Ed eccomi con una nuova recensione di un libro che mi è piaciuto moltissimo.
Ringrazio l'Autrice, Caterina Armentano, per averlo messo a disposizione di tanti lettori grazie ad una catena di lettura.
Ed. 0111 Guest Book 200 pp 15 euro 2010 |
In un paesino della Calabria, un luogo non ben definito, dove lo spazio simbolico prevale su quello reale, inizia l'intreccio delle vite di alcune donne che vivono nello stesso condominio. Loro si aiutano, si odiano, si invidiano, fanno comunella tra loro.
Ogni donna ha una caratteristica ben specifica: Miriam desidera partecipare ad “Amici” nonostante abbia superato l’età e digiuna se Gigi d’Alessio tradisce la moglie. Gianna abortisce di nascosto dal marito perché non desidera più avere figli. Cosima è convinta di meritare un marito dittatore e crudele e non si rende conto che sua figlia, adolescente, ha una vita sessuale attiva e usa spesso la pillola del giorno dopo. Raffaella vive sempre storie sbagliate perché desidera al più presto sposarsi. Marianna non accetta le convenzioni di una società che la vorrebbe sposata e accasata con un ragazzo che lei non ama.
Questi frammenti di vita sono il contorno della vera storia, raccontata da Rebecca, colei che porta in seno la maledizione che le fa perdere i figli prima che nascano. Rebecca narra la vicenda di Ester, la sua migliore amica, colei che vota la sua vita a un sogno che l’ha travolta e perseguitata per tutta la vita: in una notte catartica e senza luna, a Ester sembra che le membrane del tempo si siano squarciate, offrendole la possibilità di sbirciare nel futuro e consentendole di vedere il volto della sua futura bambina. Ma si accorgerà ben presto che questa meravigliosa visione resterà ciò che era, cioè un sogno e che, al contrario, la realtà ha in serbo per lei un tragico finale.
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il mio pensiero |
Libero arbitrio è un romanzo in cui la donna, con tutte le sue fragilità e i suoi punti di forza, le sue paure e le sue speranze, fa da padrona ad una narrazione che ho trovato, nella sua semplicità, intensa e coinvolgente, soprattutto dal punto di vista emotivo.
Protagonista (nonché voce narrante) è la giovane Rebecca, sposata con il dolce Alfonso; i due sono legati ed innamoratissimi ma il sogno di entrambi di poter essere genitori si infrange davanti a continui aborti di lei; sembra quasi una maledizione che incombe sulle spalle di Rebecca, che cerca di andare avanti nonostante il dolore e il senso di vuoto che si porta dentro per questi continui "lutti" e per l'infrangersi di un desiderio finora irrealizzato.
La sua vita e la sua storia si intrecciano con quella delle sue condomine ed in particolare con quella di Ester, amica d'infanzia.
Le due donne, pur essendo molto diverse caratterialmente, e pur stuzzicandosi vicendevolmente, si confidano e sono complici, sanno di potersi fidare l'una dell'altra, sono sincere anche nel dirsi ciò che pensano e questo le rende inseparabili, anche se i bisticci sono all'ordine del giorno.
Anche Ester ha un problema relativo all'aver figli (quella della genitorialità è una tematica che attraversa, preponderante, tutto il libro): lei e il marito Fabio non riescono ad averne; come mai, di chi è la "colpa"?
Eh sì, perché - checché se ne dica, nonostante il gran parlare di modernità e rifiuto di pregiudizi e vecchie dicerie degne delle più sciocche ed impiccioni "comari di paese" - quello del "non riuscire ad avere figli" è da sempre, ed ancora oggi!, vissuto come una "colpa", una cosa di cui vergognarsi, per la quale non resta che ricevere sguardi carichi di pietà.
E ovviamente chi, tra l'uomo e la donna, deve vergognarsene maggiormente?
Ma la donna, ovviamente...
E anche qualora sia lui ad essere sterile, è bene che la responsabilità cada sulla donna, sempre e comunque...; dire che l'uomo non può generare equivale a sminuirlo come MASCHIO, nel senso più "virile" del termine.... Un'umiliazione troppo grande: risparmiamogliela...!
Ma Ester, a differenza dell'amica, non si arrende, non si limita a fare un sospiro e a dire sconsolata: "E vabbé, non potrò avere figli: pazienza, ci soffro, ma me ne farò una ragione! In fondo, si può e si deve essere felici per tante cose: ho un marito che mi ama, sono una persona stimata, piena di potenzialità... Una donna mica è completa solo se è madre...!".
Purtroppo, però, Ester è la testardaggine fatta persona ed è cresciuta in un ambiente familiare molto molto particolare, con genitori autoritari, e non è davvero il tipo da rinunciare ai propri sogni.
Anche se questo significherebbe farsi del male e farne a chi l'ama.
Anche se questo significa andare "contro natura", prendendo decisioni moralmente discutibili, stigmatizzate e condannate dall'ambiente sociale circostante.
Attorno alle due donne, satellitano altre storie, altre vite, di donne amanti insoddisfatte; di single divise tra la voglia di avere una famiglia propria e quella di restare sempre libere; di mamme oberate di impegni; di mogli vittime di soprusi ed umiliazioni.
E poi c'è la vecchia signora Nina, amica di Ester, grazie alle quali Rebecca comincerà a dare seria importanza alla cultura e ai libri.
E proprio zia Nina, tanto avanti negli anni, racconterà a Rebecca la sua tristissima storia, il suo passato fatto di inganni, umiliazioni, sofferenze indicibili, rimorsi, suppliche di perdono mai ottenute....
Una storia che mi ha colpito molto e che mette in luce tutte le sfumature della natura umana, da quelle più fragili a quelle più crudeli.
Ma soprattutto, tanto il presente di Rebecca ed Ester, quanto il passato di Nina (che in qualche modo si intreccerà con la vita delle due donne, ma di Ester in particolare, attraverso la figura del figlio della vecchietta, Rodolfo) mi hanno fatto pensare a quanto pesino il giudizio e lo stigma della gente.
Proviamo in tutti i modi a dire a noi stessi che non c'importa nulla di ciò che pensano e dicono gli altri, ciò che conta è quel che io voglio fare...., ma poi...?
Se la massa decide che "non sei ok" - soprattutto in contesti piccoli, chiusi, come possono essere i paesi di provincia, ancora ai nostri giorni! - farà di tutto per fartelo pesare, per farti capire che stai andando fuori le righe e che questo ti tirerà addosso non solo tante sciagure ma ancor di più tanta vergogna, infamia, disprezzo, isolamento....
E questa condizione, purtroppo, Ester la vivrà, avendo solo i fedeli amici Rebecca ed Alfonso a sostenerla.
Quando il pregiudizio e la negazione della libertà individuale (sacrificata sull'altare del conformismo, del vivere secondo i parametri e le norme sociali e morali stabilite dalla comunità di appartenenza) prendono il sopravvento, guidando le azioni della maggioranza, soffocando affetti familiari, sentimenti umani di comprensione, perdono..., beh allora ciò che resta è solo crudeltà gratuita (fatta passare, chiaramente, per alto senso di moralità e rifiuto per ogni forma di "peccato"), condanna senza possibilità di appello, disprezzo, disinteresse, negazione dell'altro o, al massimo, sterile e offensiva curiosità di sapere ed essere aggiornati sugli ultimi gossip.
E quando a rifiutarti e maltrattarti sono coloro che ti hanno dato alla luce o quegli uomini con i quali avevi creduto di poter dividere la tua vita nel nome dell'amore incondizionato, allora il dolore non può che essere insopportabile e le ferite non possono che sembrare inguaribili.
Sembrare? O forse lo sono davvero; segni che ci si porta dietro, cicatrici che fanno sanguinare il cuore, la mente (in molti casi anche il corpo) e che si cerca di far guarire trovando soluzioni che sembrano rappresentare la sola via d'uscita al problema, per poi rivelarsi soltanto ulteriori motivi di strazio e sofferenza.
Perché non sempre le nostre scelte vengono accettate, capite, perdonate.
Non sempre l'esercizio del libero arbitrio viene apprezzato quale segno di personalità intelligente e determinata.
Tanta gente è schiava di sé, anzi, ancor di più, dei giudizi altrui, della sterile adesione a norme non sempre condivise ma accettate con vile rassegnazione; e questa schiavitù le rende cieche, invidiose e arrabbiate verso la vita - che a volte ci chiede qualche "colpo di testa", di uscire "dal seminato" - e verso coloro che, al contrario, hanno deciso di prendere in mano la propria esistenza e di indirizzarla verso degli obiettivi.
Ok, forse non sempre gli obiettivi sono condivisibili e "giusti"; forse non sempre i mezzi per raggiungerli sono approvabili...., ma almeno loro c'hanno provato.
Chissà, forse se avessero ricevuto un sorriso in più invece che un ghigno disgustato, una pacca sulla spalla al posto dello schiaffo violento, un abbraccio piuttosto che uno sputo in faccia..., certe scelte "sciagurate" non sarebbero state prese... e certe conseguenze non ci sarebbero state.
Forse sì, o forse no, chi lo sa.
Ester ci dice che non sempre riusciamo a tener tutto sotto controllo; che a pagare certe scelte siamo sempre e anzitutto noi; sì, ok, le conseguenze si possono allargare anche a chi ci è vicino (è inevitabile!!), ma le prime a soffrirne siamo noi.
Ester ci dice che quando si soffre si cercano soluzioni ovunque e non sempre "nei posti migliori"; c'è che si affida a Dio (e la ricerca di Dio, spesso anche il suo rifiuto, torna spesso nel libro), chi alla medicina, chi a metodi meno convenzionali..., ma certo è che è nella nostra natura umana provare a realizzare ciò che per noi è indispensabile per essere felici e soddisfatte.
Possiamo condannare noi stessi o il prossimo per questo legittimo desiderio?
Credo di no.
Come finirà "Libero arbitrio"?
Riusciranno Ester e Rebecca a diventare madri?
E le altre donne del condominio riusciranno a risolvere i loro problemi?
Questo libro di Caterina Armentano non è una fiaba; è vita e la vita non sempre è generosa.
Allora Libero arbitrio è un libro di sconfitta, di perdita?
Hum, sarei bugiarda se vi dicessi che tutti i personaggi vincono, alla fine dei giochi.
Non si vince e non si perde: si vive.
Libero arbitrio per me è stato un "libro-opportunità" che mi ha fatto riflettere su tante cose e che in moltissimi momenti mi ha toccato da vicino, per la tematica principale affrontata.
E' un mondo, quello di Caterina, crudo, a volte troppo, nel senso che a un certo punto sentivi il bisogno di scrollarti di dosso le cattiverie lette, le brutte esperienze vissute dai personaggi, perché troppo "pesanti"; gli uomini non ne escono proprio bene; fatta eccezione per Alfonso, gli altri non sono propriamente degli stinchi di santo...
Eppure, si riesce a cogliere un raggio di speranza, nonostante l'ineluttabilità di certe drammatiche situazioni, nelle quali l'essere umano più abbattuto e fiaccato può trovare in se stesso la forza per ricominciare, ritornare a vivere, di risorgere dalle proprie ceneri.
Una lettura scorrevole, con un linguaggio chiaro, semplice, realistico, con personaggi ben definiti inseriti in un contesto concreto e verosimile; un a lettura che mi ha emozionato tantissimo, che mi ha commosso, indignato, intenerito, coinvolta a 360°.
Lo consiglio!