Sono lieta di poter segnalare a voi lettori una recente uscita, che voglio leggere quanto prima, perchè avendo amato il precedente libro della serie cui appartiene, sono davvero curiosa di reimmergermi nelle suggestive ed epiche atmosfere di... Aegyptiaca (QUI recensione).
Pyramisia è il secondo libro di questa bellissima trilogia di Dean Lucas.
LIBRO I: AEGYPTIACA - I PRESCELTI DEGLI DEI (fine Marzo 2013)
LIBRO II: PYRAMISIA - I SIGILLI DELL’APOCALISSE (Giugno 2014)
LIBRO III: AETERNA - BATTAGLIA PER L’UMANITA’ (2015)
PYRAMISIA
di Dean Lucas
Aalcheringa edizioni
Collana: Le Rose del Deserto
Copertina: ill. originale di Ascanio Malgarini
336 pp
12.60 euro
Giugno 2014
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"Nella profondità dell'oceano quattro sono essi. Maschi non sono, femmine non sono. Essi sono turbini che si scatenano. Moglie non prendono, figli non generano. Come cavalli selvaggi scalpitano dalle montagne. Come avvoltoi famelici piombano dalle nuvole. Quattro sono essi e tutti gli altri moriranno."
Mentre le Delicate annunciano l’imminente catastrofe, Gavri’el si prepara ad affrontare l’avversario più temibile: se stesso.
Chi è davvero l’Araldo? A chi è destinata la terrificante spada che brandisce?
In un Egitto sconvolto da rivolte e carestie, in balia di falsi profeti e spietati conquistatori, la Sfinge sta per dare alla luce il dio atteso da tremila anni.
A molte leghe di distanza, nella mezzaluna fertile tra il Tigri e l’Eufrate, il regno di Sargon è minacciato dai Gutei e da un nemico ancora più letale.
Ma quando il momento decisivo si avvicina e la vita di ogni protagonista sembra in pericolo, una donna è in grado di cambiare il destino dell’umanità. A lei spetta la scelta finale.
Cosa vuol dire amare qualcuno più di se stessi?
L'autore.
Dean Lucas |
Laureato a pieni voti in Economia e Commercio presso la Bocconi di Milano, Dean Lucas lavora come responsabile di progetto nel settore bancario. Appassionato di pittura, cortometraggi e narrativa fantasy, si cimenta fin dalla giovane età nella scrittura di storie a sfondo fantasy.
Tenace, determinato e un po’ sognatore, scopre grazie ai preziosi consigli di un'autrice affermata che la magia di un libro, per funzionare, ha bisogno non solo di creatività e passione, ma anche di schemi e tecniche narrative. Incoraggiato dal sostegno e dall'entusiasmo dei suoi affezionati lettori, Dean Lucas decide di scrivere il suo primo romanzo: il primo libro della Saga di Aegyptiaca, edito da Mamma Editori.
Ed ecco un paio di estratti per voi!!
Citazione 1 (tratta dall’incipit):
Il verso acuto di un’aquila echeggiò nel profondo silenzio delle gole e si riverberò tra le vette del Monte Parnaso.
La creatura più antica del mondo arrestò il cavallo e ammirò per qualche istante il volo del rapace: eleganza, sicurezza di sé e ferocia si fondevano in un unico movimento, mentre i riflessi dorati sulle piume catturavano la luce del sole.
Il vento ululò tra i dirupi, trascinando con sé l’eco di un lamento. Era un verso roco e gutturale, simile al gemito di una bestia. Ne seguì un altro e un altro ancora. Poi un suono del tutto diverso, inatteso, inconfondibile.
Il pianto di un neonato.
Adamah osservò il rapace che disegnava cerchi sempre più stretti nella direzione dei lamenti.
Sorrise.
Poi estese i sensi fino a percepire l’odore della figlia, appena venuta al mondo per cambiarlo per sempre.
Citazione 2:
La dea sorrideva ancora quando sentì un groppo alla gola. Inquieta si drizzò sulla schiena, chiedendosi cosa fosse.
Non c’era bisogno del potere degli dèi per scoprirlo.
Era felice.
Di una felicità di cui non aveva mai immaginato nemmeno l’esistenza.
Fu allora che, per la prima volta, seppe che nella vita dei Figli dell’Uomo c’era qualcosa di speciale.
Qualcosa che gli dèi ignoravano.
Qualcosa per cui i mortali piangevano e sospiravano.
Qualcosa per cui vivevano e morivano.
Qualcosa di incredibile e meraviglioso.
Qualcosa di cui persino lei, la creatura più preziosa di quel mondo, ora sentiva l’irrefrenabile bisogno.
Dunque era questo l’amore.
L’amore che aveva atteso per millenni, che si era negata, che credeva non esistesse, che giurava fosse una debolezza.
La Sfinge posò un dito sul petto di Abel. Lo toccò solo con la punta, accarezzandogli la pelle calda e levigata dei muscoli. Si chinò fino a sfiorargli con le labbra i lunghi capelli dorati.
– Per tutti questi anni, per tutti questi secoli, ho avuto fame e sete di te. Amami – bisbigliò con un gemito impercettibile. – Amami – sussurrò con voce roca. – Amami – implorò ancora.
Il verso acuto di un’aquila echeggiò nel profondo silenzio delle gole e si riverberò tra le vette del Monte Parnaso.
La creatura più antica del mondo arrestò il cavallo e ammirò per qualche istante il volo del rapace: eleganza, sicurezza di sé e ferocia si fondevano in un unico movimento, mentre i riflessi dorati sulle piume catturavano la luce del sole.
Il vento ululò tra i dirupi, trascinando con sé l’eco di un lamento. Era un verso roco e gutturale, simile al gemito di una bestia. Ne seguì un altro e un altro ancora. Poi un suono del tutto diverso, inatteso, inconfondibile.
Il pianto di un neonato.
Adamah osservò il rapace che disegnava cerchi sempre più stretti nella direzione dei lamenti.
Sorrise.
Poi estese i sensi fino a percepire l’odore della figlia, appena venuta al mondo per cambiarlo per sempre.
Citazione 2:
La dea sorrideva ancora quando sentì un groppo alla gola. Inquieta si drizzò sulla schiena, chiedendosi cosa fosse.
Non c’era bisogno del potere degli dèi per scoprirlo.
Era felice.
Di una felicità di cui non aveva mai immaginato nemmeno l’esistenza.
Fu allora che, per la prima volta, seppe che nella vita dei Figli dell’Uomo c’era qualcosa di speciale.
Qualcosa che gli dèi ignoravano.
Qualcosa per cui i mortali piangevano e sospiravano.
Qualcosa per cui vivevano e morivano.
Qualcosa di incredibile e meraviglioso.
Qualcosa di cui persino lei, la creatura più preziosa di quel mondo, ora sentiva l’irrefrenabile bisogno.
Dunque era questo l’amore.
L’amore che aveva atteso per millenni, che si era negata, che credeva non esistesse, che giurava fosse una debolezza.
La Sfinge posò un dito sul petto di Abel. Lo toccò solo con la punta, accarezzandogli la pelle calda e levigata dei muscoli. Si chinò fino a sfiorargli con le labbra i lunghi capelli dorati.
– Per tutti questi anni, per tutti questi secoli, ho avuto fame e sete di te. Amami – bisbigliò con un gemito impercettibile. – Amami – sussurrò con voce roca. – Amami – implorò ancora.