.
  3. LA CASA DEI GUNNER di R. Kauffman: sei ragazzini e un'amicizia che travalica il tempo e i silenzi.
  4. IL CUORE È IL MIO BAGAGLIO A MANO di S. De Lorenzis: attraverso la voce di una donna affetta da leucemia, l'autrice parla all'animo, come una carezza delicata ma anche piena di energia e speranza.
  5. SPAZIO ALLE EMOZIONI di S. Messina: un invito ad ascoltare la voce che è dentro di sé, lì dove risiedono le proprie emozioni più intime.
  6. Teoria, Tecnica e Didattica della Pallacanestro in carrozzina di A. Gennaro - G. Battaglia - L.Cincotta:  guida tecnica, specifica per gli operatori del settore sportivo paraolimpico.
  7. CUORE di A. Arietano: una storia d'amore dolce e romantica collocata in un mondo fiabesco.
  8. IL MONDO DEVE SAPERE. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria  di M. Murgia: l racconto di un'esperienza lavorativa che, pur essendo assolutamente vera, sembra quasi surreale, fantastica.
  9. DUE CUORI IN AFFITTO di F. Kingsley: l'amore ha contorni sì romantici ma anche frizzanti, imprevedibili e scanzonati.
  10. UNA POSIZIONE SCOMODA di F.Muzzopappa: uno sceneggiatore di film porno alla ricerca dell'occasione della vita.
  11. UN UOMO COSÌ di A.Moro: il ritratto intimo e tenero dello statista  Aldo Moro attraverso gli occhi  della figlia.
  12. ELBRUS di G. Di Clemente e M.Capocasa: romanzo di fantascienza/distopico che immagina un futuro popolato da cloni e da scienziati impegnati in progetti di manipolazione genetica.
  13. DA ME A TE di L. Falcone: un ricettario narrativo che una mamma scrive alla figlia, lasciandole non solo ricette tradizionali ma anche episodi divertenti alla famiglia.
  14. SHARON E MIA SUOCERA di Suad Amiry: con ironia e intelligenza l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002.


Un maggio prolifico, che mi ha donato tante letture varie e belle; tra tutte segnalo il diario della palestinese Suad Amiry, attuale più che mai se pensiamo ai recentissimi (e di certo non sopiti) bombardamenti nella Striscia di Gaza; ho riso con Muzzopappa, ho vissuto il Risorgimento e il tormentato e confusionario passaggio dai Borboni ai Savoia e mi sono emozionata con le storie di amore e di amicizia.


CITAZIONE DEL MESE:


"La parola amore... per lui era bizzarra e spaventosa. Ma che cos’era la vita se non una lunga serie di cose bizzarre e spaventose che facevi e dicevi e chiedevi al tuo cuore, per mantenere la selvaggia e irragionevole speranza che un giorno qualcuno ti avrebbe tenuto il viso fra le mani dicendo: Sei perfetto. Adesso ti puoi riposare. Per me sei sempre stato perfetto. Non perché tu fossi neanche lontanamente perfetto o coraggioso o forte, e nemmeno particolarmente buono, ma perché eravate grandi amici da sempre."

martedì 1 giugno 2021

Recensione: "Teoria, Tecnica e Didattica della Pallacanestro in carrozzina" di Antonino Gennaro - Giuseppe Battaglia - Luca Cincotta

Uno



Ultimamente ho ricevuto in omaggio dalla Casa Editrice Kimerik quattro volumi tutti appartenenti a diversi generi letterari: dalla narrativa alla poesia (gli ultimi due libri recensiti nei giorni scorsi), dal saggio storico-religioso al manuale sportivo.


Oggi voglio presentarvi proprio un'agile e accurata guida tecnica scritta da docenti che si occupano in prima persona di Sport, coniugato con lo studio dell’Attività Motoria Adattata con particolare attenzione alle disabilità.

 Teoria, Tecnica e Didattica della Pallacanestro in carrozzina di Antonino Gennaro - Giuseppe Battaglia - Luca Cincotta

 

Kimerik Ed.
112 pp
In questa attenta analisi, Battaglia, Cincotta e Gennaro, oltre a offrire dettagli e suggerimenti tecnici relativi al gioco della Pallacanestro in carrozzina, focalizzano l’attenzione sulla vitale importanza del movimento per ogni individuo, sia esso normodotato, sia affetto da una condizione patologica cronica.


Alla base di questo lavoro c'è il concetto di salute dinamica (stato di benessere fisico, psicologico e sociale) e per raggiungerla è necessaria l’efficienza  fisica,  che  si consegue attraverso il movimento; questo vale tanto per i normodotati, quanto per le persone con disabilità, che hanno il diritto a fare sport, tanto più che praticare attività fisica può aiutarle  a superare blocchi e paure (frutto della propria condizione di salute), oltre che apportare innegabili benefici a livello fisico.


Un individuo con disabilità (di diversa gravità) ha delle capacità residue che vanno opportunamente stimolate e valorizzate e i giochi di squadra, come la pallacanestro, sono un valido strumento in questo senso.

 

Tra queste pagine vengono date spiegazioni tecniche del gioco del basket, compreso l'uso di attrezzature ed ausili; si evidenziano le caratteristiche della carrozzina, si danno consigli di esercizi per migliorare la tecnica di gioco e mettere il giocatore in condizione di acquisire maggiore padronanza dei vari gesti, movimenti, che siano il palleggio o i tiri ecc.

Sono presenti proposte didattiche che possano incoraggiare alla socializzazione, all'aggregazione, a lavorare sull'autostima e su un'equilibrata e giusta consapevolezza di se stessi.

 

Siamo in presenza, quindi, di un lavoro didattico che è di facile lettura ed accessibile e immediata consultazione, ma altresì si tratta di una guida tecnica, specifica per gli operatori del settore sportivo paraolimpico, per cui è un manuale che risulta utile a chi si occupa di sport, e in particolare di giocatori di pallacanestro in carrozzina.

 

lunedì 31 maggio 2021

Recensione: SPAZIO ALLE EMOZIONI di Silvio Messina



Attraverso la forma poetica, l'Autore di questa raccolta si fa veicolo di un modo di sentire - la vita, l'amore, il rapporto con gli altri, la natura... - particolare perché sensibile, profondo e attento, come sa esserlo lo sguardo di un poeta, di un artista.


SPAZIO ALLE EMOZIONI
di Silvio Messina

Casa Editrice Kimerik
61 pp
Il titolo di questa raccolta esprime esattamente ciò che essa è: uno spazio dato alle emozioni del poeta che ha messo su carta questi versi, ma non solo: anche a quelle di chi li legge.
Sono poesie che prendono per mano il lettore invitandolo ad ascoltare la voce che è dentro di sé, lì dove risiedono le proprie emozioni più intime, a condividerle e a ricercarle, perché di emozionarci non dovremmo mai essere paghi.

Le poesie di Silvio Messina si soffermano sulla vita, su come essa valga la pena di essere vissuta rendendola un capolavoro, perchè noi siamo i registi di noi stessi e della nostra esistenza; sulla meravigliosa unicità propria di ogni singola persona, sull'armonia che regna nell'amore tra due anime legate l'una all'altra, su come sia essenziale avere dei sogni e non lasciarli chiusi nel cassetto, ma afferrarli e viverli.

Siamo portati a considerare la fugacità del tempo che scorre e al quale, proprio per questo, dobbiamo dar valore, apprezzando la bellezza racchiusa nel quotidiano e nelle opportunità da cogliere ogni giorno; la natura, che è una madre generosa verso i suoi figli, i quali però non sempre le sono grati e la custodiscono come dovrebbero.

Con queste sue liriche il poeta/artista rende espliciti pensieri, stati d'animo, intenti, esigenze non solo proprie, non solo appartenenti ad un singolo individuo, ma si fa portavoce della società, dell'umanità stessa, educandola al bello, alla necessità di fermarsi, stimolandola a momenti di dialogo interiore, preziosi ed essenziali per (ri)conoscersi, migliorarsi, per dare un nome alle emozioni e, tanto più in un tempo frenetico come il nostro, che guarda spesso più alla forma e all'apparenza che alla sostanza, a dar loro il giusto spazio e la giusta importanza nella vita di tutti i giorni.

Una raccolta poetica interessante, gradevole e stimolante.

domenica 30 maggio 2021

Recensione: IL CUORE È IL MIO BAGAGLIO A MANO di Silvia De Lorenzis



Scoprire di avere un cancro, in un'età in cui sei fiduciosa di avere il mondo in mano e la vita davanti, è tremendo: è uno sconquasso nell'anima, oltre che nel corpo, di quelli che possono buttarti giù in modo irreversibile, impedendoti di vivere il tempo che resta con quella serenità di cui sempre, in ogni momento e periodo della nostra vita, abbiamo urgente bisogno.


IL CUORE È IL MIO BAGAGLIO A MANO
di Silvia De Lorenzis



Casa Editrice Kimerik
98 pp
Laura è una donna di quarant’anni, è sposata e mamma della sua amatissima figlia Sara; professionalmente è gratificata dal proprio lavoro di assistente sociale e lo svolge con entusiasmo e dedizione.

La sua vita viene sconvolta bruscamente da una brutta notizia, di quelle che ti mozzano il respiro e ti annientano dentro: ha una leucemia fulminante, non le resta molto da vivere e quello che le resta dovrà trascorrerlo per lo più in un letto d'ospedale.
È comprensibile ed umano come ricevere una notizia di tale portata possa abbattere chiunque; ci si sente intrappolati in un corpo imperfetto, che ha giocato un tiro decisamente infame e purtroppo non è possibile neanche "sistemare la rotta", in quanto è troppo tardi e si può solo aspettare che la malattia segua il suo maledetto corso.

Che fare davanti a una situazione drammatica come questa?
Dopo lo sgomento e lo scoramento iniziali, Laura reagisce e trova nella scrittura la via per riprendersi se stessa e il proprio mondo interiore, per guardarsi dentro con attenzione ed onestà, e per rovesciare tutto il fiume di emozioni e pensieri che riempiono cuore e mente, così da trovare dentro di sé le risorse per affrontare la vita che ancora può vivere lasciando qualcosa di importante a chi ama.
In particolare, il suo pensiero va alla sua unica figlia, Sara, e per amor suo, e guidata dall'amore indissolubile che prova per lei e che dà il vero senso alla propria esistenza, scrive una lettera per la sua bambina.
Una lettera che suo marito le consegnerà quando Sara compirà diciotto anni.
Sarà un regalo speciale che la ragazza avrà tra le mani per ritrovare sua madre, la sua anima, il suo cuore immenso e pieno di amore per lei; in quelle pagine, tra quelle parole, Sarà potrà trovare le risposte che cerca, ritenendo nel suo giovane cuore i pensieri, le riflessioni, i consigli di una madre persa troppo presto ma che continua a vivere in ogni battito, in ogni respiro di chi l'ha amata.

Non è semplice per una madre scrivere questa lettera, perché farlo significa fare i conti con quell’appuntamento con il destino al quale non si può sottrarre; significa accettare di aver perso la battaglia contro il cancro, ma il pensiero di dover lasciare i propri cari, e Sara su tutti, è forte in lei e la spinge a prendere carta e penna e a buttar giù tutto quello che il suo cuore le suggerisce.

Laura si rende conto che la morte la porterà via, impedendole di godersi sua figlia nei suoi anni più belli, di non vederla crescere, innamorarsi, diventare madre, di non poter condividere con lei le emozioni più intense come i dolori più grandi, quelli che le insegneranno ad affrontare le delusioni e a diventare più forte, quelli che la vedranno raggiungere i suoi piccoli grandi traguardi e realizzare i suoi sogni.

Non le resta, allora, che scriverle, imprimendo su carta frammenti di vita, pensieri intimi, ricordi, quelle parole che - se solo la malattia non si fosse messa in mezzo! - le avrebbe sussurrato.
È un'eredità speciale, preziosa.


"Voglio donarti gli ultimi giorni della mia vita, i miei risvegli, affinché tu possa portarli sempre dentro di te, oltre il dolore, oltre la vita, oltre la morte. (...) Così, se un giorno dovessi aver bisogno di risposte, potrai cercarle tra queste pagine, che profumano d'amore, del mio infinito e incondizionato amore per te. (...) Ma ricorda, la vera risposta a qualsiasi domanda sarà sempre nascosta in fondo al tuo cuore; io vorrei solo aiutarti a non aver paura di leggerci dentro!".

Le parole che Laura dedica alla sua bambina sono pregne di amore, di desiderio di poter parlare al suo cuore così che lei possa crescere sapendo di essere stata tanto amata e che la sua mamma sarà sempre con lei nonostante la vita le dividerà.
Laura racconta di sè, dei propri sogni, dell'amore per il proprio lavoro; le svela delle verità dolorose anche sul rapporto col padre e come non sempre tra loro sia stato tutto rose e fiori, ma l'amore e il perdono hanno trionfato su risentimenti, amarezze e delusioni.

La lunga lettera d'amore di questa dolce mamma per la sua figlioletta, lungi dall'essere intrisa di eccessiva tristezza (che pure sarebbe legittimo) o disperazione, è invece carica di speranza, fiducia in se stessi e nei propri sogni, empatia, amore per le piccole cose, per valori fondamentali - come l'attaccamento alla famiglia, alle proprie radici e alla propria terra, il perdono, il riconoscere le proprie fragilità e di non vergognarsene, ma piuttosto di trasformarle in modo che diventino dei trampolini per migliorarci, l'accettazione del dolore come occasione per crescere, maturare, darsi il tempo di fermarsi per recuperare le energie e poi rituffarsi nel mare della vita, che a volte è placido e calmo, altre è in tempesta.
Ma è pur sempre vita, e vivere è come essere costantemente su un'altalena, che come ti porta su, così è capace di riportarti giù!

Credo che ogni figlia vorrebbe avere il piacere di leggere una lettera così scritta dalla propria madre (o in generale da una persona cara), perché contiene frammenti importanti della persona che scrive, la quale davanti a un pezzo di carta non si risparmia, ma anzi ne fa uno strumento vivo e fedele per confidarsi, condividere, incoraggiare, consigliare, esprimere affetto, e lo fa anche quando - come nel caso specifico della protagonista - avrebbe tutte le umane e comprensibili ragioni per chiudersi in se stessa, a macerarsi nel dolore, e invece, al cospetto della severità di un male che non perdona e che ben presto le ruberà forze psichiche e fisiche, prende il bagaglio a mano - il cuore! - che l'ha sempre accompagnata nel viaggio della vita, e si incammina lungo la tappa più difficile mai attraversata.

È un libro breve ma intenso, ad ogni pagina l'Autrice ha riversato, con proprietà e fluidità di linguaggio, la propria sensibilità e ricchezza d'animo, traducendo con sapienza e passione tanti pensieri, considerazioni, timori, insicurezze e risorse emotive e psicologiche, che tanti lettori possono sentire come propri, inducendoli a immedesimarsi in questa donna consapevole di non essere un'eroina, bensì una persona piena di fragilità ma anche di forza, di sogni e desideri, e soprattutto una madre che vuol lasciare il proprio cuore nei ricordi di sua figlia.
Una lettura che parla all'anima del lettore, come una carezza delicata ma anche piena di energia e speranza.

sabato 29 maggio 2021

Recensione: L'AMORE E LE FORESTE di Éric Reinhardt


La protagonista di questo romanzo, che fa arrabbiare e commuovere il lettore, è una donna sensibile, colta, libera nell'anima e nei pensieri, ma la cui esistenza a un certo punto si ritrova ingabbiata tra le sbarre di un matrimonio opprimente, soffocante, emotivamente vuoto, che rischia di strapparle l'amore per la vita e la voglia di stupirsi e di godere di ciò che essa riserva. 



L'AMORE E LE FORESTE
di Éric Reinhardt

Salani Ed.
trad. R. Fedriga
259 pp
"Io preferisco la profondità, ciò che si può penetrare, da cui si può essere inghiottiti, dove ci si può nascondere: l’amore e le foreste, la notte, l’autunno, proprio come lei."

Éric Reinhardt è uno scrittore abbastanza famoso, che di recente ha pubblicato un romanzo molto acclamato dalla critica e amato da tanti lettori.
Tra esse c'è una lettrice colta e sensibile, Bénédicte Ombredanne, la quale - affascinata dal suddetto romanzo - decide di scrivere all'autore per manifestargli tutto il suo sincero apprezzamento.
Tra i due inizia una corrispondenza epistolare che si concretizza in un paio di incontri, a distanza di qualche mese.

Se già leggendo le lettere della sua fan, lo scrittore aveva compreso quanto ella fosse acuta, intelligente, profonda, nell'incontrarla di persona e nello scambiare opinioni, pensieri, e ancor di più, nell'ascoltarla parlare di sé, Eric realizza come la sua interlocutrice sia davvero una donna particolare, affascinante, con cui è piacevole dialogare perché capace di analizzare con meticolosità tanto le vite dei personaggi letterari quanto la propria, narrata al suo scrittore come un romanzo.

Dal canto suo, anche la donna vede in Eric un uomo comprensivo, empatico, che sa ascoltarla senza giudicarla.

Inizialmente Bénédicte Ombredanne aveva voluto incontrare lo scrittore solo per dirgli quanto il suo libro le avesse cambiato la vita, ma tra una parola e l'altra, finisce per scavare nel profondo della propria anima e della propria esistenza, obbedendo alla propria voglia di confidarsi con una persona che sa scrivere di sentimenti. 

E così ella racconta di se stessa, del proprio matrimonio, dei figli, del lavoro, scendendo nei particolari, condividendo dettagli che, fino a quel momento, non aveva raccontato a nessun altro.

Bénédicte è un fiume in piena: non può fermarsi dal confidare le sofferenze di un matrimonio che è davvero, per lei, la tomba della felicità e dell'amore, a causa di un marito violento che tiene in scacco lei e i figli.
Un uomo che non fa che insultarla, dicendole parole orrende, volte a svilirla, umiliarla, farla sentire sempre sbagliata, inadeguata, una donnicciola priva di qualsiasi bellezza e che merita di vivere in modo insulso perchè vale poco.
Di lei è molto geloso, ma la sua gelosia non ha nulla a che fare con l'amore, bensì con quell'insicurezza che è parte integrante di lui e in cui questo marito (Jean-Francois) affoga da quando era solo un ragazzino ignorato e non amato in famiglia (dal padre in primis); il suo è un sentimento di possesso verso la propria moglie, che considera un oggetto di cui vuol disporre come vuole e che desidera tenere sottomesso, soggiogato e succube della propria volontà e del proprio becero egoismo.

È una donna infelice, la povera Bénédicte, la sua anima è in pena, la sua mente è confusa, il suo cuore è provato da una situazione famigliare da incubo, fatta di privazioni, mancanza di amore e rispetto, in cui tutto il suo entusiasmo e amore per la vita è stato seppellito barbaramente da cumuli di ingiurie, violenze psicologiche - emotive e non solo -, violente scenate di gelosia.

Eppure, in questo racconto intimo pieno di tristezza, c'è un episodio indimenticabile, un pomeriggio di estasi, libertà, di inaspettata felicità; ore trascorse con un uomo di cui sa poco e nulla ma col quale, dal primo momento, si instaura un'intesa speciale, sotto tutti i punti di vista (fisico, mentale, emotivo), che potrebbe essere la premessa per un legame bello, vero, passionale, che finalmente potrebbe restituire il sorriso sul volto di Bénédicte e regalarle attimi di felicità.

Ma la felicità sembra girarsi dall'altra parte e infischiarsene dei diritti di Bénédicte, e la disgraziata è costretta a cedere nuovamente ad una vita matrimoniale terribile: obbligata, a causa delle domande insistenti del marito, a confessare il tradimento (in ogni minimo particolare e per un sacco di volte), egli non farà - da quel momento - che vomitarle addosso tutta la cattiveria, il risentimento, la frustrazione e l'umiliazione che lo travolgono e che lo fanno stare male.

"Era peggio che sola: era in compagnia del vuoto. Suo marito non era altro che una presenza vuota, un’assenza. Quell’uomo porta con sé un vuoto incolmabile ed era questo suo vuoto che angosciava Bénédicte."

La vita dentro le mura di casa diventa un vero e proprio inferno e - fatta eccezione per dieci giorni di pace, lontana da lui -, Bénédicte realizza di essere sola, atrocemente sola e in balia di un uomo che cercherà in tutti i modi di farle pagare caro quel pomeriggio d'amore che lei si è concessa e che le ha regalato qualche ora di gioia, in cui, almeno per un po', ella aveva ritrovato se stessa.


"L'amore e le foreste" è un romanzo corale (la narrazione segue più di un punto di vista), che mi ha coinvolta moltissimo sotto il profilo emozionale in quanto leggere le confessioni dell'infelice Bénédicte e apprendere (da un'altra voce) quello che è stato il suo destino,  mi ha travolta perché nell'esistenza della donna si concentra una tale dose di pena e tristezza da indignare il lettore, che si ritrova a desiderare con tutto il cuore che la sua romantica eroina fugga da quella relazione tossica (che si rivela, a lungo andare, come una vera e propria dipendenza affettiva verso l'arido e perfido consorte) e cerchi di essere felice, con o senza un uomo accanto a sè.
Non le manca niente per esserlo: è una donna di cultura, sveglia, determinata, è ancora bella e seducente, e - anche se adesso non si direbbe - c'è stato un tempo in cui sprizzava gioia di vivere, aveva voglia di divertirsi, fare incontri, godere del presente, fare esperienze che la facessero sentire sempre più viva.

Eppure, al presente, Bénédicte è diventata ormai una persona abituata ad essere invisibile, sulla cui figura gli sguardi della vita quotidiana scivolano indifferenti, sorvolando ingiustamente sulla ricchezza interiore che invece ha sempre occupano la sua testa.

Mi è piaciuta questa donna, una potenziale poetessa un po' decadente, "un universo crepuscolare e scolorito in cui i fiori, le anime, l’umore e la speranza sono leggermente appassiti, delicatamente liquescenti, nel loro ultimo e sublime splendore di vita, come una sera d’autunno malinconica e languorosa, intima e carnale, tutta velluti e nastri di seta rosa, rosso vermiglio", e mi ha suscitato pietà, perché la vita non è stata  per niente generosa con lei e le angosce e le sofferenze non le sono state risparmiate.
 
Lo stile dell'Autore sa essere poetico, molto evocativo, capace di mettere in risalto il potere immaginifico delle parole, i benefici che la letteratura reca all'animo umano, dando spazio anche alla vita interiore della protagonista, alla sua complessa e contraddittoria personalità: Bénédicte è una donna dei nostri tempi tormentata e inquieta, divisa tra doveri e desideri, costretta a recitare il ruolo di moglie di un uomo che in realtà non ama e che, a sua volta, quando non la ignora, non manca di manifestarle profondo disprezzo e un atteggiamento glaciale, che crea attorno alla vittima (perché questo è sua moglie) un vuoto insostenibile.

Ho letto queste pagine avvertendo tutta la forza dei sentimenti della protagonista femminile, le sue traversie, i suoi dolori, l'amarezza, le delusioni, i rari momenti di serenità; l'emozione che ho provato maggiormente è stata la tristezza, e non può essere diversamente essendo un romanzo che, nella sua drammatica intensità, coinvolge molto a livello empatico perchè c'è molto dolore, ci sono soprusi, cattiverie e ho provato repulsione per Jean-Francois, un essere frustrato, arido, incapace di amare, dalla personalità disturbata.

Consigliato, soprattutto se non vi dispiacciono le storie disperate e malinconiche.



Citazioni

"Tutti siamo divisi interiormente, siamo più persone che si combattono, o i cui desideri sono contraddittori, siamo tutti portati a giocare ruoli che in realtà sono le diverse facce di una verità unica che passiamo il tempo a interiorizzare, a travestire, a proteggere dallo sguardo altrui e infine a tradire, perché abbiamo vergogna ad ammetterci tanto complessi, plurali, tormentati, contraddittori e perciò essenzialmente indefiniti, che è in fondo proprio la nostra forza".

"Durante quel tragitto comprese che il mondo si divideva in due categorie (...) tra chi vive l’urgenza e la bellezza soffocante di una folle passione e chi non vive l’urgenza e la bellezza soffocante, che stordisce e ossessiona, di una folle passione. Non pensava all’amore, all’amore vero e proprio, ma a quel sentimento bruciante che ti afferra trascinandoti con la sua forza fino a farti commettere qualsiasi cosa, correre qualsiasi rischio, infrangere ogni principio – soprattutto se si tratta di una passione clandestina e pericolosa."

"...nessuno scruta il suo quotidiano con la speranza di trovarvi una botola segreta, l’inizio di una scala, le tenebre di uno spazio sconosciuto. Basta forse prestare attenzione alla superficie della propria quotidianità, avere abbastanza sensibilità da rilevare l’esistenza di un passaggio, per scoprire la necessità di scomparirci?"



venerdì 28 maggio 2021

** Segnalazione: "Persian Arabesques di Ivan J Korostovetz (1862-1933)" di Carlo Gaatone

 


Dopo aver pubblicato i ricordi di sua nonna "Memoires" Olga I Korostovetz (1895-1993)-Diario di un'epoca-, di cui ho parlato in questa segnalazione sulla figura di Ivan Jacovlevich Korostovetz,  passo a proporvi Persian Arabesques di suo padre Ivan.

"Persian Arabesques" pubblicato dalla


Pathos Edizioni é un'opera di 340 pagine suddivisa in 26 capitoli che riporta le attività diplomatiche di un suo brillante protagonista. È un trascorso inedito della storia politica della diplomazia russa raccontata da Ivan J. Korostovetz (1862-1933) uno dei suoi più brillanti protagonisti così come viene testualmente definito dal noto ricercatore universitario russo Pavel N. Dudin ("one of its brightest representatives").


Il diplomatico, a seguito dei principali successi ottenuti nel 1905 con il Trattato di Portsmouth e nel 1912 in Mongolia con la firma dell'Accordo di Amicizia Russo-Mongolo, narra dettagliatamente, nelle sue memorie politiche, gli ultimi eventi della sua carriera diplomatica 1913-1918 prima di dover andare in esilio per non essere imprigionato. Egli si riferisce in particolare  al periodo di permanenza in Persia quale Ministro Plenipotenziario (1913-1915) ma non solo.

Il testo, oltre ad essere considerato un importante documento storico in quanto classificato quale fonte primaria d'informazione dell'epoca, é di gradevole e interessante lettura perché descrive non solamente gli eventi politici ma anche i costumi e le usanze locali di varia natura. Egli spazia dalla storia alla geografia persiana includendo delle penellate sulle religioni dei territori e sulla letteratura bizantino-persiana.

  "In "Persian Arabesques" l'autore rivela pienamente i meccanismi della politica estera della Russia Imperiale in Persia, così come il quadro delle contraddizioni anglo-russe in quel paese. Confrontando la politica dello zarismo con quella della Russia sovietica in Persia, l'autore giunge alla conclusione che la politica sovietica, in sostanza, era una continuazione della politica della Russia monarchica solo sotto un nuovo schermo ideologico." (Professor Ph.D.Nugzar K. Ter-Oganov, specialista delle Relazioni Russo-Iraniane).


L'autore.
Carlo Gastone nasce nell’agosto del 1950 a Johannesburg, Repubblica del Sud Africa.
Di origini italiane, proviene da una famiglia internazionale, sia per origine che per ambiente.
Le vicende della vita lo portano a viaggiare moltissimo ed a risiedere in differenti paesi e città: dall’Avana (Cuba) dove ha vissuto prima, durante e dopo la rivoluzione, a New York (Usa), a Lagos (Nigeria) e a Słupsk (Polonia) dove ha lavorato con diversi incarichi manageriali.
Oggi risiede a Torino e si dedica a sviluppare svariati interessi tra cui quello di ricostruire la storia e la genealogia della propria famiglia, andata dispersa a causa degli eventi bellici e rivoluzionari.
L’amore e la passione per sua nonna Olga lo hanno spinto a riportare alla luce le affascinanti “Memoires”, che includono importanti eventi storici a cavallo del 900.

giovedì 27 maggio 2021

Segnalazione e recensione: CUORE di Antonella Arietano



Cari lettori, oggi vi parlo di un bel racconto d'amore a sfondo fantasy: CUORE di Antonella Arietano, autrice di storie collocate in un’ambientazione fantastica popolata da fate e figure mitologiche celtiche! 

I protagonisti di questo racconto sono la fata Eilin e l'umano Galvan, uniti da un amore così forte da andare oltre lo spazio, il tempo, le loro profonde differenze e... anche oltre la morte.
Autoprodotto
75 pp


Tutto ha inizio in un tempo antico, nel periodo della primavera: mentre gli esseri umani si apprestano a festeggiare questa bella stagione, la dolce e curiosa fata Eilin, nel suo girovagare sulla terra per prendersi cura della natura, si imbatte in un bel giovanotto dai folti capelli scuri, che giace immobile a terra, nella neve; contravvenendo alle regole del suo mondo - che proibiscono contatti con gli umani - la fata lo salva da morte certa.

Tra i due, superata l'iniziale diffidenza dell'umano - il cui nome è Galvan - nei confronti dell'allegra creatura fatata, si instaura subito un legame di simpatia e vicinanza, che però trova nel velo che separa il mondo fatato da quello umano il suo primo ostacolo.
Ma non è l'ultimo e neppure il più potente.

Il sentimento che li unisce già dai primi incontri segreti, che essi si concedono nel bosco in occasione di qualche celebrazione particolare, si fa sempre più forte, fino a far loro desiderare di trovare un modo per restare insieme per sempre. 

Ma, come spesso capita agli amori forti e veri, c'è chi è intenzionato a contrastare quello tra i due innamorati, e tutto per fini egoistici.

Infatti, Rawenna, una delle Tredici Fate più potenti, si accorge di ciò che sta succedendo e offre il suo aiuto a Eilin, garantendole che potrà riunirsi al suo amore ed essere per sempre felice accanto a lui. 

In realtà è un inganno: la perfida Rawenna vuole una cosa sola, uccidere Galvan per avere il suo cuore e compiere un incantesimo di estrema potenza. 
Ella è affamata di potere ed è disposta a tirar fuori tutti i propri poteri magici e oscuri per ottenere ciò che vuole, calpestando i sentimenti puri di Eilin e Galvan.

Eilin, intanto, pur di poter essere libera di amare l'umano Galvan, si è detta disposta a rinunciare alla propria natura fatata, magica: basterà questo sacrificio per trovare la felicità accanto al suo innamorato?

Purtroppo per loro avrà inizio un lungo incubo, che attraverserà i secoli, costringendo i due giovani amanti a una lotta drammatica e disperata per cercare di rubare attimi preziosi alla malvagia Rawenna: attimi in cui Eilin e Galvan si ritrovano, si riconoscono solo guardandosi negli occhi, si amano ancora, ogni volta in luoghi e tempi differenti ma sempre con il medesimo e folle amore, che però ha, ciclicamente, i minuti contati perché un terribile maleficio della fata più potente di tutte incombe crudele sulla loro felicità.

"Era sempre difficile risvegliarsi. Ogni volta si ritrovava in un mondo profondamente cambiato, e lei rimaneva stordita per un pezzo prima di capirlo, spesso nemmeno ci riusciva. Nelle ultime due occasioni era stato davvero impossibile raccapezzarsi fra i tanti cambiamenti, ormai aveva rinunciato a comprendere il mondo umano. In fondo contava solo una cosa, l’unica per cui valesse la pena ritornare: Galvan.
Sentiva che doveva essere vicino. Il cuore prese a martellarle forte nel petto, affrettò il passo, forzando le gambe intorpidite a rispondere ai suoi comandi. Si guardò attorno febbrilmente, cercando la sua fisionomia, i suoi meravigliosi occhi azzurri, sapendo che nel momento in cui si fossero posati su di lei, Galvan l’avrebbe riconosciuta.
Doveva fare presto, non sapeva quanto tempo aveva a disposizione. L’ultima volta si era trattato di un paio di giorni, non di più. Così poco…"


C'è un modo per contrastare questa forza malefica, per rendere nullo l'incantesimo che unisce e poi separa in modo tragico ogni volta, nel corso della storia, i due amanti?
Forse una soluzione esiste e risiede in una creatura a metà tra il fatato e l'umano: se la trovassero, forse potrebbero distruggere Rawenna.
Ma la ricerca sarà tutt'altro che semplice.

Il racconto di Antonella Arietano ha il fascino delle antiche leggende che ruotano attorno a creature fantastiche (streghe, fate...) e ai loro misteriosi poteri; ci fa viaggiare nel tempo, a cavallo tra i due mondi (fantastico e reale) e mette in contrapposizione i poteri di una fata malvagia contro la purezza e la forza che caratterizzano un amore vero e indissolubile.
È una storia davvero molto piacevole da leggere, scritta con uno stile lieve, delicato ma allo stesso tempo vivido e accurato (nelle descrizioni, nei dialoghi), che immerge il lettore nel magico ed affascinante mondo in cui è ambientato.
Se avete voglia di viaggiare con la fantasia, incontrando personaggi fiabeschi e leggendo una storia d'amore dolce e romantica, questa è la lettura giusta.

Disponibile dal 30 maggio nei formati ebook e cartaceo e per gli abbonati a Kindle Unlimited!

Link per l’acquisto: https://www.amazon.it/dp/B095N2DL67
Disponibile anche per gli abbonati a Kindle Unlimited


L’autrice:
"Sono nata nel 1980 e credo fermamente che gli anni Ottanta siano i migliori di sempre: la musica migliore, i migliori cartoni animati, le merendine del Mulino Bianco e Cristina d’Avena. Abito in un piccolo paese molto pittoresco vicino a Lugano, in Svizzera, con i miei tre figli, il mio compagno di vita e d’avventure e un pastore svizzero bianco di nome Axel. Insegno alla scuola dell’infanzia, felice del fatto che ogni giorno non so mai che cosa mi porterà: lavorare con i bambini è una continua sorpresa! Mi piace sapere di essere tante cose: una mamma, una maestra, una narratrice di fiabe, una sognatrice. Tutto questo va a finire inevitabilmente in ciò che scrivo.
Nei miei libri si riflette la mia costante ricerca del magico, inteso come scoperta della magia nella vita quotidiana. Ho pubblicato con Triskell Edizioni la prima edizione de I Talenti delle Fate e di Amber – L’isola perduta, entrambi disponibili in una seconda pubblicazione, la prima versione del racconto fantasy Cuore e il romanzo contemporaneo Ali di farfalla."


Mi trovi qui:
Sito web: www.fatainfabula.com
Facebook: @antonellaarietanoscrittrice
Instagram: @aarietano


martedì 25 maggio 2021

Recensione: LA CASA DEI GUNNER di Rebecca Kauffman

 

A Lackawanna, nello stato di New York, vivono sei ragazzini, amici per la pelle, che negli anni della scuola trascorrono il loro tempo libero sempre insieme, raccontandosi storie di paura, bevendo la vodka rubata di nascosto ai genitori, facendosi scherzi.
Credono di conoscere tutto gli uni degli altri, ma la morte improvvisa e tragica di un componente del gruppo, diversi anni più tardi (quando i sei sono ormai trentenni) porta alla luce piccoli segreti, che ciascuno si è premurato di tenere nascosti agli altri.


LA CASA DEI GUNNER 
di Rebecca Kauffman


Edizioni SUR
trad. A. Casarini
304 pp
Mikey è un ragazzino che vive col padre, un uomo taciturno e dai modi rudi che lavora al mattatoio ed ha sempre le unghie sporche di sangue. Con lui non ha un rapporto stupendo - è fatto più di silenzi che di parole, più di mugugni che di gesti significativi - e quando esce fuori l'argomento "mamma", ancora peggio: Mikey non ha ben chiaro il motivo per cui sua madre li ha lasciati.

Per fortuna ci sono gli amici, dei bambini con cui ha stretto amicizia sin dall'infanzia: Alice, Sally, Lynn, Jimmy e Sam, con cui sta insieme da

"quando abitavano tutti nella stessa strada e cercavano tutti dei compagni di giochi e una scusa per allontanarsi da casa per un po’."

La combriccola ha preso possesso di uno degli stabili abbandonati di Ingram Street per farne il proprio quartier generale; la cassetta delle lettere arrugginita, fissata sulla porta principale, reca la scritta THE GUNNERS, e con questo nome gli amici cominciano ad identificare la propria banda.

Crescendo, i sei divengono sempre più inseparabili. 

"...si ritrovavano a inventare barzellette, giochi e linguaggi segreti, a fare progetti, combinare guai, parlar male dei loro genitori, giocare a carte, scommettere, raccontare storie, complottare contro i bulli, bisticciare, fare pace, crogiolarsi nella noia e sognare la vita che un giorno avrebbero vissuto lontano da Lackawanna."


Stare insieme è la strada per trovare scampo alla solitudine, alla noia di una periferia scarsa di stimoli e a difficili situazioni familiari.

Eppure, il loro rapporto così stretto e l'essere tanto affiatati non li protegge dalle separazioni e dal perdersi di vista; a sedici anni, di colpo e senza spiegazioni, Sally taglia i ponti col resto del gruppo, che di lì a poco si sfalderà, irrimediabilmente spaccato da questa perdita, "da quell’improvvisa e inspiegabile assenza, (...) nel giro di poche settimane anche le altre amicizie si sarebbero sciolte, gettando ciascuno dei membri in una solitudine buia e confusa."

Non si capisce perché Sally prenda questa decisione così all'improvviso, ma succede e i ragazzi non sanno cosa fare per ricucire lo strappo causato dall'uscita di scena della loro amica.

Dieci anni dopo, in un certo senso quello strappo si farà più grande ma, al contempo, troverà anche il modo di ricucirsi quando proprio Sally compirà un altro, ma decisamente più grave, gesto, per tutti incomprensibile: il suicidio.
La donna si toglie la vita gettandosi da un ponte.
Perché l'ha fatto? Cosa la tormentava e la rendeva infelice al punto da non vedere vie d'uscita se non la morte? E loro, i suoi vecchi amici, avrebbero potuto fare qualcosa per impedire questo gesto estremo?

I cinque si ritrovano al funerale di Sally, nella loro cara vecchia Lackawanna, che li ha visti nascere, crescere, avvicinarsi... e allontanarsi.

La narrazione passa dal passato al presente, raccontandoci episodi dell'adolescenza degli amici, i rapporti che intercorrevano tra loro, le prese in giro, le sfide e le prove di coraggio, i primi innamoramenti, i problemi famigliari (Sally, ad es., viveva in casa con sua madre, una donna dallo stile di vita molto discutibile, che cambiava fidanzato ogni settimana e portava uomini in casa, sotto gli occhi della figlia), i giochini pericolosi (come il "blackout").
Leggendo le loro piccole avventure e "ascoltando" i loro dialoghi vivaci ed espressi con il linguaggio tipico dell'età, seguiamo il tipo di dinamiche che ciascuno intreccia con gli altri e conosciamo i sei ragazzi in modo intimo, inquadrandoli nelle loro personalità - le differenze caratteriali, le debolezze e i punti di forza, la sensibilità, i problemi e le insicurezze.

Nel ritrovarsi nuovamente insieme, seppur in questa tristissima occasione, i cinque inevitabilmente non possono che interrogarsi sui perché della tragedia, ripercorrere la loro amicizia e riempire quei "buchi" nei loro rapporti che si sono formati nel corso degli anni successivi all'allontanamento di Sally, in cui si sono tenuti in contatto con semplici email.

Parlando adesso, finalmente faccia a faccia, mangiando e bevendo assieme, accoccolandosi l'uno all'altro, la confidenze scattano più o meno con facilità ed emergono particolari del passato che, di volta in volta, vedono protagonista uno di loro mentre gli altri erano all'oscuro dei suoi segreti.

La cosa che mi ha colpito di queste spontanee confessioni, sussurrate con imbarazzo, nel timore di essere giudicati severamente, è che - rispetto a Sally - quasi tutti loro (tranne Mikey) ritengono di essere la causa dell'uscita dal gruppo della ragazza, ai tempi.
Ognuno, quindi, ha vissuto fino a quel momento con un suo personale fardello sul cuore, maturando sensi di colpa e tristezze, che forse adesso è arrivato il momento di risolvere e mettere a tacere.

Gli amici si raccontano, scoprono le carte, rivelano errori di vita, segreti risalenti all'adolescenza e che, per vergogna o per timidezza, non avevano rivelato a tutto il gruppo, ma che ora desiderano portare alla luce, consci di come questo possa aiutarli a riannodare i fili dell’affetto fortissimo che ancora li unisce, al di là delle differenze di indole e della propria storia personale.

Leggendo pagina dopo pagina, li vediamo ora adulti, ora ragazzetti, e ci sembra di conoscerli bene, di star seduti in mezzo a loro tra le pareti della vecchia casa dei Gunner, di condividere con loro la bottiglia di vodka, di ridere insieme a loro per ogni sciocchezza, di trattenere il fiato nell'ascoltare le "storie di fantasmi", a cui nessuno crede ma che intanto gettano vaghi sentimenti di inquietudine.

Ci affezioniamo alla dolce e silenziosa Sally, all'esuberante, spesso sboccata e prepotente, ma anche schietta Alice, al goffo Sam, all'intelligente Jimmy, all'allegra Lynn, al timido e sensibile Mikey, il cui problema oculistico molto grave e degenerativo riflette anche la sua anima sempre un po' confusa, intimidita, di chi si sente inadeguato; Mikey è un tipo che si interroga tanto, si lascia andare a pensieri e riflessioni, assecondando la sua natura un po' contemplativa, 

"quella sensazione ombrosa, che si sarebbe rivelata costante come le maree, persistente e affidabile come una cara amica, reale e parte dell’universo tanto quanto il sole."

La casa dei Gunner è un romanzo corale sull’amicizia, che ci presenta personaggi dalla personalità adorabilmente piena di contraddizioni e umanità, che impariamo a conoscere e ad amare grazie ad una narrazione realistica e coerente con l'età dei ragazzi e il contesto di periferia in cui sono inseriti.

Gli abbondanti dialoghi - che rendono la lettura agile e scattante -, la presenza di progressive rivelazioni e piccoli colpi di scena, la narrazione attenta ai dettagli e accurata, la sensibilità verso l'interiore dei sei protagonisti - di cui ci viene raccontato il groviglio di emozioni e che ci fanno tenerezza nel loro confrontarsi con le proprie fragilità, con quelle cose non dette che adesso si vergognano di aver nascosto - rendono il libro della Kauffman una lettura avvolgente.

È un romanzo che, nella sua semplicità, nel suo narrare di rapporti di amicizia giovanili che la vita adulta, con i suoi problemi, le sue nuove e complesse esigenze, non riesce a cancellare, avvince il lettore in un'atmosfera nostalgica, di commozione e dolcezza.

Viene spontaneo immedesimarsi in loro, e in Mikey in particolare (per quanto mi riguarda), che sembra vivere e guardare il mondo con un groppo fisso sul cuore, un'inspiegabile malinconia alla quale non riesce, e forse neanche vuole, sottrarsi, in quanto è parte di lui.

 

"Il groviglio che arrovellava Mikey, lo teneva chiuso in sé stesso e gli rendeva difficile raggiungere la felicità. Mikey non aveva ancora le parole adatte per questa sensazione ma, già a quella giovane età, aveva capito che non l’avrebbe mai abbandonato del tutto... la natura gliela aveva messa nel cuore e quella sensazione ci sarebbe rimasta per sempre, anche se lui avesse creduto di essersene liberato, di essersela lasciata alle spalle."


Mi ha molto coinvolta l'evoluzione del suo rapporto col padre, l'apprendere una verità non facile da digerire su di sé e le proprie origini e come questo l'abbia sì sconvolto ma, allo stesso tempo, gli abbia donato una serenità inaspettata, due occhi diversi con cui guardare quel genitore, da sempre così distante e chiuso, eppure presente e solido.

Una storia che ha al centro, quindi, uno dei sentimenti più importanti nella vita di un uomo, l'amicizia, un legame robusto che resterà per ciascuno degli indimenticabili Gunners un faro in mezzo al buio delle difficoltà della vita, un pilastro cui appoggiarsi per non cadere, un rifugio accogliente dove ritrovarsi assieme per riscoprire il valore prezioso di un affetto che, nella sua dolce imperfezione, ti fa sentire a casa, al posto giusto e con le persone a cui vuoi bene e che non cambieresti per nulla al mondo.

 

"La parola amore... per lui era bizzarra e spaventosa. Ma che cos’era la vita se non una lunga serie di cose bizzarre e spaventose che facevi e dicevi e chiedevi al tuo cuore, per mantenere la selvaggia e irragionevole speranza che un giorno qualcuno ti avrebbe tenuto il viso fra le mani dicendo: Sei perfetto. Adesso ti puoi riposare. Per me sei sempre stato perfetto. Non perché tu fossi neanche lontanamente perfetto o coraggioso o forte, e nemmeno particolarmente buono, ma perché eravate grandi amici da sempre."



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