sabato 20 aprile 2019

Recensione: STONER di John Williams



Il ritratto sincero e commovente di un uomo che, pur avendo una vita apparentemente piatta e fin troppo "comune", riesce ad entrare nel cuore del lettore grazie alla magistrale penna, sensibile e attenta, del suo autore.



STONER
di John Williams



Fazi Ed.
trad. Tummolini
337 pp
William Stoner nasce sul finire del diciannovesimo secolo in una famiglia di agricoltori del Missouri; inviato all'università statale per studiare agronomia, dopo pochi anni si laurea; i suoi genitori si aspettano che il loro figliolo torni alla fattoria a Booneville per aiutarli nei lavori di campagna, ma con triste e rassegnato disappunto scoprono che il giovanotto non ha alcuna intenzione di lasciare il mondo universitario.
Si è innamorato della letteratura inglese e, su proposta  di uno stimato professore, accetta di insegnare questa materia restando in quel college.
Sorpreso e lusingato che qualcuno possa dare tanta fiducia proprio a lui, Stoner accoglie con grande gioia una tal proposta e da quel momento abbraccia la vita di docente e studioso, facendone una missione nella propria vita.

Questi primi anni accademici scorrono tranquilli e pacifici, in compagnia di pochi amici (David Masters e Gordon Finch) e, a un certo punto, si fidanza con la placida Edith, una ragazza timida, riservata e delicata.
I due si sposano anche se inizialmente non riescono a raggiungere alcun grado di intimità vera, come se ci fosse un muro invisibile a tenerli distanti, un muro che si è alzato anche rispetto ai suoi vecchi genitori, con cui l'uomo ha allentato visite e contatti.

Il matrimonio si rivela per William una piccola isola d'infelicità, di ulteriore appiattimento, tanto che egli preferisce starsene all'università a fare ricerca e a portarsi avanti col lavoro per i suoi seminari, piuttosto che tornare a casa dalla moglie, fredda e algida, che non gli mostra alcun affetto.

Fino a quando non le viene voglia di "fare un figlio" e a quel punto sembra divenir preda di una smania sessuale verso il marito, il quale ben volentieri l'asseconda, seppur stupito dall'atteggiamento insolitamente disinibito e selvaggio di questa moglie sempre sulle sue e che fino a quel momento sembrava essersi concessa con rassegnazione.
Il figlio arriva ed è una bambina, Grace.
Grace cresce tra le cure e l'amore del padre, perchè sua madre vive un periodo di estraniamento verso la creatura, ma a William non dispiace perchè finalmente ha un esserino da amare, su cui riversare quell'amore che alla moglie non interessa ricevere; questa, inoltre, dopo la gravidanza, si allontana dal coniuge ancora di più e irreparabilmente, rendendo la vita in comune una sorta di prigionia triste, fredda, senza amore. L'unico amore è quello tra il padre e la figlia, che però cresce timida, malinconica, silenziosa, priva di carezze e premure materne...

Intanto, sul fronte del lavoro le cose vanno bene fino a quando non compare un personaggio infido e malevolo, Lomax, il quale gli darà non poche grane quando prenderà il posto del defunto prof. Sloane (che tanto diede fiducia a Stoner in passato). I motivi di inimicizia tra i due - che fino a quel momento non ne avevano avuti - nascono a causa di uno studente saputello e arrogante che Stoner desidera bocciare ma che è il pupillo dello stesso Lomax...

Quest'omuncolo scaltro e in malafede creerà da subito e per sempre problemi al povero Stoner, che cercherà di agire e reagire sempre con la pacatezza e la dignità che lo contraddistinguono, e non solo, ma di portare avanti le proprie idee e convinzioni con onestà e irreprensibilità, cercando di non lasciarsi intimorire dalle minacce (a volte velate, celate dietro consigli, altre volte decisamente più palesi) di chi vorrebbe dirgli cosa fare per non pestare i piedi a chi è più alto di lui.

Proseguendo di pagina in pagina e di capitolo in capitolo, vediamo come la vita del nostro professore sia costellata sempre più da delusioni in ogni ambito, a cominciare da quello famigliare: Edith non solo gli si allontana, ma pare divenirgli ostile, nemica, assumendo atteggiamenti fastidiosi, non rivolgendogli la parola o, quando lo fa, con un'acidità che manderebbe in furia chiunque; inoltre, cosa ancor più grave, pretende di decidere della vita della piccola Gracie senza consultare il padre, allontanando i due, che avevano sempre trascorso piacevoli momenti insieme, quando Stoner tornava da lavoro.

Questo amareggia e angoscia il povero Stoner, che intanto deve affrontare altre preoccupazioni, come quelle in ambito universitario, con Lomax che lo tiene sotto tiro, pronto a danneggiarlo e umiliarlo come può.

Eppure, arriva una fase felice e luminosa anche per lui: finalmente conosce l'Amore, quello con la A maiuscola, che lo travolge, lo fa sentire vivo, e soprattutto, che è ricambiato.
La fortunata è una sua ex-allieva di corso, Katherine Driscoll, una ragazza sensibile, intelligente, che sembra venerarlo, e chiede pareri e consigli al suo professore come fossero oro colato.

"Si considerava un personaggio al limite del ridicolo, per il quale nessuno mai avrebbe potuto nutrire un interesse particolare."

A Stoner non par vero che una donna più giovane possa nutrire un interesse, che vada oltre quello professionale, per uno come lui, anonimo, poco attraente, così serioso e decisamente poco mondano.

E invece! Scopre cose di sè che non conosceva ancora - Edith, con la sua impassibilità, non era dunque riuscita ad uccidere la sua capacità di dare e ricevere amore? - e capisce che la stessa Katherine nell'intimità è ben diversa dalla studentessa intimidita e discreta conosciuta al seminario.

"A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra."

L'amore e la passione liberano i due amanti di ogni inibizione, paura di essere scoperti, ed essi riescono a vivere una parentesi d'amore idilliaca che li vedrà al culmine della felicità.

Ma nessuna felicità è eterna.... e la batosta non può che arrivare dal perfido Lomax, che ancora una volta (e non per l'ultima) metterà i bastoni tra le ruote alla carriera di Stoner colpendolo sul personale.

Non c'è pace per William, che pian piano vedrà la sua esistenza ingrigirsi e appesantirsi di giorno in giorno, sempre più isolata, priva di amore, dedita ad un lavoro che lui ama, che è ormai l'unica ragione per alzarsi al mattino.

Stoner ci appare sempre più solo in un mondo che, se su larga scala pare impazzire più volte (attraversa le due guerre mondiali, vede tanti giovani lasciare l'università per non farvi mai più ritorno, e questo lo addolora), similmente, nel suo piccolo, sembra divertirsi a fargli del male, a morderlo quasi con cattiveria, godendo nel bastonarlo, nel vedergli piegare la schiena sotto i colpi impietosi di una vita che con lui è avara di felicità.

Quest'uomo è destinato a vedersi scivolare dalle mani gli affetti più importanti a svolgere lo stesso lavoro per tutta la vita, a conservare pochissime amicizie, due per l'esattezza e sempre le stesse, Finch e Masters.

Insomma, a ben guardare, William Stoner non è propriamente il protagonista più attraente che ci sia, e la sua piatta e desolata esistenza non sembra troppo promettente per costruirci attorno un romanzo indimenticabile.

E qui entra in gioco la capacità dell'Autore di rendere il suo "eroe silenzioso" straordinario nel suo essere così "normale", comune eppure speciale, perchè il ritratto che Williams ce ne dà è appassionante, profondo, commovente, "sa di verità". 

E' difficile dire in cosa e come, precisamente, Williams riesca a compiere quest'impresa che ha del "miracoloso", dal punto di vista letterario, ma è così, fidatevi.

Stoner esce dalle pagine e il lettore ha la netta sensazione di avercelo davanti o accanto a sè, e di veder scorrere, intanto, i fotogrammi della sua esistenza, che ci viene narrata con grande rispetto, attenzione, cura, umana compassione e solidarietà, tanto che si finisce per voler bene a quest'uomo solo, e quasi vorremmo essergli fisicamente vicini anche solo per dargli una pacca sulla spalla o per incoraggiarlo con affetto.

"William Stoner conosceva il mondo come pochi dei suoi ripensava di rado alla sua infanzia nella fattoria di Booneville, conservava la coscienza del proprio sangue e dell’eredità lasciatagli dai suoi antenati, con le loro vite oscure, faticose e stoiche, e un’etica che gli imponeva di offrire al mondo tiranno visi sempre inespressivi, rigidi e spenti."

Stoner è un uomo con un animo ricco, che verso la vita, con le sue tribolazioni, assume lo stoicismo dei suoi antenati contadini; non si lagna, non si vendica, aspetta pazientemente che le cose possano migliorare, che tornino al loro posto da sole, e intanto lui, con forza e disperazione insieme, resta in piedi, anche se forse non sempre con la schiena dritta perchè i colpi subiti sono stati tanti e forti.

Stoner è uno di quei romanzi che merita di essere letto, riletto, assaporato parola per parola, amato; lo si legge lasciandoci prendere per mano dalla grazia e dall'intensità dello stile di John Williams, ci si emoziona e ci si affeziona al professor Stoner, ci si trova a sospirare e quasi a...supplicarlo!, "Ti prego, Willy, cerca di essere felice", e si giunge all'ultima pagina con un misto di tristezza e serena commozione.

Nel mio caso, più che di una lettura vera e propria si è trattato di ascolto: ho seguito le vicende di Stoner, infatti, lasciandomi cullare dalla intensa voce di Sergio Rubini, il cui tono di voce, pur restando costantemente "sommesso", discreto, assolutamente coerente con la personalità del personaggio principale - i cui giorni scorrono come "in punta di piedi" -, sa emozionare e catturare l'ascoltatore, guidandone l'approccio emotivo alla storia e alle vicende che si susseguono.

Mi chiedete se ve lo consiglio? Ma assolutamente sì! ^_^

venerdì 19 aprile 2019

Recensione: HEIDI di Francesco Muzzopappa



La 35enne Chiara si ritrova a doversi barcamenare tra il rischio di un licenziamento e il prendersi cura dell'anziano padre - affetto da demenza selettiva -, un mix che darà il via a una serie di situazioni divertenti e paradossali.



HEIDI 
di Francesco Muzzopappa

Fazi Ed.
238 pp
Chi non ha mai guardato almeno una volta - o sentito parlare, quanto meno - di programmi come Hotel da incubo, Malattie imbarazzanti, Il Boss delle torte, Non sapevo di essere incinta e Sepolti in casa?

E forse ci saremo accorti che poco e spesso nascono varianti di questi programmi, come se quelli che ci sono non bastassero...
Ormai la tv chiede sempre nuovi format, sempre più paradossali e bizzarri.
Questo succede anche in Videogramma, un’azienda di contenuti in cui da anni lavora la protagonista, Chiara, trentacinquenne milanese, direttrice casting, che ogni giorno vede sfilare innumerevoli individui che dire "strani" è un eufemismo, tutti pronti a sfondare all'interno di queste nuove realtà televisive, tutti convinti di essere unici, straordinari e necessari.

Single, complicata, piena di paure e ossessioni, attualmente a darle un minimo di stabilità è il lavoro.

La situazione per Chiara inizia però a complicarsi quando suo padre, Massimo Lombroso, un vecchio critico letterario del «Corriere della Sera» affetto da demenza selettiva, viene cacciato dall’ospizio in cui è ricoverato perché ormai ingestibile e a tratti aggressivo.

In attesa di trovare una soluzione migliore, Chiara non può che portarlo nel proprio appartamento.
Non sarà facile convivere con questo genitore anziano, che ricorda a memoria nomi di scrittori e relative opere ma non sa il nome della figlia, che lui si ostina a chiamare Heidi, la dolce e allegra protagonista del cartone animato ambientato sulle alpi svizzere e che padre e figlia seguivano insieme quando lei era piccola.

Chiara si sente scombussolata, inadeguata..., e poi lei deve vedere già come fare per non restare senza lavoro, non può badare al papà tutto il giorno, ergo urge trovare un assistente per anziani che sappia fare bene il suo lavoro.

Dopo una breve ricerca, l'agenzia cui si rivolge le manda un certo Thomas, un bel giovane premuroso e preparatissimo che si prenderà cura dell’uomo quando Chiara è al lavoro, fino a diventare insostituibile per entrambi.

E se Chiara per Massimo è Heidi, circondata da monti, caprette e mucche da mungere, Thomas è subito ribattezzato come Peter!

Bene, il "problema papà" pare risolto e pure in maniera eccellente, visto che un assistente migliore di Thomas-Peter, così coscienzioso, professionale e ultra-paziente nello svolgere il proprio lavoro, non lo si potrebbe davvero trovare! Senza considerare che è pure un "bel vedere", è simpatico, disponibile, alla mano..., insomma, Chiara su questo fronte non ha di che lamentarsi!
Certo, questo non la sgrava dall'insidioso senso di colpa che nutre verso il genitore malato, verso cui non mostra un grande slancio d'affetto, ed infatti il giovanotto glielo fa notare, con molta dolcezza e sincerità, ma del resto Chiara sa di non poter ricucire un rapporto con il padre che gli anni hanno un po' "logorato", nè di poterlo fare dall'oggi al domani!

Ma la batosta vera deve ancora arrivare.
Un giorno il nuovo capo, un soggetto cinico, arrogante, che ama schernire i dipendenti e gode nel metterli in imbarazzo - sarà per questo che tutti in azienda lo odiano e lo hanno soprannominato lo Yeti? - la convoca in ufficio per farle sapere che molto presto dovrà operare dei tagli al personale, quindi in tanti rischiano il licenziamento, anche coloro che si erano convinti di essere bravissimi nelle proprie mansioni e che fino a quel momento si erano creduti indispensabili.
Ebbene, se Chiara (e così pure altri suoi colleghi) vuole evitare di perdere il posto di lavoro, deve spremere le meningi e proporre format innovativi, pena il licenziamento immediato.

Chiara va nel pallone, anche perchè non si è mai occupata di scrittura di un programma ma solo di fare provini. Che ne sa lei di come si crea un format originale da nulla?

Disperata e in crisi, non sa come fare per farsi venire in mente idee che possano piacere allo Yeti, e anche i consigli della collega - la super informatissima, e giusto un attimino pettegola, Greta, a rischio pure lei - le servono a ben poco, visto che tutto ciò che riesce a proporre a lui è qualcosa di già esistente con qualche piccola variazione...

Lo Yeti si incattivisce ancora di più ma le dà un'ultima chance, da sfruttare in capo a pochi giorni.

Cosa s'inventerà la povera Chiara, la cui creatività pare essersi chiusa in un ostinato mutismo, per conservare il posto di lavoro? Da dove/cosa/chi potrebbe attingere idee stravaganti ma idonee per eventuali format come quelli che cerca il suo esigente capo?

Sarà proprio il suo ignaro padre a fornirle spunti inimmaginabili, ma il prezzo da pagare per qualche idea brillante potrebbe essere più alto di quello che Chiara aveva messo in conto...

"Heidi" è un romanzo comedy dal taglio vivace, simpatico, con molti momenti divertenti, buffi, offertici non solo dalla protagonista, una donna intelligente ma alle volte un po' impacciata e con più di un complesso, ma ancor più da suo padre, la cui malattia fa sì che egli dica cose e abbia comportamenti che inevitabilmente creano situazioni umoristiche, che strappano diversi sorrisi; non manca neppure la pennellata rosa, visto che tra "Heidi" e "Peter" ci scappa il bacio e chissà... pure qualcos'altro!

Un Muzzopappa piacevolissimo da leggere; io me n'ero innamorata l'anno scorso con "Dente per dente" (recensione), una commedia più "dark" di cui mi aveva colpita l'ironia tagliente e acuta e dove mi ero divertita moltissimo; qui più che risate ci sono stati sorrisi, ma devo dire che ho seguito le avventure di Chiara con gusto; bello tutto lo sfondo dei format tv, molto attuale; la malattia del padre - che per carità, di per sè è un fatto serio e drammatico - è affrontata con leggerezza ma non con superficialità.

Un autore che finora mi ha convinta :)

P. S.: da oggi quando starò per far fuori una mosca non potrò fare a meno di chiedermi: E se fosse Kafka??? :-D

giovedì 18 aprile 2019

DOPO LA PIOGGIA di Tracy Farr - novità Parallelo45 Edizioni




Buongiorno cari lettori!!

Oggi voglio segnalarvi il nuovo libro dell'autrice neozelandese Tracy Farr, autrice della Nuova Zelanda della casa editrice Parallelo 45.
Il suo romanzo d’esordio, The Life and Loves of Lena Gaunt (Fremantle Press), è stato inserito nella lista preliminare per il Miles Franklin Literary Award del 2014 e incluso nella rosa dei candidati per i WA Premier’s Book Awards and Barbara Jefferis Award del 2014, e in seguito pubblicato nel Regno Unito e negli USA.

Il suo secondo libro è "Dopo la pioggia" (The Hope Fault), una storia famigliare che riflette sulla natura delle relazioni interpersonali, e sull’importanza di accettare la vita anche nei momenti di buio, anche nelle difficili fasi in cui si deve disfare la trama della propria esistenza.


DOPO LA PIOGGIA
di Tracy Farr

.
«[…] Sono tutti nelle loro stanze, adesso, ascoltando la pioggia che batte sul tetto. Viene giù a dirotto, correndo a rivoli, uscendo a fiotti, scava nel terreno, bagna, infanga, impregna ogni cosa nella sua onnipotenza».

A Cassetown Iris e la sua famiglia allargata - l’ex marito, sua moglie e la loro bambina, suo figlio e la figlia della sua migliore amica - si riuniscono in un lungo fine settimana per impacchettare i propri averi nella casa di vacanza ormai venduta.
Si ritrovano assieme per un’ultima volta, per un ultimo fine settimana, per un ultimo party.
"Dopo la pioggia" celebra le complessità famigliari quotidiane: zie e fratellastri ed ex, e una bambina che attende ancora di ricevere un nome; genitori e partner che mancano, e coloro che li rimpiazzano.
Parla delle faglie che corrono sotto la superficie e dell’angoscia e dell’incertezza - del fatto che la terra potrebbe slittare, letteralmente o metaforicamente, sotto i nostri piedi in qualsiasi momento.

È un romanzo dei giorni nostri che gioca con il tempo e con il modo di raccontare le storie, un’opera che ritrova la poesia e la bellezza nella scienza, ma anche la magia nei paesaggi.




BIOGRAFIA. 
Un tempo dedita alle scienze, Tracy Farr è un’autrice di romanzi e racconti. Cresciuta in Australia, vive da vent’anni in Nuova Zelanda; considera entrambi i posti come la sua casa. Il suo romanzo d’esordio, The Life and Loves of Lena Gaunt (Fremantle Press, 2014), è stato inserito nella lista preliminare per il Miles Franklin Literary Award del 2014, e incluso nella rosa dei candidati per i WA Premier’s Book Award e Barbara Jefferis Award del 2014, e in seguito pubblicato nel Regno Unito e negli USA. Dopo la pioggia (The Hope Fault) è il suo secondo romanzo.




Contatti:

http://tracyfarrauthor.com/

https://www.instagram.com/hissingswan/

http://www.parallelo45edizioni.it/


mercoledì 17 aprile 2019

Varie proposte editoriali di aprile



Carissimi lettori, vi presento alcune uscite di aprile: abbiamo un thriller soprannaturale, ideale per chi ha amato la raffinatezza narrativa dei film The Shining, The Others e Orphanage; un giallo con una forte connotazione psicologica che indaga le ragioni dell’amore e del tradimento e un altro in cui il protagonista, indagando sulla misteriosa morte di 'un'amica, diverrà consapevole di se stesso, e infine una raccolta di poesia.


Acqua Morta
di David Ballerini


Genere: Thriller soprannaturale
Casa Editrice: Self-publishing
Formato: Kindle, epub/Kobo 
o cartaceo
Pagine: 360 
Appollaiato tra le vette delle Dolomiti, “Acqua Morta” era stato un tempo un albergo lussuoso e uno stabilimento termale famoso in tutta Europa per le doti quasi miracolose delle sue acque. 
La fonte termale si era però improvvisamente e misteriosamente seccata sul finire della seconda guerra mondiale, riducendo l’albergo a un guscio vuoto e secco – oggi, un peso morto sulle spalle di Patrizia. 
Patrizia non sa dell’orrendo segreto che giace sepolto in giardino, non sa nulla del crimine terribile che proprio lì nelle terme è stato commesso il giorno in cui l’Acqua, raccapricciata, ha smesso di scorrere. 
Quando gli operai, scavando, riportano accidentalmente alla luce questo tremendo passato, il tempo si incanta come un disco rotto e tutti gli eventi di quel triste giorno di guerra di sessant’anni prima prendono a ripetersi tali e quali, ancora e ancora: ogni giorno inizia con l’arrivo di un misterioso ospite - alto, vecchio e secco, tutto vestito di nero - ogni giorno finisce con la strage di tutti gli ospiti dell’albergo ad opera di un Capitano tedesco impazzito dal dolore.
Fuggire da questo labirinto ostinato e crudele è impossibile - l’unica speranza di sopravvivenza per Patrizia e per i pochi cari che le sono rimasti è scoprire cosa successe e perché. Le ombre del passato hanno molto da raccontare e molto da nascondere, e nessuno è senza colpa - c’è sangue, tanto sangue, nell’acqua.


Noi che ci stiamo perdendo
di Manola Aramini


Genere: Giallo
Casa Editrice: Officina Milena
Pagine: 192
Prezzo: 13 euro
La scomparsa di Tatiana, la moglie di un noto pianista di origine portoghese, Arthur Cortes, avviene improvvisamente senza una ragione apparente. 
La vicenda si svolge a Fregene, nel litorale romano, dove Tatiana conduce una vita agiata e all’apparenza imperturbabile. Arthur Cortes sarà costretto a ripercorrere tutta la sua vita e ricorderà la sua storia d’amore con l’amante Alma, una giovane cantante di origine indiana, che vive ad Asti. 
Nel romanzo si susseguono personaggi ambigui, che metteranno a dura prova l’infallibile intuito del Commissario Fermi. Oltre all’apparenza di una normale vita borghese, inizieranno a comparire le ombre nella vita di Tatiana. 
Gli eventi ad un certo punto sconvolgeranno il Commissario che si troverà a lottare contro il tempo per salvare altre vittime, legate alla vita di Tatiana. 





L’ultimo sorriso
di Alfonso Pistilli


Casa Editrice: PubMe
Collana: Policromia
Pagine: 169
Tutti noi cerchiamo un sorriso in ogni angolo della vita, e talvolta lo troviamo laddove sembra impossibile. 
Alessandro Cocco, giovane venditore di vacanze a porta a porta, l’ha trovato in Halina, escort lituana con cui intreccia una profonda amicizia. 
Quando Alessandro apprende del suo suicidio, dopo un momento di smarrimento decide di dare retta al suo sesto senso, e di indagare sulla vita di Halina, scoprendo, pezzo dopo pezzo, i tasselli di un intricato puzzle di cui l’amica è solo un dettaglio. 
Tra partite di calcio, bevute con gli amici, uscite con la fidanzata e un antipatico ritornello che canta nella sua testa, Alessandro dissotterrerà a poco a poco una fitta rete di inganni e sotterfugi, ma imparerà anche ad avere più fiducia in sé stesso e a giocare un ruolo attivo al tavolo della sua vita.





Le cose che ho scritto di te
di Guido Paolo De Felice


Self-publishing 
Pagine: 224
Prezzo: 25 euro
Le cose che ho scritto di te (mentre ti aspettavo) è una raccolta di poesie e di brevi racconti, che ha come nucleo pulsante il sentimento bramato, bistrattato, celebrato e sottovalutato dell’amore. Guido Paolo De Felice presenta liriche che toccano l’anima, e che raccontano con semplicità di un sentimento universale, declinato nelle sue infinite manifestazioni. Semplicità che mai come in quest’opera non significa banalità, perché nella leggerezza apparente delle poesie è racchiuso un complesso mondo di sensazioni e di sentimenti, di immagini, odori e sapori. 
De Felice decide di raccontare l’amore senza filtri e simbolismi, andando dritto al punto; nella raccolta sono presenti poesie che trasudano romanticismo, e altre che con lucidità disarmante raccontano di nostalgia e di mancanza: “E invece noi fummo così bravi a perderci, per sempre”; un’opera coraggiosa in tempi in cui l’amore è spesso visto come un sentimento riservato ai deboli; una raccolta che ha riscosso notevole successo e che ha permesso all’autore di vincere il Premio Self Publishing (categoria Poesia) al concorso letterario nazionale “Il mio esordio”.





martedì 16 aprile 2019

Recensione: DOPO di Koethi Zan



Dieci anni dopo essere scappata dallo scantinato in cui è stata imprigionata per tre anni, Sarah è in realtà ancora schiava e prigioniera: dei propri incubi, delle proprie fobie e manie, dell'ossessione di essere ancora ed eternamente in pericolo. Ed infatti la sua peggiore paura rischia di ripresentarsi più terribile che mai....


DOPO
di Koethi Zan



Longanesi Ed.
trad. A.Biavasco,
V. Guani
365 pp
"Chi era stata più fortunata, fra noi due? Me l'ero chiesto tante volte. Jennifer almeno non soffriva più la solitudine. Io invece ero ancora chiusa nella mia cassa personale, sola e incapace di lasciarmi avvicinare dagli altri. Prigioniera di me stessa, delle mie paure, delle mie paranoie. Irreparabilmente segnata, in trappola".

Sarah Farber  è una giovane donna che vive da sola in un appartamento a Manhattan; dieci anni prima è stata vittima del folle rapimento di un essere che l'ha sottoposta a una serie di torture fisiche e psicologiche atroci, che hanno segnato la mente della ragazza, la quale, anche dopo la liberazione, vive rinchiusa tra le mura di casa, rifiutandosi di avere alcun tipo di relazioni sociali. Ogni contatto umano la terrorizza, la ripugna, le provoca dolore e brutti ricordi, ed è consapevole come lei, da quel maledetto scantinato, non se ne sia mai andata davvero e definitivamente.

Eppure, nonostante la solitudine, i giorni spesi tutti uguali nell'appartamento (non esce neppure per la spesa o per andare a lavorare, fa tutto da casa), l'ossessione di non sentirsi abbastanza al sicuro, Sarah - che si fa chiamare Caroline, proprio per tenere più lontano possibile il suo passato, la sua vera identità - a modo suo "galleggia", tra le psicoterapie con la dottoressa Simmons e gli aggiornamenti dell'agente dell'FBI McCordy.

E proprio lui, un giorno, la informa che Jack Derber, il mostro che l'ha tenuta prigioniera per più di mille giorni, attualmente accusato e in carcere per rapimento, sta per essere rilasciato. 

Sarah non può consentirlo, perché lei sa. 
Sa perfettamente di cosa Derber sia capace e di come egli non sia soltanto un rapitore. È un assassino. 
Sì perchè negli anni di prigionia, Sarah non è stata da sola: erano in tre tra quelle quattro spoglie mura, impaurite, affamate, e soprattutto sottoposte alle perversioni del loro carnefice, che metteva alla prova il loro corpo - già indebolito dalle pessime condizioni di vita, dalla scarsità di cibo, dalle torture... - e la loro mente, cercando di manipolarle, di controllarle, di sottometterle.
In realtà, all'inizio della prigionia erano in quattro: Christine e Tracy (che erano già lì da due anni), cui si aggiunsero Sarah e la sua amica Jennifer.
Sarah e Jennifer sono sempre state grandissime amiche, sin dall'infanzia, sono cresciute insieme e sempre insieme hanno stilato la loro Lista dei Mai, vale a dire di tutte quelle cose da evitare (o quelle precauzioni da prendere) per evitare di trovarsi nei guai, in balia di stupratori, malintenzionati, ed altre eventualità drammatiche; le due amiche hanno trascorso gli anni dell'adolescenza cercando di vivere più al sicuro possibile, non lasciando nessun particolare delle loro giornate al caso, ma anzi programmando tutto, ogni spostamento, ogni relazione e amicizia, ogni luogo in cui si trovavano, e tutto per sentirsi protette, cercando di prevedere ed evitare ogni possibile pericolo.

Ma è bastato andare all'università,  ritrovarsi tra tante persone, in un contesto vivo e stimolante, per allentare tutti quei limiti che fino a quel momento avevano ridotto la loro libertà; e addirittura una sera, in barba a tutti i mai immaginati e scritti nero su bianco, salgono - senza farsi domande on accertarsi di alcunchè - su un'auto che credono essere un taxi... ma che si rivelerà essere guidata dal loro rapitore, Jack Derber.

L'uomo le porta nella squallida cantina di casa sua, in un luogo solitario e lugubre, e là Sarah viene incatenata, ritrovandosi assieme delle sue "compagne" di prigionia, mentre per la povera Jennifer le cose si mettono peggio perchè morirà per mano di Derber, tra sofferenze inaudite. 
Ma il cadavere della sua amata amica non viene ritrovato quando le tre recluse vengono liberate, e in assenza di un cadavere l'imputato non può essere condannato per omicidio.

La sola speranza, per tenere Derber tra le sbarre, è ritrovare il corpo di Jennifer, e affinché questo accada c'è bisogno della testimonianza delle tre sopravvissute: Sarah, Christine e Tracy.

Le tre donne non sono rimaste in contatto, anzi si sono evitate come la peste; non solo, ma Sarah è consapevole di come le altre due - in particolare, Tracy - la detestino e non abbiano alcuna intenzione di ritrovarsela davanti.
Del resto, rivedersi aprirebbe ancora di più le ferite - in fondo, mai chiuse davvero - che le accomunano, riaprirebbe un vaso di Pandora doloroso che va assolutamente tenuto sigillato.

Ma il pensiero che Derber torni in libertà le scuote, così proprio la fobica per eccellenza, Sarah, trova la forza di riallacciare i contatti con le altre sopravvissute, nonostante l’odio che loro provano per lei e nonostante i segreti che le dividono. 

E' arrivato il momento fatidico di mettere a posto tutti i tasselli che compongono il tragico puzzle della loro prigionia, per dare al dopo un senso, per riprendere finalmente in mano le proprie esistenze e chiudere definitivamente quel capitolo della loro vita infelice e spaventoso.

Ma per costruire ciascuno un dopo, Sarah e le sue "amiche" devono avere il coraggio di tornare indietro, in quell'inferno che ha stravolto la loro vita, perchè solo lì c'è la verità: quella verità che può liberarle dai demoni che le opprimono e che può inchiodare una volta per tutte Derber alle sue responsabilità.

Sarah convince Tracy (Christine - l'unica, almeno in apparenza, ad essersi rifatta davvero una vita, ora è mamma e moglie e conduce un'esistenza dorata e soddisfacente - si aggiungerà solo più tardi) a indagare per conto proprio, per cercare di scoprire quante più cose sulla vita di Jack, il quale - fino a prima di essere arrestato - aveva condotto un'esistenza normale (di giorno), lavorando come professore di psicologia, stimato e venerato dalle sue studentesse, circondato da assistenti e collaboratori devoti, e conducendo, intanto, delle presunte "ricerche" pseudoscientifiche al limite della follia e della crudeltà...

Assieme alle due donne conosciamo un torbido mondo notturno e "sotterraneo" fatto di soprusi, violenze, atroci mostruosità perpetrate nei confronti di povere ragazze indifese da parte di persone che sembrano normali, perbene, ma che in realtà nascondono segreti vergognosi, alcuni dei quali celati da finti interessi scientifici.

Questo romanzo ci racconta sì la follia degli uomini, il livello più basso e meschino di malvagità al quale essi possono giungere, ma ancor di più la forza delle donne, decise a fare giustizia, e il coraggio di andare fino in fondo, mettendo in gioco tutto, anche quando si rischia di perdere quel po' di certezze duramente conquistate.

"Dopo" è un thriller psicologico che affronta un tema drammatico qual è quello delle persone scomparse perchè rapite da mostri di crudeltà, che le strappano alla loro vita per farne ciò che vogliono, per renderle schiave delle loro squallide voglie e intenzioni.
L'ho letto con slancio e interesse perchè la ricerca della verità, volta a sviscerare il passato di Derber, è fitta e densa di particolari e accadimenti intricati, che hanno catturato il mio interesse di capitolo in capitolo; leggere i supplizi cui il carnefice sottoponeva le sue vittime è stata dura emotivamente, perchè, anche se mi trovavo davanti a una storia romanzata, mi rendevo conto di come purtroppo di gente psicopatica che gode nel far del male agli altri ce ne sia davvero.
In queste pagine veniamo a conoscenza di un universo oscuro in cui le vittime sono soggette a controllo mentale e manipolazione da parte dei loro aguzzini, il che significa che esse possono arrivare a commettere azioni che, in casi normali, non farebbero.

Ho seguito anche con una certa angoscia le avventure di Tracy e Sarah, che si trovano più di una volta in pericolo, rischiando di ricadere nell'incubo da cui erano scappate anni prima, e l'Autrice è brava nel raccontare quei momenti tenendo alto il livello di tensione.

Certo, in alcuni momenti ho avuto la sensazione che certe situazioni fossero un po' troppo artificiose e poco realistiche, e onestamente non ho trovato l'utilità, di "sigillare" il capitolo finale, sfidando il lettore a proseguire nella lettura per capire se le proprie ipotesi, su come potrebbe finire la storia, trovino conferma o meno, volendo creare suspense, quando poi è scontato che si desideri arrivare all'ultima pagina e ottenere ogni risposta.
Comunque, a parte questo particolare della fine, "Dopo" mi è piaciuto, perchè mi ha coinvolta emotivamente e ho proseguito nella lettura con molta curiosità; interessanti i profili psicologici delle protagoniste e del rapitore.

"La prigionia ti cambia nel profondo, ti fa regredire allo stato animale. Faresti qualsiasi cosa pur di non morire, pur di soffrire un po' meno del giorno prima".


lunedì 15 aprile 2019

Anteprima Giunti Editore - LA STANZA DELLE FARFALLE di Lucinda Riley, dal 12 giugno in libreria


A  giugno arriva in libreria il nuovo romanzo di Lucinda Riley, con il suo mix di personaggi indimenticabili e segreti strabilianti, regalandoci una storia affascinante  che attraversa più generazioni.

LA STANZA DELLE FARFALLE



Giunti editore
608 pp
USCITA
12 GIUGNO 2019
Alla soglia dei 70 anni Posy Montague vive ancora a Admiral House, la splendida casa di famiglia ormai in rovina.
Quel grande giardino è diventato la sua ragione di vita da quando i figli l'hanno abbandonata per seguire la loro strada. 
Sam, il maggiore, è un padre disattento e dal pessimo fiuto per gli affari, Nick, il minore, è un ricco antiquario che vive da anni in Australia. 
Finché un giorno la ruota del destino torna a girare: Nick rientra in Inghilterra, Evie, una sua collega, prende casa in città, e Posy incontra per caso Freddie, il suo grande amore, l'uomo che avrebbe dovuto sposare cinquant'anni prima. 
E la scintilla è ancora accesa... 
Ma esistono segreti terribili, il cui potere non svanisce nel tempo. 
La stanza delle farfalle attende solo di essere riaperta.

venerdì 12 aprile 2019

Recensione: DIARIO DI UN DOLORE di C.S. Lewis




Perdere qualcuno che amiamo è un'esperienza oltremodo dolorosa, e non è facile parlare del dolore, non solo perchè trovare le parole giuste per esprimerlo è complicato, ma anche perchè è qualcosa di molto intimo, che preferiamo tenere per noi, fosse anche soltanto per evitare di apparire deboli o di suscitare compassione. L'autore di questo breve diario autobiografico prova a mettere nero su bianco i propri tristi pensieri, con onestà e precisione.


DIARIO DI UN DOLORE
di C.S. Lewis


Adelphi Ed.
trad. A. Ravano
85 pp
La morte è qualcosa di inevitabilmente legato alla vita, questo è un dato di fatto; ci capita di parlare di malattia, morte (e di altre "cose negative" di vario tipo) in riferimento agli altri e in quei momenti  ci appaiono come eventi lontani dal nostro vissuto, che non ci riguardano; ma quando succede anche a noi di fare l'esperienza di un lutto che ci segna profondamente, e beh... i termini del discorso cambiano radicalmente e ciò che prima era solo una questione teorica, purtroppo assume contorni fin troppo concreti.
E allora tutte le semplici e banali considerazioni fatte fino ad allora sulla vita e sulla morte... diventano una triste realtà su cui non riusciamo più ad essere lucidi e sereni.

Queste poche ma significative pagine riguardano da vicino chiunque abbia avuto nella sua vita un dolore.
A scriverle è stato Clive S. Lewis, sotto lo pseudonimo di N.W. Clerk; in esso, lo scrittore racconta la sua reazione alla morte della moglie, qui chiamata semplicemente H.
Dopo un periodo giovanile di raffreddamento verso la fede cristiana, Lewis decise di tornare al Cristianesimo; illustre medievalista e amatissimo romanziere, amico di Tolkien e come lui dedito alle incursioni nel fantastico, C.S. Lewis si è sempre dichiarato innanzitutto uno scrittore cristiano. 

E quale arma invincibile più e meglio della fede può venire in soccorso di chi soffre?

Sembrerebbe una domanda dalla risposta scontata, ma le prove della vita possono scoraggiare chiunque, anche chi si sente un credente fervente e convinto.
E Lewis sa di essere un cristiano convinto..., ma è anche un tipo "duro", nemico di ogni facile consolazione.

Il vedovo sente la mancanza della sua amata in maniera profonda, provandone un intenso dolore fisico, oltre che emotivo e psicologico; non fa che pensare a lei, a H. che l'ha lasciato solo e depresso, e non c'è nulla che possa dargli pace.
Non lo consola il pensiero che ella ora "riposi tra la amorevoli braccia di Dio", nè che ora non soffra più o che il loro distacco sia solo temporaneo perchè tanto ci si rivedrà "in un'altra vita".

Allo sconfortato narratore interessa il qui ed ora perchè è adesso che lui sta male, è adesso che avrebbe voluto continuare a vivere accanto alla sua H., invecchiare con lei, ascoltarne la voce, toccarla, amarla e godere del suo amore.

E tutto questo non è più possibile perchè il cancro se l'è portata via.

L'Autore è schietto, senza peli sulla lingua e diretto nel raccontare come l’urto della morte egli lo subisca in tutta la sua violenza, fino a scuotere la sua fede in Dio. 



"E intanto, dov’è Dio? Di tutti i sintomi, questo è uno dei più inquietanti. Quando sei felice, così felice che non avverti il bisogno di Lui, così felice che sei tentato di sentire le Sue richieste come un’interruzione, se ti riprendi e ti volgi a Lui per ringraziarlo e lodarlo, vieni accolto (questo almeno è ciò che si prova) a braccia aperte. Ma vai da Lui quando il tuo bisogno è disperato, quando ogni altro aiuto è vano, e che cosa trovi? Una porta sbattuta in faccia, e il rumore di un doppio chiavistello all’interno."

L'angoscia, la solitudine, l'impotenza e la disperazione sono talmente profonde da offuscare addirittura Dio, che gli appare incredibilmente lontano e sordo alle sue lacrime.

Ma è così davvero?

Lewis parla con lucidità di sè e della sofferenza che deriva dalla consapevolezza che di H. restano solo l'amore provato (ma che ora non ha modo di essere vissuto concretamente), i ricordi, ma a lungo andare, anche questi purtroppo diverranno sempre meno nitidi... e l'idea che l'immagine della sua meravigliosa moglie andrà via via scomparendo o deformandosi nella sua memoria, lo terrorizza.

Lewis non vuole apparire un debole che si autocompatisce e in effetti non è così che ci appare; nel registrare pensieri, sentimenti, sensazioni, i turbolenti e mutevoli moti dell’animo, il lettore può anzitutto riconoscere la capacità che comunque lo scrittore conserva di analizzarsi, farsi domande "scomode" e condividerle con il suo pubblico senza timore o vergogna, e inoltre ritrovarsi in quei diversi stati d'animo, nei dubbi, nelle mille domande, che in fondo appartengono a ciascuno di noi, anche quando spesso non vogliamo riconoscerli o non troviamo le parole per esprimerli in modo corretto.

L'esperienza atroce della perdita metterà seriamente a rischio la fiducia nel Signore?
Si può credere in Dio solo quando va tutto bene e "arrabbiarci" con Lui quando qualcosa sorgono problemi e sofferenze?

Lewis, da cristiano intelligente e dotato di senso critico qual è, scrive per sfogarsi, per autoesaminarsi, per provare a mettere ordine e senso tra i mille pensieri che si affacciano alla sua mente e al suo cuore provati; a quale conclusione giungerà?

Lascio a voi lettori la possibilità di scoprirlo leggendo questo breve e scorrevolissimo scritto significativo, intimo, privato e al contempo vicino a chiunque lo legga e si senta spinto a riflettere su argomenti esistenziali quali la vita, la morte, Dio, l'aldilà (al di là delle convinzioni personali di ciascuno).

"La lode è il modo dell’amore che ha sempre in sé un elemento di gioia. Lode nel giusto ordine: di Lui come donatore, di lei come dono."
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...