Un prete ammazza a fucilate un gruppetto di parrocchiani; il caso è chiuso, eppure un anno dopo un giornalista curioso e tenace scopre che dietro quel gesto c'è tutta una rete di intrighi e bugie che aspetta solo che qualcuno la porti a galla.
SCRUBLANDS NOIR
di Chris Hammer
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Ed. Neri Pozza trad. V. Guani, A. Biavasco 432 pp
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"La gente crede a quel che vuole credere, ma questo non significa che sia la verità."
Riversend (località fittizia) è una piccola cittadina australiana in cui le esistenze dei suoi abitanti procedono placide, al limite del sonnacchioso, quasi prive di slancio e vitalità, al pari dell'arida terra che la circonda e che soffre per la prolungata siccità.
Tutti conoscono tutti; ciascuno sa vita, morte e miracoli del proprio vicino e mai penserebbe che quest'ultimo possa nascondere degli inquietanti scheletri nell'armadio.
Eppure la tranquillità di Riversend è solo apparente: in realtà sotto di essa scorrono vite, affari e relazioni parallele e nascoste, e più d'uno in città ha i suoi bei segreti da nascondere.
Quando il giovane parroco della comunità, in procinto di officiare la messa della domenica mattina, esce dalla chiesa imbracciando il fucile e, con impressionante freddezza, uccide alcuni suoi parrocchiani riuniti sul sagrato, il tempo sembra fermarsi per tutti.
Byron Swift - l'assassino - muore anch'egli, quel giorno, ucciso dal poliziotto (Robbie) accorso sul luogo della strage dopo aver saputo della sparatoria.
Com'è potuta accadere una simile tragedia?
Solitamente, quando succedono questi fatti di sangue, ci si fa tante domande non solo sui
perché ma anche sulla
prevedibilità di una tale azione da parte dell'assassino:
il prete aveva forse dato segnali di essere impazzito? O di avere delle ragioni per veder morte proprio quelle persone su cui ha sparato? Del resto, ne ha risparmiato altre lì presenti: c'è una ragione dietro questa scelta?
Il caso viene archiviato nel giro di poco tempo, anche perché c'è poco da indagare, secondo la polizia: Swift evidentemente è stato colto da un raptus omicida di cui mai si saprà la causa: il colpevole è lui - su questo non ci sono dubbi - e non è possibile né interrogarlo né fargli scontare la pena... Insomma, che c'è da indagare ulteriormente? Forse conoscere le motivazioni di una tale sciagura che ha tolto la vita a mariti e padri di famiglia, restituirebbe loro la vita?
Ovviamente no, per cui... caso chiuso.
Ma un anno dopo un giornalista del Sydney Morning Herald, il quarantenne Martin Scarsden, viene incaricato dal suo giornale di recarsi a Riversend e di redigere una sorta di reportage da mandare in stampa il giorno stesso dell'anniversario della strage.
L'idea è di raccontare come vanno le cose in paese a un anno di distanza dalla sciagura che ha sconvolto tutti.
Martin è bravo nel proprio lavoro, è sempre stato un giornalista serio, professionale, distaccato nell'approcciarsi ai fatti di cronaca su cui lavorava; ma a un certo punto della sua carriera, qualcosa s'è spezzato, cambiandolo come uomo e come reporter.
Tempo prima, infatti, è stato nella Striscia di Gaza come corrispondente estero del proprio giornale, e lì ha fatto esperienze crude, traumatiche, al limite della sopravvivenza, che l'hanno segnato profondamente e hanno anche modificato il suo modo di vedere le cose.
È come se soffrire in prima persona la violenza e la follia di cui l'essere umano è capace, vivere dal di dentro una tragedia e non solo come osservatore esterno, privilegiato e super partes, l'abbia reso più empatico, meno freddo e calcolatore, inducendolo ad "aggiustare" il proprio modo di fare cronaca, dando più importanza alle persone, alle loro motivazioni, al loro passato, e non più soltanto ai fatti in sé, su cui di frequente i giornalisti amano ricamare, abbinandoli a titoloni sensazionalistici che attirano l'attenzione delle masse ma restano lontani dalla realtà.
Martin non si accontenta delle risposte superficiali e scontate che ricava dalle sue conversazioni con la gente del posto, da cui si fa raccontare la personale versione dei fatti.
Conosce le mogli di alcuni uomini vittime della strage, cercando così di capire perché Byron abbia scelto proprio loro. Sempre che le abbia uccise per una o più ragioni e che il suo non sia stato un'azione folle ed irrazionale...!
Una cosa è certa: Byron era considerato da molti un bravo sacerdote, un giovanotto gentile, affabile, devoto, che cercava in tutti i modi di essere d'aiuto alla comunità e, in special modo, ai giovani, togliendoli dalla strada.
Certo, c'è anche chi ha messo in giro la voce che il prete fosse un pedofilo.
Pare, infatti, che fosse stato accusato - poco tempo prima della mattanza - di aver abusato di alcuni ragazzini frequentanti la parrocchia.
Se fosse vero, questa potrebbe essere stata la causa del pluriomicidio! Forse le cinque vittime, quella mattina, erano andate da Swift per minacciarlo, avendo saputo della presunta accusa di pedofilia?
La libraia di Riversend, la giovane e bellissima Mandy, è categorica: Byron non era un pedofilo! Tutt'altro, era un parroco dalla fede sincera, generoso e pronto ad ascoltare e aiutare chi era in difficoltà.
A Martin piace Mandy, e non solo per perché è bella e single: c'è in lei un misto di fragilità e forza che lo attrae come una calamita, pur consapevole di essere in quella zona non per amoreggiare o sedurre signorine, bensì per lavorare e scrivere un pezzo da urlo, che possa far vendere copie su copie del giornale per cui lavora.
Instancabile e cocciuto, Martin persevera con le domande (anche scomode) e comincia a comprendere i legami che uniscono tra loro alcuni degli abitanti di questa cittadina; si rende conto che le ragioni del gesto di Byron sono tutt'altro che chiare, e che egli nascondeva un passato oscuro, sconosciuto ai parrocchiani.
Ma non a tutti, evidentemente.
Il giorno della strage il giovane sacerdote non ha agito in preda alla follia: era calmo, metodico e ha sparato con l'infallibilità di un cecchino.
Chi era davvero Byron Swift?
In quei giorni, accade un altro fatto sconcertante: nella proprietà privata (collocata nelle Scrublands, un'enorme penisola di mulga, una landa desolata dove il clima è rovente) di un certo Harley Snouch vengono ritrovati i corpi di due ragazze, scomparse misteriosamente un anno prima, pochi giorni prima della tragedia fuori dalla chiesa.
Di nuovo, qualcuno vocifera che potrebbe essere stato il prete ad ucciderle e a cercare di nascondere i cadaveri. Magari era un serial killer, chissà!
Spinto dal suo istinto di reporter e da una sempre più insaziabile sete di verità, Martin decide di continuare a raccogliere quante più informazioni possibili su Swift, anche a costo di pestare i piedi a qualcuno e di farsi dei nemici.
La sua curiosità rischia di sollevare cumuli di polvere nascosta sotto i tappeti e di renderlo antipatico e molesto anche agli occhi di persone che inizialmente lo avevano preso in simpatia, come Mandy e Fran, una delle mogli rimaste vedove un anno prima.
Entrambe rimarcano tutta la loro stima verso Swift e non è un caso: il giovane religioso non si prendeva la briga di praticare il voto di castità e pare che, alla stregua di un fascinoso marinaio, avesse amanti disseminate lungo il cammino, Riversend inclusa.
Ma non è l'unico peccato che nascondeva e, proprio mentre cerca di capire qualcosa sulla personalità e l'identità di Byron, Martin si ritrova man mano sempre più avviluppato in un'indagine molto complicata, in cui approdare alla verità (o alle molte verità) sarà tutt'altro che semplice, perché troppi sono coloro che hanno tutto l'interesse a sotterrare informazioni scomode, depistare, spargere dubbi, bugie, sollevarsi da responsabilità recenti e passate, così da continuare ognuno la propria vita inducendo all'errore quell'impiccione di un giornalista.
Quest'ultimo si accorge che più va avanti con le domande, i collegamenti, ascoltando con attenzione le confessioni di chi non riesce più a tenersi tutto dentro, e più è solo nelle sue ricerche.
Ma uno come lui, che è stato vicino alla morte, chiuso per ore nel bagagliaio di un'auto in una striscia di terra in Medioriente e poi uscitone fuori come per una specie di resurrezione, non ha più nulla da temere, perché cercando la verità non si può che andare incontro alla luce.
Scrublands noir è un romanzo denso di fatti, relazioni, menzogne, segreti, personaggi che sembrano in un modo ma in realtà bluffano; la ricerca della verità - ciò che ha portato alla strage davanti alla chiesa - è il motore che spinge il protagonista a non accontentarsi di informazioni semplicistiche, preconfezionate, volutamente parziali e fuorvianti, ma a infilarsi sempre più nel profondo del tessuto sociale di Riversend, che non è poi così anonima e tranquilla come sembrava inizialmente.
Il ritmo è sempre costante, placido anch'esso come il fiume che scorre presso la cittadina; non si registrano picchi di tensione emotiva e anche quando, avanzando nella lettura, aggiungevo un tassello in più al puzzle, non avvertivo il brivido del colpo di scena, perchè la scrittura di Hammer restava sempre molto pacata. Forse un tantino troppo.
Ecco, de dovessi ravvisare un neo, direi questo: mi è mancato un ritmo un po' più incalzante, che mi tenesse col fiato sospeso, almeno nei momenti clou.
Vero è che non siamo in presenza di un thriller mozzafiato, ma di un giallo labirintico in cui a guidarci non è la frenetica caccia all'assassino, in quanto egli è noto dalle primissime pagine ed è pure deceduto, ma la psicologia del protagonista, del colpevole e degli altri personaggi che gli gravitavano attorno.
Ho apprezzato il contesto (la piccola cittadina australiana e questo territorio secco, che non vede spesso la pioggia, e dove il sole scotta tanto non solo a mezzodì) e in particolare le personalità presenti in queste pagine, il loro saper condurre (per anni) un'esistenza sotterranea e parallela, nascosta agli occhi dei più, i quali si illudono di conoscerli ma in realtà non sanno nulla.
Veritiero il quadro che emerge dei mezzi d'informazione e di certi giornalisti sciacalli, non di rado interessati fin troppo agli scandali, ai pettegolezzi, alle voci di corridoio, che più sono morbose più permettono di vendere copie, a discapito della verità (non sempre univoca, né immediata).
Mi è piaciuto Scarsden, in quanto l'ho trovato complesso, interessante, coraggioso e testardo nonostante i mille dubbi e la paura di restare solo e senza legami importanti (l'amicizia particolare con Mandy sfocerà in qualcosa di serio e duraturo?), e mi ha fatto pensare che ci vorrebbero più giornalisti come lui, nel mondo: assetati di verità, che non si stanchino di cercarla anche nei posti più scomodi o quando sarebbe più facile accettare la versione "ufficiale".
Nel complesso, e nonostante una certa lentezza nel ritmo narrativo, è un romanzo che si lascia leggere ed apprezzare, con una trama intricata, personaggi ben strutturati, e alla fine ogni nodo viene dipanato, fornendo tutte le risposte al lettore curioso.