Immaginiamo una società in cui l'unica cosa che davvero conta sia il quoziente intellettivo, in base al quale viene deciso il tuo presente e, soprattutto, il tuo futuro.
In un mondo del genere, in cui l'obiettivo ultimo è la costruzione di famiglie perfette, cosa ne è delle cosiddette "mele marce"? Di coloro che sfuggono a tale modello di perfezione e che non riescono - per ragioni differenti - a raggiungere gli standard stabiliti dal governo?
LA CLASSE
di Christina Dalcher
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Nord Ed. trad. B. Ronca 416 pp
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Elena Fairchild è una donna che ha superato i 40 anni, madre dell'adolescente Anne e della novenne Freddie, e moglie di Malcom, vicesegretario nel Dipartimento di istruzione.
Siamo negli Stati Uniti, in un tempo non specificato ma, siamo portati a pensare, per nulla lontano dal nostro.
La scuola americana si sta sempre più dirigendo verso un sistema educativo che non prevede falle, che non accetta alunni mediocri né ammette disabilità fisiche o intellettive.
C'è posto solo per le menti brillanti, per coloro che si impegnano e raggiungono il massimo dei traguardi.
Una scuola in cui gli studenti migliori non vengono rallentati dalla presenza in classe di compagni meno bravi o, peggio ancora, di quelli che disturbano, magari con comportamenti da bulli.
Adesso ciò che importa è solo il Q, un quoziente numerico calcolato sulla base di test e sulla condotta, che determina l'istituto da frequentare: gli alunni più intelligenti vengono ammessi nelle impegnative Scuole Argento, che assicurano l'ingresso ai college più esclusivi, mentre gli studenti normali rimangono nelle Scuole Verdi.
Chi, invece, per sua sfortuna, è stupido o quasi, viene addirittura allontanato dalla famiglia e portato nelle Scuole Gialle, delle strutture isolate dove imparano le materie di base e la disciplina.
E in cui se ne stanno per conto loro, a debita distanza dai "normali".
La scuola è altamente competitiva, non sono consentite battute d'arresto né gli studenti che hanno preso un voto eccellente all'ultima verifica possono permettersi il lusso di rallentare o adagiarsi sugli allori, anche perché le verifiche vengono ripetute ogni mese.
E per qualcuno può essere una tragedia rendersi conto di non aver dato il massimo e di rischiare di "retrocedere".
È il caso della piccola Freddie: la bambina odia il clima ansiogeno che si è creato in classe, la fa sentire troppo sotto pressione e lei non è emotivamente pronta a gestire quest'ansia crescente, che si rinnova ed aumenta ad ogni maledetta verifica.
Elena - insegnante di discipline scientifiche - ha partecipato alla creazione del sistema Q quando era convinta che potesse rivelarsi la chiave per una società più equa, più giusta, atta a valorizzare le capacità e le inclinazioni di tutti e di ciascuno.
Da docente e da mamma, ella comprende il malessere emotivo e psicologico della figlia ma le sue rassicurazioni servono a ben poco, soprattutto quando il Q della sua secondogenita si abbassa sotto una soglia che significa solo una cosa: scuola gialla.
E questo è un dramma perché, dopo alcuni anni come insegnante in una Scuola Argento, ha notato come dalle Scuole Gialle non si torni indietro...
Come mai? Possibile che gli alunni che "retrocedono" non abbiano modo di migliorare e avanzare nuovamente?
Elena non è indifferente a ciò che le accade intorno e vede bene come i genitori ormai temano quell'autobus che passa di casa in casa il giorno successivo all'esame e che, in base al colore, sancirà il destino dei loro figli.
E ora che la sua bambina ha ottenuto un risultato troppo basso, Elena sa che le verrà portata via, che verrà trasferita in un istituto lontano centinaia di chilometri da lei e che potrà farle visita poche volte all'anno.
Suo marito sembra assolutamente impassibile a ciò cui sta per andare incontro la figlia minore; del resto, c'è la primogenita a dargli soddisfazione: Anne è tra le prime della classe, è competitiva, si impegna nello studio e non ammette fallimenti nel suo percorso scolastico.
In pratica, è sulla strada della perfezione come suo padre.
Elena, invece (crede Malcom), è sempre stata meno forte e determinata, in questo senso; in fondo in fondo, è solo una sentimentale e questo le porterà solo guai.
In effetti, i guai cominciano ad arrivare quando la donna decide di seguire Freddie in Kansas: si fa bocciare al test Q per insegnanti e viene mandata nella stessa Scuola Gialla della figlia.
Lì scopre che le persone non sono che numeri e che del loro benessere e del loro ritorno in società non importa a nessuno.
"Abbiamo sempre fatto così, noi esseri umani. Dividiamo in categorie, facciamo confronti e troviamo modi per separarci in squadre, come fanno gli studenti durante l'ora di ginnastica. Io scelgo lei, diciamo. Ma non lui.
Qualcuno resta sempre indietro, sul fondo del barile, l'ultimo a essere scelto.
Ci si aspetterebbe che da adulti certe cose cambino."
A cosa servono realmente le scuole gialle?
Chi vi entra? Ci vanno davvero solo i ragazzi che falliscono nelle verifiche?
E se ci fossero altri inquietanti criteri di selezione, in base ai quali alcuni vengono giudicati "non idonei" e quindi mandati via, lontano dalle classi e dalle famiglie perfette, che tali devono restare?
Elena è risoluta a volersi riprendere Freddie e a scoprire cosa c'è dietro questo sistema d'istruzione, del quale suo marito fa parte e dal quale lei, invece, vuole uscire, avendo subodorato che qualcosa non quadra.
Grazie ai continui flashback, conosciamo meglio la protagonista, il suo presente e il suo passato, il modo in cui, quand'era giovanissima, è cambiata per non essere una perdente, per poter far parte della cerchia degli studenti popolari e non confondersi con i reietti e gli emarginati.
Apprendiamo delle scelte fatte in gioventù, che a quel tempo sembravano sensate e accorte, ma che con gli anni si sono rivelate deleterie per la sua stessa felicità (una fra tutte: sposare Malcom).
Attraverso il suo sguardo critico, vediamo come la società in cui vive pretenda di mostrare una "bellezza senza rughe "che non ha e che, soprattutto, si vorrebbe costruire sulle discriminazioni, sull'allontanamento (e quindi il rifiuto, la non accettazione) di chiunque sia "diverso" (o presunto tale), o "minorato" o "deviato", insomma non allineato ai nuovi dettami e regole sociali.
Grazie anche alle pressioni della propria famiglia d'origine (la nonna ha conosciuto l'orrore di cui l'uomo è stato capace durante gli anni del secondo conflitto mondiale), Elena apre sempre di più gli occhi ed è pronta a tutto - anche a mandare all'aria un matrimonio con un uomo divenuto sempre più cinico e senza scrupoli e che lei non ama più, anche a rischiare la propria incolumità - pur di salvare la propria bambina più fragile e pur di smascherare gli orrendi e amorali scopi che si prefiggono coloro che stanno lavorando per rendere la società priva di imperfezioni, in cui non ci sia più posto per gli individui bisognosi e deboli che sporcano l'immagine dell'americano perfetto e felice.
La classe è un distopico che definisco "soft", nel senso che per gran parte della trama non dona grossi sussulti e patemi d'animo, anzi procede a un ritmo abbastanza calmo, che si fa incalzante più che altro nei capitoli finali.
La lettura, per quanto mi riguarda, è andata avanti fluida grazie ai capitoli relativamente brevi, alla presenza di molti dialoghi e ai passaggi dall'oggi al prima che conferiscono movimento e dinamicità.
A me i distopici piacciono molto perché trovo sempre stimolante immaginare contesti sociali (futuri ma non troppo) in cui le cose vanno diversamente da oggi e in cui avvengono fatti inquietanti, misteriosi, ingiusti, distorti, che incutono il giusto mix di angoscia, suspense e curiosità.
Ecco, avrei voluto provare un po' più angoscia e tensione narrativa; ho comunque apprezzato il ritratto di questa società americana in cui le persone contano solo in base al successo scolastico e professionale.
Si toccano temi come la discriminazione verso coloro che sono ritenuti più vulnerabili e problematici, il loro allontanamento o, addirittura, l'ipotesi di "sopprimere" i diversi, i possibili devianti, relegandoli in luoghi isolati che possono tramutarsi presto da scuole a laboratori in cui avvengono sperimentazioni o soluzioni drastiche per "eliminare i problemi"; la collettività è più importante del singolo e questi è sacrificabile se non trova posto nel tipo di modello sociale/famigliare/professionale/educativo immaginato e perseguito.
Ho trovato interessanti tutti i riferimenti a personaggi e fatti reali, come la American Breeders' Association e la teoria malthusiana.
Nel complesso, l'ho gradito, non posso dire che mi abbia mai annoiato e sono arrivata sino alla fine senza intoppi; ripeto, mi ha fatta stare sulle spine meno di quanto mi aspettassi e ho preferito un po' di più "Vox".