Sto leggendo il saggio-romanzo di Pino Nazio sul caso della scomparsa misteriosa di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di cui si son perse le tracce da ormai 32 anni.
Al netto dell'accurata documentazione riportata dall'Autore, circa le tante piste seguite dagli investigatori e
dalla Polizia, e di tutta la cronologia degli eventi legati al tragico caso di questa ragazza (che oggi avrebbe 47 anni), ciò che colpisce sono le riflessioni e il tentativo di empatizzare con la sofferenza lacerante ed infinita che la famiglia Orlandi ha provato nel corso di tutti questi anni, e sta provando ancora a fronte di una verità che tarda ad arrivare.
Ecco uno stralcio che tocca proprio questo aspetto fondamentale, cioè quello emotivo, psicologico, che si concentra essenzialmente sulla paura di non arrivare mai a scoprire cosa è realmente accaduto e sulla consapevolezza che l'incertezza è decisamente più straziante di una tremenda verità.
Era bastato che una sera, mentre ci si stava mettendo attorno al tavolo per la cena, uno dei componenti della famiglia non facesse ritorno, perché, di colpo, l'esistenza di sei persone venisse segnata per sempre.
Là dove c'era il lavoro quotidiano e la gioia di veder crescere i figli nati da un matrimonio d'amore, fatti di mille microscopici problemi e di grandi gioie, era arrivato all'improvviso il dolore lancinante della paura. Paura (...) al pensiero di quello che poteva subire una figlia, una sorella, paura che Emanuela fosse morta, paura di trovare il suo corpo in un luogo oscuro, paura di non trovarlo mai, paura di non conoscere mai la verità. E, forse, fra tutte le paure, la peggiore era non conoscere mai la verità, quella che nemmeno il passare degli anni, dei decenni, avrebbe potuto lenire. Non era solo l'idea della morte, era di più, la consapevolezza di non avere neppure un luogo dove piangere e posare un fiore, non era solo il ritrovamento di un corpo che potesse raccontare le pene subite, era immaginare torture disumane su un essere acerbo. Non era solo sapere un epilogo atroce, ma non sapere nulla. Arrovellarsi all'infinito.
A una notizia terribile ogni organismo reagisce, trova delle spiegazioni, descrive degli scenari che aiutano a superare il profondo trauma subito.
All'assenza di certezze, al dubbio, al racconto della fantasia è molto più difficile porre rimedio.
Quasi impossibile.
È una maledizione che accompagna fino all'ultimo istante l'esistenza terrena.
Come porto sicuro su cui condurre la propria piccola imbarcazione flagellata dal mare in tempesta c'è la fede, la convinzione che dopo questa vita ci sia quella eterna, un Paradiso dove Emanuela sarebbe stata di nuovo in mezzo alla sua famiglia.