giovedì 19 luglio 2018

Epigrafi e citazioni



Epigrafi presenti nell'ultimo libro letto, ORDO MORTIS di Salvatore Conaci, e uno di quelli attualmente in lettura, VITE FRAGILI di Elisabetta Sabato.

Ordo mortis


Vite fragili

Anche il/i libro/i che voi avete in lettura ha delle epigrafi? ☺

mercoledì 18 luglio 2018

Recensione: LA PICCOLA PARIGI di Alessandro Tonoli



Non c'è persona, uomo o donna che sia, che non abbia bisogno di recuperare lo sguardo innocente dell'infanzia da cui guardare il mondo e la vita, per meravigliarsi ancora delle piccole e semplici cose che danno felicità.



LA PICCOLA PARIGI
di Alessandro Tonoli



GWMAX Ed.
Una città, un racconto misterioso e una bambina di cui nessuno ha mai saputo il nome.

Chiara è una bimba di dieci anni, vivace e birichina, che trascorre spesso i pomeriggi con il nonno, un vecchietto simpatico che però, la bimba se ne accorge anche se nessuno glielo dice esplicitamente, non di rado lei vede cedere alla malinconia...
Sicuramente gli manca la nonna, che non c'è più; manca anche alla piccola Chiara - chiamata, per gioco, dai nonni Chiaraccia - ma lei è forte e non piange, perchè i grandi le hanno spiegato che la nonna "è andata in un posto migliore".

E' un pomeriggio come tanti, quello che vede Chiara sedere accanto al nonno e ascoltarlo mentre le racconta una storia strana avvenuta quando lui era un adolescente timidissimo, imbranato e decisamente di pochissime parole.

I fatti incredibili di questa storia, che ha il vago sapore di una leggenda, sono accaduti proprio lì dove abitano, a Cabiate, un tempo da qualcuno denominata "La piccola Parigi”, per un motivo che però nessuno sembra più ricordare. 
Eppure il nonno ha una buona memoria e così racconta alla curiosa e attenta nipotina, oltre che a noi lettori, una storia che ruota attorno ad una bambina, anch'ella di dieci anni, vissuta tanto tempo fa.
Una bimba di cui lui non ha mai saputo il nome, la provenienza, l'età; nessuno, di questa ragazzina bionda e col vestito rosso, ha mai saputo chi fossero i genitori e dove sia finita, una volta lasciata Cabiate.

Questo tipetto vispo e allegro come un folletto, che andava di qua e di là senza fermarsi  un attimo, era la felicità e la serenità fatta persona.
Una bambina piena di vita, di positività, che esercitava un'attrazione quasi magica in chiunque si trovasse al suo cospetto; i suoi occhi erano pieni di meraviglia...

"E quando ce l'hai negli occhi, beh, è come un gigantesco scrigno da cui tutti possono prendere un qualcosa anche se tu non vuoi. La meraviglia è una delle cose più difficili da tenere solo per sè. E' per quanto tu possa provare a nasconderla, vedrai che un pizzico te ne salterà sempre fuori!".


L'incantevole bambina col vestito rosso riusciva a catturare l'attenzione degli abitanti del pacifico paesino che, pur sorridendo delle sue bizzarrie, delle simpatiche assurdità che spesso decantava come se fossero invece della solenni verità (tipo che gli uomini dovrebbero chiedere scusa alla terra ogni giorno per il fatto di calpestarla coi propri piedi), erano incantati da lei, dalla sua semplicità, spontaneità, e la piccola riusciva a trasmettere allegria ovunque andasse.

A renderla strana non era solo ciò che diceva, ma anche il fatto che fosse sempre sola e che ci fosse in lei qualcosa di enigmatico, di sfuggente, di etereo, che la rendeva speciale e più vicina alla natura, con la quale sembrava comunicare in modo unico, che agli esseri umani.

Ma la cosa più misteriosa e bella che questa bimba donò a Cabiate fu, appunto, "la piccola Parigi".

Un giorno, come era apparsa - dal nulla! - così sparì, per poi ricomparire di nuovo, ma diversa e con una novità: portare un po' di Parigi - città stupenda, da favola, che, raccontava, l'aveva ammaliata - anche a Cabiate.

Come? In un modo ovviamente singolare, strambo e surreale, ma commovente insieme, che permise alla bimba di lasciare un segno del proprio passaggio nel paese, e se anche apparentemente il ricordo di lei (che a un certo punto andò via per sempre e se ne perse ogni traccia) sembrò morire piano piano, negli anni, in realtà il suo "spirito", la gioia di vivere, il saper apprezzare ciò che vi è intorno, sapersi stupire dei piccoli miracoli quotidiani..., sono rimasti a lungo, coccolando e accarezzando i cuori di tanti che, grazie alla bimba senza nome - che fu chiamata "la Piccola Parigi" - hanno scoperto anche l'amore...

Questo racconto breve ma intenso ha i contorni di una fiaba moderna e antica insieme, collocata in un contesto realistico eppure con un pizzico di "magia", di elemento fantastico che porta il lettore a riflettere su come abbiamo bisogno, anche quando non ce ne rendiamo conto - anzi, forse soprattutto allora! - di osservare il mondo, la vita, la natura, le persone, i sentimenti... con occhi nuovi, puri, innocenti, con lo stupore di chi guarda qualcosa per la prima volta per coglierne l'originaria bellezza.

E' una storia nella storia, che intenerisce il lettore, per un attimo lo fa sognare, gli fa immaginare di essere lì, in un paesino qualunque, e di farsi incantare da questa sorta di "fatina" sbucata dal nulla - del resto, le cose belle, spesso, sono così; arrivano all'improvviso, senz'avvisare, e vanno còlte e vissute senza pensarci troppo, perchè son capaci di sparire con la stessa velocità con cui sono apparse - che portava con sè il dono della meraviglia, il bello di saper sognare e amare.
Ed è l'amore a rendere possibile questo racconto da parte del nonno; l'amore per la compagna di vita che non c'è più col corpo ma continua a vivere nel suo cuore, nei suoi ricordi vividi e indelebili; e l'amore per la vispa e curiosa nipotina, alla quale lascia qualcosa di sè che è prezioso e resterà con lei anche quando crescerà.

Ringrazio l'autore, Alessandro Tonoli, per avermi dato l'opportunità di leggere questo suo scritto, che ho davvero apprezzato molto perchè nella sua semplicità sa far vibrare le corde del cuore, commuovere, far riflettere e, in tempi come i nostri - così frenetici e caotici dominati dalla dimensione virtuale, irreale -, credo sia qualcosa di fondamentale, da recuperare e tramandare.

"Tutti vorremmo essere chiamati per i nostri sogni. Ci gireremmo per strada molto più velocemente, fidati. Sono i nostri sogni che ci identificano, non i nostri nomi".

martedì 17 luglio 2018

Recensione: IN CIMA AL CUORE 2 di Mia Mistràl



In questo secondo episodio di IN CIMA AL CUORE (recensione primo episodio), ritroviamo la protagonista, Chiara, alle prese con un altro "giallo" che la vede stavolta impegnata per ritrovare un agnellino scomparso nei giorni di Pasqua. Ma non sarà solamente la bestiola a farla scervellare, bensì anche atroci dubbi d'amore...

IN CIMA AL CUORE 2
di Mia Mistràl


Romance contemporaneo
135 pagine
0,99 €
Link Amazon
4/6/2018

Siamo a Pasqua e, si sa, un agnello al forno o arrosto ci sta bene, a meno che non siate vegetariani o vegani.
Sarà per questo godereccio fine che qualcuno potrebbe aver rubato Dolcezza, un dolce agnellino che sembra svanito nel nulla?
A denunciarne l'inspiegabile e improvvisa sparizione sono le donne di una comunità tutta al femminile che vive a contatto con la natura, producendo da sè il necessario per vivere e vendendolo anche nei negozi del paesino di Borgontano.
Furio e Chiara fanno un giro di ricognizione presso Gea, il gruppo di donne che  vive in autogestione molto beatamente e con allegria (suscitando sciocchi pettegolezzi in paese), facendo domande per saperne di più su Dolcezza.
E se Furio è orientato a credere che l'animaletto se ne sia andato a fare una passeggiata per i boschi e presto tornerà, Chiara si ostina a volerlo cercare e accertarsi che non sia finito nel forno di qualche carnivoro o morto per altre ragioni.

Ma non ha fatto i conti col destino burlone, che sta per divertirsi a metterla in difficoltà.

Anzitutto, la prima cosa a mettere Chiara di cattivo umore è la separazione (seppur momentanea) da Furio, la guardia forestale con cui sta insieme da mesi; tra i due va tutto bene, nonostante le differenze caratteriali la coppia va d'accordo e c'è una buona intesa sotto tutti i punti di vista.
Se non fosse che, con l'avvicinarsi delle festività pasquali e l'arrivo dei parenti di lei, la domanda sorge spontanea: che faccio, presento il mio fidanzato a mamma e papà? Vado a conoscere i famigliari di lui?
Chiara non si sente pronta al pensiero di rendere ufficiale la loro relazione e la cosa crea un'incrinatura con Furio, che decide di non passare le vacanze con Chiara, lasciando le cose tra loro un po' sospese...

Come se non bastasse già questa situazione sgradevole di stallo con il fidanzato, a complicare ulteriormente le cose ci si mette un evento inaspettato.
Mentre è in giro su per i monti a cercare Dolcezza con l'arrogante latin lover, Leandro il veterinario - che non smette di provarci con lei e di fare il sarcastico sul suo rapporto con Furio -, i due restano intrappolati in una caverna. 
I soccorsi ritardano, Chiara è preoccupata e non sa bene se a metterla maggiormente in ansia è l'idea di allarmare i genitori (che stanno andando da lei e non la troveranno a casa), il non poter rispondere alle eventuali chiamate di Furio (perchè lui la chiamerà, nonostante la discussione avuta prima di lasciarsi, vero?) o il dover restare per un tempo indefinito (si spera, il più breve possibile) a contatto con Leandro, che fa il provolone con rinnovata sfacciataggine...

Cosa accadrà tra Leandro e Chiara, ora che sono costretti a trascorrere del tempo da soli in una caverna? Riusciranno, inoltre, a trovare Dolcezza?

In questo episodio, ritroviamo le piacevoli descrizioni del paesaggio montano, che da una parte suscita pace e tranquillità, dall'altra si riveste di una leggera nota di mistero per via delle avventure di Chiara, improvvisatasi investigatrice degli animali, le cui sorti ella prende a cuore con serietà.
Mi è piaciuta la comunità Gea, fatta tutta di donne, e in particolare il personaggio di Eva, una ragazza particolare e con un'aria tra l'hippy e il new age.

In questa seconda parte Furio mi pare diventato più noiosetto - per quanto sempre affascinante e tenebroso -  e Leandro, che mi stava poco simpatico, "rischia" di acquistare qualche punticino, forse perchè l'Autrice ci da modo di conoscerlo meglio e di vederne l'animo sensibile, che lui riesce a nascondere sotto castelli di battutine e sorrisetti ironici.

Chiara è sempre più confusa e rischia di infilarsi nei guai, senza sapere che scelta fare, trovando, pure questa volta, una ragione per non fidarsi di uno di questi due uomini che le smuovono qualcosa dentro e per i quali prova dei sentimenti.
Lo stile fresco e allegro, i dialoghi simpatici e le situazioni equivoche narrate con ironia, rendono la lettura anche di quest'altro episodio molto piacevole e, rispetto al primo, il finale è più aperto, così da lasciarci la curiosità di sapere che tipo di decisioni prenderà la protagonista.

A presto con la terza ed ultima parte del romance!

lunedì 16 luglio 2018

Dietro le pagine di... "Urla nel silenzio" (Silent Scream) di Angela Marsons.



Poco tempo fa vi ho parlato di un thriller bello e avvincente, "Urla nel silenzio" (Silent Scream) di Angela Marsons.

Come spesso capita, quando un libro mi è piaciuto, mi interessa cercare qualche informazione su come esso "è nato" nella mente dell'autore.

In generale, la scrittrice dice di fare numerose ricerche per scrivere i propri libri, il che significa leggere in merito ad alcuni argomenti incredibilmente oscuri, inclusi le testimonianza personali. Non è semplice utilizzare quelle esperienze traumatiche per scrivere una storia di fantasia.

L'Autrice ha dichiarato che il proprio intento era scrivere una storia che fosse oscura come la sua protagonista. Lo spunto le è arrivato da un riferimento reale: una vecchia casa dei bambini che sorgeva nel suo quartiere e attorno ad essa, e ai suoi ospiti, giravano voci misteriose.

Una volta che il personaggio di Kim Stone ha assunto contorni sempre più definiti nella sua testa, quel ricordo le è tornato in mente e le è sembrato che da lì potesse costruire il caso perfetto in cui "incastrare" Kim.

Il personaggio di Kim non è sempre simpatico ma è di certo un tipo appassionato, che sa quel che vuole; chi ha letto il thriller in questione sa che la donna è completamente priva di qualsiasi abilità sociale, è sfacciata al punto di essere scortese ma è in grado di entrare in affinità con i perdenti.
Come mai questo? Man mano che parlava di lei, l'Autrice ha compreso perché fosse così. Quali esperienze personali, accadutele nel passato, avrebbero potuto instillare nell'intelligente detective quei tratti e quegli atteggiamenti duri da lei adottati?

L'ambientazione del romanzo è il Black Country (zona delle Midlands Occidentali inglesi), scelta non casuale perchè è il posto in cui vive Angela, che l'ha scelto proprio per poterlo descrivere in modo realistico.


Risultati immagini per dietro le pagine chicchi
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http://lizlovesbooks.com
http://jenniferjaynes.net

domenica 15 luglio 2018

Recensioni film: LA RAGAZZA NELLA NEBBIA di Donato Carrisi - INSURGENT di Robert Schwentke



Ultimamente mi sto mettendo d'impegno per recuperare alcuni film che da un po' volevo vedere.
Non solo, ma ho incominciato a vedere la serie "The Handmaid's Tale", ispirato al romanzo "Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood, che mi sta piacendo molto; e poi su canale 5 è iniziato Poldark, che ho preso a guardare con molto interesse.

Ma veniamo ai film. 

La ragazza nella nebbia è un film diretto da Donato Carrisi, con Toni Servillo e Alessio Boni.

2017
E' sera e un banco di nebbia fitta avvolge il paese di Avechot, nella piccola valle incuneata tra le Alpi; l'agente Vogel è nella sua auto, e a causa della scarsa visibilità la vettura finisce in un fosso.
L'uomo, pur essendo uscito incolume dall'incidente, ha i vestiti ricoperti di sangue..., e non è il suo.
Ha solo l'aria di essere confuso e dice di non ricordare nulla.
Viene quindi portato dallo psichiatra Flores, con quale comincia a parlare fino a raccontargli cosa gli è successo negli ultimi turbolenti mesi della propria vita.

L'impassibile Servillo, nei panni di Vogel, ci conduce indietro di qualche mese, a quando tutto è iniziato...: poco prima di Natale si verifica un fatto drammatico che sconvolge la vita della piccola comunità, da sempre un posticino molto tranquillo e sicuro: la sedicenne Anna Lou, capelli rossi, lentiggini sulle guance, è scomparsa, dissoltasi nella nebbia senza che nessuno abbia visto nulla di strano e senza che la ragazza avesse dimostrato una qualche forma di inquietudine nelle settimane precedenti la sparizione.
Gli adolescenti, si sa, possono avere questi colpi di testa e allontanarsi da casa volontariamente, ma la famiglia della ragazza esclude che se ne sia andata di sua volontà: Anna Lou, infatti, è un tipo tutta casa-scuola-chiesa, ha un buon rapporto con la madre, non usa social e, a parte la migliore amica, frequenta soltanto il gruppo della confraternita, la comunità religiosa di cui fa parte insiema alla famiglia.

E' dunque stata rapita?
La pista del rapimento si fa strada con prepotenza, soprattutto quando in paese arriva l'agente speciale Vogel, che è conosciuto per essere abile nel pilotare l'attenzione di Tv e giornali; manipolatore, scaltro, anche cinico, Vogel sa cosa deve fare ed dire per avere i riflettori puntati su di lui e sul caso: anzitutto, la vittima va "santificata", e poi va trovato un mostro, o meglio il mostro, colui cui addossare la colpa della tragedia.

Il "pubblico" (perchè in fondo, quello messo su da Vogel, ha tutta l'aria di uno spettacolo, per quanto triste) vuole un colpevole da consegnare alla giustizia e che garantisca nuovamente quella pace che prima regnava ad Avechot; Vogel è disposto a trovarlo e a darglielo.

Quando, in seguito ad una serie di coincidenze, viene individuato un fuoristrada "sospetto", che si trovava nel luogo e nel lasso di tempo della scomparsa della ragazzina, il suo proprietario, il prof. Loris Martini, diventa immediatamente, con somma soddisfazione di Vogel, il candidato ideale da dare in pasto all'audience.

Seguiamo quindi l'evolersi del caso, soffermandoci tanto sui metodi poco ortodossi di Vogel - che ci appare fin troppo schiavo di fama e popolarità e intenzionato a risolvere il caso a tutti i costi, anche se questo significa "perseguitare" un uomo su cui gravano solo e soltanto... indizi - quanto su Loris, che dichiara fermamente la propria innocenza, dandoci l'aria di essere completamente spiazzato e sorpreso dalle accuse rivoltegli.

E' lui il rapitore della povera Anna Lou? C'è ancora speranza di trovare viva la ragazzina?
Il caso di questa povera ragazza sembra ripercorrere quello di altre sei adolescenti sparite misteriosamente trent'anni prima, ad opera del cosiddetto "uomo della nebbia"...

Per quanto riguarda Vogel..., perchè, dopo gli eventi di alcuni mesi prima, si trova ad Avechot? E a chi appartiene il sangue sui suoi vestiti? Quali confessioni fa in presenza dello psichiatra?

Ricordo che il romanzo mi aveva preso molto (Recensione Libro) e inevitabilmente ero curiosa di guardarne il film, tanto più che a dirigerlo era lo stesso scrittore.

Servillo è un Vogel convincente: sicuro di sè, incentrato su se stesso, desideroso di prendersi i meriti di aver risolto il caso, convinto di poter manipolare la verità, le informazioni trovate, le persone...

"Il peccato più grande del diavolo è la vanità": gli dice Martini, ed infatti la sicumera di Vogel sarà la sua rovina...

E Martini? Come accade nel libro, anche qui, nel corso della storia, ci si ritrova indecisi tra innocenza e colpa, perchè Boni, con la barba da montanaro solitario, l'aria dimessa, sfuggente, il suo essere di poche parole, certi atteggiamenti ambigui..., inevitabilmente destano sospetti.
Ma non si può condannare uno solo per degli indizi, ci vogliono le prove..., no?

Verso la fine, proprio quando sembra che i fatti abbiano preso una direzione definitiva, emerge un'altra verità, che mostra allo spettatore come si sono svolti i fatti..., e il colpo di scena è assicurato.
Per chi ha letto il libro, è una sorpresa a metà, ma è stato bello comunque vedere il film, perchè ho ritrovato quegli intrecci contorti tipici dell'Autore, abilissimo nel farci credere una cosa per poi, alla fine dei giochi, lasciarci capire che era tutto un mega inganno. Il Male fa da padrone e, cosa inquietante, non è così semplice individuarlo perchè non sempre ha "sembianze mostruose".
Insomma, Carrisi regista? Mi piace!

Ricordo che a Donato Carrisi è andato il David di Donatello come Miglior regista esordiente e il Globo d'oro per la Miglior sceneggiatura; Miglior attore, Toni Servillo (Globo d'Oro).

 Insurgent, diretto da Robert Schwentke, con Shailene Woodley e Theo James, è il secondo film della serie "The Divergent Series"; il mio parere sul primo - Divergent - è QUI.

2015
Ritroviamo la coraggiosa Tris che, insieme al fidanzato Quattro (Tobias), è in fuga tra le rovine di una futuristica Chicago, per sfuggire alla cinica e fredda Jeanine Matthews, la leader degli Eruditi, una fazione elitaria assetata di potere. Jeanine sta cercando disperatamente quell'unico Divergente speciale che possa aprire un'antica scatola, nella quale è custodito un messaggio da parte di chi li ha preceduti.
Un messaggio che potrebbe cambiare le sorti di tutte le fazioni.
Per ottenere questo scopo, Jeanine non ha esitato a sterminare la fazione degli Abneganti, alla quale appartenevano anche i genitori di Tris, sacrificatisi per Tris.

Perchè la famiglia di Tris ha sacrificato la propria vita? E come mai gli Eruditi fanno di tutto per fermarli?

Tris, con Quattro al suo fianco, è pronta ad affrontare quasiasi sfida, anche a consegnarsi nelle mani di Jeanine, pur di scoprire la verità sul passato e proteggere le persone che ama.

Mi è piaciuto questo secondo capitolo, bello dinamico, pieno di azione; mi è piaciuta Tris, fragile e forte allo stesso tempo; lei è convinta di essere meno coraggiosa di quel dimostra, ma in realtà a renderla speciale è la sua nobiltà d'animo, il suo spirito di sacrificio, oltre all'intelligenza e alle sue abilità fisiche; Tris è, in ogni, momento, pronta a combattere e anche a soffrire a costo della sua stessa vita se ritiene che questo sia utile per gli altri.

A Kate Winslet  stanno bene i panni della "str****" esaltata e anaffettiva; Quattro è un bel vedere, non c'è che dire, pure se tace e sta fermo, resta comunque un personaggio imprescindibile (^_^); i momenti che mi hanno intrigata di più sono stati quelli relativi alle simulazioni.

Pur non rientrando tra i miei generi preferiti, devo dire che la saga fantascientifica/distopica di Divergent mi sta piacendo, non mi sono distratta un attimo durante il film, davvero godibile.
Sto apprezzando molto i distopici, ultimamente, queste società future divise in categorie rigide, sottomesse a una qualche ideologia e capeggiata da esaltati, tra i quali, fortunatamente, si distinguono sempre quei pochi che conservano la propria personalità, senza ridursi allo stato di automi o di parassiti.

sabato 14 luglio 2018

Recensione: MAIGRET E IL PRODUTTORE DI VINO di Georges Simenon (RC2018)



Il commissario Maigret, in questa indagine, sfodera tutta la sua umanità ed empatia, che lo rendono un invidiabile e sensibile conoscitore dell'animo umano.



MAIGRET E IL PRODUTTORE DI VINO
di Georges Simenon

Adelphi ed.
Trad. E. Necchi
167 pp
10 euro
Il ricco e borioso imprenditore di Vin des Moines, Oscar Chabut, è stato assassinato a colpi di pistola, mentre usciva da un appartamento in rue de Fortuny dove era solito concedersi numerosi appuntamenti sessuali con l'amante del momento.

Chi l'ha fatto fuori a sangue freddo e perché?

Sta al commissario Maigret scoprirlo e infatti le sue indagini iniziano immediatamente.

Il defunto produttore di vini non ha avuto tutto servito su un piatto d'argento, anzi; ne ha fatta di gavetta, cominciando come umile rappresentante porta a porta per poi costruire un impero tutto suo.
Per arrivare in alto non ha esitato a pestare i piedi a qualcuno, per non parlare del fatto che il suo vino, mediocre miscela di vini del Midi e d'Algeria, fa storcere il naso agli intenditori.
Ma che importa? Ciò che conta davvero è il danaro, il potere, il prestigio, il rispetto e la deferenza che da anni riceveva da chi gli era intorno, dipendenti in primis e continuando con il gentil sesso.

La sua fiorente attività è dislocata in un paio di moderni uffici e a lui appartengono un appartamento in place des Vosges, una villa in campagna a Sully-sur-Loire, una casa a Cannes; la sua vita era fatta di lavoro, divertimenti, piaceri e amicizie altolocate.

Ma Chabut aveva anche dei nemici, poco ma sicuro.
Chiunque lo conoscesse da vicino, ne riconosceva i modi di fare aggressivi e sprezzanti, il suo essere un uomo d'affari insensibile e senza scrupoli, sempre pronto a ostentare la sua ricchezza e il suo potere, anche se questo significava umiliare il prossimo.
Insomma, Oscar Chabut pare ci provasse gusto a farsi odiare. 
Per non parlare del fatto che era un donnaiolo con la D maiuscola: andava a letto con qualsiasi donna gli capitasse a tiro, dalle segretarie alle mogli di amici e conoscenti; non se ne faceva scappare una!

Forse il suo assassinio rientra a buon diritto tra i delitti passionali?
Per Maigret non è da escludere, e per conoscere il giro di amicizie e i potenziali mariti le cui consorti hanno ceduto al fascino di Chabot (e che potevano quindi covare risentimento e desiderio di vendetta), il nostro commissario scava nella vita dello stesso, interrogando anzitutto la moglie del morto; la donna, elegante e riservata, confessa che il matrimonio con Oscar era diventato da tempo qualcosa di platonico; lei sapeva e accettava i tradimenti del coniuge, anche perchè l'amore tra loro era finito, lasciando il posto ad un affetto sincero, più simile ad un'amicizia che ad altro.

Accompagnato dall'agente Lapointe, sempre col sigaro in bocca e tormentato da una brutta influenza che gli causa non solo raffreddore e mal di gola ma pure febbre e stanchezza, Maigret se ne va in giro facendo un sacco di domande e ciò che viene fuori è una certezza che, da sola, serve a ben poco: in troppi avevano motivo di odiare Chabut tanto da volerlo vedere morto.
E quindi? Cercare l'omicida che ha premuto il grilletto è come cercare un ago in un pagliaio!

Ma Maigret non si fa abbattere nè dalla febbre (a casa ha una moglie premurosa che si prende cura di lui, non può davvero lamentarsi) nè dalle non sempre utilissime informazioni raccolte, che danno un quadro dell'assassinato poco lusinghiero.
Eppure, tra tutti i possibili nemici dev'esserci quello che, umiliato e maltrattato dalla vittima quando questa era viva e fungeva da carnefice, non è riuscito a ingoiare il rospo e s'è lasciato trasportare dalla sete di vendetta.

A confondere un po' la ricerca della verità ci pensa una serie di telefonate anonime da parte di un tizio che dice apertamente come questo Chabut fosse un mascalzone fatto e finito, e la sua morte è stata un atto di giustizia.
Che sia l'assassino stesso a voler comunicare con Maigret, oppresso dal senso di colpa e inconsciamente desideroso di farsi scoprire ed arrestare?
Non c'è paura, il desiderio non può che realizzarsi; o dubitate delle capacità di Maigret di scovare l'assassino?

Questo breve romanzo della serie sul commissario Maigret è un giallo poliziesco/noir classico, in cui al centro v'è la ricerca dell'assassino e quindi la soluzione del caso, cui si arriva interrogatorio dopo interrogatorio, tra ragionamenti e ipotesi da parte del protagonista, cui non sfuggono particolari e dettagli, nonostante la febbre e il naso colante.
Maigret mi è simpatico perchè ha un modo tutto suo per sfilare la verità e le informazioni desiderate dalla bocca degli interrogati, che sottopone alle sue numerose e precise domande con naturalezza e senza far trapelare dubbi e sospetti, anzi, sembra quasi uno psicologo o un amico comprensivo che fa domande assolutamente innocue.

Sagace e ironico, intelligente e arguto, Maigret sa come conquistare la fiducia di tutti, perchè lascia parlare e sa aspettare il momento giusto per ottenere ciò che vuole; anche con l'assassino dimostra umanità e comprensione..., forse perchè consapevole di quanto fosse un farabutto la vittima; ma lui non è un sacerdote o una guida spirituale, e il suo compito è consegnare alla giustizia il colpevole.

A parte la moglie di Maigret, devo dire che in questo libro di Simenon, il genere femminile non fa una gran bella figura: la quasi totalità delle donne che compaiono, o vengono solo citate, subisce il carisma di Chabut, che seduce e abbandona, dopo aver spesso umiliato, le amanti occasionali che gli allietano i giorni e le notti; la maggior parte sono donne sposate che evidentemente non trovano appagamento all'interno del matrimonio e che, svogliate e annoiate, cercano l'avventura eccitante con l'imprenditore vinicolo, aitante e sicuro di sè.

Lettura piacevole, molto scorrevole grazie allo stile asciutto, snello, all'abbondanza di dialoghi e botta e risposta, alle descrizioni brevi ma efficaci; il punto di forza è il porotagonista.
Però, confesso che mi è mancata la suspense; sarà che ho acchiappato un episodio in cui Maigret è un po' sottotono per l'influenza invernale, ma non ho trovato che quest'indagine fosse attraversata dal brivido di curiosità verso la ricerca del colpevole; nessun colpo di scena, tutto procede e termina con troppa tranquillità.
Per carità, è un giallo/noir, non un thriller, quindi non mi aspettavo adrenalina a fiumi, però un pochettino di vivacità in più non mi sarebbe dispiaciuto...

Ma non mi arrendo!!
Sento parlar bene di Simenon, quindi mi procurerò qualcos'altro ^_^



Reading Challenge
obiettivo n. 31.
Un libro in cui il vino sia in qualche modo protagonista.

venerdì 13 luglio 2018

Recensione: L'UOMO DEL LABIRINTO di Donato Carrisi



Quant'è difficile iniziare a parlare di un libro che:

a. ti è strapiaciuto;
b. ti ha spiazzata, confusa, lasciata sgomenta, col fiato sospeso e con più di un brivido addosso;
c. ha incrementato il tuo aMMMMore verso il suo autore!!

Ecco, per me lo è, per quanto sia allo stesso tempo stimolante condividere letture che mi hanno entusiasmata.

Ma ok, sto blaterando e non serve!
Il libro in questione, che ho davvero divorato, letto con curiosità morbosa e crescente, tanto da non riuscire a staccarmene durante la lettura, è l'ultimo capolavoro (parere mio, certo) di Donato Carrisi (e qui scatta il tifo da stadio: Che ce frega di Stiven Ching, noi c'abbiamo a Dddonatooo!!!):


L'UOMO DEL LABIRINTO


Ed. Longanesi
400 pp
19.50 euro
DICEMBRE 2017
In una località non specificata e in un tempo che potremmo far rientrare nel classico "ai nostri giorni", è ambientata la storia narrata in questo romanzo che ruota attorno a un caso di scomparsa, alla sua povera vittima e al suo perverso carnefice.

Fa caldo, tanto, troppo caldo, e la sera, con le sue tenebre, è preferibile al giorno.
Ed è di notte che una telefonata anonima arriva ad allertare la polizia: Samantha Andretti, scomparsa quindici anni prima, all'età di 13 anni, è stata ritrovata per caso da un uomo che, spaventato tanto da fuggire ma non così stupido e crudele da infischiarsene, aveva lasciato nel bosco la giovane donna nuda, claudicante e disperata, non sapendo chi ella fosse.
Cosa aveva spaventato l'uomo al punto da non soccorrere personalmente la ragazza ma lasciandola lì sola e senza vestiti addosso, chiaramente terrorizzata?

Ogni domanda legittima e spontanea ha la sua risposta, e anche questa ce l'ha.
Intanto, ciò che conta davvero è che la povera Sam sia in salvo, al sicuro in una stanza del St. Catherine, nel reparto ustionati.
Rapita quando era poco meno di un'adolescente e tenuta prigioniera in una sorta di labirinto sotterraneo per quindici lunghi anni, Sam è visibilmente provata, traumatizzata e ferita; ricordare il passato è doloroso e la sua mente sta cercando di proteggerla dal buio in cui è vissuta per troppo tempo, rimuovendo il trauma.
Ma dimenticare è un lusso che la ragazza, ormai una donna di 28 anni, che fatica a riconoscere i tratti del proprio viso, non può concedersi e, anzi, ricordare è necessario, le dice l'uomo che ella vede accanto a sè quando si sveglia in ospedale, e proprio lui non la lascerà in pace finchè non le avrà chiesto tutto ciò che può servire per acchiappare il mostro.

Quest'uomo, dall'aria gentile e comprensiva, dice di essere il dottor Green, un profiler da molti giudicato "fuori dal comune". 
Com'è lui stesso a specificare, Green non va a caccia di mostri nel mondo esterno, perchè  non è un poliziotto: lui cerca i mostri direttamente nella mente delle vittime e promette ad una terrorizzata Sam:

"...lo prenderemo insieme, io e te. Lui non lo sa, ma c’è un posto da cui non può scappare. Ed è lì che avverrà la caccia: non là fuori, ma nella tua mente.»".

Già, perchè è proprio dentro i ricordi di Sam che si celano gli indizi in grado di condurre alla cattura del suo carceriere: l’Uomo del Labirinto. 

Grazie alle precise e insistenti domande del dottore, Sam viene guidata nuovamente in quel luogo maledetto che è stata la sua "casa" per tantissimi anni: il labirinto, questo posto grigio e asettico, fatto di corridoi buii e stanze disadorne, in cui la ragazzina ha dovuto imparare a sopravvivere, assecondando i giochini perversi del carnefice - che lei insiste nel negare di aver mai visto in volto - per poter ottenere dei "regalini", come il cibo, gli assorbenti o altre cose necessarie.

Dai ricordi frammentari e confusi di Sam, emerge una personalità a suo modo forte, tenace, con un notevole istinto di sopravvivenza; del resto, non sopravvivi a un carceriere malvagio se non hai un minimo di forza di volontà; ma è anche vero che, se riesci a fuggire, è perchè per qualche oscura ragione, lui ti ha permesso di scappare.
Come mai?

Parallelamente al dottor Green, c'è qualcun altro che ha ripreso a inseguire il mostro: l'investigatore privato Bruno Genko.

Ad essere precisi, Bruno aveva cominciato a indagare sul caso della Andretti immediatamente dopo la notizia della sua scomparsa, spillando, in modo cinico e meschino, parecchi soldi ai genitori della vittima, e per altro non ottenendo alcun risultato; infatti, nè lui nè la polizia riuscirono a risolvere il caso e, adesso che esso torna alla ribalta grazie alla fuga di Sam dalle mani del rapitore, non possono lasciarsi sfuggire l'ultima occasione per far chiarezza e, più di tutto, per fermare il folle rapitore prima che commetta altri reati.

Bruno si getta anima e corpo in quest'indagine, che arriva in un momento della sua vita davvero particolare, e per lui è una sorta di conto, di debito morale, da saldare; la sua esistenza, infatti, è appesa ad un filo e potrebbe tirare le cuoia da un momento all'altro; gli è stata diagnosticata una malattia incurabile e il suo cuore potrebbe cessare di battere, così... dall'oggi al domani, senza alcun preavviso. Oggi ci sei e domani... pouf!, non ci sei più.

L'uomo ha sempre avuto una vita sregolata, priva di radici e di affetti stabili, sempre a infilarsi nelle vite altrui dietro compenso, a suon di bugie, inganni, false identità...; sapere di non avere più molto tempo potrebbe spingerlo a darsi finalmente una calmata, come vorrebbe per lui la sua unica vera amica - la transessuale Linda, alla quale in passato ha salvato la vita, ricavandone una dolce e fedele riconoscenza -, ma così non è perchè il ritorno di Sam dal "labirinto" è, per lui, l'ultima occasione di riscatto per rimediare a errori e meschinità.

"Non esiste azione umana che non lasci tracce. Specie se si tratta di un atto criminale. La lezione rientrava a pieno titolo nell’addestramento di ogni investigatore privato. Anzi, si poteva dire che il mestiere si basava proprio su questo semplice assunto, che faceva il paio con un’altra regola aurea. Non esiste il crimine perfetto, esiste solo l’indagine imperfetta."

Nonostante sappia di attirarsi le ire della polizia - che segue piste "ufficiali" che però rischiano di andare per le lunghe - Bruno non si tira indietro e inizia a indagare per i fatti propri, scoprendo gradualmente tanti piccoli frammenti che, man mano, sembrano incastrarsi come tessere di un puzzle che acquisisce contorni apparentemente sempre più definiti, o comunque meno confusi.

Per capire chi sia l'Uomo del Labirinto (e sperare di stanarlo), Bruno capisce di dover scavare nel passato dello stesso e conoscere il "mostro" da bambino.

Ad aiutarlo interviene un personaggio che gli estimatori di Carrisi conoscono, perchè presente negli altri libri della serie de Il Suggeritore: l'agente Simon Berish, che lavora nel Limbo, vale a dire nella sezione Scomparsi del dipartimento di polizia.

E' proprio l'acuto e riservato agente speciale a rivelargli una cosa importante, in riferimento a questi "mostri", a questi uomini perversi, malvagi, capaci di compiere le azioni più deplorevoli a danno di bambini innocenti:

"Loro non sanno di essere mostri, pensano di essere persone normali. Se cerca un mostro, non lo troverà mai. Se invece pensa a lui come a un uomo comune, come me o come lei, allora ha qualche speranza."

Nessuno nasce cattivo o mostro; neanche l'Uomo del Labirinto è nato con questa etichetta appiccicata addosso, piuttosto lo è diventato.
Qualcosa, o meglio... qualcuno, l'ha "infettato" quando era solo un bambino, l'ha trascinato nel proprio buio, nel proprio inferno, contaminandolo per sempre?
Cosa si nasconde nell'infanzia, nel passato di questo rapitore e che potrebbe aiutare Genko (e la polizia) a capirne i meccanismi di pensiero, dove si nasconde, che vita fa..., chi è?

Se c'è un aspetto che emerge dai thriller psicologici di Carrisi è che il Male molto di frequente non ha connotati orripilanti (e riconoscibili), come ne hanno, ad es., le creature mostruose e malefiche delle favole, delle storie di paura che sentiamo da bambini; no, il Male è attorno a noi e ha le sembianze di persone fin troppo normali, banali, magari dai modi cortesi, che conducono vite ordinarie, forse la mattina dopo aver commesso nefandezze, tornano a casa dalla propria bella moglie e danno un bacio sulla fronte dei propri figli...

Genko segue le tante ed inquietanti tracce che lo conducono a dare un (possibile) nome all'Uomo del Labirinto e questo provoca qualche scia di sangue dietro di sè, ma forse questo è il prezzo inevitabile da pagare per giungere alla verità...?
Genko - e insieme a lui, il lettore - è consapevole di dover attraversare le tenebre del male insito nell'essere umano, e toccare con mano la verità secondo cui...

"...la natura umana era capace di genio e bellezza, ma anche di generare abissi oscuri e nauseabondi".

Le storie che si nascondono dietro a quella dolorosa e ingiusta di Samantha, sono altrettanto brutte e tristi (anche se non giustificano il carnefice, ovvio): storie di abusi, sevizie fisiche e psicologiche ad opera di uomini depravati verso anime innocenti che, in seguito a certe terribili esperienze, sono stati "infettati dal buio", lasciandosene travolgere fino a diventare un tutt'uno con esso.

Tra le tante domande che guidano il lettore nel corso della lettura forse le due principali sono queste: Samantha riuscirà a ricordare, della sua inumana esperienza nel Labirinto, tanto quanto basta per riconoscere e arrestare il suo rapitore?
Genko porterà a termine la propria "missione" di arrivare in fondo al buio più nero e scoprire il vero volto dell'Uomo del Labirinto?

L'Autore, come sempre fa nei suoi romanzi, ci dà delle risposte... per poi, con dei "giochini", lasciarci perplessi, smarriti... e con più di una domanda, arrivati all'ultima pagina.
Eh sì, perchè più sembra che i nodi si districhino e più ci rendiamo conto - anche grazie a qualche sottile indizio disseminato qua e là... - che ciò che sembrava chiaro e inequivocabile, in realtà non lo è affatto!
Lo so che probabilmente queste mie parole vi confondono, ma credetemi: Carrisi sa come sorprendere i suoi lettori e anche qui lo fa e benissimo, creando colpi di scena che ti portano a chiederti: Ma... quindi non è come ho creduto finora?

A rendere avvincenti le trame fitte di suspense e colpi di scena ideate da Carrisi sono diversi aspetti. 

Tanto per dirne uno, il modo, complesso e arzigogolato, in cui si sviluppano le vicende, e che è in grado di far sorgere milioni di dubbi e interrogativi nel lettore; immagino che questo modo di narrare possa non piacere a tutti, nel senso che tanti magari preferiscono storie che regalano finali limpidi ed evidenti, e non criptici e soggetti a più interpretazioni; beh, a me invece questa cosa piace, la trovo affascinante e mi fa apprezzare la genialità di questo scrittore, che sa far prendere vie tortuose ai suoi personaggi, e di conseguenza ai lettori. 

Ma non è soltanto questo; a coinvolgermi è tutta la gamma di sensazioni che la narrazione sa suscitare in me: ho letto ogni capitolo con l'ansia di leggere il successivo per la smania di sapere sempre di più sull'Uomo del Labirinto, sperando che la giustizia riuscisse ad acchiapparlo.
Ho seguito passo passo Genko e la sua personale indagine, scendendo insieme a lui in cantine poco illuminante, trovandomi faccia a faccia con personaggi sospetti, vedendo filmini orrendi e provando sdegno nell'avvicinarmi alla faccia più ignobile che può mostrare l'essere umano, e come questa spesso si vesta di finta e apparente innocenza.

Cosa c'è di sinistro in un coniglio con gli occhi a cuore?
Nulla, vero?
Beh, dopo questo romanzo ogni volta che vedrò un pupazzo a forma di coniglio, è probabile che un piccolo brivido mi attraverserà la schiena, tanto per rinfrescare le infantili paure per i pagliacci e i tombini instillatemi dal caro maestro King col suo Pennywise.

Questa lettura mi ha tenuta sulle spine, mi ha fatto trattenere il fiato, mi ha fatto scervellare alla ricerca di risposte e collegamenti, mi ha sorpresa quando credevo fosse ormai tutto chiaro, mi ha rattristata al pensiero di quanti soprusi si possano compiere verso dei bambini, mi ha indignata nei confronti di chi li compie e quasi quasi si sente pure libero da colpe..., in una parola: mi ha totalmente avvinta, trasportandomi e nel labirinto insieme a Sam e nei labirinti oscuri e non sempre spiegabili della mente umana.

Forse, se avete avuto la pazienza di arrivare a questo punto della recensione, avrete capito che ancora una volta Carrisi mi ha stupita, e io non posso non amarlo e non continuare a leggere i suoi thriller, sperando di continuare a farmi sorprendere dai suoi intrecci spiazzanti, adrenalinici, dove la verità e l'inganno non si distinguono con facilità, e dove il male, il buio... sono accanto a noi e non hanno la brutta faccia di Freddy Krueger, ma quella buffa e tenera di un coniglietto con gli occhi a forma di cuore.


giovedì 12 luglio 2018

Presto in libreria (thriller Piemme/Sperling&Kupfer)



Tre pubblicazioni di genere thriller che saranno in libreria da martedì 17.

Famiglie solo apparentemente perfette ma che in realtà nascondono segreti; richieste d'amicizia su Facebook che sarebbe meglio non accettare; un weekend in montagna che si trasforma in un sanguinoso incubo.


I RICORDI DI UN'ALTRA
di Louise Jensen


Sperling&upfer
348 pp
18.90 euro
USCITA
17 LUGLIO 2018
La figlia perfetta è morta.E la sua famiglia nasconde un segreto.

Si può morire a trent'anni? Per Jenna potrebbe essere così, se non riceverà presto un cuore nuovo. 
È bastata una banale influenza e, mentre il suo fidanzato si è ripreso senza strascichi, lei è deperita tanto da non riuscire a stare in piedi. 
E solo allora è arrivata la diagnosi: un'infezione del cuore. 
L'unica speranza per Jenna è un trapianto, ma i giorni passano e lei sente la vita sfuggirle. 
Sennonché, inaspettatamente, il cuore arriva davvero: la donatrice è Callie, giovane morta in un incidente, che letteralmente la fa rinascere a nuova vita.
Ben presto, quindi, la sua benefattrice diventa una vera ossessione per Jenna. 
Così, ignorando le regole, decide di trovare la famiglia di Callie, scoprendo di avere molte cose in comune con loro, forse più di quante sarebbe logico aspettarsi. 
E, col passare del tempo, Jenna comincia a nutrire dei dubbi su quella famiglia perfetta, sulla sincerità dei loro affetti e soprattutto sulla vera causa della scomparsa di Callie.
Perché i loro segreti sono davvero troppi: che fine ha fatto Sophie, la sorella di Callie, della quale nessuno vuole parlare? 
Che cosa nasconde Nathan, il fidanzato di Callie? Come è morta veramente la donna che le ha regalato una seconda vita? 
Quando scopre che non è stato un incidente a ucciderla, Jenna sente che il suo ultimo atto di gratitudine sarà svelare la verità. A tutti i costi.

L'autrice.
Louise Jensen, coach di mindfulness e autrice bestseller di USA Today e di Amazon UK, vive in Northamptonshire con il marito, i figli, un cocker spaniel matto e un gatto molto dispettoso. Il suo primo romanzo, La sorella, è stato finalista ai Goodreads Awards nel 2016 e ha venduto oltre 500.000 copie, rimanendo a lungo nella Top Ten di Amazon. I diritti di traduzione sono stati ceduti in tredici Paesi.



FRIEND REQUEST. Richiesta di amicizia
di Laura Marshall



Ed. Piemme
348 pp
18,90 euro
USCITA:
17 LUGLIO 2018
"Il mio nome è Louise Williams e oggi ho ricevuto un messaggio diverso dagli altri. «Maria Weston vuole stringere amicizia con te.»
Forse è stato proprio questo il problema, fin dall’inizio. Voleva diventare mia amica, e io l’ho delusa."



1989. Quando Louise nota per la prima volta Maria, trasferitasi misteriosamente da un’altra scuola, le sembra subito l’esatto opposto delle ragazze con le quali passa il tempo: autentica, divertente, irriverente. 
In soli pochi giorni, la curiosità di Maria si trasforma in una nuova amicizia.

2016. Louise riceve un’email sconvolgente: Maria Weston vuole essere tua amica su Facebook. 
Ricordi sepolti da anni tornano con violenza in superficie. I primi giorni della loro amicizia. 
Le scelte crudeli e i segreti che le hanno allontanate. La notte che cambiò le loro vite per sempre. 

Uscito nell’estate 2017 e tuttora, dopo un anno, in vetta alle classifiche inglesi, Friend Request arriva finalmente in Italia. 
Un romanzo dalla lettura compulsiva, che racconta qualcosa che potrebbe succedere a tutti noi: chi non ha paura di ricevere una richiesta di amicizia su Facebook dalla persona sbagliata?

L'Autrice.
LAURA MARSHALL, con il suo primo romanzo Friend Request, è diventata in breve tempo una delle più affermate autrici inglesi. Oltre al grande successo in UK, il romanzo è in corso di pubblicazione in altri diciotto Paesi, ed è stato finalista al Bath Novel Award e al Lucy Cavendish Fiction Prize, prestigiosi premi riservati agli esordienti. Laura Marshall è nata nella contea di Wiltshire, e attualmente vive in Sussex con la famiglia e il marito.


LA CASA
di Natasha Preston


Ed. Piemme
300 pp
17,50 euro
USCITA:
17 LUGLIO 2018
Mackenzie non è molto entusiasta del fine settimana in montagna con i suoi amici. La casa è bellissima, la compagnia però non la convince: dopo tutto quello che è successo con Josh, non ha voglia di rimanere chiusa con lui tra quattro mura, e la presenza di suo fratello, affascinante ma non particolarmente simpatico, non migliora la situazione.
Ma al risveglio dopo la prima notte tutti insieme, i peggiori film di Mackenzie sembrano soltanto fiabe per bambini: due suoi amici sono morti, uccisi in un lago di sangue in cucina, e diventa chiaro che tra di loro è nascosto un assassino.
Mentre la polizia porta avanti l'inchiesta, anche Mackenzie inizia a indagare il passato del suo gruppo di amici per scoprire cosa sia davvero successo.
L'assassino è ancora libero, ognuno di loro è un sospettato. E forse nessuno è veramente innocente.

L'autrice.
Natasha Preston vive in un paesino inglese con il marito Joe e il figlio Ashton. Ha iniziato a scrivere su Wattpad nel 2010. Nel 2012 ha autopubblicato Silence con grande successo e non ha più smesso di scrivere.

mercoledì 11 luglio 2018

Novità editoriali dal mondo dei gialli/noir




Novità editoriai dal mondo dei gialli/noir ^_^


MAI COME PRIMA 
di Giusi Balzano



goWare Ed.
228 pp
12.99 euro
Disordinata, caotica, dai ritmi dilatati è questa la vita di Margherita. Laureata in filosofia, disoccupata, viene assunta nell’agenzia di viaggi degli Aldrovandi, famiglia per la quale diventerà in breve tempo una figura indispensabile. 
Sofia e Roberto sono una coppia esemplare, la loro è una famiglia modello. 
Una mattina, entrando nella villa, Margherita scopre Roberto con la pistola in mano, lo sguardo assente, seduto sulla poltrona della camera: i bambini sono riversi sul letto, morti. Il corpo di Sofia, a terra, in un lago di sangue.
La ragazza torna faticosamente alla sua vita, ma dopo cinque anni, quando tutto sembra trovare un nuovo equilibrio, un detective privato, assunto dal signor Aldrovandi, indaga nuovamente sul caso, coinvolgendo Margherita quale unica testimone di quella strage. 
L’incubo non è finito e nuove pericolose verità stanno per essere svelate.

I personaggi del nuovo romanzo giallo di Giusi Balzano Mai come primanascondono tutti qualcosa. Tutti tradiscono qualcuno. Tutti sono alla ricerca della verità.


NEROGOLFO
di Mattia Bagnoli-Roberto Lamma



Fratelli Frilli Editore
320 pp
12.90 euro
Spezia, 1996. Amilcare Bava, potente imprenditore locale e boss assoluto nel campo dello smaltimento dei rifiuti, viene arrestato.
La discarica di Belvedere, piccola frazione che domina il porto cittadino, viene sequestrata. Con Bava finiscono in carcere alcune personalità-chiave della Pubblica Amministrazione spezzina – da anni saldamente controllata dal Partito Riformista di Sinistra. 
Le indagini rischiano di portare a galla decenni d’inconfessabili
accordi e malepratiche di governo del territorio. Cosa si nasconde realmente nella pancia della discarica di Belvedere? Chi trae vantaggio dal losco commercio dei rifiuti tossico-nocivi d’origine industriale? Lorenzo Arra, non più giovane avvocato di Spezia, decide di non restare con le mani in mano. 
Contemporaneamente, il colonnello dei Servizi Segreti Tazio Ambrosi rientra da una lunga missione in Somalia, che è fallita e a dominare sono i signori della guerra.
Tazio torna a Roma sconvolto. E contatta il suo vecchio amico Oscar De Vincentis, incaricato delle indagini sulla discarica di Belvedere. Non può accettare ciò che il suo capo, e per estensione, lo Stato, gli ordina: tacere e obbedire. 
Dieci anni dopo Mauro Pilger, reporter italo-britannico di una rivista di viaggi e turismo, viene invitato a Spezia per un tour organizzato dalla Provincia. Ben presto, però, capisce che qualcosa non quadra: dietro alle bellezze naturali del golfo si cela in realtà una guerra silenziosa tra due diverse concezioni di sviluppo economico. Mauro sceglie quindi di restare e indagare, e le sue ricerche lo porteranno a fare la conoscenza di Lorenzo Arra: i due uniscono le forze e, insieme, riescono a dare un senso al perché Bava e soci di fatto sono degli intoccabili.
Sullo sfondo, quello che assume i connotati di un vero e proprio intrigo internazionale: il porto di Spezia, oltre che uno dei terminali delle navi a perdere, le carrette affondate nel Mediterraneo pur di far sparire il loro carico di veleni a costo zero, si scopre essere il teatro di un inconfessabile patto tra Russia e Stati Uniti…


Dopo il successo del precedente "Nero dominante", anche in questo romanzo – frutto di inventiva letteraria ma supportato da ricerche storiche - Armando d'Amaro, si è divertito a ricostruire fedelmente grazie ad approfondite ricerche storiche i personaggi reali e di invenzione su uno sfondo dettagliatamente ricostruito per situazioni, ideologie e, soprattutto, umanità.


BOCCADORO E IL CAPPOTTO ROSSO
di Arando D'Amaro


Fratelli Frilli Editore
199 pp
11.90 euro
Genova, novembre 1939: un violento scirocco spinge i marosi a infrangersi con rabbia sulla foce del Bisagno, mentre minacciosi nuvoloni carichi di pioggia opprimono sia il sole, basso e morente, che l’umore di Francesco Boccadoro. 
I regi decreti ‘razziali’, che da più di un anno si stanno susseguendo, continuano a produrre i loro squallidi frutti, anche se in città alcuni volenterosi si attivano per limitarne le conseguenze. 
Mentre cerca di passare qualche momento sereno in famiglia, il commissario viene avvisato del ritrovamento di un cadavere rimasto appeso sotto il ponte di Sant’Agata, che scavalca il torrente - ruggente e gonfio di fango - poi costretto sotto la copertura da poco terminata. Ma le indagini per determinare chi abbia accoltellato la donna sono ostacolate dallo stesso Questore che, volendo tutelare il buon nome di un medico amico di tanti gerarchi, pretenderebbe che si punti il dito sul colpevole ideale, un giovane ‘sovversivo’.
Boccadoro riesce a superare l’ostacolo ricorrendo ad una vecchia conoscenza e prosegue caparbiamente nel suo lavoro, mentre il Bisagno esonda provocando notevoli danni specie al Borgo degli Incrociati, dove un testimone… 

martedì 10 luglio 2018

Recensione: LONTANA DA ME di Cristiana Serangeli



Può essere difficile tornare a sentirsi felici e godersi la vita, attimo per attimo, quando la persona che più ami al mondo si allontana da te; il rischio è che si porti via un pezzo troppo grande del tuo cuore e che tu finisca per allontanarti da te stessa. Ma non c'è salita senza discesa, e non c'è una notte, per quanto buia, cui non segua una nuova, luminosa alba.
Non ci resta che attenderla.


LONTANA DA ME
di Cristiana Serangeli


Kimerik Ed.
128 pp
Matilde è fidanzata con Filippo e il loro amore è tutto per lei, che sembra vivere di lui, dei suoi sorrisi, dei suoi abbracci, dei suoi sguardi.
Filippo è sinonimo di Amore - quello che speriamo sia eterno, forte, capace di travolgerti e farti sentire improvvisamente viva come mai ti eri sentita - e di Felicità e andare a convivere diventa una decisione naturale.
Matilde è una ragazza molto sensibile e riflessiva, attenta osservatrice di ciò le è attorno, sempre piena di domande su tutto, in particolare sulle persone che gravitano nel suo "mondo", fosse anche casualmente e per poco, su ciò che provano e pensano.

Anche se con Filippo è felice, non riesce a non avere timori; il timore che nasce proprio quando stai toccando la più grande delle felicità con un dito, anzi no, con tutta te stessa!, ed ecco che pensi che la "fregatura" è dietro l'angolo, pronta ad affacciarsi e a ricordarti che non ti conviene salire troppo in alto, perchè poi, quando cadrai, ti farai ancora più male.
O ancora, la paura che stare insieme a Filippo, condividendone la quotidianità, si trasformi in abitudine e che essi perdano la voglia di parlarsi, di comunicare, di condividere...; e invece la parola è un dono, dobbiamo usarla bene e non isolarci, divenendo estranei l'uno per l'altro, incapaci di dirci tanto le cose importanti quanto quelle più semplici.

"Parlare sempre e di tutto, anche del nulla, è un tendere la mano a chi abbiamo di fronte per tenerlo nel nostro mondo, anche quando il suo è distante anni luce dal nostro. Ho sempre pensato che i pensieri non debbano restare tali, devono essere espressi per essere compresi e, se anche non verranno accettati, saranno almeno stati condivisi. (...) Abbiamo la parola, ci è stata data per interagire e non essere banali automi persi nelle proprie ragioni.Usiamola.Chi ama sa chiedere scusa, sa chiedere aiuto. Chi si ama parla. Chi si ama non è chiamato a fare parte di una giuria nel ruolo del giudice sentenziatore. Il mio più grande incubo era trovarmi con Fil senza più voglia di parlare e senza vedere in lui la voglia di ascoltarmi".

La storia d'amore con Filippo riempie totalmente i giorni di Matilde, ma cosa accadrebbe se lui cominciasse ad allontanarsi da lei...?
E' bello parlare d'amore quando esso ci riempie il cuore di felicità; ma quando diventa fonte di rimpianti, dolore, perdita, sconcerto...?

Il racconto di Matilde, personale, intimo e intenso, è ricco di pensieri, aforismi, poesie, che descrivono in modo dettagliato e la quotidianità di un rapporto totalizzante e i sentimenti della protagonista: le sue paure, le speranze, il suo modo di vedere gli altri e il mondo attorno a lei; ogni cosa assume tonalità e un senso differenti, se a guidarla sono le vie dell'amore.
E quando quest'amore pare essere giunto al capolinea..., cosa resta tra le mani?
Il presente, splendido e ricco di nuovi e brillanti colori, di freschi profumi, di canzoni che segnano le tappe del tuo grande amore..., d'un tratto si tinge di un grigio triste, e tutto ciò che voleva dire "felicità" si ritrova chiuso in un cassetto che si chiama "passato" e che tu non riesci più ad aprire perchè l'unico ad averne le chiavi è lui.
E lui, da un giorno all'altro, "semplicemente" potrebbe non esserci più.

Davanti all'abbandono, come ci si sente? Non resta che il dolore, lo smarrimento, la confusione, i mille perchè senza risposta, le lacrime, il senso opprimente di solitudine.

E Matilde, come probabilmente ha fatto e fa ognuno di noi, si interroga, si guarda dentro e sa di dover trovare in se stessa la forza di non cedere al vuoto che d'improvviso sta riempiendo la sua vita, la sua casa, i suoi giorni.

"Forse niente sarà come prima, ma sarò sicuramente ricca. Il dolore, quando è capace di scavarti dentro, ti lascia in eredità la capacità di essere invincibile. Perché se sei sopravvissuta al tornado che ti ha raso al suolo la vita, allora resterai in piedi sempre, fno a quando tu e soltanto tu non deciderai di sederti. Hai la forza e la saggezza di chi è scesa in battaglia e ne è tornata vincitrice contando solo sulle proprie forze. Se sei restata in piedi nonostante tutto questo, adesso la strada non può essere che in discesa. Ricordati sempre: hai la forza di una guerriera dietro quell’animo insicuro di bambina."

Un romanzo introspettivo, in cui la protagonista e voce narrante si mette a nudo, apre il proprio cuore al lettore, che può lasciarsi cullare dalla profondità dei sentimenti espressi e ritrovare in essi qualcosa di se stesso, delle proprie emozioni, dei propri pensieri..., entrando così in empatia con Matilde, colei che dà voce a quel mondo interiore che non sempre tutti riusciamo ad esprimere con chiarezza o disinvoltura.

Mi è piaciuta molto la scrittura di Cristiana Serangeli perchè sa scavare nell'animo della sua Matilde, la cui storia è un po' come uno specchio che riflette qualcosa che probabilmente non è così lontano anche dall'esperienza di chi legge; tanti passaggi di questo libro mi hanno colpita nel profondo perchè mi ci sono rirovata ed è stato come se ci fosse un po' di me in Matilde.

E' un libro da leggere con calma, forse anche nel silenzio (non è proprio da ombrellone, ecco) perchè "parla" di sentimenti, di quella ricchezza interiore che è racchiusa dentro di noi, che ci rende unici e di cui dovremmo avere cura, perchè è la parte di noi più vera, quella che troppo spesso abbiamo timore, vergogna, pudore... di mostrare agli altri.

Consigliato, in particolare a quanti amano quei libri in cui a predominare non è tanto l'agire o il racconti dei "fatti" in sè , nè la presenza di dialoghi e di tanti personaggi che creano dinamiche intricate, quanto l'aspetto emotivo e intimo, il guardarsi dentro, raccontandosi senza veli, mostrando quelle debolezze dietro le quali, insospettabilmente, possono nascondersi dei punti di forza. È da lì che si rinasce.
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