sabato 3 aprile 2021

Recensione: FIORE DI ROCCIA di Ilaria Tuti



Tra le pagine - meravigliose e dolorose insieme - di questo romanzo storico, l'Autrice mi ha portato in Friuli, indietro negli anni, in quelli difficili del primo conflitto mondiale (in particolare nel 1915), e mi ha permesso di conoscere delle donne straordinarie, coraggiose, che meritano di essere ricordate e ammirate perché diedero il loro prezioso contributo nel sostenere i soldati italiani impegnati lungo il fronte della Carnia: sono "le portatrici", donne di diverse età che durante la guerra prestarono la loro schiena, le loro gambe, le loro energie fisiche ed emotive alla Patria; ognuna di loro mise a rischio la propria vita per trasportare dentro una gerla portata in spalla rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane.



FIORE DI ROCCIA
di Ilaria Tuti

Longanesi
320 pp
«Non conosco le rose. C’è invece un’espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo ’fiore di roccia’.» (...). «È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno, sospetto, di tenerci in vita.»

Il prologo di questo bellissimo libro è collocato nel 1976, quando la terra in Friuli ha tremato a causa di un forte terremoto: in questa occasione la protagonista torna nel suo paese d'origine, e affondare le mani nella propria terra natia riporta la sua mente a decenni prima, quando era una donna giovanissima, chiamata dalla Storia a dare il proprio contributo a una guerra sanguinosa.

Agata Primus è una ragazza orfana di madre; vive da sola col padre ammalato e ormai allettato, di cui lei si prende amorevolmente cura con la tenacia e la pia devozione di una figlia che sa di dover rendere al proprio genitore bisognoso tutte le premure di cui necessita.
I suoi due fratelli sono andati in guerra, non si sono fatti più sentire e su di loro pesa il sospetto di collaborazionismo con il nemico austriaco.
Agata deve tirare avanti da sola quel che resta della sua famiglia, nel paesino di Timau*, sfiancato dalla fame, dalla povertà, da una guerra profanatrice e crudele, che priva le donne di mariti e figli, e che adesso proprio a loro chiede un aiuto, e non di poco conto.

È il parroco del paese a farsene portavoce: i battaglioni sul confine con l'Austria sono in estrema difficoltà e il Comando supremo chiede aiuto alla popolazione della valle: 

"Servono spalle, per assicurare i collegamenti con i depositi del fondovalle."

La voce di Agata ci giunge tristemente consapevole del grande sacrificio che i comandanti italiani stanno chiedendo a un "branco morente", quali sono le donne (giovani e non) con accanto i loro bambini: "lupe stanche, cuccioli affamati", "Abbiamo grandi occhi lucidi, ventri concavi e schiene vigorose avvolte negli scialli neri della tradizione.".

Eppure quelle donne non esitano (e se qualcuno lo fa, è solo per qualche attimo): i soldati (tra i quali ci sono anche i loro uomini, nel corpo degli alpini) hanno bisogno di loro e nella valle risuona la voce di una delle donne: "Andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame."

Agata, Lucia, Viola...: sono donne semplici, "di montagna", con scarsa istruzione, e soprattutto sono affamate (hanno "denti che potrebbero divorare il mondo tanto è il vuoto che masticano abitualmente"), magre, hanno già il peso di una vita fatta di lavoro nei campi e incombenze domestiche, eppure non si tirano indietro: hanno "braccia talmente forti da poter cingere il mondo intero" e sono pronte a caricarsi di pesanti gerle e percorrere "milleduecento metri di salita nervosa affacciata sui burroni" per rendersi utili.

Guardiamo tutto attraverso gli occhi di Agata, che con la risolutezza, il coraggio e il realismo che le appartengono, ci descrive ogni passo, ogni timore, ogni sospiro, ogni fatica vissuta da questo corpo di donne, le quali non sono militari ma hanno lo stesso avuto un ruolo importantissimo nell'economia bellica.

Il loro primo incontro con i militari del campo non sembra essere dei migliori: i soldati afferrano famelici e furiosi le gerle per controllarne il carico di ognuna; lo stesso comandante Colman ha un breve scontro con Agata e cerca di metterla in riga, ricordandole che devono obbedirgli anche se sono delle semplici volontarie.

Sono donne e, in quanto tali, a loro non è chiesto di capire le ragioni della guerra, ma solo di obbedirvi.

Ciò che Colman non sa - e, con lui, gli stessi alpini ai suoi ordini - è che queste donne sono povere e affamate sì, sono poco istruite, ma hanno una grandissima dignità e uno spirito di sacrificio da cui c'è solo da imparare.

"La nostra capacità di bastare a noi stesse non ci è stata riconosciuta, né concessa. L’abbiamo tessuta con la fatica e il sacrificio, nel silenzio e nel dolore, da madre in figlia. Poggia su questi corpi meravigliosamente resistenti ed è a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Si nutre di spirito infuocato e iniziativa audace, vive di coraggio. Vive di altre donne. Siamo una trama di fili tesi gli uni sugli altri, forti perché vicini."

Agata è una donna di poche parole; figlia di una brava maestra, è cresciuta leggendo molto e, anche se non è una gran chiacchierona, quando parla, dice esattamente ciò che vuol trasmettere, senza fraintendimenti, con una onestà e una trasparenza che lasciano senza parole sia Colmar che il dottore del campo, Janes.

E proprio con questi due uomini - intelligenti, avveduti, che sanno adempiere ai propri doveri con coscienziosità e responsabilità - Agata intreccia un rapporto di stima che via via assume i contorni di una leale amicizia, fatta di molto rispetto e ammirazione reciproca.

Quando Agata torna a casa sua, dopo essere scesa dal monte con la gerla non più carica di munizioni o viveri ma di panni sporchi (dei soldati) da lavare (e riportare il giorno dopo), ad accoglierla c'è il silenzio di una casa disadorna, in cui si sente solo il respiro faticoso di un padre in fin di vita.
Ma c'è pure una presenza strisciante e fastidiosa, di cui lei vorrebbe liberarsi ma finora non c'è stato verso: appostato di nascosto, fuori dalla casa, pronto a spiarla e a farle crudeli dispetti, c'è lui, il ragazzo che la vuole a tutti i costi: Francesco.
Agata non sa come fare per fargli capire che tra loro non potrà mai esserci nulla; lei non solo non lo ama, ma a malapena lo sopporta, essendo lui figlio di una famiglia benestante che non si "sporca" le mani né servendo la Patria in guerra né tanto meno la sua è la vita sacrificata dei contadini.
Insomma, Francesco non è uno di loro.
Egli, inoltre, la spaventa perché è un prepotente che crede, in virtù della propria posizione sociale ed economica, di poter avere tutto ciò che vuole, Agata compresa. 
Il comportamento chiaramente sfuggente di lei, che cerca di mostrargli il proprio disinteresse in tutti i modi, non lo fa desistere, anzi, sembra stuzzicarlo ancora di più e, pur di vederla cedere, è disposto a fare qualsiasi cosa...

A creare una brusca frattura nella sua vita regolare, per quanto di per sé movimentata e non priva di rischi in questi mesi tra valle e base militare al confine, ci pensa un incontro inaspettato e pericoloso.

È l'incontro faccia a faccia col nemico, con l'altro che sta dalla parte opposta della barricata e che lei è tenuta ad odiare non perché lo conosce e sa che è un mostro, ma unicamente perché fa parte delle schiere nemiche...

Ma per quanto la guerra sia feroce, crudele e spesso renda tali gli essere umani - che si trovano, loro malgrado, l'uno di fronte all'altro, da nemici, e quindi pronti a uccidersi -, la coscienza di Agata non è ancora diventata insensibile alle sofferenze dei suoi simili, siano essi italiani o no.

"Serve una risolutezza sovrumana per non sentire il richiamo del riconoscersi l’uno nell’altro."

La ragazza - lottando comunque contro se stessa e sentendosi, nel cuore, una traditrice - supera l'immaginaria (e neanche tanto) linea di demarcazione che la separa dai nemici, e apre la porta della propria modesta casa a chi non dovrebbe, e se si sapesse, chissà cosa le accadrebbe!

C'è una seconda voce narrante nel romanzo, e anche se il suo punto di vista è espresso in capitoli più brevi, che di tanto in tanto interrompono la prospettiva di Agata, essa ha la sua importanza perché costituisce il ponte che lega due persone che non hanno scelto di essere avversarie ma che purtroppo, secondo la Storia, devono considerasi tali.

E cosa c'è di più visibile dell'incomunicabilità linguistica a ricordarci quanto si possa essere diversi e lontani da qualcuno? 

La guerra allontana, è vero, creando tra popoli nemici voragini che ovviamente sono amplificate dalle difficoltà a capirsi e a comunicare a causa della lingua diversa, eppure Agata trova il modo, con caparbietà e intelligenza, di abbattere distanze e muri, e ad aiutarla sarà proprio il dialetto parlato in quella zona del Friuli sin dai tempi antichi.
 
E mentre la protagonista combatte la propria piccola battaglia personale tra le mura di casa (con la meschina presenza di Francesco sempre in agguato), sul fronte la guerra si infiamma con ferocia, mietendo vittime.

Le pagine si susseguono via via drammatiche ed Agata si dovrà confrontare col dolore della perdita, che inaspettatamente sarà fonte di molto dolore per lei, che realizzerà di come anche (o forse soprattutto?) in circostanze complicate, drammatiche e di morte, si possano scoprire e costruire legami veri, autentici, importanti e indimenticabili.

Devo dire che con la penna di Ilaria Tuti è stato "amore alle prime righe": la sua scrittura così diretta, minuziosa, toccante, che si sofferma sui pensieri profondi della protagonista, mi ha molto emozionata e mi ha catturata attraverso le sue considerazioni, semplici e profonde insieme, sulla guerra con il suo fardello di morte e miserie, le relazioni umane, la forza morale di queste portatrici, il valore dell'amicizia, la possibilità di andare oltre ogni pregiudizio, ogni muro costruito per creare odio e divisioni, cercando un mezzo per comprendersi e avvicinarsi.
Per riconoscere nella propria umanità l'altro, che ha le nostre stesse paure, speranze, debolezze, sogni, e se in essi ci specchiassimo, inevitabilmente  ritroveremmo un po' di noi.

Non c'è nulla di questo libro che non abbia apprezzato, dall'ambientazione ai personaggi, dalla scrittura alla protagonista, una giovane donna riflessiva, che nasconde un animo sensibile dietro a modi di fare ruvidi e a una tempra indurita da una vita poco gentile: 

"A volte penso di essere anch’io una gerla: scortecciata dalla vita fino a che è rimasto solo il necessario, incisa da perdite, spellata dal bisogno."


Il titolo stesso mi rimanda a queste due anime che caratterizzano tanto la voce della protagonista e narratrice quanto il tempo e il contesto in cui è inserita: la fragilità e l'estrema delicatezza di un fiore e, al contempo, la solidità e la forza della roccia.

Sono davvero felice di aver scoperto questa scrittrice, ho intenzione di leggere altre sue opere (in libreria ho "Fiori sopra l'inferno"); la ringrazio perché ignoravo chi fossero le portatrici ed aggiungere una tessera al mio modestissimo bagaglio di conoscenze storiche è sempre una piccola conquista.

Assolutamente consigliato!!!


Alcune citazioni:

"non trovo le parole. È così difficile sceglierle, impastate come sono con l’incertezza e la paura, amalgamate in un patto di obbedienza e cura che nessuno ha mai preteso a voce, ma che dimora nel sangue di madre in figlia. Che cosa voglio fare? Non me lo ha mai chiesto nessuno."

"amo le parole, ma l’istinto è quello di custodirle. Ho imparato a maneggiare la loro arte, ma dentro di me è ancora salda la convinzione che alcuni, pochissimi, sentimenti non abbiano bisogno di suoni e non richiedano dialettica. Si espandono nei gesti, cantano nei sensi."

"Chi può sorridere davanti a tutta questa devastazione, se non chi vuole con tutta se stessa continuare a vederci la vita? In mancanza di questa sua vocazione, nessuna di noi ora sarebbe qui."

"Ho imparato dai libri che la realtà è una nostra personale interpretazione dei fatti. Stendiamo incessantemente un tessuto su persone e cose, ne sistemiamo le pieghe con i giudizi, oppure le creiamo con i dubbi. Tagliamo e cuciamo, confezionando con i pensieri il nostro piccolo mondo, in cui ci raccontiamo chi siamo e chi sono gli altri, ma il punto di vista di un personaggio non è mai attendibile per definizione, nemmeno se è quello del protagonista della storia.

"Il dolore è un atto intimo che impone solitudine, è il compiersi di una cesura che richiede lenti passaggi. A volte, un’intera esistenza."



*ultimo centro abitato prima del Passo di Monte Croce Carnico che conduce in Austria; è un'isola linguistica tedesca dove si parla un particolare dialetto carinziano medievale (fonte).



giovedì 1 aprile 2021

BENVENUTO, APRILE!



Benvenuto, Aprile ^_^


Ruscello d'Aprile

Caldo e freddo, albe e crepuscoli, l'uno 
sull'altro si sono affollati,
ora m'accorgo che, dacché sono a
Chung-chou, due anni sono passati,
dalle mie porte chiuse non odo, mattina
e sera, che il suon del tamburo,
dalle finestre più alte non vedo altro,
che navi che vengono e vanno.

Gli uccelli col canto mi tentano invano,
ad andare vagando fra gli alberi in fiore
l'erba coi mille colori, invano m'invita
a sedere in riva allo stagno,
Ma c'è una cosa, una cosa soltanto che
non mi stanco mai di guardare;
il ruscello d'aprile, che scorre su sassi,
e bisbiglia, passate le rocce.
(Po Chu-J)



Prato d'aprile

C'era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull'erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell'aerea danza
ove l'ala era il fiore e il fiore l'ala.

(Ada Negri)





La canzone dell'amore perduto

Ricordi sbocciavano le viole
Con le nostre parole
Non ci lasceremo mai
Mai e poi mai
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
Ma come fan presto, amore
Ad appassire le rose
Così per noi
L'amore che strappa i capelli
È perduto ormai
Non resta che qualche svogliata carezza
E un po' di tenerezza
E quando ti troverai in mano
Quei fiori appassiti
Al sole d'un aprile
Ormai lontano, li rimpiangerai
Ma sarà la prima
Che incontri per strada
Che tu coprirai d'oro
Per un bacio mai dato
Per un amore nuovo
E sarà la prima che incontri per strada
Che tu coprirai d'oro
Per un bacio mai dato
Per un amore nuovo.

(F. De Andrè)




mercoledì 31 marzo 2021

Concorso letterario - Seconda Edizione 2021 Premio Letterario "Daunia&Sannio"

 

Cari lettori, se tra voi ci sono aspiranti scrittori, ecco un concorso di NARRATIVA e POESIA che, magari potrebbe interessarvi.

Vi lascio alcune informazioni ma, se interessati, potrete consultare il link e leggere il bando per intero.


L’Associazione Culturale “Daunia&Sannio”, con il patrocinio di Enti e Associazioni culturali del 
territorio, bandisce la Seconda Edizione 2021 Premio Letterario "Daunia&Sannio".


SEZIONE NARRATIVA – scadenza 31/05/2021 (NARRATIVA)

- Al Concorso partecipano scrittori di ogni nazionalità, di età non inferiore ai 18 anni, con racconti brevi e inediti.
- Ciascun concorrente può presentare una sola opera. Il tema è libero.
- La partecipazione al bando prevede il versamento della quota di euro 8,00.

- Premi: 1° cl. € 1.000,00 – 2° cl. € 400,00 – 3° cl. € 250,00 – + attestato

 BANDO  >> QUI <<




SEZIONE POESIA – scadenza 30/06/2021 (POESIA)

La partecipazione al concorso è aperta a tutti nel rispetto della più ampia libertà di tema, metrica e forma. 

Al bando possono partecipare poeti, di età non inferiore ai 18 anni. 

Il concorso di poesia è diviso in due sezioni: 

Sezione A): testi poetici inediti scritti in lingua italiana. 
Sezione B): testi poetici inediti scritti in lingua dialettale di uno dei comuni della provincia di Foggia, della regione Molise o delle province di Benevento e Avellino. 

Ciascun concorrente può partecipare a entrambe le sezioni. Per ogni sezione possono essere presentate non più di due opere della lunghezza massima, ciascuna, di non oltre 40 righe. 
Per i testi in lingua dialettale allegare la traduzione del testo nel mero significato. La partecipazione al bando prevede il versamento della quota di euro 5,00 (cinque/00), qualora si intenda concorrere per una sola sezione, di euro 8,00 (otto/00) nel caso si partecipi ad entrambe le sezioni.

I premi, per ogni sezione poetica, sono così costituiti:

1° cl. € 200,00 – 2° cl. € 150,00 – 3° cl. € 100,00 + attestato

BANDO  >> QUI <<

Domanda di partecipazione: Word

domenica 28 marzo 2021

Recensione: RENDI LA MIA SPERANZA ETERNA. Poesie 2015-1019 di Viviana Rizzo




Attraverso queste poesie - scritte in un arco di tempo che va dal 2015 al 2019 -, la giovane autrice accompagna il lettore in un viaggio nelle parole, introducendolo nel proprio mondo interiore e condividendo con lui pensieri, riflessioni, speranze, su tanti temi, quali la vita, l'amore, l'umanità nel suo essere così complessa e sfaccettata, la natura, il potere creativo ed evocativo della scrittura.
 

RENDI LA MIA SPERANZA ETERNA. Poesie 2015-1019 
di Viviana Rizzo



258 pp
LINK AMAZON
Sono tanti e diversi i concetti espressi in queste poesie: c'è l'amore per la scrittura, divenuta per Viviana la "ragione prima per cui vivere", per la lettura, che apre la mente ad infiniti mondi.

Trova posto il potere dell'immaginazione, condizione indispensabile per chi scrive, il quale - nel momento in cui intinge il calamaio nell'inchiostro della propria immaginazione - sente di avere la realtà in mano e di poterne parlare attraverso un linguaggio fatto di simbolismi, di associazioni cariche di suggestione, che inevitabilmente stimolano la mente di chi legge.
 
Ci sono riflessioni sull'uomo, la cui unicità e singolarità non possono prescindere dalla massa: 

"la storia è condotta dall'individuo
ma racconta la massa. 
L'azione del singolo 
compone il destino storico della massa".


Le parole, come fotografie, immortalano scatti di vita, che siano persone - la ruvidezza di un pescatore, l'energia degli adolescenti - o la natura stessa (definita "amica sincera"), tra cui ad es. il mare con la sua forza trascinante, o anche soltanto l'attesa dell'alba e la speranza che essa infonde in quanto preludio di un nuovo giorno:

"i fiori continueranno ad esserci 
su questi prati 
e ogni giorno 
il sole saprà ancora risplendere questa aspra terra".


L'arte, in tutte le sue espressioni e forme, parla a chi ad essa si rivolge, donando spesso una sensazione di pace, di serenità, quella che personalmente ho provato io leggendo i versi di Viviana.

E se la poesia è un canale per guardare al mondo e alla vita e rifletterci su, la scrittrice non può non porsi degli interrogativi, che ogni persona prima o poi si pone, e tanto più, a mio avviso, i giovani, assetati di risposte e certezze: domande su cosa fa sì che esista ancora la Bellezza, sul futuro, sul legame tra ragione e passione, su cosa sia la vita stessa, che come un fiume scorre perpetua, donando amarezza e bellezza.

"Che cosa è la vita se non una lunga illusione? 
Che cosa è la vita se non un vittoria mancata?
Vita sinonimo di battaglia, forza e libertà 
e io non ne ho mai abbastanza…"

Sono sempre stata convinta che, tra le varie forme di scrittura, la poesia fosse una di quelle più "intime", con la quale il poeta alza un velo sulla propria interiorità, lasciandoci scorgere - seppure attraverso un linguaggio fatto di metafore, immagini, allegorie - frammenti importanti di sé, del proprio vissuto, dei propri valori, sentimenti, attese, speranze, domande, e se c'è una cosa che emerge, tra le altre, è la vivace sensibilità di una giovanissima donna che alza il proprio sguardo su ciò che la circonda e su ciò che è dentro di sé, e prova a spiegare quel che vede, a condividerlo, a dargli corpo, riuscendoci alla perfezione.

Scrivere poesie è come porsi all'ascolto di una voce interiore, che a volte grida, altre volte sussurra, ma che sempre apre nuovi squarci di orizzonti, e che spesso trova la propria linfa vitale nei preziosi e necessari momenti di silenzio e solitudine.

Una solitudine che non può essere madre dell'isolamento e dell'inazione, di una quiete compagna  dell'apatia e della rassegnazione, ma dalla quale deve generarsi una sana irrequietezza, uno spirito indomito, un'anima che, quasi con disperazione, non smette di sperare e di vivere "feroce e appassionata"

I componimenti di Viviana si susseguono sotto i nostri occhi dando vita ad immagini eteree, profondamente delicate, che assumono ora contorni volutamente più vaghi ed onirici, ora più definiti, come quando ci si sofferma sulle azioni, sulle vittorie e sugli errori dell'umanità, e a parole che sanno essere tanto  delicate e sensibili, quanto energiche, ricche di forza e voglia di gridare al mondo che lei esiste, c'è, e ad attestarlo non è soltanto il suo respiro ma ancor più l'intelletto e la passione che, alimentate dal bene, dall'amore, dalla libertà, muovono all'azione.

"Rendi la mia speranza eterna" comprende liriche davvero belle, che si lasciano leggere una di seguito all'altra senza distrazioni; le ho apprezzate molto sotto tutti i punti di vista: nel linguaggio - che sa essere tanto immediato e semplice quanto elegante e più ricercato (come nella sezione "Le canzoni del vento") - come nelle tematiche affrontate con sincerità e passione.

Ringrazio Viviana Rizzo per avermi fatto dono della copia del suo secondo scritto; se già nel primo (Hey mondo, esisto anche io!) avevo avuto modo di apprezzare la sua sensibilità e curiosità verso la vita, il mondo, la società, e la capacità di trarne interessanti riflessioni e pensieri, in questo libro le sue doti di scrittrice sono sicuramente maturate, nella forma come nei contenuti.

Vi suggerisco di dare un'occhiata al suo interessantissimo blog >> Vivi pensando


Se la realtà fosse fiore
 che appassisce, 
che vive, 
che fiorisce 
e fiorisce ancora, 
allora vorrei esserne 
l’acqua che le nutre
 i petali,
 le foglie,
 le contraddizioni, 
le bellezze. 

Desidero 
che mi appartenga 
l’arte nelle mani
 e nello spirito
 per saper descriverla 
e abbellirla.

Se la realtà fosse fiore,
 allora vorrei che le lacrime
 e le pagine – da cui io dietro mi nascondo siano l’acqua 
che la nutrono.

sabato 27 marzo 2021

Recensione: "DELLA STESSA SOSTANZA DEI PADRI- POESIE AL MASCHILE" di Davide Rocco Colacrai (edizione Le Mezzelane)



A due anni da "Asintoti e altre storie in grammi", il poeta Davide Rocco Colacrai torna con nuova silloge poetica, edita dalla casa editrice Le Mezzelane e dal titolo "Della stessa sostanza dei padri. Poesie al maschile" (72 pag. 11 euro)
,


Il volume, terza silloge edita dalla casa editrice anconetana, si compone di 27 poesie il cui indiscusso protagonista è l'uomo, in tutte le sue sfaccettature e dimensioni.

Ciascuna poesia si concentra su un personaggio maschile differente, sia esso noto al grande pubblico (il ballerino Rudolf Nureyev, il giovane calciatore calabrese Nunzio Lo Cascio, lo scrittore anti castrista Reinaldo Arenas, Stefano Cucch, lo scienziato Stephen Hawking, ecc...), o riguardante il vissuto personale dell'Autore.

Sono persone la cui vita è stata per lui fonte di ispirazione; diverse di esse potremmo definirle in modo semplicistico "sfortunate", in quanto la loro esistenza è stata contrassegnata da esperienze negative, drammatiche, tristi - penso ad es. a Stefano Cucchi, al ragazzino protagonista di Wonder *, a Reinaldo Arenas, - ma non è quello di impietosire lo scopo di chi scrive questi versi.

Il poeta prende spunto dalla sofferenza come dall'amore, dalle lacrime come dai sorrisi, dal dolore come dalle speranze dei ventisette protagonisti per dimostrarci come questi esseri umani - scacciati, umiliati, ignorati, brutalizzati, scherniti - custodissero, ciascuno dentro di sé, una ricchezza e un'umanità  che, superando ogni arida tristezza fine a se stessa, ci induce a riflettere su tematiche tanto attuali quanto difficili da affrontare nel quotidiano.

L'autore dà voce a individui complessi, in un certo senso "scomodi", che ci obbligano a soffermarci su fatti cupi, drammatici, da cui sarebbe più facile distogliere lo sguardo, che sia il ragazzo la cui giovane vita è stata logorata dall'abuso di droga o i gay deportati nei campi di concentramento, o il matto in manicomio, rinchiuso tra mura che lo vedono fare sempre lo stesso triste percorso in labirinti in cui si può solo morire, o il giovane migrante la cui morte interrompe i sogni crudelmente e bruscamente.

Sono versi che danno corpo e concretezza ai vuoti generati dalla solitudine, che narrano il dolore di chi ha visto la propria esistenza risucchiata in abissi di sofferenza, che esaltano le capacità e l'estro quali strumenti di libertà e di espressione di sé.

Sono poesie che svelano un'anima tutta al maschile pregna di sensibilità, di ardore, di amore, di malinconia e tenerezza, di forza e debolezza; parole che ci colpiscono per il loro essere eleganti e raffinate ma mai distanti dalla concretezza del vissuto umano, che viene raccontato con franchezza e delicatezza insieme, con grande intensità e potenza evocativa; versi che ci mettono davanti alla fragilità dell'essere umano, a singole esistenze, vissute intensamente e voracemente, che avevano tanto da dire e da dare ma con cui il destino non sempre è stato generoso, all'imperfezione dell'amore vero, all'anelito di libertà che resiste nel cuore di chi non si piega neppure davanti alla ferocia delle persecuzioni. 

Consiglio questa raccolta davvero meritevole, in particolare a quanti amano leggere poesie che,  grazie alla sensibilità e alla capacità espressiva dell'autore, permettono di confrontarci con altre prospettive da cui guardare il mondo, gli altri, e di riflettere su temi etici e civili importanti.


L'autore.
Giurista e Criminologo, Davide Rocco Colacrai è al suo dodicesimo anno di carriera e partecipazione a Premi Letterari; ha infatti ricevuto numerosissimi riconoscimenti nazionali e internazionali. Tra gli ultimi: il Premio Letterario Europeo “Massa, città fiabesca di mare e marmo” (aggiudicato per il secondo anno non consecutivo), la Medaglia di Bronzo per Meriti Letterari al Premio Internazionale “Medusa Aurea” organizzato dall’A.I.A.M. (dopo aver vinto quella d’oro per due volte consecutive) e il Premio come Poeta dell’anno all’omonimo Premio Internazionale organizzato da Otma2 Edizioni
Ė autore dei seguenti libri: “Frammenti di parole” (2010), “SoundtrackS” (2014), “Le trentatré versioni di un’ape di mezzanotte” (2015), “Infinitesimalità” (2016), “Istantanee Donna (poesie al femminile)” (2017), “Il dopo che si ripete, sempre in sordina” (2018) e “polaroiD” (2018), che ama presentare sotto forma di spettacoli di “poesia in teatro”, con cui gira da alcuni anni l’Italia.
Hanno scritto di lui Alfredo Rienzi, Carmelo Consoli, Livia de Pietro, Armando Saveriano, Italo Bonassi, Flavio Nimpo, Mauro Montacchiesi, Gordiano Lupi, Alfredo Pasolino, Stefano Zangheri e molti altri. Nel tempo libero, insegna matematica, studia recitazione, è autore radiofonico per whiteradio.it, colleziona 45 giri da tutto il mondo (ne possiede duemila), ama leggere, praticare sport all’aria aperta e viaggiare.





giovedì 25 marzo 2021

Novità editoriale “Per te terra mia. Le confessioni di Gjon Nikola Kazazi” di Jusuf Buxhovi (Armando Editore) - in libreria dall’8 aprile


Cari amici lettori, vi presento in anteprima una prossima uscita editoriale firmata Armando Editore:


“Per te terra mia. Le confessioni di Gjon Nikola Kazazi” di Jusuf Buxhovi (Armando Ed.,  240 pp, 17,00 euro,  a cura di Giovanni Cedrone, trad. Liljana Cuka Maksuti).

L’arrivo della peste, il confinamento, la sfiducia verso il potere, il rapporto con Dio e la necessità di organizzare una “resistenza”, morale e fattiva, contro un’autorità che vuole annientare un popolo nella dignità e nell’onore per creare un “ nuovo uomo imperiale” privo d i radici . 
Il racconto, incredibilmente intenso e ricco di spunti filosofici, parla di un legame indissolubile tra un popolo e la sua terra, ma è allo stesso tempo anche una storia di fede e di disobbedienza come strumento per arrivare all’emanc ipazione dell 'anima, sempre sul filo sottile dell’eresia. 
È anche una lotta contro il senso di impotenza che l’uomo prova di fronte a un’epidemia misteriosa e minacciosa in cui si riescono a scorgere molte analogie con il presente. 
“Libertà o morte” è il bivio di fronte al quale si ritrovano i protagonisti, prigionieri di un mondo in cui politica e religione si contendono spazi e proseliti.



L'autore.
Jusuf Buxhovi, autore, scrittore, storico, giornalista e attivista politico. Nasce a Peja il 4 agosto 1946. Nel 1968 si laurea presso l'Università di Prishtina al Dipartimento di Lingua e Letteratura Albanese. Inizia la sua carriera giornalistica al quotidiano "Rilindja" a Prishtina nel 1967 nel campo della cultura. Dal 1976 al 2000 è corrispondente permanente del giornale "Rilindja" accreditato a Bonn, in Germania. Alla fine degli anni ’80, in un momento particolarmente difficile per il Kosovo, è tra i fondatori della Lega democratica del Kosovo. Dal 2000 al 2008, oltre all'attività letteraria, si impegna in ricerche storiografiche negli archivi tedeschi. Dal 2008 vive e lavora a Prishtina. Ha pubblicato oltre 40 volumi tra romanzi e saggi. Per il romanzo storico Per te terra mia. Le confessioni di Gjon Nikola Kazazi, scritto nel 1982, si tratta della prima traduzione in lingua italiana.

martedì 23 marzo 2021

Imparare leggendo // arricchiamo il dizionario

 

Capita, leggendo, di imbattersi in termini di cui non conosciamo per niente o poco il significato!

E poiché non è mai tardi per imparare (menomale, aggiungo), ecco alcune paroline a me sconosciute.




OBICEPezzo d’artiglieria moderno avente originariamente (dagli inizi del 20° sec. e sino alla Seconda guerra mondiale) canna di lunghezza generalmente compresa fra 12 e 25 calibri (intermedia, pertanto, fra i cannoni e i mortai) e attualmente oltre i 50 calibri (comprese, quindi, anche bocche da fuoco che secondo la definizione tradizionale possono essere classificate come cannoni).


SCOLTA (ant. ascólta) s. f. [incrocio dell’ant. scolca con ascoltare]. – 1. Sentinella, guardia (in senso astratto e concr.): essere di scolta, fare la s., fare la guardia; le s. giravano armate intorno al castello; e con valore collettivo: Trovò dormir l’ascolta d’Agramante: Tutta l’uccise, e non ne fe’ un prigione (Ariosto); Ecco tutta di Sionne Si commosse la pendice, E la scolta insultatrice Di spavento tramortì (Manzoni). 2. Nella marina milit., sentinella non armata di fucile, destinata alla sorveglianza e al rassetto dei ponti inferiori. 3. Nello scoutismo, denominazione delle giovani esploratrici (come traduzione ital. dell’ingl. scout «persona mandata in ricognizione», e dunque «esploratore, sentinella») dall’età di 16 fino ai 21 anni.
 

RESIPISCENZA s. f. [dal lat. tardo resipiscentia, der. di resipiscens -entis «resipiscente»], letter. – Il rinsavire e il ravvedersi, riconoscendo l’errore in cui si è caduti, tornando al retto operare: la troppo tarda r. non gli giovò. Nel diritto penale la r. del colpevole ha efficacia esimente o attenuante sulla punizione del reato, per considerazioni fondate sia su motivi di giustizia (minore entità dell’offesa al diritto) sia su ragioni sintomatiche (minore capacità a delinquere).

domenica 21 marzo 2021

My Wish List (marzo 2021)

 

Altri romanzi si aggiungono alla mia sempre più chilometrica lista dei "libri che vorrei".


La storia vera dell'inaspettata amicizia fra due padri, un palestinese e un israeliano, che hanno rispettivamente perso le loro figlie a causa della violenza e che trasformano il loro dolore in attivismo per la pace. Una storia epica raccontata sullo sfondo delle tensioni irrisolte nel cuore della Terra Santa.


APEIROGON
di Colum McCann


Ed. Feltrinelli
trad. M. Magrì
528 pp
22 euro
Marzo 2021

Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. 
Il conflitto colora ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalle strade che sono autorizzati a percorrere, alle scuole che le loro figlie, Abir e Smadar, frequentano, ai check point. 
Sono costretti senza sosta a negoziare fisicamente ed emotivamente con la violenza circostante. 
Come l'Apeirogon del titolo, un poligono dal numero infinito di lati, infiniti sono gli aspetti, i livelli, gli elementi di scontro che vedono contrapposti due popoli e due esistenze su un'unica terra. 
Ma il mondo di Bassam e di Rami cambia drammaticamente e irrimediabilmente quando Abir, di anni dieci, è uccisa da un proiettile di gomma e la tredicenne Smadar rimane vittima di un attacco suicida. 
Quando Bassam e Rami vengono a conoscenza delle rispettive tragedie, si riconoscono, diventano amici per la pelle e decidono di tentare di usare il loro comune dolore come arma per la pace. 

Nella sua opera più ambiziosa, McCann crea Apeirogon con gli ingredienti del saggio e del romanzo. 
Attraversa i secoli e i continenti, cucendo insieme tempo, arte, storia, natura e politica, in un racconto nello stesso momento struggente e carico di speranza. Musicale, cinematografico, muscolare, delicato, Apeirogon è un romanzo per i nostri tempi.



*****


NON SVEGLIARTI
di Liz Lawler


Newton Compton
trad. J. Palladini
320 pp
Quando Alex Taylor apre gli occhi, è distesa su un tavolo operatorio. Deve avere avuto un incidente, per questo non ricorda nulla. 
Ma è un medico, lavora in un ospedale, e sicuramente a breve i suoi colleghi la aiuteranno a ricostruire cosa è successo. 
C'è solo un problema... 
La persona che le sta di fronte non è un medico. 
E la scelta che la obbliga a compiere è indicibile. 
Poi Alex si risveglia. È molto confusa e non ha idea di come possa essersi salvata. 
Non appena i primi ricordi dell'esperienza traumatica riappaiono, nessuno è disposto a crederle. Le dicono che ha immaginato tutto, che è stato solo un brutto incubo. 
Emarginata dai colleghi, dalla famiglia e dal partner, Alex sta per cedere definitivamente all'idea di essere diventata pazza... ma poi incontra un'altra vittima.


*****

                                
Viscerale, onesto fino alla brutalità, La spinta è un viaggio ipnotico e necessario nella psiche di una donna a cui nessuno è disposto a credere.

«C'è una storia, scritta nei nostri geni, che si tramanda di generazione in generazione. Da madre a figlia, il buono e quel che buono non è. Non possiamo scegliere la nostra eredità. Non possiamo scegliere chi siamo.»


LA SPINTA
di Ashley Audrain


Ed. Rizzoli
trad. I. Zani
348 pp
Gennaio 2021
È la vigilia di Natale e Blythe è seduta in macchina a spiare la nuova vita di suo marito. Attraverso la finestra di una casa estranea osserva la scena di una famiglia perfetta, le candele accese, i gesti premurosi. E poi c’è Violet, la sua enigmatica figlia, che dall’altra parte del vetro, a sua volta, la sta fissando immobile. 
Negli anni, Blythe si era chiesta se fosse stata la sua stessa infanzia fatta di vuoti e solitudini a impedirle di essere una buona madre, o se invece qualcosa di incomprensibile e guasto si nascondesse dietro le durezze e lo sguardo ribelle di Violet. 
Quando ne parlava con Fox, il marito, lui tagliava corto, tutto era come doveva essere, diceva. 
Era cominciata così, o forse era cominciata molto prima, quando era stata lei la bambina di casa. 
Blythe ora è pronta a raccontare la sua parte di verità, e la sua voce ci guida dentro una storia in cui il rapporto tra una madre e una figlia precipita in una voragine di emozioni, a volte inevitabili, altre persino selvagge. 
Un tour de force che pagina dopo pagina stilla tutto quel che c’è da sapere quando una famiglia, per preservare la sacralità della forma, tace.




*****

Romantico, ribelle, spregiudicato ha fatto conoscere al mondo il talento letterario di Michael Cunningham.


CARNE E SANGUE
di Michael Cunningham

Ed. Bompiani
392 pp
Jonathan e Bobby: sono amici inseparabili e poi confidenti e amanti nel corso di un’appassionata e difficile adolescenza a Cleveland, Ohio. 
La vita e il capriccio del destino li separano, per poi farli incontrare a New York solo anni più tardi. 
Jonathan ora vive con una donna, Clare, la sua amica più cara. 
Bobby si trasferisce a casa dei due e, quando comincia una relazione con la ragazza, gli equilibri sentimentali e psicologici dei tre ne vengono lentamente ma inesorabilmente sconvolti. 

In questo romanzo d’esordio, l’autore racconta le incertezze dell’amore e la ricerca di un nuovo equilibrio in un mondo che si sforza di non crollare sotto il peso delle convenzioni che si sfaldano.





venerdì 19 marzo 2021

Recensione: CORPO ESTRANEO di Stefania Sperandio

 

Manuela ha solo ventidue anni quando cade vittima di un'aggressione violenta sotto casa sua: un uomo la sequestra per un tempo in fondo breve ma sufficiente a stravolgerne l'esistenza. Dopo averle sparato un colpo di pistola dritto in fronte con l'obiettivo di ucciderla, Manuela miracolosamente sopravvive.
Ma nulla sarà più come prima e ricominciare a vivere sarà un'impresa non da poco, soprattutto quando realizzerà che la sua vita continua ad essere in pericolo.


CORPO ESTRANEO
di Stefania Sperandio


439 pp
"Dall’incidente in poi, mi ero sempre sentita un corpo estraneo".

Tornare a casa dopo una giornata costellata di impegni e poter finalmente rilassarsi: è una di quelle cose semplici, quotidiane, che facciamo naturalmente, senza darvi troppo peso ed importanza.
Ma come cambierebbe la percezione di un atto così tranquillo ed automatico se una sera, nel rincasare, nel momento prima di infilare le chiavi nel portone, qualcuno si avventasse su di noi da dietro e cominciasse a minacciarci di farci del male?

È la brutta esperienza che tocca fare a Manuela Guerra, una ventiduenne che lavora come stagista per una testata giornalistica: al suo rientro ad attenderla c'è un perfetto sconosciuto che in una manciata di minuti la strattona, le fa del male, la rapisce e la incatena al cancello dello stabile in cui è situata la redazione per cui lavora.

In quegli attimi terrificanti e concitati, Manuela prova a resistere e ad opporsi, inutilmente, ad un uomo troppo più forte di lei: cosa può volere quel malvivente da una ragazza senza soldi? 
Manuela lo supplica di non farle del male ma l'uomo è spietato e crudele, tanto più che le ripete "Andrà tutto bene se fai la brava".
Manuela ci prova, a far la brava, ma è costretta a fare i conti con la dura realtà: quel delinquente non è un ladro improvvisato, né uno stupratore o uno psicopatico irrazionale: tutt'altro, è lucido ed intenzionato a farla fuori. Perché? Chi è? chi l'ha mandato? Chi può volere la sua morte?
L'ultima cosa che i suoi occhi spaventati vedono è una pistola puntata in fronte, cui segue il rumore assordante dello sparo.

Quando la polizia - tra cui la sua coinquilina ed amica poliziotta, Anna - la trova, è in fin di vita..., ma comunque viva.
Contro ogni aspettativa Manuela sopravvive.
Contro ogni aspettativa, il sicario - che è un professionista bravo nel proprio iniquo mestiere - sbaglia e il proiettile si ferma nel cranio della vittima senza ammazzarla.

Manuela resta otto mesi in coma e quando ne esce - vegliata con costanza e amore dall'amica Daniela, da Anna e dal fratello di quest'ultima, Marco, che è anche il ragazzo di Manuela - è un'altra persona.

Del resto, è difficile che una tragedia del genere non ti cambi, nel corpo come nella psiche.
Manuela è una miracolata ma ciò non toglie che, ancora due anni dopo l'incidente, il suo corpo abbia subìto delle conseguenze irreversibili (le si è abbassato l'udito da un orecchio, ha forti emicranie che solo con farmaci specifici può tenere a bada...) e anche a livello mentale ed emotivo qualcosa è cambiato.

Il suo carattere già particolare, solitario, a volte scontroso, poco avvezzo a dimostrare affetto, peggiora visibilmente; per Manuela è davvero difficile, se non impossibile, fidarsi completamente di qualcuno, anche di coloro che le vogliono bene e che non hanno mai smesso di starle accanto e di dimostrarle concretamente sostegno e amicizia.

Manuela ha avuto un'adolescenza turbolenta a causa di problemi famigliari; con sua madre non ha attualmente un gran rapporto, sono molto distanti e la ragazza ne soffre, anche se mai lo ammetterebbe apertamente; con suo padre aveva invece un legame profondo, ma egli purtroppo è morto, e in vita ha avuto anche problemi con la giustizia.

Benché Manuela sia consapevole di essere per tutti la ragazza di via Bo, quella che s'è presa la pallottola in fronte, cerca comunque di continuare con la propria vita, ma l'incubo ritorna.
E ritorna dopo che la polizia le ha comunicato di aver preso il suo quasi-assassino; a inchiodarlo ci sono dei video di sorveglianza che mostrano un uomo coinvolto nel suo rapimento quella sera.
Eppure Manuela non riconosce in lui il suo assassino; la sua mente ha memorizzato fin troppo bene la faccia del sicario e l'idea che la polizia stia prendendo fischi per fiaschi la mette in allarme, perché significa che il colpevole è ancora in giro.
Ed infatti lui si fa vivo di nuovo, sempre con i suoi modi violenti, il suo tono di voce che oscilla tra il glaciale e il sarcastico: dice di chiamarsi Lucas Leone, che le persone per cui lui lavora vogliono Manuela morta e che lui porterà a termine l'atroce missione a tutti i costi. Però pretende che Manuela faccia qualcosa per lui, dei "favori" con i quali lei può proteggere i propri amici, che altrimenti lui non esiterebbe a far del male e ad uccidere.

Alla giovane stagista non par vero: l'incubo è tornato. L'uomo che ha cercato di farla fuori non s'è dimenticato di lei, vuole ancora ammazzarla ed è pronto a prendersela pure con le poche persone cui lei tiene (madre compresa, oltre a Marco, Anna e Daniela).

Ma per quale ragione, poi? Davvero il suo quasi omicidio è stato organizzato da boss locali "colpiti" da inchieste giornalistiche condotte da Daniela per il giornale per cui ambedue lavorano?
E se non è questa la reale motivazione, allora chi odia tanto Manuela Guerra da desiderare in tutti i modi di vederla sotto terra?

Manuela mette da parte l'iniziale abbattimento, la confusione, la paura, la preoccupazione per i propri cari, per tirar fuori le unghie: se proprio lì fuori c'è qualcuno che la vuole morta, lei vuole scoprire chi è e soprattutto proteggere chi ama. Anche a costo della propria vita.

La ragazza, invece di sfuggirgli, comincia a cercare lei stessa il "suo"  sicario, a provocarlo, a farlo arrabbiare, con la speranza di capirci qualcosa (perché l'uomo la sta coinvolgendo in una sorta di trappola in cui le ordina di fare delle cose discutibili per lui quando potrebbe semplicemente ammazzarla?), e quando Lucas inizia cinicamente a mantenere le promesse e a prendersela con una persona molto vicina a Manuela, quest'ultima capisce che non può e non deve stare ad aspettare che lui faccia ciò che vuole, come vuole e quando vuole, come se Manuela fosse meno che niente. Deve fare qualcosa.

Se è la guerra che vuole, Guerra avrà.

Ha inizio così una sorta di combattimento tra i due, una lotta letteralmente all'ultimo sangue e all'ultimo respiro, fatta di folli provocazioni, agghiaccianti minacce, inquietanti promesse di vendetta, tentativi disperati di liberarsi di quest'inferno in terra chiamato Lucas Leone.

Manuela è una brava ragazza, che ha sofferto già tanto nella sua vita, pur avendo solo ventiquattro anni. Tutto ciò che desidera è un'esistenza tranquilla, al limite dell'invisibile; vorrebbe tornare a quel giorno di due anni fa, prima che Lucas Leone stravolgesse la sua quotidianità normale, anonima, comune, ma serena; prima che diventasse un enorme corpo estraneo, un'aliena, un eterno pesce fuor d'acqua, la ragazza a cui hanno sparato in testa, la poveraccia che è sopravvissuta ma chissà se n'è uscita normale; prima che un corpo estraneo (la pallottola) le fosse piantato a vita nel cranio.

"Manuela si era sempre sentita un corpo estraneo nel mondo dei vivi, da quando si era risvegliata dal coma. Il corpo estraneo che aveva in testa l’aveva resa un corpo estraneo nell’universo degli altri."

Per tentare di uscire dall'incubo in cui è stata trascinata contro il suo volere, e per evitare soprattutto che il male possa colpire in modo irreversibile coloro che lei ama, Manuela è disposta ad andare oltre se stessa, oltre tutto ciò che mai avrebbe pensato di poter fare - di brutto, di deprecabile - nella vita.

Cosa saremmo disposti a fare per proteggere chi amiamo e per mettere fine ad una spirale di violenza feroce, che rischia di coinvolgere troppi innocenti?

In questo thriller - pieno di azione, di momenti di suspense, dove l'adrenalina scorre a fiumi - distinguere in modo netto tra buoni e cattivi non è automatico; attraverso le vicende incredibili, ricche di tensione emotiva, in cui è coinvolta Manuela, il lettore è spinto a chiedersi: possono i buoni diventare cattivi quando si sentono minacciati in maniera forte? 
I buoni muoiono giovani, si ripete Manu pensando alle parole che le diceva il padre: ma chi l'ha detto che dev'essere sempre così? Davvero i malvagi possono farla franca perchè i buoni non sanno (e non vogliono) reagire e a loro altro non resta che vestire i panni delle vittime?

Manuela è combattuta tra la legittima paura di affrontare il suo nemico (dietro il quale si cela un altro ben più pericoloso, che sta pagando Lucas perché finisca il lavoro con lei una volta per tutte, e la cui identità la ragazza non conosce) e la disperata voglia di guardarlo negli occhi, di sapere il motivo vero per cui la sta perseguitando ed è disposto a danneggiare anche altri innocenti pur di colpire lei in tutti i modi possibili.

"Corpo estraneo" mi ha tenuta incollata alle pagine dal primo all'ultimo momento, risucchiandomi nello stesso intricato vortice di ricatti, vendette, trappole, in cui si trova invischiata la giovane protagonista, che sa come cacciarsi nei guai ma, per sua fortuna, ha accanto degli amici sinceri e leali che non la molleranno neppure quando non sapranno cosa inventarsi per aiutarla.

Di Manuela ci viene data una caratterizzazione psicologica completa, esauriente e chiara e la vediamo anche evolvere e acquisire nuove consapevolezze man mano che è chiamata ad affrontare difficoltà più grandi di lei; non è perfetta, non è un'eroina sempre irreprensibile, ha le sue debolezze, mille contraddizioni, ma anche insospettabili risorse fisiche ed emotive di cui lei per prima si stupisce.
Anche l'antagonista - il sicario Lucas Leone - è un personaggio interessante, a suo modo coerente con ciò che ha scelto di essere nella vita.

Ringrazio Lucia di LCS - Ufficio Stampa e l'Autrice Stefania Sperandio per l'opportunità di leggere questo bellissimo thriller tutto made in Italy, che mi ha davvero catturata per i suoi intrecci dinamici, che si complicano ad ogni capitolo, la tenacia e, in generale, la complessità emotiva della protagonista (e non solo) e delle scelte da lei fatte, il ritmo progressivamente sempre più incalzante, l'epilogo che chiarisce ogni nodo.

Non posso che consigliarlo!

giovedì 18 marzo 2021

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA (dal 1° aprile 2021)

 

Diamo un'occhiata ad alcune delle prossime uscite?

Mi ha colpito questo libro, dalla mole non proprio ridotta e col quale Norman Mailer ha meritato il Pulitzer nel 1980: non racconta solamente la storia difficile e tragica di un uomo, ma scava nella solitudine e nella violenza dell'America profonda, e lo fa con precisione chirurgica e con una compassione priva di pietà.



IL CANTO DEL BOIA di Norman Mailer (La Nave di Teseo, 1092 pp, USCITA 1° APRILE)
.

.
Dopo aver passato più di metà della sua vita in carcere per rapine e furti d'auto, Gary Gilmore esce di prigione grazie alla cugina Brenda, che ha garantito per lui e gli ha trovato un lavoro a Provo, nello Utah. Ma i demoni di Gary sono troppo forti e il tentativo di reinserimento nella vita civile, nonostante il supporto di Brenda e della sua famiglia, non va a buon fine. 
La sua parentesi di libertà ha un tragico epilogo. Nel 1976, pochi mesi dopo essere uscito di galera, commette due efferati omicidi a sangue freddo durante altrettante rapine. Immediatamente catturato, confessa i crimini e viene condannato a morte.
Sin da subito rifiuta di presentare ricorso e di chiedere la grazia. Gary Gilmore accetta la condanna e decide di morire. Nei mesi successivi lotta affinché la sentenza sia eseguita al più presto nonostante le pressioni della famiglia e di parte della società civile.
Il suo caso e la sua decisione hanno avuto grandissima risonanza, risvegliando i dubbi e la coscienza di molti americani.



Il successivo libro - esordio di Ellen Wood - ha visto la sua prima pubblicazione a Londra nel 1860 e questa è la prima traduzione italiana.
Il romanzo, che si inscrive nel genere sociale vittoriano, lungi dal presentare il modello vittoriano della "casa" come nucleo d'amore e della famiglia quale garanzia dell'ordine sociale, narra la storia di due generazioni, incrocia i destini di padroni, amici e servitori e fa dell'inarrestabile avanzata del vizio la forza trainante del racconto. 


CASA DANESBURY di Ellen Wood (Ed. Croce Libreria, trad. M. Costantini, 416 pp., USCITA 1° APRILE).

 Eastborough, sede dell'importante Ferriera Danesbury, ha l'apparenza di una tranquilla cittadina ma nasconde, appena dietro la facciata di borghese perbenismo, un intreccio di drammi relazionali, alcolismo e iniquità sociali. 
La realtà più oscura e problematica si annida proprio dietro l'angolo, negli attraenti ma ingannevoli gin palaces. Dopo la tragica scomparsa della prima moglie, John Danesbury convola a seconde nozze con Eliza St. George, convinto di perseguire il bene dei figli. 
La nuova Mrs Danesbury stravolge gli equilibri della casa, rendendola scenario di conflitti e scontri continui, in cui i rapporti familiari si complicano fino a deteriorarsi. 
I giovani eredi Danesbury vedono le loro relazioni intrecciarsi progressivamente alla piaga dell'alcolismo che ne affligge in qualche modo l'esistenza.




Un romanzo intenso e avvincente che alla sua pubblicazione, avvenuta nel 1882, fu giudicato immorale per gli argomenti trattati e insultante nei confronti della Chiesa. Un’audace analisi sul tema dell’amore tra personaggi di età diverse e appartenenti a differenti classi sociali.


DUE SULLA TORRE di Thomas Hardy (Fazi Ed., trad. C. Vatteroni, 336 pp, USCITA 1° APRILE).


Abbandonata dal marito, un ricco proprietario terriero, Viviette Constantine si innamora di Swithin St Cleve, di ben nove anni più giovane di lei, bellissimo, colto e gentile figlio di un curato di campagna. Swithin è un astronomo e lavora in cima a una torre dove trascorre tutto il suo tempo a studiare gli astri e i fenomeni celesti. 
Il romanzo – ambientato nella campagna dell’amato Dorset – narra la storia del loro amore, che si sviluppa in un intreccio intinto nelle forti passioni del genere “sensazionale”: morti presunte, adulterio, matrimoni segreti, angosciosi patemi riguardo alle convenienze sociali, gravidanze inopportune, nozze riparatrici e cuori spezzati da dolori cocenti e felicità improvvise. 
Al tempo della prima pubblicazione furono proprio questi elementi della trama, ritenuti peraltro poco congrui con la letteratura “seria”, ad attirare sul romanzo numerose critiche negative e accuse d’indecenza. In seguito, l’evolversi dei costumi ha permesso di apprezzare nuovamente il delicato equilibrio o il voluto contrasto tra il troppo umano delle vicende sentimentali dei protagonisti e la sublime freddezza dei corpi celesti studiati da Swithin con tanta passione, e di ascrivere questo romanzo, il nono, fra i migliori della produzione di Hardy.



Basato su fatti realmente accaduti, La nave sepolta è un romanzo in cui l'amore e la passione assumono aspetti tutt'altro che scontati e che, toccando il significato più profondo del matrimonio, del rapporto tra genitori e figli, della ricerca dell'identità personale, riesce a farci riflettere sul significato dell'essere umani e di condividere la Storia e, in ultima analisi, il dono stesso della vita.


LA NAVE SEPOLTA. THE DIG di John Preston (Salani, 250 pp, USCITA 1° APRILE).

 
Inghilterra, estate 1939. Quando Edith Pretty, affascinata dalle leggende locali che parlano di un tesoro vichingo sepolto nella sua terra, decide di contattare l'archeologo autodidatta Basil Brown, non sa che sta per dare inizio a una delle più straordinarie avventure archeologiche del Novecento. 
Presto gli scavi riveleranno il gigantesco scheletro di un'antichissima nave funeraria appartenuta a un sovrano anglosassone, che richiamerà l'interesse degli accademici più blasonati. 
Uniti dalla passione per l'archeologia e da un sentimento delicato e profondo che li lega l'uno all'altra, Basil e Edith lotteranno per proteggere la loro scoperta. Ma la Seconda guerra mondiale incombe e gli scavi si trasformeranno in una corsa contro il tempo, soprattutto quando dalla terra emerge qualcosa di ancor più stupefacente...


Trame prese da IBS.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...