mercoledì 17 febbraio 2016

Anteprima: PURITY di Jonathan Franzen (dal libro alla serie tv con Daniel Craig)



Torna in libreria, nel giorno della Festa della Donna, un autore americano contemporaneo molto apprezzato; questo suo ultimo romanzo diventerà anche una serie tv con Daniel Craig.


PURITY
di Jonathan Franzen


Ed. Einaudi
22 euro
uscita:
8 MARZO 2016
Trama

La giovane Purity Tyler, detta Pip, non conosce la sua vera identità. Sua madre, per un motivo misterioso, non vuole rivelarle chi è suo padre, l'uomo dal quale è fuggita prima che Pip nascesse, cambiando nome e ritirandosi a vivere nell'anonimato tra i boschi della California settentrionale.
Pip è povera: ha un pesante debito studentesco da ripagare e vive in una casa occupata a Oakland, frequentata da un gruppo di anarchici. Ed è proprio lí che incontra Annagret, un'attivista tedesca che le apre le porte di uno stage con il Sunlight Project, l'organizzazione fondata dal famoso e carismatico Andreas Wolf, un leaker rivale di Julian Assange, allo scopo di rivelare i segreti dei potenti. 
Pip parte per la Bolivia, dove ha sede il Sunlight Project, con la speranza di poter usare la tecnologia degli hacker per svelare il segreto dell'identità di suo padre. 
Ma l'incontro con Andreas Wolf si rivela sconvolgente per molti motivi. 
Anche Andreas ha un terribile segreto nascosto nel suo passato, negli anni in cui viveva a Berlino Est come figlio ribelle di una madre squilibrata e di un padre pezzo grosso del Partito Comunista. Lo rivela proprio a Pip, con la quale instaura una relazione intensa e morbosa. Forse i suoi moventi segreti sono legati a Tom Aberant, il giornalista di Denver per il quale Pip andrà a lavorare dopo lo stage con il Sunlight Project, destabilizzando la relazione di Tom con la sua compagna Leila e portando un grande sconvolgimento anche nelle loro vite
L'autore.
Jonathan Franzen, scrittore e saggista, è nato a Western Springs, una cittadina non distante da Chicago, nell’Illinois; con "The Corrections" (Le correzioni) ha vinto il National Book Award per la narrativa.

Informazioni sulla serie tv.

Secondo Variety.com,  il progetto di portare in tv Purity sta facendo gola a tanti network, tra cui Showtime, Netflix..., che stanno cercando accaparrarsi i diritti di trasmissione per questa serie con protagonista l'ultimo James Bond, Daniel Craig, scritta dallo stesso Franzen e da Todd Field, che sarà prodotta dal premio Oscar Scott Rudin, trionfatore all'Academy con "Non è un Paese per Vecchi" e "Il Petroliere" e produttore di "Steve Jobs" e i due "Zoolander". 
La serie dovrebbe comprendere una ventina di episodi per raccontare la storia di Purity, una giovane donna cresciuta nella California del Nord, che nei suoi viaggi da Oakland alla Bolivia a Denver, avrà diverse relazioni con individui decisamente insoliti.

Recensione: UNA LETTERA DAL PASSATO di Max S. Ehrlich



Un romanzo che ti catapulta negli Anni Cinquanta, nella vita di una coppia borghese benestante di New York che si ritrova a vivere, da un momento all'altro, un dramma doloroso, che metterà a rischio la serenità di una famiglia, fino ad allora, perfetta e felice.

UNA LETTERA DAL PASSATO
di Max S. Ehrilich


in lettura
Ed. Frassinelli
M. Bartocci
2012
Dicembre 1945, St. Albans.Fred Elikins è un uomo disperato: il suo figlioletto Andy è affetto da una malattia che necessita di costose cure e lui, Fred, è solo un impiegato postale, che col suo modesto stipendio riesce a malapena a campare la famiglia, figuriamoci pagare un'operazione al figlio malato.
Ma quella mattina del 23 dicembre, Fred si alza con un preciso piano in testa, e questo piano richiede tutta la lucidità e la mente fredda di cui non ha mai granchè disposto... ma che adesso si rivelano necessarie se vuol trovare i soldi indispensabili per garantire un futuro meno cupo al piccolo Andy.
Basta solo saper agire al momento opportuno, aprendo e chiudendo i sacchi della posta senza essere visto...

Quella stessa mattina, in cui un tesissimo Fred è al lavoro sul treno postale della Long Island Railway, pronto ad attuare il Piano, due fratellini, mentre giocano sulla neve nella medesima zona in cui passa il treno su cui si trova Elkins, trovano un sacco di iuta pesante, che qualcuno ha scaricato dal treno, evidentemente.
Cosa contiene?
I ragazzini non lo sapranno ma il caso vuole che, qualche mese dopo, per una serie di giochi dei destino, il suo contenuto venga reso manifesto: il sacco contiene delle lettere che chiaramente non sono mai state consegnate ai loro legittimi proprietari.
L'incredibile scoperta viene fatta ben dieci anni più tardi, ed è nel 1955 che ha inizio la storia centrale del romanzo, quella di una coppia perfetta e innamorata: George e Martha Radcliffe.

I due sono sposati da 25 anni e si amano come il primo giorno; vivono a Greenview Point, una zona residenziale di lusso di Norwalk, Connecticut.
Hanno due bei figli, David (che è nell'esercito e ha tutti i requisiti per fare carriera) ed Annette, pronta a convolare a nozze col bel Ralph, un riccone che, i genitori di lei sperano, la renderà una sposa felice.
La vita dei Radcliffe procede tranquilla e beata; sono benestanti, grazie non tanto e non solo al lavoro di George, quanto agli investimenti di lui in Borsa, che negli anni hanno fruttato moltissimo, permettendo alla famiglia di avere un sostenuto tenore di vita.

George è un uomo sicuro di sè, dotato di grande autocontrollo, che tiene la moglie lontana dai propri affari, dei quali si occupa unicamente lui.
Martha è una moglie piena di amore e fiducia cieca nel proprio marito, una donna serena che vive il suo personale paradiso con e nella sua bellissima famiglia, immaginando che niente e nessuno potrà mai spezzare l'idillio del suo matrimonio.

Finché una mattina tutto cambia.
Il cambiamento giunge in casa Radcliffe attraverso una lettera dal passato, una di quelle che erano rimaste chiuse nel sacco di iuta trovato dai ragazzini dieci anni prima e consegnate solo ora.

Una lettera che reca con sè poche righe, lapidarie e concise, ma in grado di scatenare un inferno nella vita di Martha, nelle cui mani finisce la busta destinata al marito e che lei apre senza aspettare che lui arrivi a casa.
In queste righe, il mittente dichiarava di sapere cos'era accaduto (dieci anni prima) nella ditta in cui lavorava (e ancora lavora) George, il quale - secondo quanto scritto nella lettera - si è macchiato di un'azione terribile, per la quale sta pagando un innocente...

Martha è frastornata, confusa, incredula: com'è possibile che questo sconosciuto dieci anni prima abbia cercato di inviare questa terribile lettera in cui non solo accusa suo marito di essere un assassino, ma in cui si permette anche di ricattarlo per comprare il suo silenzio?

Martha non sa cosa credere, cosa pensare: è possibile che suo marito non sia la brava persona che lei è convinta che sia? 

L'amore, la fiducia, gli anni trascorsi accanto a George urlano "Non puoi crederci davvero, Martha, sai che non è possibile! E' una menzogna! George, tuo marito, non è un assassino!".

Eppure, ormai il seme del dubbio e del sospetto è stato gettato, e Martha si ritrova tormentata da mille domande, che la portano a pensare al passato, a tornare indietro a dieci anni prima, scandagliando nella propria memoria alla ricerca forsennata di tutti quegli indizi utili che le permettano di mettere insieme i tasselli necessari per capire e scoprire quanto ci sia di vero nella lettera giunta in ritardo.
Quella lettera che non sarebbe più dovuta arrivare, che lei non avrebbe mai voluto aprire.
Ma fatto sta che l'ha aperta, e la sua coscienza le vieta di ignorarla, perchè se davvero in essa c'è del vero, allora accanto a sè c'è un uomo che le ha mentito, che ha commesso un delitto terribile.

Cosa farà la confusa Martha, combattuta tra la certezza che suo marito sia un brav'uomo e il dubbio che forse tutti quei soldi di cui hanno disposto da un giorno all'altro... siano sporchi?

Il romanzo si basa tutto su questo: i dubbi e i tormenti di Martha, il suo cercare di mettere a tacere la sete di verità convincendosi di conoscere l'uomo che vive con lei da più di venti anni: un uomo dolce, premuroso, che mai potrebbe rivelarsi un assassino.
Vero?
O forse George nasconde qualcosa? L'uomo della lettera avrà avuto le sue buone ragioni per accusarlo? Chi ora è in carcere sta scontando una pena che merita o è innocente?

Il dubbio atroce che suo marito sia colpevole l'assilla, le toglie il sonno, la pace, e offusca la serenità della coppia.

Seguiamo la tempesta interiore che travolge Martha, le sue domande, i suoi stati d'animo, le sue paure, il senso di colpa verso il marito (che si sente tradito dalla moglie, consapevole di come lei dubiti di lui), il terrore di perderlo (insieme alla felicità familiare), che si scontra con l'obbligo morale di guardare in faccia la verità...

L'autore ci lascia entrare nella mente della protagonista, ci fa conoscere le sue emozioni contrastanti, i suoi pensieri tormentati, i suoi tentativi di cercare delle risposte ai suoi dubbi, che forse sarebbe stato più semplice soffocare, ma che Martha non riesce ad ignorare.
Anche se questo potrebbe voler dire mettere in dubbio l'uomo che ama.

Una scrittura scorrevole, una storia sufficientemente avvincente, che si legge con molto interesse e coinvolgimento per il suo ritmo che si fa via via più sostenuto, tenuto su dal fiume di pensieri e stati d'animo della protagonista, nonché dalle sue concitate ricerche per approdare alla verità.
Una verità che potrebbe rivelarsi, alla fine dei giochi, diversa da come sembra...

Un bel romanzo, scritto bene,  in cui l'autore si sofferma, come dicevo, molto sull'interiore e sulla psicologia di Martha; la storia ha questo tocco di giallo che crea un'atmosfera misteriosa e con una piacevole dose di suspense, incrementate dal fatto che, seguendo noi i ragionamenti e i sofferti sospetti di Marha, vediamo le cose e seguiamo i vari indizi unicamente dal suo punto di vista, quindi viviamo con lei tutti i piccoli colpi di scena e le graduali scoperte che conducono all'epilogo, che chiude il cerchio senza lasciare l'amaro in bocca.

Consigliato, una lettura interessante!!


11. Un libro del mese


martedì 16 febbraio 2016

"Siamo tutti commediografi o drammaturghi" (Una lettera dal passato)



Un altro pezzettino tratto da UNA LETTERA DAL PASSATO, che condivido con voi perchè descrive alla perfezione qualcosa che a me capita spessissimo: i film mentali.
Sì, mi riferisco al fatto che, quando mi trovo  in situazioni particolarmente complicate e che coinvolgono altre persone, stia ore a macerarmi il cervello immaginando dialoghi e situazioni ipotetiche, sperando così di poter mettere in conto tutti i possibili scenari, le soluzioni, le reazioni delle altre persone coinvolte... e non restare impreparata davanti all'imprevisto.


Un macello praticamente... Ma sono lieta di constatare che non sono mica l'unica matta che si fa 'sti film nella testa, immaginando veri e propria botta e risposta con immaginari interlocutori, che non sempre mi salvano dai tanto temuti imprevisti.... ^_^


Così, Martha fece mentalmente le prove dell’incontro imminente con George. Quanti di noi fanno la stessa cosa? Quanti di noi partecipano a una riunione importante, o intrattengono una conversazione, prima ancora che avvenga? Di solito, lo facciamo quando siamo incerti sull’esito. O quando desideriamo ardentemente qualcosa. O quando dobbiamo opporre resistenza ai desideri dell’altra persona.
Immaginiamo cosa diremo noi, e ci figuriamo le battute del nostro interlocutore al momento giusto. In questo senso, siamo tutti commediografi o drammaturghi, in un momento o l’altro della vita.
Costruiamo un’intera scena in anticipo, come in un’opera teatrale, o in una sceneggiatura, o in un apparato scenico. Ci mettiamo il colore e il paesaggio che la scena richiede. Il nostro protagonista lo conosciamo già, e gli scriviamo persino le battute. Prima, lui dirà quello. Poi, io gli risponderò questo. E se ribatte con quella idea, io controbatterò con questa. L’opera è già stata scritta. Le prove sono filate lisce. Non c’è nulla che possa andare storto, sarà sicuramente un successo.
Ma questo genere di rappresentazione si attiene alla sceneggiatura solo raramente. Perché il nostro interlocutore non ha partecipato alla sua stesura. Non ha fatto le prove come si deve. Con penosa riluttanza si astiene dal pronunciare le battute che gli abbiamo scritto. Non ci stupiamo sempre quando si rifiuta di seguire il copione? Non proviamo un po’ di risentimento? E il risultato qual è? Dobbiamo buttare il vecchio copione e scriverne immediatamente uno nuovo. Dobbiamo improvvisare. Dobbiamo creare un nuovo dramma, scrivere nuovi dialoghi. Perché è questo lo specifico di ogni conversazione.
Non si può mai scrivere completamente in anticipo, prima che sia pronunciata.

Anteprime di marzo (Longanesi, Garzanti, Guanda)



Buongiorno cari lettori!
Ecco a voi qualche anteprima marzolina che proprio non posso ignorare! ^_-

Lasciatemi un commento, se vi va, per dirmi cosa ne pensate!


Un romanzo devastante e incendiario come la rivolta che è al centro della storia narrata - ispirata a fatti realmente accaduti - in...

GIORNI DI FUOCO
di Ryan Gattis


Ed. guanda
308 pp
18.50 euro
USCITA:
3 MARZO 2016
E' il 29 aprile del 1992 e quel giorno, a Los Angeles, si conclude uno dei processi più celebri della storia americana: i quattro poliziotti coinvolti nel pestaggio di Rodney King, un tassista nero che non si era fermato al loro ordine, vengono assolti.
Meno di due ore dopo il verdetto, la città di Los Angeles, una polveriera di tensioni razziali, esplode in una violenza inaudita: per sei interminabili giorni si scatena l’inferno, intere zone della città vanno a fuoco e vengono abbandonate a se stesse dalle forze dell’ordine.
Per le gang criminali è l’occasione per regolare vecchi conti in sospeso, lasciando sul campo decine di morti.
Questo è il romanzo di quelle giornate.

L'autore.
Ryan Gattis è scrittore ed educatore, vive e lavora a Los Angeles, è membro di una crew art urbana, che difende e diffonde il patrimonio culturale e letterario. Questo è il suo primo libro che viene pubblicato in Italia, per scrivere il quale Gattis si è documentato per più di due anni, incontrando i protagonisti delle drammatiche giornate del 1992.





Della prossima autrice ho letto il suo romanzo d'esordio "Un incantevole imprevisto" (RECENSIONE).
Ora torna con una nuova dolce storia d'amore.


lunedì 15 febbraio 2016

Frammenti di... UNA LETTERA DAL PASSATO di Ehrlich.



Qualche breve passaggio tratto dal libro in lettura UNA LETTERA DAL PASSATO di Ehrlich.

"...intorno a lei si avvolsero due braccia, braccia ancora nude e bagnate dopo la doccia, e la guancia di George sulla sua. Sentiva il profumo buono e pulito del dopobarba sulla faccia, e il lieve sentore della schiuma da barba, e in tutto questo il profumo di lui, ed era delizioso. La strinse da dietro e disse:
«Cosa guardi?»
«Il paradiso», rispose.
«Un po’ piccolo per essere il paradiso, non trovi? Poco più di un ettaro e mezzo.»
«Mi basta così.»
Le chiese perché, e lei rispose: «Perché è nostro. Vorrei avere braccia abbastanza lunghe per abbracciarlo tutto»."




"Una casa sa davvero parlare di un uomo, se è l’uomo che si ama! Parlano di lui le cose che indossa, e che tocca, e che ama, gli oggetti che gli appartengono. La sua presenza riempie quelle stanze. C’è il suo respiro, il suo odore, la sua presenza; una presenza che aleggia costante. Perché, se l’uomo che ami è sempre nei tuoi occhi, quale stanza è veramente vuota quando lui se n’è andato?"



Recensione film: PERFETTI SCONOSCIUTI di Paolo Genovese



Buon pomeriggio, cari amici e lettori!
Ieri sera sono stata al cinema e ho scelto una commedia all'italiana davvero molto molto carina!


PERFETTI SCONOSCIUTI


dall'11 febbraio 2016 al cinema
Regia: Paolo Genovese

Cast: Giuseppe Battiston, Edoardo Leo, Kasia Smutniak, Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta, Alba Rohrwacher.


Ognuno di noi ha tre vite: 
una pubblica, una privata e una segreta. 


Un gruppo di amici - tre coppie e un single - si ritrova a cena a casa di due di loro, Eva (K. Smutniak) e Rocco (M. Giallini).

Eva e Rocco sono sposati da molti anni, stanno vivendo una fase del matrimonio non proprio serena, ed hanno una figlia adolescente eternamente in conflitto con la madre e più in sintonia col padre, che ha deciso di essere con lei più comprensivo e meno apprensivo della bella moglie.

Attorno al tavolo ci sono gli amici di sempre: Lele (V. Mastandrea) e sua moglie Carlotta (A. Foglietta), che stanno insieme da una decina d'anni; Cosimo (E. Leo) e Bianca (A. Rohrwacher), sposi novelli, e poi c'è Peppe (G. Battiston), il paffutello della compagnia, che finalmente quella sera dovrebbe presentarsi a cena con la nuova fidanzata, Lucilla; ma con grande delusione di tutti, si presenta solo soletto.

I sette amici si vogliono bene, sono in grande sintonia tra loro, si sfottono bonariamente..., insomma, l'atmosfera è molto rilassata e famigliare.
Forse troppo, pensa Eva, che decide quindi di darle movimento proponendo un gioco, che parte da una sua convinzione: se ognuno di loro potesse leggere nel telefonino del partner, scoprirebbe cose spiacevoli che potrebbero portare a litigi o addirittura separazioni.
Insomma: cosa succederebbe se tutti e sette decidessero di rendere pubblica, seduta stante, la propria vita privata e segreta racchiusa in quella scatolina che si chiama cellulare?

 L'idea di Eva è di mettere i cellulari sul tavolo, e ad ogni squillo, chiamata, messaggino... condividerne il contenuto, mettendo in viva voce un'eventuale chiamata o leggendo ad alta voce un messaggio.

Un gioco che potrebbe essere divertente. O magari rivelarsi alquanto perfido e pericoloso...!

Inizialmente non tutti son d'accordo con il gioco proposto da Eva, in particolare i maschietti; e se Rocco e Peppe mostrano un'aria soltanto perplessa e scettica, Lele e Cosimo sembrano quasi spaventati all'idea di dover mettere in piazza tutto ma proprio tutto ciò che c'è dentro quella benedetta Sim.
Le donne, invece, si fanno prendere dall'euforia, sicure come sono che nè loro nè i mariti abbiano nulla da nascondere.
Ma è davvero così?

Nel corso della serata i cellulari di tutti squilleranno: chiamate, messaggini e foto su whatsapp..., di tutto e di più, e quella che sarebbe dovuta essere una tranquilla cena a base di un buon vino, gnocchi, polpettone e tiramisù, si trasformerà in una sorta di incubo, che metterà a nudo i piccoli grandi segreti di tutti, con tanto di equivoci e buffi fraintendimenti, litigate, urla e pianti.

Perfetti sconosciuti, attraverso momenti di divertimento e pure risate, alternati ad altri che raggiungono picchi più seri e drammatici, ci mostra come ognuno di noi è in grado di condurre una vita "ufficiale", quella fatta di famiglia, amici e lavoro, ed un'altra che chi ti è accanto ignora, e la chiave per accedere a quest'ultima spesso sta "semplicemente" in un cellulare, che è diventato - da strumento utile e innocuo per comunicare - la personale scatola nera, in cui sono racchiuse cose che teniamo solo per noi, perchè se venissero fuori metterebbero a rischio gli equilibri della nostra vita.

Bugie, silenzi imbarazzanti, domande insistenti...: nessuno si risparmierà dal curiosare nella vita dell'altro, ma non verrà neanche risparmiato dall'altrui curiosità, fino a far emergere scomode verità che potrebbero fare molto ma molto male.

Ciò che emerge di serio da un film che strappa molti sorrisi e risate, è che tanto all'interno della coppia (anche di quelle più consolidate) quanto in un gruppo di amici (che sono tali dall'infanzia) non è detto che ci si conosca realmente e fino in fondo.
Si crede di conoscere tutto del partner o dell'amico che ci è accanto, ma in realtà basterebbe uno squillo ad aprirci un mondo di cose che non sappiamo, che non immaginiamo, e che l'altro ci ha tenuto nascosto. E viceversa, ovviamente.
Si può stare insieme ed essere amiconi da anni... e non conoscersi davvero.

Se è vero che da una parte c'è la pretesa di saper tutto dell'altro in nome dell'amore e dell'amicizia, della stima e della fiducia, e l'eventuale scoperta che il partner o l'amico ci nasconde qualcosa di importantissimo inevitabilmente ci ferisce (perchè preferiremmo un'amara verità ad una bugia, pensiamo), dall'altra è pur vero che scoprire queste "cose non dette" spesso non ci fa sentire meglio, anzi, ci restiamo malissimo, non ci sentiamo pronti ad affrontarle e... avremmo preferito non saperlo!

Un film allegro e vivace, con scene e dialoghi simpatici, con attori molto spontanei, i cui personaggi ci riservano tanti piccoli colpi di scena, fino a quello finale, il tutto col risultato di una commedia esilarante, divertente ma assolutamente non sciocca, anzi, col suo significato.

Consigliato!!

Per leggere le recensioni di altri film, cliccare sull'etichetta "Cinema".



sabato 13 febbraio 2016

"Io non mi arrendo": la storia di Roberto Mancini, il poliziotto "morto per dovere"



Lunedì 15 e martedì 16 febbraio andranno in onda su Rai Uno due puntate della nuova fiction Rai con protagonista Beppe Fiorello: "Io non mi arrendo". 

giuseppe fiorello
E' la straordinaria vicenda, ispirata a una storia vera, del poliziotto Roberto Mancini (nel film: Marco Giordano) che ha combattuto l'ecomafia.
Con le sue indagini ha anticipato di quasi vent'anni il disastro della Terra dei Fuochi, ma nessuno gli aveva creduto.
Roberto è morto a 52 anni per un tumore contratto proprio nel corso delle sue indagini.

La sua storia è narrata nel libro "Io morto per dovere"  di Lucia Ferrari e Nello Trocchia, scritto con la collaborazione della moglie di Roberto, Monika, e ci restituisce un ritratto commovente ed esemplare.

Ed. chiarelettere
15 euro
11.02,2016
Sinossi

Un uomo sapeva già tutto del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi. Vent'anni fa conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in rapporto con gli immancabili colletti bianchi, giudici, imprenditori e avvocati in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria.
Quest'uomo è Roberto Mancini, riconosciuto come "vittima del dovere" dal Ministero dell'Interno.


Recensione: IL CASTELLO di Franz Kafka



Recensione dolente.
Eh sì, perchè si tratta di lui, dell'autore ceco con cui io non sono riuscita finora a stabilire la benchè minima affinità.
Anzi, le cose peggiorano a vista d'occhio - nel senso di "ogni volta che mi accosto ad una sua opera" -, e me ne dispiace..., non per Franz, ci mancherebbe, ma per me, che evidentemente ho difficoltà ad apprezzare uno dei  massimi autori del Novecento.


IL CASTELLO
di Franz Kafka


Ed. Oscar Mondadori
trad. A. Rho
362 pp
10 euro
Il protagonista di questa incredibile avventura - che mai alcun uomo immaginerebbe e desidererebbe vivere - è il signor K., che di mestiere fa l'agrimensore.
Per svolgere la propria mansione lì dove è stato chiamato (da chi? non si sa...), K.giunge in un villaggio (di cui non si sa il nome e la collocazione geografica), governato da un Conte anch'egli senza nome che trascorre la sua vita in un Castello e che, dall'alto della collina su cui questa dimora è costruita, incombe sul circostante territorio, tenendo tutto e tutti sotto il suo controllo pur non facendosi praticamente mai vedere.

K. è armato di buona volontà ed è pronto ad affrontare la neve e il gelido inverno in questo posto sconosciuto pur di compiere il proprio dovere, ma da subito incontra difficoltà: in poche parole, nessuno lo sta aspettando in paese, e la sua venuta genera immediatamente, nelle prime persone con cui viene a contatto, un sacco di stupore, perplessità e fastidio.

A questo atteggiamento degli abitanti poco accogliente si aggiunge un problema più serio: il castello, che è la sede di una mostruosa burocrazia, è organizzato secondo una complicata e inesorabile gerarchia, che amministra il villaggio con un mucchio di leggi contrarie alla morale e alla logica. 
Quali siano queste regole stabilite dall'altro non è facile saperlo per lo straniero che pretende di risiedere nello sperduto villaggio, i cui abitanti non si fanno alcun problema a mostrare comportamenti diffidenti verso l'agrimensore, e soprattutto vivono accettando passivamente queste fantomatiche leggi del castello, facendosene anche scudo e utilizzandole come delle armi per tener lontano lo straniero.

K. non è un tipo arrendevole e cerca da subito di imporre la propria presenza, insistendo sul fatto che se lui è lì è perchè evidentemente qualcuno l'ha assunto, quindi non ha alcuna intenzione di andarsene, ma resterà e farà il suo lavoro.

Il suo atteggiamento determinato viene immediatamente interpretato dalle persone del posto come arrogante, invadente, cocciuto e terribilmente stupido.
K. parla come l'ignorante che è, non sa e non capisce come funzionano le cose al villaggio; questo rimprovero che gli viene mosso non è però accompagnato da esaustive e sensate spiegazioni che facciano comprendere a K. la ragione per cui non è ben accetto e, soprattutto, per cui non può parlare con chi l'ha assunto.

Ma chi l'ha assunto? Con chi deve parlare K. per chiarire l'equivoco, per dimostrare al villaggio che ha ragione a voler pretendere di fare il proprio lavoro come agrimensore in mezzo a loro?

K. non riceve che risposte enigmatiche, mezze frasi, sorrisi maliziosi e furbi, da parte di chi fa mostra di sapere ma non vuol dire; K. capisce solo che la risposta sta lì, tra le mura del castello, ma ogni volta che cerca di farsi accompagnare, qualcosa o qualcuno lo devia dalla strada giusta (sempre che ci sia).

Nonostante sembri che la sua presenza sia frutto di un equivoco, K. viene affiancato da due uomini  strani, infantili, sciocchini e molto seccanti (che però almeno fanno sorridere con i loro gesti buffi), che verranno chiamati "aiutanti" per gran parte del libro, ma che non saranno mai d'aiuto per K.

Intanto, nei fiumi di parole che K. si sente rivolgere controvoglia da maleducati locandieri e ostesse di paese, capisce che c'è un funzionario importante che potrebbe tornargli utile: un certo Klamm, che tutti conoscono ma nessuno è in grado di descrivere o di presentargli.
Per arrivare a parlare con questo Klamm, K. progetta un piano, e per realizzarlo riesce a sedurre una giovane ragazza, Frieda, che gode i favori di Klamm in quanto sua amante.

Frieda è un personaggio ancora più ambiguo di tutti gli altri matti che intervengono nella storia, perchè in alcuni momenti sembra voler bene a K., in altri pare solo circuirlo e prenderlo in giro.

Il povero K. si ritrova solo più che mai in questo villaggio dominato dal freddo, in cui non ha una sola persona che gli sia amica, dove tutti sembrano detestarlo o al massimo sopportarlo sì, ma con compassione.

Dall'ostessa che fa di tutto per tenerlo lontano da Frieda, parlando di lui in termini poco lusinghieri, al giovane Barnabas, il messaggero di Klamm al servizio di K., che all'inizio sembra l'unica figura amica, disponibile, ma che si rivelerà sfuggente e immaturo; dalle sorelle di Barnabas, Olga e Amalia, enigmatiche, misteriose, inaffidabili, alla cameriera Pepi, invidiosa della posizione di Frieda; dalla indisponente e acida maestra della scuola al maestro, arrogante e cinico; per non parlare dei funzionari che K. incontrerà!

Tutti chiacchierano in un modo impressionante, intortano il povero e ignaro K. con parole su parole, inutili e senza senso, ognuno con la pretesa di spiegare a K. qualcosa sul loro sistema burocratico, ma in realtà confondendolo ancora di più...

Eh sì, perchè il nocciolo di tutto il libro, su cui si parla e parla e parla è proprio la mostruosa e complicata burocrazia del Castello, che K. non potrà mai comprendere perchè lui è e resterà sempre un estraneo, un sempliciotto arrogante che vorrebbe scavalcare (secondo gli abitanti e i funzionari) le regole del villaggio per fare come vuole lui, ma questa sua volontà è solo un'illusione perchè niente e nessuno può vivere al villaggio e non obbedire alle sue regole.

Considerazioni

Il romanzo ha quest'atmosfera molto inquietante, oscura, claustrofobica, buia e gelida come è l'inverno nel villaggio, e K. affronta le sue bizzarre avventure in piena solitudine, incompreso da tutti, preso in giro e rimproverato per ogni domanda, ogni discorso; nessuno lo prende sul serio, tutti vogliono insegnargli qualcosa ma alla fine per K. le cose non cambiano mai in meglio, perchè ci sarà sempre qualche nuovo ostacolo burocratico da affrontare (senza superarlo).

K. è un protagonista che a me ha messo su un gran nervosismo, ma abbiate pietà, non chiedetemi perchè: so solo che mi è stato difficile cercare di mettermi nei suoi panni, vedere le cose dal suo punto di vista, perchè tutto nella storia è assurdo, surreale, a tratti comico, sicuramente insensato e illogico. A rendere difficoltosa ogni empatia, poi, contribuisce il nome, indicato con la sola iniziale puntata, che lo rende ancora più distante e anonimo.
Ad aumentare l'irritazione nella lettura è la tediosità dei discorsi: fiumi di chiacchiere sterili su questa benedetta e incomprensibile burocrazia, che non hanno nè capo nè coda e che è di una noia mortale.

K. è una povera vittima di questa piccola società chiusa, che ha un proprio oscuro ordinamento al suo interno, inaccessibile per chi viene da fuori, e lui inevitabilmente si sente rifiutato, alienato, solo a cospetto di un ambiente ostile, minaccioso e misterioso, nel quale è impossibile integrarsi.

Le sensazioni che la storia di K. mi rimanda sono tutte negative: non ho trovato nulla che mi piacesse, ahimè, benchè ne riconosca il messaggio, il valore letterario e la genialità dell'autore, che tra l'altro non ha neppure portato a compimento questa sua opera, ragion per cui non è possibile neanche sapere la fine di K., fatto che aumenta la mia frustrazione >_<

Chiariamo, il punto non è se Il Castello sia un capolavoro o meno - lo è e basta -, ma quello che ha trasmesso a me..., e purtroppo mi ha dato principalmente questa percezione: quella di trovarmi, insieme a K. - che non mi fa alcuna simpatia come protagonista, anche se a volte mi suscitava pietà - in un labirinto, di notte, sulla neve, disperata, mentre tendo le braccia per aggrapparmi a qualcosa o qualcuno... ma non c'è alcuna mano a sostenermi; solo un continuo cicaleccio di gente antipatica e sapientona che pretende di dirmi che ho sbagliato a trovarmi da sola al buio nella neve nel loro complicato labirinto, senza poi darmi un aiuto per uscire fuori.

Scusate il pensiero contorto, spero non sia troppo incomprensibile.

Insomma, a me non è piaciuto, ma parliamo di Kafka, quindi di non consigliarlo non me la sento; anzi, se lo leggete o l'avete già letto, lasciatemi un vostro parere, sarò lieta di leggerlo e mettere in discussione il mio! ^_-


29.Un libro dell'autore più odiato

venerdì 12 febbraio 2016

Libri consigliati nel corso della 3^ puntata "Per un pugno di libri"



Cari lettori, come molti di voi sapranno ogni sabato alle 18, su Rai Tre va in onda la bellissima trasmissione "Per un pugno di libri".

Ammetto che spesso dimentico questo interessante appuntamento in tv, ma sabato scorso sono riuscita a guardare la puntata, anche se non dall'inizio.

Volevo condividere con voi alcuni libri che il professor Piero Dorfles  ha consigliato nel corso della puntata, a cominciare dal classico attorno al quale vertevano i giochi:


CASA HOWARD
di Edward Mrogan Forster


Casa Howard
Ed. Feltrinelli
316 pp
8 euro
2008
Si tratta di una saga famigliare e sono tre le famiglie coinvolte.
I Wilcox, borghesi arricchiti e arroganti, disumanizzati dal potere economico; le sorelle Schlegel, raffinate, colte, idealiste; infine i coniugi Bast, lei una donna volgare, lui un povero impiegato, sull'orlo della rovina. 
I loro destini si incrociano a partire da quando la signora Wilcox stringe una profonda amicizia con Margaret Schlegel e, sul letto di morte, decide di lasciarle in eredità il suo amatissimo cottage di campagna, Casa Howard.
 Quella dimora non è un semplice edificio: è il simbolo stesso dell'Inghilterra di nobili tradizioni, la patria non ancora snaturata dalla civiltà commerciale e industriale.





Altri romanzi consigliati dal professore:

GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA
di Elizabeth J. Howard


Gli anni della leggerezza. La saga dei Cazalet
Ed. Fazi
trad. M. Francescon
6'6 pp
18.50 euro
E l'estate del 1937 e la famiglia Cazalet si appresta a riunirsi nella dimora di campagna per trascorrervi le vacanze. 
E un mondo dalle atmosfere d'altri tempi, quello dei Cazalet, dove tutto avviene secondo rituali precisi e codici che il tempo ha reso immutabili, ma sotto la rigida morale vittoriana, incarnata appieno dai due capostipiti affettuosamente soprannominati il Generale e la Duchessa, si avverte che qualcosa sta cominciando a cambiare. 
L'affascinante Edward si concede svariate amanti mentre la moglie Villy si lacera nel sospetto e nella noia; Hugh, che porta ancora i segni della grande guerra, forma con la moglie Sybil una coppia perfetta, salvo il fatto che non abbiano idea l'uno dei desideri dell'altra; Rupert, pittore mancato e vedovo, si è risposato con Zoe, un'attrice bellissima e frivola che fatica a calarsi nei panni della madre di famiglia; infine Rachel, devota alla cura dei genitori, che non si è mai sposata per un motivo ben preciso. E poi ci sono i nipoti, descritti mirabilmente nei loro giochi, nelle loro gelosie e nei loro sogni, in modo sottile e mai condiscendente, dalle ingenuità infantili alle inquietudini adolescenziali. Ma c'è anche il mondo fuori..


CLARISSA 
di Stefan Zweig


Ed. Elliot
trad. M. Zapparoli
186 pp
16.50 euro
2015
Il mondo tra il 1902 e l'inizio della Prima guerra mondiale, visto attraverso gli occhi di una donna".
Clarissa, figlia di un militare austriaco, è nata nel 1894 e ha sempre condotto un'esistenza solitaria.
Alla vigilia della guerra incontra a Lucerna, in Svizzera, un insegnante di ginnasio, Léonard. Il giovane, in cui molti hanno rintracciato il profilo dell'amico di Zweig, Romain Rolland, è un socialista francese circondato da un'aura di gentile cordialità, e fin dall'inizio Clarissa lo sente affine e vicino. La guerra però si frappone tra i due amanti e Clarissa rimane sola e incinta. In un'Europa lacerata dalla morsa dell'isteria nazionalista, l'accettazione di questa maternità diventa, più che una scelta personale, un destino e un simbolo, un'occasione per cogliere il senso di una vita che sembra non avere più dignità.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Zweig fu toccato dalle persecuzioni nei confronti degli ebrei e decise di distruggere il romanzo, ma nel 1990 l'opera fu recuperata, rimessa insieme e data alle stampe.
A oggi viene considerata il testamento in cui il grande scrittore austriaco riassunse acutamente la sua disperazione, ma anche i suoi ideali umanistici.




E lasciamo il mondo dei classici moderni per terminare con un libro che fa un'accusa importante a tutti noi: non si studia più... e la cosa grave è che a a nessuno importa!


LA PASSIONE RIBELLE
di Paola Mastrocola


La passione ribelle
Ed. Laterza
14 euro
149 pp
2015
«Chi studia è sempre un ribelle.
Uno che si mette da un’altra parte rispetto al mondo e, a suo modo, ne contrasta la corsa.
Chi studia si ferma e sta: così, si rende eversivo e contrario.
Forse, dietro, c’è sempre una scontentezza: di sé, o del mondo. Ma non è mai una fuga. È solo una ribellione silenziosa e, oggi più che mai, invisibile.
A tutti i ribelli invisibili è dedicato questo libro.»

Oggi non si studia più. È da predestinati alla sconfitta. Lo studio evoca Leopardi che perde la giovinezza, si rovina la salute e rimane solo come un cane. È Pinocchio che vende i libri per andare a vedere le marionette. È la scuola, l’adolescenza coi brufoli, la fatica, la noia, il dovere. È un’ombra che oscura il mondo, è una crepa sul muro: incrina e abbuia la nostra gaudente e affollata voglia di vivere nel presente.
Lo studio è sparito dalle nostre vite. E con lui è sparito il piacere per le cose che si fanno senza pensare a cosa servono.
La cosa più incredibile è che non importa a nessuno.

LI CONOSCETE? LI AVETE LETTI? 
ASCOLTERETE I CONSIGLI LETTERARI DI DORFLES? ^_-

Recensione: REPARTO n.6 di Anton Cechov



Un libriccino che si legge davvero in pochissimo tempo  ma che colpisce il lettore per la lucidità disarmante con cui tocca un argomento molto delicato, quello delle condizioni vergognose in cui versavano (ahimè, in certi sensi e in certi casi, versano ancora, seppur in contesti differenti) i malati di mente, rinchiusi in strutture che, prima ancora che ospedali, erano delle vere e proprie prigioni.


REPARTO n.6
di Anton Cechov


Ed. Ginko Edizioni
Veshnikova M.
5.60 euro
56 pp
2010
L'autore russo lascia entrare subito il lettore in questo reparto ospedaliero di psichiatria, in cui sono rinchiusi cinque poveri ospiti, affetti da diverse malattie mentali: tra essi c'è l'ebreo Mojseika, l'unico ospite che può uscire fuori dall'ospedale e che quando torna sta sempre con la mano tesa a chiedere un soldino; c'è Ivan Dmitric Gromov, che ama parlare e parlare, fino a quando qualcosa dentro sè non lo blocca e non lo fa urlare di disperazione.

Di lui Cechov ci dà una breve biografia, facendoci conoscere la sua situazione antecedente il ricovero e come, lui che era un uomo intelligente e amante della lettura, un filosofo raffinato, a un certo punto si sia ritrovato preda di manie di persecuzione, ossessionato dal pensiero che da un momento all'altro potessero accusarlo ingiustamente di aver commesso chissà quale crimine e arrestarlo.Purtroppo per lui, l'incubo in un certo qual modo si avvera, anche se invece del carcere viene rinchiuso in questo squallido ospedale, dove le condizioni di vita dei poveri ammalati sono davvero inumane.

La prima figura negativa di questo racconto è senza dubbio l'uomo che "assiste", o meglio sorveglia al pari di un aguzzino, i poveri ospiti, picchiandoli e maltrattandoli ogni giorno.
Ci saranno dottori in questo postaccio invivibile? C'è forse la speranza di uno spiraglio di umanità?
Assolutamente no e ce lo dimostrerà un'altra figura che avrebbe potuto, in virtù del proprio ruolo, essere positiva per i pazzi del reparto, ma che sarà drammaticamente risucchiato dal vortice oscuro e tragico al quale la sua indifferenza ha dato vita.
Andrej Efimjc, è il medico psichiatra che dovrebbe curare i malati; a dire il vero, avrebbe voluto fare l'ecclesiastico ma s'è ritrovato a studiare medicina, suo malgrado.
Ed evidentemente il proprio lavoro non lo ama più di tanto, vista l'indifferenza e l'aria di superiorità con cui guarda i poveri matti del reparto, delle cui condizioni lui non si preoccupa minimamente, anzi, le meschine e crudeli regole su come gestirlo è lui stesso ad approvarle.
Ma la ruota gira per tutti ed arriva anche per quest'uomo troppo sicuro di sè il momento di una profonda ed improvvisa crisi esistenziale.
Chiacchierando, prima con sarcasmo e poi con sincero interesse, con Dmitric, Andrej Efimjc affronta argomenti di un certo livello filosofico e spirituale tra cui l'immortalità dell'anima, il senso della nostra esistenza, la capacità di comprendere le sofferenze altrui, il pensiero della morte... e non passerà molto tempo prima che qualcosa scatti anche nella sua testa, mandandola in confusione: qualcosa che si rivelerà per il dottore una spiacevole sorpresa, capovolgendo la sua sorte e la sua vita, rendendolo vittima delle sue stesse meschinità...

Un racconto che vuol essere denuncia sociale della mentalità oscurantista che maltratta e allontana coloro che son considerati pazzi, senza poi occuparsi davvero del loro diritto di esseri liberi e di essere dei malati bisognosi di cure vere ed efficaci.
Cechov ci porta a chiederci: qual è il confine tra follia e normalità? L'autore ci mostra un confine davvero sottile e lo fa con lo stile e il tono che gli sono propri, in un mix di dramma e comicità insieme, soprattutto nell'ultima parte, in cui il dottore diventa consapevole dell'inutilità della propria esistenza e di come essa finirà proprio in quel luogo di squallore da cui sentiva e si era illuso di essere lontano.

Da leggere, per apprezzare l'originalità e lo stile di uno tra i più grandi autori della letteratura internazionale dell'Ottocento.


READING CHALLENGE
3.Un libro con meno di 80 pagine

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