lunedì 5 novembre 2018

Recensione: LA ZANZARA MUTA di Gianfranco Spinazzi



Un romanzo particolare e "cervellotico" come questo di Gianfranco Spinazzi non poteva che avere un titolo altrettanto singolare, la cui associazione di significato forse non balza agli occhi immediata ma all'interno di fiumi di parole, ricordi, sensazioni, elucubrazioni mentali che, partendo dalla complicata mente dei due anziani protagonisti, arrivano dritti dritti in quella un po' spaesata e un po' divertita dell'impreparato lettore.


LA ZANZARA MUTA
di Gianfranco Spinazzi


Tragopano Ed.

"In entrata il corpo di un uomo giaceva a terra, come accartocciato sul lato inferiore del tappeto. Il vecchio l’aveva colpito in quel punto in cui la capigliatura fluente si ritirava in una stempiatura che divideva il gran ciuffo dalla massa dei capelli attorno all’orecchio. Il colpo s’era abbattuto proprio in quella zona chiara evidenziando il contrasto cromatico.
Non c’erano stati stadi preliminari, circonlocuzioni ambientali, formali galatei, né il visitatore, vecchio in apparenza quanto il padrone di casa, aveva avuto il tempo di proferire una sola parola e un solo moto di aspettativa, era entrato in casa ed era stato colpito."


Due anziani si incontrano e scontrano in una circostanza alquanto surreale; uno diventa sequestratore dell'altro e la coazione forzata di qualche ora li spinge a parlare, a dare il via a degli sfoghi non lineari, fatti di mezze frasi, ricordi accennati con tono amaro, schermaglie verbali ironiche e solo apparentemente sciocche.

Due anziani accomunati dall'abbandono e dai rimpianti: il sequestratore è rimasto solo con se stesso e il proprio umorismo nero dopo essere stato lasciato dalla moglie, il cui ricordo non l'hai mai lasciato.
Il sequestrato è vedovo, e anche per lui a fargli compagnia sono giorni spesi in compagnia solo di se stesso,
nonostante abbia due figli e uno di questi (il maschietto) lo vada anche a trovare ogni tanto.

Due passati diversi sì ma non troppo, perchè ambedue, seppur per vie e ragioni differenti, hanno trovato nell' "esperienza matrimonio" il dolore, l'affanno della solitudine.
C'è un fil rouge che attraversa tutto il romanzo: il pensiero di uccidere, che si tratti di colui che ha reso fedifraga la moglie dell'uno piuttosto che del bambino che prende a calci un colombo.

"Era solo un povero vecchio preda delle instabilità del giorno. Sballottato dalle sue stesse sferzate accusatorie, preda di cambi di vento, con la zavorra dei pensieri che gli infliggevano uno scoramento che suo malgrado fungeva da misericordia. Allora, vittima di se stesso, annullava annullandosi, e il perdono nei confronti degli humani prendeva il posto delle esecuzioni capitali."
Entrambi col pensiero hanno ucciso un sacco di volte, animali e persone, ma all'ossessione immaginata manca l'energia che la renda azione.

-Hai mai pensato di uccidere veramente?
-Molte volte.
-Anch’io.
-Tu chi uccidevi?
-È un discorso lungo.
L’elenco è lungo.
È la loro attenuante. Lo sterminio di massa. Non erano assassini ma giustizieri.
E così i due si specchiano l'uno nell'altro e parlano, si confrontano, prima con reticenza (da parte del prigioniero, che dopo un po' verrà liberato) poi come se fosse la cosa più normale del mondo, anzi... un qualcosa di necessario, anche se poi i loro discorsi sembrano paradossali e privi di logicità.

"Saltava di palo in frasca il sequestratore. E ora la sua vittima riconosceva nei termini “palo” e “frasca” la più opportuna verità. La concessa sregolatezza di una vecchiaia ricca e generosa. Il carceriere aveva tanti libri, leggeva o aveva letto molto, forse le parole che diceva risentivano di quelle lette, ma ciò che probabilmente valeva era il bisogno di parlare. Le parole in vecchiaia hanno il potere di prolungare la vita."

Due vecchi con cui la vita non è stata avara di delusioni e adesso loro sono disincantati e disillusi, e questo li porta a rimuginare sui fallimenti, a covare pensieri strani, a immaginare vendette, a provare le emozioni più contraddittorie, dall'odio per gli humani alla commozione per un animaletto morto, dal risentimento per la moglie e l'amante che gliel'ha portata via per l'uno, per il figlio su cui grava un orribile sospetto per l'altro.

Insomma, nel torrente di parole e, concedetemelo, deliri, si accavallano nostalgia e rimpianti da parte di chi è stato bambino ma non come avrebbe voluto, e a complicare le cose è sopraggiunta sempre lei, la Moglie e non solo, pure i figli.

Come dicevo nell'introduzione, è un libro particolare che ho messo un po' a terminarlo nonostante la brevità, proprio perchè avevo la sensazione di essere travolta dal vortice di confusione e illogicità e di capirci ben poco; ma poi mi son lasciata trascinare dai mille ingorghi mentali dei due protagonisti e ho accettato l'aspetto stravagante e volutamente contorto che caratterizza la narrazione, in cui ciò che conta non è tanto la presenza di una vera e proprio trama quanto l'immergersi in questi labirinti di fisse e paturnie mentali e delle emozioni di rabbia, amarezza ed euforia che portano con sè.

"Il tarlo cervellotico del settantenne non concedeva tregua ai dubbi e ai tormenti. La congestione di immaginario e reale affossava ogni tentativo di mediazione razionale. Quando si trattava di frenare gli ingorghi dei pensieri, era difficile per lui operare tagli e distanze, cedeva alla libertà che avrebbe dovuto conciliarlo con se stesso."

Anche il lettore si ritrova in mezzo a questi "tarli", assistendo ai dialoghi buffi ma tutt'altro che superficiali (come potrebbero apparire a una prima lettura) dei due vecchi, che conservano una sorta di fanciullezza che ce li rende simpatici e che ci fa provare una sorta di soddisfazione al pensiero che finalmente due anime si sono incontrate - dopo essersi scontrate - e hanno chiuso un cerchio nel quale ronzavano senza meta confusi e incompleti, trovando reciprocamente un'insperata e cameratesca complicità.
E se ne ha bisogno, sempre, anche quando ci si è ormai avviati al tramonto della propria vita.

Libro originale, adatto a quei lettori che amano un tipo di narrazione diversa,dal solito, che ci dà la sensazione di saltare da un fatto ad un altro, con personaggi e dialoghi bizzarri ma non per questo privi di senso, anzi esso lo si trova proprio nell'apparente caos in cui ci si trova invischiati.

domenica 4 novembre 2018

Prossime uscite nel mese di novembre




Alcune prossime uscite nel mese di novembre!!


DONNE CHE NON PERDONANO
di Camilla Lackberg



Ed. Einaudi
152 pp
14,50 euro
USCITA
13 NOVEMBRE 2018
Ingrid è un’ex giornalista che ha rinunciato alla carriera per il marito e ora scopre che lui la tradisce. 
Viktoria è scappata dalla Russia, dove rischiava la vita, ma in Svezia ha trovato l’inferno. Birgitta non va neanche dal medico per non mostrare i lividi che le lascia il marito. 
Non si conoscono, eppure possono salvarsi a vicenda. 
L’importante è prendere una decisione: smettere di essere vittime e diventare delle mantidi.




Una storia d'amore violenta e commovente. Il matrimonio di una coppia afro-americana distrutto da un sistema giudiziario imperfetto. Un capolavoro di narrazione, un implacabile affresco del razzismo che ancora permea l'odierna società americana.


UN MATRIMONIO AMERICANO
di Tayari Jones



Ed. Neri Pozza
18 euro
USCITA
15 NOVEMBRE 2018
Celestial e Roy sono l'incarnazione del sogno americano: lui, pur provenendo da una famiglia della classe operaia della Louisiana, è riuscito a frequentare il college e ritagliarsi un posto nella società come dirigente, lei è una promettente artista emergente. Sposati da appena diciotto mesi, hanno una splendida casa ad Atlanta e stanno cercando di avere un figlio. 
Durante una visita ai genitori di Roy, la giovane coppia pernotta in un hotel. Dopo un litigio di poco conto, Roy esce dalla stanza per prendere del ghiaccio. 
Nella hall dell'albergo incontra una donna con un braccio fasciato, che gli chiede una mano per risolvere un problema con il condizionatore della propria stanza. 
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la sconosciuta, Roy torna da Celestial, si riappacificano e si addormentano. All'alba vengono svegliati dalla polizia che butta giù la porta della stanza e arresta Roy con l'accusa di stupro. 
Ad additarlo come il proprio aggressore è la donna a cui ha prestato aiuto la sera precedente. 
La donna è bianca, Roy e Celestial sono afro-americani. Roy viene condannato a dodici anni per un crimine che non ha commesso, solo e unicamente in virtù del colore della sua pelle e del pregiudizio che ne consegue. Benché fieramente indipendente, Celestial si ritrova all'improvviso sola, povera e disarmata, trovando conforto in André, un amico d'infanzia da sempre innamorato di lei. 
Dopo cinque anni di carcere, la condanna di Roy viene commutata e lui si ritrova libero, pronto a tornare ad Atlanta e a riprendere in mano la propria vita, inconsapevole dei cambiamenti avvenuti negli anni della sua detenzione.


Torna il buon Grisham in libreria con un nuovo romanzo che accompagna il lettore in un incredibile viaggio colmo di suspense alla ricerca della verità sulla guerra degli americani contro i giapponesi.




LA RESA DEI CONTI
di John Grisham




Ed. Mondadori
420 pp
22 euro
USCITA
20 NOVEMBRE 2018
Ottobre 1946, Mississippi. Pete Banning, cittadino modello di Clanton, reduce di guerra pluridecorato, patriarca di una nota famiglia locale proprietaria di campi di cotone, amato padre di famiglia e fedele membro della locale comunità metodista, in una fresca giornata di ottobre si alza presto, sale in macchina e si dirige verso la chiesa.
Entra nello studio del pastore, il suo amico reverendo Dexter Bell, e con calma e determinazione gli spara e lo uccide.
Da quel momento, l'unica cosa che Pete ripete a tutti, familiari, avvocati, uomini di giustizia, è "non ho niente da dire".
Qualunque sia stato il motivo del suo inconcepibile gesto non verrà svelato. Pete non ha paura della morte e viene giustiziato portando il suo segreto nella tomba, lasciando incredula l'intera comunità di Clanton.
Ma perché l'ha fatto?

Dagli Stati del Sud alla giungla delle Filippine, il lettore viene trascinato negli anni della guerra degli americani contro i giapponesi, fino a un claustrofobico manicomio pieno di segreti fino all'aula del tribunale dove l'avvocato del protagonista cerca invano di salvarlo senza la sua collaborazione, mostrando gli effetti che può avere a lungo termine un crimine terribile e inspiegabile.

Libri che diventano film - al cinema a novembre/dicembre



Ed eccomi ad aggiornare la sezione Anteprima Cinema, dando spazio ai film tratti/ ispirati a libri.


E' previsto per metà novembre Widows - Eredità criminale (Widows) il film che trae ispirazione dal thriller di Lynda La Plante; è diretto da Steve McQueen, che si è occupato anche della sceneggiatura insieme alla scrittrice Gillian Flynn. Fanno parte del cast principale Viola Davis,
Michelle Rodriguez, Elizabeth Debicki, Robert Duvall e Liam Neeson.

Trama del romanzo: Per Dolly essere la moglie del noto criminale Harry Rawlins non è mai stato un problema. Negli anni, si è tenuta alla larga dagli affari del marito, ottenendo in cambio tutte le attenzioni che ha sempre desiderato. Ma ora che Harry è morto, si ritrova sola di fronte a un destino ogni giorno più incerto. Finché non riceve un biglietto anonimo con precise istruzioni: deve presentarsi in banca sotto falso nome e accedere a una cassetta di sicurezza. Qui, oltre a dei contanti e a una pistola, trova il taccuino di Harry sul quale il marito ha annotato i nomi delle persone con cui ha avuto a che fare e le rapine che ha organizzato, compresa l’ultima. Per portare a termine ciò che Harry ha iniziato, Dolly si rivolge alle vedove dei complici di Harry, donne pronte a tutto e che non hanno la minima intenzione di tirarsi indietro. Nemmeno quando le cose non vanno secondo i piani.


Dal 15 novembre il memoir "Ancora un giorno" (link IBS), l'ultimo reportage pubblicato dallo scrittore Ryszard Kapuscinski, verrà trasmesso al cinema col tutolo Another Day of Life, film di animazione, diretto da Raúl de la Fuente, Damian Nenow. Uscita al cinema il 15 novembre 2018.
Scritto dal reporter all'indomani del suo viaggio in Angola nel 1975, nel pieno della Guerra Civile, il reporter polacco vuole essere sicuro che nessuno dimentichi ciò che è successo. Raúl de la Fuente e Damian Nenow recuperano il suo messaggio e lo trasformano con grande audacia in un lungometraggio animato, accompagnato da interviste in liveaction; è il resoconto coraggioso di una storia tristemente vera.



Chesil Beach è un film drammatico diretto da Dominic Cooke, con Saoirse Ronan e Emily Watson. Uscita al cinema: 15 novembre 2018.
Tratto dall'omonimo romanzo di Ian McEwan, il film racconta l'incontro, l'innamoramento e il matrimonio della violinista Florence e dello studente di storia Edward, nell'Inghilterra dei primi anni '60, pochi anni prima della rivoluzione sessuale. Hanno poco più di venti anni, si amano e sono vergini. Prigionieri dei tabù di un'epoca e delle convenzioni familiari e sociali, si ritroveranno a vivere la loro luna di miele a Chesil Beach, un luogo che li porterà verso altre strade, altri destini, altre vite.

C'è sempre qualcuno che ci riprova, come se non bastassero le pellicole già realizzate...: torna lui, il ladro leggendario che rubava ai ricchi per dare ai poveri, Robin Hood. Dal 22
novembre.
Diretto da Otto Bathurst, con Taron Egerton e Jamie Foxx, si racconta di Robin di Loxley, che al ritorno dalle Crociate in Terra Santa scopre che l'intera contea di Nottingham è dominata dalla corruzione. L'ingiustizia e la povertà in cui vive il suo popolo lo spingono così a tramare per organizzare un'audace rivolta contro la potente Corona d'Inghilterra.
Ma per farlo ha bisogno di un mentore: un abile quanto sprezzante comandante conosciuto durante la guerra...


E al cinema torna un personaggio della letteratura per l'infanzia  molto amato, Il Grinch (The Grinch), film d'animazione diretto da Yarrow Cheney e Scott Mosier. E' basato sull'omonimo racconto del 1957 scritto dal Dr. Seuss
E' possibile non amare il Natale? Certo, se si è solitari, brutti e cattivi come il Grinch, mostriciattolo perfido che vive nella città di Chi-non-so. Con il solo scopo di guastare le feste ai suoi concittadini Non-so-chi, si traveste da Babbo Natale e ne combina di tutti i colori. Dal 29 novembre.

Sul grande schermo la bella Keira Knightley interpreterà la scrittrice francese Colette in un film di Wash Westmoreland. Dal 6 dicembre.


Sempre a dicembre arriva Il castello di vetro, tratto dal libro autobiografico della giornalista
americana Jeannette Walls; alla regia Destin Daniel Cretton, nel cast Brie Larson e Naomi Watts.
Seconda di quattro fratelli, Jeannette cresce con una madre immatura e capricciosa (Naomi Watts), più attenta agli scorci da dipingere che alle necessità dei figli, e un padre affettuoso ma alcolizzato. Quando non è ubriaco, Rex Walls si getta in progetti sconsiderati, elabora complesse strategie di guadagno e infarcisce la mente dei figli di aneddoti bizzarri e fantasiosi, che col tempo alle due sorelle maggiori non bastano più. L'immaginario castello di vetro, che lo sconclusionato genitore progetta un giorno di costruire per le bambine, diventa perciò simbolo dei fallimenti e delle promesse infrante. Ma anche dei guizzi della follia e dell'immaginazione.


Macchine mortali è un film che uscirà nelle sale presumibilmente a metà dicembre, diretto da Christian Rivers, al debutto da regista. La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Philip Reeve. Nel cast: Robert Sheehan, Hera Hilmar.
Migliaia di anni dopo la distruzione del mondo civilizzato a causa di un cataclisma, la razza umana si è adattata e si è evoluta con un nuovo stile di vita. Gigantesche città in movimento vagano per la Terra, prendendo brutalmente di mira le più piccole città trazioniste. Tom Natsworthy proveniente da una classe inferiore della grande città trazionista di Londra si ritrova a dover combattere per la sopravvivenza dopo essersi imbattuto in Hester Shaw, una pericolosa fuggitiva.



Il ritorno di Mary Poppins - basato sui libri di P.L. Travers e in arrivo dal 20 dicembre - è diretto da Rob Marshall, con Emily Blunt e Meryl Streep.
I piccoli Michael e Jane Banks sono cresciuti e nella cameretta al numero 17 di Viale dei Ciliegi dormono i tre figli di Michael; il posto di governante è occupato dall'anziana Ellen. Una perdita improvvisa e dolorosa nella vita del nuovo signor Banks però, richiama l'attenzione di una vecchia amica: Mary Poppins, impersonata da Emily Blunt, non è invecchiata di un giorno ed è ancora "praticamente perfetta sotto ogni aspetto". Con un leggero cambio di stile, dettato dalla moda britannica anni Trenta, la bambinaia plana per la seconda volta nel vialetto alberato e spacchetta l'unico capiente bagaglio in vista della permanenza.

Arriva sul grande schermo un personaggio dell'infanzia che chi ha vissuto gli anni '80 come me ha amato: il dolce  Remi, adattamento cinematografico del romanzo Senza Famiglia di Hector Malot; diretto da Antoine Blossier, con Ludivine Sagnier, Virginie Ledoyen, Daniel Auteuil, Jonathan Zaccaï.
Racconta le avventure del piccolo Remi e la sua vita al fianco del musicista girovago Vitalis e dei suoi inseparabili compagni: il fedele cane Capi e la scimmietta Joli-Couer. Uno straordinario ed emozionante viaggio attraverso la Francia, fatto di incontri e nuove amicizie che porteranno Remi a scoprire le sue vere origini. Dal 20 dicembre.

sabato 3 novembre 2018

Recensione: IL BAMBINO IN FAMIGLIA di Maria Montessori



Un breve saggio di pedagogia scritto da una delle più autorevoli  esperte di educazione e del mondo dell'infanzia che ha tanto insegnare a genitori, educatori, insegnanti..., e i cui principi e consigli sono di un'attualità disarmante.


IL BAMBINO IN FAMIGLIA
di Maria Montessori


Ed. Garzanti
137 pp
12 euro

«Il bambino in famiglia» raccoglie i testi di una serie di conferenze tenute nel 1923 a Bruxelles, nelle quali Maria Montessori traccia le proprie proposte per una Scuola dei genitori. 
Questa breve raccolta, quindi, si propone quale guida di igiene mentale per genitori ed educatori, affinchè possano essere pienamente coscienti di quanto importante sia il compito che essi hanno di educare il bambino, il quale va conosciuto per le sue caratteristiche di sviluppo ed esigenze specifiche in modo da aiutarlo ad essere l'adulto di domani.
Il tutto nel pieno rispetto dell'anima infantile e cercando di individuare quelli che sono gli errori che da sempre la pedagogia e gli adulti hanno commesso nei riguardi dell'infanzia. 

La Montessori è diretta e non ci gira attorno: abbiamo sbagliato tutto.
Abbiamo creduto e preteso di conoscere il bambino, di poterne prevedere bisogni ed esigenze e di sapervi rispondere..., ma l'unica cosa che abbiamo saputo fare è stata questa: immaginarci un bambino a nostra somiglianza, una sorta di adulto in miniatura da allevare, educare, correggere, indirizzare... secondo i buoni e perfetti principi psicopedagogici di moderna generazione,  che però... lungi dalla perfezione di cui ci illudevamo fossero rivestiti, avevano un grosso limite: erano adultocentrici.

L'adulto non può e non deve pensare di poter comprendere il mondo dell'infanzia e andargli incontro nel rispetto che merita, se antepone le proprie esigenze, i propri ragionamenti, se si crede il maestro perfetto e infallibile, il faro che può illuminare il buio dell'ignoranza e dell'inesperienza in cui sguazza l'infante.
E' l'adulto a doversi adattare al bimbo, non viceversa.
E' l'adulto a dover predisporre l'ambiente giusto (quello che la Montessori chiama "Casa dei Bambini") che lasci il bambino libero di esprimersi, di tirar fuori (del resto, dal latino, educare viene da educĕre, che significa proprio questo, tirar fuori) la propria essenza, il buono e il bello che per natura è in lui, in modo da raggiungere l'autonomia nel pieno rispetto del suo carattere, dei suoi tempi, delle sue propensioni e attitudini.

La  rivoluzione montessoriana sta in questo: al centro vi è il bambino, ma non a chiacchiere bensì coi fatti; non bastano le teorie dell'educazione e i migliori principi pedagogici se poi in casa e a scuola tutto - dagli armadi, ai tavoli, agli oggetti... - è a misura di adulto e non di bambino.

L'adulto deve abbandonare la presunzione di potersi sostituire al bambino, deve farsi da parte per non divenire un ostacolo al suo sviluppo ma guidarlo a muoversi con spontaneità e liberamente in un contesto a lui adeguato così da permettergli di fare esperienze atte a svilupparne la concentrazione, l'intelligenza, l'ordine ecc...

"La maestra deve consacrarsi alla formazione di un'umanità migliore. (...) alla maestra è affidata la fiamma della vita interiore in tutta la sua purezza. Se questa fiamma sarà trascurata, si spegnerà per non accendersi mai più".

E questo è un pericolo da non sottovalutare in quanto

"l'educazione infantile è il problema più importante dell'umanità".

Ma per rispettare le leggi della natura e della crescita di ogni bambino non bisogna far riferimento
ingenuamente e semplicemente ai tanti insegnamenti e teorie appresi nei testi di pedagogia; no, per conoscere e amare il bambino, bisogna osservarlo, con attenzione, con calma, con amore, individuando ciò di cui necessita per vivere, per perfezionarsi, soddisfacendo non soltanto i bisogni fisici e prendendoci cura del suo corpo in formazione, ma ancor di più della sua psiche, della sua anima.

"...bisogna credere a tutto il bene che sta nascosto nel bambino e prepararsi a riconoscerlo con cura e amore; solo così saremo in grado di saperlo giustamente apprezzare"..

Non sarebbe corretto credere che una pedagogista attenta come Maria Montessori sostenga che il bambino va lasciato libero senza essere indirizzato dall'adulto per paura di sopraffarlo (come s'è sempre fatto, purtroppo)!
Tutt'altro, il compito dell'educatore è quello di presentare a ogni bambino i materiali con cui egli può "lavorare" per imparare e crescere verso l'indipendenza, e vigilare sulle sue azioni in modo che esse non siano mai disordinate e fine a se stesse.

Io credo che i consigli e gli insegnamenti propri della pedagogia montessoriana abbiano una forza e un'efficacia  straordinarie, siano assolutamente attuali e utili non solo a chi lavora nell'ambito dell'educazione, ma anche per quei genitori che desiderino conoscere meglio le caratteristiche di sviluppo del proprio bambino per poter relazionarsi con lui nel pieno rispetto della sua personalità, ricordando che il solo fatto di essere adulti non ci rende perfetti, ma al contrario, con tutte le nostre imperfezioni possiamo sforzarci di essere umili e "servi" di questa piccola vita che che ci viene affidata.

Davvero di grande interesse, è uno volumetto che si legge con incredibile scorrevolezza e dà una visione panoramica del pensiero di questa grandissima pedagogista italiana.

venerdì 2 novembre 2018

Recensione: PERSUASIONE di Jane Austen (RC2018)



Una protagonista femminile che racchiude in sè dolcezza, mansuetudine, rispetto per il prossimo, senza essere scevra di forza morale, carattere e coerenza. Può non esserci un lieto fine per una donna così?

Con Persuasione si conclude il mio ciclo Jane Austen, che ha compreso la lettura dei suoi romanzi più importanti.



PERSUASIONE
di Jane Austen



Ed. Newton Compton
4.90 euro
224 pp
O. De Zordo (a cura)
trad. F. Fantaccini
La ventisettenne Anne Elliot è la protagonista di questo classico di Jane Austen del 1818, scritto poco prima dell'aggravarsi della malattia che la portò alla morte (fu pubblicato postumo dal fratello dell'autrice), in cui ancora una volta l'Autrice inglese ci lascia un ritratto della società a lei contemporanea tanto fedele quanto ironico e non privo di una buona dose di polemica antiaristocratica.

Anne è una giovane donna appartenente ad una ricca famiglia; suo padre, sir Walter Elliot, è un baronetto vanitoso e superbo, convinto del prestigio del proprio buon nome e tendente a guardare gli altri dall'alto in basso.
Ma, ahilui, il casato di per sè non è sufficiente a garantire un'esistenza agiata, e nell'anno 1814 le sorti della famiglia non navigano in buone acque, anzi: a causa di problemi finanziari, sir Walter si vede costretto ad affittare la propria dimora di famiglia al gentile e socievole ammiraglio Croft.
Ciò che desterà stupore e inquietudine nella dolce Anne è apprendere che la moglie dell'ammiraglio altri non è che la sorella di Frederick Wentworth.
Mai nome fu più in grado di provocare capriole incredibili nel cuore della nostra Miss Elliot!

Sì perchè Frederick non è uno sconosciuto: otto anni prima i due sono stati fidanzati, ma a quel tempo la giovanissima e appena diciannovenne Anne si era lasciata persuadere dai familiari e, ancor di più, dalla cara e stimata amica di famiglia Lady Russell, a rompere il fidanzamento col giovane
ufficiale di marina, ritenuto sì caro e gentile ma... non sufficientemente ricco e quindi degno di sposare una Elliot.

Sono dunque trascorsi diversi anni e, nel rivederlo, Anne deve ammettere a se stessa due cose: anzitutto che lui non riesce ad esserle indifferente e rivederlo, ascoltarne la voce, i discorsi, scorgere in volto quelle espressioni che lei conosce benissimo e che ha tanto amato, fa saltare un battito al suo agitato cuore; in secondo luogo, Anne si rende conto che troppa acqua è passata sotto i ponti di quell'amore giovanile e per il quale ella non ha avuto, a quel tempo, il coraggio e la forza di combattere, contrapponendosi all'autorità paterna e alla disapprovazione di colei che considera quasi una seconda mamma (le sorelle Elliot sono infatti orfane di madre, e la perdita della genitrice ha influito molto sulla formazione del carattere di Anne, che vorrebbe tanto poterle somigliare anche solo un po'). 

Ha senso emozionarsi tanto alla vista di Frederick?
No, non ne ha, ed Anne lo sa bene, anche perchè, nelle diverse occasioni in cui i due si ritrovano insieme (in compagnia di altra gente), lui pare volerla ignorare di proposito e, quando si sente in dovere di rivolgerle la parola, lo fa con distacco.

Possibile che per il giovane capitano - che in mare ha fatto fortuna, tanto da diventare ricco e stimato - ciò che c'è stato tra loro anni prima - e in nome del quale avrebbero voluto sposarsi... - non conti nulla?
Anne cerca di controllarsi e di razionalizzare: a lei va addebitata la responsabilità della fine della loro relazione, ragion per cui è comprensibile che lui non abbia un ricordo bellissimo di lei  e che ora si senta pronto a cercar moglie... Cosa potrebbe mai rinfacciargli Anne?

Anne non è una sciocca; ella è saggia, mite, dolce, paziente con tutti... e ne deve avere di pazienza con il borioso padre, la snob sorella maggiore (anch'ella nubile e per questo alla disperata ricerca di un buon partito) e la sciocchina sorella minore, Mary, l'unica ad essersi maritata.
Anne è circondata da persone per lo più  frivole, vanesie e vanitose; da uomini impegnati nelle attività tipicamente maschili (caccia, conversazioni riguardanti  la carriera...) e donne occupate in ricevimenti, balli. visite di cortesia e, perchè no?, pettegolezzi.

Anne è una silenziosa ed acuta osservatrice, che partecipa a questa vita il minimo indispensabile senza assimilarne lo spirito lezioso, i modi affettati e non sempre sinceri, i pregiudizi verso chi appartiene a una categoria sociale ritenuta inferiore, "non all'altezza", il pensiero fisso di accaparrarsi un buon fidanzato; sensibile, desiderosa di capire ciò che si cela dietro i comportamenti altrui, empatica e comprensiva, sembra non appartenere davvero al mondo da cui pure proviene e che,  attraverso i suoi occhi tranquilli, non possiamo non guardare con quella chiave ironica che è l'Autrice stessa a fornirci, ma senza mai invitarci a condannarlo aspramente.


"...Anne, con la sua raffinata intelligenza e la sua dolcezza, virtù che avrebbero dovuto collocarla molto più in alto nella stima di chiunque fosse dotato di giudizio, non era nessuno né per il padre né per la sorella. La sua parola non aveva alcun valore, le sue esigenze erano sempre considerate poco importanti; era soltanto Anne".

La povera Anne non è apprezzata dai suoi cari  (fa eccezione la saggia Lady Russell per la quale è come una figlia), è vista più come una presenza grigia e ininfluente, della cui disponibilità è lecito approfittare quando se ne ha bisogno, e lei stessa non ci tiene ad essere al centro dell'attenzione; del resto, dopo la rottura del fidanzamento con l'amato di allora, si è lasciata un po' trascurare e da fanciulla graziosa e piacente, è diventata una donna adulta non più al colpo del proprio splendore.

Ma come sempre accade nei romanzi della "zia Jane", anche qui il destino ha in mente qualche novità e, attraverso fraintendimenti, gite in comitiva, coppie di fidanzati vere o presunte, Anne potrebbe ritrovarsi a fare nuovamente i conti con i propri sentimenti, che non sono mai morti, per il capitano Wenthworth.
Ma egli..., prova ancora del rancore verso Anne? O, peggio ancora, lei non conta assolutamente più nulla per lui?
Attenta, signorina Elliot, le vivaci donzelle, pronte ad accalappiarsi il giovanotto venuto dal mare, non mancano mai, e forse questa potrebbe essere l'ultima vera occasione per seguire il cuore e provare ad essere felice!

Piacevole, sufficientemente scorrevole, Persuasione ci dà sì un ritratto vivace della società inglese di inizio Ottocento, ma non lo fa con pesantezza, esagerando con passaggi troppo descrittivi, lenti e che quindi potrebbero risultare noiosi; tutt'altro, l'ho letto gustandomi ogni momento, ogni scena descritta, i dialoghi, l'ingresso di volta in volta dei vari personaggi, lo sviluppo delle vicende - che sembrano prendere una piega ma poi... - e la stessa protagonista, che è sì dolce, mite, colta e accondiscendente ma senza essere una "smidollata" priva di personalità. Diciamo che Anne Elliot sa aspettare il momento giusto per agire!

Confesso che nella mia personalissima top ten delle eroine austeniame, Emma Woodhouse stravince, perchè è la più frizzante e la più imperfetta; si piazza bene anche Lizzie Bennett per la sua schiettezza e perspicacia, mentre all'ultimo scalino collocherei Fanny Price, che è la miss che mi ha convinta meno.

Consigliato a chi ama i classici della letteratura inglese e, in generale, a chi ama tuffarsi in un mondo distante da noi  nel tempo e nei costumi, che ci strappa qualche sorriso, fa sognare le lettrici più romantiche mentre fantasticano di balli, schermaglie amorose, equivoci che poi si risolvono per il meglio, il tutto sorseggiando una tazza di the fumante e apprezzando quella  penna leggera e intelligente propria della Austen, che ha saputo descriverci con efficacia e acume gli uomini e le donne del proprio tempo... che, a ben guardare, non sono poi così differenti da ciascuno di noi oggi nei sentimenti, nelle contraddizioni e nei desideri.




Reading Challenge
Obiettivo n.1
Un libro scritto più di 100 anni fa



Classici austeniani recensiti sul blog:

giovedì 1 novembre 2018

Recensione: L'ARMINUTA di Donatella Di Pietrantonio



L'intensa voce di Jasmine Trinca mi ha accompagnata in Abruzzo e fatto conoscere la storia di un'adolescente forte, intelligente, contesa tra due madri accomunate da un incosciente, e forse non del tutto volontario, egoismo che le ha rese incapaci di amare in modo giusto e adeguato questa figlia  ceduta e restituita.


L'ARMINUTA
di Donatella Di Pietrantonio


Einaudi Ed.
2017
Supercoralli
pp. 176
€ 17,50
Con L'Arminuta Donatella Di Pietrantonio è stata la vincitrice del Premio Campiello 2017.


«Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere."


Non sappiamo il suo nome; non ci viene detto né all'inizio della storia, né viene pronunciato durante la narrazione, né tanto meno alla fine.
Per tutti, lettore compreso, la giovanissima protagonista è semplicemente "essa", l'Arminuta. La ritornata.

La sua è una storia di abbandoni e ritorni, di amore ricevuto, poi tolto e infine affidato alla freddezza di una famiglia che "è tua ma non ti appartiene davvero", perchè non la conosci, non ci sei cresciuta, non hai imparato a volerle bene, con i suoi membri non s'è mai stabilita alcuna intimità; è una storia che ci racconta della solitudine e del senso di inadeguatezza provato dalla protagonista a causa delle decisioni egoistiche e capricciose degli adulti, di queste sue due famiglie che l'hanno trattata come un pacco postale.

L'Arminuta ha tredici anni quando deve lasciare inspiegabilmente la casa in cui è cresciuta, la città in cui ha vissuto, le sue amiche, la scuola, le sue abitudini e soprattutto i suoi affettuosi genitori (in realtà, si tratta di parenti), per andarsene in un paese che non conosce, presso una famiglia che non ha mai visto... e abitarvi.
Ad accompagnarla è l'uomo che lei ha creduto fosse suo padre e che l'ha cresciuta, e che adesso, con estrema freddezza, le ordina di prendere la sua roba e di andare dalla sua vera madre, dal suo vero padre e dai suoi fratelli, che l'aspettano.
Incerta e con la valigia tra le mani, l'Arminuta entra in questa "nuova" casa (che nuova non è) e si ritrova al cospetto della sua vera mamma (colei che l'ha data alla luce), che però non ha verso di lei alcuno slancio di affetto; non c'è nessuna festa di benvenuto, nessun buon pranzetto ad attenderla, nè tanto meno "il padre" o i fratelli corrono ad abbracciarla.

La ragazza è smarrita, confusa, delusa...: ma chi sono questi selvaggi che s'avventano sul piatto come se non mangiassero da giorni e che mi ignorano...? E se proprio mi danno retta, è per deridermi, schernirmi o sottolineare che io con loro "non c'ho proprio nulla da spartire".

L'unica a darle retta - inizialmente perchè non ha altra scelta - è la sorella minore, di dieci anni, Adriana, con cui condividerà per diverso tempo il letto, dormendo "coccia e piedi", strette strette, in un guscio di intimità forzata ma, a lungo andare, consolante.

Col passare dei giorni, la nostra ragazza deve imparare diverse cose, per poter sopravvivere, resistere.
Deve accettare l'idea che i suoi (presunti) genitori l'hanno ceduta; perchè l'hanno fatto? E' colpa sua, ha commesso una cattiva ed imperdonabile azione? Si erano stufati di tenerla? O forse, la mamma s'è ammalata gravemente e mandarla via è il loro ultimo gesto d'amore, per evitarle la sofferenza di guardare la propria genitrice spegnersi pian piano.

Deve capire come funziona la vita in questa nuova famiglia (e anch'essa...,perché tredici anni prima l ha data via?) - che tanto nuova non è, visto che è quella in cui è nata -, come relazionarsi al padre assente ma, in certe occasioni, autoritario; con i fratelli strafottenti e famelici; con lei, cui ci si riferisce sempre e solo con l'appellativo "la madre", questa donna algida, distante, spesso rude, incapace di vere gentilezze, di una carezza, di un sorriso aperto e caloroso; una madre difficile da amare, da comprendere, da conoscere profondamente.

"Non l'ho mai chiamata, per anni. Da quando le sono stata restituita, la parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo che non è più saltato fuori".

Gli unici alleati sono la sorellina Adriana, vivace, solare, chiacchierona, testarda ma anche fedele, leale fino alla morte; e c'è Vincenzo, poco più grande dell'Arminuta: egli prende le sue difese, la tratta con maggiore gentilezza ma tra i due si instaura anche un rapporto a tratti ambiguo perché la guarda come fosse già una donna, ed in effetti lei sta sbocciando come un fiore pronto a dischiudersi e a mostrarsi in tutta la sua innocente e prorompente bellezza; il suo sguardo irrequieto, smaliziato, di chi vorrebbe osare qualcosa di proibito, la turbano e al contempo le fanno provare fremiti e brividi sconosciuti fino a quel momento, segnali inevitabili di un giovanissimo corpo che sta crescendo.

Ma purtroppo, in questa piccola casa buia, in cui si parla quasi sempre in dialetto, in cui si vive ai limiti della miseria, in cui scarseggiano gli spiccioli, in cui le manifestazione d'affetto sono una rarità, in cui l'Arminuta continua a sentirsi un pesce fuor d'acqua, un'eterna ospite poco gradita, sopportata e accettata con indifferente rassegnazione, entra la perdita, il dolore, il lutto, che con sè porta giorni di tristezza, di silenzi, di un nuovo e sofferto abbandono contro il quale proprio non puoi far nulla.
Se non continuare ad andare avanti.

Menomale che c'è Adriana, con cui la ragazza stringe un legame fortissimo, indissolubile, fatto di piccoli segreti e di alleanze che corroborano la "sorellanza"; in lei, l'Arminuta troverà sempre una complice, una confidente, un sostegno, anche quando le vicissitudini le allontaneranno per un po'.

Il fatto di vivere nella propria famiglia d'origine non soffoca in lei il pensiero della sua vecchia vita, quella in cui era vezzeggiata, amata, circondata da cose belle, dove c'era l'amica Patrizia; cosa fa, come vive l'altra madre (di cui ci vien detto il nome, Adalgisa)? L'ha dimenticata? E' ancora ammalata o forse è addirittura morta? Ma in tal caso, "la madre" vera non gliel'avrebbe detto?

Una serie di particolari le fanno capire, a lungo andare, che le cose non si sono verificate come lei aveva sospettato, e che forse questo suo ritorno a casa è stato più frutto di un atto egoistico che un sacrificio d'amore.

Intanto, però, nonostante i dubbi, le amarezze, la presa di coscienza che da quella madre sarà molto arduo ricevere apprezzamenti, la ragazza mostra tutta la sua resilienza impegnandosi a scuola, tirando fuori una mente brillante, un talento fuori dal comune per gli studi, che può garantirle un luminoso futuro; a sostenerla non c'è solo la frizzante Adriana, ma anche gli elogi e gli austeri ma sinceri incoraggiamenti dell'insegnante Perilli, che insisterà presso la famiglia affinché non impedisca alla figlia di proseguire negli studi (cosa che è successa invece a Vincenzo, che pure prometteva bene).
Proprio per questa ragione, una volta finite le medie, la ragazza lascia il paese per frequentare un buon liceo in città, andando a vivere in casa di una brava donna.

La ricerca della verità (dei perché) del suo ritorno alla famiglia d'origine però non l'abbandona mai, anzi è quasi una piccola ossessione che la spinge a continuare a cercare un contatto con Adalgisa che, lei intuisce, pare far di tutto per evitarla... Come mai? Ha forse qualcosa da nascondere?

"Eppure, in certe ore tristi, mi sentivo dimenticata, cadevo dai suoi pensieri, non c'era più ragione di esistere nel mondo. Ripetevo piano la parola mamma cento volte finché perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra. Restavo orfana di due madri viventi: una mi aveva ceduto con il suo latte ancora sulla lingua, l'altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute. Distanze. Non sapevo più da chi provenivo. In fondo, non lo so neanche adesso.".

In un paesino abruzzese poco conosciuto, ruvido, aspro e autentico, vive lei, la giovane Arminuta, e l'Autrice, con la sua narrazione molto fluida, realistica, schietta, potente e ammaliatrice, ci racconta una storia appassionante nella sua semplicità, che esprime delicatezza e forza allo stesso tempo, perchè se da una parte racconta una storia di abbandoni, di povertà, di difficoltà ad ambientarsi in un contesto da cui vieni ma che ti è estraneo, di maternità vissute con poca responsabilità e con poco "senso di cura", di ritorno alle proprie origini, dall'altra ha al centro una protagonista che resta nel cuore del lettore per la sua sensibilità, caparbietà, l'animo appassionato; una ragazzina la cui luce e bellezza neppure un contesto buio e triste e misero riesce a spegnere.

L'Arminuta l'ho ammirata perché non ha gradito essere trattata come un oggetto nelle mani di queste due madri che se la son passata come se niente fosse, e s'è fatta sentire, non accettando passivamente ciò che gli adulti avevano deciso al posto suo, ma alzando la propria voce, e non ho potuto non condividere la sua legittima pretesa di avere delle risposte alle proprie domande.
Pur essendo un'adolescente, la protagonista mi è apparsa più matura e coraggiosa di quegli adulti che avrebbero dovuto prendersi cura di lei, aiutarla a crescere e ad affermare la propria identità di persona ma che non si sono rivelati molto attenti in questo senso.


"Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. E' un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure".


Ho amato questo romanzo, mi ha regalato molte emozioni, trovo abbia una intensità che tocca il cuore, e a questo giudizio favorevole ha contribuito anche la voce calda, profonda, malinconica e carezzevole della bravissima Jasmine Trinca.

Se dovessi trovare un difetto, l'unico neo sta nel finale, che mi ha lasciato una sensazione di sospensione, di qualcosa che si poteva ancora dire ma che è stato stoppato troppo bruscamente.
Però magari è un qualcosa che ho provato proprio perchè mi ero così lasciata trascinare dalla storia che non avrei voluto finisse (così presto).

La mia valutazione complessiva è comunque assolutamente positiva, lo consiglio con tutto il cuore.

mercoledì 31 ottobre 2018

Bilancio di letture di ottobre 2018 + Reading Challenge



Le mie letture di ottobre ^_-


Per la Reading Challenge, ho spuntato altri due obiettivi:


Reading Challenge
.

  • Obiettivo n.5. Un libro a scelta tra questiCiò che inferno non è (A. D'Avenia) - Dovremmo essere tutti femministi (C.N. Adichie) - Follia (P. McGrath) - Il porto proibito - La morte della Pizia (F. Durrenmat) - La signora delle camelie (A. Dumas) - Mio fratello rincorre i dinosauri (G. Mazzariol) - Quando siete felici fateci caso (K. Vonnegut) - Soli e perduti (E. Nievo) - Una vita come tante (H. Yanagihara). FOLLIA di Patrick McGrath (RECENSIONE): una passione morbosa, un amore impossibile è quello tra Stella e Edgar, lei moglie di uno psichiatra, lui un paziente "pazzo" che ha commesso un truce omicidio: cosa può scaturire da una relazione sbagliata e torbida? A raccontarcelo è lo psichiatra e narratore, il dottor Cleave.
  • Obiettivo n.12 - Rilettura di un libro letto durante l'infanzia: LA PICCOLA FADETTE di George Sand (RECENSIONE): un romanzo dalle atmosfere fiabesche, ambientato nella Francia rurale di fine Ottocento, che ci ricorda quanto spesso i pregiudizi contro chi è definito “diverso” ci possano impedire di conoscere ed apprezzare realmente il prossimo. 


Ed ecco gli altri libri letti nel mese di ottobre:


  • SO CHE UN GIORNO TORNERAI di Luca Bianchini (RECENSIONE): sullo sfondo di una suggestiva Trieste, città di frontiera dove la bora soffia implacabile, conosciamo Angela ed Emma, una mamma e una figlia; due donne che dovranno, negli anni, imparare a conoscersi e a volersi bene, andando oltre gli errori, le scelte incomprensibili, gli amori sbagliati che però, forse, in fondo in fondo, non lo sono poi mai del tutto...
  • SUICIDI AL SORGERE DEL SOLE di Antonio Infuso (RECENSIONE): un noir poliziesco vivace con al centro un ex-commissario di polizia intuitivo, ironico e dal fiuto che non perde un colpo quando si tratta di risolvere casi intricati.
  • DAKAR di Maurizio Castellani (RECENSIONE): simpatico, intuitivo, amante della buona cucina e delle belle donne, l'ex-commissario Vittorio Luschi, mentre soggiorna annoiato in quella che è la sua nuova "casa" - il Senegal -, viene coinvolto nella complessa soluzione di alcuni omicidi.
  • L'AMICO GENEROSO di Antonio Aschiarolo (RECENSIONE): una storia molto breve ma come sempre delicata e piacevole, incantevole nelle brevi descrizioni del paesaggio e sempre col suo insegnamento intriso di buoni sentimenti.
  • MISTERIOSA di E. Gnone (RECENSIONE): crescere è davvero una faccenda complicata! Lo sanno gli adulti, che ci son già passati, ma anche i bambini di Balicò (e non solo loro!); per fortuna, in loro aiuto c'è la dolce Olga di carta, con le sue bellissime storie.
MORIRE A VENTANNI


Le letture più belle? MISTERIOSA per avermi rammentato la bellezza dell'infanzia e la dolce fatica di crescere; SO CHE UN GIORNO TORNERAI per l'amore che muove le azioni, giuste e non, dei suoi personaggi.

Attualmente in lettura ma mi mancano poche pagine alla fine di ognuno, quindi a breve le recensioni:

- PERSUASIONE della Austen;
-  L'ARMINUTA di Donatella Di Pietrantonio;
- IL BAMBINO IN FAMIGLIA di Montessori;
- LA ZANZARA MUTA.

Per quanto riguarda i film, ho visto diverse cose interessanti, che vi segnalo e consiglio:
NAPOLI VELATA: il mistero legato a un omicidio efferato si fonde e confonde con un amore ossessivo che nasconde malesseri interiori, il tutto in una Napoli dalle atmosfere misteriose e ambigue. CONSIGLIATO? SI.
ALASKA: la storia di un legame travolgente e irriducibile che prova a resistere contro tutti e tutti. CONSIGLIATO? NI.
VALZER CON BASHIR: il racconto realistico, intenso e coinvolgente, del massacro di Sabra e Shatila, un episodio orrendo e disumano, accaduto in Libano negli anni '80. CONSIGLIATO? SI!!
SULLA MIA PELLE: gli ultimi dieci giorni di Stefano Cucchi, raccontati in modo sobrio e onesto. CONSIGLIATO? SI!!!
DOGMAN: il racconto crudo della feroce rivincita di un uomo pacifico e  mingherlino nei confronti di un uomo più grosso e violento di lui...; ispirato al fatto di cronaca efferato degli anni '80, il delitto del Canaro.  CONSIGLIATO? ASSOLUTAMENTE SI!
EUFORIA: Due fratelli - che più differenti, per carattere, ambizioni, stile di vita.., non potrebbero essere trovano in un fatto drammatico, come può essere un male incurabile, l'occasione per ritrovarsi e conoscersi davvero.. CONSIGLIATO? ASSOLUTAMENTE SI!




ADESSO TOCCA A VOI! ^_^
QUALI LETTURE VI HANNO COLPITO 
O NON VI SONO AFFATTO PIACIUTE
NEL MESE DI OTTOBRE?

lunedì 29 ottobre 2018

Recensione in anteprima: MISTERIOSA. di Elisabetta Gnone - la serie di Olga di carta


Crescere non è proprio una passeggiata e ogni bambino lo sa; lo sa anche la dolce Olga, la raccontastorie di Balicò, e la sua amica Mirina; lo sanno la vivace Misteriosa - protagonista di una delle storie della giovane Papel - e la sua amica Piccola, spesso spaventate da una realtà non sempre facile da capire e da affrontare.
Ma diventare adulti non vuol dire di certo abbandonare la fantasia, quanto piuttosto imparare ad apprezzarla senza dimenticare la realtà!


MISTERIOSA.
Le storie di Olga di carta (#3)
di Elisabetta Gnone


Salani Ed.
DAL 29 OTTOBRE
in libreria!!
A Balicò è arrivata Mirina, amica di Mimma; Mirina è una bimba un po’ capricciosa, si lamenta di tutto con facilità, ha paura di affrontare la minima difficoltà, anche a causa dei  continui divieti e avvertimenti degli apprensivi genitori, così che anche sedere semplicemente sull’erba diventa per lei un problema.
Quando le due amiche vanno alla fattoria Papel, Olga capisce che con Mirina ci vogliono pazienza e delicatezza, così prova ad assecondarne i dubbi e le paure, cercando con gentilezza di farle capire che non ha niente da temere, anche se si tratta di salire su per sentieri per raggiungere  la malga.

E per fare compagnia ai suoi cari amici durante la lunga passeggiata che li attende, Olga non esita a tirar fuori dalla sua testolina una storia appassionante e significativa, che terrà i suoi ascoltatori (piccoli ma anche i grandi, che si uniranno successivamente) attenti e curiosi.

Così una mattina, armati di zainetti e tanta voglia di camminare e soprattutto di ascoltare una nuova storia, Bruco, Mimma e Mirina partono per la passeggiata insieme alla loro speciale amica, che strada facendo inizia a raccontare di una bambina come loro, di cui ha appreso le vicende attraverso il suo diario: Misteriosa, una bimba intelligente e vivace che aveva una particolarità: tutti, ma proprio tutti, i vestiti che indossava (anche quelli cuciti su misura dalla sarta!!), le andavano sempre e inspiegabilmente larghissimi, tanto che lei ci si perdeva dentro!
Roba da far impazzire la famiglia, gli insegnanti… e ovviamente la sarta!

Eppure Misteriosa non sapeva che farci, e di certo non lo faceva di proposito: i maglioni, i pantaloni…, tutto era per lei troppo grande, nonostante la bimba crescesse normalmente, come i suoi coetanei.
Ma allora come mai aveva questo “problema”?
Beh, in effetti non era l’unica peculiarità di questa misteriosa bambina; un’altra era che… spariva sempre!
I genitori, i fratelli, tutti.. finivano sempre per perderla di vista e cominciavano a cercarla ovunque! Dove si nascondeva? Ma nei disegni e nei quadri ovviamente!

Eh sì, perché se c’era una cosa che amava fare era saltare nei disegni e, in generale, in ogni immagine che le piacesse: questi salti nella fantasia la divertivano tantissimo perché le permettevano di giocare e di allontanarsi per un po’ dalla realtà attorno a lei.
Ma saltare nei disegni era vietato e rischiavi di essere bocciato a scuola se ti scoprivano, per cui Misteriosa doveva star bene attenta a non farsi vedere!

“Non ho ben capito come si fa a entrare nei quadri”, disse Mirina. (…) “Si passa dall’entrata”, spiegò, “per entrare, e dall’uscita per uscire”.”Non è per niente chiaro” brontolò Mirina. “Parli come se ci fossero delle porte”.Ci sono”.“Davvero? Dove?”“Bisogna cercarle. Anzi, a dirla per bene, non bisognerebbe mai perderle di vista. Sono esattamente tra la realtà e la fantasia. Misteriosa le trovava sempre. Si rifugiava nella fantasia quando voleva prendersi una pausa dalla realtà, ma aveva sempre ben chiaro il confine tra l’una e l’altra”.

Un giorno, però, si ritrova a dover tirar fuori da un quadro un’amichetta, Piccola, più birichina di lei e che non perdeva occasione per fare questi salti di fantasia e far impazzire gli adulti che non riuscivano a trovarla da nessuna parte!

Intanto che la storia di Misteriosa procede, la piccola comitiva continua la camminata tra le lamentele di Mirina, per nulla abituata a un tale stretto contatto con la natura; anche lei, come Piccola, ha un problemino da risolvere: non vuol crescere, sembra voler restare sempre una bambina!
Ma il tempo trascorso con l’intelligente Bruco, la determinata Mimma e la comprensiva Olga, le saranno di grande aiuto per fare un passo in più e imparare tante cose nuove, in primis quella di non aver paura di qualsiasi cosa!

A unire maggiormente il piccolo gruppo ci pensa poi un avvenimento spiacevole: una pioggia torrenziale e una rovinosa frana che farà crollare una parte della montagna…!
Per fortuna, a tener compagnia e a rassicurare i cuori dei ragazzi - e di alcuni adulti che sopraggiungeranno più tardi - c’è lei, Olga di carta, che distrae tutti continuando a narrare le avventure di Misteriosa.
Riuscirà la bimba dai vestiti troppo larghi a convincere la testarda Piccola a non rintanarsi nei quadri per sfuggire alla realtà, ben sapendo che pure lei ha i suoi timori, che non di rado la spingono a fare un salto nella fantasia e buttarsi alle spalle, almeno temporaneamente, "il mondo vero"?

“Sarei riuscita a spiegarle che che il mondo a volte mi faceva paura e che mi vergognavo di ammetterlo (…)? Sarei riuscita a convincerla che quelle fughe mi aiutavano a vedere le cose con occhi nuovi, da una diversa prospettiva, a scoprire soluzioni che non immaginavo, a sognare di essere super e a crederci un pochino?”

È vero, non sempre è facile vivere nel mondo che ci circonda, che spesso ci spaventa, ci intimidisce, ci fa sentire inadeguati; quando abbiamo paura e ci sentiamo scoraggiati, rifugiarci nella fantasia sembra l’unica àncora di salvezza, ma…

“Non si può essere felici in un luogo dove si è costretti a stare per timore di affrontare quello che c’è fuori.”

Piccola nella storia di Olga e Mirina tra i suoi amici, impareranno che, anche se “crescere è una faccenda complicata”, è altresì un’esperienza bellissima, e che per diventare adulti non solo non bisogna dimenticare come si salta nella fantasia ma  soprattutto che è necessario restare un po’ bambini.
E ad imparare questa verità sono sia i piccoli che i grandi, che a loro volta devono cercare di aiutare i primi a crescere senza temere il mondo non rinunciando mai alla fantasia.


“Misteriosa”, terzo libro della serie su Olga di carta, è un romanzo che fa sorridere, intenerisce e fa riflettere con semplicità, narrandoci storie di bambini vispi, curiosi e intelligenti, coinvolti in bellissime avventure che permettono loro di conoscere meglio se stessi e chi li circonda, imparando ad affrontare ciò di cui spesso si ha un timore ingiustificato, dovuto al fatto di non conoscere ancora tante cose.

Elisabetta Gnone ci conquista ancora una volta con questa storia nella storia, tanto che ci sembra di essere lì nella malga, mentre fuori infuria la tempesta e, illuminati dalla luce del fuoco nel camino, ascoltiamo rapiti la voce della saggia e paziente Olga, che anche stavolta ha qualcosa da insegnarci, con naturalezza e genuinità, a prescindere dall'età, perchè non si smette mai di crescere, e se è vero che i bambini devono imparare ad affrontare il mondo, è pur vero che gli adulti devono ricordarsi di guardarlo con gli occhi innocenti e puri dei piccoli.

Deliziosa lettura, adatta davvero a tutti perchè "la giovinezza non ha età" (P. Picasso), pagine che si lasciano gustare parola per parola, trasportandoci in un luogo magico e fiabesco, a contatto con la natura e tra amici che non vorremmo dover lasciare mai.

Come posso non consigliarvi questa incantevole serie?

domenica 28 ottobre 2018

Recensione film: EUFORIA di Valeria Golino



Due fratelli - che più differenti, per carattere, ambizioni, stile di vita.., non potrebbero essere trovano in un fatto drammatico, come può essere un male incurabile, l'occasione per ritrovarsi e conoscersi davvero.


EUFORIA


ottobre 2018
Regia: Valeria Golino.
Casto: Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Jasmine Trinca, Isabella Ferrari.


Matteo è un businessman di successo, è sicuro di sè,  spregiudicato, affascinante, sempre allegro e dinamico; sguazza nella bella vita, guadagna una barca di soldi, vive in un attico moderno e super arredato a Roma; trascorre le sue impegnatissime giornate tra il lavoro e i momenti goliardici con amici più matti di lui; narcisista fin nel midollo, si concede piaceri a più non posso, attraverso il sesso compulsivo e l'assunzione di droghe.

Quella di Matteo potrebbe sembrare, a un occhio superficiale, una vita spensierata, ricca di soddisfazioni, priva di problemi seri; uno come lui, di cosa si potrebbe mai lamentare?
E in effetti Matteo non si lamenta proprio, è cosciente di come non gli manchi nulla e tutto quello che vuole, ogni sfizio e desiderio, quando vuole, se lo toglie senza pensarci su.
Eppure dietro questa sorta di ottimismo, questa frenesia un po' folle, esagerata, sbattuta in faccia e vissuta senza freni e pudori, si cela un immenso vuoto interiore.

Scamarcio ha preso su di sè il personaggio di Matteo con convinzione, facendolo proprio, interpretandolo con tutta l'intensità e la passione di cui è capace, restituendoci il ritratto di un giovane uomo molto complesso, pieno di eccessi che però nascondono profondi limiti, una personalità ricca di sfaccettature e contraddizioni, che cerca di placare la propria irrequietezza, i propri dèmoni interiori  buttandosi a capofitto nella ricerca dei piaceri estremi, che sia attraverso il sesso promiscuo, sniffando polverina bianca o spendendo soldi come e quando vuole.

Matteo è un personaggio affascinante perchè, pur avendo delle caratteristiche di personalità e un modo di vivere che in diversi momenti possono costituire per lo spettatore un elemento di "disturbo" e addirittura infastidirlo, in realtà - a ben guardare - non si può far a meno di provare per lui simpatia, soprattutto quando lo vediamo interagire col fratello.

La sua esistenza esuberante e all'insegna di una felicità che non ha nulla di interiore ma solo l'ostentazione di un culto di se stesso, del denaro e della bella vita in senso materiale, viene in un certo qual modo "disturbata" da una brutta notizia, che manda Matteo - che pure potrebbe sembrare un superficiale - in crisi: suo fratello Ettore ha un tumore al cervello e le sue condizioni non sembrano far ben sperare...
Lui, però, ancora non lo sa. E Matteo è intenzionato a nasconderglielo.

Ettore è l'opposto esatto del fratello: insegnante di Scienze alle scuole medie, ha scelto di condurre una vita dimessa, tranquilla; vive ancora nella piccola città di provincia dove entrambi sono nati, è un tipo poco ambizioso, che non ha mai osato granchè nella sua vita; attualmente lui e la moglie (I. Ferrari) stanno attraversando una crisi matrimoniale...

Con la bravura che gli è propria, Mastandrea dà al "suo" Ettore un'aria grigia, triste, propria di chi è sull'orlo della depressione, di chi ha disimparato a gioire e a trovare un senso per vivere ogni giorno; da quando, poi, si è accorto di star poco bene (sa di avere un "problema alla testa", che gli provoca fitte, svenimenti e altri sintomi preoccupanti, ma non sa ancora di che si tratta) è diventato ancora più ombroso, taciturno, tende ad isolarsi e non sopporta la presenza (che lui giudica un po' invadente) della madre e della moglie (che si preoccupano della sua salute), e anche del figlioletto, limitandosi a trattar tutti con sufficienza e indossando una maschera di sarcasmo e cinismo dietro la quale si nasconde un uomo ormai disilluso e profondamente insoddisfatto.

Ettore e Matteo sono fratelli, sì, ma si conoscono molto poco; non hanno mai parlato davvero, non hanno condiviso mai grandi cose, essendo agli antipodi caratterialmente e per il personale modo di concepire la vita.
In realtà sono più affini di quanto possa apparire a un primo sguardo.

 La malattia, e lo spettro della morte che essa si porta dietro, diventano insospettabilmente l'occasione giusta per riavvicinarli, dando loro modo di trovarsi finalmente l'uno accanto all'altro, facendo i conti con una verità che fino a quel momento entrambi non avevano ammesso con loro stessi e che in fin dei conti è ciò che li accomuna: seppur per motivi opposti, sia Matteo che Ettore stanno rischiando di perdersi, il primo affogando in un'esistenza apparentemente piena ma sostanzialmente vacua, l'altro annaspando nella propria, depressa, frustrata, priva di stimoli.

Matteo prende con sè Ettore, offrendogli ospitalità così che possa sottoporsi alle cure giuste per quella che lui pensa si tratti di una semplice e benigna cisti, quando invece è un tumore inoperabile.
Matteo si ostina a voler nascondere la verità al fratello: non vuole che si scoraggi sapendo cos'ha realmente, perchè Ettore deve poter credere che la guarigione sia possibile, e se per farlo deve  riempirlo di bugie, pazienza, Matteo lo fa senza problemi, con la leggerezza che lo contraddistingue e con la innocente e quasi infantile presunzione da manipolatore inconsapevole che crede di poter controllare tutto, anche la malattia e la morte.

La convivenza sarà tutt'altro che facile e automatica e non mancheranno momenti di scontro, litigi, incomprensioni, con Matteo che rinfaccia ad Ettore di essere un fallito che non ha mai rischiato nella vita e Ettore che accusa il fratello di voler gestire la vita altrui perchè è un ricco che deve farsi "perdonare" la propria omosessualità.

Tra momenti più drammatici ed altri quasi comici, alternando un taglio narrativo da commedia che però resta sempre sobrio, discreto, intelligente e in grado di far sorridere lo spettatore, con uno drammatico che non è mai pietoso, melenso, Valeria Golino torna alla regia dopo "Miele", riproponendo un tema ad esso affine: la presenza della morte nella vita, che è poi qualcosa di estremamente "naturale", nel senso che - benchè aleggi attorno alla parola (e all'evento) morte qualcosa di cupo, pauroso, angosciante - essa è allo stesso tempo inevitabile tanto quanto il nascere e il vivere, è qualcosa cui proprio non possiamo sfuggire.

La Golino si riconferma un'ottima regista, sensibile, genuina, autentica, asciutta e diretta nello stile e al contempo capace di portare, con delicatezza e decisione insieme, lo spettatore a farsi delle domande su questioni importanti, senza necessariamente offrirgli alcuna "soluzione" o giudizio; come attorno a Miele non c'era l'ombra del giudizio morale circa il suo particolare lavoro e l'aspetto etico ad esso legato, così non ce n'è su Matteo e sulla sua joie de vivre decisamente sopra le righe.

Mi ha fatto tenerezza vedere come un uomo di successo e convinto di poter avere il mondo in mano o di poter ottenere ciò che vuole grazie ai soldi, faccia di tutto e si inventi le cose più strambe per far credere a quel fratello così diverso, che fino a quel momento era quasi un perfetto sconosciuto, che è tutto ok, che non è ancora finita, che c'è ancora la vita che lo aspetta.

In fondo, Matteo è meno "leggero" e superficiale di quanto sembri e forse prendersi cura del fratello è il suo piccolo riscatto da una vita frivola, e in questo, mi ripeto, Riccardo Scamarcio è stato eccellente nella sua interpretazione, permettendoci di entrare in empatia col suo non facile personaggio, che si fa amare pur non condividendo tutto di lui, anzi, forse il "bello" sta proprio qui; credo di non sbagliare sostenendo che è proprio lui, col suo effervescente Matteo, ad essere il motore trainante del film, in quanto concentra in sè complessità, contraddizioni, debolezze e punti di forza che gli conferiscono una grande efficacia e veridicità.

E' un film "al maschile", in quanto ci si concentra sul rapporto tra due fratelli, anche se le tre donne più importanti hanno comunque il proprio significativo ruolo, che sia la mamma, l'ex-moglie o l'amante.

Trovo sia davvero un film molto bello, girato e interpretato egregiamente, potente nelle tematiche e nella costruzione dei suoi due protagonisti, ma anche delicato nella scelta di come raccontare il tutto; non mancano scene intense e, soprattutto nel finale, emozionanti.


Curiosità: la Golino ha scelto questa parola, Euforia, come titolo per la propria opera, riferendosi a quella sensazione potente e pericolosa insieme che provano i subacquei quando si trovano a grandi profondità: si sentono pienamente liberi, felici. Ma proprio quando si affaccia in loro questa euforia, è arrivato il momento di risalire immediatamente, prima che sia troppo tardi.
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