martedì 7 febbraio 2023

Gli Jenisch, "zingari bianchi" - il genocidio dimenticato dei "bambini di strada"



Pochi giorni fa vi ho parlato di un film del 2017, “Dove cadono le ombre” di Valentina Pedicini, che racconta l'atroce storia del genocidio degli Jenisch (i cosiddetti “zingari bianchi”) in Svizzera nel corso del Novecento: centinaia e centinaia di bambini “zingari” furono rinchiusi in ospedali psichiatrici, in orfanotrofi, dove subirono abusi, furono sterilizzati e sottoposti a elettroshock per estirpare loro il gene del “nomadismo”, con l'obiettivo di farne delle persone “normali” e ricollocarli in nuove famiglie di svizzeri “puri”.

Pur facendo parte in generale della comunità zingara, mentre le popolazioni romani (Rom, Sinti, Kalé, Romanichals) sono etnie di derivazione indiana, l'origine degli Jenisch è germanica e hanno un loro proprio idioma; la Svizzera è stato il Paese che ha da sempre contato il maggior numero di Jenisch, sin dall’XI secolo (in Germania nel XIII secolo). 
Già nel 1825, a Lucerna, un gruppo di Jenisch fu torturato e processato per crimini contro la società; più tardi, alle famiglie vennero sottratti i figli in modo da combattere la cultura, la lingua e i modi di vita di questa comunità errante.
Il bieco tentativo di sterminio scientifico terminò solo nel 1975. 
Secondo i parametri applicati dalle autorità elvetiche, i nomadi erano considerati pericolosi, asociali, irrecuperabili, da tenere a bada con metodi repressivi. A nulla contava avere la cittadinanza svizzera. 

Fotografie scattate da Walter Studer in occasione di un reportage sul nomadismo,
realizzato nel 1954 nei dintorni di Oensingen © Peter Studer, Berna.



Nel 1926, quando le teorie eugenetiche (che si proponevano di ottenere un miglioramento della specie umana, attraverso le generazioni) erano in piena espansione, un insegnante di ginnasio, Alfred Siegfried (espulso dall’insegnamento con l'accusa di pedofilia), diventò responsabile della sezione Scolarità Infantile della fondazione Pro Juventute, e diede vita al programma “Opera di assistenza per i bambini di strada” (Kinder der Landstrasse), attivo fino al 1972. 
Proprio Siegfried, nel 1943, tenne a Zurigo una conferenza nella quale rese noti gli scopi, i metodi e l’ideologia alla base della propria attività: gli Jenisch erano dei “vagabondi” e “una piaga” per la società, a motivo della loro appartenenza etnica. 
Nel 1970, il governo svizzero condusse una politica semi-ufficiale che si proponeva di istituzionalizzare i genitori Jenisch, ritenuti “malati di mente”, e togliere loro i figli, nel tentativo di eliminare la cultura zingara (il nomadismo era considerato una patologia degenerativa ereditariamente trasmissibile); agli "zingari" Jenisch veniva impedito il matrimonio, le nascite erano controllate, si praticarono le sterilizzazioni * e privazioni della libertà personale. 

Centinaia, anzi migliaia, di bambini e bambine furono strappati alle loro famiglie di origine (con cui perdevano ogni contatto) e consegnati in affidamento, rinchiusi in orfanotrofi, cliniche psichiatriche o istituti penitenziari; il  progetto prevedeva il cambio di identità delle piccole vittime e l’attribuzione di un nuovo nome di battesimo; ovviamente, essi venivano anche "rieducati" dal punto di vista culturale e linguistico, obbligati a non usare la loro lingua madre. 

Ruth Dreyfuss, ex consigliere federale e presidente della Confederazione svizzera nel 1999, affermò in proposito: «Le conclusioni degli storici non lasciano spazio al dubbio: […] è un tragico esempio di discriminazione e persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della maggioranza.»

Solo nel 1987 la Confederazione elvetica si è scusata con gli Jenisch, riconoscendo la propria responsabilità morale e politica. 

Il numero esatto delle vittime non è noto, ma si presume che il numero di bambini coinvolti in questo maledetto progetto oscilli tra 500 a 2.000. 

Tra le vittime più note del programma di discriminazione e persecuzione dell’etnia jenisch, ricordiamo il politico Robert Huber e Mariella Mehr, nata a Zurigo nel 1947 (morta nel 2022) da una famiglia Jenisch, che ha raccontato la propria drammatica esperienza.
Mariella Mehr

"Io sono un essere umano. È importante preoccuparsi del fatto che siamo essere umani, più che della razza".

Mariella è stata soggetta a ripetuti ricoveri coatti in istituzioni mediche, dove già a partire dai nove anni subisce l’elettroshock; fu resa anche oggetto di lezioni universitarie e cliniche, quale esempio di «razza tarata». 
A 17 anni ebbe un bambino, che le fu tolto; a 24 anni venne sottoposta a sterilizzazione, come fecero già con la madre Maria Emma Mehr. 

Dal 1975, come giornalista, ha scritto molti articoli di denuncia. Negli ultimi vent'anni ha vissuto prevalentemente in Toscana. Ha pubblicato diversi romanzi e quattro libri di poesia. In italiano: il libro autobiografico Silviasilviosilvana (Guaraldi 1995), i romanzi Il marchio (Fandango, 2018), La bambina (Fandango, 2019) e Accusata (Effigie 2008), le raccolte poetiche Notizie dall'esilio (Effigie 2006), San Colombano e attesa (Effigie 2010) e Ognuno incatenato alla sua ora (Einaudi 2014).


"Stiamo separati di fronte al mondo"

Stiamo separati di fronte al mondo,
ognuno incatenato alla sua ora,
i nostri cani vanno a toccare un ieri,
quante volte e senza conseguenze?

Nebbia avvolge quel laggiù privo di sponde
nebbia si appoggia sulla mia spalla,
diventa pesante, più pesante, diventa pietra.

C’è una sola parola captata origliando
che voglio cavare fuori e conservare,
perché resti indietro una ferita aperta,
a mia consolazione, una via nel domani.

Bastava la speranza? Allora sperate con me,
tutti voi soccombenti.
Spera anche tu,
mio cuore,
un’ultima volta.

Mariella Mehr (Traduzione di Anna Ruchat)



* La sterilizzazione era una pratica conosciuta in Svizzera, considerata un’operazione rientrante nel normale lavoro del medico, prescritta per ragioni terapeutiche anche verso altre tipologie di persone quali alcolizzati, tossicodipendenti e persone malate di malattie veneree (in totale, il caso svizzero, ha visto tra il 1935 e il 1975 la sterilizzazione di circa 63mila persone, per la quasi totalità donne).


Fonti consultate:

https://www.rsi.ch/cultura/focus/Mariella-Mehr-14987043.html
https://tracce.studio/catalogo-generale/podcast/ognuno-incatenato-alla-sua-ora/  (podcast gratuito)
https://corriereitalianita.ch/gli-jenisch-in-svizzera-una-storia-di-persecuzioni/
https://thata.ch/jenische.htm
https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008247/2010-03-08/
https://www.einaudi.it/autori/mariella-mehr/

lunedì 6 febbraio 2023

>> RECENSIONE << "La notte che stirai dieci camicie e divenni onnipotente" di Santa Fe

 

Ventidue racconti che, come recita il "foglietto illustrativo", sono indicati per il trattamento di depressione, dubbio, senso di vuoto, incertezza, sensazione di aver perso il senso della propria vita.


"La notte che stirai dieci camicie e divenni onnipotente"
di Santa Fe



Questa breve raccolta, dal titolo originale e curioso, comprende ventidue racconti, tutti narrati in prima persona da una "voce" maschile. 
Qual è il tema (i temi) di queste piccole storie? Difficile dare una risposta univoca, ma di certo essi hanno degli aspetti in comune, a cominciare dall'atteggiamento del protagonista/narratore verso la vita: a tratti pessimista e rassegnato, ma altresì desideroso di godersela fino in fondo, perché la felicità è qualcosa di fugace e questa vita disordinata e imprevedibile va vissuta cogliendo gli attimi, a volte seguendo la ragione, anche se il più delle volte non conviene, perché a furia di guardare il mondo con gli occhi della ragione, e non con quelli del cuore, si perde di vista ogni profondità.

In ogni racconto c'è un incontro di istinti e voglie, di corpi bramosi e di anime sole, che condividono sudore, gemiti, piacere, odori, confidenze, che bastano a riempire le notti e nulla più.

Grazie ad un linguaggio diretto, informale e senza peli sulla lingua, il lettore si ritrova, di volta in volta, introdotto in scene surreali, oniriche, come se si trovasse all'interno di un sogno grottesco, che parte da situazioni leggere, "normali" (andare a bere qualcosa in un locale con un amico, rimorchiare una tipa al bancone del bar), goliardiche, per poi sfociare in qualcosa di fantasioso, bizzarro e quasi sempre legato al sesso.
E infatti, se c'è un comune denominatore in tutti i racconti, è proprio il pallino per il sesso, per le parti del corpo, che giocano un loro ruolo importante, sono un elemento essenziale, non solo per dare piacere fisico ma quale mezzo per "entrare" nell'altra persona, per divenire un tutt'uno con essa, perdersi dentro di lei.

Ogni racconto è un sogno composto da frammenti variegati, folli, pieni di parole, personaggi, di tante cose confuse e lucide assieme, in cui la razionalità e il buon senso cedono il passo alla stravaganza e a dialoghi e situazioni apparentemente prive di senso, che per questo non di rado strappano un sorriso.

In ognuno di essi c'è un fondo di insoddisfazione (che va in qualche modo sfogata, e il sesso è la valvola di sfogo per eccellenza), di tristezza anche un po' patetica, un atteggiamento scettico verso l'amore, la vita, il futuro, anche verso la speranza, in quanto quest'ultima, proiettandoci verso quello che ancora non c'è, ci spinge a ignorare il presente, non permettendoci di godere di ciò che ci è vicino per pensare a quello che chissà, un giorno potremo avere o fare o essere.

Insomma, scene strampalate e irreali che celano un certo pessimismo, che, lungi dall'essere deprimente, è attraversato da non poco umorismo, in cui l'ironia fa da padrone, veicolata da un linguaggio irriverente, sfacciato, di chi ha capito che per essere onnipotenti non c'è bisogno di scomodare la divinità: è sufficiente riuscire a fare ciò che si vuole, quando si vuole.

Non è propriamente il mio genere: non adoro i racconti (tanto meno quelli troppo brevi e, oltretutto, slegati alla dimensione reale, con personaggi con cui non hai modo di "entrare in sintonia") e la presenza di scene di sesso ogni due pagine non mi diverte né intrattiene, ma ho apprezzato la fluidità nello stile di scrittura; un po' meno i refusi e/o gli errori presenti nel testo.

sabato 4 febbraio 2023

** RECENSIONE ** LA LINEA VERDE. GIALLO A GERUSALEMME di Francesco Diodati



Intrighi e complotti sono al centro di questo giallo/spy story ambientato nella Gerusalemme dei nostri giorni, da decenni dilaniata e sporca del sangue di tanti, troppi morti innocenti.



LA LINEA VERDE. GIALLO A GERUSALEMME 
di Francesco Diodati



Ed. Feltrinelli
300 pp
15 euro
Susan Foster è una giovane e valida giornalista americana che viene inviata dal suo capo-redattore a Gerusalemme, come corrispondente.
Arrivata in questa città affascinante, ricca di storia ma anche di contraddizioni, la donna si propone di preparare articoli che si basino sul rapporto diretto con le persone, così da capire - e riuscire a raccontare in modo fedele - che aria si respira in quei territori, martoriati da decenni di guerre e sangue.
In particolare, a colpire il suo interesse, di giornalista ma, prima ancora, di essere umano, è la drammatica situazione vissuta dai palestinesi, intervistando i quali Susan comprende, direttamente dalla loro bocca, tutti i disagi e le sofferenze create da quella che è, di fatto, uno stato di occupazione da parte di Israele, e che genera apartheid, discriminazioni, violazione di diritti.
Questo è il quadro che si delinea sotto gli occhi attenti e sconcertati della giornalista, la quale si ritrova anche a familiarizzare con alcune famiglie palestinesi, a godere della loro ospitalità e, di conseguenza, a provare un grande senso di ingiustizia verso ciò che questa gente vive in quella striscia di terra in cui sono nati, che appartiene loro e alla quale loro sentono di appartenere.

Conosce un collega di nome Tom, con il quale scatta prima una amichevole simpatia e poi la passione, tanto da decidere di andare a vivere insieme.

Ambiziosa e determinata a scrivere di ciò che vede con i propri occhi, senza lasciarsi intimorire da nulla e nessuno, Susan è disposta a rischiare anche la propria sicurezza e incolumità pur di intervistare un personaggio importante e a capo di un'organizzazione che combatte per la liberazione della Palestina dall'occupante; l'uomo è ovviamente ultra ricercato dai servizi segreti israeliani, i quali hanno tutto l'interesse a prendere quello che giudicano un pericoloso terrorista. 

Com'è logico immaginare, non è proprio un gioco da ragazzi ottenere un incontro nientemeno che con un uomo super ricercato, eppure le possibilità che questo accada non saranno poi così lontane né assurde...
Certo, i pericoli sono tanti e dietro l'angolo, e Susan in effetti rischia davvero moltissimo buttandosi in quest'impresa, ma al suo fianco c'è il premuroso Tom...

In parallelo con le vicende di Susan e della sua esperienza nei Territori occupati - esperienza che la spinge a empatizzare con i palestinesi -, seguiamo di alcuni uomini israeliani che lavorano alacremente per scovare i covi dei terroristi, prevenire attentati e mantenere l'ordine. 
Seppur in forma romanzata, l'autore ci presenta entrambi i punti di vista, quello degli israeliani e quello dei palestinesi, separati da quella linea verde che fa da confine tra "Israele" e i "territori palestinesi occupati" (Cisgiordania e Gerusalemme Est, occupati durante la Guerra dei Sei giorni del 1967): mentre i primi che desiderano vivere serenamente e senza problemi nel loro stato ebraico, i secondi si vedono oppressi e privati dei diritti e libertà fondamentali.

Il lettore viene anch'egli, come Susan, catapultato in una realtà feroce, contraddittoria, violenta, fatta di complotti, operazioni militari, aggressioni verso i civili, controlli infiniti ai check-point, attentati; tra i vicoli polverosi della Città Vecchia e lungo la linea verde, ci sono coloro che si battono per un processo di pace (dalla stessa Susan a un altro personaggio importante, un israeliano che decide di scendere in politica per portare avanti un discorso di tolleranza e della necessità di trovare dei punti di incontro tra i due popoli) e coloro che son disposti a tutto pur di proteggere ciò in cui credono, ricorrendo a mezzi leciti e illeciti.

Il libro si divide in due parti, separati da pochi anni di distanza e in cui rivediamo sempre Susan, che dopo la prima (difficile e dolorosa) esperienza, va via da Gerusalemme per poi tornarvi, schierandosi apertamente accanto alla causa palestinese; nella prima come nella seconda volta, il gioco si fa sempre più grande e pieno di pericoli, tra destra sionista, Hamas, Mossad e gli scandali della corruzione. 

La storia si dipana tra oscure trame di potere, colpi di scena, tradimenti, in un mix di filoni narrativi, che comprendono spionaggio, giallo e un tocco di rosa, il tutto su uno sfondo difficile, doloroso, contrassegnato da oppressione, conflitti, inimicizie, giovani che preferiscono suicidarsi e contribuire così a liberare il proprio popolo, che continuare a vivere e soffrire sotto occupazione.
Ho apprezzato che l'autore abbia fatto sicuramente delle ricerche per scrivere il romanzo, cercando di  guardare a quella che è nota come "questione palestinese" senza filtri e pregiudizi, ma provando a restare oggettivo e a limitarsi a denunciare - attraverso gli occhi di Susan - ciò che accade in questa parte del mondo in cui la pace, ad oggi, è lontana dall'essere raggiunta.
Piacevole nello stile, può costituire uno stimolo a interessarsi ed informarsi circa la tematica "Palestina/Israele".


venerdì 3 febbraio 2023

GENNAIO 2023 - LIBRI E SERIE TV



Il primo mese dell'anno è passato ed eccomi con il recap di gennaio.

  1. FIORI SOPRA L'INFERNO di I.Tuti: thriller, la prima inchiesta di Teresa Battaglia, burbera
    commissario di polizia, si svolge in un fitto bosco, sotto gli occhi di un gruppetto di bambini innocenti di oggi e di un adulto non amato da bambino (4.5/5);
  2. BUBULINA. UNA STORIA STRAORDINARIA di G. Boschettiracconto per bambini legato alla tradizionali icone religiose russe (3.5/5);
  3. I DONI DELLA VITA di I. Némirovsky: la vita va avanti e continua a elargire i suoi doni nonostante le atrocità della guerra (4/5).
  4. IL NIDO di T. Winton: anche nelle vite più disprezzate si possono annidare i semi della speranza e della redenzione (3.5/5);


AUDIOLIBRI


🚙 TUTTO IL BLU DEL CIELO di M. Da Costa: cosa faremmo se sapessimo di avere poco tempo da vivere? Il protagonista parte per un viaggio, che si rivelerà indimenticabile. Romanzo on the road commovente (5/5);
👩‍❤️‍👨 L'INVENZIONE DI NOI DUE di M. Bussola: romanzo sull'amore e sul rapporto di coppia. Cosa si arriva ad inventarsi per recuperare un matrimonio scricchiolante? (4/5);
LA LINEA VERDE. GIALLO A GERUSALEMME di F. Diodatigiallo/spy story - intrighi, complotti e attentati sullo sfondo di una Palestina martoriata e insanguinata (3.5/5);
♣ Amon il macellaio - Goebbels, il diavolo zoppo - Irma Grese. La iena di Auschwitz (RECENSIONE): in un'ora e mezza circa sono concentrate le esistenze di tre criminali nazisti, devoti all'ideologia hitleriana fino all'ultimo respiro e capaci, in suo nome, di commettere le peggiori nefandezze.
♦ PORRAJMOS - la persecuzione nazifascista di rom e sinti di A. Giuseppini: la persecuzione su base razziale, scientificamente programmata con lo scopo di distruggere l’intero popolo sinti, la sua cultura e la sua lingua, portò alla morte di oltre 500.000 persone.


Tra le letture più belle ci sono FIORI SOPRA L'INFERNO, molto avvincente e con una protagonista che si fa voler bene in quanto, dietro quella scorza dura, c'è un grande dolore, e TUTTO IL BLU DEL CIELO, intenso e toccante."


Sul fronte Reading Challenge, per il mese di gennaio ho scelto di leggere:

ZOMBIE di J. C. Oates: l'inquietante viaggio nella disturbata mente di un serial killer (3/5).


CITAZIONE DEL MESE

"Mi definiscono una persona riservata, ed è abbastanza vero. Lo dicono quasi fosse un limite. Io, al contrario, ho sempre pensato alla riservatezza come a una specie di regalo. Riservare qualcosa ha a che fare col tenerlo in serbo per qualcuno".



FILM / SERIE TV

Ho guardato un film su Raiplay,
-
DOVE CADONO LE OMBRE
, diretto da Valentina Pedicini, con 
Elena Cotta, Federica Rosellini, Josafat Vagni, Lucrezia Guidone, Alberto Cracco.
A catturare il mio interesse sono state le breve righe introduttive, in cui compare la parola eugenetica e la precisazione che le vicende siano ispirate "a una storia vera, a 2000 storie vere".

La protagonista è Anna, infermiera in un istituto per anziani; Hans è il suo fedelissimo assistente e ha un ritardo cognitivo che fa sì che parli e agisca come se fosse un ragazzino.
Anna ci appare da subito come una ragazza triste, cupa, che raramente sorride; compie il proprio lavoro con diligenza, questo sì, ma si percepisce che qualcosa in lei non va..., o meglio, che è qualcosa è "rotto".
Attraverso numerosi e oscuri flashback, capiamo che tra quelle mura Anna e Hans hanno trascorso la loro infanzia in quanto la struttura, in passato, è stata un orfanotrofio; quando fu chiuso per poi diventare una casa di riposo, i due (ormai cresciuti e non adottati) sono rimasti a lavorare lì.

Sempre attraverso i salti temporali nel passato, scopriamo però anche un'altra tristissima verità: quell'orfanotrofio non era una semplice struttura che accoglieva bimbi senza famiglia in attesa che fossero "ricollocati": tra quei corridoi, in quelle stanze... avvenivano torture fisiche e psicologiche, effettuate su quei bambini con l'intento crudele e iniquo di condurre esperimenti di eugenetica.
I piccoli ospiti non erano scelti a caso, ma per l'appartenenza a una "razza" giudicata asociale, pericolosa: gli "zingari bianchi", gli Jenisch, residenti in Svizzera e che dallo stato furono perseguitati.

➤Poiché ho intenzione di parlarne più in dettaglio in un altro post, per adesso vi dico solo che migliaia di bambini, tra gli Anni Venti e Settanta del secolo scorso, furono strappati alle proprie famiglie per essere ricoverati forzatamente in questi pseudo-orfanotrofi, con l'assurda speranza di "raddrizzarli" socialmente.

Ma torniamo al film: Anna e Hans, quindi, portano sulle proprie spalle i drammatici ricordi di un'esperienza atroce, che li ha segnati, nel corpo e nell'anima, rendendo il ragazzo "un idiota" e lei una donna chiusa, angosciata, con la mente ancorata a quel passato e al ricordo di un'amichetta amata e poi perduta (Franziska).
Un giorno viene ricoverata una vecchietta che sbuca dritta dritta da quel maledetto passato: Gertrud, colei che, ai tempi in cui Anna era una ragazzina, ha effettuato le sue torture pseudo-scientifiche sui poveri corpi dei bambini.
Le due si riconoscono immediatamente e Gertrud cerca di essere gentile con Anna, anzi, addirittura pretende di ricordarle quell'infanzia terribile come se niente fosse, come se non avesse portato dolore nella ragazza e negli altri ricoverati.
L’istituto perde dunque i contorni attuali e torna ad essere, per la sconvolta e arrabbiata Anna, ciò che ha rappresentato per tantissimi innocenti: un posto infernale.
Cosa farà adesso che ha tra le sue mani quell'anziana donna, fragile nel corpo ma ancora d'acciaio nello spirito e tagliente nel parlare? Anna si farà travolgere da quel dolore mai sopito che ora rischia di riesplodere in tutta la sua forza carica di odio e risentimenti per coloro che le hanno fatto del male?

Il film, coerentemente col titolo, è cupo, sempre su tonalità fredde, come freddo è il cuore di Anna, che sembra incapace di provare ed esternare tenerezza, compassione; anche nei confronti del povero e incolpevole Hans lei è quasi cattiva, insultandolo e alzando le mani su quel poverino, che continua a seguirla come un cagnolino indifeso e solo.
Dietro quell'atteggiamento sempre impettito e glaciale, Anna nasconde dentro di sé un fuoco di emozioni che Gertrud, con la sua calma serafica e inopportuna (di chi si ostina a non voler fare mea culpa per i propri peccati) le sta riaccendendo, rendendola furiosa e rancorosa.

Ve ne consiglio la visione, è fatto bene, l'attrice protagonista, in particolare, è molto brava nel renderci tutta la sofferenza, per anni soffocata, di Anna; e poi è un modo per conoscere o approfondire uno di quegli "stermini" di cui si sa e si parla poco.



Sul fronte serie tv, ne ho guardata una anch'essa ispirata a fatti realmente accaduti: Unbelievable. 
REGIA: Susannah Grant, Lisa Cholodenko
CAST: Toni Collette (Detective Grace Rasmussen), Merritt Wever (Detective Karen Duvall), Kaitlyn Dever (Marie Adler).

Si basa sulla vera storia di Marie (il nome di battesimo è lo stesso, il cognome no) Adler, 
.
una ragazza che ha denunciato 
alla polizia di essere stata vittima di stupro ma che si è scontrata con la diffidenza e lo scetticismo dei poliziotti che hanno raccolto la sua deposizione.

Marie è un'adolescente "problematica", con una storia di abbandoni e affidi alle spalle; attualmente segue un percorso di reinserimento sociale e quando racconta, con comprensibile difficoltà, che un uomo è entrato in casa sua mentre dormiva, l'ha legata, imbavagliata e abusato di lei, qualcosa nel suo racconto non convince chi indaga e neanche una delle madri affidatarie.
Troppi buchi, troppe contraddizioni, domande senza risposta, ricordi vaghi, annebbiati..: come si fa a trovare uno stupratore senza avere i necessari indizi ed elementi? 

La versione di Marie traballa, ha qualcosa che non va e lei stessa sembra reticente nel fornire dettagli preziosi, che permettano al detective Parker e al suo fido collaboratore di avere un quadro attendibile di ciò che è accaduto.

Marie, non è che te lo sei inventato? Magari per un bisogno di attenzioni, di far parlare di te, di ricevere premure scarsamente avute negli anni a causa del tuo percorso di vita?

Mossi dalla consapevolezza di non possedere una vera e propria pista d'indagine e dall'atteggiamento insicuro e inaffidabile (?) di Marie, Parker e collega la convincono, anzi la costringono (sotto minaccia di accusarla di falsa testimonianza) a ritirare le accuse e a
ritrattare la sua storia.

Intanto, in altri stati e distretti americani, vengono denunciati altri stupri e - tadaaaa - tutti hanno caratteristiche mooolto simili (per non dire gli stessi) al resoconto della povera Marie, che, dopo la doppia terribile esperienza (violenza sessuale e in non essere stata creduta) ha dovuto tirare avanti portandosi dietro tutto il carico di malevolenza che le sue "bugie" le hanno attirato addosso, all'interno del quartiere e da parte delle persone con cui aveva rapporti di amicizia e lavoro. 
Insomma, oltre al danno, la beffa! Da vittima a bugiarda megalomane.

Sui nuovi stupri indagano due poliziotte fortunatamente diverse da Parker: due donne toste, determinate, coscienziose, che amano il proprio lavoro, credono in ciò che fanno, empatizzano con le vittime e, soprattutto, credono alle loro denunce, vedono il dolore nei loro occhi e nella difficoltà a riprendere in mano la propria vita! 
E' vero, il po*co è astuto, intelligente e attentissimo, tanto da lasciare immacolate le scene del reato, come se lui in quelle case non ci sia mai passato, ma questo non induce le detective Karen Duvall e Grace Rasmussen ad essere scettiche e ad etichettare come bugiarde le vittime, quanto semmai ad impegnarsi per rimettere in ordine tutte le tessere del drammatico puzzle e acciuffare il colpevole. Perché c'è e va fermato, visto che per almeno due anni ha agito indisturbato in varie città.
Riusciranno a prenderlo? E a Marie verrà data la possibilità di dimostrare che non ha mai mentito?

La serie Netflix è basata sui reportage di Christian Miller (ProPublica) e Ken Armstrong (The Marshall Project) e sul loro libro "A false report. A true story of rape in America" (QUI), che dimostra come l'indagine della polizia di Lynnwood (relativa al caso di Marie) fosse viziata e condotta davvero male e con troppi pregiudizi ad ostacolare il lavoro di professionisti che tali, purtroppo, non si sono rivelati.
Assolutamente consigliata!!

giovedì 2 febbraio 2023

FEBBRAIO, TRA LETTURE E READING CHALLENGE


 Il primo mese dell'anno s'è dileguato. 

Inizio febbraio leggendo codesti libri:


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❤ I NOSTRI CUORI PERDUTI di Celeste Ng: un distopico ambientato negli USA, dove sta crescendo di giorno in giorno l'odio verso chiunque e qualunque cosa venga dai paesi orientali.

🦢LE CICOGNE DI TAUCHWALD di Mirtis Conci: un racconto per bambini/ragazzi, una storia di avventura, coraggio e tanto divertimento che ci racconta il valore della vera amicizia che fa superare qualsiasi avversità.

Aggiungo l'audiolibro UNA DONNA IN FUGA di Linda Castillo: una donna ta scappando da qualcosa, e il buon Amish Adam la soccorre, senza immaginare in che guaio si sta cacciando.


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Per la RC del mese di febbraio devo scegliere, come leggete nell'immagine, un libro tra:

 📗un classico
 🇮🇹📘un contemporaneo italiano
📗🌍 un contemporaneo straniero.
❤️ 📘un libro amato dall'organizzatrice della RC.


Fatta eccezione per Wells, che non mi attira molto, gli altri due autori li trovo stimolanti; della Dunne ho letto un solo libro diverso tempo fa, riproverei volentieri; Simi è uno di quegli autori italiani che mi ripeto di leggere e che finora ho rimandato.
La Mazzantini è di certo tra le mie scrittrici preferite e per adesso confesso di propendere leggermente per Manola, di cui posseggo la copia.




martedì 31 gennaio 2023

[[ RECENSIONE ]] IL NIDO di Tim Winton


Avvicinandosi alla soglia dei cinquant'anni, Tom Keely è stanco di lottare.
Di lottare per un mondo sempre più alla deriva da tanti punti di vista (morale, politico, ambientale...); di lottare per tener vive relazioni in cui non riesce ad investire; di lottare per farsi largo in una società di cui non sente di far parte.
Stanco di vivere, di alzarsi al mattino sapendo di non avere alcuno scopo nella vita, nessun amore, nessuno che lo aspetti e lo cerchi.
Finché nella sua vita non entrano due persone con più problemi di lui.

IL NIDO 
di Tim Winton


Ed. Fazi
trad. S. Tummolini
442 pp

"Metà di lui non chiedeva altro, implorava di essere trovato,  riportato a casa, liberato."

Tom Keely è un ex ambientalista impegnato e molto noto, la cui faccia per diverso tempo è passata nei servizi in tv; solo qualche anno prima tutti lo conoscevano come una persona ambiziosa, altruista, sinceramente dedito alle questioni ambientali; ma è accaduto qualcosa che lo ha fatto cadere a picco, ed ora l'uomo è  completamente al verde, coinvolto in uno scandalo da cui non riesce a venir fuori; ha perso tutto, la sua reputazione è distrutta, la sua carriera è solo un ricordo e altrettanto il suo matrimonio  con Harriet.

Preda di uno stato di profonda apatia mista a depressione, l'uomo si è rintanato in un appartamento in cima a uno squallido e rumoroso grattacielo di Fremantle (il Mirador) e da lì osserva il mondo, sente voci, schiamazzi, e vede le altre persone affannate ciascuna nei propri affari, negli amori come nelle delusioni, in famiglia come al lavoro. Guarda ma non partecipa alla vita.

"Ecco a voi il Mirador. Dieci piani di uniformità architettonica. E dentro, tutta quella gente che continuava a resistere all’omologazione."

Chiuso tra quattro spoglie e puzzolenti mura, Keely vegeta.
Si stordisce con alcol, antidolorifici e psicofarmaci di ogni sorta, mangiucchia qualcosa giusto per non morire d'inedia e così le ore, i giorni, le settimane, vanno avanti sempre uguali o, al massimo, sempre un pezzettino peggio.

Tom non è un uomo completamente solo, anche se vive come se lo fosse: sua madre Doris e sua sorella Faith non l'hanno abbandonato, anzi, cercano in ogni modo di scuoterlo, di stimolarlo a far qualcosa, a trovarsi un lavoro, a non crogiolarsi nel dolore, nell'amarezza, nella solitudine. 

Tom non è uno stupido, tutt'altro: è un uomo di cultura e di sani principi, e lo sa che là fuori, in quel caos pieno di vita, c’è posto anche per lui. Ma non ora, non è ancora il suo momento: si sente troppo debole e senza energie.

Dentro di lui c'è un vuoto orribile e pulsante, un'indefinibile paura senza dimensioni né forma, di cui ignora le origini ma che è diventata la sua "casa", il suo pianeta oscuro. 
Si è così abituato a quello stato di paura continuo, da accettarlo allo stesso modo in cui il famigliare ticchettio dell'orologio non dà più alcun fastidio.
Insomma, è impantanato in una deriva di auto-compatimento in cui affonda di giorno in giorno, sempre più giù.

Finché un giorno s’imbatte nei vicini di casa: una donna con un bambino di circa sei anni; l'incontro lo destabilizza e lo riporta indietro nel passato.

La donna, infatti, è una vecchia conoscenza: Gemma, oggi ultraquarantenne, da bambina ha frequentato molto la casa dei genitori di Tom, una coppia di filaantropi, molto devota, credente, generosa e pronta ad aiutare chiunque fosse nel bisogno, e Gemma e sua sorella lo erano, col padre scansafatiche che si ritrovavano.

Gemma è una donna carina, con un corpo niente male ma le sue qualità (almeno a un primo sguardo) finiscono lì: è scorbutica, maleducata, prepotente, cinica, e verso Tom ha, da subito, un comportamento pieno di contraddizioni, che manterrà anche in seguito.

Non può fare a meno della sua presenza, del suo aiuto, della sua disponibilità, ma al contempo lo guarda con disprezzo, gli parla e lo tratta con sufficienza, come se avesse davanti a sé un grandissimo sfigato che vale meno di zero, un debole incapace di fare qualcosa di buono nella vita.

Eppure, proprio quell'uomo lì, "senza attributi" e senza uno scopo nella vita, piace al "suo" bambino, il piccolo Kai.

Kai è il nipotino di Gemma (figlio della figlia), ha sei anni ed è un tipino taciturno, piccolo, timidissimo, disegna molto (e le sue innocenti opere artistiche hanno qualcosa di angosciante, che allarma Keely), parla poco e sorride ancora meno; è talmente chiuso nel proprio mondo e nella propria immaginazione da far dubitare Tom che abbia qualche problema. In realtà, avrà modo di appurare come Kai sia intelligente e un grande osservatore. 

Preso alla sprovvista, Keely permette che i due, a poco a poco, entrino nella sua vita, sconvolgendogliela. 

Gemma è una donna piena di problemi - da quelli economici a quelli causati dalla figlia, attualmente in prigione per droga - e necessita di una mano per prendersi cura del nipote, che spesso non sa a chi lasciare quando va al lavoro; ed ecco che quello spiantato di Keely, un po' strano, certo, solitario e probabilmente anche un tantino depresso ma - almeno questo! - onesto e proveniente da una buona famiglia (che in passato l'ha accolta in casa propria con affetto, Gemma non l'ha affatto dimenticato), potrebbe essere, per la donna, un aiuto: e se le tenesse Kai quando lei è fuori casa?

Fortunatamente, benché il piccolo sia per natura diffidente e riservatissimo con gli estranei, la conoscenza di Tom circa la natura, la flora e la fauna (in particolare gli uccelli), diviene il punto d'incontro tra i due: Tom sa un sacco di storie e dettagli sui volatili e Kai è molto curioso e pieno di domande in merito.

Insomma, Tom Keely, a quasi cinquant'anni, si ritrova a fare il baby-sitter; con Gemma non mancano momenti di intimità ma entrambi sanno che oltre non si va, in quanto hanno la testa troppo presa dai mille problemi personali per pensare all'amore o a una relazione.

Senza contare che Tom è ancora scottatissimo per il naufragio del proprio matrimonio (esperienza che lo ha fatto soffrire molto) e che Gemma non è proprio in vena di storie d'amore, occupata com'è a cercare di sbarcare il lunario, andare a trovare la figlia in prigione e cercare di crescere da sola quel bambinetto silenzioso ma molto, molto attento a tutto ciò che accade attorno a sé.

Nonostante gli sbalzi d'umore di Gemma, che - come dicevo prima - non esita a trattar male e a denigrare Tom per la sua debolezza di carattere e per i fallimenti, l'uomo si affeziona a quei due vicini di casa, le sue giornate cominciano ad acquisire un senso differente da quando ci sono loro e, soprattutto, da quando può sentirsi utile per il piccolo Kai.

Purtroppo, immergersi nella complicata quotidianità di Gemma e Kai implicherà, per Tom, confrontarsi con delle serie difficoltà che pian piano minacceranno la donna e il bambino, a cui egli, nel frattempo, si è tanto affezionato, come se fosse un figlio di cui prendersi cura e da proteggere.

Benché si senta da anni un fallito, un buono a nulla, uno che dalle vette del successo è precipitato nel baratro dell'inutilità e della passività assolute e da lì non è in grado di risalire..., ebbene, nonostante tutto questo, proprio lui sente dentro di sé un fuoco che gli esplode, che lo spinge a fare determinate scelte e a tirar fuori lati della personalità che non credeva gli appartenessero. 

Tom capisce che Kai conta troppo per lui e non permetterà a nessuno di far del male né al piccolo né a quella nonna burbera, sboccata ma che pure lo attrae.

"Il nido" è il racconto di un uomo che si è condannato all'inattività e alla solitudine dopo una tremenda delusione professionale, che non trova più una sola valida ragione per alzarsi dal letto la mattina, che sente su di sé il peso del costante raffronto con il defunto padre (Nev, uomo di fede, un gigante di bontà che lottava contro le ingiustizie), un punto di riferimento inarrivabile; Tom Keely è un uomo che ha smarrito la strada, il coraggio, il rispetto per sé stesso e solo quando la vita lo induce a confrontarsi con le miserie altrui, con la desolante infelicità di Gemma e con la tristezza e la malinconia scritte negli occhi innocenti di un bimbetto che non ha ancora imparato a sorridere, riuscirà a vedere che, in quel buio pesto in cui brancola stordito da alcool e pillole, si è affacciato un barlume di speranza.

Tom è un personaggio complesso che scatena diverse emozioni nel lettore: da una parte si è spinti a provare empatia e pietà per lui, per la sua sofferenza psichica ed emotiva, dall'altra lo si vorrebbe scuotere con vigore affinché la smetta di piangersi addosso e si conceda la possibilità di rinascere.

"Non aveva la forza di aggiustare le cose, abituato com’era alla logica della sconfitta."

"Non è bello essere l’incarnazione di tutto ciò che tua madre compatisce, o forse addirittura disprezza. Doris lo amava, il suo affetto per lui sembrava sconfinato, ma averla delusa gli bruciava più di ogni altra umiliazione. Il problema era che lei ancora lo credeva forte, e lo giudicava di conseguenza: non immaginava che fosse già perduto."

Tom non è perduto, non definitivamente e non se egli non vuole. Ma deve trovare dentro di sé la motivazione per rialzarsi da quell'inerzia tetra in cui è caduto e per riemergere da quel mare amaro in cui annaspa.

Ma chi sta annegando è in grado di aiutare un'altra persona nelle medesime condizioni?

Gemma mi ha urtato non poco con la sua saccenza e la sua durezza nei confronti di Tom, che umilia ed insulta, eppure non smette di rivolgersi a lui quando ha dei problemi; però evidentemente Tom, benché non stia vivendo un periodo all'insegna dell'equilibrio emotivo, riesce ad essere più saggio e maturo di me e di lei e, ignorando volutamente provocazioni e insulti spocchiosi, mette il bene di Kai prima di tutto e tutti.

L'Australia di Winton ha una doppia facciata: affascinante con i suoi bellissimi paesaggi ma anche disordinata, caotica, con il suo viavai umano di spacciatori, furfanti, barboni, donne sole, persone con problemi di dipendenze e depressione; ma non ci sono mica solo emarginati e disagiati: ci sono anche i buoni, gli altruisti, i compassionevoli. E questi non sempre hanno una faccia bella e un aspetto rassicurante (come Doris), ma hanno le occhiaie, gli abiti stropicciati e i capelli spettinati di Tom Keely, un disperato che prova ad aggrapparsi a tutti i costi ad una flebile speranza di redenzione.

Scritto con una prosa concreta, realistica, colloquiale, il romanzo di Winton è una lettura consigliata a chi desidera immergersi in una storia popolata da personaggi non proprio amabili, aventi numerose "fratture", fragili e disperati, che finiscono al tappeto ripetutamente ma continuano, imperterriti, a rialzarsi.

lunedì 30 gennaio 2023

LIBRI - PRIMI ACQUISTI DEL 2023



Ed ecco i miei primi acquisti cartacei del 2023!




Ho approfittato dell'offerta "2 libri a 9,90 euro".

I BAMBINI SILENZIOSI di Patricia Gibney (Ed. Newton Compton, 384 pp). 



Una calda sera d’estate, Mikey Driscoll, un ragazzo di undici anni, sta tornando a casa dopo aver trascorso il pomeriggio con gli amici.
Il giorno dopo il suo corpo senza vita viene scoperto da alcuni adolescenti disteso su un letto di fiori appena raccolti.
Le indagini vengono affidate a Lottie Parker. Per la detective si tratta di un caso che la riguarda molto da vicino: la vittima era un amico intimo di suo figlio Sean.
Nonostante Sean le ripeta che Mikey si comportava normalmente prima di morire, Lottie sente che non le sta dicendo tutta la verità…
Poco dopo, un altro ragazzo viene trovato morto, circondato da fiori selvatici, vicino al bellissimo lago Ladystown.
C’è un assassino in circolazione. Qualcuno che si nasconde dietro una fitta rete di segreti all’interno della cerchia degli amici di Mikey. 
Lottie sa che dovrà agire in fretta.
Perché è solo questione di tempo prima che il serial killer torni a far parlare di sé. E la vita di suo figlio potrebbe essere in grave pericolo…

 

LA LETTERA NASCOSTA di Ruth Saberton (Ed. Newton Compton, 384 pp). 

-
Un’indimenticabile storia d’amore, perdita e speranza

Cornovaglia, 1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Kit Rivers, un giovanissimo aspirante poeta, ha davanti a sé un brillante futuro. 
Rampollo di un’ottima famiglia, è destinato a occuparsi del maniero che erediterà e, seppur a malincuore, non ha intenzione di sottrarsi ai suoi doveri. 
Ma quando viene travolto da una passione improvvisa per una ragazza di umili origini, Kit decide che non permetterà ai genitori di rovinare l’estate più magica della sua vita. 
La guerra però sconvolgerà qualsiasi piano, minacciando ciò che il ragazzo ha di più caro.
Un secolo dopo, Chloe Pencarrow, rimasta vedova, lascia Londra alla volta della Cornovaglia: una casa isolata sulla costa potrà senz’altro offrirle la tranquillità che cerca. 
Ossessionata dai ricordi che la perseguitano, Chloe prova a distrarsi facendo ricerche su un poeta di guerra, Kit Rivers, e su quello che gli accadde durante la prima guerra mondiale. 
Chloe scopre così il vecchio diario di una giovane donna di nome Daisy, e capisce che Daisy e Kit hanno condiviso un oscuro segreto: un segreto che potrebbe cambiare la vita della stessa Chloe…



Sul fronte digitale, mi sono reiscritta a Kindle Unlimited e i primi ebook che ho inserito nella mia libreria virtuale sono stati:




SEGRETI DI UNA NOTTE D'ESTATE di Lisa Kleypas è un regency romance:  quattro giovani donne piene di speranze, sogni e timori, stanche di aspettare che l’uomo della loro vita venga a cercarle.

OGNI MATTINA A JENIN di Susan Abulhawa: la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria".

IL FUOCO DI MACKENZIE di Elle Casey: romance; è il seguito di RISPLENDI, NON BRUCIARE, per cui dovrei leggere prima quest'ultimo.

LA MOGLIE IMPERFETTA di B.A. Paris: thriller psicologico; dell'autrice ho letto LA PSICOLOGA e vorrei provare con un altro suo libro.

sabato 28 gennaio 2023

MACELLAI, BELVE E DIAVOLI: TRE CRIMINALI NAZISTI

 

Amon, Joseph, Irma: nomi comuni per esseri umani che, purtroppo, la Storia ricorderà come straordinariamente malvagi, disumani, votati ad un'ideologia folle e crudele nella quale questi - come tanti altri con loro - hanno riposto ogni cieca fiducia, vendendo la propria anima e finendo per lasciarsi alle spalle ogni briciola di umanità.


(Primo Levi)



I protagonisti di questi tra audiolibri molto brevi sono: Amon Göth, Joseph Goebbels e Irma Grese, tutti e tre militanti nelle file naziste.


Amon il macellaio


Di: Lucas Hugo Pavetto, Giancarlo Villa
Durata: 48 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont
Letto da: Corrado Niro


Amon Göth: un nome che evoca crudeltà, sadismo, assenza di empatia, di pietà.
Tutto ciò che sappiamo di lui ruota intorno alle sue azioni nei campi di concentramento.
Era un omone dal brutto carattere (per usare un eufemismo), facile all'ira, malvagio, e la facilità con cui non si faceva problemi e scrupoli ad ammazzare non solo non era affatto un mistero per chi lo conosceva, gerarchi nazisti compresi, ma anzi forse faceva di Amon il candidato ideale per prestare i propri servigi nei lager. 
Lo chiamavano "il macellaio di Płaszów": i prigionieri erano terrorizzati da lui perché sapevano quanto potesse essere rabbioso, accanendosi sulle proprie vittime con un livello di perversione spregevole, sfogando su poveri innocenti i suoi istinti peggiori, i suoi frequenti accessi d'ira e tutto il suo folle disprezzo per gli ebrei. 
Si faceva accompagnare spesso dai suoi cani Ralf e Rolf, che sguinzagliava sui prigionieri per dar loro una morte atroce, dolorosa, terribile...
Il comandante nazista che incontrò Oscar Schindler, il quale gli "soffiò" più di mille ebrei, mettendoli in salvo.
Un soggetto abominevole che mai dimostrò pentimento per le proprie azioni.



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Goebbels, il diavolo zoppo

Di: Lucas Hugo Pavetto, Giancarlo Villa
Letto da: Corrado Niro
Durata: 39 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont

Joseph Goebbels è stato uno dei più devoti tra i gerarchi nazisti; credeva in Hitler, era il suo idolo, il punto di riferimento; per il dittatore nazista e per le sue idee, Goebbels era pronto a sacrificare tutto, a rinunciare ai propri affetti, pur di vivere all'ombra del suo mito.
Principale artefice delle campagne di “arianizzazione” della cultura nel Terzo Reich e Ministro per l’educazione popolare e della propaganda, era chiamato "il diavolo zoppo" perché aveva una gamba più corta dell’altra a causa di una malattia che lo colpì nell'infanzia, ma il difetto fisico non compromise la sua natura: colto, intelligente, efficiente, esperto di meccanismi della comunicazione; ai suoi comizi usava arrivare volutamente in ritardo perché in questo modo aumentava la tensione nell'uditorio, e le persone lo avrebbero ascoltato con più attenzione. 
Il suo "amore" per l'adorato Führer era talmente forte da spingerlo a scegliere il suicidio, per sé e la sua famiglia, solo il giorno dopo la morte di Hitler.


Irma Grese. La iena di Auschwitz

Di: Lucas Hugo Pavetto, Fiammetta Bianchi
Letto da: Daniele Denora
Durata: 47 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont


È stata probabilmente la guardia donna più sadica in assoluto; possiamo dire che sia stata il corrispettivo femminile di Göth: stessa crudeltà, stesse psicopatie, stesso godimento nell'esercitare la violenza più brutale e, soprattutto, nel veder soffrire (e morire, tra le più atroci sofferenza) le loro vittime preferite, ossia i prigionieri ebrei dei campi di concentramento in cui operavano.
Anch'ella suscitava il terrore quando compariva, e anche questa ragazza (fa impressione pensare che fosse poco più che ventenne...) si divertiva a servirsi dei cani per i propri sadici "giochetti"; anzi, li lasciava di proposito a digiuno per qualche giorno così che poi fossero belli affamati e sbranassero con più ferocia i poveri malcapitati...
A vederla, l'avresti definita un angelo (per il suo aspetto avvenente, gli occhi azzurri, i capelli biondi e la pelle candida) e invece era la bestia bionda di Belsen, di cui erano note non solo l'assenza di umana pietà ma anche la promiscuità sessuale, tanto da intrecciare relazioni stabili (per quel che era possibile in contesti simili) con colleghi (maschi e femmine) e prigionieri/e.

Tre ritratti brevi, essenziali (non esaustivi), che caratterizzano in modo succinto questi tre nazisti, tutti accomunati da una devozione totale a un'ideologia folle e antisemiti nel sangue (ma qui c'è proprio un odio verso i propri simili in generale che fa paura).
Di essi ci vengono date le informazioni principali circa la giovinezza, la vita privata, l'adesione al nazismo, tratti caratteriali, comportamento all'interno dei lager.
La lettura è drammatizzata, rendendo l'ascolto piacevole e coinvolgente.
Ci sono particolari che fanno accapponare la pelle, pur essendo comunque noti a quanti si siano già interessati all'argomento.

venerdì 27 gennaio 2023

PORRAJMOS di Andrea Giuseppini - la persecuzione nazifascista di rom e sinti - ✤ GIORNATA DELLA MEMORIA, 27 gennaio 2023 ✤

 

 In occasione della Giornata della Memoria, l'anno scorso ho ricordato le vittime dell'Olocausto e proposto una breve bibliografia e sitografia per chi volesse approfondire l'argomento.

Quest'anno ho avuto modo di ascoltare su Audible un interessante audiodocumentario riguardante la persecuzione nazifascista dei rom/sinti. 


(Primo Levi)



PORRAJMOS.
La persecuzione nazista e fascista dei rom e dei sinti
di Andrea Giuseppini



Tracce.studio
1 ora 22 minuti
Audiodocumentario
Se vi dico "Porrajmos", cosa vi viene in mente?

Forse non sono in tantissimi a sapere il significato di questa parola ed è proprio per questa ragione che ne parliamo (nel post del 2022 ne diedi solo un piccolo accenno).


Porrajmos, nella lingua della maggior parte dei rom e dei sinti, significa "divoramento"; un'altra parola, da affiancare a questa, è Samurdaripen, cioè “il grande genocidio”

Entrambi i vocaboli indicano lo sterminio che il Terzo Reich attuò nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Fu una vera e propria persecuzione su base razziale,  scientificamente programmata con lo scopo di distruggere l’intero popolo, la sua cultura e la sua lingua e
 che portò alla morte di oltre 500.000 persone.

Ma, a differenza di quanto accaduto con gli ebrei, per i rom il riconoscimento del loro genocidio è arrivato più tardi e non senza polemiche; inoltre, non c’è stato nessun tipo di risarcimento né umano né sociale.


Nel documentario intervengono Otto Rosenberg (uno dei pochi “zingari” sopravvissuti allo sterminio), Gnugo de Bar (nato all’interno del campo di concentramento riservato ai sinti e attivo a Prignano sulla Secchia (MO) tra il 1940 ed il 1943), Milka Goman (che fu arrestata e portata nel campo di concentramento di San Bernardino ad Agnone), Giovanna Boursier (giornalista), Mirella Karpati (pedagoga e studiosa del mondo zingaro e della Romanologia), Luca Bravi (ricercatore).


Era il 16 dicembre 1942 quando Heinrich Himmler ordinava la deportazione di rom e sinti che vivevano in Germania nel campo di sterminio di Auschwitz. Ha così inizio «la soluzione finale» per questo popolo.

Ascoltiamo, quindi, l'intensa testimonianza di Otto Rosenberg, nato a Berlino nel 1927, che già nel 1936 fu deportato nel lager di Marzhan; sette anni dopo, Rosenberg sarà internato nello Zigeunerlager, il lager degli zingari di Auschwtz-Birkenau (dove incontra Josef Mengele, l'angelo della morte), poi trasferito nel campo di Buchenwald e infine liberato a Bergen-Belsen.

Otto Rosenberg è l'unico superstite della sua famiglia e di questo ha sempre portato il "peso": perché solo io sono sopravvissuto? Commuovono le sue parole che rivelano il dolore sempre vivo e che si fa sentire più forte nei giorni di festa. Per anni egli ha mantenuto il silenzio per anni, fino a quando ha sentito che fosse giusto lasciare la propria preziosa testimonianza.

Ascoltare la voce di questi sopravvissuti all'inferno, che in quei maledetti lager hanno perso i propri cari, induce a porsi delle domande e a fare delle riflessioni su come mai questo genocidio è stato a lungo negato, "sminuito", dimenticato, anzi si è cercato proprio di negare che tale genocidio fosse avvenuto per motivi razziali, adducendo che fossero piuttosto motivi di natura sociale, ma gli "zingari" non furono deportati perchè asociali o come saltimbanchi e giostrai, bensì vennero internati e uccisi in quanto considerati razzialmente inferiori.

«Gli Zingari risultano come un miscuglio pericoloso di razze deteriorate»: queste parole le pronunciò Robert Ritter, medico e psicologo tedesco nonché direttore del Centro Ricerche per l’Igiene e la Razza di Berlino; è tristemente noto per le sue teorie discriminatorie proprio sugli zingari, da lui ritenuto tarati geneticamente, irrecuperabili, pericolosi e quindi da sterminare. 
Ad essere precisi, le origini degli "zingari" non sarebbero da considerare "non ariane" (in quanto indoeuropee) e quindi "impure", ma avendo loro vagabondato ed essendosi "contaminati" con altri popoli di “razza inferiore”, hanno irrimediabilmente compromesso la loro purezza.

Purtroppo, anche in Italia, durante il regime fascista, si registrò un tipo di politica discriminatoria verso le persone di origine sinti e rom, che il governo giustificò con esigenze di sicurezza interna e di igiene pubblica. Il primo provvedimento del governo di Mussolini risale al 1926, quando venne ordinato il respingimento alla frontiera italiana di zingari, saltimbanchi e simili, che cercavano di entrare nel nostro Paese.

Un altro aspetto importante che emerge nell'audiolibro è la cifra dei morti tra i sinti durante la guerra; essa non è semplice da determinare e questa difficoltà nel documentarne il numero preciso risale già a prima della guerra; del resto, se per gli ebrei sono stati presi in considerazione le comunità (e chi non era tornato, a guerra finita), per i sinti questo non è stato possibile.

La cosa che mi ha lasciata perplessa e anche un po'... amareggiata è stato ascoltare come la richiesta di riconoscimento, da parte di Sinti e Rom tedeschi, del genocidio della propria gente, sia stato per anni giudicato quasi un insulto all'onore della memoria delle vittime dell’Olocausto; anche lo stesso Elie Wiesel si oppose all'inserimento degli zingari nel memoriale  di Washington.

C'è da dire che, durante la cerimonia di consegna del Nobel per la pace, lo stesso  Wiesel dichiarò: “Confesso che mi ritengo in qualche modo colpevole verso i nostri amici Rom. Non abbiamo fatto abbastanza per ascoltare la vostra voce angosciata. Non abbiamo fatto abbastanza per sensibilizzare la gente ad ascoltare la vostra voce sofferente”.

Personalmente, trovo sbagliato pensare che riconoscere le sofferenze di un altro popolo  sminuisca quelle di un altro, e neppure se ne può fare un discorso puramente numerico (più morti ➡️ più considerazione). Credo semmai che riflettere su quante e quali malvagità l'essere umano, in nome di ideologie di varia natura, sia capace di compiere verso i propri simili, senza escluderne alcune (per qualsivoglia ragione) ma anzi ricordando tutti coloro che hanno subìto ingiustizie, senza operare distinguo tra vittime di serie A e B, sia fondamentale affinché i "per non dimenticare", i "mai più" e la stessa Giornata della Memoria mantengano fede all'obiettivo di agire perché certe brutalità non accadano più a nessuno, in nessuna parte del mondo e a nessun popolo o categoria di persone, che sia per religione, orientamento sessuale, motivi politici, razziali...

Includere, nella celebrazione del ricordo, e non escludere, perché il rispetto del dolore va dato a tutti, fosse anche a una singola persona.

Non posso che consigliare l'ascolto di questo audio documentario, breve ma molto interessante.


Sito consigliato per l'approfondimento personale:  http://porrajmos.it/


Siti consultati:

  • www.treccani.it
  • museonazionaleresistenza.it
  • https://www.combattentiereduci.it/notizie/genocidio-degli-zingari-il-dovere-della-memoria
  • http://sucardrom.blogspot.com/2015/10/giacomo-gnugo-de-bar-lultimo-grande.html
  • www.lameridiana.it
  • https://memoria.comune.rimini.it/news/porrajmos-genocidio-dei-sinti-dei-rom-sottoil-terzo-reichhttps://www.lageredeportazione.org/wp-content/uploads/2021/04/MIRELLA-KARPATI.1149865963.pdf

mercoledì 25 gennaio 2023

🌼 RECENSIONE 🌼. FIORI SOPRA L'INFERNO di Ilaria Tuti

 

Segui le tracce di sangue, Teresa, scendi giù nell'orrido aspro e selvaggio, tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo: c'è una mano assassina da fermare e tu ti sei sempre fidata delle tue intuizioni, della tua abilità di immaginare come pensa e agisce un serial killer.
La tua mente è sempre stata il tuo punto di forza ma, adesso, proprio lei ti sta tradendo, insieme al tuo corpo stanco, appesantito, e al tuo cuore lacerato da ferite passate eppure ancora pulsanti.
Continua a camminare, commissario, e non aver paura di camminare sopra l'inferno: è l'unico modo per vederne i fiori.


FIORI SOPRA L'INFERNO 
di Ilaria Tuti 


Longanesi Ed.
 366 pp

Il cadavere di un uomo viene rinvenuto lungo un sentiero che conduce a un paesino del nord Italia, chiamato Travenì *; è nudo e il suo volto è stato oggetto di una brutale aggressione.
La vittima era un ingegnere, un padre di famiglia, e si chiamava Roberto Valent.

Ad occuparsi del caso è il commissario Teresa Battaglia, supportata dagli agenti della sua squadra e da una new entry, ossia un giovane ispettore di nome Massimo Marini, la cui palese inesperienza sul campo diventa immediatamente un bersaglio da parte della ruvida Teresa, che non perde occasione per pungolarlo, provocarlo e fargli notare errori grossolani e non poche ingenuità.

Teresa è esperta nel tracciare i profili psicologici dei criminali di cui si mette alla ricerca e gode della stima di tutti, dal questore ai sottoposti; ogni pista ipotizzata, ogni indizio su cui lei pone attenzione, ogni ragionamento...vengono presi in considerazione con il massimo rispetto e Teresa sente su di sé tutta la responsabilità dei casi su cui lavora, come questo: c'è un assassino a piede libero che ha commesso un omicidio dalle caratteristiche particolari, specifiche, che sicuramente vogliono dire qualcosa, e Battaglia sa che deve cominciare a mettere insieme i pezzi di un puzzle che però, almeno all'inizio, è fumoso e incerto.

Parallelamente alle indagini, al lettore vengono presentati altri personaggi importanti.

Mathias, Diego (figlio di Valent), Lucia e Oliver sono quattro amichetti della stessa età che stanno sempre insieme; tra loro c'è un legame d'amicizia vero, fatto di lealtà assoluta e aiuto reciproco; essi vivono, all'interno delle proprie famiglie, una situazione che li fa soffrire, in cui patiscono la mancanza di cure e attenzioni affettuose da parte dei genitori.

Essi sono consapevoli che c'è qualcosa o qualcuno, di oscuro, che li spia nel buio; essi non lo vedono ma ne percepiscono fortemente l'ingombrante e costante presenza, come se fosse  un occhio sempre vigile che li guarda da lontano. 

Questa ombra si aggira per i boschi, nella valle, quando è ormai scesa la sera, ponendo trappole per le sue prede; è bravo a nascondersi, a non farsi vedere dagli abitanti del paese, eppure sa che i bambini "lo sentono".

Quando cominciano le indagini, Teresa entra nelle case di questi "cuccioli" un po' tristi, che però celano una forza e una maturità interiore che, troppo spesso, i loro stessi genitori non posseggono o non dimostrano. Interrogando tanto i piccoli quanto i grandi, la donna alza un velo su ciò che accade tra le mura di quelle case di montagna e comprende immediatamente che, dietro quelle esistenze apparentemente serene, quei visi di gente perbene, composta, riservata ma educata, molti sono i piccoli segreti, le ipocrisie, le mancanze, i silenzi.

Soprattutto, Teresa deve fare i conti con il muro di diffidenza innalzato dalla gente del posto, restia a fidarsi degli "stranieri", polizia compresa; questo atteggiamento - presente anche nella polizia del posto - non aiuta affatto il corso delle ricerche, tutt'altro, rischia di rallentarle, se non deviarle.

Grazie alla propria testarda determinazione, al proprio carattere duro e deciso, di chi non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e sa fin dove può spingersi in virtù del proprio ruolo e capacità, Teresa Battaglia non esita a bacchettare chiunque non le sia di aiuto, che sia l'agente Knaus (originario di Travenì, ed avente verso il suo paese un atteggiamento eccessivamente "protettivo") o l'ispettore Marini, che sarà pure impacciato e poco esperto ma - Teresa glielo riconosce - sopporta le battutacce del commissario pur di dare il proprio contributo a quell'indagine che di giorno in giorno si fa più complessa.

Al primo omicidio, infatti, si aggiungono altri atti criminali e se il colpevole è sempre lo stesso - come pare, dal modus operandi - allora vuol dire che sono alla presenza di un assassino seriale, che però non è facile da etichettare, da far rientrare in categorie note così da inquadrarlo in modo preciso: l'assassino di Travenì è diverso da altri suoi "colleghi" descritti nei manuali di criminologia, agisce mosso da una "lucida follia" e - cosa davvero singolare - non è preoccupato di lasciare tracce del proprio DNA sulla scena del crimine. 

Il racconto del presente è interrotto, di tanto in tanto, da quello del passato; in particolare, il lettore viene condotto nel 1978, in Austria, all'interno di un ospedale chiamato "La Scuola"; Agnes Braun è un'infermiera che lavora proprio lì.
La donna è ligia ai propri doveri, rigida nell'osservanza delle regole e sa che chiunque varchi la soglia dell'istituto deve tenerne presente il motto: vedi, osserva, dimentica.
Cosa bisogna dimenticare? Cosa accade tra quelle mura in cui non vola una mosca e a malapena si avverte la presenza dei piccoli ed innocenti pazienti ricoverati?
In quei corridoi semibui e labirintici, avvengono cose segrete, che per nessuna ragione devono trapelare al di fuori...

Teresa è una protagonista particolare, che desta le simpatie del lettore per diverse ragioni.

È una sessantenne dal fisico non proprio in forma, poco curata esteticamente, con il suo inconfondibile caschetto di capelli rossi; ultimamente, poi, si è appesantita, il suo corpo è messo alla prova da più patologie e questo la manda nel pallone perché sa di non potersi permettere alcuna debolezza, né fisica né tanto meno psicologica, mentale: la sua mente, le sue capacità di ragionamento, sono fondamentali e imprescindibili per il suo lavoro! 

Cosa ne sarebbe del commissario Battaglia se venisse fuori che non è più quella di un tempo?

Il progressivo disfacimento delle sue forze fisiche è affiancato da tormenti di natura emotiva: Teresa è sola, si sente sola, bisognosa di qualcuno che l'accarezzi, che la faccia sentire amata.

Sincera, schietta, brusca e diretta, energica quando è al lavoro, è nei momenti in cui nessuno la vede che vediamo come sotto quella superficie di marmo convivano un grande dolore e una grande solitudine.

Ma la caratteristica principale di questo commissario burbero e scostante è l'empatia: per lei l'assassino cui dare la caccia non è un mostro, ma è prima di tutto una persona; nel caso specifico che sta seguendo, lei comprende, con l'avanzare dell'indagine, che quell'uomo, per diventare ciò che è, ha avuto un'infanzia traumatica, ha vissuto e attraversato il proprio personale inferno.

È stato un bambino anche lui e, per qualche incomprensibile ragione - che Teresa è intenzionata a scoprire - c'è qualcosa nei bambini - la loro innocenza, la loro genuina curiosità... - che lo attrae come una calamita.

È vero, il killer sembra agire spinto dal sadismo eppure, nel suo agire, egli sembra proteggere qualcuno. Ma chi e perché?

La scrittura della La Tuti è coinvolgente, sa come catturare per tutto il libro l'attenzione del lettore, guidandolo affinché faccia caso ai dettagli, a quelli più inquietanti - capaci di aumentare il livello di tensione -, e a quelli che lo spingono ad andare oltre le apparenze e che puntano la luce sul mondo emotivo dei personaggi, compresi quelli "cattivi".

Mi sono piaciuti molto: l'ambientazione - il paesino di montagna, una comunità chiusa che non sopporta ingerenze esterne e che, al suo interno, ha non pochi segreti; il ruolo giocato dai ragazzini, capaci di vedere ciò che invece i razionali adulti non colgono; le vicende del passato avvenute nell'ospedale, per le quali ci sono riferimento storici reali, e che creano attese e molta curiosità nel lettore; la protagonista, così umanamente fragile dietro quell'armatura che indossa ogni giorno quando veste i panni del rude commissario.

Avevo già avuto modo di leggere un romanzo di Ilaria Tuti (FIORE DI ROCCIA), che mi  aveva coinvolta tanto (oltre che avermi offerto un prezioso spunto per conoscere episodi della prima guerra mondiale che ignoravo) per storia, personaggi, contesto storico, e non posso che confermare la bravura di questa scrittrice anche in questo primo libro della serie su Teresa Battaglia.

Sono moooolto curiosa di guardare la serie tv con Elena Sofia Ricci nei panni della nostra burbera Teresa! E voi? 🙂

* nome fittizio


Alcune citazioni

"La solitudine era una coinquilina discreta, che non invadeva mai gli spazi e lasciava tutto com'era,  Non aveva odore, né colore. Era un assenza, un'entità che si definiva per contrapposizione, come il vuoto, ma esisteva (...). La solitudine avvolgeva Teresa come un abito troppo stretto (...), aveva imparato a curarla come faceva un antidoto con il veleno: la assorbiva a piccole dosi, ogni giorno".

"Vedono l'inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno".

"Pensò alle paure che l'avevano angosciata negli ultimi giorni e d'un tratto non le apparvero così insuperabili. Poteva scegliere come vivere la vita che le si stava prospettando davanti e c'erano due modi per farlo: spegnendosi un poco alla volta o affrontandola con coraggio."


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