Visualizzazione post con etichetta Shoah. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Shoah. Mostra tutti i post

martedì 27 gennaio 2015

Recensione: "La lista di Schindler" di Thomas Keneally



E finalmente ho terminato...

LA LISTA DI SCHINDLER
di Thomas Keneally


in lettura
Ed. Sperling&Kupfer
"Non so perchè l'ho fatto".  Tanto per incominciare, bisogna dire che Oskar era un giocatore, ma anche un sentimentale che amava la trasparenza e la semplicità delle buone azioni; che per temperamento era un anarchico a cui piaceva terribilmente mettere in ridicolo il sistema, e che sotto la sua vigorosa sensualità si nascondeva una innata capacità di sentirsi oltraggiato dalla crudeltà umana, di reagire e di non lasciarsi sopraffare dalla stessa. 


Oskar Schindler non era propriamente uno stinco di santo, un'anima pia e un marito fedele.
Anzi, se vogliamo dirla tutta, era un uomo cui piacevano la bella vita, le belle donne, che non passava un giorno senza che bevesse alcolici e, per di più, era un nazista.
Ma evidentemente non era un nazista convinto, se decise di aiutare 1200 ebrei, rischiando più volte la vita per cercare di "fregare" chi nazista lo era davvero.

Conosciamo quest'uomo a 360 gradi: la sua vita prima della guerra, il matrimonio, la famiglia e i dissidi col padre, i continui tradimenti coniugali a scapito di una moglie che, malgrado tutto, gli restò accanto per tanti anni, accettando questo marito libertino e piacione, ma pur sempre dignitosa.
Conosciamo un giovane uomo dal grande spirito imprenditoriale, dall'innegabile carisma, che riusciva ad ammaliare non solo le donne, ma anche gli uomini con cui entrava in contatto, riuscendo ad ottenere da loro ciò che voleva e gli serviva, tanto per i suoi affari e le sue fabbriche, quanto per i suoi "Schindlerjuden" (gli ebrei di Schindler).

E per ottenere favori Oskar non esitò ad andare in lungo e in largo per cercare tutto ciò che poteva servirgli per "pagare" i suoi operai ebrei, per riscattarli e assicurare loro quel minimo di "protezione" che ne garantisse la sopravvivenza in un periodo storico in cui agli Ebrei in Europa era riservata davvero una "brutta fine".

Conosciamo, quindi, i suoi traffici, le sue lunghe e (apparentemente) placide conversazioni con il cinico e crudele comandante Amon Goeth, capo del campo di lavoro a Plaszow, dove migliaia di ebrei furono costretti a vivere (se di vita si può parlare) in condizioni a dir poco disumane.
Di Amon ci viene messa davanti la sua malvagità, il suo modo di "giocare" con la vita degli ebrei senza mai provare il benchè minimo rimorso.

E pagina dopo pagina ci vengono narrati episodi legati ad Oskar e alle singole persone e famiglie che ebbero a che fare con lui e a lui dovettero la vita.

Avendo visto molte volte il film tratto da questo romanzo, non posso dire di aver letto il libro con la stessa curiosità che caratterizza la lettura di qualcosa di completamente nuovo.
Ciò non toglie che il libro sia interessante e sono davvero tanti gli episodi toccanti, per la loro durezza - se pensiamo a cosa subivano i prigionieri nei campi, per mano delle SS -  ma anche per la loro umanità, se invece cerchiamo di soffermarci su quel barlume di umanità che emanavano persone come Oskar e Madritsch (o come Perlasca!), che non si trovarono "semplicemente nel posto giusto al momento giusto", ma che decisero di restare in un posto pericoloso in un momento storico difficilissimo, pur avendo i mezzi per fuggire e mettersi in salvo o, semplicemente, girare la testa da un'altra parte.

Ma non lo fecero, e si distinsero come "giusti" tra gli uomini.

La narrazione ha molti momenti lenti e ci sono un sacco di nomi e situazioni, quindi spesso la mia attenzione è calata; dovessi scegliere, vincerebbe assolutamente il film, che è molto coinvolgente e ti resta impresso.
Ad es., la scena finale, quando ad Oskar viene regalato l'anello con l'incisione: "Chi salva una vita, salva il mondo intero" non dà lo stesso brivido che invece regala il film (per chi vuol vederla....  QUI).
Però c’è un’informazione (non irrilevante) che il libro dà, rispetto al film: gli ebrei salvati da Oskar gli saranno vicini, dopo la guerra, resteranno in contatto con lui e lo aiuteranno nei momenti di difficoltà, mostrando una gratitudine commovente, un senso di lealtà da ammirare e imitare.

Ne consiglio la lettura a quanti amano interessarsi di questo periodo storico.


Articoli correlati:

Dietro le pagine di "La lista di Schindler"
Viaggiare leggendo ... Schindler's list

Recensione: LA BANALITA' DEL BENE di Enrico Deaglio

lunedì 26 gennaio 2015

Recensione: ROSEL E LA STRANA FAMIGLIA DEL SIGNOR KREUTZBERG di Helga Schneider


Un altro dei 4 libri che ho scelto di leggere in occasione della Giornata della Memoria, anche se non tratta della tragedia dell'Olocausto, pur essendo ambientato negli anni della Seconda Guerra Mondiale.

ROSEL E LA STRANA FAMIGLIA DEL SIGNOR KREUTZBERG
di Helga Schneider

Rosel e la strana famiglia del signor Kreutzberg
Ed. Tea
210 pp
8 euro
2012

Capelli biondi e occhi azzurri, pelle bianca come porcellana e un viso bellissimo: questa è Rosel, una ragazzina di 12 anni tanto bella quanto vivace e dal temperamento un tantino ribelle.

Siamo nel 1939; Rosel vive a Berlino con sua madre Edeltraud, la quale lavora presso l’elegante, ricco e prepotente signor Eugen Kreutzberg.
L’uomo è un individuo pieno di sé, che pretende il massimo dai suoi lavoratori, dei quali non fa che lamentarsi.

Ma Edeltraud fa buon viso a cattivo gioco e sopporta soprusi e umiliazioni a lavoro pur di tenerselo, in quanto è l’unica forma di sostentamento; suo marito, infatti, è morto e la donna deve mantenere sé e la figlia.

Essendo Rosel un po’ imprevedibile, Edeltraud non si fida a lasciarla sola quando lei è a lavoro, così la lascia spesso da una vicina di casa; ma un giorno questa le dà buca e la mamma porta la figlia con sé a lavoro…

E questo sarà l’inizio di un vero e proprio incubo!

Eugen è un quarantenne scapolo, non brutto e abbastanza affascinante e la prima volta che i suoi occhi si posano sulla bella Rosel, egli ne resta folgorato: è così bella che non riesce a staccarle gli occhi di dosso!
Scatta in lui, verso Rosel, un sentimento morboso, di possesso e attaccamento verso la ragazzina, che in fondo potrebbe essere sua figlia..!

Ma la lascivia non ha limiti e l’uomo comincia da subito a maturare dentro di sè desideri non proprio sani verso la figlioletta della propria dipendente.

L’uomo, in modo supponente, arrogante e subdolo, cerca di far leva sul desiderio della ragazzina di avere una figura maschile adulta di riferimento e sulla sua vanità (insita in ogni donna, sin da giovanissime), così si intrufola nella casa e nella vita di Edeltraud e Rosel, circuendo quest’ultima, tentando addirittura di metterla contro la madre, e lo fa attraverso regali costosi e affettuosità apparentemente innocenti.

Nonostante, e a causa di Kreutzberg, Rosel non vada più molto d’accordo con la mamma (che, da adulta, ha ben compreso le losche intenzioni del datore verso la propria innocente figlioletta), quando quest’ultima le verrà tolta a causa di un errore giudiziario, la ragazza sentirà tantissimo la mancanza della mamma.

Mancanza che si farà più forte quando verrà forzatamente portata in un Centro per bambini/ragazzi soli e abbandonati.

Qui Rosel scoprirà cosa vogliono dire parole come obbedienza, disciplina…, e soprattutto si renderà conto di quanto sia folle e fanatica l’ideologia nazista.
E sì, perché in questo istituto il Fuhrer è adorato come un dio e l’arianizzazione dei bambini/giovani è un obiettivo perseguito con molta (troppa) sollecitudine…!

Tra fanatiche donne, il cui unico scopo è “spezzare” il carattere ribelle della loro giovanissima ospite, e ragazzi soli tristi e passivi, le uniche note positive del Centro saranno il buon cibo (che sembra tanto più squisito se si pensa che, a causa della guerra, scarseggia) e l’amicizia con una ragazza inizialmente aggressiva ma con cui poi legherà: Henricke… La nuova amica le confida un segreto: il suo nome non è davvero Henricke, ma Zyta e la sua storia (il perché è al Centro) è davvero incredibile.

Chi è Zyta e perché è lì?
E riuscirà Rosel ad andarsene da quella comunità che sembra una caserma?

La sua mamma è in carcere…, chi potrà salvarla?
Quando le cose sembrano più nere che mai, ecco arrivare un “salvatore”…: il signor Kreutzberg in persona, ancora più pieno di sé e più spavaldo, che si propone di prenderla in affido.

Eugen sembra gentile e ben intenzionato… eppure ha degli scatti d’ira che fanno paura.

Ma chi è davvero? E perché si preoccupa tanto per lei?

Tra dubbi e speranze, la bella Rosel conoscerà la moglie di Eugen (Guste), che è succube del marito, e il figlio adolescente di lei, Raul, che odia il patrigno di un odio smisurato.

Davvero una ben stramba famiglia, quella in cui è capitata la piccola Rosel che, da una parte è contenta di non essere più nel Centro-caserma, ma dall’altra comincia ad accorgersi che Eugen è un tipo strano, inquietante e zotico.

Forse Rosel è passata da un inferno a un altro?
Cosa penserebbe la mamma se sapesse che si trova in casa dell’uomo che lei detestava?


Tra litigi e baruffe in questa famiglia singolare e a tratti un po’ inquietante, a consolare Rosel c’è la presenza confortante dell’amico alato, il corvo Salamander, che la segue ovunque vada, come fanno i veri amici del resto, no?
,

In un’Europa segnata dalla guerra e dal nazismo, dal folle piano di un austriaco coi baffetti – ossessionato dalla purezza della razza, pur non essendo lui biondo e con gli occhi azzurri – di dominare su tanti popoli…, la Schneider ci racconta le avventure di una ragazzina non ancora adolescente, che si affaccia al mondo, in un periodo storico che è tra i più difficili di sempre.

Una ragazzina che si ritrova senza madre, sola in mezzo ad adulti fissati anch’essi con le idee naziste e con principi di obbedienza militaresca che sforano nell’esaltazione, e che a un certo punto dovrà cercare di distinguere tra il bene e il male, tra persone che hanno scopi nobili verso di lei, e chi invece non ne ha.

E a volte, a raddrizzare i sentieri di chi vive nell’egoismo e nella prepotenza, può arrivare inaspettato una sorta di “angelo custode” o di grillo parlante dal piumaggio nero e lucente e che comunica con i suoi craa craa

Non ho mai letto nulla di quest’Autrice e ho scelto questo libro perché ho letto che la Schneider, in esso (e in tutte le sue opere) tratta tematiche importanti, come l’amicizia, la solitudine di ragazzi abbandonati, il comportamento perfido di uomini senza moralità… il tutto sullo sfondo della Germania degli Anni Quaranta e degli pseudoprincipi che hanno caratterizzato l’ideologia hitleriana (conseguenze annesse).

Ed è vero, in questo libro ci sono queste tematiche spinose, ma l’Autrice le affronta con leggerezza, con un linguaggio semplice, adatto ai giovanissimi, dando ai suoi personaggi e alle loro vicende un che di “singolare”, di insolito, che a volte si colora di tonalità e toni paradossali, e che è condito con un pizzico di “fiabesco” che fa risaltare in modo netto lo sfondo scuro e terribile in cui personaggi e storie sono collocati (guerra, dittatura).

Lo si legge in meno di un paio d’ore e la storia scorre con molta fluidità; restiamo in attesa di sapere cosa farà e vivrà la giovanissima e vivace protagonista, che vive la sua piccola evoluzione nel corso delle proprie avventure.

I momenti dedicati al fanatismo nazista fanno sorridere, ma dico questo perché, per quanto esso sia assolutamente tragico, in sé e nelle conseguenze (a livello individuale e collettivo) e su questo c’è poco da scherzare, i personaggi che aderiscono a questa ideologia risultano volutamente ridicoli, come se l’Autrice volesse evidenziare tutta l’assurdità del nazismo e di coloro che lo sostenevano.

C’è una caratterizzazione netta e semplice (anzi, forse per certi tratti semplicistica) dei vari personaggi, che sembrano davvero usciti da una favola moderna.

È un romanzo breve, adatto a lettori molto giovani, che permette di riflettere su temi importanti ma senza pesantezza; ammetto che m’aspettavo di più e che non mi ha entusiasmato, però può essere interessante guardare il nazismo dal punto di vista “interno”, dei tedeschi, in particolare di coloro che, pur avendo ricevuto un certo “indottrinamento”, non si sono fatti necessariamente manipolare.

Il giudizio complessivo? Mhm… carino, una lettura leggera e veloce, magari ideale da regalare a qualche rgiovanissimo lettore! ^_^

lunedì 19 gennaio 2015

Giorno della Memoria: una miniserie tratta da "Max e Helen" di Wiesenthal Simon



Il libro portato al cinema di questo lunedì è...:

MAX E HELEN
di Wiesenthal Simon


Ed. Garzanti
Trad. F. Saba Sardi 
176 pagine 
€ 9.90
Un amore nato tra le macerie di una guerra.
La vendetta di un uomo.
La giustizia nel cuore di una donna.

Trama

La vicenda di Max e Helen è una struggente storia d'amore realmente accaduta. Nata nei terribili anni della guerra e segnata dalla deportazione nazista nei campi di concentramento, è diventata per Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti per antonomasia, il simbolo di ciò che la Storia di quel periodo ha significato per i destini delle singole persone, travolti dall'onda della morte e della distruzione. 
Wiesenthal è a un passo dall'incastrare Schulze, oggi un rispettabile dirigente d'azienda di Karlsruhe, che si è macchiato di orribili delitti sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale. 
Ha solo bisogno di un testimone per corroborare il suo impianto accusatorio. Per questo rintraccia Max. Lui sa, lui ha visto di cosa è stato capace Schulze, spietato e sadico aguzzino. 
Ma non può testimoniare contro di lui. Nonostante tutto, non dirà una sola parola per inchiodarlo alle proprie responsabilità. 
Perché quella che narra Max, ora medico a Parigi, è anche la sua grande storia d'amore con Helen. 
Al momento del loro arresto erano fidanzati. Furono poi deportati nel lager di Zalesie, nei pressi di Lublino. Finita la guerra, Max l'aveva cercata disperatamente quando, nel '58, era riuscito a tornare in Polonia. E tuttavia, ritrovandola, l'aveva perduta per sempre.
Il forte impatto emotivo del libro di Wiesenthal documenta, attraverso la storia drammatica e commovente di Max e di Helen, uno dei casi più paradossali che siano mai capitati all'instancabile cacciatore di nazisti, che per una volta, e per una ragione assolutamente insuperabile, ha dovuto rinunciare a una cattura che sembrava ormai inevitabile.

L'autore.
Simon Wiesenthal (Bucˇacˇ, Ucraina, 1908 - Vienna 2005) ha studiato a Vienna e a Praga, dove si è laureato in architettura. Deportato in tredici diversi campi di concentramento durante il nazismo e fortunosamente scampato alla Shoah, nel dopoguerra ha lavorato per i servizi segreti americani e ha creato a Vienna il Centro di documentazione della lega dei perseguitati ebraici del regime nazista. Al suo talento investigativo e alla sua tenacia si devono l'individuazione e la cattura di Adolf Eichmann e di altri
aguzzini nazisti. Tra le opere di Wiesenthal pubblicate in Italia, Garzanti ha in catalogo anche Il girasole. I limiti del perdono.

"Max e Helen" è diventata una miniserie (regia di Giacomo Battiato) e andrà in onda su Rai Uno il 26 e 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria.

crescentini
Basata su una storia vera sullo sfondo di Cracovia (nel 1960) e racconta le vicende di un’intesa storia d’amore tra due giovani interpretati da Carolina Crescentini, che sarà Helen Blondel ( la figlia del console onorario francese a Venezia) e da Alessandro Averone - cioè Max Sereni, uomo dalle origini ebree - , ostacolata dall’avvento dell’occupazione nazista. 

Nel 1960, Max Sereni è stato appena rilasciato da un gulag e si spaccia per un ex-ufficiale delle SS in fuga; il suo intento è trovare il criminale di guerra che ha torturato e ucciso sua moglie Hélène. 
Il suo nome era Thomas Koeller, funzionario di un Einsatzkommando. 
averone
Max scopre la verità su Hélène e sarà il momento della verità per la sua coscienza, costretto a scegliere tra vendetta, giustizia e compassione.

Max Sereni è stato appena rilasciato da un gulag e si spaccia per un ex-ufficiale delle SS in fuga. Vuole trovare il criminale di guerra che ha torturato e ucciso sua moglie Hélène. Il suo nome era Thomas Koeller, funzionario di un Einsatzkommando. Max scopre la verità su Hélène e sarà il momento della verità per la sua coscienza, costretto a scegliere tra vendetta, giustizia e compassione. 





Non si tratta del primo riadattamento che viene fatto del libro di Simon Wiesenthal: la storia di Max e Helen è stata già riproposta in un tv movie americano uscito nel 1990 con Martin Landau nel ruolo dello scrittore. 
Il film fu però molto criticato per le “scene piuttosto forti di tortura”.

Max and Helen
USA 1990
Genere: Drammatico
durata 79'
Regia di Philip Saville





venerdì 16 gennaio 2015

Recensione: LA BANALITA' DEL BENE di Enrico Deaglio



Finalmente riesco a recensire il primo libro dedicato alla "Giornata della Memoria"!
Ho in lettura "La lista di Schindler" e devo confessarvi che è più "tosto" di quanto pensassi, infatti vado piuttosto lenta!!

LA BANALITA' DEL BENE
di Enrico Deaglio


La banalità del bene
Ed. Feltrinelli

"Lei che cosa avrebbe fatto al posto mio?".
Una domanda semplice e, allo stesso tempo impegnativa, cui è difficile dare una risposta onesta e vera.
Ma l'Autore se l'è sentita porre davvero da un uomo anziano, che gli ha raccontato la propria storia; quella storia sconosciuta per troppo tempo e troppo tardi resa nota "al mondo", e davanti alla quale ci si sente piccoli e senza parole.

"La banalità del bene" sembra un romanzo d'avventura, e in un certo senso lo è, contrassegnato com'è da caos, spari, grida, paura, lo sfondo della seconda guerra mondiale, l'incubo di vagoni pieni di gente ammassata e sfinita, in viaggio verso la morte.

Ma questo non è un romanzo: è una storia vera.

E' la storia di un uomo che ha mentito, che s'è inventato un incarico di responsabilità e un ruolo diplomatico da lui completamente lontani, che è andato di qua e di là tra le strade di Budapest rivendicando protezione per  migliaia di ebrei, sotto la bandiera del consolato spagnolo.*

Un commerciante padovano con un passato di fascista entusiasta e soldato volontario in Spagna al servizio di Franco che, in un momento storico tra i più difficili nella storia umana, ha "semplicemente" preso una decisione, si è prefisso degli obiettivi e non ha esitato a spacciarsi per un diplomaitco spagnolo (lui che era "nessuno"!) pur di perseguirli. 

A costo della propria vita..., lui che avrebbe potuto tranquillamente mettersi in salvo, decide di restare in un paese tormentato dalla guerra e perseguitato dai nazisti, e fare quello che ciascun uomo, dotato della capacità di discernere il bene dal male e convinto di scegliere il bene, dovrebbe sentirsi in obbligo di fare.

Lui, uno spettatore tra vittime e persecutori, aveva mostrato che un orrore si riesce a riconoscerlo in tempo, dai primi sintomi, e che ci si può opporre senza aspettare.


Conosciamo la storia di Giorgio attraverso i suoi racconti e il suo diario, e conosciamo "le sue gesta eroiche", che fanno di lui la persona straordinaria che è stata: un uomo sostanzialmente solo, in terra straniera, circondato da pochi amici fidati (ricordiamo Madame Tournè e l'avvocato Farkas), che sforna documenti falsi, organizza e difende otto "case rifugio", trova cibo, strappa tante persone dal viaggio verso la morte "per il rotto della cuffia", come fu con due gemelli, che un impaurito, ma allo stesso tempo coraggioso, pseudoconsole rubò nientemeno che a Adolf Eichmann.

Giorgio Perlasca e Adolf Eichmann si incontrarono per una manciata di minuti, in una mattina di ordinario macabro trasporto di ebrei ungheresi verso Auschwitz. Fu un match breve, tra un calmo tenente colonnello delle SS contro un emozionato diplomatico spagnolo. Avevano più o meno la stessa età, uno aveva il potere e l'altro non l'aveva. Ma vinse quest'ultimo, che non era diplomatico e neppure spagnolo.Di questa storia che è rimasta così impressa nella memoria di Giorgio Perlasca, quello che a me piace di più è che ci fu una scelta.L'italiano vide due ragazzi gemelli ed ebbe uno scatto pensando che si poteva fare qualcosa per evitare che fossero Uccisi. Il tenente colonnello tedesco forse non li vide neanche (me li immagino rannicchiati dentro la macchina) e, con un gesto della mano, li lasciò vivere. Per lui erano due numeri, non due persone. Un fatto statistico.

Insomma, un magnifico impostore, il nostro eroe italiano, che è però, prima di ogni cosa, solo e soltanto un uomo, e le pagine del suo diario ce lo mostrano per quello che è: un uomo che provava paura, smarrimento, ansia, ma che non ha smesso di pensare agli altri prima che a se stesso, e la consapevolezza del pericolo che correva non lo ha distolto dal suo intento: salvare vite innocente dalla follia dell'odio razziale.

Un eroe cui, giustamente, non sono mancati i dovuti riconoscimenti.

  • Premiato prima in Ungheria con l'Ordine della Stella d'Oro da parte del Parlamento
  • Giusto tra i Giusti e cittadino onorario di Israele
  • onorato dall'Holocaust Memorial Council di Washington e dal comitato Raul Wallenberg di New York
  • commendatore di numero dell'Ordine di Isabella per decreto del Re di Spagna Juan Carlos
  • In Italia, Commendatore Grand'Ufficiale.

Una storia che smuove le coscienze e che inevitabilmente ti porta ad affermare: 

Giorgio Perlasca è  un uomo cui vorremmo assomigliare 

Giorgio Perlasca, nel 1961, non andò a testimoniare a Gerusalemme e in Italia, l'articolo che raccontava quanto aveva fatto, passò del tutto inosservato. Ma se si fosse presentato al banco dei testimoni e il pubblico ministero gli avesse domandato: - Signor Perlasca. Lei era un commerciante italiano. Lei non era parte in causa. Lei avrebbe potuto scappare da Budapest. Perché ha fatto tutto quello che ha fatto? Perlasca avrebbe risposto allora con le poche parole che ripete adesso.- Vedevo delle persone che venivano uccise e, semplicemente, non potevo sopportarlo. Ho avuto la possibilità di fare, e ho fatto. Tutti, al mio posto, si sarebbero comportati come meAvrebbe forse aggiunto, con la sua lenta cadenza veneta: - Si dice in Italia: l'occasione fa l'uomo ladro, di me ha fatto un'altra cosa. E avrebbe dato la prova che anche nella più impenetrabile nebbia, esiste - perché è propria dell'animo umano - una tentazione irriducibile, indicibile, fiabesca alla banalità del bene.
Assolutamente consigliato... film compreso!


Articoli correlati:

Giornata della Memoria. Giusto tra le nazioni: Giorgio Perlasca


* L'Ambasciata spagnola rilasciò visti utilizzando una legge promossa nel 1924 da Miguel Primo de Rivera, che riconosceva la cittadinanza spagnola a tutti gli ebrei di ascendenza sefardita (di antica origine spagnola, cacciati alcune centinaia di anni addietro dalla Regina Isabella la Cattolica) sparsi nel mondo.La legge Rivera è dunque la base legale dell’intera operazione organizzata da Perlasca, che gli permette di portare in salvo 5218 ebrei ungheresi.

domenica 4 gennaio 2015

Leggere... aspettando la Giornata della Memoria



Buona domenica, amici e lettori!!

In occasione della Giornata della Memoria, che si sta avvicinando, anche quest'anno mi son ripromessa di leggere dei "libri a tema".


Per adesso, e senza voler strafare ponendomi troppi obiettivi che poi sarei costretta a disattendere (per mancanza di tempo o altri "inconvenienti"), mi propongo di leggere questi 4 libri, ma magari se ne aggiungerà qualche altro, chissà! ;)

-


LA BANALITA' DEL BENE
di Enrico Deaglio

La banalità del bene
Ed. Feltrinelli
6,50 euro
136 pp
1993

Sinossi

Una storia vera, appassionante come un romanzo di avventure: l'incredibile vicenda del commerciante padovano Giorgio Perlasca (1910-1992) che, nell'inverno 1944 a Budapest, riuscì a salvare dallo sterminio migliaia di ebrei, spacciandosi per il console spagnolo.
Era stato un fascista entusiasta e aveva combattutto in Spagna come volontario per Franco. l'8 settembre 1943 lo trovò lontano da casa, ricercato dalle SS. Avrebbe potuto mettersi in salvo, decise di rischiare la vita. 
Dal suo 'Diario', che costituisce uno dei capitoli del libro, emerge l'azione straordinaria di un solo uomo, aiutato da uno sparuto gruppo di persone, che sforna documenti falsi, organizza e difende otto "case rifugio", trova cibo. 
Insieme a Raul Wallenberg strappa ragazzi dai "treni della morte" di adolf Eichmann, inganna nazisti tedeschi e ungheresi. Un organizzatore geniale e un magnifico impostore. 
Poi, il ritorno a casa e un silenzio durato quasi mezzo secolo, fino alla sua scoperta, merito di un gruppo di donne ebree ungheresi, ragazzine all'epoca della guerra, che gli devono la vita. E' stato onorato come eroe e "uomo giusto" in Ungheria, Israele, Stati Uniti, Spagna e infine, grazie a questo libro, anche in Italia.

sabato 3 gennaio 2015

RICORDARE MAUTHAUSEN di Patrizia Marzocchi: per riflettere sull'importanza della memoria storica



Buongiorno amici e lettori!
Com'è iniziato questo nuovo anno?
E le vostre letture?

Io ho tre libri in lettura...; al solito, non mi basta un solo libro alla volta...!

Ma con questo post non voglio parlarvi delle mie letture, bensì segnalarvi un romanzo che nel corso del 2014 ha ricevuto diversi riconoscimenti, e che è in tema con il Giorno della memoria, che si avvicina.
Il romanzo si rivolge indicativamente alla fascia d'età 11-15.

La storia - sebbene centrata sulla vicenda della Shoah - è ambientata ai giorni nostri; tratta argomenti di sensibilità sociale (bullismo e razzismo), esistenziale e storica.


Secondo classificato al Premio G. Arpino, 
inserito nel progetto Gutenberg, vincitore del Premio Minerva, 
vincitore del premio Il castello volante.

RICORDARE MAUTHAUSEN
di Patrizia Marzocchi


Ricordare Mauthausen
Gruppo Editoriale Raffaello
168 pp
8.30 euro
Antisemitismo, razzismo, bullismo: diverse facce dell'intolleranza ieri come oggi

Trama

Mariangela ha appena terminato con successo il primo anno di liceo, ha una famiglia benestante, frequenta una compagnia esclusiva, ha un'amica del cuore cui è molto legata. Improvvisamente, tutto il suo mondo crolla: la fabbrica del padre fallisce e la sua famiglia, ridotta in povertà, deve trasferirsi presso i parenti che vivono in campagna. Mariangela non trova il coraggio di confidarsi con gli amici e sparisce senza lasciare tracce.

Odia tutto della nuova casa, del nuovo paese.

La presenza del nonno, reduce del campo di concentramento di Mauthausen, la spinge alla ricerca delle radici ebraiche della sua famiglia. E' però tutto molto difficile perché il nonno non vuole parlare del passato. Emerge inoltre l'esistenza di un rancore profondo tra la famiglia di Mariangela e quella di uno strano ragazzo del paese, che lotta, insieme alle sorelle, contro un gruppo di bulletti razzisti.

Le atrocità subite dagli ebrei sotto il regime nazista affiorano lentamente attraverso il sofferto racconto del nonno che per la prima volta nella sua vita decide di affrontare il ricordo dell'esperienza che aveva racchiuso in un “cassetto” della mente.

Lotta contro la prevaricazione, amicizia, amore concorrono a disegnare una rete che unisce il presente al passato e delinea un nuovo futuro.

L'autrice.
Patrizia Marzocchi - Vive a Bologna e insegna lettere nella scuola secondaria di primo grado. Ha frequentato un corso di giornalismo presso l’Università di Ferrara, ha compiuto molti viaggi che hanno ispirato i suoi romanzi. Ha pubblicato numerosi libri per ragazzi. 

lunedì 30 giugno 2014

IN FUGA DAI NAZISTI di Robert Marshall (CINEROMANZO)



cineromanzo

Di recente uscito questo libro ispirato ad una storia vera:

IN FUGA DAI NAZISTI
di Robert Marshall


Ed. Newton Compton
288 pp
9.90 euro
Giugno 2014
Sinossi

Sopravvissero per 14 mesi nascosti nei sotterranei della città per scampare all’orrore dell’Olocausto 

Nel pieno della seconda guerra mondiale i nazisti stanno mettendo a ferro e fuoco il ghetto della città ucraina di Leopoli: tutti gli ebrei devono essere uccisi o spediti nei lager. 
Non c’è via di scampo, le SS sono ovunque.
I bambini vengono trucidati, le madri si suicidano, le esecuzioni sommarie si ripetono con fredda precisione. 
Ma un gruppo di ebrei, tra cui due bambini, trova un modo incredibile per sottrarsi alla tragedia: se le strade non sono più sicure, la salvezza può essere solo sottoterra. 
Decidono così di calarsi nelle fognature della città, e qui rimangono – al buio, tra ratti, fango ed escrementi – per ben quattordici mesi.

Il loro unico contatto con il mondo esterno, la sola fonte di cibo, di informazioni e di speranza è Socha, addetto alla manutenzione delle fogne. 
Ha un passato oscuro alle spalle, ma è deciso a salvare gli ebrei in fuga, con l’aiuto di due colleghi. Si fa pagare profumatamente per i suoi servizi, ma finirà per aiutarli a sopravvivere anche mettendo a rischio la sua stessa vita. 
Saranno però in molti a morire: alcuni saranno travolti dalla furia delle acque, i più fragili si suicideranno, altri ancora non reggeranno alle condizioni fisiche estreme. 
Quando finalmente i russi libereranno la città, i coraggiosi superstiti rivedranno la luce. 
Un inferno di oscurità durato dal primo giugno 1943 al 28 luglio 1944. 
Ormai ridotti a scheletri irriconoscibili, riemergeranno come spiriti tornati sulla Terra dall’oltretomba.

L'autore.
Robert Marshall, scrittore, autore e regista, ha collaborato per anni con la BBC e ha firmato innumerevoli opere teatrali e televisive. Tra i suoi libri ricordiamoAll the King’s Men, opzionato all’epoca da Stanley Kubrick, eStorm From the East, rimasto in cima alla classifica del «Times» per due mesi. In fuga dai nazisti è il frutto di lunghe ricerche e di interviste ai protagonisti sopravvissuti e ai loro parenti, realizzate in prima persona

,
Da questo libro ( In the Sewers of Lvov) è stato tratto il film In Darkness, che ha ottenuto una nomination agli Oscar come miglior film straniero.

Il film racconta la drammatica vicenda di Leopold Socha, un operaio fognario che durante l'occupazione nazista in cambio di denaro (usato per il loro mantenimento) nascose nelle fogne della città di Leopoli diverse famiglie ebree, rifornendole di acqua e cibo per 14 mesi e salvandole così da morte certa.

DATA USCITA: 24 gennaio 2013
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
REGIA: Agnieszka Holland
SCENEGGIATURA: David F. Shamoon
ATTORI: Robert Wieckiewicz, Benno Fürmann, Agnieszka Grochowska, Maria Schrader



PAESE: Germania, Francia, Polonia
DURATA: 145 Min


sabato 5 aprile 2014

Recensione LA MIA AMICA EBREA di Rebecca Domino



Buongiorno e buon sabato!!
Eccomi con una recensione: un  libro che mi ha commosso e preso molto emotivamente e per il quale ringrazio l'Autrice Rebecca Domino, per avermelo fatto leggere!!

N.B.: mi rendo conto che la recensione è lunga, ma sulla trama dico lo stretto necessario (la situazione iniziale), il resto è frutto delle considerazioni psicologiche sulla protagonista e sul contesto.

LA MIA AMICA EBREA
di Rebecca Domino


lulu.com
300 pp
1.99 euro
USCITA 27 GENNAIO
2014
Trama

Amburgo, 1943. La vita di Josepha, quindici anni, trascorre fra le uscite con le amiche, le lezioni e i sogni, nonostante la Seconda Guerra Mondiale.
Le cose cambiano quando suo padre decide di nascondere in soffitta una famiglia di ebrei.
Fra loro c'è Rina, quindici anni, grandi e profondi occhi scuri.
Nella Germania nazista, giorno dopo giorno sboccia una delicata amicizia fra una ragazzina ariana, che è cresciuta con la propaganda di Hitler, e una ragazzina ebrea, che si sta nascondendo a quello che sembra essere il destino di tutta la sua gente.
Ma quando Josepha dovrà rinunciare improvvisamente alla sua casa e dovrà lottare per continuare a sperare e per cercare di proteggere Rina, l'unione fra le due ragazzine, in un Amburgo martoriata dalle bombe e dalla paura, continuerà a riempire i loro cuori di speranza.
Un romanzo che accende i riflettori su uno dei lati meno conosciuti dell'Olocausto, la voce degli "eroi silenziosi", uomini, donne e giovani che hanno aiutato gli ebrei in uno dei periodi più bui della Storia.



L'autrice.
Rebecca Domino è nata nel 1984, e da sempre è appassionata di scrittura. Dopo aver messo da parte questa sua grande passione per molti anni, è tornata a scrivere e adesso e' cio' che le piace di piu' fare. E' anche un'appassionata viaggiatrice e lettrice. "La mia amica ebrea" e' il suo primo romanzo.



il mio pensiero

I libri ambientati nel difficile periodo della Seconda guerra Mondiale sono da sempre letture che affronto molto volentieri, che mi commuovono e mi toccano nel profondo; il pensiero di ciò che è accaduto, le barbarie di cui gli uomini sono stati capaci di macchiarsi nei confronti dei loro stessi simili, è qualcosa che non mi lascerà mai indifferente, a prescindere dal tempo che passerà dai quei tristi e specifici fatti legati a quel momento storico.
Ovviamente, questo vale per ogni genere di genocidio, ingiustizia, crudeltà che avviene a qualsiasi latitudine ed epoca: la sofferenza di altri esseri umani ad opera di gente senza scrupoli non può e non deve mai farci scrollare le spalle pensando che si tratta, in fondo, di cose lontane da noi, e per tempo e per distanza geografica.

La mia amica ebrea è un romanzo ambientato nel cuore del secondo conflitto che ha sconvolto e mutato il mondo.
Siamo ad Amburgo, nel quartiere Wandsbek (QUI abbiamo visto brevemente alcune informazioni su questo quartiere e il campo di concentramento sito lì vicino, anche se poi, giunta a fine libro, mi sono accorta che ne parlava l'Autrice stessa); è il 1943 e il lettore è immerso nella storia attraverso il punto di vista di una ragazzina di 15 anni, Josepha, detta Seffi.

Seffi è tedesca, vive con la mamma, il papà e il fratello maggiore Ralf.
La guerra ormai dura già da un po' di anni e si fa sentire in tutta la sua spietatezza nella vita delle persone e quindi della nostra protagonista, che divide essa stessa la propria breve vita in "prima" e "dopo" la guerra: un prima caratterizzato da spensieratezza e serenità e un dopo costellato di ansia, paura, incertezza, privazioni.

Ansia e paura per una guerra che sta portando rovina e morte, che sta togliendo la vita a tanti uomini al fronte; il papà di Seffi ha combattuto per la "grande Germania" ma è tornato mutilato, senza una gamba e Seffi si è accorta di quanto la guerra, vista faccia a faccia dall'uomo, lo abbia poi cambiato nel profondo.
Ansia e paura perchè dal cielo - così ampio, infinito, così azzurro e terzo in quest'estate del 1943, così scuro e profondo di notte - piovono bombe, portatrici di morte, fiamme, perdita di tutto.
Amburgo è martoriata da continui bombardamenti e questo costringe Seffi e i suoi concittadini a correre in fretta e furia nelle cantine, al primo rumore di bombe lanciate, fosse anche in lontananza.

Seffi ci introduce nei suoi pensieri di ragazza che non comprende fino in fondo se e quanto valga davvero la pena fare questa guerra, da parte di Hitler e compagni; sì, è vero, la Germania è forte e di certo vincerà, ma tutto questo terrore, questi fischi nelle orecchie, questo cuore che trema al primo rumore... non sono forse un prezzo troppo alto?
Seffi sente che non è giusto vivere così, sempre all'erta, sempre pronti a scappare giù in cantina, con la paura che la casa crolli addosso, sotto le bombe che distruggono e rendono tutto un cumulo di macerie.
Ma così è: lei è tedesca e crede che Hitler sia nel giusto.
Del resto ci credono tutti quelli che le gravitano attorno, dal fratello alle amiche di sempre.
Ci credono tutti, insomma, e non sarà certo lei a mettere in dubbio questa verità: Hitler è la guida di cui la Germania aveva bisogno per dominare, essere grande e pura, obiettivo che va raggiunto scacciando chiunque minacci la purezza della razza ariana: in primis... gli ebrei.
Ebreo.
Cinque lettere che nascondo però una caterva di pregiudizi, di disprezzo, odio da parte dei tedeschi, che hanno già cominciato da tempo a mostrare a quel popolo di perdenti chi comanda, chi ha diritto di lavorare, andare a scuola, passeggiare nel parco, tenere un negozio aperto....
Chi ha diritto di vivere, insomma; un diritto che lo "sporco ebreo" non ha.
Seffi sa che anche questo è un dato di fatto e mai lo metterebbe in discussione: l'ebreo è un fungo velenoso, va schiacciato e mandato via, ucciso, distrutto, prima che inquini il mondo..., prima che si insinui nella razza pura.
Ma allora come si spiega ciò che accade una notte, una di quelle senza bombe, in cui per una volta si cerca di dormire..., quando suo padre accoglie in casa tre persone in cerca di aiuto, in cerca di un riparo?
Queste tre persone appartengono alla peggior razza del mondo, ai nemici numero uno della Germania: gli ebrei!!!
Sono tre ebrei: una madre con i suoi tre figli, che hanno perso il marito/padre e che adesso cercano un posto in cui nascondersi, perchè sanno che la fine che fanno i giudei è davvero brutta.

-
E loro tentano di salvarsi, chiedendo aiuto a lui, al signor Faber; al buon Faber, amico del marito della signora ebrea, così magra, così spaventata, con al seguito i suoi figli, altrettanto impauriti ed esili.
E cosa fa il padre di Seffi?
Nonostante le urla e le minacce del figlio Ralf (di denunciare gli ebrei e il padre alla Gestapo) e i piagnucolii della moglie, l'uomo accoglie in casa la famiglia dell'amico ebreo; "Per una notte" - dice "una soltanto; domattina andranno via".


Ma non sarà così: gli ebrei verranno ospitati su in soffitta, all'insaputa di Ralf, a dispetto delle lamentele della moglie Sabine e dei dubbi della stessa Seffi, che proprio non comprende cosa spinga suo padre ad aiutare quei tre individui, appartenenti ad una razza inferiore, che Hitler ordina di scacciare e denunciare. affinché vengano inviati nell'unico posto a loro destinato: quei campi di cui tanto si parla, in cui si dice che muoiano a furia di lavorare.

Mi sono soffermata un po' di più sulla parte iniziale perchè ritengo sia fondamentale per capire come si è poi evoluto il pensiero di Seffi nel tempo.

Dall'avere una opinione negativa degli ebrei, la giovane imparerà, con i giorni, a farsi delle domande, a chiedersi se davvero quei tre in soffitta, che devono accontentarsi di una stanza scura e squallida, con le tende chiuse (da non aprire mai, per nessuna ragione! Qualcuno potrebbe vederli e che ne sarebbe di loro e della famiglia di Seffi?!?), di qualche tozzo di pane al giorno, sono uguali a loro, e meritano quindi di vivere, di essere liberi e non disprezzati e perseguitati.
Sarà davvero difficile per lei farsi queste domande che mettono in discussione tutto il bagaglio di conoscenze e preconcetti maturato in 15 anni di vita, ma Seffi è una ragazza intelligente, che sa chiedere ed ascoltare; grazie ad un padre saggio e buono, il dubbio che Hitler possa aver torto si insinua nella sua testa e il cuore le suggerisce di provare a parlare con questi ebrei, soprattutto con la ragazzina, e vedere se è o no tanto diversa da lei.
In fondo, Seffi si sente meno compresa e più sola di quanto non voglia ammettere; sì, è vero, ha le sue tre amiche di sempre, ma loro son diverse da lei, più vivaci e chiacchierone, mentre Seffi è emotiva, incline a meditare, a scrivere e inventare storie.
Seffi è capace di perdersi davanti alla bellezza di una natura che, a dispetto della bruttezza di una guerra in corso, non smette di riempirle il cuore con i suoi colori, i suoni, i profumi e il pensiero di un futuro migliore del presente si affaccia alla sua mente e l'aiuta a non scoraggiarsi, neanche davanti alle bombe che continuano a cadere, di notte.
Vivere ogni giorno come fosse l'ultimo ma, allo stesso tempo, non smettere di pensare che tutto questo finirà e che lei potrà ancora giocare, scrivere ed essere felice.
Ne ha il diritto, no?
E l'ebrea, quella ragazzina - che solo dopo un po' di tempo Seffi scopre che si chiama Rina - non ha anche lei il medesimo diritto?
Forse per lei, sua madre e il burbero fratello Uriel c'è solo buio e terrore senza fine?

Dall'essere l'ebrea che si nasconde in casa, Rina diventerà poco a poco una coetanea in carne ed ossa, una ragazza che vorrebbe andar fuori, parlare con le amiche, guardare il cielo, respirare l'aria di fuori, leggere libri... ma che deve in realtà adattarsi alla vita (se di vita si può parlare) in un nascondiglio buio e puzzolente.
Rina è un essere umano e ha le stesse paure, gli stessi desideri, le stesse aspirazioni di Seffi e così, prima attraverso una corrispondenza "epistolare" e poi trascorrendo del tempo insieme, Seffi e Rina impareranno a conoscersi, ad apprezzarsi, a capirsi, a confidarsi, a volersi bene.
Scopriranno (Seffi in primis) che a dividerle finora era stato un muro di pregiudizi e false verità che altri avevano innalzato per loro, un muro che può essere abbattuto perchè, come dice suo padre, siamo tutti uguali, non ci sono razze migliori o peggiori, individui che hanno più di altri il diritto di vivere ed essere felici, ma che tutto questo appartiene all'uomo per il solo fatto che è uomo.
E' un processo di consapevolezze, questo, graduale, che il lettore segue passo passo con Seffi, condividendo le sue domande, i dubbi, le parole scambiate con Rina, i gesti di amicizia, i tentativi di non essere come gli altri tedeschi, che odiano senza che poi ci sia un vero perchè.
Un'amicizia che nasce pian piano, senza forzature ma in base al crescere della consapevolezza che Rina e la sua famiglia sono esseri umani come lei, che soffrono, piangono, si ammalano, sperano, desiderano.
Un'amicizia che sarà fonte di felicità per entrambe; certo, una felicità adombrata dalla paura che i tre clandestini vengano scoperti (con tutto ciò che ne consegue) ma comunque un rapporto d'affetto che farà crescere entrambe le ragazze, che diventeranno tutto l'una per l'altra.

Un'amicizia che rimane salda anche lì dove la paura di morire avrebbe potuto spezzarla; un'amicizia che si solidifica di nascosto e forse proprio per questo trova il modo per crescere forte e vera, perchè voluta, coltivata, protetta, a dispetto di tutto e tutti.

Seffi dimostrerà coraggio e generosità e lo farà in un tempo in cui la gente attorno a sè pensa solo a come fare per sopravvivere, per salvarsi la pelle; tra cumuli di macerie e case distrutte, Seffi saprà dimostrare l'amicizia e l'affetto per un'ebrea che ha davanti a sè solo la prospettiva del campo, dell'arresto, della morte.

Un romanzo davvero bello, scritto bene, accurato (l'Autrice dimostra di aver fatto molte ed accurate ricerche su luoghi, contesti, periodo), la cui narrazione in prima persona rende il tutto molto "intimo", ideale per riflettere con la protagonista sui pensieri, i modi di vedere di una ragazzina che è cresciuta in un contesto ma che pure ha saputo andare oltre ciò che le è stato inculcato.
Il ritmo è pacato, riflessivo, c'è spazio per seguire i pensieri e le emozioni di Seffi, si ha l'impressione di essere lì con lei, di sentire davvero il rumore delle bombe, di guardare insieme a lei il cielo terso, di essere con lei in soffitta a parlare con l'amica Rina; un linguaggio semplice ma preciso allo stesso tempo, adatto all'età della protagonista, il cui tratteggio psicologico è delineato molto bene.

Una storia che tocca e commuove perchè pone l'accento su diversi temi: sulla forza dei pregiudizi, su come sia difficile ma non impossibile sradicarli; su come non tutti i tedeschi abbiano chiuso orecchi ed occhi davanti alle crudeltà verso gli ebrei, tanti dei quali erano amici, vicini, compagni di scuola; su come l'affetto e l'amicizia sinceri vincano su paura, ignoranza, rabbia e siano capaci di manifestarsi anche in un momento storico in cui è facile che dominino egoismo e omertà.

Faccio i miei complimenti all'Autrice e non posso che consigliare la lettura del libro "La mia amica ebrea".


martedì 1 aprile 2014

Viaggiare leggendo... ad Amburgo, durante la guerra



Buongiorno amici e lettori!!!

travel.... reading
Cominciamo la giornata con la rubrica "Viaggiare leggendo" e soffermiamoci brevemente sulla località in cui è ambientato uno dei libro in lettura:

LA MIA AMICA EBREA
di Rebecca Domino


lulu.com
300 pp
1.99 euro
USCITA 27 GENNAIO
2014
Trama

Amburgo, 1943. La vita di Josepha, quindici anni, trascorre fra le uscite con le amiche, le lezioni e i sogni, nonostante la Seconda Guerra Mondiale. 
Le cose cambiano quando suo padre decide di nascondere in soffitta una famiglia di ebrei. 
Fra loro c'è Rina, quindici anni, grandi e profondi occhi scuri.
Nella Germania nazista, giorno dopo giorno sboccia una delicata amicizia fra una ragazzina ariana, che è cresciuta con la propaganda di Hitler, e una ragazzina ebrea, che si sta nascondendo a quello che sembra essere il destino di tutta la sua gente. 
Ma quando Josepha dovrà rinunciare improvvisamente alla sua casa e dovrà lottare per continuare a sperare e per cercare di proteggere Rina, l'unione fra le due ragazzine, in un Amburgo martoriata dalle bombe e dalla paura, continuerà a riempire i loro cuori di speranza.


Un romanzo che accende i riflettori su uno dei lati meno conosciuti dell'Olocausto, la voce degli "eroi silenziosi", uomini, donne e giovani che hanno aiutato gli ebrei in uno dei periodi più bui della Storia.

L'autrice.
Rebecca Domino è nata nel 1984, e da sempre è appassionata di scrittura. Dopo aver messo da parte questa sua grande passione per molti anni, è tornata a scrivere e adesso e' cio' che le piace di piu' fare. E' anche un'appassionata viaggiatrice e lettrice. "La mia amica ebrea" e' il suo primo romanzo
.

Wandsbeker Marktstr.,  Hamburg - Wandsbek (1999)
La storia narrata nel libro - che è davvero molto bello, scritto bene e si legge con molto interesse - è ambientata negli anni del Secondo Conflitto Mondiale ad Amburgo, in Germani, più precisamente a Wandsbek.
Wandsbek è un distretto di Amburgo (ce ne sono 18), che è la seconda città più popolosa della Germania, dopo Berlino.

Durante la seconda guerra mondiale Amburgo fu sottoposta ad una serie di devastanti raid aerei, come del resto è testimoniato dalla giovanissima protagonista Josepha.
Gli Alleati aveva messo a punto una strategia di bombardamento che (mediante l'uso di spezzoni incendiari da 4 libbre, sganci a grappolo, studi sull'impianto topografico dei centri storici facilmente infiammabili, situazione meteorologica, ecc.) poteva innescare un'unica e gigantesca tempesta di fuoco autonoma per almeno trenta minuti. 
Lo stesso Arthur Harris, capo del Bomber Command, battezzò l'attacco su Amburgo col nome di “Gomorra”, dando a intendere quali fossero le intenzioni circa il destino della città.

La notte del 28 luglio 1943 si generarono colpi di vento infuocato a 75 metri al secondo. Le case bruciarono per il solo effetto del calore e circa 50.000 persone furono sterminate. 
I cadaveri vennero ritrovati soprattutto nei rifugi sotterranei come le cantine, trasformati improvvisamente in enormi forni crematori. 
Alla fine della guerra, la città era ridotta a 43 milioni di metri cubi di macerie (compreso il centro storico), pur non raggiungendo la totalità della distruzione come invece accadde in altre città.
.
L'Autrice ha dimostrato di essersi ben documentata a livello storico non solo in merito ai bombardamenti ma anche perché cita un campo di concentramento che era sito proprio vicino Amburgo, a 30 km a sud-est: il lager di Neuengamme, aperto nel dicembre del 1938.

Dopo l'occupazione della Polonia, Himmler voleva avere a disposizione un Lager capace di accogliere 40.000 polacchi e così nella vecchia fabbrica di mattoni cominciarono affluire trasporti di piccola entità, 200 - 250 persone, tutte destinate a produrre mattoni. 
La materia prima, l'argilla veniva estratta da una cava che si trovava già dentro il recinto del Lager.

Nel marzo del 1940, quello che inizialmente era essenzialmente un Lager dove si producevano mattoni, si trasformò in un Lager terrificante.

Nei primi tempi, da Neuengamme venivano inviati continuamente deportati a Bernburg, uno dei sei centri dove si praticava l'eutanasia, per venire poi gasati.

Inizialmente i trasporti verso questo Lager contavano poche centinaia di persone per divenire consistenti.
Alla fine del 1940 contava già 5.000 deportati (430 erano morti negli ultimi mesi); a fine 1941 i deportati erano saliti a quasi seimila. A fine 1943 la forza del Lager arrivò a 25.700 deportati e a fine 1944 il Lager conta 48.800 deportati, di cui circa 10.000 donne ed i morti quell'anno superarono le 8.000 unità.

Alla fine di marzo del 1945 si contavano 87.000 uomini e 13.000 donne, ma i trasporti continuarono ad arrivare ed arrivarono pure i gruppi inviati dalla Gestapo di Amburgo per essere impiccati o fucilati dentro il Lager.

Il Lager di Neuengamme con i suoi 80 sottocampi divenne il più grande Lager della Germania settentrionale: passarono dentro i suoi reticolati circa 104.000 deportati e si stima che fra i 45.000 ed i 55.000 non sopravvissero.

fonti: Wikipedia - http://www.deportati.it/neuengamme_canale/default.html - 

lunedì 27 gennaio 2014

Storie di chi è sopravvissuto



In tv stanno dando un film documentario su una donna piena di talento che ha vissuto il dramma dei campi di sterminio....

LA PIANISTA BAMBINA
di Greg Dawson


La pianista bambina
Ed. Piemme
Trad. L. Rosaschino
272 pp
10 euro
2011
Trama

Per cinquant’anni della sua vita, il 25 dicembre Greg ha festeggiato con la famiglia il Natale e il compleanno di sua madre. 
E neppure un giorno, per mezzo secolo, ha sospettato quale enorme segreto potesse nascondersi dietro le candeline soffiate, i regali e gli addobbi. 
Un segreto che sua madre, a più di ottant’anni, decide di svelare.
Ed è così, all’improvviso, che la storia, la Grande Storia, entra nella vita di Greg, con un consunto spartito di Chopin che la donna, musicista di talento, conserva religiosamente.
Il racconto inizia molto tempo prima, in Ucraina, dove la piccola Zhanna, sostenuta dal padre, un pasticciere di Minsk, studia pianoforte rivelando da subito un talento non comune. 
Ma quando, nel 1941, i tedeschi invadono l’Ucraina e moltissimi ebrei, compresa la sua famiglia, vengono deportati verso i campi di sterminio, il suo sogno di bambina si trasforma in incubo. 

«Ci hanno messi in colonna, diretti a nord. Sapevamo che ci avrebbero uccisi, perché a nord non c’era niente. Mio padre allora mi diede la sua giacca e mi disse: “Non m’importa come, ma vivi”.»

Da quel giorno, Zhanna non sarà più Zhanna. Si chiamerà Anna, invece. 
Avrà un nuovo atto di nascita, un nuovo compleanno, una nuova religione. 
Solo quello spartito di Chopin nascosto sotto i vestiti a proteggerla dalla follia e dall’orrore del mondo, unico brandello di infanzia che le è rimasto.
Poco alla volta, la storia di Zhanna rivive agli occhi di Greg, che scoprirà che quelle note che nelle sue notti di bambino lo accompagnavano nel sonno, erano il modo dolce di sua madre di renderlo partecipe del suo segreto. 
Come una confessione sussurrata a mezza voce.

,


L'autore.
Greg Dawson lavora come giornalista per "The Orlando Sentinel". La pianista bambina, il libro che racconta l’incredibile storia di sua madre Zhanna, è un bestseller in corso di pubblicazione in sette paesi
.





,
zhanna in alto a sinistra


.
a sinistra

Shoah: Schindler, tra il film e la testimonianza dei sopravvissuti



Image and video hosting by TinyPic
.
Ieri sera su LA7 davano "La chiave di Sarah", film che possiedo in dvd e che ho visto non molto tempo fa (la recensione sul romanzo la trovate sul blog!!); ho scelto quindi di metter su "Schindler's List" di Spielberg, che riesce sempre a toccarmi profondamente.

locandina
Il film si basa sul romanzo La lista di Schindler di Thomas Keneally basato sulla vera storia di Oskar Schindler.

L'industriale tedesco Oskar Schindler, in affari coi nazisti, usa gli ebrei come forza-lavoro a buon mercato. Gradatamente, pur continuando a sfruttare i suoi intrallazzi, diventa il loro salvatore, strappando più di 1100 persone dalla camera a gas

Il film è stato girato in bianco e nero tranne alcuni inserti come la bambina con il cappottino rosso e la sequenza nel finale del film, interamente a colori, quando, ai giorni nostri, vengono rispettosamente deposti i sassi sulla tomba del vero Oskar Schindler presso il cimitero di Gerusalemme.
La bambina vestita di rosso in realtà si chiamava Roma Ligocka e contrariamente a quello che succede nel film, sopravvisse alla Guerra.
Steven Spielberg ha deciso di usare parte degli incassi per creare la Survivors of the Shoah Visual History Foundation, organizzazione no-profit per una collezione audio-video delle testimonianze di circa 52.000 sopravvissuti.
7 Oscar: film, regia, fotografia di Janusz Kaminski (in bianconero, tranne prologo ed epilogo), musica di John Williams, montaggio, scenografia e sceneggiatura.


In merito a questo film,  segnalo un libro-testimonianza che racconta proprio l'esperienza di Schlinder, vista attraverso gli occhi del ragazzino più giovanepresente tra gli oltre 1000 ebrei da lui salvati: Leib Leizon (Leon Leison).

(in inglese)

IL BAMBINO DI SCHINDLER
di Leon Leyson


Il bambino di Schindler
Ed. Mondadori
Gennaio 2014
196 pp
14 euro
Trad. E. Costantino
ill. S.M.L.Possentini
Sinossi

Un piccolo villaggio, i fratelli, gli amici, le corse nei campi, il bagno in un fiume limpido: questa è la storia vera di Leon, quella di un mondo spazzato via all'improvviso dall'invasione dei nazisti. 
Quando nel 1939 l'esercito tedesco occupa la Polonia, Leon infatti ha soltanto dieci anni. 
Ben presto lui e la sua famiglia vengono confinati nel ghetto di Cracovia insieme a migliaia di ebrei. 
Con coraggio e un pizzico di fortuna Leon riesce a sopravvivere in quello che ormai sembra l'inferno in terra e viene assunto nella fabbrica di Oskar Schindler, il famoso imprenditore che riuscì a salvare e sottrarre ai campi di concentramento oltre milleduecento ebrei.
In questa testimonianza rimasta a lungo inedita, Leon Leyson racconta la propria storia straordinaria, in cui grazie alla forza di un bambino l'impossibile diventa possibile.

Leon ha incontrato Oskar  una sola volta dopo la guerra, nel 1972, quando un gruppo di sopravvissuti lo invitò a Los Angeles; Leon era tra coloro che gli diedero il benvenuto in aeroporto; Leon non era sicuro che Oskar potesse riconoscerlo, ma lui disse: 

"Io so chi sei! Il piccolo Leyson!"

.

L'autore.
Leon Leyson è stato il membro più giovane della lista di Schindler. Convinto che nessuno sarebbe stato interessato alla sua storia, ha evitato di parlarne fino a quando il film Schindler's List non ha catturato l'attenzione di tutto il mondo.
Ha insegnato per trentacinque anni nel liceo di Huntington Park, in California. Per il suo impegno come educatore e testimone dell'Olocausto ha ricevuto una laurea ad honorem in Lettere dalla Chapman University. È scomparso nel gennaio 2013
.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...