venerdì 25 agosto 2017

Segnalazione Metropoli d'Asia: SVEGLIAMI ALLE NOVE DOMATTINA di A Yi



E' ritenuto «...uno degli autori più interessanti della nuova generazione» (La Lettura, Corriere della Sera) e grazie alla C.E Metropoli d'Asia, specializzata nella pubblicazione di autori orientali innovativi e di spicco, i lettori italiani possono conoscerlo e apprezzarlo; è al suo secondo romanzo A Yi, «l’enfant prodige della letteratura cinese» (Internazionale):


SVEGLIAMI ALLE NOVE DOMATTINA
di A Yi


Ed. Metropoli d'Asia
trad. P. Magagnin
Hongyang, un malavitoso locale che per molti anni ha tenuto in un pugno un villaggio di campagna e le zone limitrofe, viene trovato morto dalla sua donna all’indomani di un banchetto, forse a causa dell’eccessivo consumo di alcolici, o forse no… 

Il romanzo, attraverso le voci narranti di famigliari, amici e nemici, ricostruiscono la sua storia, la sua figura, i suoi legami criminali e personali in una società cinica e disperata che costituisce la cifra narrativa di A Yi, il quale riversa in una prosa densa e audace il suo vissuto di poliziotto e la sua capacità di cogliere negli uomini e nelle situazioni aspetti sconosciuti e nascosti.


L'autore.
Nato nel 1976 a Ruichang, nella provincia dello Jiangxi, A Yi (pseudonimo di Ai Guozhu) ha lavorato come poliziotto, giornalista sportivo e redattore prima di dedicarsi alla scrittura, a trentadue anni. Dopo un breve periodo nel consiglio di redazione di Chutzpah/Tian Nan, una nuova rivista letteraria che pubblica scritti di autori giovani e innovativi (tra cui lo stesso A Yi), ora lavora per la casa editrice Xiron come direttore della collana di narrativa “Iron Gourd”. La sua prima opera, la raccolta di racconti Grey Stories, esce nel 2008. Segue nel 2010 The Bird Saw Me, un’altra raccolta in cui l’autore sviluppa il suo stile insolito e la sua tutt’altro che romantica visione del mondo e che viene accolta con grande favore da pubblico e critica. Nel 2012 esce in Cina E adesso?, il suo primo romanzo; il suo ultimo lavoro è Domattina svegliami alle nove (Metropoli d’Asia).

Recensione: LE OTTO MONTAGNE di Paolo Cognetti (RC2017)



Vincitore dell'ultima edizione del Premio Strega, "Le otto montagne" di Paolo Cognetti sa richiamare tutta l'attenzione del lettore per la sua intensità, nella scrittura come nella genuinità dei sentimenti raccontati e che legano due amici, le cui esistenze sono ineluttabilmente non soltanto vincolate tra loro ma ancor di più con quel luogo straordinario e pieno di fascino che è la montagna.


LE OTTO MONTAGNE
di Paolo Cognetti


"Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è piú niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte. Ecco come avrei dovuto rispondere a mio padre. Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa."

Il protagonista di questo romanzo è Pietro, un ragazzino milanese, solitario e un po’ scontroso; è figlio unico e i suoi genitori formano una coppia apparentemente male assortita: tanto sua madre è socievole - abituata com'è, anche per la professione svolta (lavora in un consultorio di periferia) oltre che per carattere, a farsi carico degli altri, a intrecciare relazioni sociali -, quanto suo padre Gianni è, al contrario, un chimico dal carattere molto ombroso, chiuso, rigido nel modo di pensare, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.
Eppure i genitori di Pietro sono uniti da una passione comune (che purtroppo è stata contrassegnata da una tragedia famigliare), che li avvicina sin dalla giovane età: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo.

La montagna è ciò che più li unisce ed è per questo che la vita a Milano è adombrata da un alone di malinconia e tristezza, e alle vette innevate vanno i loro pensieri più nostalgici; quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto per passarvi qualche mese all'anno, lontano dal tran tran cittadino, riavvicinandosi così al loro "grande amore": i monti.
Non solo, ma stando lì durante le vacanze, anche Pietro avrà modo di trascorrere tre mesi in quei luoghi meravigliosi, in cui pare che il tempo trascorra più lentamente e dove il contatto con la natura è immediato e forte.

Del resto, la montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli: essa è proprio un modo di vivere la vita, dove le giornate e le notti sono scandite ora dai rumori prodotti dall'ambiente stesso e da chi lo abita (uomini e animali) ora dal silenzio, dove l'aria è impregnata dell'odore del fieno, del fumo che esce dai camini.

Il giovanissimo Pietro viene "arruolato" presto da suo padre per fare insieme a lui i sentieri di montagna, segnando sulla mappa i posti raggiunti:

"..cominciai a imparare il modo di andare in montagna di mio padre, la cosa piú simile a un’educazione che io abbia ricevuto da lui."

Ma ad arricchire le giornate di Pietro, oltre alle scarpinate con l'esperto papà, c'è anche un'altra presenza: Bruno.
Bruno è un coetaneo del protagonista, figlio di montanari, nato e cresciuto a Grana, pascolando mucche, stando all'aria aperta e venendo su "selvatico", con una tempra dura e pragmatica come può esserlo un ragazzo di montagna che non ha mai lasciato quei posti.
Tra i due si instaura un'amicizia che li vedrà protagonisti di piccole avventure, giornate estive fatte di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri piú aspri.

Ben presto Bruno diventa parte integrante della vita a Grana di Pietro, entrando anche "in famiglia", conquistando le simpatie della mamma di Pietro (donna sensibile, che si rende conto di come gli adulti che ruotano attorno a Bruno non tengano conto di tante sue esigenze di ragazzo che sta crescendo) e anche quelle di papà Gianni, che comincia a portare anche lui nelle loro piccole scalate, per le quali Pietro sembra non essere molto portato, visto che si accorge di soffrire di "mal di montagna".

Lo stringersi dei rapporti tra l'amico e i propri genitori crea in Pietro sentimenti contrastanti, forse perchè avverte che Bruno è più affine a Gianni di quanto lo sia lui, che pure è il figlio ma che sembra non conoscerlo davvero.

Col passare degli anni e delle estati, giungendo sulla soglia della vita adulta, Pietro decide di "abbandonare" la montagna, lasciando anche Milano per motivi di studio; Grana e i suoi monti diventano "i luoghi dell'infanzia", qualcosa da relegare in un angolino poco illuminato della memoria e ai quali guardare con un pizzico di malinconia; ma quando è poco più che trentenne, suo padre muore e Pietro scopre di aver ricevuto da lui in eredità un edificio malmesso, disperso tra i monti...

«Eccola lí, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino».

Un’eredità che necessita di lavori, tempo e fatica per essere messa in sesto, affinchè diventi una casetta accogliente, una sorta di rifugio dal caos della città, in cui poter star tranquilli; e questo progetto lo riavvicinerà a Bruno, che prenderà a cuore la sistemazione del rudere.

I due, ormai uomini fatti, hanno così modo di passare diverso tempo insieme, riallacciando quel rapporto che li aveva uniti da ragazzini, scoprendo così di avere più cose in comune di ciò che pensano.

L'amore per la montagna però non porta necessariamente a fare le stesse scelte di vita: se Pietro maturerà il desiderio di viaggiare, conoscere altri luoghi del mondo, altre popolazioni e scalare altre vette, Bruno, invece, resterà fermo lì dov'è nato e ha sempre vissuto, lì dove ci sono le sue radici più profonde, che nulla e nessuno riesce a sradicare, perchè egli è un tutt'uno con i suoi monti, con la vita che tra essi si conduce; ne condivide la solitudine, le fatiche, le vacche da accudire, l'acqua dei torrenti, i cupi e rigidi inverni, le fresche estati; Bruno non sa e non vuol conoscere altri modi di essere ed esistere perchè tutto ciò di cui ha bisogno è lì, attorno a sè.
Potrebbe la sua amata montagna trasformarsi in una sorta di triste prigione per lui?

Pietro sa che il suo amico resta abbarbicato là, e che finchè c'è Bruno, lui avrà sempre un luogo in cui rifugiarsi e al quale tornare.

Considerazioni

In "Le otto montagne" l'Autore ci parla della bellezza aspra e verace della montagna - e di tutto ciò che le è proprio -, del suo essere così viva, dei suoi inverni, dei suoi rifugi, perchè essa non è soltanto qualcosa che contraddistingue un paesaggio naturale ma è un vero e proprio modo di essere, vivere, respirare, sapere e conoscere.
E' anche un romanzo di formazione che ha al centro i rapporti umani, a cominciare da quello padre-figlio, con le incomprensioni che spesso lo caratterizzano, i silenzi carichi di cose non dette che aiuterebbero a conoscersi di più, ad aprirsi e ad apprezzarsi; positiva è la figura materna, questa donna saggia, paziente, capace di stimolare il figlio ad essere più aperto verso il mondo e le persone.

E ancora c'è, come già anticipato, il rapporto d'amicizia tra Pietro e Bruno, un'amicizia che non ha bisogno di chissà quali discorsi e frequenti pacche sulle spalle, di confidenze a cuore aperto, di risate e battute, anzi: è fatta di silenzi, di sguardi brevi ma complici, di presenza ed aiuti concreti; è un'amicizia che si alimenta di gesti, di andate e ritorni, resistente al tempo e alle assenze, che manterrà negli anni la propria schiettezza, perchè essa è perenne come i ghiacciai, forte come la roccia, pura come l'aria frizzante che si respira ad alta quota.

I personaggi sono semplici e complessi insieme, nel senso che, pur essendo facile "etichettarli" e comprenderne a grandi linee la personalità (Bruno, il montanaro selvatico e "rozzo"; il padre autoritario, insofferente, volubile; la madre comprensiva e saggia; Pietro, poco socievole, refrattario a gestire relazioni umane in cui investire sentimenti), leggendo si percepisce, al contempo, come essi nascondano un animo più "contorto" ed inafferrabile rispetto a ciò sembra a una prima valutazione.

Pur non essendo io una "fan" della montagna (sono una "ragazza di collina" ^_-), devo riconoscere di aver apprezzato moltissimo questo libro, che si lascia leggere e gustare con facilità grazie ad uno stile e ad un linguaggio estremamente scorrevoli, affascinanti, a una scrittura coinvolgente, che sa far amare i luoghi di cui si parla, sa emozionare perchè quella di Pietro è la storia di un uomo che, andando alla ricerca di se stesso e delle proprie radici, sa di dover costantemente tornare lì dove ha lasciato un pezzettino - quello più importante - di sè, lì dove si incrociano i ricordi più belli, quelli che nulla può cancellare, come fa l'estate con la neve, perchè sono "ricordi d'inverno" e, proprio come un ghiacciaio, essi non vanno via e non vogliono essere dimenticati.

Non ho letto gli altri romanzi che concorrevano per lo Strega, ma il mio modestissimo parere è che la vittoria di Cognetti ci stia tutta ;-)


Obiettivo n.9 - Un libro che parli di alta montagna

giovedì 24 agosto 2017

Chicchi di curiosità su.... Paulo Coehlo



Oggi, 24 agosto, compiono gli anni diversi scrittori: Borges, Antonia S. Byatt, Valeire Tong Cuong e... Paulo Coehlo!

Ci soffermeremo proprio su di lui e su alcune piccole curiosità relative alla sua persona e alla sua vita.

  • Paulo Coelho è nato nel 1947 a Rio de Janeiro, in Brasile.
  • Ha frequentato una scuola gesuita da bambino. 
  • Sin da adolescente, ha espresso la voglia di diventare uno scrittore, ma sua madre era del parere che Coelho avrebbe dovuto orientarsi verso qualcosa di diverso tenore, facendo un lavoro più concreto, come quello paterno (ingegnere); vedendo la determinazione del figlio e l'atteggiamento "ribelle" (o meglio, le sue aspirazioni artistiche...), i genitori cercarono di "raddrizzarlo" prendendo una drastica decisione: internarlo in un istituto per persone con problemi mentali, da cui il ragazzo fuggì tre volte, fino a quando ottenne di essere dimesso, a 20 anni. Paulo ha sempre sostenuto che i suoi genitori avessero agito in buona volontà, fatto sta che tra quelle mura è stato sottoposto a shock elettrico, che ha colpito la sua memoria a breve termine.
  • Da bambino, Coelho era un bersaglio dei bulli ma ha imparato a conquistare gli altri bambini raccontando storie favolose.
  • E' stato uno studente "invisibile", non proprio il più popolare negli della scuola, insomma!
  • Coelho ha frequentato una scuola di diritto per compiacere i genitori, nel 1970, mettendo da parte il desiderio di scrivere. Si trasferì poi in Sud America, Nord Africa, Messico e Europa, vivendo come un hippie. 

  • Nel 1974 Paulo e la sua fidanzata di allora, Gisa, furono rapiti in circostanze poco chiare; si è speculato molto su questa storia e si dice che fossero stati fatti prigionieri da un commando brasiliano, probabilmente perchè sospettati di essere simpatizzanti di sinistra; ciò che è accaduto dopo il loro sequestro è stato avvolto nel mistero fino al 2007.
  • Prima di dedicarsi totalmente alla scrittura, Paulo è stato anche regista teatrale, attore e giornalista.
  • Ha cantato assieme al cantante brasiliano Raul Seixas.
  • Ha creato una propria casa editrice con la terza moglie Christine Oiticica (sposata nel 1980), pubblicando il loro primo libro nel 1982 - una raccolta di scritti di Coelho chiamata Arquivos do Infierno.

  • "L'Alchimista", forse la sua opera più famosa, è stata scritta in sole due settimane.
  • Coelho ha vissuto a Portobello, Londra, per un anno, che in seguito sarà l'ambientazione del suo romanzo La strega di Portobello
  • Lo scrittore è un mago a tutti gli effetti, e fa parte della Catholic order Regnus Agnus Mundi.
  • Sembra che Paulo provi un profondo fascino per tutte le religioni monoteiste come l'ebraismo, il cristianesimo e l'Islam, infatti in quasi tutti i suoi libri ci sono riferimenti ad esse.
  • Il suo risveglio spirituale è iniziato quando ha camminato per più di 500 miglia, percorrendo il Cammino di Santiago de Compostela, nella Spagna nord-occidentale, un'esperienza che ha cambiato la sua vita.

Articoli consultati per il post:

http://www.mphclick.com/
http://listupon.com/
http://www.famousauthors.org/

mercoledì 23 agosto 2017

Remembering River



"River was a remarkable artist and a rare human being.
I miss him every day

(Keanu Reeves)


23.08.1970
31.10.1993

martedì 22 agosto 2017

Segnalazioni editoriali: SETTE GIORNI di Pablo Cerini // BLACK LOVE di Cristian Mazza // IN BASSO, AGLI INFERI di Alberto Alessi



Come anticipato ieri, ho alcune interessanti segnalazioni editoriali da condividere con voi.

Partiamo da un romanzo new adult, influenzato da Irvine Welsh e scritto da Pablo Cerini:



SETTE GIORNI
di Pablo Cerini





"F. guarda il miscuglio di grigiore cittadino e luce dietro i grattacieli. Sembra che l'aurora abbia ormai rinunciato all'ambizione di poter restituire un po’ di bellezza al panorama e si accontenta solo di mischiare i propri raggi alla tavolozza di amarezza con cui la città è stata dipinta."

La vita li ha fatti arrivare stanchi al momento della verità, ma invece il destino li chiama ad essere pronti. In gioco c'è tutto. La carriera. L'amore. Il senso di tutti i giorni spesi fino ad ora.
Come si è giunti a qui?
Sono passati giorni. Sette, per la precisione, in cui tutto poteva essere ripensato e riscritto.
Ma l'abitudine e la noia hanno avuto il sopravvento.
Poi sarà troppo tardi per svegliarsi. Adesso, accanto a lei.
Credevo che si fosse seduta al tavolo da gioco già sconfitta in partenza. Spesso sopravvaluto la mia capacità di capire le persone. E adesso è troppo tardi per il rewind. Siamo in tre sul bordo del precipizio. E uno di noi deve cadere.

"Mentre F. guida nell'alba nascente, P. pensa al corpo di L., alle parti nude che le sue mani hanno da poco accarezzato. F. sta parlando di progetti e investimenti ma la sua voce sembra provenire da un programma tv nella stanza a fianco. La città scorre fuori dal finestrino."

C'è una storia d'amore, in fondo. Anche se parlare d'amore è esagerato. Forse, è sufficiente dire che c'è stato un incontro e due solitudini non hanno più avuto il coraggio di tornare a guardarsi indietro. Qualcun altro pagherà le conseguenze, tanto. In fondo, le figlie di papà si possono permettere tutto. Tranne alzare la testa davanti al proprio papà. Ma uscire dalla solitudine può donare il coraggio necessario al riscatto.
"Vive un terribile deja-vu di quando tornava dal liceo magari più tardi di quanto previsto perché si era fermato nel baretto fuori da scuola a giocare al videogioco di Golden Axe."
 Sì, e c'è della nostalgia. Per forza. Perché anche chi non è vissuto negli anni 90 sente la nostalgia per gli anni 90. Sono stati i peggiori di tutti. E i più felici di tutti. Chi ci è vissuto non riesce a dimenticarli. Chi è arrivato dopo cerca disperatamente simulazioni veritiere che lo rendano partecipe di quelle sensazioni esclusive e distruttive.

"Allora è proprio un insoluto, pensa amaramente. Forse è colpa del troppo vino che ha bevuto a pranzo, non ha capito bene i segnali che gli stanno attorno. Il genio della PNL."

E c'è anche il business. Perché quale storia non gira attorno ai soldi? Persino il colpo di scena del Vangelo costa trenta denari. Qui invece abbiamo l'annoiato mondo corporate che parla più con le posizioni del corpo che con il cervello. E le vendite vanno chiuse. Spostando il limite sempre più in là.

"Piove violentemente sugli alberi e sulla chiesetta nascosta nel bosco. L’acqua cola dal crocefisso,rigando i mosaici delle vetrate mentre le gocce penetrano tra le pietre della cupola e bagnano l’affresco del giudizio universale che decora il muro dietro l’altare."

 E c'è una visione. Che non interessa a nessuno ma che rimane la pietra angolare di tutto. La pietra su cui scivoleremo sfracellandoci. Perché il perdono arriva. Ma chiede il suo obolo da pagare.


L'autore.
Pablo Cerini lavora come sviluppatore software ma, oltre che codice, ama anche scrivere storie.
“Sette giorni” è il suo primo romanzo ed ha ricevuto notevole interesse da parte di blog letterari e radio locali. È stato intervistato da Radio Lombardia e altre emittenti.



Proseguiamo con la pubblicazione del romanzo Young Adult “Black Love" di Cristian Mazza (autopubblicato). Black Love, primo capitolo dell'omonima trilogia, racconta la storia di Alicia, una ragazza somala arrivata clandestinamente sulle coste siciliane. Lo sviluppo della storia lascia il lettore inevitabilmente senza fiato, in un percorso di amore e violenza, di razzismo e di cambiamento.



BLACK LOVE
di Cristian Mazza




Alicia è una ragazza Somala, arrivata clandestinamente sulle coste siciliane con un piccolo gruppo di persone guidate da Faisal, il leader, che costringe la comunità a continuare a vivere clandestinamente, in un casale in campagna, a pochi kilometri da Noto,un paesino dove il tempo sembra essersi fermato all'età barocca.
Joseph Delia è un membro dell'associazione sportivo-culturale "nido delle aquile", che da qualche tempo ha preso una piega violenta e razzista, pratica la boxe, come il resto dell'associazione, e tutti sono temuti e rispettati dalla gente del paese.
Le vite dei due ragazzi sono legate da un destino così cupo e crudele da sembrare sadico.
Lo sviluppo della storia lascia il lettore inevitabilmente senza fiato, in un percorso di amore e violenza, di razzismo e di cambiamento.
Niente è come sembra, Alicia scoprirá quanto la vita possa essere dura e quanto la crudeltà della gente spropositata.

L'autore.
Cristian Mazza nasce a Noto il 27/09/1987. Dopo aver conseguito gli studi di maturità classica, si trasferisce a Catania per lo studio universitario. Ad oggi è attore di teatro,e la sua produzione conta cinque romanzi e due sceneggiature. Black Love è il primo libro che decide di condividere con il pubblico.



Termino con la terza segnalazione:


IN BASSO, AGLI INFERI
di Alberto Alessi



Ed. Montag
321 pp
Futuro imprecisato. L'Europa vive in pace e prosperità, i popoli seguono principi di eguaglianza e fratellanza e nulla sembra poter turbare lo status quo, almeno fino a quando, lungo il confine che la separa dall'Asia, si verificano rapimenti e attacchi da parte degli eserciti degli stati asiatici, e a nulla servirà l'intervento degli ambasciatori europei, rapiti anch'essi.
Il protagonista, Chira, si troverà prigioniero, sepolto in una fossa e solo grazie all'intervento dell'amico Nilo verrà liberato e, insieme, inizieranno il lungo viaggio che li condurrà verso le terre libere, in compagnia di altri esiliati come Madeira e Mekong, attraverso l'Africa (colonia statunitense), gli USA (potenza incontrastata), all'inseguimento di una libertà agognata, ma che governi, interessi economici e religioni minacciano di soffocare senza alcuna speranza.

L'autore.
"Mi chiamo Alberto Alessi, sono nato a Castelfranco Veneto il 20 aprile del 1984, abito a Cittadella (PD). Mi sono laureato a pieni voti in Lettere e Filosofia all'università di Padova, il mio esordio letterario è avvenuto due anni fa con "Due novelle rock'n'roll", due romanzi che ho voluto riunire in un unico volume, pubblicato da Lettere Animate, una casa editrice non a pagamento. Sono attivista volontario per la LAV onlus(Lega Anti Vivisezione). Suono e canto nel gruppo rock L’Amor Violento. “In basso, agli inferi” è edito da Edizioni Montag."

lunedì 21 agosto 2017

Segnalazioni romance: NON CHIEDERMI DI PIU' di Valentina Doati // "Fin de Siècle. Amore proibito" di Carragh Sheridan



Carissimi, buongiorno e buon Lunedi!

Son tornata a casa e spero di recuperare man mano un po' di segnalazioni editoriali da condividere con voi; comincio con un paio di romanzi entrambi appartenenti al genere sentimentale: il primo libro, disponibile in formato ebook in tutte le principali librerie online, è il romanzo d’esordio di Valentina Doati, Non chiedermi di più (Ed.Libromania), diario di un amore malato ambientato nel mondo del nuoto.
Il secondo romanzo è il nuovo romance vittoriano di Carragh Sheridan ed è ​la storia d'amore di Charlotte e Anthony, divisi dalle convenzioni e dal destino; la storia di un amore proibito ma deciso a non arrendersi alle avversità...


NON CHIEDERMI DI PIU'
di Valentina Doati



Editore Libromania
Collana romance
Formato cartaceo, ebook
Pagine 208




Emma, nuotatrice e studentessa al secondo anno di università, tra il 2003 e il 2005 scrive un
diario. Attraverso queste pagine ci si immerge in una quotidianità scandita da allenamenti,
esami universitari, incomprensioni con i genitori, ma soprattutto dai sentimenti che prova per
Oscar, suo compagno di squadra fin dall’adolescenza.
Emma, che da ragazzina aveva avuto una cotta per lui, se ne innamora di nuovo. Vorrebbe confessargli i suoi sentimenti, ma viene a sapere che lui abusa di stupefacenti. Sconvolta, si
prefigge di salvarlo dall’autodistruzione, ma, senza rendersene conto, cade nella dipendenza
emotiva.
Inizia una progressiva discesa verso il basso: allontana le amicizie, perde interesse per la propria vita, trascura gli studi. Emma dà alla dipendenza il nome di amore e si annulla in un’interiorità segnata dall’ossessione per Oscar.
Al culmine di questa caduta, Emma fa un incidente in auto: è tormentata dai sensi di colpa, ma lo shock le fa ritrovare la lucidità per riconoscere di volere uscire dalla dipendenza e stare di nuovo bene.
Dopo una lunga battaglia interiore, tra il rifiuto di dimenticare Oscar e la voglia di essere felice, Emma riesce a conquistare la serenità con se stessa e un rapporto disteso con Oscar, sebbene sia consapevole di essere legata a lui per sempre. 

L'autrice
Valentina Doati è nata nel 1982 in provincia di Varese. Dopo la laurea in Lettere Moderne intraprende la carriera di organizzatrice teatrale, dedicandosi contemporaneamente anche alla scrittura, passioni che continua a coltivare in parallelo. Frequenta i corsi della Scuola Holden e, dopo essersi occupata di critica teatrale e di giornalismo sportivo, si dedica alla narrativa
.



Fin de Siècle. Amore proibito
di  Carragh Sheridan



,
Siamo a Londra, verso la fine del XIX secolo.
Lord Anthony Bramby è un conte che ha voluto realizzare il sogno che suo padre aveva prima di morire, quello di avviare un opificio. Un sogno che ha lasciato la famiglia in ristrettezze economiche ma che il nuovo conte è riuscito a far fruttare risollevando le sorti di un progetto che appariva fallimentare. 
Anthony riesce inoltre ad aprire un atelier a Londra, in Regent Street, contro il volere di sua madre e della sua giovanissima fidanzata Eliza. 

Charlotte Worth è una sarta cresciuta senza una vera famiglia, fuggita da un ricovero poco più che bambina e si è ritrovata, per fatalità, a provare il lavoro di ago e filo scoprendo un talento inaspettato. Così a soli diciannove anni occupa il posto di prima sarta in uno degli atelier più rinomati di Bond Street.
E proprio in un pomeriggio di gennaio i suoi occhi incrociano quelli di Anthony, nell'atelier dove lei lavora e dove lui ha accompagnato la fidanzata e la sorella a fare acquisti. 
Per il conte Bramby è amore a prima vista, un colpo di fulmine impossibile da ignorare perfino a occhi esterni come quelli della sua fidanzata Eliza che, furiosa di gelosia, riesce a far licenziare la sarta in modo ingiusto.
Il mondo di Charlotte va in frantumi e lei si ritrova senza un lavoro e senza un posto dove vivere. 
Ma il destino si presenta con una generosa offerta che Charlotte non potrà rifiutare. Una proposta che le permetterà di continuare a lavorare come sarta e di non dover ritornare alla vita di stenti e fatiche che aveva condotto per anni, nonché di poter stare accanto all'uomo che ha rubato il suo cuore e la sua anima, il cui pensiero domina i suoi sensi in modo incontrollabile.
Così l'Atelier Bramby comincia la sua attività in una Londra che si avvia alla fine del secolo, tra i tavoli della sartoria dove si partoriscono nuove idee e nuovi stili, le stoffe preziose, i divani di broccato della sala prove e le capricciose richieste di clienti blasonate ed esigenti. 
Mentre un amore proibito nasce e cresce tentando di superare gli ostacoli per poter essere vissuto da Charlotte e Anthony. E intorno a loro tutti gli altri personaggi. 
Tutti con i loro sogni proibiti, le anime in subbuglio, la passione che chiede solo di poter esplodere e il desiderio represso di poter consumare amori imbrigliati in una società eccessivamente formale, coercitiva e castrante come quella vittoriana.

sabato 19 agosto 2017

Recensione: MINCHIATE di Fabrizio De Sanctis (RC2017)



Un noir intricato, con uno sviluppo delle vicende molto interessante, che ruota attorno a due personaggi particolari: un truffatore che manipola i pensieri altrui e un serial killer amante delle… Minchiate (con la M maiuscola)!



MINCHIATE 
di Fabrizio De Sanctis



MINCHIATE
Ed. Porto Seguro
Il noir di Fabrizio De Sanctis inizia col narrarci alcune mirabolanti “imprese” di un certo Wolf Messing; forse non tutti sanno chi è benché sia un personaggio realmente esistito. Messing è stato un telepata, un sensitivo nato a fine Ottocento e morto nel 1974; la sua particolarità era il possesso di doti paranormali: riusciva a “entrare nella testa” delle persone che aveva davanti, a manipolarne il pensiero, a far vedere/sentire loro cose inesistenti o comunque distorte e molto lontane dalla realtà; quest’uomo dalle doti speciali ha avuto a che fare anche col dittatore Stalin proprio per le sue capacità, tra cui quella di “prevedere” cose future.

Molti decenni dopo, ai nostri giorni, nella bellissima Firenze, evidentemente il potere da paragnosta di Messing non è andato perduto; c’è ancora chi lo possiede e ne fa un uso decisamente truffaldino: la polizia, infatti, viene chiamata ad occuparsi di misteriosi truffe a danni di vecchine arzille ma ingenue come di esperti d’arte e addirittura stimati docenti di Procedura Penale…
Questo truffatore ama firmare le proprie “marachelle” (tutt’altro che innocenti, visto che spilla soldi a destra e a manca e al posto suo vengono arrestati degli innocenti) con delle filastrocche per bambini.

E se il truffatore sta per dare qualche noia, mista a imbarazzo, al commissario Siciliano e agli altri colleghi (e superiori), a rifilare problemi e pensieri ben più grossi ci pensa una serie di efferati e misteriosi assassinii che cominciano a verificarsi ad opera di un'unica mano che ama - anch’essa! - firmarsi, non con filastrocche ma lasciando sui luoghi dei delitti una specifica carta tratta da un antico mazzo simile ai Tarocchi, ma forse più complesso e di certo più pregiato: le Minchiate Fiorentine.

Le strade del truffatore delle filastrocche e dell’assassino delle carte si incroceranno perché da subito Siciliano e la sua amica e collega, la sovrintentende Clarice Alessi, capiscono che l’assassino dev’essere necessariamente uno solo, e per il modus operandi e per il significato contorto ma logico che c’è dietro la scelta delle carte che il killer di volta in volta sceglie di lasciare sul o vicino ai cadaveri. Cadaveri che, tra l’altro, hanno tutti una medesima caratteristica: lavorano nell’ambito del paranormale.
Sì, tutte le vittime - uomini o donne che siano - svolgono professioni simili, come medium, veggenti, astrologi, cartomanti… , insomma approfittano della ingenuità, delle debolezze, se vogliamo anche della stupidità, di tanta gente che, fidandosi di loro e delle presunte capacità di leggere il futuro o evocare le anime dei defunti, tira fuori un sacco di soldi.
Ecco, il serial killer ha, a modo suo, le “proprie ragioni” per desiderare di fermare questi “delinquenti” che rubano soldi a poveri creduloni, facendo leva su fragilità e momenti difficili: la sua sarà infatti una tremenda vendetta per fermare il più possibile questa catena di truffe, e per farlo non ci pensa due volte a spargere sangue.

Ma questa ossessione farà sì che ben presto lo stesso truffatore - che è chiamato così perchè truffa gli altri ma in realtà ha realmente delle doti paranormali! - si ritrovi nel mirino del serial killer delle carte.

Per capire di chi si tratta, Siciliano e Alessi devono tirar fuori non solo tutte le loro raffinate capacità investigative, la loro determinazione anche a seguire piste meno “ufficiali”, andando contro le disposizioni degli arroganti superiori, ma anche a imparare a comprendere la logica dell’assassino; per far ciò, non c’è altra via che cercar di capire come funziona il meccanismo delle Minchiate - chiamate anche “Germini” - e intuire “a che gioco sta giocando” questo folle (ma intelligente e astuto) omicida.

La strada per risalire all’identità di costui è costellata purtroppo da errori di interpretazione e valutazione che porteranno conseguenze anche abbastanza gravi, perché un innocente potrebbe essere accusato di ciò che non ha fatto… e la cattura del vero colpevole viene inevitabilmente rimandata.

Il commissario Siciliano è un uomo con un grande senso pratico ma è pure tanto intuitivo, capace di scervellarsi per ore sui particolari dei casi ai quali lavora per cercare connessioni, legami, spiegazioni… che lo aiutino ad avanzare nella ricerca dell’assassino; al suo fianco fortunatamente c’è la bravissima e sveglia Clarice, dedita al proprio lavoro con passione e professionalità, che avrà un ruolo importante perché riuscirà ad aprirsi una porta per dialogare con il truffatore.
L’Autore ha costruito una storia davvero molto particolare, ricca, in cui tanti fatti e personaggi si incastrano tra loro; gli omicidi si susseguono velocemente e il lettore segue lo sviluppo del caso insieme al commissario e alla sua collega Alessi, che cercano di ragionare seguendo i possibili percorsi mentali dell’assassino, imparando cose nuove sui significati delle carte (le Minchiate e le differenze coi Tarocchi); lo stile ironico, vivace, conferisce alla narrazione un ritmo sempre sostenuto, che non cala mai d’interesse anzi è un crescendo di novità, intuizioni, piccoli colpi di scena, ipotetiche conquiste e “scoperte” che però non sempre e non tutte sono realmente tali, perché nel corso degli eventi tutto può cambiare e ciò che sembrava una verità assodata può rivelarsi un abbaglio.

È un romanzo originale e affascinante: il campo della telepatia, della parapsicologia, è qualcosa che attira tantissime persone (anche gli scettici, in fondo), perché ha a che fare con i misteri della mente, con quella parte di potenziale incredibile che alcuni uomini sembrano avere e che permette loro di fare cose straordinarie e non controllabili razionalmente; per quanto riguarda le carte, anch’esse sono un ambito interessante e il loro uso è contrassegnato da regole e logiche non proprio semplici da imparare, anche perché non solo ogni carta ha un preciso significato, ma insieme ad altre ne assume degli altri.
Il caso seguito dalla polizia sarà proprio una sorta di partita a carte, dove Siciliano non può permettersi di abbassare la guardia e perdere perché sono in gioco delle vite umane.

Una lettura molto piacevole e divertente per il linguaggio fluido, scorrevole pur essendo accurato e "tecnico" in alcuni passaggi (quando si parla del meccanismo delle Minchiate e se ne spiegano brevemente le regole); un simpatico umorismo nero percorre tutto il libro e infatti, nonostante muoia parecchia gente, l’atmosfera non è “pesante”, lugubre; a dare il proprio contributo, in questo senso, ci pensa il commissario, un tipo sanguigno, che non le manda a dire, dalla lingua arguta e pungente, quando serve.

E’ un libro corposo ma ne vale la pena, perché è scritto bene ed ha una storia ben architettata che ha tutte le “carte in regola” - è proprio il caso di dire - per rapire l’attenzione e la curiosità del lettore.



Obiettivo n.2 -
 Un libro il cui titolo sia formato da 9 lettere (una o più parole)

martedì 15 agosto 2017

Blog in pausa-ferie 🌼



Carissimi, il blog va in ferie per una settimana, dovrei tornare operativa dopo il 20 agosto 😁
Intanto vi auguro buone vacanze, buon ferragosto e buon tutto.
Ovunque siate e qualunque cosa facciate, che un buon libro sia sempre con voi 😍😍
Baci e a prestissimo 😘😘😘

lunedì 14 agosto 2017

Recensione film: ROSSO ISTANBUL di Ferzan Ozpetek // AMORE E INGANNI di Whit Stillman



Due film che ho visto ultimamente, diversi per genere ed entrambi ispirati a due libri.


ROSSO ISTANBUL


2106

"Chi guarda al passato, non vede il presente."

"Il dolore o separa le persone o le unisce per sempre."



GENERE: Drammatico
REGIA: Ferzan Ozpetek
ATTORI: Tuba Büyüküstün, Halit Ergenç, Mehmet Gunsur, Nejat Isler, Serra Yilmaz


Le vicende sono collocate ai giorni nostri. 
Orhan Sahin è uno scrittore ed editor che torna a Istanbul dopo 20 anni di assenza volontaria per aiutare Deniz Soysal, famoso regista cinematografico, a finire la scrittura del suo libro. 
Entra quindi nel mondo dello sfuggente Deniz, conoscendo le estrose persone che fanno parte della sua vita e che compaiono anche, in quanto personaggi, nel romanzo cui sta lavorando: c'è la madre, un tipo intelligente e ironico; le bizzarre zie, la governante Sibel, diretta, un po' burbera e molto fedele, e soprattutto gli amici più cari, l'affascinante e bella Neval e il fragile Yusuf, la donna e l'uomo a cui Deniz è più legato.

Ma accade un tragico e preoccupante imprevisto: Deniz scompare, fa perdere le sue tracce di punto in bianco e tutti cominciano a cercarlo, polizia compresa.

Avvolto dal vortice delle vicende legate ai famigliari  agli amici di Deniz che entrano prepotentemente anche nella vita di Orhan -, questi si ritrova al contempo a combattere con i propri demoni, con i dolorosi ricordi del passato, che aveva cercato di rimuovere per evitare di soffrire ulteriormente.

Quasi prigioniero nella storia di un altro, Orhan finisce per indagare soprattutto su se stesso, riscoprendo emozioni e sentimenti che credeva sepolti per sempre e che invece tornano a chiedergli il conto per poter riuscire a cambiare la sua vita e farlo sentire di nuovo vivo.

Istanbul, così affascinante, suggestiva, "variegata",  in realtà è fin troppo "sullo sfondo"; anzi, in un certo senso tutto resta sullo sfondo perchè le vicende procedono con un andamento fin troppo lento, tanto che si guarda il film sperando, ad ogni minuto che passa, che accada qualcosa che scuota un po' le cose...
Si punta molto sugli sguardi, ancor più che sulle parole o le azioni; si è avvolti da un'atmosfera di nostalgia, i personaggi sono malinconici negli sguardi, nei toni di voce, in quello che dicono, e da Orhan in particolare emana un profondo senso di tristezza; diciamo pure che è il "moscetto" della compagnia, insomma; non ci sono momenti davvero dinamici, vivaci, non c'è quell'ironia e quella leggerezza che di solito ritrovo (e amo) nei film di Ozpetek e che si vanno a mescolare con la passione dei sentimenti.

E' uno di quei casi in cui decisamente ho apprezzato di più il libro, di cui tra l'altro ho ritrovato ben poco, se non nella vena malinconica, nell'importanza data al passato, alla forza della memoria e dei luoghi che sono stati importanti per noi. Non dico che mi ha deluso in toto, però confesso che... m'aspettavo di più, invece mi ha coinvolta molto poco... 


Non posso dire altrettanto invece del deliziosissimo film tratto dal racconto di Jane Austen, "Lady Susan" (sul blog c'è la recensione): 


AMORE E INGANNI



2016
Regia: Whit Stillman.
Con Kate Beckinsale, Chloë Sevigny, Xavier Samuel.

Protagonista di questa carinissima commedia sentimentale è la giovane e scaltra vedova Lady Susan Vernon, che per scoprire nuovi pettegolezzi che circolano nell'alta società, decide di lasciare Langford - dove tutti la conoscono per la civettuola che è - per trascorrere una vacanza a Churchill, chiedendo ospitalità al cognato Charles Vernon, sposato con la morigerata Catherine, che mal sopporta l'idea di ospitare questa cognata la cui condotta decisamente anticonvenzionale è risaputa.

Ed infatti la bella ammaliatrice Susan, mentre soggiorna nella lussuosa tenuta della famiglia del marito, non smette di fare ciò che più le piace: civettare con gli uomini per scovare e assicurarsi, con la complicità della sua confidente Alicia Johnson, un nuovo marito ricco per sè e un buon partito per la figlia, Frederica. 
Quando, a casa dei cognati, conosce il fratello di Catherine, il bello e giovane Reginald DeCourcy, a Susan si rizzano le antenne: quale migliore occasione per incantare anche lui e ottenere un fidanzamento?

Ma le cose non sono così semplici e, nonostante la nostra vedova allegra sia furba, intelligente e capace di intortare chiunque con le parole, sbattendo le ciglia e assumendo un'aria innocente di povera vittima di calunnie e maldicenze infondate, qualcosa non va come lei aveva previsto, perchè non tutti vogliono chinare la testa davanti al suo volere.

Sua figlia, la giovanissima Frederica, ha valori più nobili di quelli della madre, che la considera una ragazzetta sciocca e insignificante, per la quale lei ha preparato già un marito benestante, che possa risollevare le finanze di mamma e figlia.

Il problema è che il candidato genero di lady Susan è Sir James Martin, un uomo d'età matura, buono, ricco ma di poco fascino e davvero tanto sciocco; Frederica è terrorizzata all'idea di doverlo sposare e farà di tutto per ribellarsi al volere materno.
Lady Susan, dal canto suo, è decisa a farsi valere e intanto cerca di mettersi al sicuro esercitando il proprio notevole fascino sugli uomini che le satellitano attorno, dall'ingenuo e gentile Reginald al vecchio amante, Mr Manwaring (col quale ha già dato abbondante scandalo a Langford).

Riuscirà ad accalappiare un marito per se stessa e uno per la figlia?

Un film godibilissimo, attraversato da un umorismo inglese che strappa parecchi sorrisi, grazie alle vicende create che si intrecciando creando equivoci, grazie ai personaggi, che giungono a noi con quell'ironia e vivacità che ce li rende simpatici, tutti, anche quella manipolatrice della protagonista, capricciosa, astuta e sagace, che in fondo desta una certa ammirazione da parte dello spettatore perchè lady Susan cade sempre in piedi, non si fa mai male perchè sa sempre come trarre vantaggio da ogni situazione, anche quando sembra volgere a suo sfavore, e riesce ad ingannare il prossimo con una nonchalance che diverte.
Ma il personaggio più spassoso è quell'ebete di sir James Martin (interpretato da un esilarante Tom Bennett), grazie al quale si creano siparietti buffi e un po' comici.

Ho trovato il film sufficientemente aderente all'opera minore della cara Jane perchè ne coglie lo spirito leggero, ironico e di critica sottile, mai pesante e moralistica, alla società di allora, con i suoi dettami, le sue regole... e la sua buona dose di ipocrisia...!
Consigliato, se vi piacciono in particolare questo tipo di commedie british ambientate nell'Ottocento.

domenica 13 agosto 2017

Recensione NATI IN VIA MADRE DI DIO di Alessio Piras



Il commissario Pagani torna con una nuova indagine per omicidio; ad aiutarlo a sciogliere dubbi e nodi c’è nuovamente l’amico filosofo, Lorenzo Marino; entrambi dovranno fare un tuffo indietro nel tempo, fermandosi agli anni difficili della guerra, perché è lì che si trova la chiave per risolvere il caso.



NATI IN VIA MADRE DI DIO
di Alessio Piras


È il 25 aprile 2014 e il corpo dell’anziano barbone Roberto Centurioni viene ritrovato senza vita in piazza Martinez, a Genova; dall’autopsia emerge che è stato strangolato.

Partono le indagini, che vedono coinvolto il commissario Andrea Pagani, il quale di recente ha perso la mamma a causa di un tumore; mentre svuota la casa di famiglia trova fotografie e lettere appartenute al nonno Aldo; in particolare, a colpirlo sono due foto di tantissimi anni prima, la prima ritrae un giovanissimo Aldo Pagani, in compagnia di due amici (Roberto e Antonio), nei pressi della Chiesa delle Vigne, ed è stata scattata nel febbraio 1941. La seconda è di pochi anni più tardi, cioè del 25 aprile 1945 - giornata memorabile per noi Italiani - e ritrae gli stessi tre amici insieme ad un bambino più piccolo, dallo sguardo triste e assente, Giobatta (il nome è scritto sul retro).

Quando l’amico, il docente di Filosofia Lorenzo Marino - già presente nel precedente libro dell’Autore, “Omicidio in Piazza Sant’Elena” in qualità di aiuto esterno nelle indagini - scopre queste foto, si lascia prendere dall’entusiasmo perché in esse riconosce il proprio nonno, Antonio Satta; non solo, ma a infervorare la curiosità dei due amici ci pensa un pacco che Lorenzo riceve dal fratello, contenente, tra le altre cose, un diario del nonno, redatto dal febbraio 1941 a quello del 1944, con una pagina finale che racconta le vicende del 24-25 aprile ’44; a conclusione dell’eccitante scoperta, c’è una copia carbone di una lettera di scuse scritta a nome di Aldo Pagani, Antonio Satta e Roberto Centurioni e indirizzata a una certa signora Barcaccia.

Viene fuori quindi che i nonni di Andrea e Lorenzo sono stati amici e partigiani, e che hanno conosciuto il Centurioni, cioè la vittima sul cui assassinio Pagani sta indagando.

C’è un collegamento utile alla risoluzione del caso nascosto tra le pagine del diario e nella storia che riposa dietro quelle due foto?

Pagani e Marino cominciano subito a farsi domande su domande, a ragionare, a cercare di ricostruire cosa è accaduto in quei difficili anni della guerra ai tre amici di allora, e se quelle vicende possono in qualche modo aiutarli a capire chi e perché ha ucciso un povero vecchio solo e ormai innocuo.

Ed infatti, attraverso il diario scoprono che effettivamente c’è stato un tristissimo episodio che ha visto al centro Aldo, Antonio e Roberto, i quali hanno in qualche modo causato un considerevole danno alla vita di Giobatta - il bambino triste della foto del ’45 - e alla sua famiglia. Un episodio doloroso che ha segnato profondamente la vita di più persone, e per il quale il Centurioni non ha mai smesso di provare rimorsi così pesanti da esserne schiacciato, sentendosene responsabile.

Il commissario e l’amico filosofo si sentono molto implicati in quest’indagine, che vede protagonisti i loro nonni, ma sanno di doversi mantenere lucidi e razionali se vogliono sbrogliare la matassa.

Lorenzo segue il caso con entusiasmo ma allo stesso tempo con molta malinconia: anche lui ha il suo passato che lo segue ovunque vada, porte aperte e mai chiuse che sembrano attenderlo affinchè lui si decida a chiuderle definitivamente, ed è consapevole che prima o poi dovrà decidere che piega dare alla propria vita. È tornato a Genova, dove il suo unico legame affettivo rimastogli era nonno Antonio, e da Genova è praticamente fuggito venti anni prima, per andare a Barcellona, la città che l’ha accolto ma senza mai farlo sentire completamente a casa; perché Genova è casa sua, nonostante a volte sembri cacciar via i suoi “figli”, che però non smettono di amarla, per le sue bellezze e le sue tante contraddizioni.

Ed infatti il capoluogo ligure è a tutti gli effetti un personaggio - e anche tra i principali! - di questo libro: l’Autore ce ne dà un ritratto vivido, fatto di strade e piazze vie e bar ben specifici, fra i quali ci sembra di passeggiare, ce ne restituisce gli odori, i colori, i rumori e i silenzi, il bello e il brutto, il mare splendido e l’ottima cucina, innaffiata sempre da buon vino; al lettore viene spontaneo fare amicizia con la bella Genova, quasi ad entrare”in confidenza” con essa, immergendosi totalmente nel contesto.

Il romanzo è percorso da una vena nostalgica che, partendo dal presente, invade le strade della Genova di oggi e fa un percorso a ritroso, facendoci conoscere anche zone, quartieri, vie (come via Madre di Dio, quella in cui sono nati e cresciuti i tre amici partigiani, Aldo-Antonio-Roberto)… che purtroppo hanno subito una dolorosa ferita negli anni del secondo conflitto mondiale, quando la bella città è stata bombardata pesantemente dagli Inglesi.
Attraverso le pagine lasciate da Antonio Satta facciamo un breve ma significativo salto in quei terribili anni, quando la guerra ti entrava dentro casa e la spazzava via, portando dietro di sé solitudine, desolazione, fame, morte, rabbia.

“La guerra divide famiglie, provoca ferite profonde che il tempo non rimargina e che in alcuni casi si tramandano di generazione in generazione”.

Per risolvere il caso, Pagani e Marino devono arrivare proprio a quel punto in cui la guerra ha creato una ferita talmente profonda che le conseguenze si sono trascinate per decenni, fino a portare al delitto di Centurioni. Un uomo che è stato sì ucciso, ma che in realtà si sentiva già morto dentro a causa dei suoi (presunti o veri che fossero) errori.

Anche questo secondo noir di Piras mi è piaciuto moltissimo: non si può non provare simpatia per il commissario Pagani, un uomo sensibile e pratico al tempo stesso, amante della buona cucina, delle focacce divorate a qualsiasi ora, che tratta i suoi sottoposti con cordialità e mette molta umanità nei casi da risolvere. Mi piace lo sfondo di questa Genova generosa, tutta da scoprire, le cui descrizioni si incastrano con naturalezza con le parti narrative, divenendo un tutt’uno; mi piace lo stile dell’Autore, che scava nei personaggi e nelle loro singole storie, come deve “fare” il noir, in cui l’elemento nero diventa quasi una “scusa” per soffermarsi su profonde sfumature psicologiche, sulle relazioni umane complesse, sui demoni che dal passato saltano su a scuotere il presente, e poi quelle venature malinconiche, neanche tanto velate, che rivestono fatti e persone e arricchiscono e “colorano” la narrazione.

Bello, un romanzo dalla prosa accattivante, dal ritmo incalzante e con una trama che cattura tutto l’interesse del lettore.
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