mercoledì 29 agosto 2018

Anteprime e novità (narrativa, romance, fantasy)




Buon pomeriggio, cari lettori!
Eccomi con voi per segnalarvi alcune uscite provenienti da diverse realtà editoriali!

Iniziamo con una pubblicazione Harper Collins: dopo l'esordio felicissimo dello scorso anno, l'autrice ci regala una nuova storia per scoprire, forse, la verità sui disastri dell'amore.



SETTE BACI PRIMA DI DORMIRE
di Sara Gazzini


Prezzo: 17 €
Pag: 240
USCITA
13 SETTEMBRE 2018

La love coach di "C'è chi dice di volerti bene" è tornata. 

La felicità costa coraggio.
Da oggi puoi cominciare a volare.


È martedì sera e il tramonto sta illuminando di rosso l’acciottolato del Lungarno fiorentino. Florinda, detta Flò, cammina lungo le spallette, ma tutta la bellezza della città e le scintillanti luci del fiume non riescono a rischiarare i suoi occhi tristi.
Flò ha divorziato ormai da un anno mezzo, ma sembra che non sia passato nemmeno un giorno. È sempre disperata e non riesce a uscirne. 
A niente servono gli aperitivi con le sue amiche del cuore tutti i venerdì al bar Spritztime in Oltrarno, a niente servono gli sguardi di Giovanni, l’affascinante barista che le prepara molti, troppi, Negroni e nemmeno l’affetto del suo meticcio Osso che cerca di spingerla a fare lunghe passeggiate sulla battigia di Forte dei Marmi. 
Flò è distrutta e tale vuole restare. Ma un giorno nella raffinata boutique del centro di Firenze dove lavora, entra una donna: negli occhi ha la stessa disperazione di Flò, ma nei suoi gesti la determinazione di chi vuole uscirne. 
Tra le sue mani un bigliettino con un numero. È quello della love coach che ha istituito il gruppo di terapia delle Innamorate anonime, per salvarle dalle loro dipendenze amorose. 
Adesso c’è una nuova sfida per la dottoressa: aiutare Flò a capire che l’amore nel nostro cuore può sempre ritornare, basta sapere dove cercarlo.

Dopo l’enorme successo di C’è chi dice di volerti bene, che ha conquistato i librai e il grande pubblico, Sara Gazzini ci regala un nuovo imperdibile romanzo per scoprire, forse, la verità sull’amore e i suoi disastri. Perché la felicità costa coraggio e riconoscere i propri desideri e stringerli forte, può davvero farci spiccare il volo.

L'autrice.
SARA GAZZINI è nata a Firenze nel 1976. Nel 2015 ha creato la pagina Facebook “La Gazza” che in poco tempo ha raggiunto centinaia di migliaia di fan. Lavora in banca, ma è anche una voce nota di Rai Radio2 e RDF. Due figli, un cane, un gatto e un ex marito. Ironica, impulsiva, irriverente. Una passione violenta, infinita e carnale per la scrittura. On line ovunque. A tratti anche nella vita. Il suo primo romanzo C’è chi dice di volerti bene (HarperCollins) è stato un grandissimo successo.


Sara Gazzini partecipa al Festival “L’Eredità delle Donne”, diretto da Serena Dandini, 
che si terrà a Firenze dal 21 al 23 settembre 2018
L'incontro è sabato 22 settembre, alla Libreria RED Feltrinelli 
(Piazza della Repubblica n.26/27/28/29), ore 17.00




La seconda novità è l'ultima uscita del mese di agosto Butterfly Edizioni: si tratta della riedizione di 
un libro pubblicato precedentemente in self publishing, arricchito di tantissime scene inedite.
N.B.: il romanzo sarà in offerta a 0,99 € fino al 16 settembre!


L'ESTATE DENTRO ME
di Giovanna Mazzilli



Butterfly Edizioni
Genere: Romance
Collana: Love self
Prezzo: 2,99 € 
Data di uscita: 
28 agosto 2018
Sinossi

Per Apollonia il mare è sempre stato terapeutico. Non un mare qualsiasi ma proprio quello della riviera romagnola, dove ha trascorso tutte le estati della sua infanzia e adolescenza. 
Per mettere, in modo definitivo, una pietra sopra al declino psicologico e fisico vissuto negli ultimi anni, decide di tornare su quella spiaggia. 
I ripetuti flashback di una vita felice, che sembra ormai troppo lontana, la accompagnano mentre ripercorre le solite vie e incrocia le stesse persone di un tempo. 
Ma è l'incontro con Enrico, il suo più grande amore, che risveglierà le emozioni assopite e ne creerà di nuove. 
Apollonia proverà a riconquistarlo, abbattendo le mura che, senza volerlo, aveva innalzato con quel segreto, cercando di proteggere il suo cuore frantumato. 
L’estate è esplosa e ignorare i momenti trascorsi insieme è difficile... 

Riuscirà Enrico a dimenticare l’abbandono e a credere di nuovo in lei, recuperando in fondo al suo cuore quel sentimento che le aveva confessato l’ultima estate prima di partire? 
E Apollonia rifiorirà come un girasole in cerca dei raggi luminosi di questa stagione calda?

Una storia di rinascita e di nuove possibilità perché, in fondo, l’amore è come l’estate... se lo aspetti, prima o poi arriva.



E' in arrivo il primo volume della serie fantasy Cronache da Tirn Aill - dal 5 settembre 2018 disponibile in cartaceo ed ebook



Cronache da Tirn Aill. 7 lacrime di fata
di Jade


SITO
Oona O'Sullivan vive a Londra e conduce una vita ordinaria, molto simile a quella di tante adolescenti.
È appassionata di nuoto e l'acqua, per lei, è quasi un habitat naturale.
Vive con i genitori, non ha fratelli ma ha una migliore amica: la coetanea Susan, che ha la strana fissazione che Oona sia una fata.
Oona, al contrario, è convinta che tutte le storie che Susan racconta siano favole per bambini. E lei una bambina ha smesso di esserlo.

Il 7 luglio, giorno del suo diciassettesimo compleanno si avvicina e in quella data la vita di Oona cambierà radicalmente
grazie all'incontro con un misterioso quanto sexy ragazzo che dice di chiamarsi Killian, di arrivare da un altro mondo chiamato Tirn Aill e sembra impegnato da tempo a seguire ogni suo passo.

Oona si renderà conto che non tutto ciò che la circonda è quello che appare. Che certi incontri lasciano un segno indelebile e, anche se lei non vorrebbe, sono destinati a strapparla da quella che ha sempre creduto la essere la sua realtà.
Di non essere una semplice ragazza adolescente ma di essere destinata
fin dal momento della sua nascita a compiere una missione da cui dipendono le sorti di Tirn Aill.
Così, anche se riluttante, Oona si lascerà condurre dal misterioso Killian alla corte di Feridia, sua dimora natale, dove scoprirà che le sorprese per lei non sono ancora finite.
Scoprirà di possedere insospettabili poteri e che dure e difficili prove la attendono per compiere la sua missione, si ritroverà faccia a faccia con intrighi e dolorosi segreti che, pur spezzandole il cuore, la costringeranno a crescere.
Seguendo i passi di un'antica profezia la giovane Oona si immergerà in un mondo popolato da esseri fantastici e oscuri pericoli, mentre i profondi sentimenti del suo cuore la faranno diventare una donna e una guerriera pronta a dare battaglia per salvare il suo popolo da una minaccia terribile...


martedì 28 agosto 2018

Recensione: CENERE SULLA BRUGHIERA di Francesca De Angelis



Una ragazza proveniente dall'aspra e affascinante brughiera inglese è costretta ad affrontare la vita a muso duro e tirando fuori coraggio e determinazione. Forse l'amore riuscirà a salvarla dalle grinfie di chi cerca di distruggerla?


CENERE SULLA BRUGHIERA
di Francesca De Angelis


226 p
17.90 euro
La protagonista di questo romanzo, che si propone di ricalcare le orme del classico intramontabile di Emily Bronte "Cime tempestose", è Catherine Barret, un'adolescente che ha dovuto presto imparare a cavarsela in tutte le situazioni.
Già da bambina, infatti, resta orfana dei genitori e si ritrova a vivere assieme all'amata (e giovane) zia Clarisse e a nonna Mary; ma circostanze avverse costringono le tre donne a lasciare le brughiere dello Yorkshire, che le hanno viste crescere, per trasferirsi negli Usa.
Anche se fisicamente lontana dalla terra natìa, il ricordo dei giorni felici e il desiderio di poter un giorno tornarvi non abbandona la ragazza, anzi, costituisce una speranza cui aggrapparsi, in cui in qualche modo trova consolazione.
Perchè di consolazione avrà sicuramente bisogno, nella sua nuova vita...

Quando anche la nonna muore, zia Clarisse si fa carico di lei; ma purtroppo la sfortuna - o chi per essa - proprio non lascia in pace la nostra giovane, che viene ben presto separata pure dalla sua unica parente; la zia, infatti, ha una malattia rara che la costringe a una lunga degenza in ospedale.
I servizi sociali, allora, mandano Catherine in una famiglia affidataria senza figli: i Finch.
La coppia dimostra subito di essere alquanto stramba e mal assortita; tanto mamma Finch è arrogante e prepotente, quanto il marito è passivo, inutile e insipido. Ma la cosa più grave è che la signora Finch è ipocrita, cattiva, inaffidabile e la sua mente contorta progetta infiniti dispetti da perpetrare nei confronti della "figlia" che le è stata messa in casa.
Catherine si accorge dai primissimi momenti che la sua vita in quella orribile casa sarà un inferno, ma la speranza di ricongiungersi con la zia - quando questa sarà guarita - la incoraggia a non abbattersi; intelligente e scaltra, la ragazza capisce che l'unico modo per contrastare le piccole malvagità di mamma Finch è  dimostrarsi sempre allegra e soddisfatta e, all'occorrenza, umile e sottomessa.
Purtroppo anche la donna, che è una vera e propria megera infida e maligna, intuisce, col passare dei giorni, che Catherine non è affatto stupida, anzi, ha un bel caratterino, e sua premura sarà quella di spezzare in tutti i modi il temperamento forte e allegro della povera ragazza.

Catherine Barret è un'orfana che ne passa di cotte e di crude; è circondata da molta gente che la odia e desidera unicamente umiliarla, e poche sono coloro che invece le vogliono bene.
Oltre alla povera zia - il cui misterioso morbo le tiene dolorosamente separate -, l'unica presenza amica per lei è costituita da un compagno di classe: Logan, che le offre una sincera amicizia.

In classe, tutti i compagni non perdono occasione per umiliare e far dispetti alla nuova arrivata, e quando si accorgono del feeling tra Logan e Catherine, entrambi divengono un facile bersaglio da prendere in giro e isolare.

Ma l'affetto che di giorno in giorno lega i due adolescenti è leale e puro e diventa sempre più forte, tanto da avere tutte le caratteristiche per trasformarsi in qualcosa di diverso dall'amicizia...

Logan riesce, con la sua innata simpatia, la sua solarità, la sua dolce ironia, a crearsi un varco nel muro di diffidenza che comprensibilmente Catherine - circondata da gente che non solo non la comprende ma pare prenderci gusto a farle del male - ha innalzato attorno a sè per evitare di soffrire, ma anche lei capitombola davanti alla bellezza interiore del ragazzo, così che i due diventano un reciproco punto di riferimento.

Il loro amore viene vissuto come qualcosa di inaspettato e per questo è travolgente, crea quei teneri imbarazzi tipici dell'innamoramento, e diviene per essi qualcosa di vitale, come l'aria o l'acqua per ogni essere vivente, tanto più che entrambi sono due giovani emarginati, con alle spalle situazioni famigliari complicate e tristi.

E proprio quando la felicità sembra aver fatto timidamente capolino nell'esistenza della povera Catherine - che grazie alla presenza di Logan riesce ad affrontare con maggiore leggerezza e fiducia i dispetti malefici dei Finch e dei compagni -, ancora una volta il destino si mostra poco compassionevole verso di lei, mettendo sul suo cammino persone che vogliono danneggiarla, e infilandola in situazioni difficili, che obbligheranno Catherine a prendere delle decisioni, fino a fuggire per potersi salvare.

Che ne sarà del suo amore per Logan? Riuscirà a sopravvivere alle traversie cui andranno incontro?
Catherine riuscirà mai a riunirsi a zia Clarisse e a tornare nello Yorkshire, dov'è rimasto il suo cuore?

Catherine si ritrova, suo malgrado e senza che riesca a controllare gli eventi, in un mare di guai e più la seguiamo nelle sue avventure, più ci accorgiamo che difficilmente le cose girano a suo favore, fino al momento fatidico in cui una conoscenza del passato (un certo John Cabol, incontrato dai Finch) rivelerà il suo vero ed oscuro volto e cercherà di farle del male...


"Cenere sulla brughiera" è un romanzo che ha solleticato il mio interesse principalmente per l'accostamento con il mio classico preferito in assoluto, "Cime tempestose", che tra l'altro è citato svariate volte nella narrazione, in quanto lo stesso nome della protagonista è ispirato proprio a quello di Catherine Earnshaw Linton; sullo stesso filone corrono i riferimenti alla brughiera e allo Yorkshire, come anche le leggende su streghe e fantasmi (che tanto piacciono a zia Clarisse): questi elementi non mi sono affatto dispiaciuti e hanno sicuramente contribuito a rendere piacevole la storia narrata da Francesca De Angelis; però alcune cose mi sono piaciute un po' meno; a parte alcune ripetizioni (come, appunto, dichiarare molto spesso il motivo per cui la protagonista si chiama Catherine, o l'appellativo  "la giovane yorkese"), ho trovato che attorno a Catherine abbondassero i malvagi e che nei suo confronti si perpetrassero malvagità gratuite e incomprensibili.
Certo, immagino che l'Autrice abbia pensato a quelle eroine dei classici piuttosto sfortunate (mi viene in mente Jane Eyre) che però poi, con la loro costanza e il loro carattere dolce ma fermo riescono ad essere felici, ma effettivamente Catherine è fin troppo odiata: non solo la famiglia cui viene affidata si diverte a mettere in atto cattiverie inaudite contro di lei (percosse comprese) senza che ci venga chiarito il motivo, ma ho trovato esagerato anche l'odio di tutta la classe verso lei e Logan...

Quando Catherine deve far fronte a sciagure nelle quali mai avrebbe pensato di ritrovarsi, lo sviluppo delle (incredibili) vicende prende maggiore vivacità, fino ad arrivare ad un epilogo che, ancora una volta, prende spunto dal già menzionato romanzo ispiratore. Ammetto che, nell'atto di iniziarlo, mi ero immaginata che fosse una storia sì tormentata ma meno drammatica di come in realtà si è rivelata.

E' un romanzo che, a mio modestissimo avviso, ha qualche difetto (e non mi riferisco tanto alla forma, in quanto la copia digitale passatami dall'Autrice è una bozza, quindi eventuali refusi e sviste sono da mettere in conto), come nella formulazione dei dialoghi o nella caratterizzazione dei personaggi,  in generale per il modo di narrare, che trovo ancora poco maturo; ciò non toglie che ci sia del potenziale e auguro a Francesca di continuare a scrivere e a migliorare nella propria passione.

venerdì 24 agosto 2018

Recensione: LA CUSTODE DEL MIELE E DELLE API di Cristina Caboni (RC2018)



Quella di Angelica è la storia di un percorso di consapevolezze e di crescita, acquisite grazie al ritorno alle proprie origini, alla propria terra - aspra e generosa insieme -, ed è costellato dall'intensa dolcezza del miele e dalla costante tenacia delle infaticabili api.



LA CUSTODE DEL MIELE E DELLE API
di Cristina Caboni




Ed. Garzanti
330 pp
16.40 euro
Angelica è una giovane donna che da anni ormai conduce un'esistenza nomade, priva di radici; lasciata la terra natìa - la Sardegna - quand'era adolescente, insieme alla mamma e al marito di lei, e trasferitasi a Roma, una volta cresciuta, è diventata un'esperta apicoltrice: il miele è la sola voce con cui riesce a far parlare le sue emozioni, solo tra le api si sente felice, a proprio agio, compresa e protetta, e a sua volta le ama e sa come prendersi cura di loro, perché....:

"...in fatto di api Angelica ne sapeva più di chiunque altro"

"Era quello il suo mestiere: apicoltrice itinerante.
Conosceva le api, il loro ronzio era la sua amica preferita, un linguaggio che comprendeva intimamente, fatto di profumi, di suoni, di consapevolezza. Risolveva i problemi che facevano soffrire gli apiari e poi ripartiva.
Era una custode. L'ultima custode delle api. Depositaria di un'arte antica che si tramandava solo da donna a donna.".

Se dipendesse solo dal suo lavoro, Angelica potrebbe dirsi la persona più felice del mondo perchè ama ciò che fa e di certo non c'è cosa più bella che guadagnarsi da vivere facendo ciò che appassiona; eppure...la felicità è un miraggio ben lontano: la vita di Angelica è povera di grande emozioni, di rapporti sociali, e fatta eccezione per Maria, sua madre (con cui ha da sempre un rapporto conflittuale, di odio-amore), e l'amica del cuore Sofia (anche lei ha a che fare con il miele per motivi di lavoro), non ha grandi relazioni umane ad arricchirle l'esistenza.

Angelica è una ragazza solitaria, che si è sempre sentita incompresa, inadeguata, un pesce fuor d'acqua tra le strade del mondo; il suo sguardo è per lo più rivolto al passato. a quei giorni orma volati via in cui si è sentita felice, "a casa", e questo nonostante i problemi non mancassero.
Angelica ha trascorso l'infanzia ad Abbadulche, un paesino (immaginario) ubicato su un'isola al largo della Sardegna, circondato da boschi e da una natura incontaminata e lussureggiante, a stretto contatto con l'ambiente circostante ed in particolare con l'affascinante mondo delle api, che ha imparato a conoscere ed amare grazie agli insegnamenti e all'esempio di Jaja, un'anziana donna che vendeva un miele favoloso, frutto dell'incessante lavoro delle "sue" api.
Jaja, il cui vero nome è Margherita, è una figura dell'infanzia che ha contato moltissimo per Angelica, e non solo perchè le ha lasciato in eredità l'amore per le api e il miele, ma anche perchè ha costituito, per diverso tempo, il solo e vero punto di riferimento per la bambina, che altrimenti avrebbe trascorso giornate intere sola in casa perchè mamma Maria la lasciava per andare a lavorare...
Jaja è stata una nonna, amorevole, saggia, dolce, protettiva... e quando Angelica è stata costretta a lasciarla a motivo delle scelte materne, ne ha sofferto molto, tanto da non riuscire ad integrarsi nella sua nuova vita nella capitale.
E poi non aveva lasciato soltanto Jaja e le api, in Sardegna, ma pure il suo primo" piccolo grande amore": Nicola, il coetaneo sensibile e pieno di sogni con cui ha condiviso pensieri e desideri, le carezze, i primi baci, le corse al mare e le passeggiate in mezzo alla natura.

E proprio quando, conscia di essere infelice lontano da Jaja, da Abbadulche, da Nicola, una giovanissima Angelica aveva deciso di lasciare la madre a Roma e tornare lì dove si era sentita parte integrante di qualcosa di bello, la mamma le svela che lì, in quello sperduto paesino scevro di futuro ed opportunità, nessuno più l'aspettava, anche perchè... Jaja era morta.

E così, Angelica è vissuta per più di dieci anni in giro per il mondo, mettendo a frutto i segreti confidatigli dalla sua Jaja; la sua casa è il suo camper; niente legami, niente amicizie durature, schiva, riservata, sempre pronta a fuggire da tutto per paura di vedersi nuovamente strappata ad affetti importanti:

"In realtà il suo camper era ben altro: la sua soluzione a tutto. Era ciò che le permetteva di evitare quello che non le piaceva e di lasciarsi alle spalle ogni cosa. Di non dare spiegazioni. E poi a lei stava bene così, giusto? Poche persone di cui tenere conto davvero, e forse non proprio amici. La solitudine aveva i suoi vantaggi."

Ma adesso il destino ha deciso di darle un'altra possibilità e di metterla davanti a nuove sfide.
Sua madre ha una confessione da farle, qualcosa che lascia Angelica a bocca aperta per lo stupore e con in bocca e nel cuore un sapore di amarezza, di delusione, di rabbia, di impotenza...: in quella località sperduta in cui lei è cresciuta c'è un'eredità inaspettata che la attende, proprio là dove tutto è cominciato, su quell'isola dove è stata felice, dove ha imparato a conoscere il linguaggio misterioso delle api e a cantare per loro. 
Proprio in quei luoghi dell'infanzia, amati, agognati, rimpianti, c'è una casa che sorge fra le rose più profumate, un albero che nasconde un segreto prezioso, un compito da portare a termine e che forse può salvare i meravigliosi doni che quella terra selvaggia sa donare a chi la rispetta e l'ama.

E' il tempo delle scelte, per la sfuggente Angelica; è il momento di crescere, di smettere di fuggire dalle proprie paure e timori, che invece vanno affrontati con determinazione e fiducia.
Quella fiducia che è un bene prezioso per ogni essere umano perchè non c'è persona che non abbia dei doni da mettere a frutto per il bene proprio e degli altri; questa fondamentale verità Jaja l'aveva compresa, fatta propria e, tornando a casa, Angelica scopre che tante donne hanno avuto la grande opportunità di alimentare la fiducia in se stesse e di scoprire le proprie uniche capacità, costruendosi così, con le proprie mani, un futuro luminoso.

Jaja lo vorrebbe: Angelica ha questo dono speciale di trovare il miele giusto per tutti e per ogni necessità....; sì, perchè quel delizioso dono della natura che è il miele "trova l'anima delle persone e le riempie di gioia. (...) Il miele è un concentrato di desiderio e di emozione", e allora non c'è tempo da perdere: Angelica deve tornare in quel luogo magico e antico in cui è cresciuta, lasciarsi avvolgere dagli odori intensi dei fiori e dell'erba fresca, dai colori vividi e dai suoni inconfondibili e rassicuranti di una natura rigogliosa e materna, dalle parole piene di saggezza e vigore racchiuse in un quadernetto appartenuto alla sua Jaja..., e continuare ciò che lei ha iniziato.

Costruirsi e attuare un progetto di vita cui fino a quel momento non aveva pensato non è semplice, ma c'è una persona in particolare che può aiutarla: Nicola, l'amore adolescenziale di cui lei ha un ricordo dolce e triste insieme, perchè ha dovuto rinunciarvi proprio quando esso era diventato unico e profondo.
Anche Nicola ha il suo vissuto alle spalle, e tornando ad Abbadulche non sa cosa aspettarsi; ora che vi ritrova la sua Angelica, combattiva, pura, vera... così come la ricordava, si rende conto che quel sentimento acerbo che li aveva legati anni prima, il tempo non l'ha assopito.
Nicola è il solo che conosce tutte le paure che si rifugiano nei grandi occhi di Angelica ed egli è in grado di curare le sue ferite, darle coraggio e, finalmente, farle ritrovare la sua vera casa.

Ma per ogni sogno coltivato, ci sono ostacoli da superare, battaglie da vincere, problemi da trasformare in nuove possibilità; e chissà che a questo sogno, antico e nuovo insieme, di far sì che il miele continui a portare la sua dose di felicità e benessere a chi lo ricerca - come accadeva quando c'era Jaja - nel pieno rispetto della natura, non si uniscano altre persone, desiderose anch'esse di dare una direzione e uno scopo alla propria vita.

"La custode del miele e delle api" è un romanzo che profuma di cose buone: il sapore delle tradizioni, quelle che caratterizzano un certo luogo, in termini di odori, sapori, parole..., e che ciascuno dovrebbe avere a cuore di conservare e tramandare; l'odore forte dei prati, quello fragrante dei prodotti tipici - che sia il pane, dei deliziosi biscotti al miele... -, quello delicato del glicine, quello particolare dei vari tipi di miele, che  - se chiudiamo gli occhi -quasi ci sembra di sentire in bocca per come è descritto con cura e passione; se c'è una cosa, infatti, che mi ha affascinata non poco è stata la presenza, ad ogni inizio, di una breve descrizione dei vari mieli, ognuno con le proprie insospettabili e straordinarie capacità.

Ho apprezzato molto il personaggio di Jaja, che compare nei flashback di Angelica ma anche nel presente in quanto la sua capacità di amare, incoraggiare, il ricordo dei suoi insegnamenti ricchi di saggezza sono ciò che spingeranno la protagonista a ritrovare l'energia per realizzare dei progetti importanti; Angelica, in certi momenti, l'ho trovata fin troppo insicura e demotivata, tanto da avere reazioni da ragazzina soprattutto rispetto a Nicola; Angelica emotivamente ha bisogno di crescere, di maturare consapevolezze necessarie, da adulta, decidendo di porre fine a un'esistenza di solitudine, allargando i propri orizzonti e circondandosi di persone con cui intrecciare relazioni vere, durature,

Ho letto questo libro lentamente, assaporando ogni parola; c'è molto sentimento tra queste pagine, le descrizioni naturalistiche sono suggestive, le vicende narrate sanno coinvolgere il lettore perchè toccano tematiche sensibili, quali il potere dei ricordi e della memoria, l'attaccamento alla propria terra natìa, il rispetto dell'ambiente naturale, che da solo è capace di donarci tanti frutti preziosi e di offrire agli uomini delle opportunità di vita e di impiego, la bellezza di sentirsi parte di qualcosa e qualcuno, di rendere il proverbio "l'unione fa la forza" non solo teoria, ma un motto per agire e darsi degli scopi nella vita; la necessità di condividere i propri talenti, ma anche le proprie emozioni, le paure, le aspettative... per scoprire che non siamo gli unici a provarle ma che la nostra anima può sentirsi intimamente legata ad altre anime e arricchirsi di questo scambio.
E non ultimo..., la meraviglia che è l'Amore, di cui abbiamo un disperato bisogno sempre, soprattutto quando da esso cerchiamo di fuggire e che, quando arriva, sa come farsi riconoscere.

Un lettura deliziosa, in tutti i sensi!



Reading Challenge
Obiettivo n. 10.
Un libro in cui il protagonista
 (o uno dei personaggi)
 abbia il tuo nome o una variante dello stesso 



Frammenti di letture - LA CUSTODE DEL MIELE E DELLE API -



Buongiorno, lettori!!
Ho due recensioni da preparare, ma non trovo il tempo di "metterle giù", quindi per ora condivido con voi alcuni significativi frammenti dell'ultimo romanzo terminato - LA CUSTODE DEL MIELE E DELLE API di Cristina Caboni:


"La solitudine è figlia del dolore. Ci gettiamo su di lei privi di speranza  perché è l'unica cosa che conosciamo. Istanti di noi, consapevolezza, nessuna aspettativa. E dunque nessuna delusione." 

"...la vecchiaia non è una questione di età anagrafica. Si diventa vecchi ogni volta che il cuore si spezza, ogni volta che qualcuno ti sporca, ogni volta che perdi la speranza." 



"È il dolore che misura la felicità"

"Nella vita accadono tante cose. Avvenimenti terribili, che poi all'improvviso cambiano. Non sempre le conseguenze sono negative. Spesso si trasformano in opportunità, in nuove occasioni. Il segreto è saperle riconoscere. Le vedi solo quando sei pronto, sai? (...) Non un minuto prima, nè quello dopo. E' un istante di perfetta lucidità, quello che ti fa cogliere il senso delle cose".

martedì 21 agosto 2018

Anteprima Quixote Edizioni: NEL PROFONDO di Terri George



Buongiorno! Sono in vacanza, in Svizzera, e non ho molti momenti liberi per preparare post, ma oggi ho un'anteprima romanticissima da proporvi:



NEL PROFONDO
di Terri George

Quixote ed.
Formato ebook e
Cartaceo
402 pp
3.99 €
In Too Deep

AMBIENTAZIONE: Londra
Trad. C. Fontana

SERIE: Frost Trilogy #2
DATA DI USCITA: 
27 Agosto 2018


TRAMA

L’amore non è facile, ma Mia ama Nick profondamente, di questo non ha alcun dubbio. Il problema è che lei non sa se potersi fidare di lui. E cos’è l’amore senza fiducia?

Nick nasconde molte cose. Mia ha tentato senza successo di farlo aprire, ma capisce che con lui deve andarci piano, deve dargli tempo. Per quanto tempo però dovrà attenderlo, prima che lui si fidi abbastanza di lei da confidarle tutte le cose che si sta tenendo dentro?

Come si suol dire: fai attenzione a ciò che desideri. Mia può anche voler sapere quello che Nick sta nascondendo, ma quando i suoi segreti verranno rivelati, sarà in grado di accettare l’uomo che era, prima che si incontrassero? Quante volte riuscirà a trovare la forza di perdonare il suo passato?

Mia però non è l’unica che sta facendo fatica a fidarsi. La fiducia di Nick in lei viene minata quando il passato di Mia si intromette con prepotenza nel loro presente e minaccia di separarli.

Il loro amore sarà abbastanza? La loro passione, che è divampata così intensamente, si estinguerà o sarà così forte da resistere e tenerli uniti?

sabato 18 agosto 2018

Recensione: LADY MAFIA di Pietro Favorito



Dalle pagine di un fumetto dedicato a lei, la killer feroce e bellissima, Veronica De Donato, diventa la protagonista di un romanzo che mescola sapientemente le atmosfere torbide del noir con quelle vivaci e sordide del pulp/hardboiled, in cui il crimine e la violenza efferata sono al centro di tutto.


LADY MAFIA
di Pietro Favorito


CuoreNoir ed.
476 pp
2018
"Veronica non era molto alta. E al cospetto dell’Americano sembrava ancora più piccola. Ma era un cuore impavido e non aveva paura di nulla. E questo la faceva apparire all’altezza del boss, sotto tutti i punti di vista. Gli occhi, poi, rivelavano la natura temeraria della sua anima. Non era difficile capire che si trattava di una persona pronta a tutto."


Protagonista e antieroina indiscussa di questo romanzo è una ventitreenne di origini foggiane tornata nella città natale dopo dieci anni d'assenza: Veronica De Donato, una spietata killer che appartiene all'universo mafioso e che, con la "scusa" di consolidare l'alleanza tra il clan camorristico d'appartenenza (quello del Pacchiano, vale a dire Stefano Conegliano, un boss del Veneto di cui Veronica è la pupilla) e alcune importanti criminali famiglie di Foggia, risalenti alla Santissima Trinità, miete propositi di vendetta verso un gruppo specifico di persone.

Prima di diventare l'Angelo della Morte, la ragazza era la figlia del boss più potente della mafia foggiana., Angelo de Donato; quando l'uomo, nel pieno della propria attività criminale, viene arrestato, affida il governo di tutto alla moglie Francesca, una donna in gamba che si sostituisce al marito e ne fa le veci in tutto per tutto, meritandosi l'appellativo di "Lady Mafia".
Ma il mondo della mafia è fatto soprattutto di uomini che decidono, danno ordini..., e "alle famiglie" non sta affatto bene l'idea di dover obbedire ad una donna, così decidono di far fuori la famiglia di Angelo e di farlo in modo esemplare, con una "spedizione punitiva" memorabile che deve impressionare, far tremare e, più di tutto, servire da monito: che nessuno in futuro si metta in testa di poter fare di testa sua, violando ogni gerarchia e ogni regola all'interno delle "famiglie"!

Ed è così che, un giorno di dieci anni prima, Francesca è in casa con i suoi tre figli: i tredicenni gemelli Andrea e Veronica, e il piccolo Giacomo, di un paio d'anni.
Veronica ha un fidanzatino (Giuseppe) ed è in camera con lui quando accade la tragedia: quattro sconosciuti entrano in casa e fanno vivere, per ore, un supplizio ai famigliari di De Donato che resterà impresso nella memoria di tutti, proprio come i boss desideravano.
Cosa accade in quelle ore tremende ci viene detto a sprazzi dalla stessa Veronica, nel corso di diversi dolorosissimi flashback, attraverso i quali il lettore viene trasportato con violenza e crudo realismo nell'incubo straziante che vissero i De Donato in casa propria, in balìa di quattro criminali folli e crudeli (mandati da un boss di cui per ora non conosce l'identità e che si fa chiamare il Dottore).
In quel maledetto pomeriggio, che cambiò la vita di Veronica e della sua famiglia in modo irreversibile, tutti i De Donato (eccetto il bambino piccolo, che verrà rapito e nascosto) vengono sottoposti alle peggiori violenze, a ripetuti soprusi, fino all'omicidio brutale di Francesca.
In seguito, anche Angelo verrà ammazzato in carcere e i due gemelli, lasciati vivere dai sicari, verranno affidati ad una famiglia di Treviso; purtroppo, anche nella nuova casa, Andrea e Veronica faranno esperienza della cattiveria e di quanto possa essere lurido il cuore dell'uomo, vivendo anche qui esperienze traumatiche, che separeranno in modo drammatico e definitivo Veronica dall'amato fratello.
L'atroce incubo vissuto con i famigliari e la successiva traumatica esperienza segnano inesorabilmente il cuore della ragazza, devastandolo, indurendolo, rendendolo di ghiaccio e determinando pesantemente ciò che lei diventerà.

Una parte di lei vorrebbe poter dimenticare le sevizie orrende che subirono lei, Andrea e la povera mamma, ma non le è possibile: il dolore è lancinante, con gli anni è aumentato, l'ha completamente invasa in ogni fibra del suo corpo e tutto ciò che lei è oggi è frutto delle inenarrabili violenze subite ad opera di quei quattro delinquenti; e poi Veronica non vuol dimenticare: tenere la fiamma del ricordo viva significa alimentare la rabbia, il rancore, il desiderio di vendetta per poterlo, nei modi e nei tempi giusti, attuare e placare (o illudersi di placare?) il fuoco che la divora e la fa soffrire.

Adesso che è una giovane donna rispettata, temuta, la killer del Brenta, spietato sicario del nordest italiano capace di guidare gli uomini del Pacchiano nella terza guerra di mafia, Veronica si sente in grado di mettere in atto i propri diabolici piani per rintracciare i quattro maledetti che dieci anni prima hanno stravolto la sua vita e restituire loro tutto il male di cui è stata vittima e che ha imparato a praticare, sperando infine di riabbracciare il fratellino Giacomo.

Seguiamo quindi la scalata dell'Angelo della Morte all'interno della Santissima Trinità, l'incontro con il potente boss Frank Calabrese (l'Americano) e il suo clan, in cui ritrova Lorenzo Manara, l'amico fraterno di suo padre Angelo, con cui si instaura un rapporto di collaborazione e fiducia.
Accanto alla donna, inoltre, c'è il suo fidato amico e collaboratore, il barese Nicola Giaccherini, segretamente innamorato di Veronica ma consapevole di non avere speranza.

La figura della protagonista è ritratta alla perfezione e di lei ci vengono raccontati i travagli dell'anima, un'anima che un tempo è stata innocente e pura, felice e fiduciosa verso il futuro, che sognava di vivere il grande amore col fidanzatino Giuseppe...., ma che purtroppo qualcuno ha voluto trascinare in un incubo, in un buco nero e marcio dal quale Veronica non è più uscita fuori, non totalmente almeno.
Nella sua vita non c'è posto per i sentimenti, per l'affetto, l'amore, una vita serena: lei si sente marcia e sporca fino al midollo e, anche se non è completamente insensibile a questo - anzi, non di rado rimpiange ciò che è stata e avrebbe desiderato non diventare il mostro, il "demonio" in cui si è trasformata -, si rende conto che una volta entrata mani e piedi nell'universo della mafia di Foggia - potente, subdola, invisibile e misteriosa, al pari di un’entità sovrannaturale, che sa come essere invasiva e pervasiva ai limiti dell’onnipresenza, insinuandosi ovunque, dal mercato edilizio a quello dello smaltimento dei rifiuti tossici, dal mercato dei clandestini e delle prostitute a quello dei giochi e delle scommesse..., intessendo losche trame ovunque, con la garanzia che la mafia del foggiano non conosce la parola "pentito" (anche se i tempi cambiano, pure per i mafiosi...) - non è possibile uscirne, se non in una cassa di noce (sempre che ci sia un corpo da seppellire).

Veronica si fa subito strada tra le famiglie del capoluogo dauno, che intuiscono come quella ragazza tanto bella e sensuale quanto fredda e impassibile,  sia "tosta" davvero e non debba invidiare nessun uomo all'interno dei clan, anzi...: è capace di compiere cruenti delitti a sangue freddo, di ricattare e minacciare piccoli imprenditori o irreprensibili magistrati per spingerli ad accettare le proprie condizioni e a collaborare con lei per gli illegali scopi della "Nuova Società", pena la morte, proprie e degli ignari familiari

"Lady Mafia" è dunque la storia di una donna boss al servizio della “Società” foggiana, sexy e pericolosa, capace di sedurre il commissario di polizia più odiato dai delinquenti, di far innamorare di sè il figlio dell'Americano, il bel Pierluigi Calabrese, chiamato il Gigolò, l'unico uomo che potrebbe far battere quel cuore reso di pietra dal marciume in cui è stata costretta a immergersi.
Ma Veronica, per quanto giovanissima, è disillusa: davvero c'è posto per l'Amore puro nella sua esistenza fatta di morte? Le persone che ama sembrano destinate a fare tutte una brutta fine: c'è un termine a questa sorta di maledizione che finora ha fatto di lei una donna sola e arida?

Riuscirà questa giovane donna a vincere lo scetticismo di un ambiente selvaggio e maschilista? Ma soprattutto, riuscirà Veronica a mettersi sulle tracce del branco di malviventi che dieci anni prima fece irruzione in casa sua per stuprarla e sterminare la sua famiglia? Saprà arrivare fino al Dottore, il misterioso mandante della strage? Ritroverà Giacomo?
Come è tipico del genere, "Lady Mafia" è ambientato in uno sfondo metropolitano cupo, per lo più notturno, tra night-club e prostituzione, droga e gioco d'azzardo, in cui le dure vicende criminali sono descritte con truce realismo, il linguaggio è consono al mondo criminale - franco, crudo e vibrante, infarcito di parolacce -, i personaggi sono gretti, spietati, volgari, danno il peggio di loro stessi; in queste pagine si respira violenza e quelle poche persone perbene che compaiono non possono che soccombere e chinare la testa (ammesso che gliela lascino sulle spalle...) davanti alle angherie di chi sa come minacciarli e farli cedere.

E' un romanzo corposo ma snello nel ritmo, sempre incalzante, trascinante; una volta iniziata, la lettura mi ha travolta e, come può accadere con protagonisti negativi, che fanno scelte di vita non condivisibili e anzi deprecabili, inevitabilmente ho provato pensieri e sentimenti ambivalenti verso Veronica: da una parte, disgusto per il male di cui si macchia e che è capace di commettere con freddezza glaciale, senza provare rimorso più di tanto; dall'altra, una sorta di pietà perchè la sua innocenza è stata spezzata e sporcata crudelmente e questo ha dato alla sua vita un corso che lei non ha saputo (voluto?) cambiare, ma che ha seguito, come spinta da una forza ineluttabile.
Benchè stiamo parlando di un'assassina, Veronica colpisce il lettore per la sua determinazione, la sua forza di carattere, l'intelligenza, la padronanza di sè, e quasi mette i brividi il pensiero di poter incrociare, nella propria vita, un soggetto del genere, sanguinario e "animalesco", selvaggio.

Se è vero che questo è un romanzo e va presso come tale, è pur vero che... fa tristezza pensare che il sostrato socio-culturale presentato tra queste pagine sia, ahimè, fin troppo reale... (e lo è tanto più per chi vive in questa provincia, come la sottoscritta).

"La mafia foggiana è un’organizzazione che non occupa le copertine, ma che ha una storia lunga più di 35 anni, tra pizzi, autobombe, armi, incendi e stragi. E con un drammatico record: un attentato mafioso ogni 16 ore." (Antonio Massari, Il Fatto Quotidiano)

"È una mafia poco conosciuta, la “Società” di Foggia, ma può bastare un dato per descrivere la sua forza: la totale assenza di collaboratori di giustizia. Praticamente un record, nel panorama italiano. Di “pentiti”, nella Società foggiana, non se ne conta neanche uno." (Il Fatto quotidiano) 

"Al momento la “Società” foggiana è l’unica industria che procura lavoro ai giovani." (Vice News) 


A me è piaciuto, scorre velocemente nonostante non sia breve, e questo sia per lo stile molto fluido di Pietro Favorito, che è molto bravo e preciso nel narrarci questa realtà in fondo poco conosciuta ma assolutamente vera, sia per il tipo di vicende raccontate che si susseguono inesorabili - come lo sono i personaggi coinvolti -, scattanti come le scene di un film d'azione, di gangster, in cui non c'è posto per sentimentalismi e pietà ma solo per vendette, tradimenti, e tutto si risolve a colpi di pistola e... sangue, molto sangue.
Consigliato agli amanti del genere! Ringrazio CuoreNoir Edizioni per la copia in digitale.

giovedì 16 agosto 2018

Recensione: "The Handmaid's Tale" (stagioni 1-2)



Solitamente non sono una grandissima appassionata di serie tv, questo credo di averlo già detto; come già avrò precisato che l'unica che ho seguito con il sangue agli occhi è stata "Gomorra" e fremo all'idea della quarta stagione (nonostante il lutto per la perdita dell'Immortale).

Però, da quando a casa, per il fisso, abbiamo "messo" Tim e nel pacchetto c'è Tim Vision, mi è presa la voglia di recuperare qualcosa, in termini e di film e di serie tv.
Avendo sentito parlare con vivo entusiasmo di questa serie, non me la son sentita di rimandare ancora a lungo e così mi sono fiondata su....

The Handmaid's Tale 



Come è noto, si tratta dell'adattamento televisivo dell'acclamato romanzo distopico di Margaret Atwood, edito in Italia con il titolo Il racconto dell'ancella (1985) Atwood dà il suo contributo alla serie in qualità di consulente di produzione.

CAST: Elisabeth Moss (Difred/June), Joseph Fiennes (Fred Waterford), Yvonne Strahovski (Serena Joy), Madeline Brewer (Diwarren/Jeanine), Ann Dowd (zia Lydia), O.T. Fagbenle (Luke), Max Minghella (Nick Blaine), Samira Wiley (Moira), Alexis Bledel (Diglenn/Emily), Amanda Brugel (Rita).


Siamo in una non meglio precisata epoca futura (credo non poi così lontana dal nostro oggi), in cui il mondo è ormai devastato dalle radiazioni atomiche e da varie catastrofi naturali che, tra le tante cose negative, hanno provocato una diffusa sterilità. Tra le donne, sia ben chiaro, perchè gli uomini sono e restano virili e fertili qualunque cosa accada (!).

Le vicende hanno luogo negli Stati Uniti che ormai sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile.
La donna - e non l'uomo!! - è la sola portatrice di infertilità e per far sì che la procreazione non resti un vago ricordo e il genere umano (o solo gli statunitensi?) non si estingua, bisogna assicurarsi che le poche donne fertili ancora in circolazione vengano costrette ad accettare il loro "destino biologico", ciò per cui sono state programmate: far figli e farlo in completa sottomissione all'uomo.

Questa nuova terribile società si chiama Repubblica di Gilead ed è un regime totalitario e fondamentalista, che pretende di fondare il proprio governo e le proprie leggi su un'osservanza cieca della Bibbia; ovviamente, si leggono le Scritture in maniera distorta e questo non può che portare al fanatismo religioso che nulla ha della pietas cristiana... 

La protagonista - che è poi colei cui è affidato il racconto delle vicende - è Difred, una giovane donna che per sua sfortuna si ritrova a vivere in questo tipo di società da incubo.
A dire il vero il suo nome è June Osborne e - come apprendiamo attraverso molti e necessari flashback che, nel corso delle puntate, si alternano al presente - prima che si scatenassero l'inferno e la follia, era un'editor felice, che condivideva la propria vita con il compagno, Luke (divorziato), e la loro bimba, Hannah.
I tre sono stati separati quando, nell'atto di cercare di scappare verso il Canada (nazione in cui diversi statunitensi hanno trovato rifugio) quando si sono resi conto che la situazione era già degenerata, i militari di Gilead li hanno presi, sparando a Luke e separando June dalla sua bambina.

Difred
June e tutte le altre donne fertili vengono addestrate per essere ancelle ed affidate ai metodi educativi aggressivi e pazzoidi delle cosiddette "zie", tra cui spicca la terribile zia Lydia, che testardamente cerca in tutti i modi di far capire alle ancelle che non devono e non possono ribellarsi al loro destino, piuttosto devono accettarlo con umiltà, sottomissione assoluta e, perché no?, riconoscenza verso Dio e le famiglie che le accolgono. Le punizioni per chi trasgredisce sono tremende e, se ti va bene, vieni picchiato e/o mutilato, altrimenti finisci nelle colonie (ai lavori forzati, a spalare quintali di materiale tossico) o impiccato.

Ogni ancella viene assegnata di volta in volta ad una coppia senza figli; il capo famiglia, nei giorni fertili dell'ancella, compie insieme alla moglie quella che è chiamata la "cerimonia" e che consiste, in parole povere, nello stuprare l'ancella, posta devotamente tra le gambe della moglie, che fiduciosa e consensuale assiste allo stupro di una povera disgraziata da parte del proprio marito.
Lo scopo di questo scempio è, come si comprende, ottenere una gravidanza; se l'ancella resta incinta, il bambino non è suo, ma ovviamente della coppia che lei è chiamata a servire.

Ecco, la povera Difred (i nomi delle ancelle dipendono via via da quello dell'uomo presso cui vanno a vivere e che dovrebbe ingravidarle) è finita in casa del potente Comandante Fred Waterford  e di sua moglie Serena Joy. Ma lei è tutto fuorché una donnina debole e senza carattere e non perderà mai la speranza, nonostante i momenti di sofferenza e scoraggiamento, di poter essere libera e di ritrovare Luke e Hannah.

GILEAD.

Il mondo (o meglio, una limitata porzione di esso, visto che parliamo solo degli USA) descritto in questa serie è a dir poco spaventoso: la donna non conta nulla, non ha diritto di parola, non può leggere, deve dire sempre sì al marito e se questa sottomissione è un obbligo per le Mogli, figuratevi cosa ci si aspetta dalle altre categorie inferiori, come appunto le ancelle, le Non-Donne (donne anziane o comunque inadatte a diventare Marte o Ancelle), le Marte (serve): tutte loro sì che devono stare attente a non dire una parola di più se non vogliono essere prese a schiaffi, calci o soprusi peggiori. Tanto per ricordare alle ancelle che non sono nessuno, la prima cosa che subiscono è la negazione dell'identità, ed infatti esse non vengono più chiamate coi loro nomi...
Non c'è alcuna forma di rispetto verso il genere femminile, anche se si menziona la Parola di Dio e se chi governa pretende di far passare il messaggio che la Donna trovi la sua dignità adempiendo ai propri doveri, che gira e rigira si riassumono sempre e solo nel tacere e subire

E' una società priva di sentimenti, di gioia, di vita e il grigiore si manifesta in tutto, a cominciare dal monocolore e impersonale abbigliamento femminile, che definisce anche il rango e il ruolo: le Mogli sono vestite di verde, le Ancelle di rosso e hanno sul capo le cuffiette con le alette; le Marte hanno l'abito grigio, le zie vestono di marrone...

E' un tipo di società militarizzata: non c'è strada o posto che non sia controllato da soldati aggressivi, burberi e glaciali. Colpisce il fatto che le scene siano per lo più ambientate in giornate grigie, spesso piovose e quindi molto tristi, perfetto specchio dell'infinita tristezza che avvolge la gente di Gilead.


PERSONAGGI

Fred è un uomo molto in vista e, anzi, proprio lui e la moglie si sono attivati moltissimo affinchè si instaurasse questa infernale repubblica (lo apprendiamo grazie ai flashback su di loro presenti nella seconda stagione); l'uomo è freddo, cinico, egoista, spietato, arrogante, ipocrita e lussurioso e darà del filo da torcere a Difred, alternando - come un perfetto bipolare - atteggiamenti gentili e accondiscendenti con altri malvagi e maschilisti. Non ho potuto non odiarlo e desiderare che gli accadessero le peggio cose. Tutto il male di cui è promotore gli si ritorcerà contro? Ce lo si augura, inevitabilmente!

serena e fred
Serena è una moglie fedele, pia, sempre con i versetti biblici sulla bocca, il cui sogno di avere un figlio la costringe ad accettare i tradimenti legali del coniuge infecondo.
Serena è un personaggio che, a differenza di Fred, può suscitare sentimenti ambivalenti: è vero, sa essere molto crudele e insensibile verso Difred, che lei detesta senza mezze misure e non si fa problemi a dimostrarglielo; è odiosa, scioccamente convinta di dover obbedire alle assurde e ignobili regole di Gilead..., eppure ci sono dei momenti - in particolare nella seconda stagione - in cui emerge ciò che davvero è: una persona infelice, frustrata, la cui intelligenza e forte personalità sono state ingabbiate in un tipo di vita che l'ha resa una sorta di burattino nelle mani del marito, che lei in fondo considera un incapace. La sua brama di stringere un bimbo tra le braccia, un piccolo suo da amare, coccolare, crescere..., è sincero e mi ha mossa comunque a compassione, anche se poi fa saltare i nervi l'idea che 'sta gente invasata possa usare lo stupro per pensare di mettere incinta ragazze indifese e costrette a mettere il proprio corpo a servizio di soggetti immorali.
Serena potrà mai fare marcia indietro e solidarizzare con le altre donne, ancelle in primis, e nella fattispecie con Difred, che lei comprende essere una donna forte, furba, coraggiosa, pronta a combattere per la libertà e per riunirsi ai suoi cari?

Accanto a questi personaggi, ce ne sono altri che di volta in volta diventano protagonisti
nick
di alcune puntate o vicende particolari, come le ancelle Diglenn e Diwarren; ad avere un ruolo non indifferente nella vita di Difred in casa del Comandante è senza dubbio Nick Blaine, che ufficialmente è solo l'autista di Fred... ma in realtà... è anche qualcos'altro. Il legame che instaura con l'ancella avrà una parte importante nello sviluppo degli eventi.
Zia Lydia, poi...: si fa detestare eh, eppure ci sono stati anche con lei dei momenti in cui ho visto un barlume di umanità.

Concludo...

Ecco, mi ero ripromessa di non dilungarmi ma mi sa che non ce l'ho fatta; spero di non aver spoilerato (non credo...), pure perchè non avrebbe senso riassumere le puntate, non è questo lo scopo del post, piuttosto ciò che mi viene dal cuore è questo...: non mi facevo coinvolgere così tanto da una serie da tempo, e comunque l'unica eccezione finora è stata Gomorra.

La prima stagione è praticamente ispirata al romanzo, mentre la seconda va oltre esso, sempre però sotto la supervisione della Atwood.
Mi è capitato di leggere qua e là in web che la prima ha entusiasmato tutti all'unanimità, mentre la seconda ha deluso addirittura  le aspettative di tanti, che hanno avvertito l'assenza del "marchio Atwood".

Personalmente non ho avvertito una grande differenza a livello di qualità, la seconda stagione mi ha coinvolta molto (tanto quanto la prima) e ho seguito con accanimento lo sviluppo dei fatti; presentare un futuro in cui a dominare è un tale oscurantismo da far invidia al Medioevo, la violenza gratuita, il fanatismo religioso ottuso e insensato, la violazione dei diritti fondamentali dell'uomo, il tema della maternità a tutti i costi e di quella surrogata, l'uso di riti, cerimonie, modi di dire/fare sterili, ripetuti a pappagallo e senz'anima..., è qualcosa che sconcerta, turba, fa scuotere il capo e inorridire, ma al contempo esercita un'attrazione morbosa, e mi pare che entrambe le stagioni riescano a far appassionare lo spettatore. Il bello di questo tipo di storie è che non puoi fare a meno di chiederti: Se capitasse a me di vivere in un posto così..., come reagirei? Mi ribellerei, mettendo a rischio anche la vita pur di tentare di riconquistare la libertà, o accetterei supinamente le angherie dei più forti pur di sopravvivere, sperando arrivi il miracolo e che qualcuno venga a "salvarmi"?

Certo, proseguire di stagione in stagione allungando il brodo e appigliandosi a qualsiasi cosa pur di non mettere un punto, è sempre rischioso nei casi di sequel di film/serie tv fortunati, e l'originalità potrebbe risentirne, facendo calare l'interesse, ma nel caso specifico, non nego che, se fosse terminata con l'ultimo episodio della prima..., un po' mi sarebbe rimasta la voglia di sapere il seguito, perciò mi è piaciuta l'idea di soddisfare la curiosità circa il destino della protagonista e, in generale, di Gilead. 

Elisabeth Moss sa trasmettere tutta la gamma di sentimenti che guidano ogni scelta della sua June, dall'amore all'odio, dalla rabbia alla (temporanea) rassegnazione, dal disprezzo alla comprensione, dalla voglia di libertà allo spirito di sacrificio; in particolare, ci sono scene ad alto contenuto emotivo in cui la Moss non si risparmia e dà il meglio di sè; ma in generale, tutto il cast è eccezionale.

Che dire se non che aspetto con ansia la terza stagione??
Però spero sia l'ultima, eh, sennò poi mi diventa Un posto al sole. 
E non mi pare il caso.

Intanto che attendo, vi saluto con alcune delle frasi/espressioni tipiche della serie, ripetute in modo ossessivo, dall'effetto quasi ipnotico e utilizzate ad ogni occasione, al posto del "ciao" e del "buongiorno":

Sia lode
Sia benedetto il giorno.
Sia benedetto il frutto. Possa il Signore schiudere.
Sotto il Suo occhio.

mercoledì 15 agosto 2018

Mini-recensione: "Tutto è bene quel che finisce bene" di William Shakespeare



Tutto è bene quel che finisce bene (All’s well that ends well) è una brillante commedia in cinque atti di William Shakespeare scritta tra il 1602 e il 1603 e che si ispira alla novella Giletta di Narbona, inclusa nel Decameron di Boccaccio.

Ed. Feltrinelli
trad. N. Fusini
256 pp
8 euro
Elena è una fanciulla orfana di un celebre medico; è la pupilla della Contessa di Rossiglione e il suo cuore batte per il figlio della stessa, Bertram, un giovane cavaliere tanto affascinante quanto vanesio, che decide di partire per la corte di Parigi e di mettersi al servizio del Re di Francia.

Anche Elena raggiunge la corte e quando viene a sapere di una fistola che tormenta il re (e che i medici hanno dichiarato "inguaribile"), decide di intervenire, a rischio della propria vita, per aiutare il sovrano, mettendo a frutto le conoscenza ereditate dal defunto padre, eccellente medico.
Convinta di sè e delle proprie capacità, Elena riesce nel suo intento di guarire il Re e ottiene da lui, come ricompensa, la possibilità di innalzare il proprio rango sposando un giovane nobile della corte del Re.

Ovviamente, il cuore di Elena sa già chi sia il suo preferito: Bertram..., che però è sconvolto all'idea di doversi maritare costretto dalla volontà del Re e della ragazza che sua madre ama come una figlia.
Per non far adirare il sovrano, Bertram accondiscende rassegnato alle nozze, ma il suo animo inquieto lo porta a scappare da un matrimonio non voluto e a partire in gran segreto per Firenze dove intende offrirsi volontario nell’esercito, accompagnato dallo spaccone capitano Parolles.

Ad Elena giunge intanto un messaggio da parte del consorte fuggitivo: se davvero vuole che egli la consideri sua moglie, dovranno verificarsi due condizioni apparentemente impossibili, vale a dire deve restare incinta di lui e dimostrarglielo avendo al dito un anello di famiglia da cui Bertram non si separa mai.

In questo modo, il giovanotto crede di essersi liberato definitivamente di questa consorte inopportuna - che pure tutti giudicano tanto bella quanto buona e gentile - e di poter fare il cascamorto e il seduttore con altre donne...

Giunto a Firenze, accade qualcosa che rovescerà i destini di tutti e questo grazie alla tenacia e all'astuzia di Elena, che ancora una volta farà di tutto per ottenere ciò che vuole.

Questa gradevole commedia è composta da personaggi vivaci e sempre in movimento, che si sforzano di cambiare le sorti e gli eventi in cui sembrano incastrati.
La Contessa guarda alle azioni stolte del proprio figliolo con materna compassione, addolorata che egli non apprezzi quel fiore di fanciulla che il Re gli ha dato in moglie.

Bertram dimostra di essere un giovanotto superficiale, sfuggente e dalla personalità poco forte, che vuol divertirsi come fanno i gentiluomini della sua età, trattando le donne che seduce con poca gentilezza e molta arroganza.

Ma non ha fatto i conti con l'intelligenza della bella Elena, anch'ella sempre in giro, pur di realizzare gli scopi prefissi e dare una mano al fato, affinchè finalmente le sorrida.

Tra servi fedeli, clown irriverenti e soldati gentiluomini (o quasi), Shakespeare ci regala scene intrise di un'ironia amara, considerato che in quel "tutto è bene quel che finisce bene" - detto diventato popolare - più che esserci ottimismo e soddisfazione c'è una buona dose di rassegnazione.


Ama tutti, fidati
di pochi, non far torto a nessuno. Affronta il nemico
più in potenza che in atto, e veglia sull’amico
come fai su di te. Accetta critiche sul tuo silenzio,
ma mai per parlar troppo.



Reading Challenge
obiettivo n. 23.
Un'opera di Shakespeare.




martedì 14 agosto 2018

Recensione Film: TOMMASO || NON C'E' PIU' RELIGIONE || COME UN GATTO IN TANGENZIALE



Tre film made in Italy: il Tommaso di Kim Rossi Stuart è un 40enne dalla personalità contorta, con giusto qualche psicosi a fargli compagnia e che si pone al centro di un dramma dai toni spesso comici e un tantino sopra le righe.
Gli altri due film  - Non c'è più religione | Come un gatto in tangenziale - sono entrambi commedie che, ciascuna a modo suo, presentano la contrapposizione tra realtà sociali diametralmente opposte che si ritrovano a confrontarsi e a tentare di abbattere i pregiudizi che le tengono separate.



Tommaso è un film drammatico del 2016, diretto da Kim Rossi Stuart, che veste i panni del protagonista, Cristiana Capotondi, Camilla Diana, Jasmine Trinca.

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Tommaso è un 40enne in crisi.
Ha una storia con Chiara (J. Trinca) ma in realtà vorrebbe lasciarla già da un po' perchè lei non è la donna della sua vita. Del resto, fisicamente è caruccia ma ha dei difetti imperdonabili (tipo i denti storti) e pure la mamma non è che proprio l'abbia mai approvata come nuora. Il suo bel figliolo merita una Angelina Jolie accanto, non una donna qualsiasi dalla bellezza mediocre!
Quando finalmente la relazione giunge al capolinea, Tommaso è libero.
Libero di guardare tutte le donne che vuole senza sentirsi in colpa; libero di immaginarsele nude e in scene non proprio innocenti in cui le sue voglie si sfogano senza freni; insomma, libero e felice come una farfalla che svolazza di fiore in fiore.
Ma è davvero così?

A Tommaso apparentemente non manca nulla: è un attore bello, gentile e romantico; certo, veste un po' all'antica e quasi sempre ha un'aria dimessa, di chi non ama farsi notare, ma ha il suo fascino.
In realtà, dentro di lui, nella sua testolina, c'è una vera e propria tempesta di emozioni contrastanti, di frustrazioni e desideri, di paure e insicurezze... che non sembrano vedere soluzione, per ora, e che gli mandano in tilt il cervello.
Va anche dallo psicoterapeuta per parlare di sè, cercare di analizzarsi, di comprendersi, di guardarsi dentro e trovare quel benedetto bambino che è dentro di lui, per ascoltarlo, per ritrovarsi e capire cosa vuole dalla vita, cosa può renderlo felice.

Tommaso è essenzialmente infelice perchè insoddisfatto.
Il film nel quale deve recitare non gli smuove nulla e non lo stimola; i suoi pensieri sono tutti volti alla ricerca dell'anima gemella e a un certo punto crede di trovarla in Federica (C. Capotondi): bella, affettuosa, comprensiva, discreta..., ma l'idillio tra i due dura poco.
A parte che mamma continua a dire che è carina ma nulla a confronto con la Jolie, ma poi pure lui si fossilizza su (presunti o veri, ha poca importanza) difettucci fisici che lo mandano letteralmente in paranoia e lo portano a delle crisi isteriche in seguito alle quali capisce che... è di fronte all'ennesimo fallimento sentimentale.
Federica è tanto cara e buona e gentile... ma non è lei l'amore della sua vita.
Trova il modo (vigliaccamente, ma non ci si può aspettare altro da lui) di mandarla via dalla sua vita - beccandosi pure un'inaspettata sfuriata dalla ragazza abbandonata, che gli manda giusto qualche sentenza per farlo sentire l'emerito imbecille che è - e ancora una volta si ritrova libero.

Dolorosamente libero, visto che in verità è prigioniero di se stesso, delle sue paure paralizzanti e di suoi inconfessabili (e indecenti) pensieri: Tommaso è solo, ci sono dei vuoti nella sua vita che lui non sa come colmare.
A svegliarlo e a farlo sentire vivo sopraggiunge un'altra donna, decisamente diversa dalle precedenti: riuscirà a trovare la pace con se stesso e l'amore vero e totalizzante che tanto agogna, o sarà l'ennesima delusione?
Ma soprattutto, saprò ritrovare il bambino che è nascosto dentro di sè e che pare essersi smarrito?

Lo reputo un film interessante e non banale, e anche se ammetto di aver trovato il protagonista come minimo urticante, penso non si possa negare che Kim Rossi Stuart (a me piace moltissimo e lo ritengo un bravo attore) abbia cercato di infondere al suo personaggio tutta la complessità e la contraddittorietà che gli sono proprie (non so quanto ci sia di autobiografico e se Tommaso rifletta alcune paure e tratti personali appartenenti al regista/attore), ma di certo la sua è un'interpretazione intensa, l'ho trovata "sentita", cucita addosso. Forse pure troppo.
Nel senso che Kim accentua molto i tratti ossessivi e al limite della psicosi del suo Tommaso, il che finisce per renderlo però, a mio modesto modo di vedere, una sorta di caricatura di se stesso. Non so, è tutto eccessivo, in questo film, o meglio lo è il protagonista con tutti quegli elementi che lo caratterizzano: i suoi sogni ad occhi aperti (donne nude ovunque), le sue fisse, le fantasie sessuali, i suoi incubi, le sue crisi che si tramutano in urla, accessi d'ira, litigi con l'assillante genitrice (che molto ha contribuito ai traumi del figlio), momenti di disperazione.
E' così enfatizzata la personalità (istrionica?) di Tommaso che ciò che è poi un dramma (esistenziale, personale, intimo) assume non di rado toni comici, ironici. il che è un bene perchè dà un po' di leggerezza a un film che altrimenti risulterebbe pesante per via di questo protagonista, che un po' mi ha spiazzata per i suoi modi di essere esagerati e teatrali, ma in certi momenti mi ha fatto anche un po' di tenerezza. In fondo, Tommaso vuole quello che vogliamo tutti: legami veri, qualcuno che sia per noi quel porto sicuro in cui rifugiarci e trovare sicurezza.


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Non c'è più religione è una commedia del 2016, diretta da Luca Miniero, con Claudio Bisio, Angela Finocchiaro e Alessandro Gassmann.

Le divertenti vicende si svolgono nell'immaginario paese di Porto Buio, su una piccola isola del Mediterraneo, dove la gente si sta dando da fare per realizzare un presepe vivente, come ogni anno per celebrare il Natale. Quest'anno il presepe dev'essere più bello del solito, tutti devono poterlo ammirare!
Ma c'è un piccolo problema: manca il Bambinello.
Eh sì, perchè a Porto Buio nascono pochi bambini e il più piccolo che c'è, è bello cresciuto.
In tutti i sensi, visto che è un ragazzino coi baffetti tipici della pubertà ed è pure cicciottello!
Nella culla non ci sta proprio..., quindi come si fa? Una cosa è certa: bisogna trovare la soluzione a tutti i costi perchè il presepe va fatto. Assolutamente.

Il sindaco Cecco (Claudio Bisio), fresco di nomina (a dire il vero i compaesani gli rinfacciano di essere stati costretti a votarlo: era l'unico candidato!), vorrebbe chiederne uno in prestito ai tunisini che vivono sull'isola, ma fra le due comunità non corre buon sangue e per gli abitanti italiani è impensabile mettere nella mangiatoia un bimbo musulmano. Dove s'è mai vista una trovata del genere?

Ma c'è da fare buon viso a cattivo gioco se si vuol mantenere la tradizione; ad aiutare Cecco a convincere i compaesani (il fornaio razzista, le vecchine bigotte...) ci pensano due amici di vecchia data: Bilal (Alessandro Gassmann), al secolo Marietto, italiano convertito all'Islam e guida dei tunisini, e Suor Marta (Angela Finocchiaro), che però dà il suo contribuo tra una lagna e l'altra, perchè in realtà lei non vorrebbe "profanare" la culla di Gesù. 
Tra i tre ci sono vecchi screzi di gioventù che verranno fuori poco e spesso, giusto per rinfacciarsi le cose e brontolare, ma l'amicizia che li lega è più forte di quanto pensino, anche se lo capiranno solo scontrandosi e prendendo la religione come scusa per saldare i conti con il proprio passato. 

La comunità musulmana accetta di "prestare" il bambino, che ancora non c'è, ma nascerà a breve e proprio Bilal e sua moglie sono i genitori, ma l'italiano islamizzato si divertirà a porre via via delle condizioni che hanno il sapore di simpatici e irriverenti ricatti.

Il presepe si farà e sarà davvero insolito e originale, come mai ce ne sono stati prima d'ora, ma soprattutto sarà un presepe vivente decisamente interculturale...!

E' una commedia molto carina, mi ha fatto sorridere tanto a motivo di gag divertenti e comiche e dei tre attori protagonisti, sempre brillanti e bravissimi, che sanno dare colore e personalità ai loro personaggi.
Un film che con garbo e leggerezza tratta il tema attualissimo dell'incontro tra culture, modi di vivere, pregare... sicuramente diversi ma che - seppure in una cornice buffa e inevitabilmente poco realistica - trovano un modo per convivere, mettendo da parte i pregiudizi che dividono.
Il mare è meraviglioso, così come le antiche stradine di paese e tutta l'atmosfera allegra e semplice dei piccoli paesi; insomma molto bella l'ambientazione (il film è stato girato tra le Isole Tremiti, Monte S.Angelo e Manfredonia).
Commedia godibile e spassosa.


Come un Gatto in Tangenziale è una commedia del 2017, diretta da Riccardo Milani, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese
Anche qui c'è una dicotomia, due realtà opposte che si scontrano per poi provare a incontrarsi.

C'è Giovanni, uomo posato, pacifico, ragionevole, gentile e cortese; è un intellettuale impegnato, sostenitore dell'integrazione sociale; lui è a capo di un think tank, un gruppo di intellettuali che guadagna pensando, nel nostro caso Giovanni analizza i problemi delle periferie urbane per proporre soluzioni.
Lui intanto però vive nel centro storico di Roma, va al mare nella "sciccosa" spiaggia di Capalbio - frequentata da vip e ricconi - e ha un'unica figlia, Agnese, avuta con la snob Luce (S. Bergamasco), che produce essenze profumate in Francia (e si ostina a voler parlare in francese con ex-marito e figlia, così, tanto per darsi un tono).

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Agnese, bella di papà, ha 13 anni e un fidanzatino coetaneo che le gira intorno; cresciuta a suon di princìpi di uguaglianza, rispetto per gli altri e "bisogna andare oltre alle apparenze e giudicare le persone per ciò che sono dentro, non per come vestono o per i soldi che hanno", la ragazzina sta cercando di seguire gli insegnamenti dei genitori frequentando Alessio, che è assolutamente estraneo alla (piccola) borghesia da cui proviene lei.
Alessio, infatti, è di Bastogi, quartiere romano decisamente difficile e disagiato; insomma, la precoce relazione sentimentale non nasce sotto una buona stella.

Alessio è figlio di Monica (P. Cortellesi), ex cassiera del supermercato, che attualmente distribuisce pasti agli anziani in una mensa; una tipa tosta, burina all'ennesima potenza, pratica, abituata a vedersela da sola: ha infatti cresciuto Alessio senza alcun aiuto, visto che il padre del figlio, Sergio (C. Amendola) è finito in carcere tredici anni prima per aver asportato la milza a un poveraccio; eh no, non faceva il chirurgo, ma il parrucchiere.

Monica s'è accollata anche le sorellastre (il padre le ha avute in seguito ad una tresca con una rumena), Pamela e Sue Ellen (chiamate così in onore alla soap "Dallas"), che non solo mangiano assai e sono buone solo a stravaccarsi sul divano davanti alla tv per vedere l'idolo di turno (nella fattispecie, Franca Leosini con le sue "Storie maledette"; la conduttrice compare anche nel film impersonando se stessa), ma hanno pure un bel vizietto: rubano costantemente (sono cleptomani) anche se lei due si ostinano a definire la cosa come "shopping compulsivo".

Per non parlare poi dei vicini provenienti da varie nazionalità, che invadono il pianerottolo con le loro pietanze speziate o le canzoni tipiche dei loro luoghi d'origine.
Insomma, Monica con l'integrazione ha a che fare tutti i giorni nella periferia dove vive, e mai avrebbe pensato di allacciare rapporti con della gente altolocata come Giovanni e Agnese. 

I due genitori sono le persone più diverse sulla faccia della terra, ma hanno un obiettivo in comune: far sì che i due piccioncini si lascino.
Giovanni teme che Alessio sia pericoloso per la sua Agnese, e Monica crede che la ragazzetta ricca possa solo illudere e far soffrire il suo "bambino".
Giovanni e Monica cominciano a frequentarsi e a entrare l'uno nel mondo dell'altro, e inizialmente si convincono che i loro mondi sono troppo differenti per poter convivere.
Ma pian piano comprendono di essere entrambi vittime di spietati pregiudizi sulla classe sociale dell'altro e che forse, a prescindere da come proseguirà la love story dei figli (che in fin dei conti sono solo dei ragazzini), l'interesse che provano l'uno per l'altra potrebbe spingerli a provarci..., anche se forse la loro storia durerà... come "un gatto in tangenziale"!

La commedia ha ricevuto diversi premi, in particolare per le interpretazioni dei due attori protagonisti, e in effetti non si può che apprezzare la bravura di Albanese e Cortellesi; quest'ultima ha dato al personaggio di Monica una "burinaggine" che certo fa sorridere e crea momenti simpatici, mentre Albanese veste bene i panni del borghese intellettuale, perbene, padre premuroso e uomo paziente, che si ritrova attratto da una donna poco raffinata ma senza dubbio verace e schietta.
Devo dire che mi aspettavo qualcosa di più...; in certi momenti ho trovato il personaggio di Monica eccessivamente grezzotto, lo so che la sua "coattaggine" è intenzionale, ma mi è parsa esagerata..., mi hanno irritata le due gemelle ladre, con il loro parlare contemporaneamente e in modo cantilenante, e anche la Bergamasco..., troppo affettata.
Albanese mi è piaciuto molto.
Carina ma, dovendo scegliere, mi ha divertito di più "Non c'è più religione".

lunedì 13 agosto 2018

Recensione: "Sanzevìre è ssèmb bbèlle" di Michele Vene (RC2018)




Sanzevìre è ssèmb bbèlle  è una raccolta di poesie in dialetto sanseverese che mi ha fatta sorridere e pensare con tenerezza e affetto a tutte quei tratti caratteristici del mio paese, da certi modi di dire a specifici cibi, da quartieri a me noti a scene di vita quotidiana, in pratica a tutti quegli elementi che, pur facendo parte, probabilmente, più del passato che del tempo presente, sono e saranno per sempre "miei", "nostri", perchè è la memoria a renderli immortali.
82 pp

A scriverle è Michele Vene, pittore e poeta sanseverese: pittore per scelta, poeta per diletto.

Come dicevo, si tratta di poesie (63, se non ho contato male) in vernacolo sanseverese e costituiscono una sorta di specchio che riflette un modo di vivere, di parlare, di osservare il mondo attorno a sè proprio di San Severo, e che da una parte porta il lettore indietro nel tempo, dall'altra non lo fa restare ancorato ai tempi che furono in modo passivo, bensì lo induce a cercare di ritrovare nel presente tracce del passato.

Io sono nata e sempre vissuta a San Severo, conosco il dialetto abbastanza bene e, per divertimento e quando c'è bisogno di dire qualcosa "ad effetto", lo utilizzo con parenti ed amici, perchè ci sono cose che dette in dialetto "arrivano" prima e meglio e rendono certi concetti in modo più convincente che se "tradotti" in lingua italiana (per non parlare del fatto che strappano qualche risata e mettono il buonumore).

Leggendo queste simpatiche poesie mi sono comunque resa conto che molte espressioni e termini "antichi" neanche li conoscevo, ed è stato bello impararli; ogni dialetto è una lingua a sè ed è giustissimo che venga valutato e è preservato come un piccolo tesoro che contribuisce a connotare un determinato luogo, i suoi abitanti, le usanze del posto, i piatti tipici, la filosofia di vita ecc...

Sono versi che si leggono quasi come delle filastrocche recitate, con la stessa leggerezza e vivacità, ma racchiudono un realismo e un'aderenza alla cultura e alle tradizioni della mia città che fa piacere ritrovare, perchè leggendo rivedevo scenari, personaggi, espressioni... che conosco, che sono anche un po' miei. Il dialetto è una lingua viva, a mio avviso, riesce a far prendere vita in modo vivido, pittoresco, ciò di cui sta parlando.

C'è un velo sottile e piacevole di malinconia che attraversa queste pagine: basta pensare ad un certo piatto che preparava nostra nonna/mamma - come 'u pànecòtte" (pancotto) o i "torcinelli", le "scorpelle" (pagnottelle di pasta lievitata che vengono fritte e sono tipiche del periodo natalizio) - e, soprattutto se un sanseverese è "emigrato" al nord o in un'altra nazione, immediatamente si fa prendere da una dolce melancolia ripensando alle bontà lasciate al proprio paese e che gli ricordano l'infanzia e i bei tempi andati.
Insomma, poesie che raccontano con amore, un pizzico di amabile nostalgia e di sincero orgoglio per le proprie origini, di luoghi, parole, persone, sapori e odori.... solo apparentemente lontani, ma in realtà ancora vivi e presenti ai nostri giorni, perchè ciò che è stato non può essere dimenticato, anzi va conservato, raccontato, tramandato, valorizzato perchè fa parte di ciascuno di noi, identifica le nostre radici, ciò che siamo, nel bene e nel male.





Reading Challenge
obiettivo n.33. Un libro scritto da un tuo conterraneo.
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