lunedì 2 aprile 2018

Dietro le pagine di...: IL MATRIMONIO DEGLI OPPOSTI di Alice Hoffman




Un mese e mezzo fa ho letto e recensito IL MATRIMONIO DEGLI OPPOSTI, di Alice Hoffman (Neri Pozza); ne ho apprezzato la storia in sè nonchè il sostrato storico e socio-culturale in cui essa era collocata; non solo, ma a piacermi ulteriormente è stata la mescolanza tra finzione narrativa e realtà: nel romanzo, infatti, si narra di Camille Pissarro, pittore francese, tra i maggiori esponenti dell'Impressionismo, e della sua famiglia. 


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Ciò che leggiamo spesso è ed della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerche che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?".


scheda libro
L'Autrice ha raccontato che l'idea di scrivere questo romanzo è nata in occasione di una mostra su Pissarro al museo d'arte del Williams College: in quell'occasione scoprì che egli era ebreo - aveva sempre pensato che fosse francese - e che era nato a St. Thomas. S'è messa quindi a fare ricerche su di lui, scoprendo altre cose interessanti; in particolare, quando ha iniziato a leggere lo scandalo che il matrimonio di sua madre aveva causato, ha capito di aver trovato la "sua" storia.

Dopo aver letto qualcosa su Rachel Petit Pissarro, questa figura femminile ha preso corpo nella sua immaginazione e ha iniziato a "parlarle". 
Il titolo - "The marriage of opposites" -  ha la sua origine in alchimia: per creare qualsiasi sostanza o circostanza si devono combinare materiali opposti, questo vale per l'amore come per tutte le cose della vita. Questa espressione calzava a pennello per i genitori di Camille Pissarro, ma anche per molte altre relazioni presenti nel romanzo; in senso più generale, rendeva bene anche il concetto delle diversità culturali/religiose che si incontrano: persone provenienti da tutto il mondo convivono su quest'isola (St. Thomas, nella Antille) e inevitabilmente si creano miscugli tra culture.
Ed infatti, in questo libro si era riproposta, tra le altre cose, di esplorare come classe, razza e religione siano dei costrutti umani che in realtà non esistono, o comunque esistono fino a quando siamo noi a dar loro importanza.

Tra queste pagine leggiamo tematiche riguardanti il popolo ebreo, e questo interesse ha origini "personali", nel senso che i temi ebraici sono molto legati alle sue nonne, alle loro storie e alle loro lotte. E' stato quindi un modo per conoscere di più la storia e la cultura della propria.
Photo Credit: Deborah Feingold
Del resto, tanto Rachel quanto sua madre, Madame Pomiè, hanno una personalità forte, tanto da risultare donne prepotenti e dominanti, che è un po' lo stereotipo della "madre ebrea". La Hoffman voleva capire cosa significa essere una madre in un mondo pericoloso in cui sei ritenuta un'estranea e il tuo obiettivo più grande è proteggere i tuoi figli, a qualsiasi costo. Ancora una volta, le sue nonne entrano in gioco, in quanto anch'esse sono state quel  modello di donne che avrebbero fatto qualsiasi cosa per i loro figli.

Sua nonna ha sempre raccontato storie alla piccola Alice, e quando parlava della sua vita essa sembrava quasi una favola: veniva dalla Russia, da un posto dove il fiume era ghiacciato tutto l'anno e gli uomini scendevano su zattere e rimanevano bloccati nel ghiaccio e non potevano tornare indietro. Questi racconti hanno formato e influenzato la mente della giovane Alice, che ha capito come se non le scrivi, certe storie possono andare perse e non c'è più nessuno che può raccontarle.

Avendo i suoi libri, proprio come "Il matrimonio degli opposti", un preciso contesto storico, prima di scrivere, l'Autrice fa delle ricerche, sovrapponendo strati di fatti storici (che la Hoffman sta attenta affinchè siano inseriti e riportati correttamente) ad altri di finzione.

Un elemento interessante e suggestivo presente nel romanzo è quello della magia; per la scrittrice statunitense la lettura e la magia sono sempre andate insieme, in termini di materia, ma anche in ciò che la letteratura fa a un lettore: gli lancia un incantesimo.
Durante l'infanzia leggeva moltissimo, erano momenti di evasione che l'hanno aiutata. Ha iniziato presto a leggere folclore e fiabe e ad ascoltare le storie raccontate dalla sua nonna russa. Leggeva anche tanti libri di magia; il suo scrittore preferito era Edward Eager.

Spero che queste brevi informazioni possano avervi incuriositi circa il libro, nel caso non l'aveste letto ^_^

Articoli consultati per il post:
  • https://www.google.it/amp/s/amp.theguardian.com/books/2015/aug/23/alice-hoffman-interview-meet-the-author-the-marriage-of-opposites
  • https://www.writermag.com/2017/10/19/alice-hoffman/
  • https://www.bookbrowse.com/author_interviews/full/index.cfm/author_number/366/alice-hoffman

Foto dell'Autrice presa dal suo sito: QUI.

domenica 1 aprile 2018

Bilancio di letture di Marzo + Reading Challenge 2018



E anche marzo è volato via, tra freddo e gelo che hanno ritardato un po' l'arrivo della tanto attesa Primavera :)

Vi riassumo le mie letture marzoline:

Reading Challenge
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  • Obiettivo n.29: Un libro il cui titolo abbia una parola palindromaSI CHIAMAVA ANNA FRANK di Miep Gies, A. Leslie Gold (RECENSIONE): com’è giunto fino a noi quel quadernetto con la copertina a scacchi bianchi e rossi (ad essere precisi, più che di un diario si dovrebbe parlare di diari, perché Anna scrisse su vari fogli sparsi e quaderni e fece anche delle revisioni, seppur parziali, dei propri scritti, in vista di una possibile pubblicazione dopo la guerra), che una 15enne ha riempito di parole e pensieri con la propria grafia minuta e che è in grado ancora di emozionare, commuovere?
  • Obiettivo n. 8. Un libro nel cui titolo ci sia un nome proprio - VIRGILIO O LA TERRA DEL TRAMONTO di S. Cortese (RECENSIONE): romanzo storico ricco di malìa, dal linguaggio raffinato, che immerge totalmente il lettore in epoca romana, raccontando la vita del poeta Virgilio, in un mix di finzione narrativa e realtà.
  • Obiettivo n.32 Il libro di un autore giapponese - TOKYO EXPRESS di Matsumoto Seicho (RECENSIONE): un noir giapponese dallo stile asciutto ma intrigante, la ricerca ossessiva e meticolosa che un commissario porta avanti per risolvere un caso apparentemente semplice ma in realtà molto complicato.


Altre letture:

  • LA CUSTODE DEI BAMBINI MORTI di Maria Ielo (RECENSIONE): una bambina morta, il cui "fantasma" continua a vagare tra le stanze della dimora in cui ha vissuto con l'amata madre, è al centro di questo romanzo dalle atmosfere malinconiche e struggenti.
  • LA CERCATRICE DI CORALLO di Vanessa Roggeri (RECENSIONE): l’amore può spazzare via rancori, faide famigliari, sete di vendetta?  Sullo sfondo della sempre evocativa Sardegna, Vanessa Roggeri ci racconta una storia d'amore e di perdono, osteggiata da anni di odio e risentimenti.
  • LE BAMBINE SILENZIOSE di Lisa Hoodless, Charlene Lunnon (RECENSIONE):  la storia vera e straziante dell’atroce rapimento di due bambine e della loro lotta per tornare a vivere.
  • PERCHE' I BAMBINI DICONO LE BUGIE? di Monica Tognoni (RECENSIONE): un piccolo e scorrevole manuale utile per genitori ed insegnanti (ed in generale, per quanti ricoprono ruoli educativi) che, partendo dalla domanda "Perchè i bambini dicono le bugie?", si propone di offrire delle risposte a diversi quesiti che nascono da questo interrogativo principale, fornendo indicazioni importanti sulle modalità di intervento più adeguate, a scuola come in famiglia.
  • IO MI LIBRO di Alessandro Pagani (RECENSIONE) è una simpatica e brillante raccolta di aforismi che ci fa sorridere immaginando situazioni bizzarre, create da fraintendimenti e/o battute ironiche concernenti fatti e circostanze della vita e della realtà quotidiana, che già di per sè sono complesse e imprevedibili.
  • IN CAMMINO VERSO COMPOSTELA di B. Masci (RECENSIONE): ci sono esperienze in grado di cambiarti non tanto la vita in sè, quanto il modo di guardare ad essa, di concepirla e di affrontarla, con i suoi pesi e le sue bellezze, giorno per giorno. Per molti, il Cammino di Santiago de Compostela è una di queste incredibili esperienze.

Sul podio delle letture più belle sale "Le bambine silenziose", per le tante emozioni che la storia vera di queste due bambine mi ha suscitato. Non posso non menzionare il noir Tokyo Express perchè mi ha tenuta incollata alle sue pagine.


Attualmente in lettura:


  • LA GUERRA DI LORENZO di Stefano Nocentini, ambientato nella seconda guerra mondiale;
  • NON SONO UN ASSASSINO di F. Caringella, un thriller che ruota su un caso di omicidio di cui viene accusato un vicequestore, amico della vittima;
  • LOVE REBORN, L'amore rinato, il decimo libro della serie sui "fratelli" vampiri del Pugnale Nero.



E ADESSO TOCCA A VOI!
COME SONO STATE LE VOSTRE LETTURE DEL MESE SCORSO?
QUALI LIBRI VI HANNO MAGGIORMENTE COLPITI/DELUSI?

sabato 31 marzo 2018

Recensione: TOKYO EXPRESS di Matsumoto Seicho (RC2018)



Un noir/poliziesco dal fascino ossessivo, morboso, che ruota attorno a uno strano caso di doppio suicidio, per risolvere il quale la polizia dovrà districarsi tra orari di treni e presunte coincidenze.



TOKYO EXPRESS
di Matsumoto Seicho



Adelphi Ed.
trad. Gala Maria Follaco
175 pp
2° ediz.
2018
Il trentaciquenne Yasuda Tatsuo, che per lavoro coltiva rapporti col Governo, è solito frequentare il Koyuki, un ristorante di poche pretese ma dove regna la discrezione e dove le ragazze intrattengono amabilmente i clienti, tra cui lo stesso Yasuda.
Un pomeriggio, l'uomo invita due ragazze del Koyuki a mangiare qualcosa insieme, e proprio quella sera i tre vedono causamente una loro comune conoscente, Otoki (anch'essa cameriera del Koyuki), salire su un treno in compagnia di un uomo, col quale sembra conversare tranquillamente. 
Forse lui è il suo fidanzato segreto?
La domanda cade nel vuoto e pochi giorni dopo la fanciulla e il suo presunto "amico" vengono ritrovati morti...

In una cala rocciosa della baia di Hakata, i corpi di Otoki e Sayama (funzionario di un ministero) vengono rinvenuti all’alba; il colorito acceso delle loro guance  non sembra lasciare dubbi: i due hanno assunto del cianuro. 
Un suicidio d’amore, sicuramente. 
La polizia di Fukuoka, nel rendersi conto di cosa si tratti, sembra quasi delusa: se è un caso di doppio suicidio d'amore, c'è poco da indagare, e se non ci sono indagini, non c'è alcun colpevole da scovare. 
Eppure, nonostante l'apparente evidenza e semplicità dei fatti, c'è qualcuno che non vorrebbe che la morte della coppia giovane e bella venisse archiviata così facilmente: si tratta di Torigai Jūtarō, vecchio investigatore dall’aria indolente e dagli abiti logori. Torigai è un tipo che non può fare a meno di ragionare e rimuginare sulle informazioni in suo possesso e a furia di pensare, fare domande e ipotizzare, intuisce che ci sono degli aspetti che proprio non lo convincono circa le ultime ore di vita dei due presunti amanti, i loro spostamenti, ciò che hanno fatto quando erano insieme o separati...

A condividere i suoi dubbi è soltanto un giovane collega di Tokyo, Mihara Kiichi,  anch'egli perlesso: qualcosa non torna, in quanto se i due sono arrivati con il medesimo rapido da Tokyo, perché mai lui, Sayama Ken’ichi, è rimasto cinque giorni chiuso in albergo in attesa di una telefonata? E perché poi se n’è andato precipitosamente lasciando una valigia? Ma soprattutto: dov’era intanto lei, l’amante, la seducente Otoki, e come ha passato il tempo prima di incontrarsi col funzionario?
Insomma, queste ed altre domande assillano sia Torigai che Mihara, i quali convengono sul fatto che i due hanno assunto un comportamento alquanto bizzarro, considerato che avevano deciso di farla finita.

Ci dev'essere un'altra spiegazione dietro a un quadro che dà l'impressione di essere troppo ovvio.
C'è qualcuno (o più di uno) che poteva volere la morte di uno dei due amanti (ma poi... chi dice che lo fossero davvero?) o di entrambi?
In fondo, il povero Sayama lavorava per un ministero che poco tempo prima era stato travolto da un grosso scandalo per corruzione...
E se la sua morte fosse collegata ad esso? Ma in tal caso, cosa c'entra Otoki? Forse è stata una vittima accidentale?

Le indagini passano a Mihara, che, diffidando delle idee preconcette e delle risposte troppo semplicistiche, e affidandosi al proprio intuito formidabile, nonchè all'ammirevole perseveranza di cui è dotato, fa di tutto per mettere a posto ogni singolo, anche insignificante, pezzo che forma un puzzle alquanto complesso e ricco di sorprese.
Indagando e scervellandosi, l'ispettore scopre che a dargli una mano per cogliere i piccoli particolari che fanno la differenza, sono niente poco di meno che.... gli orari e i nomi di tanti treni che, in un modo o nell'altro, si trovano invischiati nel caso e le cui partenze/ritorni sono intervallati da pochi minuti... Minuti che potrebbero costituire la chiave per districare i nodi?

A pensarci bene questo caso ruota tutto, dall’inizio alla fine, intorno a orari di treni e di aerei. Ne è quasi sommerso.

Un caso che, man mano che il tempo passa, abbandona sempre più chiaramente i contorni del suicidio, per assumere quelli di una macchinazione ordita da una mente diabolica, dalla gelida razionalità e capace di capovolgere la realtà, giocando con presunite coincidenze che però, a ben guardare, potrebbero rivelarsi delle messinscene.

Torigai prima, e soprattutto Mihara dopo, sono due investigatori dal fiuto infallibile; se il primo da il via affinchè venga seguita una pista parallela a quella ufficiale (suicidio), a proseguirla con tenacia ed entusiasmo è Mihara, il quale non si dà pace perchè riesce a vedere degli aspetti dell'intricata situazione che gravita attorno alla morte dei due, che nessun altro pare vedere. Fortunatamente, il suo superiore lo incoraggia ad andare avanti con le sue intuizioni, ed infatti Mihara si butta a capofitto per stanare colui (o magari colei) che ha avuto l'intelligenza di architettare un piano che, nel momento in cui si raccolgono testimonianze, si confrontano orari e luoghi, sembra reggere benissimo.
Perchè alla fine, il "guaio" è proprio questo: tutte le volte che il nostro povero ispettore sembra avere un'idea/un'ipotesi geniale per trovare delle crepe, delle falle nella parete di roccia creata dal sospettato n. 1, più questi sembra avere un alibi di ferro, e a garantire per lui intervengono varie persone...
Lo scoraggiamento. l'esasperazione, il senso di impotenza sono inevitabili, ma la cocciutaggine di Mihara è più forte di tutto, e viaggiando in lungo e in largo per il Giappone, tra traghetti e treni, alla ricerca di coincidenze ed orari che si susseguono, qualcosa comincerà a muoversi fino ad arrivare ad un finale risolutivo difficilmente immaginabile, e per questo soprendente.

Matsumoto ha scritto un romanzo poliziesco con sfumature noir che ci appare come un enorme rebus, intricatissimo, in cui davvero bisogna stare attenti ai particolari e, allo stesso tempo, seguire i ragionamenti "lucidamente folli" dell'ispettore; come già detto, il congegno perfetto creato ad arte dal colpevole, il cui meccanismo Mihara vuol comprendere, ruota intorno a una manciata di minuti, tutt'altro che insignificanti.

Mihara, nel suo modo di portare avanti le indagini, procede come preso da un impulso irrefrenabile, da una febbre che gli accende il cervello e che non lo fa schiodare dalle sue "fissazioni", le quali occupano prepotentemente la sua mente, togliendogli il sonno, la tranquillità, fino a condurlo a unire tutte le tessere del mosaico.
Ma per raggiungere il suo scopo - smascherare chi ha provocato la morte dei due giovani - Mihara dovrà sfoderare le proprie invidiabili capacità investigative e imporsi di ragionare non secondo schemi prestabiliti e scontati.

«Le persone tendono ad agire sulla base di idee preconcette, a passare oltre dando troppe cose per scontate. E questo è pericoloso. Quando il senso comune diventa un dato di fatto spesso ci induce in errore».

In certi momenti mi sembrava di perdermi nel marasma di orari e rapidi presi in esame dal protagonista, ma in realtà il bello è proprio lì, e l'Autore riesce a farci sentire tutta l'ansia e la frenesia che coinvolge totalmente Mihara, un investigatore caparbio, sagace, che non si arrende davanti ai primi ostacoli.

Una scrittura fluida, asciutta, priva di fronzoli e dettagli inutili, brillante come lo è il finale, che risponde a tutte le domande e dell'investigatore e del lettore, sempre più curioso e travolto da un'indagine che va avanti.... spedita come un treno!


Reading Challenge
Obiettivo n.32 Il libro di un autore giapponese



venerdì 30 marzo 2018

Quarta tappa del BLOGTOUR "DREAMTIME" di Michele Rampazzo: I PERSONAGGI




Cari lettori, eccoci qui a condividere la quarta e penultima tappa del blogtour grazie al quale state avendo modo di conoscere il romanzo di Michele Rampazzo, Dreamtime, pubblicato da Intrecci Edizioni.

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Se nei precedenti appuntamenti avete potuto leggere interessanti estratti, lasciarvi avvolgere dalle atmosfere create dalla colonna sonora e conoscere meglio l’Autore attraverso un’intervista, in questo ci soffermeremo sui personaggi principali (e non solo) del libro. Seguitemi per saperne di più!


MILO STOPPARD


Milo è un giovane uomo sposato con Rebecca Wade, con cui vive a Shanghai; lavora come tester per la Dreamtime, un’azienda cinematografica (di origine statunitense) che utilizza sogni, visioni e ricordi delle persone (che vengono pagate per questo “prestito”) per produrre film; il ruolo di un tester è quello di selezionare materiale mentale di qualità e scartare quello scadente.

Determinato, scaltro e razionale, Milo viene messo alla prova da una serie di eventi che sconvolgono la vita sua e di sua moglie; si ritrova, infatti, a dover affrontare e gestire prima la morte di Rebecca, per poi scoprire che è stata “soltanto” rapita; non solo, ma prima di sparire, lei ha lasciato i propri sconvolgenti ricordi alla Dreamtime, sapendo che lui li avrebbe esaminati il mattino dopo; ricordi che hanno a che fare con una catastrofica scoperta riguardante il Governo cinese che sta architettando in gran segreto qualcosa di spiacevole ai danni degli USA…

Ad aiutarlo a ritrovare Rebecca e a fuggire da quanti sono anche alle sue calcagna (essendo lui “depositario” dei ricordi della moglie) ci pensa una donna fino ad allora a lui sconosciuta, Fen Shang

“Non riusciva a concentrarsi: da cosa scappavano? E soprattutto, poteva fidarsi di lei? L’aveva svegliato quel mattino in un luogo sconosciuto e l’aveva riempito di assurdità, che si erano verificate reali e foriere di guai. Non sapeva niente di lei, cosa volesse né come l’aveva conosciuta… Invece sì, questo lo sapeva. La cisterna. Era nel bel mezzo di quel lavoro, quando aveva capito di essere stato incastrato, di essere finito in un’imboscata. (…) Urlò, sentendosi il cranio come trafitto da una cometa di cristallo. Inciampò, e solo la presa della donna lo tenne in piedi. Vide il suo sguardo allarmato, capì che lo stava chiamando, come dall’altro capo della galleria. “Milo! Milo!” diceva. Milo? Sì, era quello il suo nome, quasi rise per non averlo riconosciuto.” 

Di fronte al crollo di un’esistenza normale e in fondo tranquilla, Milo continua a dimostrare coraggio e si sforza di mantenere i nervi saldi per poter gestire le difficoltà che si trova a vivere. A muoverlo c’è soprattutto l’amore per Rebecca e il desiderio di saperla al sicuro accanto a sé.

A rendere difficile però la sua personale battaglia contro chi lo sta inseguendo ci pensano delle forti emicranie, che lo lasciano a tratti incosciente e gli provocano dei dolori talmente lancinanti da farlo quasi impazzire.
Dolori che hanno un’origine precisa e che emergerà nel corso della storia, costituendo un interessante colpo di scena. 


FEN SHENG

“Per chi non l’avesse conosciuta, Fen Shang sarebbe parsa fuori posto in uno dei livelli più bassi dei mercati sommersi. Benchè avesse superato i quaranta il suo volto ovale era perfetto come porcellana e i capelli ancora di un nero lucente. Alta, snella e appetitosa nonostante il completo sobrio, in molti le avrebbero dato una decina d’anni in meno; se poi avesse sorriso, qualcuno non avrebbe esitato a farsi avanti (…) perché quando le sue labbra si arricciavano, lei risplendeva. Il problema era che non sorrideva davvero da almeno quattro anni. Quando, sola, non si abbandonava al risentimento, si nascondeva dietro una maschera funzionale e apatica. (…) inquadrata la sua espressione torva, desistevano tutti dall’avvicinarsi a lei”.


Fen ha quarant’anni ed è una donna carismatica, dal fascino misterioso e impenetrabile; rigida e fredda nei suoi rapporti con gli altri, ha un passato nella polizia segreta che però s’è interrotto bruscamente a causa di comportamenti discutibili e poco professionali adottati da lei, che hanno indotto il suo diretto superiore, Heng Zhou, a licenziarla con disonore. Episodio, questo, che Fen ha vissuto come una punizione esagerata e che ha fatto nascere in lei sentimenti e propositi di vendetta. Ma nel corso delle vicende, il lettore capisce che dietro la dura corazza di cui la donna si fa scudo per non lasciar trapelare emozioni e sentimenti, si nasconde un cuore tutt’altro che glaciale, ma che anzi desidera ottenere una sorta di riscatto, di “riabilitazione morale”.

Sveglia, sicura di sé, precisa e intelligente nell’organizzare strategie tanto d’attacco quanto di fuga, nel corso della storia assume ruoli in certi momenti ambigui, visto che sembra schierarsi dalla parte di Milo pur essendo stata inviata dalla Dreamtime (per cui attualmente lavora) a “controllarlo” e a prendere eventualmente nei suoi confronti anche decisioni drastiche…

Eppure tra i due, nonostante le iniziali reticenze e la diffidenza di Stoppard verso la donna, si instaura un rapporto di complicità e fiducia, visto che si ritrovano a combattere contro gli stessi “nemici”, sebbene con motivazioni differenti.


REBECCA WADE


Moglie di Milo Stoppard, Rebecca lavora come interprete per Quen Jeh, Ministro dell’Ambiente, di cui scopre accidentalmente un “segreto” che potrebbe avere conseguenze politiche e sociali a livello mondiale, con conseguenze disastrose per l’intera umanità e per l’ambiente.

Pur avendo sempre rispettato il Ministro e avendo stabilito con lui un rapporto di stima e lealtà, la donna tira fuori il proprio carattere deciso, coerente, che la spinge ad affrontare di petto e senza peli sulla lingua il suo potente datore di lavoro, incurante dei possibili effetti delle proprie parole. Anche quando l’uomo la tiene prigioniera, cercando comunque di trattarla con rispetto e gentilezza, Rebecca non abbassa la testa e non viene meno ai propri princìpi e valori, continuando ad opporsi ai piani egoistici e dannosi progettati dal governo.

"Rebecca, per favore!"Strinse la maniglia della portiera di un taxi in sosta per trovare il coraggio di affrontarlo di nuovo. Solo allora si voltò, sforzandosi di essere gelida quanto dentro ribolliva: "Siete pazzi se pensate che servità". Con un gesto della mano, indicò i palazzi illuminnati tutt'intorno, e aggiunse: "Forse guardando ttto questo crede ancora di vivere in un mondo di cui siamo padroni. Le dirò una cosa: il mondo è malato, e che le piaccia o no siamo lontani anni luce da una cura. Quello che state per fare, non servirà che a spingerci un altro ppo' nel baratro in cui stiamo precipitando io, lei, tutti quanti. Non so se potrò impedirlo, ma sono sicura che non ne farò parte.".

È anche scaltra e previdente, perché pensa bene di “mettere al sicuro” ciò che scopre, affidandolo non a chiunque, ma al marito, di cui si fida ciecamente.
Eppure, questa fiducia verrà messa alla prova perché scoprirà particolari angoscianti su Milo…: il loro amore supererà queste rivelazioni inaspettate e scottanti che mostrano un Milo totalmente diverso dall’uomo che conosce ed ama Rebecca? 

Fen e Rebecca: due donne che, insieme a Milo, vivranno ore concitate e frenetiche, ognuna col proprio modo di essere. Lì dove Rebecca è emotiva e passionale, Fen è più controllata, ferma nell’agire e dotata di sangue freddo quando si tratta di prendere decisioni cruciali in poco tempo.



HENG ZHOU

Un personaggio secondario che ho trovato interessante è stato il Capo della sicurezza del governo cinese, Zhou: egli svolge il proprio lavoro con molta dedizione e professionalità, è integerrimo, saldo nelle proprie idee, caparbio, uno di quelli che quando sa di dover portare a termine una missione affidatagli, ci mette tutto l’impegno e la tenacia; solitamente ligio ai doveri e agli ordini che è tenuto ad ottemperare quando vengono dai suoi superiori, è capace anche di fare di testa sua pur di restare coerente a se stesso e di non scendere a compromessi.

Se inizialmente mi ha dato l’impressione di essere un uomo duro e implacabile, avanzando nella lettura ho avuto modo di notare come egli sia in realtà più complesso di come appare, con non poche contraddizioni nonostante si sforzi di sembrare granitico e incorruttibile, il che lo rende di sicuro più "umano" e meno distaccato emotivamente; ciò che mi ha più stupita è il suo essere fervente nella fede, in cui egli trova pace ai propri tormenti interiori.

“L’unico percorso che porta davvero alla pace è fare la cosa giusta (…). Gli ultimi ordini ricevuti erano stati chiari e sicuramente ragionevoli: c’era in ballo più di uno scandalo governativo, con tutta probabilità si sarebbe arrivati alla guerra, e a quel punto forse non ci sarebbe stata più speranza per l’umanità. Zhou riteneva la speranza un sentimento inestinguibile, traballante a volte, sventolante, ma radicato. Dio insegna ad aver sempre speranza. Allora perché si sentiva così fuori posto? (…) Nulla, pensò. Ciò che è mio compito fare, lo farò, come ho sempre fatto, e accetterò le conseguenze sapendo di aver agito nel modo migliore. Non gli importava più di mettere in discussione le direttive. E seppe di essere sulla retta via quando, leggera come un velo di seta, iniziò ad avvertire la carezza della pace”.


Spero di avervi incuriositi parlandovi di questi personaggi presenti nel romanzo; essi, tanto i principali quanto i secondari, sono ben caratterizzati e ciascuno dà il proprio robusto contributo allo sviluppo delle vicende, ciascuno secondo la propria personalità e le motivazioni individuali che li spingono ad agire.

Vi saluto ricordandovi che il 6 aprile, sul blog  Cherie Colette potrete leggere la recensione del romanzo, a conclusione di questo blogtour!

giovedì 29 marzo 2018

Recensione: VIRGILIO O LA TERRA DEL TRAMONTO di Stefano Cortese (RC2018)



Un romanzo storico ricco di fascino, dal linguaggio raffinato, che immerge totalmente il lettore in epoca romana, raccontando la vita del poeta Virgilio, in un mix di finzione narrativa e realtà.




VIRGILIO O LA TERRA DEL TRAMONTO 
di Stefano Cortese



Milena Ed.
2018
E' il 1156 e Napoli è caduta nelle mani dei Normanni. 
Stefano Cesario, poeta di corte e segretario dell'ultimo duca di Napoli Sergio VII, è costretto suo malgrado ad assistere a un fatto increscioso, per mano del negromante Ludowicus: la profanazione e la dispersione delle ceneri di colui che la città partenopea venera e chiama "il Mago": il poeta Publio Virgilio Marone, simbolo di libertà per i napoletani. 
Disperato e sconvolto per un tale sacrilegio e per ciò che questo significa per la città (chi "possiede" le ceneri di Virgilio è come se possedesse la stessa Napoli), Cesario piomba in un sonno profondo, e in questo viaggio onirico ha una visione prodigiosa: la vita di Virgilio, attraverso cinquant'anni di storia romana. 

E' il 70 a.C. quando Publio Virgilio Marone nasce ad Andes, nel mantovano, da sua madre Magia Polla e da Stimicone, suo padre, apicultore, uomo semplice, un figlio del popolo benestante e rispettato.
Sin dai primissimi anni, Virgilio mostra un carattere taciturno, è di poche parole, timidissimo; crescendo, non perde questi tratti, anzi essi paiono accentuarsi e Virgilio mostra d'essere un ragazzino sì legato alla natura - da lui ammirata, contemplata nel silenzio e nella solitudine, come a rubarne suoni, rumori, cambiamenti... - e  alla terra, ma poco incline a occuparsene come futuro uomo d'affari.
Che poi è ciò che la famiglia si aspetta da lui.
Suo padre è un buon uomo, comprensivo e magnanimo coi figli, e in particolare nel primogenito - il figlio alto di Magia Polla, così viene chiamato da chi lo conosce e lo ha visto crescere, e così lui stesso si identificherà sempre, anche quando la fama e la gloria lo raggiungeranno - ha riposto le più alte aspettative: farlo studiare, investire su di lui e per lui, così che divenga futuro proprietario e amministratori dei beni di famiglia.
Perchè si formi quale vero uomo, completo e capace di gestire le incombenze della vita e degli affari, Stimicone manda l'adolescente figliolo in una scuola a Cremona, per studiare retorica, grammatica, oratoria..., ma tant'egli quanto i suoi insegnanti si accorgono di come lo studente - seppur diligente - non abbia le caratteristiche per diventare un "uomo di parola", uno con la parlantina facile.
Virgilio è un contemplativo, non ama parlare ed esporsi in pubblico, il sol pensiero gli fa contorcere le budella e insorgere dolori al ventre ingestibili, l'ansia fa da padrone....: come potrebbe mai dedicarsi all'ars oratoria?
Ma oltre al timore di deludere i desideri paterni, c'è un altro problema: Virgilio è un poeta, o meglio, vuol diventarlo ed essere riconosciuto come tale. In lui, nella sua mente e nella sua anima sorgono versi e poesie cui egli desidera imparare a  a scrivere, dar forma... e chissà!, forse essi gli regaleranno una sorta di immortalità.
Certo, un poeta dovrà pur declamare pubblicamente ciò che scrive..., e Virgilio non sa proprio come risolverà mai questo ostacolo comunicativo.
Ma intanto scrive e dopo Cremona, verso i diciassette anni, si trasferisce a Milano, dove conosce un coetaneo che diventerà il suo più caro amico, e la loro amicizia supererà il tempo e le distanze, accompagnandoli fino alla morte: Cornelio Gallo, anch'egli aspirante poeta, ma dal temperamento più gioviale, amante della vita, di cui vuol godere ogni attimo, dei piaceri, del potere..., ed in sua compagnia lo schivo Virgilio fa le prime vere esperienze che inebriano i suoi sensi, consentendogli di allargare i propri orizzonti. Non solo, ma viene in contatto con la poetica di Lucrezio, che influenzerà la propria.

"Nulla è per noi la morte e per niente ci riguarda, poichè la natura dell'animo è da ritenersi mortale. Virgilio aveva un nuovo scopo: fare in modo che ciò che avrebbe scritto lo conducesse, in fine, all'unico traguardo a cui avesse mai sperato di attendere: l'immane grandezza del silenzio.(...) Lui avrebbe scritto (...) non per lasciare una traccia di sè, ma per pagare l'obolo della sua permanenza nel Nulla. (...) Avrebbe goduto la bellezza, vissuto i piaceri, anche amato cose e esseri umani, ma essi non sarebbero mai riusciti a possederlo. La poesia, e questo fu l'insegnamento più grande di Lucrezio, sarebbe stata l'unica compagna di vita, l'unico strumento per raggiungere la pace dell'inesistenza.".

In seguito, lui e Cornelio si trasferiscono a Roma, per studiare nella scuola di Epidio, e nella caput mundi il nostro poeta avrà modo di entrare in contatto con i grandi protagonisti del suo tempo, come Cesare, Ottaviano, Cicerone, Orazio.
Roma è immensa, troppo per uno come lui cresciuto in un piccolo paese di provincia; Virgilio non ama (e non amerà mai) il caos dei grandi spazi urbani, troppo confusionari, pieni di gente di ogni tipo, di  rumori e odori, per lo più sgradevoli, che a zaffate arrivano a fargli storcere il naso; nonostante questo, il forte fascino che la città eterna esercita su di lui, quasi lo schiaccia, rendendolo nervoso e timoroso al pensiero di non essere all'altezza di tanta immensità.
Grazie agli insegnamenti di Epidio, impara a gestire con meno apprensione la propria refrattarietà a parlare davanti alle persone, in vista del momento in cui gli toccherà decantare i propri versi.

Ma ben presto Virgilio capisce che neanche Roma può accoglierlo per sempre; è la sua stessa indole a non essere adatta alla grande città, e ne ha la conferma quando la situazione politica si fa rovente a motivo della guerra civile (lo scontro tra Cesare e Pompeo).

Si reca quindi alla scuola di Sirone, a Napoli, che lo adotta e nella quale il poeta si sente decisamente più a suo agio.

"Napoli era all'epoca una polis greca a tutti gli effetti, una città raffinata e colta, dove sorgevano numerose scuole filosofiche. (...). Era un mondo così bello che ne divenni prigione, non potei più farne a meno e poco a poco iniziai a prendere le sue abitudini, a comportarmi come l'avesi sempre vissuto, come ne fossi stato sempre parte fin dall'infanzia. La mia patria natale fu Mantova, ma io sarò sempre, d'adozione, napoletano".

L'Autore ci narra tra queste pagine la vita del protagonista, introducendo costantemente le varie stagioni della sua esistenza con le parole "... negli anni in cui furono consoli...", legandola quindi alla storia di Roma, anche quando Virgilio se ne allontana andando a Napoli.
Mescolando dati, personaggi, contesti e fatti storici con altri fittizi, diventiamo spettatori anche noi di un lungo ed intenso sogno e ci sembra di essere accanto a Virgilio, di sentirne i pensieri, i timori, le sofferenze personali, i disagi nello stare in mezzo agli altri, soprattutto quando la narrazione è affidata allo stesso Virgilio (ad essa si alterna la terza persona; nel corso del racconto, le descrizioni presenti coinvolgono tutti i sensi del lettore, così che egli riesca a vedere/sentire con gli occhi dell'immaginazione ciò che vede e sente il poeta, il che rende la lettura molto coinvolgente.

Virgilio ragazzo che si lascia travolgere dal piacere con donne e uomini (nella sua mente però solo il suo amore di gioventù sopravviverà all'usura dell'oblio - Lavinia - e in un certo senso ella sarà sempre presente in tutto ciò che Virgilio scriverà negli anni); Virgilio sofferente quando l'ansia si fa pressante; Virgilio dubbioso delle proprie capacità poetiche, e dunque stupito che gli altri invece credano tanto in lui, in ciò che diventerà ma che ancora non è; Virgilio che proprio non vuol entrare negli affari politici di Roma, di Ottaviano (con cui pure stringe amicizia); Virgilio sopraffatto dalla bellezza e dalla verità presente nella natura, ed infatti le sue prime due opere, le Bucoliche e le Georgiche, trattano di pastori e di vita agreste.


"La sua poesia era nuova, e purtuttavia era una poesia già esistita, già affermata. La gente ritrovata l'amata memoria e la speranza dell'avvenire. Era una poesia totale. Impossibile svincolarsi dalle sue spire."

E se già con queste due composizioni poetiche la fama raggiunge il vate, è l'Eneide a renderlo il poeta immortale che noi leggiamo ancora oggi.

Un romanzo storico scritto davvero egregiamente, che usa un linguaggio ricercato, raffinato, poetico (esso stesso ci sembra un poema in certi momenti), senza però mai risultare pesante o distante dalla realtà, anzi.
Con Virgilio, non solo Cesario ma anche il lettore ha modo di riflettere sulla Vita e la Morte, l'Amore, la Gloria, l'Eternità, il Nulla.

Questo libro - per il quale ringrazio Milena Edizioni - si è rivelato una bella sorpresa, mi ha coinvolta molto nella lettura; del protagonista ci viene dato un ritratto intenso, con toni nostalgici e a tutto tondo, in cui emerge la sua complessità di uomo, prima ancora che il suo essere stato un poeta sublime.

Il libro è arricchito delle belle illustrazioni di Andrea Jori. Consigliato in particolare a chi ama i romanzi storici, i poeti latini e l'epoca romana. 



Reading Challenge
obiettivo n. 8.
Un libro nel cui titolo ci sia un nome proprio

mercoledì 28 marzo 2018

Recensione: IN CAMMINO VERSO COMPOSTELA di Beatrice Masci



Ci sono esperienze in grado di cambiarti non tanto la vita in sè, quanto il modo di guardare ad essa, di concepirla e di affrontarla, con i suoi pesi e le sue bellezze, giorno per giorno. Per molti, il Cammino di Santiago de Compostela è una di queste incredibili esperienze.


IN CAMMINO VERSO COMPOSTELA
di Beatrice Masci


,
Sono davvero tantissime le persone che ogni anno decidono di intraprendere il Cammino verso Santiago de Compostela. 
Un cammino che senza dubbio richiede una certa resistenza fisica - c'è tanto da camminare, percorsi in salita, in discesa, boscosi o deserti... - ma non solo, anche morale, emotiva, perchè è un vero e proprio viaggio con e dentro se stessi

In questo piccolo libro, l'Autrice ci rende partecipi della sua esperienza di pellegrina: 800 km percorsi in 33 giorni, in cui ha incontrato gente che, come lei, si è incamminata all'avventura, zaino  stracarico in spalla, eventualmente un bastone per aiutarsi nei percorsi più impervi, e tanta convinzione, buona volontà, pazienza, tenacia... al fine di arrivare alla meta.

A guidarci tra queste pagine si alternano varie "voci": da una parte abbiamo il resoconto in terza persona di ciò che Beatrice man mano viveva, vedeva, sentiva, pensava, le persone incontrate, le piccole difficoltà (superabili), dall'altra abbiamo i divertenti dialoghi tra le parti del corpo di Beatrice più interessate al viaggio!
C'è il cuore, che infonde fiducia come solo lui sa fare; il cervello che, essendo il "capo", decide come procedere (in questo caso, assecondando la padrona, Beatrice, e mettendo in riga le parti che si lamentano maggiormente), c'è la povera schiena, costretta suo malgrado a portare il peso di uno zaino sempre più pesante; e soprattutto ci sono loro...: i poveri piedi della pellegrina, che si oppongono come possono quando capiscono che Beatrice vuol fare questo viaggetto a piedi.
Gli interventi spassosi dei piedi - e non due piedi qualsiasi, ma due già provati dall'alluce valgo! - nei dialoghi immaginari con cervello&co. sono davvero esilaranti, simpaticissimi, fanno sorridere perchè proviamo ad immaginare la loro frustrazione verso la padrona, che nel prendere le proprie decisioni non ha minimamente pensato a quello che essi avrebbero dovuto vivere e sopportare, tra il gran caldo, il sudore, i cattivi odori, la sporcizia, il peso di portare non solo lei ma pure il suo benedetto borsone, e poi le vesciche e per finire i suoi bislacchi metodi per risolvere questo "inconveniente".

Insomma, si legge questo singolare  "diario di viaggio" sempre col sorriso sulle labbra, grazie allo stile spigliato ed ironico dell'Autrice, che ci regala pagine ricche di umorismo.
Accanto ad esse, però, c'è comunque il racconto vero dell'esperienza; la materia narrativa è di per sè "seria", come può esserlo questo tipo di cammino per i pellegrini che, per ragioni del tutto personali e differenti tra loro, si impegnano a portare a termine, ma il tono impiegato è deliziosamente leggero, senza che questo però renda i contenuti della narrazioni banali, anzi.

Questo tipo di viaggio, come dicevamo, non ha a che fare solo con la forza fisica, ma in particolare con la propria forza interiore, perchè in fondo esso è un modo per conoscere meglio se stessi, per guardarsi dentro e farlo per lo più in solitudine; il cammino diventa quindi una sorta di metafora della vita stessa, che, proprio come il lungo percorso che caratterizza il viaggio verso Compostela, è fatto di pianure come di montagne, di giornate di sole e di altre tempestose, di luoghi in cui ci sono corsi d'acqua ed altri aridi; e spesso, abbiamo bisogno di affrontare il deserto più di quanto pensiamo:

"C'è chi sceglie di percorrere tratti in totale solitudine. Una possibilità che nella vita di tutti i giorni non si ha più. Si finisce per perdere l'abitudine di avere, ricercare e difendere spazi di solitudine. Qui no. Qui si cercano e si trovano con la medesima facilità con la quale si trova la campagna quando se ne ha voglia.  (...) Il bello della libertà è anche questo. Ma la solitudine, a lungo cercata, spesso ti fa brutti scherzi. Ti fa pensare. (...) In alcuni casi c'è la totale assenza di persone fin dove riesce a spingersi lo sguardo ed è a quel punto che metti alla prova le tue capacità. E' anche questa la bellezza del deserto.. Poi, una volta superato, potresti anche scoprire di desiderarlo. Scherzi del cammino che ti porti dietro anche al ritorno.

E' un viaggio che può non avere necessariamente motivazioni religiose, tant'è che a farlo sono tanti non per forza di fede cattolica; quando i pellegrini si ritrovano assieme, lungo la stessa via deserta, sotto il sole bollente, con i piedi che fanno male..., si sentono uniti, come se qualcosa di profondo li legasse, pur essendo in realtà dei perfetti estranei:

"Il cammino per Santiago è anche questo: si annullano le differenze e si arriva all'essenziale. Chi hai di fronte è semplicemente una persona che, almeno per qualche settimana, diverrà il tuo migliore alleato. Poco importa se di lui si conosce solo il nome (in alcuni casi neppure quello) ma è certo che per il periodo del cammino capirà più cose lui di te rispetto a un tuo parente prossimo che ti conosce da una vita" 

E una volta giunti a Compostela, come ci si sente? Arrivati, realizzati soddisfatti, più "a posto col mondo e con se stessi", come se finalmente si avesse afferrato il senso della vita, conquista che ci permetterà di vivere meglio e più felici?

Il bello del Cammino, ci dice l'Autrice, è proprio questo: arrivati alla fine di esso, è vero che ci si sente contenti di averlo portato a termine, ma forse la più grande delle consapevolezze acquisite è che... il viaggio vero inizia proprio da quel momento in poi.

"E' proprio qui, dopo Santiago, che inizia il cammino. Sarà un viaggio a sorpresa, che si snoderà giorno per giorno lungo i sentieri della vita. (...) Se cammini, non sai mai cosa potresti incontrare. Certo, gli ostacoli non mancheranno (...). Tuttavia non mancheranno neppure le sorprese. Il problema è che non riesci a fermarti, perchè quando inizi a camminare vorresti che il viaggio non finisse mai. Perchè (...) più che la destinazione conta la strada che ti ci porta. (...) Si tratta di un cammino che coinvolge ogni parte del corpo, a cominciare dai piedi (...), per finire con la testa (...) senza dimenticare il cuore".

Beatrice Masci condivide con i suoi lettori la sua personale esperienza, tra luoghi e percorsi che hanno costituito ognuno una tappa importante in vista della meta, e incontri con pellegrini sconosciuti che hanno diviso pochi o tanti passi insieme a lei, e ce lo racconta con uno stile ironico e arguto, che sa come far riflettere sorridendo; vi sono anche delle belle foto fatte durante il Cammino.
E' stata una piacevolissima lettura, non mi resta che consigliarvela!

martedì 27 marzo 2018

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA (19-26-30 aprile)



Prossime uscite in cui sullo sfondo delle storie narrate c'è il mare..:




DI NIENTE E NESSUNO
di Dario Levantino


Ed. Fazi
USCITA
19 APRILE 2018
In un Sud viscerale e violento, un’intensa storia di formazione condotta con la voce, spietata e dolcissima, di un adolescente che lotta per sovvertire i morbosi equilibri di una famiglia infelice.
Brancaccio, periferia di Palermo.
Rosario è un adolescente solitario che ama il mare e la poesia. La madre, accudente e remissiva, trascorre le sue giornate a occuparsi della casa e della famiglia, mentre il padre, cinico e bugiardo, ha un negozio di integratori per sportivi in cui gestisce lo smercio illecito
di sostanze stupefacenti. 
Quando, per accontentare un desiderio della madre, il ragazzo decide di giocare nel ruolo di portiere con la Virtus Brancaccio, calcando così le orme del nonno materno morto prematuramente nel terremoto del Belice, il processo di identificazione che prelude all’età adulta ha inizio: tra pestaggi, amore e disincanto, Rosario troverà il coraggio di emanciparsi dalla violenza e dalla menzogna che hanno da sempre oppresso la sua vita


FIGLIE DEL MARE
di Mary Lynn Bracht



Ed. Longanesi
380 pp
USCITA
26 APRILE 2018
Corea, 1943. Hana è una pescatrice di perle, una professione che si trasmette da madre a figlia, donne fiere e indipendenti. È cresciuta sotto il dominio giapponese, non conosce altro. Ed è felice quando nasce una sorellina, Emiko, perché con lei potrà condividere le acque del mare che bagnano l'isola di Jeju, la loro casa.
Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare Emiko da un destino atroce, viene catturata e deportata in Manciuria. Lì, lontana dalla famiglia e da tutto ciò che conosceva, verrà imprigionata in una casa chiusa gestita dall'esercito giapponese. Ma una figlia del mare non può arrendersi senza lottare, e Hana sa che dovrà fare ricorso a tutte le sue forze per riconquistare la libertà e tornare a casa. 
Corea del Sud, 2011. Emiko ha trascorso gli ultimi sessant'anni della sua vita cercando di dimenticare il sacrificio di sua sorella, ma non potrà mai trovare la pace continuando a fuggire dal passato. I suoi figli e il suo Paese vivono ormai una vita serena... 
Ma lei riuscirà a superare le conseguenze della guerra e a perdonare se stessa?



LA LOCANDA DOVE IL MARE PARLA PIANO
di Emma Sternberg



Ed. Sperling&Kupfer
368 pp
USCITA
30 APRILE 2018
Quando Linn perde in un solo giorno fidanzato, casa e lavoro, impara due grandi lezioni. La prima: mai mettere tutta la tua vita in mano a un uomo. La seconda: mai disperare, perché la vita stessa sa sempre come sorprenderti. 
Di lì a poche ore, infatti, un certo Mr. Cunningham, "cacciatore di eredi", spunta dal nulla con una notizia sensazionale: Linn ha ricevuto una casa negli Hamptons da una fantomatica zia d'America. 
Lasciata la Germania con il primo volo per New York, Linn scopre così la Sea Whisper Inn, ovvero la locanda Sussurro del Mare: un'antica villa, un tempo adibita a pensione, dotata di parco, discesa al mare e - nuova sorpresa - cinque inquilini fissi. Sono i migliori amici della zia, cinque arzilli vecchietti che sanno come godersi la vita, tra Manhattan ghiacciati e riposini pomeridiani. Mentre Linn tenta di escogitare un piano per salvare dai debiti la casa e magari riaprirla ai turisti, è sempre più conquistata dai fantastici cinque e dai loro racconti affascinanti su zia Dorothy e sulla vita glamour che si era reinventata dopo la fuga dall'Europa. Ma in quella storia manca un dettaglio fondamentale, un segreto struggente di cui resterebbe traccia solo in un quadro, misterioso e introvabile. Proprio la ricerca di quel dipinto scomparso permetterà a Linn di aprire una porta su quel passato... e fare finalmente luce sul proprio futuro.
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